Basta stronzate

La Francia sta bombardando la Siria da due mesi senza l’autorizzazione di nessuno. Stanotte Hollande ha mandato i caccia sulla Siria per colpa di persone di nazionalità belga e francese.

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Per la Siria ci si commuove e si scuotono le coscienze solo quando vediamo la creatura morta sul bagnasciuga, in pochi però si chiedono perché era arrivata fino a lì.

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La Francia ha bombardato l’ISIS in Siria

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Sembra incredibile, ma in Italia c’è chi di giorno indossa i panni del fruttivendolo e la notte gioca a fare la guerra. Un filo rosso che parte da un paesino in provincia d’Imperia e arriva fino a dentro i palazzi di Agusta Westland – Finmeccanica. [Report, Raitre – 15 novembre 2015]

Finché c’è guerra c’è speranza

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Alla parola “buonismo” per quanto insignificante prim’ancora che irritante e che andrebbe cancellata dalle bocche da cui esce qualche motivazione positiva si può dare, ma il “cattivismo” che quando si fa stato diventa non solo imbecillità ma pericolosa irresponsabilità non si può giustificare in nessun modo.
Lo stato di guerra da codice giallo o rosso di sicurezza poi è uno stato di guerra, che non garantisce affatto che non possa accadere lo stesso qualche attentato ma sicuramente diventa una limitazione di libertà per tutti.
Ci pensino quelli che credono di poter sacrificare ancora la loro esistenza in tutti gli ambiti, anche quelli privati e personali a queste politiche di incapaci che legano la politica ad interessi inenarrabili che prima creano i mostri, le paure, il terrore e poi non possono fabbricare un antidoto che combatta solo quello che va eliminato ma continuano a fare danni ancora più gravi di quelli che hanno già fatto.

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Se all’attacco terrorista si risponde con la “spietatezza” inutile chiedersi poi perché le guerre non finiscono mai.
La Francia ha avuto bisogno dei suoi morti per sapere che a Raqqa‬ c’è una concentrazione alta del terrorismo fondamentalista?
Hollande non lo sapeva o, come è più probabile, il bombardamento è solo una vendetta dimostrativa? Sotto i raid non muore anche la gente innocente che non ha nessuna responsabilità negli attacchi di Parigi‬?
Che almeno ci vengano risparmiate tutte le finte analisi sul da farsi dei numerosi fuffologi del blablaismo, perché solo un deficiente non capisce che nessuno ha la vera intenzione di interrompere il circuito globale di morte, perché per interromperlo sul serio ogni stato coinvolto deve rinunciare ad una sostanziosa quota degli interessi che si maturano proprio continuando a fare le guerre.
Il terrorismo, come ci ha mostrato e spiegato benissimo Report ieri sera viene armato e addestrato proprio da chi dice di volerlo combattere.  Basta stronzate.

La destra tutta legge, ordine, patria e galera, ma anche la “sinistra” non scherza

Questo è il tweet nel quale un indignatissimo Alemanno un anno e mezzo fa prometteva o per meglio dire minacciava la querela a Milena Gabanelli e a Report che avevano iniziato ad indagare sui fatti di Mafia Capitale che l’inchiesta Mondo di mezzo ha solo confermato.

Alemanno ha estorto il voto ai romani dopo lo stupro e l’omicidio di Tor Di Quinto con la promessa di rendere la Capitale d’Italia un’isola felice. E’ poi migliorata Roma con lui? Naturalmente no, ma ai poveretti creduloni, agl’imbecilli fascisti che lo votarono è bastato vedere qualche sgombro ogni tanto per pensare che la soluzione fosse quella, che per ripristinare la sicurezza a Roma bastasse cacciare gli “zingari”, ma la criminalità, quella vera, quella che estorce, minaccia, si incista nell’amministrazione politica, quella che un tempo ammazzava senza pietà con alemanno sindaco è perfino aumentata, fino ai livelli che abbiamo scoperto oggi.
Parlando poi di destra tutta legge, ordine, patria e famiglia mi chiedevo come mai casapound non organizza nessun presidio, nessuna protesta per questi motivi.
Quali sono gli interessi e di chi, soprattutto, che sostiene questa banda di fuorilegge, se questo fosse un paese normale, capace di mettersi al fianco di salvini e borghezio per difendere l’Italia dalle invasioni ma che poi è costretta a tacere di fronte all’invasione vera dei delinquenti veri, loro compagni di merende.
Dove sono tutti quelli sempre in prima fila contro il pericolo dell’estensione dei diritti, quelli che difendono la famiglia tradizionale, l’italianità, il crocefisso nelle scuole e il presepio.

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Se Standard & Poor’s ha posizionato l’Italia appena un po’ prima il livello spazzatura e il Censis la dà praticamente per spacciata significa che l’articolo 18 non c’entrava niente.
Significa che le riforme in questo paese non passano per l’abolizione dei diritti e significa che i parametri coi quali le varie agenzie di controllo giudicano l’Italia sono altri.
Ad esempio quella corruzione che porta l’Italia al primo posto in Europa.
Significa che hanno mentito tutti, a cominciare da Napolitano che ha messo fretta alla conclusione del disastro perché sua maestà è stanco e vuole ritirarsi a miglior vita da vivo, che ha mentito la maggior parte dell’informazione che ha abbindolato gli italiani su quanto fossero urgenti e non più rimandabili le cosiddette riforme di Renzi, il quale parla di “sistema che fa schifo” a proposito dell’inchiesta su Mafia Capitale come se fosse un alieno arrivato da chissà quale pianeta ma poi non si è impegnato affatto a contrastare lo schifo che già si conosceva, che senza leggi adeguate non può che peggiorare.
Renzi che parla di sistema che fa schifo è il segretario di quel partito democratico che solo due giorni fa, a scandalo già esploso, ha votato no all’uso delle intercettazioni di Azzollini coinvolto in un’inchiesta per una frode da 150 milioni di euro, altri soldi, tanti soldi, sottratti alle risorse pubbliche.
Renzi che s’indigna e si schifa non prova gli stessi sentimenti, non li ha provati quando ha deciso che berlusconi poteva e doveva sedersi ancora al tavolo delle decisioni, quando ha considerato affidabile uno condannato per frode allo stato già socio in politica con un condannato per mafia e con svariati precedenti che non si sono trasformati in reati solo grazie all’aggiustamento in corsa delle leggi che lo avrebbero permesso, leggi che il governo di Renzi non ha nessuna intenzione di modificare e cancellare. Di conflitto di interessi ormai non si parla più, tutto risolto.
Renzi che parla di schifo per il sistema criminale per mezzo del quale la politica di tutti i colori non si è mangiata solo Roma ma tutta l’Italia, il presente e il futuro di un paese ormai inguardabile da qualsiasi angolazione è lo stesso che stringe la mano e s’intrattiene non per i fatti suoi ma quelli di tutto il paese con un quattro volte rinviato a giudizio, sempre per reati di truffa e corruzione.
E’ lo stesso Renzi delle cene da mille euro per il partito – e chissà chi può spendere mille euro per una cena – e degli ottanta euro per i voti.
Promettere dei soldi in cambio di voti non è forse corruzione?
Sì che lo è, il pd non avrebbe mai ottenuto quel 40,8% [della metà] senza la promessa dell’aiutino in busta paga.
In un paese normale, civile e sano la politica non chiede voti promettendo soldi ma impegnandosi ad eliminare lo schifo, ma è difficile, impossibile poterlo fare se si chiede la collaborazione di chi ha contribuito in larghissima parte a produrlo. Se qualcuno avesse dato retta a Milena Gabanelli che aveva visto giusto nel programma incriminato dall’indagato per mafia Alemanno ci saremmo risparmiati altri due anni di furti, truffe, corruzione e probabilmente, anzi sicuramente pure Renzi. Perché il dramma di questo paese non è solo la criminalità politica, sono poi quelle conseguenze che modificano, stravolgendolo, il corso della storia.
Senza tangentopoli non ci sarebbe mai stato nemmeno berlusconi considerato chissà perché dai superstiti di allora, da quelli che sono riusciti a scampare alle manette l’unico in grado di ridare dignità alla politica, mentre berlusconi non aveva proprio i requisiti minimi per accedere alla politica.
In che modo lo ha fatto, che tipo di dignità ha dato alla politica lo abbiamo visto e lo stiamo ancora subendo, ma evidentemente ancora non basta, ancora dobbiamo sopportare. Per questo dico a Renzi  che gli unici autorizzati a parlare di schifo siamo noi che lo dicevamo molto prima di lui, quando ci accusavano di populismo, demagogia, di essere dei giustizialisti che volevano mettere le manette a tutti.

Mentre noi le volevamo solo per i delinquenti, ad esempio quello che Renzi accoglie, al quale offre ascolto e concede la parola in politica, quello a cui ha ridato una dignità che la stessa legge che Renzi invoca gli aveva invece tolto per manifesta indegnità.
Quello che non gli fa poi così schifo quanto quel sistema che ha contribuito ad edificare.

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NONOSTANTE UN CORNO – Marco Travaglio

C’è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No. La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali. [Paolo Borsellino]

Forse siamo troppo cinici. O forse Saviano non lo è abbastanza. Ma domandarsi – come fa Roberto nel suo commento su Repubblica (clicca qui) – come può la politica “fidarsi ciecamente” di Buzzi & Carminati, il Rosso e il Nero, e a dare loro “massima fiducia, senza chiedere in cambio nessuna trasparenza”, nonostante i loro trascorsi rispettivamente di “assassino e terrorista dei Nar”, è un eccesso di ingenuità. Bisogna rassegnarsi ad abrogare i “nonostante”, i “malgrado” e i “sebbene” dal vocabolario politico.

