Un paese di smemorati

Berlusconi, Mussolini e il sonno della ragione

Questo articolo è uscito su “La Repubblica”. Cosa aspetta il Partito popolare europeo a liberarsi di questo impenitente ammiratore di Mussolini? Cos’altro manca per riconoscere che non è solo per ignoranza storica se berlusconi ha profanato col suo delirio revisionista la cerimonia milanese in ricordo.

[Gad Lerner]

Foto Siti stranieri [Repubblica.it]

mangano è stato un eroe, dell’utri è un brav’uomo, mussolini ha fatto cose buone, le barzellette sull’olocausto, mussolini non ha mai ammazzato nessuno, tutt’al più ogni tanto mandava qualcuno in vacanza… sì, è inaccettabile proprio a livello umano prim’ancora che politico  che ancora oggi si debbano ascoltare i deliri di chi afferma che mussolini si è guastato strada facendo ma che, in fondo, anche lui qualcosa di buono lo ha fatto, queste sono  parole in libertà indegne di qualsiasi contesto civile,  da osteria, da convitati alle famose cene “eleganti”,  ragionamenti irricevibili nel paese che il regime fascista lo ha subito e ne subisce ancora oggi le tragiche conseguenze determinate da chi non ha avuto il coraggio di mettere un “basta” definitivo quando avrebbe potuto e dovuto farlo. Napolitano naturalmente non s’impiccia. Non rientra nei suoi compiti evidentemente, spendere due parole a sostegno dell’Antifascismo italiano. Lui ha sempre altro a cui pensare.
 Purtroppo ancora una volta niente di nuovo sul [nostro] fronte occidentale, tutte cose di ordinaria amministrazione che accadono appena si offre a berlusconi una ribalta da cui poter esternare. 
E fra l’altro quella di ieri era una manifestazione a cui lui – prudentemente – non era stato nemmeno invitato, quindi non ci sarebbe stato niente di strano se lo avessero cortesemente riaccompagnato all’uscita. 
Quelle che riguardano b sono tutte cose che servono poi ad essere spalmate per giorni, giorni e giorni sui giornali, nei talk show, qui in Rete. 
Per scatenare i peggiori commenti, le famose reazioni “di pancia” che tanto vengono criticate dai soloni che compongono un certo giornalismo e il cosiddetto opinionismo d’eccellenza.
Vergogna? sì, per quello che può servire [praticamente a niente e lo sappiamo tutti], ma vergogna anche per tutti i politici, i candidati alle elezioni di destra, di centro e di centrosinistra che hanno approfittato anche del giorno della Memoria per fare la loro squallida propaganda, vergogna per quei giornalisti che oggi non scriveranno che il giorno della Memoria non dovrebbe servire a fare propaganda politica e bene hanno fatto gli emiliani a ricordarlo a Monti accogliendolo così come si fa con gli attori scadenti di uno show d’avanspettacolo d’antan.

mussolini [che fece anche cose buone]

Sottotitolo: «Ma dico, se neanche di mussolini si può parlar male, ma che deve fare uno perché si possa parlarne male? Deve stuprare le capre in via Frattina? Che deve fare? Dice «ha fatto delle cose buone», certamente: anche hitler o stalin, un ponte, una strada l’avranno fatta! Anche il mostro di Firenze l’avrà detto “buongiorno” a qualcuno qualche volta. Dire che mussolini ha fatto delle cose buone è come se un idraulico venisse in casa nostra e ci facesse un impianto perfetto, ma nel frattempo: ci sventra il cane, ci stupra il nonno, ci uccide la madre… e noi giustamente ci incazziamo, ma lui ci risponde che ha fatto delle cose buone» [Roberto Benigni]

Era il 1995…

*Shoah, Berlusconi: “Mussolini fece cose giuste. Leggi razziali la sua colpa peggiore”

*Shoah, la Merkel: “La Germania ha una responsabilità perenne”

Berlusconi: “Mussolini fece cose buone”
E Giovanardi nega l’Olocausto dei gay

Fascismo e Mussolini, Formigoni difende il Cav

Per il Celeste «le leggi razziali non erano nella natura degli italiani».

LA STORIA D’ITALIA SECONDO SILVIO
“Mussolini fece bene, salvo le leggi razziali” dice Berlusconi (VIDEO)
“Dice bestialità”. Intervista allo storico Sabbatucci (di Giulia Belardelli)


Uno dei massimi studiosi del fascismo spiega gli errori del Cavaliere che sbaglia date, fatti, ricostruzioni. “Le leggi razziali non furono imposte dalla Germania” 
La gente urla al Cavaliere: “Vergogna! Buffone!” (FOTO) 
Monti: rischio dell’ antisemitismo ancora presente. Manifestazioni in tutta Italia 
Scritte antisemite al Museo di via Tasso a Roma 
Piero Terracina, sopravvissuto ad Auschwitz: chi nega la Shoah è come i nazisti

In un paese normale un personaggio pubblico, e nemmeno necessariamente un politico che facesse una dichiarazione sul genere di quelle che fa ciclicamente berlusconi a proposito dei “benefici” del fascismo verrebbe schifato anche dai suoi vicini di casa.
Pensiamo se la Merkel parlasse di hitler con gli stessi toni e termini coi quali b parla di mussolini e del fascismo, oppure se gli storici si mettessero a tessere le lodi chessò, dei tiranni della storia che pure qualcosa di buono, a scavare, l’avranno fatto di sicuro anche loro.

