Il 25 aprile non è la solita ricorrenza buona per dire le consuete idiozie da vestito della festa sull’unità nazionale, su ipotetiche quanto impossibili pacificazioni, memorie condivise con chi non ha mai rinnegato il fascismo.
E non è nemmeno la giornata che “i morti sono tutti uguali”.
In una guerra di liberazione i morti non possono mai essere tutti uguali, perché da una parte c’è chi muore per appoggiare il tiranno, il dittatore, dall’altra chi sacrifica la sua vita per liberare se stesso e gli altri dal tiranno.
Confondere la pietà umana col riconoscimento del valore di chi ha messo in gioco la sua vita per il bene di tutti, in un momento in cui non si sacrifica nemmeno una poltrona per lo stesso fine non è solo ingiusto ma è tutto quello che ha contribuito ad alimentare la confusione e i revisionismi del “tutti uguali”.
Del rovesciamento dei fatti e della Storia.
Tutti uguali un cazzo.
Il 25 aprile non è nemmeno il compleanno dei marò, ricordati puntualmente da capi di stato vecchi e nuovi.
Il 25 aprile è la festa di chi si riconosce e si ritrova nella repubblica antifascista tutti i giorni, tutto l’anno e tutti gli anni, non solo il 25 aprile.
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Salvini: il nomade coi soldi degli altri
Sottotitolo: la lega nord, nata con intenti secessionisti e quindi contrari alla nostra Costituzione che ha previsto e ordinato che l’Italia fosse un paese unito e indivisibile andava messa fuori legge dal suo esordio. E’ ora di finirla di invocare la democrazia rispetto alla lega che ha in sé tutto ciò che va contro l’idea di paese civile e democratico.
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Nella “concezione rapinatoria della vita” tipica degli italiani, citata nel mini-monito di Mattarella due giorni fa ci sono anche i 120.000 euro al mese che pagano gli italiani per mandare in giro un razzista provocatore che in due mesi e mezzo ha impegnato più di ottomila agenti di polizia? Se salvini vuole fare campagna elettorale da leader politico si dimetta da parlamentare europeo, rinunci all’odiosissimo stipendio in euro che gli paga la comunità, lui come berlusconi che preferiva l’assistenza di cosa nostra sputa sullo stato e poi cerca il sostegno e le garanzie dello stato a spese degli italiani. E’ un vigliacco, e vigliacchi sono tutti quei giornalisti che in questi mesi lo hanno materialmente costruito, legittimato, elevato al ruolo di leader, che gli hanno permesso di diffondere il pensiero violento e razzista.
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Se in Italia c’è ancora spazio per associazioni che si ispirano al fascismo come casapound, alleata di salvini, a maggior ragione lo spazio ci deve essere per i centri sociali che non fanno nessuna apologia.
salvini che lamenta l’assenza di democrazia e poi chiede ad alfano di chiudere i centri sociali, e noi dobbiamo pagare milioni la sicurezza di uno che ha una concezione simile della democrazia, la pretende per sé ma la vuole togliere agli altri. 120.000 euro al mese, ottomilacinquecento uomini dello stato, dieci automobili di servizio ad ogni uscita per permettere ad un provocatore di andare in giro a propalare odio sono un insulto alle necessità primarie di migliaia di famiglie italiane in difficoltà anche per colpa della lega che, forse qualcuno lo ha dimenticato, ha governato per svariate legislature con berlusconi e anche con alfano, ridicolizzato da salvini un giorno sì e l’altro pure.
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C’è Salvini, scontri e due feriti a Massa
Ormai il leader leghista provoca disordini ovunque. Calci e pugni alla sua macchina. A Viareggio schiva un sasso. La solidarietà di Renzi.
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SLOGAN E INCIDENTI, LA DURA ACCOGLIENZA DEL CENTRO-SUD AL LEADER LEGHISTA.
PUGLIA, LANCIO DI UOVA E CARICHE
MARSALA. BLINDATO NELLA SUA AUTO E SALTA IL COMIZIO
SALTA IL LEGA TOUR LIVORNO, LANCIO DI UOVA E CORI (VIDEO)
PALERMO: “CHIEDO SCUSA AL SUD”.
LANCI DI UOVA DAI CONTESTATORI “RESPINTO” DAI MIGRANTI A PORTO RECANATI
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Complimenti a tutto il giornalismo italico che in questi mesi ha legittimato, ospitato, fatto parlare ogni giorno e ovunque il provocatore salvini ben sapendo quali risultati avrebbe prodotto la diffusione del pensiero violento e razzista.
Irresponsabili cialtroni che si nascondono dietro il diritto di parola di chiunque, che solo rarissime volte hanno contrapposto a salvini un contraddittorio serio e che fosse in grado di far perdere consistenza alle scemenze razziste del repertorio di salvini.
E se oggi quel pensiero si traduce in violenza fisica la responsabilità è di chi non ha fatto nulla per evitarlo ma, al contrario ha partecipato in solido alla costruzione del salvini “leader” legittimandone il pensiero violento.
Basterebbe tornare indietro di qualche mese nelle cronache politiche per capire a chi serve il “fenomeno” salvini.
Chi è che ha gonfiato questo sacco di ignoranza razzista, questo parassita elevandolo a uomo politico il cui “pensiero” si doveva, si deve non solo ascoltare ma analizzare fino al parossismo mediatico.
L’establishment che conta, opinionisti, giornalisti, tutti quelli che si sono coalizzati contro i 5stelle favorendo sfacciatamente l’ascesa politica di questa nullità ignorante e violenta, loro i veri colpevoli, i costruttori della trasformazione in leader del provocatore razzista salvini dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, sempreché la trovino da qualche parte e ripensare a quello che scrivevano quando sui palchi delle piazze al posto di casa pound, della sorellastra d’Italia c’erano persone come Dario Fo, Salvatore Borsellino, il giudice Imposimato.
Se Renzi ha la possibilità di ridersela e di campare politicamente tutto il tempo che vuole è soprattutto grazie alla servitù di regime che crea i mostri e poi non se ne sa liberare ma anzi permette loro di crescere e moltiplicarsi.