I pregiudicati siedono a capotavola nei palazzi del potere non “nonostante” i loro precedenti penali, ma proprio per quelli. Così come non sono “deviati” quei settori della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine che lavorano per (o trattano con) la criminalità. Ma quelli che lavorano per lo Stato e ne rispettano le leggi. Se una persona onesta chiede udienza a un potente, deve mettersi in fila, fare lunghissime anticamere, e anche nell’eventualità che venga ricevuta non ottiene quasi mai ciò che chiede: perché non ha nulla da offrire e nulla da tacere. Un delinquente invece viene subito accontentato, spesso prim’ancora di chiedere. Come disse Giuliano Ferrara: “Chi non è ricattabile non può fare politica”. Anche perché, di solito, chi è ricattabile è anche ricattatore. Io so tutto di te, tu sai tutto di me, e facciamo carriera sui nostri rispettivi silenzi.

La nuova legge sul voto di scambio politico-mafioso, sbandierata da Renzi come il colpo di grazia ai collusi, è stata scritta in modo da impedire qualsiasi condanna per voto di scambio. Ma non per un errore: apposta. Così come la legge Severino: si chiama “anticorruzione” ed è stata scritta proprio per salvare B. e Penati dai loro processi per concussione. Ora si scoprirà che il reato di autoriciclaggio, votato l’altroieri dal Parlamento, renderà impossibile la galera per chi ripulisce il bottino dei propri delitti. Giovedì, mentre Renzi annunciava la linea dura contro i corrotti (“una specie di ergastolo, di Daspo”) e spediva il commissario Orfini a bonificare la federazione romana del Pd di cui fa parte da quando aveva i calzoni corti e il commissario Cantone ad annunciare l’ennesima “task force”, il suo partito al Senato votava con FI, Ncd e Lega per respingere la richiesta dei giudici di usare le intercettazioni contro gli inquisiti Azzollini (Ncd) e Papania (Pd). Una svista “nonostante” i sospetti pesanti come macigni che gravano sui due politici? No, una scelta fatta proprio per quei sospetti pesanti come macigni.

Fa quasi tenerezza Luca Odevaine detto lo Sceriffo, che ad aprile vuole farsi un viaggetto negli Usa, ma si vede negare il visto: gli americani hanno scoperto che si chiama Odovaine con la “o” ed è pregiudicato per droga e assegni a vuoto. “Una roba da matti, una cosa assurda, in una democrazia come quella!”, si lamenta. La vocale se l’è fatta cambiare lui all’anagrafe per nascondere i suoi precedenti. Come se questi, in Italia, fossero mai stati un handicap e non facessero invece curriculum: ciò che negli Usa ti impedisce anche l’ingresso per turismo, in Italia basta e avanza per promuoverti vice capo di gabinetto della giunta Veltroni, capo della polizia provinciale della giunta Zingaretti e infine membro del Coordinamento nazionale richiedenti asilo del governo Renzi, naturalmente a libro paga di Mafia Capitale per 5 mila euro al mese. Nonostante i precedenti? No, grazie a quelli, che ti rendono affidabile. Ovviamente la Banda Carminati aveva scelto pure il presidente della Commissione di Controllo Garanzia e Trasparenza e il responsabile della Direzione Trasparenza del Comune di Roma (che, alla Trasparenza, ha non uno ma due addetti): due sceriffi di provata fede, ora indagati per mafia.

Se Marino s’è salvato parzialmente dalla catastrofe non è tanto perché, personalmente, è un onest’uomo: ma soprattutto perché gli assessori se li è scelti quasi tutti da sé, rifiutando quelli che tentava di imporgli il Pd. Sennò Carminati e Buzzi se li ritrovava perlomeno vicesindaci.

L’Italia è il paese che affamo

Un vecchio porco, uno che ha violato la legge a ripetizione, ha rubato allo stato e quindi a tutti noi, è sotto processo per aver pagato ragazzine che potrebbero essere sue nipoti da nonno per guardarle fare pompini a statuette di marmo.  Solo in un paese a maggioranza di deficienti qualcuno si potrebbe intenerire guardando la faccia di berlusconi al netto del fondotinta col quale non si rende più giovane ma solo più ridicolo.

Chi preferisce prendersi una cittadinanza straniera per non pagare le tasse qui significa che ha piacere di pagarle in quei paesi dove gli evasori vanno a finire direttamente in galera, senza passare per condoni, strette di mano compiacenti con uno stato capace di fare la voce grossa solo coi piccoli disperati ed essere invece molto accomodante col potente, il cantante, lo sportivo, lo stilista di moda. 

E allora perché non mandare i grandi evasori definitivamente ad arricchire quei paesi che hanno scelto togliendo loro la cittadinanza italiana in modo tale da fargli perdere ogni possibilità di poter ottenere qui ciò che non gli spetta perché non lo pagano? 
Potrebbe essere un’idea.  Un bel foglio di via con l’attestazione di “persona sgradita” e non se ne parla più. Questa gente è diseducativa, oltre che disonesta, perché quando il patrimonio è stato accumulato non c’è ragione per cui non si debba essere riconoscenti con il paese che ha permesso di diventare ricchi e famosi semplicemente comportandosi bene. Per evadere tre milioni significa che da parte se ne hanno almeno il triplo. E se si portassero dietro i loro commercialisti, professionisti dalla mentalità criminale che le studiano tutte per aiutare i loro clienti ad evadere meglio sarebbe ancora meglio.

Ovvio poi che sia tutto rapportato, se in parlamento si mandano i criminali è inutile poi stupirsi se a cascata anche altri pensino che violare la legge rientri nel loro diritto. Che se pò ‘ffa’.

Tiziano Ferro, confermata l’evasione
fiscale: “Aveva residenza fittizia in Uk”

silvio berlusconi in uno di quei paesi in cui chiedono residenza quelli che non vogliono pagare le tasse in Italia, sarebbe in galera non da cinque mesi ma da un bel po’. Qui invece il leader del partito della cosiddetta opposizione lo ritiene un interlocutore con cui realizzare le leggi. E così non si capisce più dove sta il giusto.  

La piramide è marcia dal vertice. In un paese normale non esisterebbe nemmeno una figura come quella di Antonio Mastrapasqua.

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Videomessaggio B., vent’anni iniziava l’era del conflitto d’interessi

 

Mastrapasqua fu quello che disse che l’INPS è a rischio bancarotta perché lo stato non paga. Mentre a questo stato basterebbe non produrre e foraggiare i Mastrapasqua dai 25 incarichi tutti superstipendiati per risollevare il bilancio, non solo quello economico ma soprattutto quello etico. E l’indefinibile sanguisuga prestata alla politica, quella che “rifarebbe tutto quello che ha fatto” dopo aver pianto quando lo ha fatto, quella riforma Fornero con cui ha ridotto alla fame migliaia di persone, le ha umiliate, disse di lui che “era tutto regolare”. Venticinque incarichi significa dedicare meno di un giorno al mese ad ognuno e nessuno in Italia ha la possibilità di lavorare meno di un giorno al mese. Al mese.

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MAXI-TRUFFA ALLO STATO, INDAGATO MASTRAPASQUA

Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, vicepresidente di Equitalia e titolare di un’altra ventina di incarichi di grande rilievo, è indagato dalla procura di Roma per truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio: all’Ospedale Israelitico, di cui è direttore generale, sono state trovate oltre 12mila cartelle cliniche falsificate. Sotto la lente degli inquirenti 85 milioni di euro di fatturato, tra rimborsi non dovuti richiesti alla Regione Lazio e “ingiusto vantaggio patrimoniale”, ottenuto tramite un protocollo d’intesa che definiva modalità di controllo al di fuori delle regole, sottoscritto con l’ex direttore programmazione sanitaria della Regione, Ferdinando Romano, anch’egli indagato. Mastrapasqua è uno dei potenti “Dirigenti di classe”, sempre gli stessi, che attraversano le porte girevoli delle grandi imprese pubbliche accumulando poltrone e stipendi, e di cui Report ha raccontato nell’inchiesta di Giovanna Boursier del 21 ottobre 2012. Antonio Mastrapasqua, oltre ad essere Presidente Inps, vicepresidente Equitalia e da qualche mese anche Presidente Idea Fimit [l’Sgr che gestisce molti immobili pubblici] è anche nei collegi sindacali di una ventina di società private, oltreché Direttore dell’Ospedale Israelitico di Roma.

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AZIONARE IL MONITO AUTOMATICO – Marco Travaglio, 26 gennaio

È da Capodanno che Re Giorgio non monita. Non era mai accaduto in quasi otto anni che tenesse la bocca chiusa per 25 giorni di fila. E Napolitano senza monito è come il Cainano senza gnocca. Dev’essere successo qualcosa, gli osservatori s’interrogano pensosi. Che abbia finalmente dato una ripassatina alla Costituzione? Che tema l’impeachment? Che abbia paura di disturbare i lavori in corso del Pregiudicatum di Renzi & B.? Che preferisca impicciarsi sottobanco anziché alla luce del sole? Forse la spiegazione è molto più semplice: i moniti sono diventati inutili perché il potere s’è napolitanizzato col monito automatico.