Il problema in questo paese è sempre lo stesso: l’ignoranza mostruosa che ha prodotto mussolini e appena una manciata di decenni dopo, berlusconi.

Perché basterebbe aver aperto, sfogliato anche distrattamente un libro di storia per sapere che hitler e il nazismo furono la conseguenza di mussolini e del fascismo. 
Che mussolini fu l’ispiratore di hitler e non il contrario.
Ecco perché, come sempre, la responsabilità maggiore è della cosiddetta informazione, perché a nessun giornalista di buon senso dovrebbe venire in mente di andare a chiedere a berlusconi – conoscendo i precedenti – un parere sul fascismo [il giorno della Memoria!], così come a a nessun giornalista degno di questo aggettivo verrebbe in mente di andare a chiedere ancora e ancora un parere sull’omosessualità a gentaglia come giovanardi o l’eminenza omofoba di turno.
C’è un giornalismo in Italia che ha tutto l’interesse a mestare nel torbido e lo fa ogni giorno. 

Beh, sappiate cari pennivendoli, che non tutti siamo così coglioni da non averlo capito.

Quello che va a chiedere pareri sul fascismo a berlusconi, sull’omosessualità e i morti ammazzati di stato ad un delinquente intellettuale come giovanardi è il giornalismo miserabile, quello di cui un paese normale non ha bisogno, perché abbrutisce, incattivisce, non è utile a NESSUN dibattito. Che si vergognino tutti quelli che ben sapendo quali saranno le risposte andranno ancora a fare certe domande a personaggi dalla reputazione torbida, sporchi, razzisti, omofobi, cattivi, indegni rappresentanti di un paese che non sarà mai civile anche grazie a cose come queste.

Esecutori e mandanti

Preambolo: “Intitoliamo lo scalo al Duce”: bufera sul direttore Unindustria.

Questo signore vuole dedicare  l’aeroporto di Forlì a mussolini  con la motivazione che “era un grande aviatore”.  Allora bisognerebbe dedicare  anche un polo ospedaliero a mengele, in fondo,  è stato un grande medico.

Sulle ali del duce, Massimo Balzani: “Intitoliamo il Ridolfi a mussolini” – Il Resto Del Carlino

Intitolare un aeroporto al duce? Uainott?

 

Trovo che sia una splendida idea, e sulle ali di Balzani, oserei volare più in alto:

 

–          Istituto per la ricerca genetica “Mengele

–          Istituto per la ricerca sull’anoressia “Jeffrey Dahmer

–          Casa d’accoglienza per donne schiave “Renato Bilancia

–          Casa d’accoglienza per bambini abusati “ Don Davide Mordino pedofilo

–          Associazione anti racket “Al Capone

–          Associazione difesa consumatori “Callisto Tanzi

–          Associazione anti usura “Calvi e Sindona

–          Istituto per la salvaguardia delle foreste “Attila

 

Volendo si potrebbe continuare, ma dopo un primo guizzo di fantasia, mi torna in mente che a volte e sufficiente la realtà.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Sottotitolo:  nelle vere democrazie chi perde va a casa, non detta lui (o lei) le condizioni. Perdere significa anche aver assoldato una gang di delinquenti al posto di una giunta regionale. Lo stesso discorso che valeva per la polverini deve valere per formigoni, ma, evidentemente formigoni gode di una tutela maggiore visto che nessun Bagnasco è stato avvistato all’orizzonte. Nessuna eminenza più o meno grigia si è ancora espressa a proposito di quel che accade nel palazzo della regione Lombardia.

Nessun discorso moralizzatore del presidente della loro repubblica circa la gestione delinquenziale dell’ayatollah celeste della regione Lombardia. 
Dobbiamo preoccuparci di Grillo, noi.