Più del 60% degli italiani si informa solo attraverso la televisione generalista, e se la televisione generalista porta in televisione ogni giorno salvini è facile fare due più due. Senza Ballarò non sarebbe mai esistita la polverini, idem per la Gualmini, la Todini, “autorevoli” sconosciute che hanno potuto accedere alla politica, nei Cda delle aziende pubbliche grazie alle ospitate nei talk show che le hanno fatte conoscere al grande pubblico dei telerincoglioniti d’Italia.
Se il giornalismo, l’opinionismo sempre presente in televisione si fossero contrapposti a salvini quanto lo hanno fatto con Grillo oggi la situazione sarebbe diversa.
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Senza la Resistenza che ha messo a tacere la violenza della dittatura fascista adottando l’extrema ratio della lotta armata oggi salvini e quelli come lui non potrebbero andare in giro per l’Italia dispensando odio contro chi ha fatto il lavoro sporco anche per loro, dunque anche quei comunisti, le “zecche rosse” che hanno collaborato alla stesura della Costituzione “più bella del mondo” e che per questo non piace ai cialtroni, ai disonesti di oggi, non solo nella politica ma anche in quell’informazione sempre pronta a sdraiarsi davanti al potente prepotente di turno, in quella cosiddetta “intellighenzia” sempre presente nelle varie tribune che vuole convincerci a tutti i costi che il meglio è nemico del bene e per questo bisogna accontentarsi di quello che passa il convento, fosse anche il manovratore abusivo salito al potere senza il permesso di nessuno.
Per ricostituire quel partito fascista che la nostra Storia ha messo fuori legge non c’è bisogno di scrivere su un cartello, un manifesto, una lista elettorale “partito fascista”, perché il fascismo non è solo un’ideologia, è prima di tutto un modo di essere, di considerare le persone, è un’idea di società contraria a qualsiasi civiltà, giustizia, uguaglianza, umanità, solidarietà, proprio quello che anima la lega di salvini.
La società civile, quel che ne resta almeno, non prenda lezioni da questi guastatori incivili in camicia verde ma dall’anima nera che andavano messi fuori legge da subito, da chi vaneggia di negazione della democrazia rispetto a chi si oppone al pensiero violento, razzista e fascista di chi semina odio spacciandolo per pensiero illuminato e che per questo ha il diritto di essere espresso.
L’informazione del paese normale, sano, deve aiutare i cittadini a formarsi delle opinioni il più possibile collegate alla realtà.
Mandare in giro uno che ripete ossessivamente urbi et orbi ogni giorno che il problema italiano è una percentuale di problemi da zero virgola quasi niente, che agli extracomunitari paghiamo l’hotel a cinque stelle con vasca idromassaggio e aria condizionata, che una comunità di duecentomila persone su sessanta milioni, i Rom, è il problema dei problemi e dopo che per vent’anni la lega ne ha dette di ogni su Roma ladrona e poi rubavano loro, ha vomitato ogni sconcezza sui meridionali significa rendersi complici di quello che sta succedendo: è consapevole delinquenza.
Ormai salvini trova accoglienza solo ai talk show, l’Italia reale lo rifiuta, e sarebbe opportuno che l’informazione ne prendesse atto, prima che sia troppo tardi.
Perché si deve dare tutto questo spazio mediatico a salvini?
A chi conviene salvini, solo allo share?
La funzione del talk show è di far guadagnare gli sponsor che investono sul razzismo e sul fascismo di salvini?
E di fronte a questo scempio c’è pure chi ha il coraggio di invocare la democrazia che deve lasciar parlare pure salvini?
Il mio 25 aprile di resilienza
Preambolo: per resilienza si intende la capacità dell’essere umano di reagire a dei colpi subiti, specificamente di ordine emotivo e psicologico, rispetto a traumi di vario ordine e genere che si possono subire.
La resilienza serve ad adattarsi alle avversità a cui non ci si può opporre.
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Sottotitolo: berlusconi non ha mai partecipato alle celebrazioni del 25 aprile e Napolitano non ha mai detto una parola, nemmeno un monitino piccino piccino.
Preferisco mille volte Mattarella, democristiano senza velleità rivoluzionarie ma che in meno di due settimane ha già ribadito varie volte che fascismo e antifascismo non si mischiano, perché non era uguale chi lottava per la libertà a chi si era votato al regime, di Napolitano che da ex comunista ha rivalutato ufficialmente la figura di almirante “statista” e che l’anno scorso ha sciupato l’occasione del 25 aprile per elevare a eroi della nazione due presunti assassini.
La politica è fatta anche di simboli, di riconoscimento per la propria storia e questo Mattarella lo ha fatto prim’ancora di essere eletto quando è andato ad omaggiare le vittime del nazifascismo alle Fosse Ardeatine. Spero che il presidente si ricordi della nostra storia e delle sue belle parole di questi giorni anche quando avrà sotto gli occhi la legge elettorale fatta da Renzi che vuole trasformare l’Italia in un paese di proprietà di chi vince le elezioni.
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25 aprile: a settant’anni dalla Liberazione gli Italiani hanno voglia di tornare schiavi?
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Mattarella: “Democrazia è lotta alla corruzione”
25 Aprile, “non c’è equivalenza tra le due parti “
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•LA TENTAZIONE DEL “TUTTI UGUALI”. MA I FASCISTI FURONO COMPLICI DELLO STERMINIO DEGLI EBREI
•SANT’ANNA STAZZEMA – “SENZA ITALIANI STRAGE IMPOSSIBILE” – “TRAVESTITI DA SS, TRADITI DA ACCENTO”
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E’ vero che come ha ammesso un paio d’anni fa Angela Merkel la Germania avrà una responsabilità perenne riguardo i crimini della Shoah, ma senza la fattiva collaborazione di tanti italiani che hanno contribuito anche semplicemente con l’indifferenza la storia oggi avrebbe potuto essere un’altra. Quelli che facevano finta di niente oltre settant’anni fa avevano la stessa perfida mentalità di chi oggi può permettersi di scrivere in un social che i rom vanno “termovalorizzati”, che i profughi vanno lasciati al loro destino di morte e che non rischiano niente grazie a chi ha combattuto per estendere la libertà, non perché fosse una possibilità di pochi eletti.