Renzi era partito annunciando che Napolitano poteva continuare a fare il capo dello Stato e – visto che Letta non ha nulla in contrario – anche del governo, ma il segretario del Pd voleva farlo lui. Poi però, appena incontrato B., è corso a informare “il Colle” e non passa giorno senza che mandi la Boschi a riferirgli sullo stato di avanzamento lavori della legge elettorale, non si sa bene a che titolo. Giuliano Ferrara, che fino all’altroieri tuonava contro il Quirinale per la mancata grazia al padrone pregiudicato, strepita ogni giorno contro le intercettazioni di Riina con la scusa di “difendere Napolitano” (e naturalmente B.) da non si sa bene cosa, né come, né perché.

Ieri il Foglio era tutto un pullulare di corazzieri vecchi (Violante) e nuovi (Sofri) allarmatissimi perché Riina parla e nessuno gli mette la museruola o il silenziatore. Il participio presente del verbo Violare ha campato per anni su un’esternazione di Riina dalla gabbia di un processo nel ’94, quando Totò ‘u Curtu lo nobilitò come eroe e icona dell’antimafia insieme a Caselli e Arlacchi: “I Casella, i Violanta, gli Allacche… sono comunisti che portano avanti un disegno… Il nuovo governo si deve guardare dagli attacchi dei comunisti”. Il nuovo governo era presieduto da B. e Violante, appena costretto a dimettersi dall’Antimafia per una sfortunata intervista a Minzolini, fu ben lieto che Riina parlasse. Ora che invece il boss non se lo fila proprio ed esorta Napolitano a non testimoniare e incita i suoi corazzieri ad assestare qualche altra “mazzata nelle corna a questo pm” Di Matteo, bisogna mettergli la sordina, perché si tratta certamente di “una messinscena”. Comodo eh?

Notevole pure Sofri, che solidarizza con i colleghi detenuti e con il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, già commensale di Previti, che ha mandato in sollucchero Napolitano con l’appello all’amnistia e all’indulto per scarcerarne 30 mila; ma versa una lacrimuccia anche per i poveri mafiosi in isolamento, vittime dello “spirito vendicativo” di chi vorrebbe ripristinare un serio 41-bis dopo le voragini aperte in vent’anni di trattative Stato-mafia. L’apoteosi del monito automatico si verifica però a Palermo, dove il presidente della Corte d’appello fortunatamente prossimo alla pensione, Vincenzo Oliveri, parla come se lavorasse a Bolzano. Infatti non dice una parola in difesa dei magistrati siciliani minacciati da Cosa Nostra o addirittura condannati a morte da Riina. In compenso si profonde in ampi inchini e salamelecchi a Sua Altezza Reale: “Abbiamo (noi chi? boh, ndr) un debito di riconoscenza nei confronti del capo dello Stato, per cui quando s’è tentato di offuscare la sua immagine con il sospetto di sue interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo, i nostri giudici li hanno dichiarati da subito totalmente infondati”.

Riconoscenza per avere delegittimato i pm che indagano sulla Trattativa trascinandoli alla Corte costituzionale? O per aver accampato scuse puerili per non testimoniare al processo? Sospetti di interferenze infondati malgrado le telefonate in cui D’Ambrosio diceva a Mancino che il presidente sarebbe intervenuto su Grasso e aveva scritto al Pg della Cassazione per assecondare le proposte indecenti dell’ex ministro inquisito? E in che senso sarebbe “grave” il processo sulla trattativa? Se i capi delle toghe sono tutti così, sfido io che Sua Maestà non monita più: gli obbediscono prima ancora che dia gli ordini.

 

Servizi di stato

#PresaDiretta è ancora il primo hashtag di twitter insieme a #mortidistato.
A dimostrazione che la gente, anche quella in Rete, si interessa eccome alle cose importanti e trascura volentieri le scemenze di regime.
Basta fargliele sapere.

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Sottotitolo: A tutti quelli che scrivono che sulla Rete ci sono i “cattivi”

Dopo aver visto Presa Diretta di ieri risulta un po’ più complicato valutare come violenza quella scritta in Rete. 
Verrebbe da derubricarla a semplice cattivo gusto e maleducazione. 
E’ molto complicato restare coerenti in Italia. 
Saper dare la giusta considerazione alle cose. 
Ed è alquanto fastidioso leggere oggi i soliti professionisti della carta stampata, dell’informazione dare tanto spazio ad una cosa piuttosto che averla data a quelle che condizionano e complicano la vita reale di tanta gente. 
E che probabilmente, sicuramente, sono la causa di tanta aggressività.

E’ impossibile anche una discussione pacifica in famiglia ormai. 
Ma questo “loro” lo sanno, solo fa più comodo dare la colpa a Internet.
Con mio marito discuto più per la politica che per i fatti nostri.

Certi strilli che non ve li racconto.

Ma non glielo spieghiamo a Toni Jop dell’Unità e a Michele Serra che magari la Rete chiudesse adesso. Non capirebbero.

Singolare poi che quelli che dicono dal pulpito di ignorare e isolare i violenti siano poi gli stessi che corrono dietro ai giovanardi, alle santanchè che in quanto a pensieri violenti non hanno niente da invidiare all’ultimo utente diseredato dei social. Per non parlare delle dichiarazioni/affermazioni del delinquente latitante sui giudici, i cancri, i comunisti che vede solo lui e tutto il resto dell’orribile repertorio che vengono spalmate ovunque PROPRIO perché se ne parli. Ma chi vogliono prendere in giro? Cominciassero loro, giornalisti, opinionisti e intellettuali ad occuparsi delle cose importanti. Il resto poi, verrebbe da sé.

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Riccardo Iacona e Milena Gabanelli in un paese normale sarebbero il direttore e il presidente della Rai. E la gente il canone lo pagherebbe volentieri, invece di considerarlo la tassa più iniqua perché relativa al possesso di un oggetto e non ai contenuti di quell’oggetto.

Guardare Presa Diretta ieri sera mi ha provocato lo stesso dolore di quando ho visto Diaz, che benché sia un film riporta fedelmente i fatti accaduti nella notte degli orrori al G8 di Genova. 

Storie tragiche, di violenza gratuita che spaccano il cuore di tutti, meno però di quelli che avrebbero dovuto e devono restituire giustizia. Non è possibile che indossare una divisa da poliziotto in Italia significhi impunità certa. Tutti prescritti, prosciolti, indultati. Funzionari di stato che ammazzano e massacrano per la vita gente innocente e poi tornano tranquillamente ad indossare la divisa.

Fare il poliziotto e il carabiniere non deve essere l’ultima scelta dettata dalla disperazione di non avere alternative nella vita. Deve diventare una professione, chi sceglie di servire lo stato nelle forze dell’ordine deve avere tutti i requisiti adatti, essere ben pagato, controllato periodicamente e quando sbaglia pagare non come tutti, di meno o per niente ma di più. Proprio perché rappresenta lo stato in qualità di tutore della sicurezza dei cittadini.

I violenti non sono poche mele marce, qualche scheggia impazzita. Perché da una parte ci sono i violenti e dall’altra gli omertosi, e quando qualcuno di loro  ha il coraggio di denunciare paga lui, non il violento e l’omertoso che sapeva ed ha taciuto. Amnesty International ritiene l’Italia un paese “inadempiente” [da 24 anni!] perché non ha mai risposto all’esigenza di istituire il reato di tortura così come ha chiesto anche l’Europa. Ed è proprio per l’assenza di quel reato e grazie ai dispositivi straordinari come l’indulto che i processi che hanno riguardato i funzionari dello stato violenti, mandanti ed esecutori, non si sono conclusi con una sentenza adeguata. Nel paese delle “mele marce” e delle “schegge impazzite” i cittadini non possono avvalersi di un’opportuna tutela legale né ricevere giustizia quando l’assassino non è il maggiordomo ma lo stato.

Anche per quanto riguarda le forze dell’ordine violente un bel po’ di responsabilità ce l’ha, che lo dico a fare, l’informazione. 
In un paese dove la struttura portante, cioè lo stato, sa di avere sempre il fiato sul collo di chi vigila e rende pubblico quel che la gente deve sapere certi orrori non potrebbero succedere. 
Una trasmissione come Presa diretta di ieri sera lascia senza fiato perché qui non siamo abituati ad essere informati così, senza il filtro di quello che è opportuno che la gente non sappia. Invece la gente deve sapere, perché quelle sono cose che possono succedere a tutti. 
E la ministra Cancellieri che pensa ad istituire un nuovo reato per chi ammazza qualcuno quando è alla guida di un’automobile, quando penserà a dei nuovi reati, possibilmente veri e non virtuali, per la polizia violenta che ammazza e dopo non succede niente?

Omicidio colposo quello di chi uccide un ragazzino a calci in testa, sul torace fino a spaccargli il cuore? 
E come può essere normale un paese dove bisogna fare una guerra per riuscire a portare in tribunale degli assassini solo perché indossano una divisa da poliziotto o carabiniere? lo non so se ce l’avrei fatta, al posto di quelle madri, sorelle. No. E’ terribile. Impossibile che cose come quelle possano accadere in una democrazia occidentale.

Perché in quale paese democratico occidentale ad un assassino in divisa oltre a non vedersi mai applicare una sentenza anche quando è ridicola come quella che condanna degli assassini a tre anni e sei mesi – cifra con cui è stata quantificata la vita di Federico Aldrovandi, un ragazzo di diciotto anni – viene permesso di tornare al suo posto di lavoro come se non fosse successo niente? Questi sono argomenti dei quali un’informazione seria si dovrebbe occupare tutti i giorni, invece di star sempre lì a magnificare l’azione di chi arma le mani a degli assassini e poi permette che restino impuniti.