Non so se e quando potremo tornare a votare, ma se vogliamo davvero che le cose cambino non possiamo continuare a prendercela con gli esecutori della legge ma imparare a scegliere con più attenzione i mandanti che obbligano poi gli esecutori a metterle in pratica. 
Che altro non sono che quelli che fanno le leggi. 
Perché con buona pace di chi s’incazza quando poi la gente se la prende coi politici considerandoli tutti “una razza” il crash avviene proprio e solo in parlamento, perché ci sono leggi che non cambiano se a farle sono governi di destra o di sinistra. 
Ci sono state leggi sbagliate fatte dalla destra che poi la sinistra non ha mai voluto correggere.
La mattanza di Genova fu voluta dal governo di berlusconi ma in precedenza un piccolo assaggio di sospensione della democrazia si era verificato al summit di Napoli, e lì a palazzo Chigi c’era d’alema, non berlusconi.
E non mi sembra giusto né troppo democratico  che a fare le spese di leggi sbagliate, fatte male, fatte per difendere – ma solo un po’ – per tutelare – solo un po’- per garantire – solo un po’ – e da far rispettare – ma solo un po’, dipende dal vestito che s’indossa e dal mestiere che si fa – siano poi i giudici che le applicano perché devono farlo e noi cittadini quali utenza ultima di un lavoro fatto male.

E non serve conoscere una vicenda nel dettaglio per riconoscere una schifezza da una cosa ben fatta.

Certo, non è giusto generalizzare, mai, ciò non toglie che le forze dell’ordine abbiano  spesso atteggiamenti al limite della detestabilità, molte volte quel limite viene superato abbondantemente, sfociando in violenza gratuita e immotivata  senza che ci sia un ragionevole motivo per farlo come hanno appena confermato le motivazioni della sentenza sul massacro alla Diaz e come in precedenza ci aveva già detto la sentenza sul pestaggio mortale in cui morì, di botte e di stato Federico Aldrovandi, un ragazzino di diciotto anni.

In Italia  il concetto dell’ io so’ io e voi [cioè noi] non siete un cazzo lo possono applicare tutti, dal presidente della repubblica per nascondere i suoi dialoghi privati  ma che riguardano cose pubbliche con un bugiardo indagato per falsa testimonianza all’ultimo funzionario di polizia passando per un governatore di regione che non vuole assumersi nessuna responsabilità circa i comportamenti illegali dei suoi subalterni e senza dimenticare chi, silvio berlusconi, quello più uguale degli altri come i maiali di Orwell, che per onorare al meglio quella teoria non ha esitato a stravolgere un paese, a sradicarne i valori più semplici. E glielo hanno fatto fare.

Noi no, non siamo mai nessuno.

A me piacerebbe invece vivere in un paese dove  quell’ “io” significasse poi anche “io” quando si tratta di prendersi le proprie responsabilità.


Sono pazzi questi ladroni – Marco Travaglio, 12 ottobre


Nel film di Marco Bellocchio “Bella Addormentata” c’è un senatore-psichiatra, interpretato con perfida ironia da Roberto Herlitzka, che visita gli altri parlamentari in preda a svariate forme depressive. Uno si sente inutile e lui prescrive un “Serenes”, poi lo rincuora con un rassicurante: “Se sei un senatore della Repubblica, un motivo ci dovrà pur essere”. Un altro si chiama Beffardi (impersonato magistralmente da Toni Servillo) ed è in crisi di coscienza perché non vuole saperne di votare la legge cosiddetta “salva-Eluana”: lui gli raccomanda “un farmaco leggero, riequilibrante” per dargli il coraggio di digerire la porcata. Il film non poteva uscire in un momento migliore, perché la scienza criminologica non basta a spiegare il suicidio di massa dei politici italiani: occorre la psichiatria. Da anni la gente, quando vede un politico in tv, cambia canale e, se lo incontra per strada, sputa in terra. Molti presunti onorevoli, quando non vengono riconosciuti, declinano false generalità e professioni, disposti a passare anche per papponi o posteggiatori abusivi pur di non confessare di essere parlamentari. Poi però continuano a comportarsi da impuniti, anzi da più impuniti che mai, proprio quando dovrebbero stare attenti anche allo scontrino del caffè al bar. Quello che si lamenta perché guadagna solo 8 mila euro al mese. Quello che taglia le gomme al disabile perché gli impedisce di parcheggiare in divieto.