Non ho mai sopportato quella voglia di riconciliazione che ha contaminato anche la politica di sinistra prima e di centrosinistra dopo. Secondo me l’Italia del dopo regime è stata fin troppo benevola con chi aveva scelto di tradirla. I fascisti mai pentiti hanno avuto fin troppe possibilità, la Francia non fu così compassionevole.
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Storace ha mandato a dire a Mattarella che stamattina era a Milano per la celebrazione del 25 aprile, che avrebbe dovuto allungarsi verso piazzale Loreto per portare un fiore lì, dove venne esposto il cadavere del duce e che “dopo settant’anni non ha nessun senso fare la pagella sulle parti giuste e quelle sbagliate”.
La pagella sui buoni e i cattivi un senso ce l’ha, Mattarella va ringraziato perché in pochissimi giorni ha ripetuto varie volte che non potrà mai esserci nessuna equiparazione fra chi sosteneva il fascismo e chi lo ha combattuto; avrà un senso finché nel parlamento della repubblica troveranno posto quelli che pensano che durante il regime di mussolini furono fatte “anche cose buone”.
Quelli, e non sono solo a destra, che vorrebbero mandare sotto il tappeto le responsabilità di una parte degli italiani che non hanno esitato a tradire l’altra parte.
Non è uguale chi contribuiva alle deportazioni a chi le ha subite, gente venduta ai fascisti dai vicini di casa che poi prendevano possesso della sua casa, del posto di lavoro.
Non è uguale chi ha guadagnato dalle epurazioni e dallo sterminio a chi non è mai più tornato indietro.
E, per conto mio, non devo riconciliarmi con nessuno, tanto meno con chi come storace non ha mai preso le distanze dall’ideologia criminale che la Resistenza ha combattuto.
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Questo è il quarto 25 aprile che sfogliamo sul calendario senza un governo democraticamente eletto.
A novembre del 2011 arrivò Monti, ufficialmente per risolvere un’emergenza che nei fatti non c’era e anche se ci fosse stata lui non l’ha comunque risolta, anzi.
Da allora è stato tutto e solo un precipitare di eventi, dalle larghe intese di Napolitano imposte perché – così ci hanno detto – necessarie, fino ad arrivare ai giorni nostri con Renzi che si è insediato a palazzo Chigi grazie all’ennesima manovra di palazzo, ufficialmente per traghettare l’Italia a delle elezioni che consentissero ai cittadini di poter scegliere finalmente i propri rappresentanti in parlamento.
Mentre così non è: nelle intenzioni di Renzi c’è soprattutto l’obiettivo di ridurre ai minimi termini quella democrazia del popolo sovrano nata grazie alla Resistenza antifascista e a questo 25 aprile di Liberazione.
La legge elettorale di Renzi è stata concepita con la precisa intenzione di trasformare il parlamento in una zona franca, dove il presidente del consiglio decide, sceglie, impone e se la maggioranza gli dà ragione, e gliela dà perché la maggioranza attuale è di sua proprietà ed esclusiva, può fare quello che gli pare. Tutti i principi e le regole scritte nella Costituzione della Resistenza con Renzi sono diventati carta straccia, molto di più di quanto sia riuscito a berlusconi che almeno si limitava ad intervenire solo in funzione dei suoi interessi: evitarsi la galera ed arricchire il patrimonio.
Renzi, invece ha altri interessi e non sono solo i suoi ma anche di quella parte di Italia alla quale importa poco della libertà collettiva, quella democratica e di tutti perché tutto quello che non trova fatto e non ha se lo può comprare.
L’Italia di oggi è un paese dove la libertà è stata svenduta e barattata col meno peggio di quel peggio usato per spaventare la gente, per giustificare tutte le iniziative prese in assoluto spregio della democrazia e della Costituzione, ed è inutile prendersi e prenderci in giro coi fiori rossi e le frasi d’epoca: questo non è più un paese libero, non è più quel paese dove tanta gente ha combattuto e perso la vita per regalare alle future generazioni un’Italia libera anche dal rischio che quello che era stato si potesse ripetere.
Oggi l’Italia è molto meno libera di settant’anni fa.
Quindi, per quello che mi riguarda non c’è niente da festeggiare e da celebrare.
Una rotonda sul male
Sottotitolo: “queste leggi, questa gente che voleva la purezza della razza erano cristiani, sono leggi sancite dai battezzati. Vi chiedo perdono per questo”. [papa Francesco]
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Rotonda Almirante a Latina: la rivolta di Pd,Pennacchi e partigiani – Il Corriere della Sera
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Napolitano e Bertinotti omaggiano Giorgio Almirante: vergogna! da www.ecn.org/antifa/
Dal canto suo, nell’occasione, l’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti, ha pensato bene recarsi in visita dalla vedova, già periodicamente frequentata, al pari di Valeria Marini e del principe Sforza Ruspoli, nel suo andirivieni tra i salotti romani.
Sappiamo benissimo tutti che il dovere di un papa è quello di cercare consenso promuovendo il bene con tante belle parole a cui non seguono mai le azioni, ma siamo così in debito d’ossigeno di parole sane che non si può fare a meno di evidenziare che il papa almeno ci prova a sollevare certe questioni di cui la politica non si occupa e non si preoccupa più, e anche quando sembrava che lo facesse i risultati sono stati insufficienti, per usare un eufemismo. Ad esempio di mafia e di lotta alla mafia in questi ultimi mesi ne ha parlato più il papa che Renzi, e al papa tocca anche mettere bocca su faccende passate che sono più che mai attuali come, sempre ad esempio, porre l’accento sul fascismo che di cose buone non ne ha fatte nemmeno una, nonostante quello che voleva farci credere il pregiudicato impostore che ha riempito il parlamento, oltre a quella semplicemente delinquente come e peggio di lui composta da mafiosi, corruttori, corrotti, indagati, inquisiti e imputati, anche di feccia fascista che un paese antifascista per Costituzione avrebbe dovuto relegare da tempo nell’armadio delle vergogne. Invece qui si restituisce e si rinnova una dignità anche ai fascisti sostenitori dell’unico regime sanguinario che l’Italia ha subito, così, giusto per anticipare la solita corbelleria secondo cui “fascisti e comunisti pari sono”. Col cazzo, parlando senza pardon.