In un paese civile i cittadini hanno il diritto di potersi fidare dello stato e di chi lo rappresenta: da politico e da funzionario qual è un poliziotto. 
In un paese civile non dovrebbe esserci nessuna ragione per temere lo stato e i suoi funzionari. 
In Italia ce le abbiamo TUTTE.

Presa Diretta di ieri sera è un programma che va visto e rivisto, insieme ai figli; per dire ai figli di stare attenti quando escono non solo la sera ma sempre. Non attenti all’uomo “nero”, allo “zingaro” allo spauracchio che viene usato per terrorizzare i figli già da bambini ma all’uomo, e alla donna, in divisa. E mi auguro che anche Alfano e la Cancellieri lo abbiano visto.

Onore e dignità

Sottotitolo: Angelina regala l’isoletta a forma di cuore al suo Brad per il cinquantesimo compleanno, ché sono buone tutte a presentarsi col profumo, la cravatta e l’agenda in pelle.
Noi italiani invece dovremo pagare coi nostri soldi l’isola di Budelli venduta all’asta ad un ricco neozelandese che lo stato italiano, il magnifico stato italiano, ha deciso di riacquistare. 
Sono tutti neozelandesi col culo degli altri.

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Dopo ogni puntata di Report avverto sempre un’insopportabile mancanza.
Quella di un Tir che parte per la retata finale.
E dire che c’è anche chi si dispiace che Romano Prodi non sia stato nominato presidente della repubblica al posto del Napolitano bis.
Questi politici di lungo corso che non trovano sconveniente collaborare, a stipendio,  con i reggenti  dei peggiori regimi e che ovviamente dicono di doverlo fare per il bene della nazione. 
Abbiamo una commissione che si occupa di diritti umani che ha definito il Kazakistan una dittatura “temperata”.
All’interno di quella commissione c’è Luigi Manconi che fra le altre cose si occupa di monitorare la condizione delle carceri italiane, è sempre in prima linea quando si parla di amnistie e indulti ma evidentemente non considera né ha considerato troppo drammatica e fuori dalla legalità la vicenda del  rapimento e la successiva deportazione di una donna e della sua bambina in un paese dove non si può nemmeno inserire nel dibattito politico la questione relativa alla condizione dei detenuti nelle carceri. 
Perché quel paese è tutt’altro che una dittatura temperata.
E’ un paese dove ai dissidenti si applica il carcere duro e la tortura [e chissà che succede ai delinquenti comuni] ma l’argomento non smuove la sensibilità umana e nemmeno un’azione di contrasto concreta della nostra magnifica politica democratica italiana qui sempre pronta e unita nella lotta quando si tratta di alleggerire e in molti casi annullare con provvedimenti ad hoc quei dispositivi legali che marcano, così come si fa in tutti i paesi civili, la differenza fra onesti e criminali.

Milena Gabanelli alla fine della puntata di Report ieri sera ha detto che tutti sanno che nelle relazioni politiche ed economiche internazionali spesso si deve anche trattare con quei paesi dove i diritti umani sono un inutile dettaglio trascurabile, ma che ci dovrebbe anche essere un limite di fronte al quale fermarsi. Che esiste anche una questione di onore e dignità. Dice il contrario, e cioè che non ci si può affatto fermare,  l’accoglienza in pompa magna riservata a Vladimir Putin, ricevuto anche dal papapiùbuonochecisiamaistato, capo di uno stato dove ai dissidenti non solo si applica il carcere duro ma talvolta, per maggiore sicurezza, specialmente se fanno i giornalisti, si fanno anche sparire a colpi di pistola. E quindi è abbastanza evidente che parole come onore e dignità non si possono neanche nominare nel paese dove i governi si svendono e ci svendono ai peggiori offerenti.

“VI PENTIRETE CON VOSTRI FIGLI”. 

Il Fatto scrive “anatema”, io dico intimidazione di stampo mafioso. 

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L’assurdo dello spregevole individuo è il suo essere naturalmente refrattario al concetto minimo di regole, e l’assurdo elevato all’ennesima potenza è che alla “sua gente”, a quei poveri decerebrati che dicono che sarebbero disposti a morire per lui, piaccia soprattutto per questo. 

Perché sono talmente idioti da non pensare nemmeno per un attimo che questo tentativo continuo di berlusconi di rovesciare il senso dello stato riuscendo nell’impresa di trasformarlo in uno stato che fa senso, stravolgere quello di una civile e pacifica convivenza, del rispetto reciproco potrebbe coinvolgere anche loro ma da vittime.

Che ne sarebbe di un paese dove non si rispettassero le leggi, le sentenze, dove chi commette dei reati pretendesse di non doverne poi rispondere ad un tribunale e al popolo offeso da quei reati? E tutto questo mentre si deve occupare di quel paese da istituzione?

Non pensano, gli stolti, nemmeno per un attimo, di non essere silvio berlusconi, di non avere le sue stesse possibilità: quelle che si è potuto comprare specialmente rubando, corrompendo e quelle che questo stato gli ha amorevolmente regalato. 

Oppure pensano che nel momento del bisogno silvio si ricordi di loro, o che sarebbe disposto a morire per loro.
Imbecilli.
Complici di un delinquente per natura.

Clemenza senile
Marco Travaglio, 26 novembre

La penosa conferenza stampa di B. sulle “nuove prove” che non solo giustificherebbero la revisione del processo Mediaset, ma addirittura lo scagionerebbero, è – come si dice a Roma – una sòla. Una patacca. Nessuno ha mai sostenuto che il produttore egizio-americano Frank Agrama sia uno stinco di santo: altrimenti non sarebbe suo amico e sodale. Del resto è stato condannato per frode fiscale anche lui. In ogni caso la legge prevede le procedure per la revisione: se B. la chiederà, la Corte d’appello di Brescia deciderà ciò che è giusto fare. Nel frattempo, siccome B. è un pregiudicato, la legge Severino impone che esca con le mani alzate dal Senato: avrebbe dovuto farlo “immediatamente” fin dal 1 agosto, se i partiti suoi complici nelle larghe intese non avessero rinviato con ogni scusa il voto in giunta e poi in aula. Su un punto, però, il Cainano ha qualche ragione di lamentarsi: quello della grazia. Non perché vi abbia diritto. Anzi, nel suo caso la grazia non è ammissibile, sia per i numerosi processi che ancora pendono sul suo capo, sia perché sono trascorsi appena tre mesi dalla sentenza della Cassazione. Peccato che Napolitano non abbia mai osato dirglielo fino all’altroieri. Il 13 agosto, 12 giorni dopo la condanna, diramò un mega-monito in cui spiegava le istruzioni per l’uso della clemenza, lasciando intendere – come in varie repliche successive – che il principale ostacolo alla grazia era che B. non l’aveva chiesta, e comunque avrebbe potuto coprire solo la pena principale (quella detentiva) e non la pena accessoria (l’interdizione dai pubblici uffici). In realtà – come scrisse lui stesso – la grazia “può essere concessa anche in assenza di domanda”, e pure sulla pena accessoria (lo fecero altri presidenti prima di lui). Napolitano definì “legittimi” e “comprensibili” il “turbamento” e la “preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza”. Cioè ammise che B. non è un cittadino come gli altri. Tant’è che incredibilmente invitò i giudici a concedergli “precise alternative al carcere, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto”. Come se fossero dovute per legge, mentre non lo sono. Mai, nella storia repubblicana e pure monarchica, un capo dello Stato aveva spiegato come ottenere la grazia a un tizio appena condannato (che non gliel’aveva neppure chiesta e rifiutava la sentenza), collegandola fra l’altro al suo sostegno al governo, cioè a una scelta politica che dovrebbe essere libera e nulla ha a che vedere con il diritto costituzionale. È da quell’atto inaudito e forse – quello sì – “dovuto”, in base a precedenti impegni assunti alla nascita delle larghe intese dopo la rielezione, che iniziano le ambiguità, i non detti, le aspettative mancate ora sfociate nella furia di B.

Un giorno, forse, capiremo perché il presidente fece annusare la grazia al pregiudicato, che ora schiuma di rabbia perché si sente preso in giro. Ma sono tante le cose che dobbiamo ancora capire. Un’altra è il motivo dell’inquietante tira-e-molla ingaggiato da Napolitano con i giudici del processo Trattativa che l’hanno citato come teste sulle confidenze che scrisse di avergli fatto il consigliere D’Ambrosio: prima ha dichiarato di essere “ben lieto” di testimoniare, ora invece manda a dire di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo” e pensa di cavarsela con una letterina in cui dice di non sapere nulla: come se D’Ambrosio si fosse inventato tutto. Ora, se un testimone non ha nulla da dire, non manda una lettera per chiedere l’esonero: si presenta e risponde alle domande. I giudici alla fine decidono se è credibile, o magari reticente o menzognero, nel qual caso lo indagano per false dichiarazioni (un tempo potevano arrestarlo su due piedi). Cosa che non possono fare se uno testimonia per lettera. Mentre dà lezioni di diritto al Cainano, il presidente farebbe bene a prenderne qualcuna per sé.

La vera violenza è quella politica

 

Sottotitolo: esponenti del regime eritreo ai finti funerali dei migranti – purtroppo loro erano veri – morti a Lampedusa.
Un po’ come se ai funerali di Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta avesse partecipato Giovanni Brusca che li ha fatti saltare in aria. Chissà di chi è stata questa idea strepitosa?