Quella che dà appalti alla società del figlio e poi dice di non essersene accorta. Quello che, per giunta nel partito di Di Pietro, bonifica 700 mila euro di “rimborsi” sui suoi conti personali e poi si difende dicendo di averli usati per finalità politiche (senz’accorgersi che, se fosse davvero così, sarebbe doppiamente fesso). Una follia collettiva che fa apparire un’accozzaglia di dementi e/o di ladri anche quelli che magari non sono né una cosa né l’altra. Si spiega solo così l’immeritata fama conquistata, solo grazie al confronto con questa gabbia di matti, dai cosiddetti “tecnici”: categoria che ospita, come tutte, una buona dose di decerebrati, di magliari e anche di mariuoli. Gente che ne ha combinate e ne combina di cotte e di crude, e che non oserebbe mettere il naso fuori di casa, se dall’altra parte non ci fossero i politici. Ieri, per dire, la seduta del Senato dedicata alla legge anticorruzione è saltata perché i senatori, in tutt’altre faccende affaccendati, hanno rinviato a martedì. Tanto, dopo tre anni, c’è tempo. Eppure non c’è bisogno di essere onesti per approvare l’anticorruzione (per giunta finta): basta essere furbi, dotati di un minimo istinto di sopravvivenza. Infatti i più indignati per la scarsa serietà dei politici sono proprio i mafiosi. Due boss della ‘ndrangheta, intercettati nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’assessore lombardo Zambelli (quello che comprava i voti dalle cosche a 50 euro l’uno), convengono sul fatto che “‘sti politici ‘e mmerda, piccoli e grandi, sono uno peggio dell’altro”. Nel 2005 un mafioso siciliano, anche lui intercettato, raccontava a un collega ciò che gli aveva detto un altro picciotto: “Dice che Cammarata e Miccichè sono ‘fanghi’, proprio gentaglia, dice: ‘Sono tutti cocainomani’. ‘Cammarata avant’ieri al Cuba (un night club, ndr)… ubriaco che vomita sopra il tavolo’, dice! Gli ho detto: ‘Minchia, il primo cittadino!’. ‘Eh, il primo cittadino, è una cosa, sono una cosa schifosa. Ma la gente — dice — ne ha le tasche piene. Poi si sono fatti i fatti loro, non hanno pensato per nessuno, pensano per loro soli… Posti, soldi…'”. Una lezione su come distinguere il piano morale da quello penale. È bello sapere che, in Italia, c’è ancora qualcuno che s’indigna. La Cupola, al posto del Parlamento, la legge anticorruzione l’avrebbe già approvata da un pezzo.

No, non si dimette [neanche lei]

Polverini: “Fui invitata ad una festa da un consigliere ma le foto mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.

Preambolo: Spese dei gruppi consiliari in Lombardia “Non mostriamo le fatture. Cazzi nostri”

al fano: la polverini non si dimetterà perché non ha nessuna responsabilità.”

E allora di chi è la responsabilità? uno o una ce li volete dare o anche questa faccenda rischia di diventare una telenovela come quella di formigoni? 
Perché non l’aboliamo dal dizionario, questa parolaccia visto che non serve più a niente?

Renata Polverini è un prodotto televisivo.

Ringraziamo soprattutto Floris e/o chi per lui che la invitava a “Ballarò” una settimana sì e l’altra pure in qualità di sindacalista UGL: mecojoni!

In questo paese a maggioranza di telerincoglioniti i personaggi acquistano notorietà e, purtroppo un’autorevolezza spesso immeritata anche così. Se una persona si vede spesso in tv significa che è una persona che conta, se quella persona poi si presenta alle elezioni o si propone come presidente del circolo del burraco è chiaro che la gente poi affiderà la sua fiducia al conosciuto piuttosto che a quello mai visto prima. Più del 60% degli italiani vota secondo l’orientamento che gli danno le televisioni.

E  la diseducazione collettiva nasce anche dalle opportunità che si offrono a chi, invece di andare a parlare dei danni prodotti allo stato e cioè a noi   nelle sedi preposte va a farsi intervistare dal conduttore/giornalista di turno perché tutti  sanno che quelle ospitate faranno salire lo share.

Mentre lei era da Formigli su la7 Fiorito detto “er batman” era, ma che lo dico a fare, dall’insetto che striscia a porta a porta .

Chi ruba va in televisione, i condannati per mafia vanno in televisione, perché uno che ruba, un condannato per mafia deve andare in televisione? a quanti di noi verrebbe offerta la possibilità di andare in televisione dopo un avviso di garanzia, una condanna?

Parlano tutti di cambiamento, di riportare la politica al livello che le compete[rebbe] ma poi ancora deve nascere il conduttore/giornalista che chiuda le porte in faccia a questo cialtroname a cui si concede tutto, anche di andare a fare la vittima in televisione sui propri problemi di salute.

Vuole sapere, la polverini, a quanta gente è negata la possibilità di poter sequestrare un intero reparto ospedaliero per farsi operare? e quanta gente è costretta ad aspettare ben oltre i tempi regolamentari che impongono i protocolli? e che questo succede PROPRIO grazie allo sperpero di soldi pubblici? perché la polverini forse non lo sa, ma ogni volta che un politico, o chi per lui/lei ruba toglie a tutti un pezzo di strada, di ospedale, di scuola.

Esattamente la stessa cosa che succede quando non si pagano le tasse, quando quelle tasse non le pagano tutti.

E allora non ci venissero più a dire che le tasse sono bellissime se poi quei soldi vanno a finire in ostriche, champagne, feste di compleanno, cene da settemila euro.

Per il reato di malversazione l’ex governatore dell’Illinois è stato condannato a diverse decine d’anni di galera, e non ha potuto concordare le sue dimissioni con nessuno che avesse nel suo curriculum giudiziario nemmeno uno dei reati attribuiti all’ex tizio.

Che deve fare un presidente di regione oltre a partecipare alle sagre del peperoncino? non ho capito, chi controlla chi in questo stramaledetto paese?