E quindi accade che mentre il papa chiede perdono per le leggi razziali a Latina si intitola una rotonda stradale a Giorgio Almirante, che di quelle leggi si fece promotore firmando il manifesto della razza e anche editore per mezzo di un giornale, “La difesa della razza” – di cui era segretario di redazione – che esaltava l’esclusione, la discriminazione e la superiorità della razza ariana.
Secondo l’assessore De Monaco, attualmente vicepresidente di giunta di Latina, Almirante merita di essere ricordato anche così in quanto “è stato un grande uomo politico, anticipatore di un linguaggio ancora attuale, legatissimo a questa nostra terra”.
Più o meno le stesse parole fatte pervenire in una lettera alla Camera da Napolitano, presidente di una repubblica antifascista per Costituzione, fondata sulla Resistenza al tiranno nazifascista, solo poche settimane fa durante la commemorazione del centenario della nascita del leader fascista. E sarebbe cosa gradita se qualcuno spiegasse perché Almirante venga ricordato con tanta enfasi istituzionale nel paese antifascista che dovrebbe essere l’Italia.
Napolitano che ha riconosciuto ad Almirante “l’espressione di una generazione di leader di partito che, pur da posizioni ideologiche profondamente diverse, hanno saputo confrontarsi mantenendo reciproco rispetto, a dimostrazione di un superiore senso dello stato che ancora oggi rappresenta un esempio”.
Almirante, un fascista mai pentito, collaboratore stretto di mussolini in tempo di guerra, traditore dell’Italia in quanto aderente alla costituzione della fasciorepubblica di Salò dove ricopriva il ruolo di capomanipolo, responsabile ed esecutore materiale di uccisioni, torture, deportazioni nei campi di sterminio.
Dunque se un nemico di questo paese e delle sue fondamenta democratiche viene ancora commemorato nei palazzi delle istituzioni, rimpianto dal presidente dell’ordine dei giornalisti Iacopino che lo considera “amico, fratello e nel mio caso anche un po’ papà“, apprezzato con parole di stima dal presidente della repubblica, gli vengono intestate piazze e vie nel silenzio assoluto della politica che dovrebbe avere in sé quei valori della Costituzione antifascista, scritta col sangue dei morti uccisi anche per volontà di Almirante è facile comprendere il perché questo è un paese ridotto così male e destinato a diventare sempre peggio.
In questo blog, “Bella ciao” non sono parolacce
Qualcuno provasse a dire ai Francesi che il 14 luglio la Marsigliese non si può cantare per motivi di ordine pubblico. Ci mettono un attimo a rialzare madame Guillotine a Place de la Concorde. Del resto, l’unica Rivoluzione l’hanno fatta loro. Quella vera, più redditizia nel tempo, quando hanno spedito via dal loro territorio i papi.
La differenza fra noi e gli altri sta proprio in quell’orgoglio con cui hanno difeso le radici della loro Libertà.
Quand’è che ci siamo distratti, permettendo che fossero la bandiera italiana e una canzone che significa libertà gli elementi di disturbo, l’una da far arrotolare su ordine della polizia di questo stato per non disturbare le manifestazioni di chi uno stato se lo è inventato mentre depredava questo, e l’altra così pericolosa che è meglio non farla sentire ai bambini in un giorno di festa? L’Antifascismo come disvalore, in un paese la cui democrazia è nata dal sangue di una Resistenza Antifascista è la prova inconfutabile, evidente, perfetta dell’immoralità disonesta di chi lo ha governato, di chi ha lasciato fare, di chi, giorno dopo giorno non si accorgeva, faceva finta di non vedere come quella Libertà costata sangue e macerie veniva pian piano ridotta, svilita, sminuita. Il 25 aprile si celebra la vittoria dell’Italia migliore, ma per molti questa giornata viene considerata un evento da nostalgici malinconici di un tempo che fu. Quello dove a nessuno sarebbe mai venuto in mente di pensare e dire che “destra e sinistra non contano, pari sono, contano le idee, le persone”. Col cazzo. Perché le idee di destra non potranno mai essere uguali a quelle di sinistra. La Libertà è un diritto, e come tutti i diritti non gode di un tempo indeterminato, ecco perché va difesa, tutti i giorni. Ognuno coi mezzi che ha. La Libertà non si dice: si fa. Come il rispetto, l’amicizia, la stima, l’affetto. E come l’amore. Non solo il 25 aprile.
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Se la Costituzione rassomigliava all’Italia e ancora oggi è la più bella del mondo, è anche perché è stata fatta da poveri che stavano dalla parte dei poveri. [Raniero La Valle]
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Teresa Mattei, Comandante di Compagnia nel Fronte della Gioventù, nome di battaglia “Chicchi”, è stata la più giovane eletta nell’Assemblea Costituente, quando era una giovanissima combattente per la Libertà si fece espellere da tutte le scuole del regno perché non volle mai partecipare alle lezioni sulla “difesa della razza”.
Se oggi abbiamo un 25 aprile almeno da ricordare, perché festeggiarlo è una parola grossa, lo dobbiamo anche a lei.
E’ bella la Libertà vero? E chissà perché abbiamo permesso a tanti di ridurne il significato, la bellezza. Di riscrivere una Storia, quella della Resistenza, che dovrebbe essere un motivo di orgoglio e di vanto per tutti.
Perché è grazie a quella Storia se oggi tanti possono pensare addirittura di riscriverne una, un’altra, a modo loro.
Qualcuno ha definito la Resistenza una “guerra civile”, come dire che gli italiani ad un certo punto sono impazziti e si sono fatti la guerra fra loro così, per movimentare le loro esistenze.
Non è così. La Resistenza è il risultato di una scelta, quella di chi non ha pensato che fosse conveniente, opportuno, schierarsi al fianco del tiranno nazifascista ma, come Teresa, ha lottato per riprendersi la sua Libertà.