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“ASSASSINI”. E ALFANO VIENE PORTATO VIA DALLA SCORTA NELLA SUA AGRIGENTO (Viviano e Ziniti)

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Il black bloc Giovanardi

«Il sesso è diventato un bene di consumo», dice Giovanardi, quindi «lo stupro non deve sorprendere».

Logica interessante.

Evidentemente Giovanardi ritiene che i beni di consumo si possano prendere con la violenza. Se ne deduce che Giovanardi è un teorico degli espropri proletari, meglio se realizzati menando il negoziante a sangue.

[Alessandro Gilioli]

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Giovanardi sullo stupro di Modena: “Inutile scandalizzarsi, è colpa di chi ha sdoganato la sessualità”

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Denis Verdini: “Ho preso 800 mila euro in nero, che male c’è? nella vita si fa così”

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MARADONA, FAZIO, IL FISCO E IL GESTO DELL’OMBRELLO IN TV (Francesco Merlo)

La reazione col fuso orario del quieto Fazio (Andrea Scanzi).

 

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IL PATTO CON RE GIORGIO? “AVEVA PROMESSO L’INDULGENZA MOTU PROPRIO” (Fabrizio d’Esposito)

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Verdini incarna alla perfezione l’arroganza criminosa della politica, quella di chi sa che può dire qualsiasi cosa, anche confessare un omicidio e uno stupro in diretta tv e dopo non succede niente.

Ci sono cose che bisognerebbe ripetere ogni giorno a mo’ di mantra finché non le avremo capite tutti, anche quelli che ogni volta si ostinano a distribuire le colpe in modo errato.
Perché fa bene giovanardi ad esprimersi con la consueta violenza finché ci sarà qualcuno che andrà a chiedere il suo parere come se fosse determinante saperlo, sapere cosa circola nel suo cervello bacato, cattivo, malato. 

Non tocca a giovanardi smettere di opinare sulla qualunque ma soprattutto sugli argomenti che gli sono cari: morti ammazzati dallo stato, donne, lesbiche, omosessuali, sesso ma lo devono fare tutti quelli che pensano di contribuire al dibattito e all’informazione chiedendo pareri a giovanardi e portandoli alla ribalta come fossero trofei da Pulitzer. Smettere di mettere un microfono davanti al muso ringhioso di giovanardi non è censura, è un contributo alla cultura, quella bella e pulita.

E fa bene maradona a fare il gesto dell’ombrello a equitalia in diretta tv, estendendolo così a tutti coloro che sono stati vittime dell’ingiustizia sociale come a dire “visto? io sono più furbo di voi teste di cazzo che le tasse le pagate”, a tutte le vittime di uno stato che esige dal povero, da chi è in difficoltà ma poi non sa fare la voce grossa coi ladri veri, con chi ha portato l’Italia oltre un fallimento non solo economico ma anche morale, etico.

Perché mai non si dovrebbe approfittare di uno stato che si fa rappresentare da verdini, uno dei tanti che andrebbero allontanati per igiene da un residuo di società civile costantemente sotto attacco della delinquenza istituzionale, da dell’utri, condannato per reati di mafia ancora senatore di questa repubblica, da berlusconi, un condannato alla galera, il più delinquente di tutti perché ha rubato allo stato mentre avrebbe dovuto difendere lo stato, uno che il gesto dell’ombrello agli italiani lo sta facendo da vent’anni ma nessuno si è mai scandalizzato per questo. 

Fa bene la santanchè a dare del traditore a Napolitano, dopo che il capo di questo stato ha dimostrato più e più volte indulgenza e comprensione verso la delinquenza politica e non di berlusconi in virtù della stabilità politica e dell’equilibrio del paese, come se queste cose, i fondamenti di una democrazia, debbano passare per la grazia ai delinquenti che hanno fatto il male del paese.

Fa bene chi può, ad approfittarsene: le carogne si spolpano finché ce n’è.

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Scelta cinica
Marco Travaglio, 22 ottobre

Però, che perspicacia questo Monti. Ha addirittura scoperto che Casini & Mauro sono due vecchi democristiani intrallazzoni, come tutti gli altri che ha imbarcato nel suo partitucolo. E financo che Enrico Letta è inginocchiato a Berlusconi e al Pdl. Ma va? Chi l’avrebbe mai detto. Anzi, senti chi parla. Forse Monti non lo ricorda, ma nel novembre 2011, appena salì a Palazzo Chigi, un certo Monti ringraziò il suo predecessore B. dello squisito servigio reso all’Italia appoggiando il suo governo tecnico, e lo chiamò “statista”. Poi, già che c’era, inviava un pensiero affettuoso a Letta zio. Il Cainano, in quel momento, era un morto che camminava a fatica, sommerso dallo spread e dal discredito, tant’è che sfuggiva ai radar dei sondaggi e, votando subito, si sarebbe estinto. Provvidero Napolitano e Monti a resuscitarlo. Tant’è che alle elezioni di febbraio, dopo 14 mesi di “cura” tecnica, era più vispo che pria. Per non farci mancare nulla, Monti fu il primo, in campagna elettorale, prim’ancora di conoscere l’esito delle urne, a predicare le larghe intese col noto statista. Nelle consultazioni al Quirinale, fece sapere che non avrebbe appoggiato altro governo se non l’ammucchiata con B. E ad aprile, quando si votò per il nuovo (si fa per dire) presidente della Repubblica, sabotò qualunque candidato che non garantisse il governissimo con B. Infatti fu rieletto Napolitano, che ce le regalò con Letta nipote premier, scelto direttamente da B. e da suo zio. Monti e i suoi non fecero neppure una smorfia di disgusto quando si trattò di votare altri insigni statisti a presidenti delle commissioni parlamentari: Nitto Palma alla Giustizia, Formigoni all’Agricoltura, Cicchitto agli Esteri e così via. Anzi, pareva che inalassero Chanel numero 5, tanto erano estasiati. Appena B. fu condannato dalla Cassazione, chi si fece intervistare dall’apposito Foglio di Ferrara per chiedere al Colle la “grazia di pacificazione” al neopregiudicato? Monti, naturalmente. E chi ha candidato alla commissione parlamentare antimafia Stefano Dambruoso, il multiforme ex pm antiterrorismo che giudicò “una bizzarria dietrologica” lo scandalo per il sequestro di Abu Omar da parte di agenti Cia e Sismi? Monti, of course.

Il quale ora scopre a scoppio ritardato che nelle larghe intese con B. comanda B. Oh bella, e chi dovrebbe comandare? Scelta civica che ha preso un terzo dei voti della destra? O il Pd che, avendo astutamente spedito il suo vicesegretario a Palazzo Chigi, deve ingoiare qualsiasi rospo pur di tenerlo lì? Ma non s’è accorto che la prima e unica mossa del governo dei grandi rinvii è stato la parziale abrogazione dell’Imu per ordine di B.? E, se era contrario, perché ha votato a favore? E non ha notato che ogni tanto Enrico Letta dice “bisognerebbe abolire il reato di clandestinità” o “modificare la Bossi-Fini” o “abrogare la Fini-Giovanardi” con l’aria del passante, visto che non può toccare nulla perché non solo B., che è cattivo, ma pure Alfano e Giovanardi, che sono buoni, non vogliono. Sono i miracoli delle larghe intese, nate senza uno straccio di accordo programmatico fra i partiti (quello che da settimane l’odiata Merkel sta mettendo a punto nei minimi dettagli fra Cdu e Spd), ma solo sulla difesa del potere e della Casta e sulla paura di Grillo e di nuove elezioni. Eppure Monti persevera nel definire questo pateracchio “la miglior formula di governo che il Paese possa avere e che spero duri cinque anni”, senza ammettere che la paralisi deriva proprio dalla maionese impazzita di tre partiti che non vanno d’accordo su nulla se non sulla tutela delle poltrone. L’ultima mirabolante scoperta fuori tempo massimo del professore col loden riguarda il danno d’immagine causatogli dall’intervista tv alla Bignardi col cagnolino Empy in braccio: colpa della giornalista “scorretta”, dice lui, come se quella avesse potuto mettergli un cane fra le braccia a sua insaputa o sotto la minaccia delle armi. Scusi, professore, ma si sente bene?

Metodo [ab]boffo

Sottotitolo: buongiorno, sono un peone del Pdl.

Dunque, se resto di qua fra sei mesi rischio che il mio posto in Senato lo prenda Dudù e io non ho ancora finito di pagare l’ultima campagna elettorale.

Se passo di là rischio che sul Giornale salti fuori quella storia di mia figlia che ho fatto assumere alla Asl e magari quella volta che ho inserito nel Milleproroghe un emendamento per l’azienda di un amico che mi manda molti regali.

Capite che col cazzo che stanotte dormo, vero? [Alessandro Gilioli]

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ALFANO AL GIORNALE: “METODO BOFFO CON NOI NON FUNZIONA”. SALLUSTI: “ALLIBITO”

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Lodo Mondadori, Berlusconi al telefono: ‘Napolitano è intervenuto sui giudici’

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Ora Berlusconi accusa Napolitano di complotto
‘Intervento su Cassazione per Lodo Mondadori’
 

Il capo dello Stato: “Una delirante invenzione”

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Quando i grandi amori e le grandi intese finiscono, di solito è tragedia.