E l’opposizione, parlando con pardon, cosa faceva alla Regione Lazio di bello invece di controllare l’operato della giunta?

In tutti gli ambiti lavorativi, dunque anche nella politica, esistono le gerarchie proprio perché più si va in alto e maggiori sono le responsabilità.

La polverini non se ne deve andare perché è antipatica e fascista ma perché si è dimostrata incapace di controllare cose di cui lei in prima persona aveva la responsabilità.

Nei posti di lavoro minori i licenziamenti scattano per molto meno di furti milionari ai danni di cittadini ignari che pensano di pagare le tasse per il bene comune, non quello del batman e del lusi di turno.

La Regione Lazio covo di ladri e affaristi. Come premio, la governatrice Renata Polverini e il pdl Franco Fiorito ospiti di Piazza Pulita e di Vespa

(Il Fatto Quotidiano)

Polverini di stalle
Marco Travaglio, 21 settembre

“Guardate che me ne vado, eh?”. “Lo sapete che potrei andarmene?”. “Avete capito o no che potrebbe darsi che me ne vada?”. Dopo una settimana trascorsa a minacciare di andarsene, ieri sera si è finalmente capito dov’era diretta Renata Polverini: in televisione. Precisamente a Piazza Pulita (per cambiare un po’: fino all’altroieri era un arredo di Ballarò). Intanto, in stereo, Francone Fiorito in arte Er Batman e il suo avvocato Carlo Taormina facevano il loro ingresso trionfale a Porta a Porta. Per Fiorito, si trattava di una lieta new entry. Per il vecchio Tao, un gradito ritorno, dopo i fasti del delitto di Cogne col contorno di plastico dello chalet e calunnie ai vicini della porta accanto. Mancava soltanto il figlio di Vespa, immortalato nella festa trimalcionica in stile antico romano, con Partenone (che sta in Grecia, ma fa lo stesso) di cartapesta e otri di finta pietra piene di vodka e mojito (tipiche bevande del tardo impero). Si conferma così uno dei tanti spread che dividono l’Italia dal mondo civile: nei paesi seri chi ruba va in galera e poi a casa (o viceversa), in Italia va a Porta a Porta. Che è pur sempre una pena, ma un po’ meno afflittiva. Flaiano diceva: “Mai minacciare le dimissioni: qualcuno potrebbe accettarle”. Ma non è più vero: anche se la Polverini le desse per davvero, nessuno le accetterebbe. Si spiega così l’abissale ritardo con cui la presunta opposizione alla Regione Lazio presenta la mozione di sfiducia contro la giunta Polverini: doveva prima farsi due conti per avere la certezza che fosse respinta. Mettetevi nei panni di un consigliere regionale: due anni fa ha speso magari uno o due milioni per farsi eleggere e guadagna dai 7,5 ai 14 mila euro netti al mese, più rimborsi vari. Per rientrare dei costi della campagna elettorale, e guadagnarci, non gli bastano cinque o sei consiliature complete. Figurarsi un biennio. Dunque, o è un missionario, oppure arrotonda, cioè ruba. E rubare non è solo versare i rimborsi pubblici sul proprio conto, come faceva quel neofita di Fiorito: è anche ingaggiare come consulente o membro dello staff chi ha lavorato alla campagna elettorale; è favorire negli appalti le aziende che l’hanno finanziata, specie nella sanità, magna pars del bilancio regionale; è farsi pagare ferie, viaggi, pranzi, cene, barche, auto, vestiti, squillo; è gonfiare le note spese di rappresentanza o di trasferta o dei convegni; è inventarsi trasvolate diplomatiche; è moltiplicare le commissioni e i comitati, con gettoni di presenza incorporati; è creare gruppi consiliari sempre più piccoli, anche formati da uno solo, per estrogenare i rimborsi. Perciò il ritorno alle urne, con altre spese da far rientrare e il rischio concreto di non essere rieletto è una prospettiva terrificante, per il consigliere medio. Ieri, per dire, un nostro cronista ha chiesto conto ai capigruppo di tutti i partiti in Lombardia sulla destinazione dei rimborsi: qualcuno ha invocato la privacy, altri l’han cacciato in malo modo, mancava poco che lo menassero. E c’è da capirli: il tesoro è talmente appetitoso da esigere una guardia arcigna, impermeabile a qualunque controllo democratico. A cinque anni dal boom de La Casta di Stella e Rizzo e dal V-Day di Grillo, dopo gli scandali Penati, Belsito, Formigoni, Tedesco e migliaia di solenni dichiarazioni, annunci e promesse sui famosi “tagli ai costi della politica”, un consigliere regionale ci costa 750 mila euro l’anno. Solo per mantenerlo, si capisce. Al netto degli arrotondamenti: la tassa occulta degli sprechi e della corruzione, che non si vede ma si paga. I soloni che s’interrogano sul successo tumultuoso di 5 Stelle non hanno ancora capito che molto dipende dal fattore soldi. E non sembra averlo capito nemmeno lo staff di Matteo Renzi, che risponde alle domande del Fatto su chi finanzia il tour delle primarie con imbarazzanti e imbarazzati “vedremo”, “pagheremo”. 