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Bella ciao, brutto prefetto – Giulio Cavalli
Non mi stupisce l’ennesimo caso di anti-antifascismo, no: ormai paragonare fascisti e resistenti mettendoli sullo stesso piano è un esercizio vanaglorioso di neofascisti senza storia. Ma non per questo mi adeguo: sono per la Resistenza, sono per l’antifascismo come dovere costituzionale prima che come valore e mi ingegno per inorridirmi abbastanza ogni volta, tutte le volte.La vicenda del Prefetto di Pordenone però non è solamente l’ennesimo caso di “leggerezza istituzionale” sui temi antifascisti ma è soprattutto una figuraccia istituzionale della figura prefettizia. Provate ad immaginare: a Pordenone il Prefetto convoca una riunione del Comitato di Sicurezza con Questore, Comandante dei Carabinieri e Comandante della Guardia della Finanza per arginare qualche sparuto gruppo di “anarchici” (hanno detto così eppure gli “anarchici” in questo caso mi sembrano un altro eufemismo) che potrebbe disturbare la parata del 25 aprile e cosa decidono per l’ordine pubblico? Di controllare e identificare gli eventuali “molestatori”? No, grazie. Di controllare eventuali “infiltrazioni” e modalità dei disordini passati? Figurati. Di evitare le provocazioni? Sì, forse. E quali potrebbero essere le provocazioni? Cantare “Bella ciao”. Non è una barzelletta.
Ora è vero che il Prefetto è tornato sui suoi passi (si è preso i rimproveri di mezza Italia, oltre alle risate) ma che un rappresentante del Governo (che dovrebbe, per figura, essere “super partes”) possa considerare l’antifascismo in tutte le sue forme (anzi: nella sua forma canora e corale) una provocazione la dice lunga sull’ignoranza storica. E questo basta per farne un cattivo prefetto. Che poi il sindaco di Pordenone Claudio Pedrotti abbia avvallato la scelta prefettizia nonostante sia del PD può stupire solo chi non ha ancora capito che essere antifascisti oggi in Italia significa essere brigatisti culturali, per resistere in questo marcio.
Sotto – Sotto
Non solo omofobi e razzisti, ma anche quelle e quelli che s’insinuano nelle discussioni pigolando cose sul genere di “è un’opinione, perché non avrebbe dovuto dirla”.
Non mi stancherò mai di ripetere che non tutto è opinione, anche quelle scritte sul Mein Kampf erano opinioni, quelle di un pazzoide criminale che ha avuto la possibilità di distruggere il mondo perché qualcuno le ha ascoltate e insieme a lui realizzate nella pratica. Nessuno si è preoccupato evidentemente dei contenuti di quel libro che altro non erano che il programma nazista di hitler.
Sono opinioni quelle dei negazionisti? no, perché in molti paesi chi si azzarda a dire che l’olocausto è un’invenzione, va in galera.
E’ opinione quella di chi tenta di rovesciare la Storia facendo credere che i buoni erano cattivi e viceversa? qui purtroppo sì visto che c’è stato qualcuno in politica che si è potuto permettere di dire che la Resistenza è un argomento noioso e che le scuole possono fare a meno di inserirla nei programmi scolastici.
La diffamazione è opinione? non dovrebbe esserlo ma solo qualche giorno fa la corte di Strasburgo ha dato ragione a belpietro dicendo che solo l’istigazione alla violenza, l’apologia razzista possono essere punite, non la diffamazione semplice, quella che scava nella roccia anche sei anni di seguito com’è accaduto nel caso del pm Cocilovo diffamato da farina sul giornale di sallusti per conto terzi e cioè di berlusconi.
E sappiamo tutti com’è andata a finire, al pm diffamato, screditato e che dopo gli articoli di farina ha ricevuto anche minacce di morte nemmeno le scuse, a sallusti la grazia di Napolitano.
Quindi io credo che bisognerebbe stare molto attenti prima di parlare di opinioni, di libere espressioni dei pensieri e che male c’è se qualcuno dice delle cose.
Perché se è vero quello che molti dicono, e cioè che l’omofobo è sotto sotto uno a cui l’omosessualità non fa poi così schifo, la mia sensazione è che quelli che di fronte alla discriminazione omofoba anche solo ventilata, all’acqua di rose, come nella polemica a proposito delle dichiarazioni di Barilla non si mettono di traverso in modo netto, sotto sotto siano persone a cui l’omofobia non fa poi così schifo.
Se dei ragazzini di quattordici, quindici anni si suicidano nel momento in cui hanno acquisito la consapevolezza di essere omosessuali, una cosa che se questo fosse un paese civile sarebbe considerata non un marchio, un’onta, un motivo di discrimine ma soltanto quello che è, “una naturale variabile del comportamento umano”, esattamente come l’eterosessualità, significa che hanno già ben compreso che non saranno ospiti graditi in questo paese soprattutto in virtù di quelle che molti considerano opinioni ma che opinioni non sono perché poi si traducono in atti violenti. Le opinioni non ammazzano nessuno: i razzismi e l’omofobia sì.
Qualcosa tipo… una liberazione
Le elezioni hanno evidenziato il desiderio di cambiamento degli italiani. A tale istanza, la politica (Pd in primis) ha risposto con Enrico Letta premier. Un po’ come andare al concerto di Woodstock, farsi una canna, rotolarsi nel fango. Aspettare Jimi Hendrix. E poi trovarsi sul palco Orietta Berti e Drupi. [Andrea Scanzi]
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Preambolo: l’unico ricompattamento che interessava al piddì è quello fra il loro culo e la poltrona, altroché votare Napolitano per senso di responsabilità perché sarebbe l’unico in grado di garantire l’unità nazionale, se mentre lo facevano i tre quarti d’Italia si stavano sgolando perché non volevano lui ma volevano un presidente che fosse DAVVERO un GARANTE di TUTTI e non dei partiti e della politica.
Se c’è qualcosa che ha finito di spaccare questo paese è stata proprio la rielezione straordinaria di Giorgio Napolitano.
Per non parlare di quanto potrà ancora distruggere, altroché unire, ricompattare e garantire, il governo che questi geniali strateghi della politica stanno preparando.
Adesso qualcuno dovrebbe anche raccontarci la storiella che “meglio di così non si poteva fare”, ma, come diceva qualcuno: “il coraggio, chi non ce l’ha non se lo può dare”.
Molto comica la Di Girolamo ieri sera a Ballarò che cercava di paragonare le grosse coalizioni che si fanno nei paesi normali – dove non si mandano delinquenti nei parlamenti – in situazioni particolari, di crisi politica o di emergenza con gli squallidi accordi di bottega che si fanno invece qui anche a prescindere dalle crisi ed emergenze.