Fa piacere constatare che Napolitano abbia usato, nei confronti di berlusconi, parole come “diffamazione” e “delirante”, quando appena pochi mesi fa intimava ai giudici di lasciare tranquillo il delirante diffamatore, nonché delinquente, pregiudicato e condannato affinché potesse partecipare alla delicata fase politica in corso.

Napolitano pensava forse che in caso di difficoltà berlusconi avrebbe rinunciato a prendere il martello per rompere il vetro? che avesse avuto comprensione per il presidente che lo ha così ben garantito in tutti questi anni? pensava di essere esente dal metodo sistematico usato da berlusconi contro tutti quelli che si sono in qualche modo opposti ai suoi progetti delinquenziali? è forse una novità di oggi il berlusconi style?

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Napolitano: “Garantire partecipazione politica a B – 12 marzo 2013

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Report – al posto giusto

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 Solo in questo paese un’inchiesta giornalistica viene considerata al pari di un’aggressione dalla politica. Nei paesi normali, civili, il politico è obbligato a dare risposte al giornalismo.  In America nessuno potrebbe dire ad un giornalista: “ma che domande fate” così come si è permesso di rispondere Letta a Report rifiutando di dare chiarimenti circa gl’incapaci  incompetenti assunti nel bel governo necessario.  In America il giornalista fa la prima domanda ma soprattutto la seconda, se alla prima la risposta non è stata sufficientemente chiara; questa è proprio la regola del giornalismo. E il politico deve rispondere. Perché nei paesi normali e civili il politico non si sceglie il set nel quale apparire, quello dove sa che nessuno lo metterà in difficoltà; qui da noi invece fanno solo e sempre questo. Non sono abituati ad avere a che fare coi giornalisti ma solo e soltanto con gente funzionale a tutti i poteri a cui non importa chi comanda. In nessun paese normale potrebbe esistere una trasmissione come Porta a porta; cinque sere a settimana di propaganda odiosa, di servizi e servizietti al potere, qual che sia, di argomenti insignificanti usati per coprire quelli importanti. E non mi stancherò mai di dire che l’informazione ha delle responsabilità enormi circa lo stato pietoso di questo paese.

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Un rientro in grande stile quello di Report, una puntata azzeccatissima per il periodo. Rivedere il giuramento da ministri, viceministri e sottosegretari dei ciarlatani delle larghe intese non so se è stato più esilarante o più disgustoso, e mai la scelta dell’argomento è stata più azzeccata per il periodo, se l’inchiesta di Iovene è di quattro mesi fa, come ha dovuto precisare Milena Gabanelli per giustificarsi con la miserabile ladra di doppi stipendi che invitava il giornalista a vergognarsi perché chissà come se lo guadagna lui, il suo stipendio.
Quello visto a Report è semplicemente il quadro del sistema politico italiano, il remake del film che si ripete nel parlamento e dintorni da che esiste la repubblica. Gente senza meriti né competenze che è andata e va ad occupare posti di rilievo non capendo un cazzo di quello che deve fare e che c’è da fare limitandosi a fare il compitino assegnatole dai capi partito, ras di quartieri, paesi e città. Il sindaco di un paese di quattrocento persone che si vanta del suo posto da sottosegretario perché dice di averlo meritato grazie al suo mestiere, la biancofiore che dice di essere stata votata da “centinaia di migliaia di persone”. E chissà perché la modifica alla legge elettorale non la vuole nessuno, a destra come a centrosinistra: un mistero, davvero.
E ce l’hanno incartata proprio bene in questi anni, cercando di convincerci che l’antipolitica faceva male alla politica, che non era giusto mettere tutti allo stesso livello, che non erano proprio tutti uguali come sembrava, una cosa che fino a un po’ di tempo fa pensavo anch’io.
Oggi no, non lo penso più, perché se è vero che da berlusconi a scendere è stata involuzione, implosione di una politica che già non si reggeva in piedi dopo i disastri di tangentopoli è anche vero che chi si doveva impegnare per contrastare questa politica, quella dei privilegi, dell’immeritocrazia, del familismo e del clientelismo ci si è invece accomodato dentro facendo finta che tutto andasse bene e, anzi, quando ha potuto si è seduto con piacere a quella tavola dove si mangia tanto e bene, non considerando che prima o poi la bolla sarebbe scoppiata.
E se in questo paese non ci fosse stata quella manciata scarsa di giornalismo vero che in questi vent’anni non ha pensato che tutto andava bene spiegando anche il perché, l’Italia sarebbe perfino peggio del paese che è. 

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Non spingete – Marco Travaglio, 1 ottobre

C’è una gran ressa nell’anticamera del fronte antiberlusconiano, rimasto per vent’anni semideserto. Pare che spingano per entrare anche alcuni gaglioffi che dopo una vita da rospi diventarono principi azzurri grazie al tocco magico del portafogli e delle tv del Cainano, che scattavano sull’attenti a ogni suo fischio, che gli han sempre votato e talora firmato decine di leggi vergogna (vero, Angelino detto Lodo?), che ancora due anni fa approvavano festosi la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, che ancora l’11 marzo marciavano sul Tribunale di Milano, che ancora una settimana fa si rimangiavano il voto sulla Severino trafficando per salvare il pregiudicato dalla decadenza e si facevano esplodere in tutti i talk show spacciando un volgare frodatore fiscale per un perseguitato politico, insultando i giudici e i giornalisti liberi che hanno capito e detto tutto con due decenni d’anticipo. E ora si scoprono “colombe” per arraffare un’altra poltrona ministeriale e garantirsi l’autoriciclaggio al prossimo giro di valzer, subito riverginati dagli house organ dell’inciucio che li beatificano come alfieri di una destra moderna ed europea, mentre quelli fanno gli eroi della resistenza al “metodo Boffo”, a loro tanto caro fino all’altroieri. Diciamo subito, allora, che il metodo Boffo con i cinque ministri e i cicchitti “diversamente berlusconiani” non c’entra nulla. Sull’allora direttore di Avvenire il Giornalescagliò un dossier in parte vero (la sentenza per molestie ai danni di una donna) e in parte falso (un’informativa inesistente della polizia sui suoi gusti sessuali), mentre su di loro Sallusti non ha (ancora) sparso né fango né veleno: ha soltanto scritto che sembrano avviati “sulle orme di quel genio di Fini”. Una critica politica pienamente legittima, giusta o sbagliata che sia. Ci vuol altro per farne dei martiri. Nell’attesa, potrebbero scusarsi con Fini, Granata, Perina, Angela Napoli, Briguglio e gli altri finiani che scaricarono B. magari tardi, ma quando ancora costava caro: e nel 2010 stavano per liberarci definitivamente dal Cainano, se Napolitano non si fosse precipitato in suo soccorso. Ora è tardi per mollarlo, e pure troppo comodo. Tempo scaduto: le iscrizioni all’antiberlusconismo sono chiuse da un pezzo. Anche perché oggi le vere vittime del metodo Boffo sono ben altre: per esempio i 5Stelle che, dati per estinti fino all’altro giorno, si riscoprono forti nei sondaggi e vengono bastonati con ogni sorta di falsità da destra e da sinistra in vista delle possibili elezioni anticipate. Non passa giorno senza che un paio di malpancisti grillini vengano spacciati da giornali e tv come un poderoso esercito di dissidenti pronti a secedere e ansiosi di votare astutamente il prossimo governicchio: quello che ci farà pagare tutte le tasse rinviate da Letta. Ieri sul Giornale il semprelucido Francesco Alberoni, ormai pronto per la legge Bacchelli, scriveva che “il Movimento a Cinque Stelle ha come programma politico quello di annientare il sistema parlamentare e instaurare un regime totalitario. Grillo lo dice nel suo blog, come del resto aveva fatto a suo tempo Hitler nel suo libro Mein Kampf ”. E l’altroieri, nella consueta enciclica domenicale, Eugenio Scalfari tentava di far dimenticare i suoi imbarazzanti peana alle larghe intese Napolitano-Berlusconi-Letta Zio-Letta Nipote e il clamoroso fallimento dopo appena cinque mesi dell’adorato presidente e dall’amato premier (il più ridicolo e inconcludente del dopoguerra). E con chi se la prendeva? Con l’unica forza di opposizione, a cui i fatti si sono incaricati di dare ragione. Al punto da mettere Grillo sullo stesso piano di B. (“Due caimani e due bande di camerieri”): “Grillo vuole le stesse cose di Berlusconi: la caduta del governo, le elezioni anticipate col ‘porcellum’, le dimissioni di Napolitano e un governo di grillini e di chi la pensa come loro (Berlusconi?)”.

Raramente si era letta su un giornale serio come  Repubblica una tale quantità di baggianate. Qui  chi ha patrocinato un governo con B. non è Grillo, è  Scalfari. E, se si andasse subito al voto col Porcellum,  la colpa sarebbe di tutti fuorché di Grillo: i parlamentari  M5S votarono in massa per la mozione Giachetti  che impegnava le Camere a tornare al Mattarellum  in caso di elezioni, mentre tutto il Pd (compreso  Letta) votò contro la proposta del suo stesso  deputato.  Del resto Pd, Pdl e Napolitano avevano già boicottato  il referendum anti-Porcellum, plaudendo quando due  anni fa la Consulta lo bocciò. E in questi cinque mesi  che cos’han fatto per abrogare la porcata? Nulla di  nulla. Hanno perso tempo dietro la compagnia dei  “saggi” della buona morte voluta da Napolitano, trastullandosi  con la controriforma costituzionale e scardinando  l’articolo 138: sapevano bene che l’unico alibi  che tiene insieme il governo con lo sputo è proprio  l’assenza di una nuova legge elettorale.  Quanto alle dimissioni di Napolitano, non è solo Grillo  a chiederle, ma è Napolitano che le ha promesse nel  suo discorso di reinsediamento dinanzi alle Camere  riunite, il 22 aprile scorso: “Ho il dovere di essere  franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come  quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a  trarne le conseguenze dinanzi al Paese”. Non gli bastano  le sordità di questi giorni? O è diventato sordo  anche lui?