Ma quando? E come? E questa sarebbe la “nuova politica”? Cominciamo bene.

Il papa prega per lui

Sottotitolo:

Gli agenti della Dia: “Coi tagli si sta smantellando la Direzione antimafia”

Era il sogno di Giovanni Falcone, che aveva compreso la necessità di avere un’unica struttura di polizia per affiancare i magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. “La stanno uccidendo a piccoli passi, perché nessuno si assumerebbe la responsabilità di eliminarla in un colpo”.

 

Ma naturalmente non c’è stata nessuna trattativa fra lo stato e la mafia.

 

 

Formigoni: “Idv, Grillo, Fatto e Repubblica? Braccio armato contro la democrazia che vuole destabilizzare il sistema politico italiano e mira al dissolvimento dello Stato che accusa anche in maniera vergognosa per abbattere in questo Paese ogni esperienza di democrazia ” [evidentemente gli deve essere sfuggita qualche copia di Repubblica di queste ultime settimane].
Se le esperienze di democrazia sono state quelle degli ultimi vent’anni [per non dover guardare ancora più indietro nel tempo che è peggio] ben venga tutto ciò che è in grado di dare un’energica scrollata a questo sistema mafioso e  paramafioso che ha distrutto anche l’idea di democrazia in questo paese.
Suppongo che oggi Violante non spenda una parola sul populismo di Formigoni. Meglio, molto meglio insultare i Magistrati, visto che poi nessuno li può difendere.
L’ayatollah celeste rivela inoltre che il papa gli avrebbe detto di pregare per lui tutti i giorni. 
Se fossi io a vestire gli umili panni di suasantità [comprese stole di ermellino e scarpette Prada] m’incazzerei moltissimo e denuncerei questo delinquente bugiardo che si crede Gesù Cristo.
Poi dice che una diventa atea.

Formigoni: “Il Papa prega per me ogni giorno”. Poi l’attacco al Fatto

Il presidente della Regione Lombardia indagato per corruzione approfitta per togliersi qualche sassolino dalle scarpe contro magistrati e giornalisti. Racconta di una vicenda giudiziaria come se fosse il passato, della fede in Dio e dell'”attacco strumentale” che ha subito. Poi spara contro il Fatto Quotidiano, Repubblica, Grillo e Italia dei Valori: “Sono il braccio armato contro la democrazia.”

Io sto con CL: no ai matrimoni gay!

di Silvio Di Giorgio per Il Fatto Quotidiano

Comunione e Liberazione dice no al matrimonio tra omosessuali. C’è il rischio che non nascano più bambini: i nostri preti sarebbero costretti a molestare dei maggiorenni, ed è una cosa che non possiamo permettere che accada.

Per prima cosa la carne dei maggiorenni è stopposa: i sacerdoti più anziani, abituati alla morbidezza delle carni giovani, rischierebbero di scheggiare le dentiere che si sono comprati con il nostro8×1000. E poi avere rapporti con un maggiorenne non costituirebbe reato, quindi dovrebbero escogitare altro per farsi trasferire in un’altra diocesi ed insabbiare tutto con l’aiuto del proprio vescovo.

Permettere ai gay di sposarsi porterà ad un’inevitabile conclusione: l’estinzione degli italiani. I maligni potrebbero dire che, alla luce delle dichiarazioni di CL, non sarebbe poi una perdita così grave, ma il vero problema è un altro. Vogliamo forse che i nostri sacerdoti siano costretti a diventare tutti missionari e volare all’estero a molestare negretti?

E’ come per il calcio. Un tempo tutte le stelle venivano a giocare da noi perché avevamo il campionato più bello del mondo, adesso scelgono tutti altri Paesi. Per la pedofilia ecclesiasticarischiamo lo stesso esodo. Che ne sarà della nostra immagine?

E poi lo sappiamo tutti che in Africa i bambini sono denutriti, non sono mica resistenti come i nostri cresciuti con pane e nutella. C’è il rischio che si facciano male. Poveri piccoli, vogliamo forse traumatizzarli per tutta la vita?

C’è inoltre chi fa notare che  i matrimoni gay non durerebbero, ed è un dato di fatto. Non sono solidi come quelli dei cattolici. Vedi ad esempio Berlusconi, Casini e Fini, uomini di chiesa che, nonostante i problemi quotidiani con le rispettive mogli, continuano stoicamente a portare avanti il loro primo matrimonio senza mai pensare neanche per un istante al divorzio.

Per finire un’ultima considerazione, e cioè che non si può andare contro natura. E la natura esige che a picchiare la moglie sia il marito, e non un’altra donna. E’ un matrimonio, cazzo, mica una lotta nel fango!