Quando gli storici del futuro, fra cento anni, duecento anni analizzeranno il fenomeno della politica italiana noi non ci saremo più.
E sarà un vero peccato, vorrei reincarnarmi in una mosca per assistere allo spettacolo, quando sui libri di Storia del futuro i ragazzi dovranno studiare che nel 2013 il parlamento della repubblica italiana ha deciso che Carfagna, Gasparri, Alfano, Letta jr, Franceschini, Gelmini sono stati giudicati autorevoli difensori dell’unità nazionale e del bene del paese mentre Stefano Rodotà no.
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“Perché no a Rodotà e sì a Berlusconi?”
Ma Bersani non risponde a Serracchiani
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Sottotitolo: in Francia, concedendo il matrimonio e l’adozione agli omosessuali onorano l’égalité, del resto l’hanno inventata loro insieme alla liberté e alla fraternité che non sono modi di dire lì ma proprio modi di fare.
Noi qui, invece, siamo fermi alla complicité.
Del resto, anche questa l’abbiamo inventata noi.
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Finalmente, grazie al nuovo governatore Zingaretti, la regione Lazio ha bloccato i finanziamenti per la costruzione del monumento al criminale di guerra Rodolfo Graziani. Qualcuno dovrebbe spiegare al sindaco di Affile che per essere Antifascisti non bisogna essere stalinisti, e che se questo fosse un paese normale ogni singolo cittadino che conosca almeno un po’ la storia italiana dovrebbe avere in sé i valori dell’Antifascismo, altroché ammalarsi di nostalgie fasciste.
Idioti, imbecilli, storicamente ignoranti e perdenti.
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Qualcosa tipo una liberazione – Massimo Gramellini, La Stampa
«La prof dice che giovedì non c’è lezione». «Vero, c’è qualcosa tipo… una liberazione». Ma anche i pochi che sanno ancora di che cosa si tratta preferiscono non diffondere troppo la voce «per non offendere i reduci di Salò», come si è premurato di precisare il commissario di Alassio. Una sensibilità meritoria, se non fosse che a furia di attutire il senso del 25 aprile si è finito per ribaltarlo, riducendo la Resistenza alla componente filosovietica e trasformando le ferocie partigiane che pure ci sono state nella prova che fra chi combatteva a fianco degli Alleati e chi stava con i nazisti non esisteva alcuna differenza. La differenza invece c’era, ed era appunto politica. Se avessero vinto i reduci di Salò saremmo diventati una colonia di Hitler. Avendo vinto i partigiani, siamo una democrazia. Nonostante tutto, a 68 anni di distanza, il secondo scenario mi sembra ancora preferibile. Grazie, partigiani.
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In questi giorni e ogni anno due cose tornano puntuali e con precisione scientifica: le formiche a casa mia – ché la primavera è bella ma ha anche i suoi svantaggi, specialmente se si abita in campagna, e le consuete cazzate sul 25 aprile, il che non dovrebbe essere un fatto da imputare alla stagione, se questo fosse un paese normale.
Perché bisognerebbe indagare sui metodi di insegnamento e nel particolare sugli insegnanti, se un ragazzino può dire che “giovedì [25 aprile] si sta a casa perché c’è una cosa tipo una liberazione”.
Ma del resto questi sono i risultati di un’azione capillare di dimenticanza che dura da anni e anni, i risultati di quell’eccesso di “comprensione storica” di togliattana memoria che portò violante, uno che di cazzate se ne intende ma chissà perché Napolitano l’ha considerato addirittura saggio, a dire qualche anno fa che tutto sommato fra i repubblichini di Salò e i Partigiani non c’era una differenza così sostanziale, e il pdl fece addirittura una proposta di legge, subito imitato anche dal pd per assegnare ai reduci di Salò una pensione statale.
Come se aver combattuto contro l’oppressore nazifascista ed essersi messi al suo fianco – perché, come ancora pensa e dice qualcuno, i tempi non permettevano di scegliere – fosse la stessa e identica cosa.
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Libro & Giorgetto
Marco Travaglio, 24 aprile
Il Foglio e Libero — il primo in modo spiritoso, il secondo con le mèches smentiscono quel che abbiamo scritto negli ultimi giorni e di cui facciamo ammenda: cioè che tutti i media siano genuflessi ai piedi di Sua Castità e del suo governissimo.
Essi anzi manifestano una sbarazzina tendenza alla critica che rasenta il vilipendio.