Ave, Roma, morituri te salutant

Vittorio Arrigoni è stato ucciso a Gaza il 15 aprile di due anni fa, quando ne aveva trentasei, poche ore dopo il suo sequestro.

Vittorio era un uomo di pace che si impegnava per la pace in una zona dove non c’è mai stata pace, un  giornalista coraggioso: in ogni suo messaggio invitata a “restare umani”, qualcosa che diventa sempre più difficile da mettere in pratica.

Sottotitolo: queste cose possono succedere anche perché tanta gente non capisce. La questione fra Grasso e Travaglio è stata educativa, pedagogica, ha spiegato molto bene in che modo purtroppo pensa una larga parte della gente di questo paese.

Report, Alemanno inaugura la querela via twitter

Attendiamo quindi di sapere quale sia la nuova cifra milionaria avanzata dai querelanti per riparare l’onta della diffamazione. L’ennesima “querela temeraria”. Dopo quella dell’Eni che ha stimolato oltre 100 mila cittadini a firmare una petizione. Che continua. Perché cambia il querelante ma non la sostanza: si usa la querela come strumento intimidatorio per impedire ai giornalisti di documentare e ai cittadini di sapere, di conoscere la verità.

Contro queste “querele temerarie”, tema su cui i saggi hanno ben poco saggiamente sorvolato, è ora e tempo che il Parlamento si pronunci.

Più che un governo in Italia ci vorrebbe un team di educatori e rieducatori alla legalità, altroché i dieci inutili  saggi di Napolitano.
L’Italia è stata sventrata da cima a fondo perché il controllo sulle amministrazioni e sugli amministratori, dunque anche e soprattutto sui politici  è stato sempre troppo debole, perché quando ci sono di mezzo soldi, molti soldi, le istituzioni preposte pensano che si possa e si debba essere meno rigorosi e severi e non preoccuparsi nemmeno da dove vengono e per quali conti correnti bancari passano i soldi.
Quindi tutto va bene se le attività di una zona balneare, giusto per fare un esempio di quelli descritti da Report, possono essere gestite, praticamente alla luce del sole, dalla criminalità organizzata e non succede niente.
Ed è normale che il sindaco di Roma abbia fatto di Roma una cosa sua sotto gli occhi di un’opposizione distratta e ancorché assente, e nessuno ha mai pensato di doversene preoccupare.

Se dovessi scegliere a chi dare le mie chiavi di casa fra Milena Gabanelli e gianni alemanno non avrei nessun dubbio a chi consegnarle.
Ora, che il miracolato [perché solo un miracolato avrebbe potuto mantenere il suo posto nella sua condizione dopo tutti gli scandali e porcherie varie di cui è stato ed è protagonista] non abbia nemmeno aspettato la fine di Report ieri sera per correre al computer o chiedere a qualcuno di farlo, per annunciare le sue intenzioni bellicose contro Report e Milena Gabanelli è sintomatico di quanto questo sia un paese ir-re-cu-pe-ra-bi-le dal punto di vista della legalità.
In un paese normale le autorità non si sottraggono alle domande della stampa e dell’informazione, non scappano davanti ai microfoni di un giornalista [capito Uòlter? vale pure per te], si mettono a disposizione della stampa e dell’informazione per ogni tipo di chiarimento circa il loro operato, non pensano che la cosa più opportuna da fare sia portare in tribunale i giornalisti.
Quelli che lo fanno evidentemente non hanno la coscienza troppo pulita e pensano così di potersela cavare grazie ai loro eserciti di avvocati, alle immunità che si sono autoconcessi, alle leggi che solo in questo paese rendono politici e amministratori della cosa pubblica “più uguali degli altri”.

Ed ecco perché non bisogna mai stare dalla parte del potente delinquente se dall’altra c’è un giornalista, chiunque sia il potente o il delinquente che intimidisce, avverte, minaccia. 
Una querela, una denuncia verso un giornalista dicono e significano che su quello che fanno potenti e delinquenti non si può indagare, non si possono fare inchieste, è meglio non ficcare il naso in certe faccende e raccontare certi fatti, mentre invece in un paese normale succede esattamente il contrario: i giornalisti fanno le loro inchieste, pubblicano quello che bisogna pubblicare senza preoccuparsi troppo dei turbamenti dell'”eccellenza” di turno.

In un paese massacrato dalla corruzione, dalla criminalità che ha preso i posti di comando un po’ ovunque con la complicità di chi avrebbe dovuto impedirlo il pericolo, il nemico non può essere il giornalismo d’inchiesta, dovrebbero essere proprio e solo i delinquenti che un po’ a turno e indipendentemente dall’orientamento politico, hanno ridotto l’Italia a brandelli.

Omissioni, di stato e di soccorsi

Omissione di coscienza

Preambolo:  la 194 è una legge dello stato, chi non se la sente di metterla in pratica faccia altro, soprattutto in virtù del fatto che la coscienza in questo tipo di obiezione non c’entra niente, è solo un atteggiamento di facciata per poter contare sull’appoggio della politica che senza i suggerimenti della chiesa non fa un passo. L’obiettore è uno spudorato carrierista che molto spesso si dimentica di avere una coscienza davanti agli assegni milionari con cui si pagano gli aborti nella sua clinica privata.

Del medico obiettore [donna, così almeno qualcuno la pianta di portare avanti la strampalata teoria che le donne fanno tutto meglio di qualsiasi uomo] che ha messo in pericolo l’incolumità di una paziente rifiutandosi di soccorrerla, di prestare la sua opera di medico che salva le vite e non le mette a rischio per una questione di “coscienza” [ché se tanto mi dà tanto…e comunque tutti sanno che l’obiezione con la coscienza non c’entra niente, i motivi sono altri e assai meno nobili] si dovrebbe conoscere e diffondere il nome e cognome, in modo tale che la possano schifare e toglierle il saluto anche i vicini di casa. 
Questa gente va isolata, messa ai margini del contesto civile perché socialmente pericolosa.
La legge sull’aborto è una legge dello stato, violare le leggi o non applicarle in qualità di funzionari, di operatori al servizio del pubblico dovrebbe essere SEMPRE un reato, così come non farne di utili per le questioni di coscienza che fanno tirare indietro i parlamentari su suggerimento di uno stato estero invadente e come  quando devono votare per l’arresto di un loro pari e dicono no per motivi di coscienza, la loro, sulla quale si potrebbero scrivere trattati lunghi qualche chilometro, dovrebbe essere una buona ragione per licenziarli senza nemmeno il preavviso. 
La coscienza, come la religione, sono questioni personali che non possono e non devono in alcun modo condizionare lo svolgimento della professione.

Se questo fosse un paese normale le prime pagine dei giornali dovrebbero essere dedicate tutte ad un Magistrato minacciato dalla mafia, e le istituzioni dovrebbero trovare il tempo per occuparsi di un Magistrato minacciato dalla mafia e di sostenerlo, pubblicamente. E invece no, il CSM ha aperto un provvedimento disciplinare nei confronti di Nino Di Matteo colpevole di essere troppo prevedibile nei suoi spostamenti.  

Tutto perfettamente in linea in un paese dove  l’unico Magistrato buono è quello morto, cosicché poi si possa andare alle commemorazioni dicendo cazzate sul genere di “vent’anni fa non ci lasciammo intimidire”.

Purtroppo però questo è solo il paese dove un top manager d’azienda già indagato per corruzione internazionale come un formigoni qualunque chiede un risarcimento milionario ad una giornalista.

E’ il paese dove chi ha concesso i suoi favori e le sue grazie a pagamento ad un vecchio erotomane potente e delinquente può convocare la sua piazza davanti al tribunale di Milano per protestare contro i giornalisti che hanno scritto e parlato di lei usando il termine “prostituta”. Ormai il tribunale di Milano è diventato una specie di refugium peccatorum dove chiunque può andare a vomitare sullo stato, dunque su tutti quanti noi; 

è il paese dove lo stato carica i suoi cittadini di altre tasse per pagare i debiti che lo stato ha verso i cittadini;

è il paese dove un medico può rifiutare di prestare assistenza ad una persona in pericolo di vita  giustificando l’omissione dietro una questione di coscienza; 

è il paese dove dà fastidio un albero piantato in ricordo di chi è morto per colpa di uno stato assente, che quando serve non c’è mai.

Una repubblica che nasce monca, già schiavizzata in partenza, un paese al quale è stato impedito di avere un’indipendenza politica per mezzo di una strage di mafia: tutto quello che è accaduto in Italia ci riporta al 1 maggio del 1947, a Portella della Ginestra, non può che essere destinato a fare una brutta fine in assenza di uno stato sempre occupato a fare tutt’altro,  a salvare la  “robba” in nome e per conto terzi.

Per quello che può valere, la mia solidarietà totale e incondizionata a Nino Di Matteo, Magistrato antimafia minacciato dalla mafia  e a Milena Gabanelli,  minacciata da Paolo Scaroni, top manager di ENI in quanto giornalista libera e indipendente.

