“Tutte le cose devono essere esaminate, discusse, indagate senza eccezioni e senza riguardi per i sentimenti di nessuno". [Denis Diderot, filosofo, scrittore, illuminista]
Sottotitolo: chi critica Renzi è un odiatore di professione, disfattista, gufo, un portajella sicuramente plagiato dal guru di sant’Ilario che si ostina a non capire quanto stia facendo bene il suo governo, altrimenti non si spiegherebbe come mai non è riuscito a farsi sedurre dall’aitante quarantenne. Un po’ come succedeva prima con berlusconi: chiunque lo criticava era un comunista, cosa che ha ripetuto talmente tante volte che i comunisti alla fine si sono stufati e sono spariti dalla circolazione per non farsi importunare più.
Mentre nella questione delle pensioni criticare la toppa peggiore del buco spacciata per manna del cielo elargita dal Salvatore di Rignano, un provvedimento che, vale la pena di ricordare, Renzi è stato costretto a prendere per correggere l’errore della Fornero che poi ha incolpato Monti sanzionato dalla Consulta significa gioire per chi gode del privilegio di una pensione milionaria.
Questo è il livello del dibattito da social media, un livello, penoso, pietoso rivoltante, privo del benché minimo senso di rispetto per chi aveva ed ha delle idee indipendenti da chi si è seduto e siede in parlamento.
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Ai Renzimaniaci non sta più bene la legge sulla par condicio.
Ora che a beneficiare della violazione della regola è il loro idolo, difendono a spada tratta il presunto diritto di Renzi di invadere tutti i programmi televisivi in cui non dovrebbe andare, ad esempio quelli di intrattenimento come L’Arena di Giletti. Eppure la legge è chiara: durante la campagna elettorale è fatto espressamente divieto ai politici di partecipare alle trasmissioni di intrattenimento. Il siparietto di Giletti è inserito in un programma definito “contenitore”, un programma per le famiglie che non è un approfondimento politico.
Ma agli squadristi diffamatori a libro paga che commentano nel Fatto Quotidiano, evidentemente nostalgici dei bei tempi in cui Bongiorno, Vianello e la Mondaini – pace alle anime loro – potevano invitare a votare per silvio durante il varietà senza nascondersi nemmeno dietro alla metafora questo non sta bene, e allora i tapini si chiedono “perché Di Battista da Floris sì ma Renzi a Domenica in, a farsi intervistare dal fidanzato della Moretti, onorevole piddina candidata in Veneto, no”.
L’assurdità è che quelli che vanno in giro per la Rete appositamente per confondere, insultare chiunque si dissoci dal pensiero unico del partito unico della nazione di Renzi alla fine risultano più credibili di chi scrive a ragion veduta.
Questa forma di squadrismo moderno è pericolosa e violenta. Bastano una manciata di persone che si organizzano per annullare anche la pura verità. Non è possibile che si permetta a questa gentaglia di divulgare menzogne su tutti i muri della Rete in virtù del presunto diritto ad esprimere un’opinione. Le balle, le bugie, le menzogne, la diffamazione e le calunnie rivolte agli interlocutori non sono opinioni. E la moderazione del Fatto Quotidiano si rende protagonista dello squadrismo non censurando le menzogne, gli insulti ma le repliche alle une e agli altri.
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Vero che l’Italia è notoriamente un paese fatto di una grande maggioranza di persone con la memoria corta che in una settantina d’anni ha consegnato il paese a mussolini prima e a berlusconi dopo, Renzi che una maggioranza non l’ha però la doveva avere a tutti i costi si è piazzato a palazzo Chigi grazie ad una volgare manovra di palazzo [ché a chiamarla golpe, il terzo in meno di tre anni c’è il rischio che qualcuno cada dalla sedia] ma è inconcepibile, scandaloso, vergognoso che la questione della par condicio puntualmente tirata dentro il dibattito nei lunghi anni in cui a palazzo Chigi c’era berlusconi oggi venga praticamente ignorata anche da quelli che ieri strepitavano, squittivano e strillavano contro berlusconi che, chiamalo scemo, ha approfittato di quello che la politica gli ha messo a disposizione.