Per esempio il Corriere, che assume la guida dell’opposizione con il commento al vetriolo di Antonio Polito: “Discorso breve, severo ma intriso di commozione: una lezione di virtù repubblicana”. E di Paolo Valentino: “Ci sono discorsi che cambiano la storia di un Paese. Come quello di Abraham Lincoln nel 1863 a Gettysburg… O come Lyndon Johnson, che nel 1964 pronuncia il celebre we shall over come e chiude la segregazione razziale… Il discorso di Giorgio Napolitano ha la forza retorica, l’altezza d’ispirazione e la dirompenza politica che lo rendono già un’opera prima… ha aperto una nuova pagina, restituendo dignità alla parola e regalandoci un testo di etica pubblica senza precedenti nella storia repubblicana. In un altro Paese, lo farebbero studiare nelle scuole”. Le case editrici sono già all’opera per rimaneggiare all’uopo i sussidiari e le antologie scolastiche, espungerne i sorpassati Alighieri, Machiavelli, Foscolo, Manzoni e Pirandello e far posto a Giorgio Lincoln-Johnson. Ma anche un po’ De Gaulle, come lo definisce sul Foglio il sempre controcorrente compagno Ferrara (“logica stringente, grinta politica, orgoglio civile e sculacciate a Gribbels… un capolavoro che ha per titolo onorario quel ‘Tutti per l’Italia’ proposto dal Foglio prima della campagna elettorale”). I provveditori agli studi vedano se non sia il caso di ripristinare, all’inizio delle lezioni subito prima della preghiera mattutina, il Saluto al Re dei balilla e delle piccole italiane. Addirittura urticante, com’è nello stile di Repubblica, l’attacco di Andrea Manzella che vede “nella generosa disponibilità di Napolitano la consapevolezza di dover conservare ‘immune da ogni incrinatura’ il ruolo istituzionale del presidente della Repubblica”. Perché sembra un re, ma è solo un presidente che “assembla le attribuzioni presidenziali che erano un po’ sparse nella Carta”: ecco, assembla. E “si può dire che al triangolo tradizionale — governativo, legislativo, giudiziario — si è ora aggiunto, senza togliere nulla agli altri, un quarto lato. Un triangolo quadrilatero”. Gli editori scolastici prendano buona nota e approntino opportune integrazioni ai testi non solo di diritto costituzionale, ma anche di geometria: ai triangoli equilatero, isoscele, degenere, rettangolo, ottusangolo e scaleno si aggiunga senza indugio il triangolo quadrilatero, con buona pace di Pitagora che non capiva un cazzo (il suo, del resto, era il solito “teorema”). Addirittura temerario sulla Stampa , nel suo empito dissacratorio, è Luigi La Spina, che fa onore al suo cognome conficcando nel sacro còre napulitano un giudizio al vetriolo: “È una delle poche occasioni in cui l’aggettivo ‘storico’ si può e si deve usare, perché non serve a un tributo encomiastico e adulatorio”, ci mancherebbe, perbacco. Per non esser da meno, la corrosiva Unità ospita l’on. giorn. Massimo Mucchetti, che da grande economista, forse un tantino influenzato dalle tempeste ormonali di primavera, non ha dubbi: “Di fronte alla cittadina Lombardi, Mara Carfagna per tutta la vita”. E vivaddio, quando ci vuole ci vuole. Per dirla col sempre birichino Claudio Sardo, è “La riscossa della istituzioni” e “speriamo che il discorso ‘storico’ del presidente segni l’avvio di una nuova stagione della Repubblica… Ora si fanno le riforme… Ora si fa il governo che le imprese, i lavoratori, le famiglie reclamano.Ora non si sfugge a una convergenza politica. Ora si difendono le istituzioni dal vilipendio”. E magari i treni arrivano in orario e ci riprendiamo pure l’Abissinia. Libro & Giorgetto, inciucista perfetto.
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La direzione del PD sembrava una riunione dell’anonima alcolisti dopo una gita all’oktoberfest: salve, sono Pierluigi, perdo da una vita, ho provato a smettere…[Maurizio Crozza]
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Resistere per esistere
Sottotitolo: In un paese diviso non per pregiudizi ideologici ma per la realtà delle cose, è difficile che la memoria unisca tutti. E forse è un bene che sia così. E’ un bene che quest’anno il 25 aprile a Roma non abbia tra gli ospiti poco desiderati Alemanno e la Polverini. E’ un bene che l’Anpi abbia scelto di non corteggiare alcuna retorica spiegando al sindaco e alla presidente della regione che il giorno della Liberazione è un giorno di scelte: o si sta dalla parte della democrazia e dell’antifascismo o si ammicca ai giovani fascisti di borgata, ai saluti romani di casa Pound, al circo degli amici camerati piazzati a dirigere il sottogoverno della capitale e della regione come vecchi democristiani. (Claudio Fava)
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In un Paese così facile da imbrogliare bisogna puntualizzare ogni giorno l’ovvio che NO, NON SI PUÒ ESSERE DEMOCRATICI SENZA ESSERE ANTIFASCISTI. Ogni giorno, ma oggi di più.
(Francesca)
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iL 25 Aprile non è la festa di tutti: è la festa degli italiani ANTIFASCISTI.
Puntoebbasta.
Pare che Napolitano non abbia gradito che l’ANPI non ha gradito la presenza del sindaco fascista di Roma e della presidentessa fascista del Lazio alle celebrazioni di oggi. Ecco, se mi posso permettere io non gradisco un presidente della repubblica che tende a fare del 25 aprile un’occasione per esaltare la retorica ipocrita del volemose bene anziché quell’Antifascismo e quella Costituzione che hanno permesso che dei fascisti potessero, ancora oggi, far parte delle istituzioni di una repubblica nata sui valori di una Resistenza Antifascista.
Va benissimo celebrare ed onorare il 25 aprile, anche se, come ha scritto ieri Rita Pani si dovrebbe mettere questa festa in standby fintanto che tutti gli italiani non impareranno a meritarsela di nuovo.
Perché festeggiare la Liberazione dal fascismo significa anche prendere atto che quello fu l’unico momento storico in cui il popolo italiano, dimostrando di essere più forte del suo oppressore ha meritato davvero l’appellativo di SOVRANO.
Ed ecco perché si tende a sminuire il valore e l’importanza di questa giornata, il potere teme che gl’italiani possano avere di nuovo un rigurgito di quella voglia di libertà che ha ispirato i Partigiani.
Anche se la nostra è stata sempre più un surrogato che una vera e completa libertà.
Siamo liberi, oggi, di fare cosa? certo, fuori dalle nostre case non ci sono i bivacchi dei manipoli tanto cari a mussolini, ma nel nostro parlamento i fascisti ci sono, non se ne sono mai andati, mentre invece dopo la triste esperienza del ventennio di fascismo in Italia non si sarebbe più dovuto nemmeno parlare. Il fascismo non è mai stato sconfitto definitivamente.
Siamo liberi di dire che questo e quello non ci piacciono ma non di liberarcene, che non ci piace questa dittatura soft esercitata in funzione del salvataggio dell’economia, che non ci piace questo regime di democrazia autoritaria dove tutti sembrano andare d’accordo con tutti nascondendosi dietro l’alibi ipocrita del bene del paese.
Quale libertà si dovrebbe festeggiare?
Oggi l’oppressione si esercita in maniera diversa ma i risultati non sono poi così diversi. Specialmente negli ultimi anni il fascismo è tornato a manifestarsi sempre più prepotentemente ed è addirittura tornato a governare l’Italia. Per questo motivo è indispensabile un ritorno alla Resistenza, come quella fatta dai nostri nonni più coraggiosi.
Sulla libertà non si deroga, ecco perché il 25 aprile non è e non può essere la festa di tutti: il 25 aprile è la festa degli italiani ANTIFASCISTI.
25 Aprile
Sottotitolo: Chissà come mai l’ANPI non vuole alemanno e polverini alla manifestazione di Roma? è un mistero, davvero.