Vieni a trovarmi sul mio blog “Lo Starnuto”

 

Passer(à) anche questo [speriamo]

Sottotitolo: “Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent’anni fa” .
Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io.” { Licio Gelli, 28 settembre 2003 }

In questo paese anche il concetto di “turn over” si applica ad personam.
Per smantellare la procura di Palermo e rendere ancora più complicata l’azione antimafia è buono, per fare un repulisti come si deve in parlamento, no.
Nell’unico ambito in cui un ricambio è necessario, igienico e salutare al turn over, chissà perché, non ci ha pensato mai nessuno.
Evviva, come sempre, l’Italia.

Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover

Preambolo: c’è trattativa e trattativa.
Con le BR no, con tanti saluti ad Aldo Moro, con la mafia sì.
Sarebbe carino se sul sito del Governo pubblicassero un elenco dei possibili interlocutori, così poi ci  si regola.

Strepitoso  Travaglio che in una pagina e mezza di giornale ieri  ha smontato tutta la commedia degna del  peggior Teatro de’ servi sceneggiata e prodotta dalla premiatissima ditta «Eugenio Scalfari: un uomo molti perché».

Dal primo all’ultimo {speriamo} atto.

Non riesco a capire perché “La Repubblica” non sia stata  abbandonata da quelle firme che hanno ancora un’idea degna del giornalismo.

Povero D’Avanzo, che delle inchieste di mafia aveva fatto una delle sue ragioni di vita.

Troppo facile, per un quotidiano che vuole definirsi prestigioso  scrivere per settimane, mesi, per anni  quasi esclusivamente del mignottificio di Hardcore.

Allora valeva tutto, domande,  post-it, dossier, “speciali” mandati in onda in diretta  e in replica dalle radio associate al Gruppo Espresso.

Per SM Re Giorgio, invece,  su qualcosa si puó sorvolare e dimenticarsi del proprio professionismo.

Ragion di stato: “robba forte”.

“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia

Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone.

Famiglia Cristiana attacca il Meeting: “Cl applaude soltanto i potenti”

Dalle colonne del settimanale cattolico l’attacco alla kermesse ciellina che fa più male: “Cossiga, Andreotti, Craxi, Formigoni: applausi per tutti a prescindere da ciò che dicono. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. Non c’è senso critico, ma omologazione”.

Corrado Passerella
Marco Travaglio, 22 agosto

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro “tutta la classe dirigente italiana” che “non risolve i problemi della gente” e “suscita indignazione”. Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l’ha mai negato a nessuno, anch’essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi). Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all’affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L’altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che “l’uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare”. Altrimenti l’uscita è lontana.  Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D’Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni). Il “nuovo Passera” uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che “bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse,  una vera zavorra, fra le più alte al mondo”. In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: “Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?”. Lì invece l’hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un “decreto per la crescita” che avrebbe addirittura “mobilitato risorse fino a 80 miliardi”, ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto “sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata”. Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l’ha invitato agl’imminenti, imperdibili “Stati generali del Nord” in programma a Torino, ha aggiunto: “Dobbiamo riprendere il federalismo”. Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché “il Meeting porta fortuna” e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene “improbabile” un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno. Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l’incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l’accento).

Tutto qua?

Formigoni indagato: “Tutto qua? Non ho nulla da temere: la corruzione non c’è”

Dal depuratore di Nosedo ai rapporti con la Maugeri: tutti i ‘guai’ del Celeste

LA COMMEDIA E’ FINITA: DA SEL ALL’UDC L’APPELLO ALLE DIMISSIONI

«Corruzione con l’aggravante internazionale»:  l’accusa della procura di Milano nei confronti di Roberto Formigoni. E’ il super indagato della regione Lombardia, il dodicesimo della maggioranza di centrodestra.

La cosa davvero sorprendente è che uno con un tale curriculum di porcherie sia ancora a piede libero. Ma quando all’estero parlano male dell’Italia, le agenzie ci abbassano il rating lo fanno per umiliarci. Sì. Che farà il celeste, dopo Il Fatto querelerà anche la procura di Milano?

 Questo è il risultato di anni e anni di lobotomia.  Il risultato di un certo garantismo applicato esclusivamente in ambito politico perché in questi ultimi due decenni, dalla famosa discesa in campo del salvatore della patria dunque di se stesso, molti hanno diffuso il concetto piuttosto strampalato che l’avversario va sconfitto politicamente e non nei tribunali.

 Ché non sta mica bene che venga sconfitto da se stesso medesimo a causa dei suoi comportamenti. Se il politico è anche, anzi soprattutto un criminale ma la gente lo vota ce lo dobbiamo tenere perché si sa, la maggioranza ha sempre ragione, vent’anni di regime fascista e altrettanti di qualcosa che non merita neanche l’aggettivo di regime tanto è lo schifo che è stato propalato in questi ultimi due decenni dovrebbero avercelo insegnato molto bene: la maggioranza vince, come, non importa.