Gli stessi che oggi stanno collaborando attivamente alle continue violazioni di una regola importante e che ristabilisce un po’ di giustizia e uguaglianza commesse da Renzi &Co., di una legge voluta dalla politica, fatta dalla politica per arginare l’abominevole conflitto di interessi di berlusconi, al quale però nessuno ha pensato di mettere un tetto: con una legge contro i conflitti di interessi non sarebbe servita nemmeno la par condicio.
Qualche anno fa il concertone del 1 maggio fu trasmesso in differita e non in diretta proprio per evitare il rischio che, in concomitanza delle elezioni, dal palco qualcuno potesse dire cose che le avrebbero disturbate, oggi abbiamo un presidente del consiglio eletto da un parlamento di nominati grazie ad una legge illegale, anticostituzionale, che può farsi beffe di leggi e regole e nessuno, a parte i pochi soliti noti eversivi e sovversivi amanti della verità fa un fiato.
La presidente della camera che manifesta pubblicamente la sua contrarietà personale ad una forza politica presente in parlamento proprio di garanzia, come si è graziosamente definita Laura Boldrini poco fa da Fabio Fazio a Che tempo che fa, non è. Non mi pare. Non mi sembra. Nemmeno Fini e la Pivetti erano arrivati a tanto.
E’ urgentissimo riequilibrare il servizio pubblico. Oscenità come quelle ascoltate oggi nell’Arena di Giletti su Raiuno e da Fabio Fazio a Che tempo che fa, il salotto buono di Raitre, sono pericolose, diseducative. E chi chiede di fare attenzione alle parole non può fare certi paragoni né mancare di rispetto ai cittadini/elettori usando parole altrettanto sbagliate. Laura Boldrini che invoca il rispetto delle regole e delle istituzioni ha dimenticato il rispetto dei cittadini/elettori dimostrando tutta la sua inadeguatezza parlando di comportamenti eversivi e dimostrando disprezzo, ancora una volta, per una parte consistente del parlamento della repubblica italiana. Io non giudico la donna, il suo passato, chi è lei né chi l’ha mandata dove sta e non m’interessa, l’istituzione sì. Un presidente della camera non può dire quelle cose se non si dimette cinque minuti dopo.
“Io sono di garanzia” non si dovrebbe dire, nemmeno se fosse vero davvero. Perché è lo stesso che dire “io sono bella” e non farlo invece decidere a chi guarda. Vale la pena di ricordare, forse, che lei è la stessa che disse da appena eletta sempre Chez Fazio, che “gli italiani dovevano tornare ad innamorarsi delle istituzioni”.
Chissà perché oggi è molto più facile usare parole come “eversione” senza che nessuno se ne scandalizzi troppo. Perché io mi ricordo che, in periodi diversi, quando ad esempio si parlava di magistrati “cancro della democrazia”, o quando i parlamentari di centrodestra capeggiati dall’alfano con l’alfano intorno andarono ad occupare i Tribunali di Brescia e Milano, nessuno, a parte i soliti pochi coraggiosi, quelli faziosi, gli utopisti del rispetto dello stato, delle leggi e delle regole menzionava l’unica parola esatta a definire certe parole e certe manifestazioni che non erano affatto di pacifico dissenso e di critica pacata ma erano proprio eversione. Vent’anni con un delinquente abusivo in parlamento a sfasciare lo stato non sono stati eversione? Con buona pace degl’indignati a corrente alternata.