I saggi di Cosa Nostra
Marco Travaglio, 3 aprile

Se non fosse che le Procure di Palermo e Caltanissetta la prendono molto sul serio, per i troppi particolari precisi degli spostamenti delle vittime designate, verrebbe da sperare che la lettera giunta nei giorni scorsi alla Procura di Palermo e svelata ieri dal Fatto fosse una bufala. E non solo perché preannuncia una nuova stagione stragista contro magistrati siciliani impegnati nei processi sui rapporti fra Stato e mafia. Ma anche per un altro motivo, se possibile ancor più grave: il terribile e irresistibile richiamo al 1992, quando crollò la Prima Repubblica sotto i colpi della crisi finanziaria, di Mani Pulite e della Lega Nord. Il vuoto di potere allarmò i poteri criminali, che rischiavano di perdere il controllo del sistema e reagirono come sappiamo: con un mix di stragi e trattative che miravano a “destabilizzare per stabilizzare”, secondo il vecchio schema della strategia della tensione (“fare la guerra per fare la pace”, disse Riina). Allora come oggi il sistema era privo di politici credibili, tant’è che fece ricorso ai tecnici. Allora come oggi la mafia e i suoi referenti erano sotto scacco anche giudiziario: nel ’92 la sentenza della Cassazione che confermò le condanne del maxiprocesso; ora la condanna di Dell’Utri, la requisitoria del pm Di Matteo contro il Ros per la mancata cattura di Provenzano, il rinvio a giudizio di tutti gl’imputati per la trattativa Stato-mafia. Ventuno anni fa i magistrati più esposti erano Falcone e Borsellino, oggi sono Di Matteo, Sava, Delbene,Tartaglia e il loro ex coordinatore Ingroia che han chiuso l’indagine sulla trattativa, e i pm di Caltanissetta impegnati nell’inchiesta sui depistaggi di via D’Amelio. Infatti la lettera di Mister X avverte che è in programma un attentato a Di Matteo, ma anche a uno dei quattro pm palermitani in servizio alla Procura nissena. E che a ordinare la nuova stagione stragista, proprio come nel ’92-’93, non è stata Cosa Nostra, ma “gli amici romani di Matteo”, il boss trapanese Messina Denaro, che usano la mafia come “service”, come pura manovalanza, pronti a sdebitarsi in seguito con le consuete ricompense. Oggi come allora c’è da eleggere il nuovo capo dello Stato. E, se allora i soliti noti guardavano con terrore all’ascesa della sinistra di Occhetto, oggi la minaccia al sistema politico-criminale è un’altra forza “outsider”: il Movimento 5Stelle, non soltanto perché non controllabile e non ricattabile in sé, ma anche perché in grado di condizionare la sinistra che, sia pure di un soffio, è arrivata prima alle elezioni. Se la lettera è attendibile, la frase “non possiamo finire governati da comici e da froci” non si può leggere che così: con il terrore del riprodursi a Roma del “modello Sicilia”, dove la sinistra di Rosario Crocetta governa col pungolo costante dei 5 Stelle, e infatti fa cose mai viste. Insomma, la mafia ha avviato le sue consultazioni per il nuovo presidente e il nuovo governo. A ciò si aggiungono un paio di particolari non da poco. Primo: è difficile che l’autore della lettera sia davvero, come afferma, un uomo d’onore del commando incaricato dell’attentato, troppo facile da individuare e assassinare per il suo tradimento. Molto più probabile che il soggetto appartenga a quel sottobosco di poteri criminali a cavallo fra Stato e mafia che lui stesso descrive come “gli amici romani di Matteo”. Tornano alla mente i comunicati allusivi della “Falange armata” (espressione dei servizi deviati) e dell’agenzia di stampa “Repubblica” (vicina agli andreottiani romani, soltanto omonima del noto quotidiano), che nel ’92-’93 preannunciavano le stragi con inquietante preveggenza. Secondo: anche oggi i pm nel mirino sono isolati, per non dire osteggiati dalle istituzioni e dalla politica che conta. Se queste conservassero un po’ di pudore,
il Csm archivierebbe all’istante l’incredibile processo disciplinare avviato dal Pg contro Di Matteo. 
E il Colle e i suoi saggi metterebbero in agenda le parole “mafia” e “trattativa”.
Così, tanto per farci sapere da che parte stanno.

Che bel paese, l’Italia

Mps crolla. Bankitalia: ‘Noi ingannati’
Dal Pd alla Lega, tutti in fuga da Mussari

«Prima bisogna salvare gli italiani, poi le banche che non ci hanno mai pensato due volte a lasciare i cittadini in difficoltà. Ricordo al professore che, a causa dell’iniquo rigore imposto dal suo Governo, sono molti i giovani costretti a vendere o svendere gli immobili lasciati dai genitori dopo una vita di sacrifici. Chi glielo spiega a quei giovani che quei soldi si sono trovati per finanziare una banca?» (Antonio Ingroia)

Dirigenti, manager, banchieri, primari ospedalieri, tutta gente piazzata dalla politica di tutti i colori, poi quando succede qualcosa e si va a chiedere conto alla politica, ai politici, cadono dalle nuvole, non sanno, loro, fanno un altro mestiere.
Non basta più nemmeno la vergogna a rendere l’idea di quello che sono queste persone che hanno le mani in pasta ovunque ma quando c’è da assumersi la responsabilità dei fatti di cui si rendono responsabili avendo agevolato e incentivato l’agire di chi aveva ed ha tutt’altri interessi, non certo quello di far funzionare al meglio ospedali, aziende e banche non lo fanno mai.
Quando i controllati sono anche i controllori e viceversa, possono capitare cose di questo tipo.

Se invece, come succede nei paesi normali la politica restasse fuori dagli ambiti che non le competono allora si potrebbero perfino applicare le leggi e mandare davvero in galera chi fa fallire una banca, un’azienda, la politica stessa, non licenziarlo con buone uscite milionarie.
Nei paesi normalmente civili tipo l’Islanda o gli Stati Uniti chi fa fallire le banche va in galera per due o trecento anni, non viene promosso presidente di tutte le banche.
Risolvere il conflitto di interessi avrebbe messo l’Italia al riparo da molti rischi e tante cose si sarebbero potute evitare, solo in questo paese controllati e controllori si scambiano disinvoltamente le poltrone. E sono sempre le stesse persone.

Ma questo sembra non preoccupare nessuno, nemmeno il presidente della repubblica solitamente così prodigo di suggerimenti.

Per salvare una banca PRIVATA depredata dai creativi della finanza a vantaggio dell’avidità del solito 10% dei possessori dell’intero patrimonio nazionale il governo di Monti rapina i cittadini e nessuno fa un fiato? sindacalisti, politici de’ sinistra tutti zitti? “paccate di miliardi” a MPS mentre tagliavano ovunque fosse possibile meno però nelle tasche dei ladri e degli approfittatori di stato?

 Il tempo è galantuomo; è poca cosa forse ma è abbastanza per essere in qualche modo orgogliosa di capire meglio, oggi, che tutto quello che ho sempre pensato a proposito di un certo modo di fare politica era ed è tutt’altro che un pensare populista e qualunquista. Che di fronte agli interessi non c’è diversità di pensiero che tenga, e che in nessun paese come l’Italia dove l’imperativo di tutti i poteri è nascondere, omettere, coprire con la menzogna anche la realtà più evidente, quella che acceca è più che mai calzante il concetto che dire la verità è un atto rivoluzionario.

Quando – molti anni fa – si discuteva lontano dai social network che ancora non esistevano di sprechi, di privilegi eccessivi nella politica persone di sinistra mi dicevano che non era quello il problema, che era una goccia nel mare; ora, invece, tutti hanno scoperto che era ed è anche quello il problema, anzi, è stato proprio il problema che ci ha condotti allegramente alla bancarotta. Quando scrivevo che il finanziamento ai giornali è una cosa buona e giusta ma solo se i giornali poi assolvono al loro dovere che è quello di informare e non mettersi al servizio di un padrone, avevo ragione, senza l’inchiesta del Fatto Quotidiano che, guarda caso, soldi dallo stato non ne prende oggi non sapremmo nulla della lieta novella del Monte dei Paschi di Siena e di un sacco di altre cose che altri giornali per ovvi motivi non possono raccontare.
Risolvere il conflitto di interessi avrebbe messo l’Italia al riparo da molti rischi,  tante cose si sarebbero potute evitare e ogni giorno lo capiamo meglio perché in Italia una legge sul conflitto di interessi non la vuole la destra, non l’ha voluta la sinistra e non la vogliono nemmeno a centrosinistra. Ma questo sembra non preoccupare nessuno, nemmeno il presidente della repubblica solitamente così prodigo di suggerimenti, e mi sembra abbastanza ridicolo che di fronte al mare magnum di porcherie inenarrabili che i cittadini di questo paese sono costretti a subire pretendere poi da loro il rispetto di leggi e regole imposte da chi per primo si fa beffe delle une e delle altre, con la piccola differenza che se la legge non la rispettiamo noi ne dobbiamo rispondere, dobbiamo assumerci la responsabilità di non averlo fatto ma quando sono loro, quelli che le leggi le fanno, non succede niente.

Oggi lo stato chiede ai cittadini – dopo averli spogliati del diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, allo stipendio, alla pensione – di giustificare come e perché spendono quel che resta dei loro soldi per mezzo del redditometro, a noi cittadini però non deve essere concesso pretendere neanche una spiegazione sul come lo stato dilapida il denaro estorto sotto forma di tasse “necessarie”?