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C’è da provare schifo e vergogna a vedere ipermercati e centri commerciali aperti il 25 Aprile e 1 Maggio, il profitto sempre e comunque su tutto il resto fino a soffocare anche l’ultimo residuo di civiltà e coscienza civile.
Quanto ai precari veneti che su questo tema dichiarano: “basta che ci diano da lavorare”, si commentano da sé.
Io purtroppo quei poveracci che lavorano per questi schiavisti del terzo millennio li posso anche capire.
Non ce la possiamo prendere con chi non può rinunciare nemmeno a otto, dieci ore di paga.
E penso che passare il 25 aprile o il 1 maggio a fare shopping sia una cosa semplicemente aberrante, disgustosa.
Ma la colpa come sempre è delle nostre istituzioni RIDICOLE che con la scusa di offrire la libera scelta non permettono che vengano onorate con rispetto giornate importanti come il 25 aprile e il 1 maggio.
Ecco perché più passa il tempo e meno si capiscono le cose. Semplicemente perché SI VUOLE che non si capiscano le cose. Perché così anche il 25 aprile e il 1 maggio diventano un giorno come un altro.
Lo scorso anno il 25 aprile era pasquetta, e ai fascisti di Roma fu permesso di mettere manifesti in giro per la città per ricordare ai romani che il 25 aprile era – appunto – SOLO pasquetta.
Quest’anno, invece, sempre a Roma, nei tabelloni appositi del comune, gli Amici del Podestà hanno deciso di celebrare il 25 aprile mediante l’affissione di manifesti con la foto di Pavolini che passa in rassegna le camicie nere repubblichine.
Sotto la foto, abusivamente un verso di Guccini: “gli eroi son tutti giovani e belli”.
Se qualcuno ha dei dubbi sul mancato invito per domani, da parte dell’ANPI, a fascisti non pentiti come alemanno e polverini se li faccia passare e volga un pensiero riconoscente a nostri capi di stato e di governo che, quando, quasi vent’anni fa, nelle istituzioni europee, qualcuno disse che in Italia i fascisti erano al governo, espressero le proteste più vibrate e indignate agli stranieri “impiccioni” e la piena solidarietà ai fascisti.
Leggevo giorni fa che Sarkozy ha partecipato di recente al funerale di un esponente illustre della Resistenza francese, e la destra francese, quella di Sarkozy, non ha insultato, dileggiato e offeso la memoria dell’eroe come invece hanno fatto qui i rappresentanti più beceri di una destra inguardabile nei confronti di Bentivegna, Partigiano illustre di questa repubblica sciagurata, morto anche lui pochi giorni fa.
E bene fa l’associazione nazionale dei Partigiani a non gradire, nella manifestazione di Roma, la presenza dei rappresentanti politici di città e regione che mai hanno preso seriamente le distanze dal fascismo.
Finché ci sarà chi pensa che sia giusto assegnare una pensione statale a chi aiutò i soldati nazisti nel massacro di Sant’Anna di Stazzema o di Marzabotto, finché si crederà che restare al fianco dei ‘camerati tedeschi’ per una ‘questione d’onore’ fosse in quel periodo l’unica cosa giusta da fare, finché si penserà che studiare il periodo più significativo e doloroso della nostra Storia, di quella Resistenza sulla quale l’Italia e la sua Costituzione sono state costruite sia un esercizio inutile e noioso, sarà necessario celebrare con l’onore che gli spetta il 25 Aprile.
Prima che la Storia venga definitivamente insegnata solo da certi libri infami, da tutti quelli che la rivisitano su ordinazione o dalle fiction di Raiuno e canale 5 opportunamente candeggiate dai veri orrori e dai veri colpevoli.
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25 Aprile
La festa del 25 Aprile la sospenderei in attesa di tornare a meritarcela. Son curiosa di sentire che si dirà dai palchi allestiti ormai in sempre meno città, espletate le formalità della posa di corone d’alloro con sindaci fasciati, seguiti da un minuscolo drappello di nostalgici sognatori.
Diranno forse che la storia ci ha insegnato? Che il sangue dei giovani eroi ci ha donato la libertà? Che ci verranno a raccontare, mentre qualcuno oserà sfidare il regime, cantando “Bella Ciao” con tutta la rabbia che ha in corpo?
Non so nemmeno se voglio stare ad ascoltare, non so più se vale la pena piangere lacrime di coccodrillo, mordendo un giorno solo con voracità, per rigettarlo il giorno dopo ancora rincretiniti e intontiti dal presente che non merita il passato.
Perché siamo capaci anche di commemorare i morti della Resistenza, la Liberazione dell’Italia dal regime fascista e poi cedere alla tentazione di sputare sulla democrazia, lasciando che nuovi Messia, e baldi condottieri ci guidino verso la terra promessa, libera dalla “Casta” e dai “Parassiti politici”. Peggio, c’è persino chi è capace di chiamarsi Partigiano, perché divulga via Internet la proposta di “Rivoluzione via Web.”
I Partigiani han fatto la guerra, e sono morti per noi. Non c’è altra storia da raccontare. Forse solo quella della vergogna da provare guardandoci intorno, comprendendo che le macerie che abbiamo lasciato accumulare in questi anni, sono più terrificanti di quelle lasciate da una guerra vera, che dava senso anche alla morte, mentre oggi si muore ugualmente di una morte che nessuno ha voglia di piangere.
Si muore per fame. Così come muore ogni donna o ogni uomo che si uccide perché non vede il futuro, perché non sa più sperare di poter mangiare domani. La fame che sappiamo di non poter saziare, ossia quella di poter tornare ad essere in vita.
Non abbiamo saputo conservare il patrimonio che ci hanno lasciato, abbiamo sperperato la democrazia, fino al punto di avere, domani, il rischio che i fascisti invadano le piazze di qualche città, per le loro contro manifestazioni, per le loro commemorazioni. E ci son luoghi dove fino all’ultimo momento si avrà il timore che questo abominio si possa compiere, con l’avvallo di quelle istituzioni che avrebbero dovuto vigilare, perché questi esseri infami non potessero più nemmeno esistere o respirare.
Buon 25 Aprile a tutti, pare che domani arrivi l’estate a distrarci dall’inverno al quale ormai rischiamo di abituarci, freddi e glaciali come siamo diventati.
Rita Pani (APOLIDE)