Eversione significa altro. Lo sa Giletti, lo sa Laura Boldrini, lo sa Fabio Fazio e lo sanno tutti quelli che in queste ore riempiono pagine di siti on line con dichiarazioni fuori da ogni regola di buon senso senza spiegare cos’è davvero l’eversione. Non si deve giustificare nessuna violenza, che sia fisica o verbale, ma basta esagerazioni, basta bugie e basta balle. E basta offendere otto, nove milioni di persone che sono andate a votare e meritano lo stesso rispetto di quelli che hanno fatto altre scelte, compresa quella del partito di un delinquente condannato. La prevenzione non può essere più dannosa dell’eventuale malattia. Il rimedio non può essere più grave del danno. Parlare di estremismo paragonando dei comportamenti talvolta eccessivi ma regolabili in uno stato di diritto a chi ammazzava e faceva stragi è da irresponsabili. Quanto quelli che fomentano e insultano da un computer. Elaborare e perfezionare la critica, portare ad un livello alto e ragionato il dissenso e le relative risposte, specialmente quelle della politica e delle istituzioni non è solo utile di questi tempi ma necessario. Semplificare è stupido, è da ignoranti non solo storici, è quello che ha fatto oggi Giletti paragonando gli anni più bui della nostra storia dopo il fascismo all’oggi. Anni in cui l’attentato e le bombe erano dietro l’angolo tutti i giorni. E se ci incazziamo perché i giornali, le televisioni semplificano mentendo per fare il gioco del potere, dovremmo farlo anche quando leggiamo e ascoltiamo assurdità che nulla c’entrano coi motivi della rabbia, del disagio e certi paragoni altrettanto assurdi.
Ma come può venire in mente a qualcuno che la Rai, Raiuno poi, possa raccontare la Storia di questo paese per com’è andata. Come quelli che si sono stupiti perché nelle fiction di mafia mandate da mediaset mancavano dei tasselli importanti, quelli che mediaset per un evidente conflitto di interessi con l’argomento non può raccontare. In un paese dove la Storia si sta togliendo pezzo pezzo dalla scuola solo degli illusi possono pensare che la racconti poi la televisione. Sono anni che non guardo più le fiction di Raiuno, perché le storie vengono stravolte a beneficio della propaganda.
Il film-tv di Graziano Diana, dedicato al commissario Calabresi, riscrive un periodo del nostro paese senza né storia né verità. Le bugie dello Stato, le montature contro gli anarchici, il buio che ancora avvolge la morte di Pinelli, scompaiono come in una foto sbianchettata. [Dal Manifesto]
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Chi fa politica o sindacato deve vivere come le persone che rappresenta. Oggi la gente è rassegnata, non ha neppure più la forza di incazzarsi. Se tocchi un ricco è capace di incazzarsi, la maggioranza di chi sta male si rassegna e non si incazza più. [Maurizio Landini, Servizio Pubblico, 9 gennaio]
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A Santoro voglio pure bene, e so che se chiama brunetta un motivo ci sarà. Ma sentir parlare brunetta, uno che campa di stato da quarant’anni, senz’aver cambiato di una virgola le questioni relative alla sua esperienza professionale di problemi del lavoro mi fa sentire male. Non è più possibile pensare che la causa del male possa essere anche la soluzione. Siamo pieni di economisti, giuslavoristi, gente che non ha mai svolto un lavoro vero in vita sua: per informazioni citofonare Ichino, il padre della figlia, qualcuno ci dovrà spiegare che cos’hanno fatto in tutto questo tempo. Chi l’ha fatta una politica economica in Italia: Tremonti? Il problema è sempre lo stesso. La distanza abissale fra cittadini e politica. Chi i problemi non li conosce non li può risolvere. Non li sente su di sé come chi ha fatto una gavetta, ha vissuto una parte di vita nelle stesse difficoltà che oggi è chiamato a risolvere, o almeno a provarci. Gente che vive di politica da venti, trenta, quaranta, sessant’anni ma che ne può sapere, questi non sanno nemmeno quanto costa un litro di latte e un chilo di pane perché è una vita che qualcuno li compra per loro. Sono tutti componenti di un’élite di ricchi e benestanti da sempre che di povertà, sacrifici, lavoro duro, rinunce, non sanno niente, e non si possono immedesimare in chi pur lavorando non arriva nemmeno a potersi permettere il necessario. E non solo non lo sanno fare, non lo vogliono fare, non intendono rinunciare ad uno solo dei privilegi che la carriera politica in questo paese consente di ottenere ma ci mettono anche quell’arroganza che è impossibile poi che non susciti sentimenti negativi. Questo regimetto alla mangino brioches non si può più francamente sopportare. E non si spiega che razza di stabilità possa garantire gente così. Per quale motivo dovremmo stare tranquilli a lasciar fare a persone così, e non trovo un aggettivo perché non vorrei sembrare una violenta portatrice d’odio. Ché ormai l’odio è la prima e l’ultima fermata come nella peggiore delle vie crucis. Dobbiamo imparare a detestare senza detestare.