E i politici con pendenze giudiziarie anche pesanti, con condanne passate in giudicato, fatte salve due piccole eccezioni: cuffaro e lusi che attualmente sono ospiti delle patrie galere sono ancora tutti lì a rivendicare il loro diritto a non dimettersi, e lo possono fare perché, come scrive benissimo Travaglio da anni  la principale occupazione del parlamento italiano, di onorevoli, senatori e deputati in questi ultimi due decenni è stata quella di trovare ogni mezzo, ogni strumento per evitarsi non solo la galera ma anche come sfuggire ai processi e trasformarli in leggi. E accusare di giustizialismo tutti coloro, me compresa, che pensano che nei paesi normali la distinzione fra onesti e disonesti sia ancora qualcosa di importante. E che nella politica, cioè nella massima rappresentanza di un paese e dei suoi cittadini, delinquenti, mafiosi e puttanieri non devono trovare nessuna residenza e protezione. Nemmeno quelli ‘presunti’.
Leggi che si sono potute approvare perché – appunto – la maggioranza ha sempre ragione.
Anche quando, come nel caso del celeste farabutto, è fittizia, gonfiata,  comprata. 

dell’utri è ancora senatore di questa repubblica, per dire.

Certe concessioni non piovono dal cielo, se invece di concentrarsi su come non mandare in galera i delinquenti, anche se fanno i politici,  anzi, SOLO se fanno i politici perché per tutti gli altri l’idea di garantismo è molto diversa la politica facesse il contrario, ovvero obbligare gl’indagati, gli inquisiti, i corrotti, i corruttori, gli sfruttatori di prostitute minorenni, gli amici dei mafiosi e i mafiosi a dimettersi, se i partiti, come diceva Paolo Borsellino facessero loro pulizia al loro interno senz’aspettare che arrivino i Magistrati cattivoni, se un politico che deve risolvere problemi con la giustizia si facesse da parte tornando ad essere un cittadino comune ed evitare così che si parli di una cosa ridicola e inesistente come il conflitto fra politica e Magistratura, invece di usare la sua carica come scudo per tutte le immunità e impunità che questo stato ridicolo mette e a disposizione dei potenti pre-potenti forse in due o trecento anni un parlamento pulito riusciremo ad averlo anche qui.

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– Arroganza celeste – Peter Gomez – Il Fatto Quotidiano

Roberto Formigoni dice di aver letto le carte e di non avere “nulla da temere ”. Di fronte ai testimoni e ai documenti che, secondo l’accusa, raccontano la sua vita da nababbo finanziata per dieci anni da Pierangelo Daccò, il futuro ex governatore dei lombardi afferma spavaldo: “La corruzione dov’è? Io non l’ho trovata. Un po’ come, qualche mese fa, non era riuscito a trovare, dopo aver promesso ai giornalisti di esibirle, le ricevute delle sue vacanze da jet set trascorse, a spese di Daccò, ai Caraibi, a Saint Tropez, in Costa Smeralda, a Montecarlo o su uno yacht di oltre 20 metri. Un Ferretti 70 sul quale, secondo i marinai, in una cabina di prua venivano sempre “custoditi gli effetti personali” di Formigoni “imbarcati all’inizio della stagione e portati via nel mese di ottobre”. Il fatto che Daccò fosse un faccendiere capace di farsi liquidare più di 70 milioni di euro da gruppi sanitari convenzionati con la Regione non inquieta il Celeste presidente. E nemmeno i due partiti che ancora lo sostengono: la Lega e il Pdl.

Eppure la vicenda Formigoni, ora arricchita da un invito a comparire, spiega bene almeno 200 dei 500 punti di spread che separano l’Italia dalla Germania. Formigoni, infatti, resiste sulla sua poltrona perché qui la politica, che pure continua ad attaccare la magistratura, ha totalmente demandato ai giudici il compito di selezionare le proprie classi dirigenti. I comportamenti dei leader da noi non contano. Contano (qualche volta) i reati, che però possono essere accertati (giustamente) solo al termine di un processo. Il principio di elementare prudenza che, nelle democrazie mature, spinge partiti e istituzioni a escludere dalla vita pubblica chi non è in grado di chiarire le sue frequentazioni o giustificare le proprie ingenti spese, in Italia non vale.

Risultato: a Berlino il Presidente della Repubblica, Christian Wulff, si dimette in febbraio per un prestito a tassi di favore alla moglie e cinque giorni di vacanza finanziati da un produttore cinematografico (287 euro per notte). A Roma come a Milano, a destra come a sinistra, migliaia di piccoli o grandi Formigoni, invece imperano e montano in cattedra, arroganti. I Daccò di turno fanno lievitare la spesa pubblica. E il Titanic Italia va, placido, verso il naufragio. La crociera intanto non la offre un lobbista-faccendiere. A pagare sono solo i cittadini.