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La ministra Cancellieri lascia il posto al direttore del carcere di Marassi dove si danno permessi premio ai serial killer. Al posto del trasferimento un semplice provvedimento disciplinare: due sculacciate e via. Il messaggio che arriva è sempre lo stesso: c’è gente che si può permettere di ignorare perfino il concetto di assunzione di responsabilità, perché la responsabilità in quanto tale è stata resa già inoffensiva ed è già praticamente inesistente.
Ci sono categorie dove tutti possono fare tutto e pensare che tanto dopo non succede niente.
Il fatto che la De Girolamo sia potuta diventare un ministro della repubblica dovrebbe essere un motivo di speranza per tutt*. Nel senso che, se c’è riuscita lei chiunque può riuscire praticamente in tutto. Dovrebbe trovarsi proprio tutte le porte spalancate anche se non fa parte di nessuna categoria di eccellenze. Mentre e invece è proprio il contrario: il fatto che gente come la De Girolamo abbia avuto la possibilità di occupare un posto da ministro è il segno, il sintomo, della malattia incurabile che affligge questo paese e solo questo sarebbe un ottimo motivo per scappare dall’Italia senza fare nemmeno le valigie.
[…] Bene l’aveva capito il Re di un piccolo pianeta dove era finito il Piccolo Principe nel suo vagabondare (Le Petit Prince, Antoine de Saint Exupéry) e che affermava di regnare su tutto, perfino sulle stelle. Poi però si era affrettato a precisare: “L’autorità riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, farà la rivoluzione. Ho il diritto di esigere l’ubbidienza perché i miei ordini sono ragionevoli”. Ecco, quando Napolitano terrà comportamenti ragionevoli (per esempio non si affretterà a stringere la mano ai marò che hanno ammazzato due poveri pescatori) sarà così autorevole da poter esser considerato autorità non criticabile.
In un paese normale, e persino nell’Italia di qualche anno fa, il governo Letta sarebbe caduto da un pezzo. A fine anno Matteo Renzi, cioè il segretario del principale (per non dire l’unico) partito che sostiene in governo, l’ha accusato di fare “marchette”. Anziché trarne le conseguenze e salire al Colle per rassegnare le dimissioni, il premier Nipote si è detto “amareggiato”, poi ha esaltato la “svolta dei quarantenni”, infine è partito fischiettando per le ferie in Slovenia. Intanto l’Europa bocciava la legge di Stabilità e il Quirinale il decreto di fine anno, quello delle marchette. E si scopriva che l’Imu, più volte data per abolita, è sempre viva e lotta insieme a noi: il 24 gennaio pagheremo la mini-Imu, mentre alla maxi hanno cambiato nome, e già che c’erano l’hanno pure alzata. Un tempo detta Invim e Ilor, poi Isi, Ici e Imu, l’imposta sulla casa ora si chiama Trise, a sua volta suddivisa in Tari, Tuc e Tasi; ma Trise non suona tanto bene e l’hanno ribattezzata Iuc. Nessuno ha ancora capito chi la paga, come e in quante rate. Però si sa che i contribuenti, oltreché del commercialista, dovranno munirsi di un enigmista e di un esorcista.
Il ministro Saccomanni ha le visioni: a ottobre ha visto la ripresa, a novembre ha notato la luce in fondo al tunnel e l’altro giorno ha avvistato una categoria di privilegiati spudorati che si permettono di guadagnare la bellezza di 1.300 euro mensili: gli insegnanti.
Così ha pensato bene di rapinarli a botte di 150 euro al mese. Purtroppo quelli se ne sono accorti, allora è andata in scena la solita commedia all’italiana: Renzi protesta, Letta rincula, Saccomanni dice che è colpa della Carrozza che sapeva tutto, la Carrozza dice che non sapeva niente ed è colpa di Saccomanni, poi Saccomanni corregge il tiro (un piccolo “difetto di comunicazione”) e così pure la Carrozza (“a volte i ministri non sanno nulla”), quindi non è colpa di nessuno. Scajola docet. Risultato: Renzi, segretario del primo (e quasi unico) partito che sostiene il governo, fa un figurone perché tutti lo credono il capo dell’opposizione e sale un altro po’ nei sondaggi. Così è stato per i casi di Alfano e della Cancellieri in Ligresti. Così sarà in futuro non appena anche Renzi, dopo i 5Stelle, si accorgerà di quel che sta facendo Lupi con l’Expo, il Tap e il Tav, e di quel che ha fatto la De Girolamo.
Da qualche giorno, in beata solitudine, il Fatto racconta le gesta beneventane della ministra dell’Agricoltura, paracadutata dal Cainano perché appassionata di giardinaggio. Dalle sue conversazioni registrate di nascosto da un dirigente Asl, ora indagato, s’è scoperto che la futura ministra premeva su un ente religioso che controlla l’ospedale Fatebenefratelli perché affittasse il bar del nosocomio a suo zio Franco Liguori, togliendolo al di lui fratello (di lei nemico) Maurizio. E, per accelerare l’operazione, intimava al direttore generale dell’Asl: “Al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo… Mandagli i controlli e vaffanculo!”. Poi i controlli (dei Nas) arrivarono, il bar del Liguori sbagliato fu chiuso e riaprì con il Liguori giusto. Ma quando certe cose le facevano Mastella & famiglia, ne parlavano e scrivevano tutti. Ora invece tutti zitti. A parte la ministra che spiega al Tempo: “Riunivo i vertici dell’Asl a casa mia perché dovevo allattare mia figlia”. Come se fosse normale che una deputata convochi i dirigenti di un’Asl (non importa dove) per parlare di bar e appalti.
Se questa è la svolta dei quarantenni, tanto valeva tenersi Mastella. Ma mai come oggi il silenzio è d’oro. Se qualcuno parlasse, dovrebbe chiedere le dimissioni della De Girolamo. Che a sua volta dovrebbe chiedere quelle della Cancellieri. Che dovrebbe chiedere quelle di Alfano. Che, se non fosse dello stesso partito, dovrebbe chiedere quelle di Lupi. Che dovrebbe chiedere quelle della Carrozza. Che dovrebbe chiedere quelle di Saccomanni. Alla fine resterebbero Letta e Napolitano, che hanno nominato tutta questa bella gente. Dunque non c’entrano. Scajola, tesoro, dove sei?
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” Saccomanni spiega, testuale: “C’è stato un problema di comunicazione, il ministero dell’Economia è un mero esecutore, aspettavamo istruzioni che non sono pervenute”. Da chi dovevano pervenire? Dalla Carrozza, che sapeva tutto dal 9 dicembre. Ma lei spiega: spesso i ministri non sanno nulla. Alfano ha confermato: “È vero, anch’io non so mai un cazzo”. Viene in mente la vignetta di Altan: “Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che dico”.
“Dopo aver tentato di vendere le caserme non si sa bene a chi, e poi le spiagge e gli ombrelloni, Saccomanni passa all’accattonaggio molesto: chiede 150 euro al mese agli insegnanti che ne guadagnano già addirittura 1300, se no poi con tutti quei soldi gli gira la testa e chissà dove vanno a folleggiare”.
Secondo Laura Boldrini solo il 2% delle donne trova spazio in televisione per parlare.
L’1, 99 se lo prende lei dicendo, fra cose di buon senso anche un mucchio di sciocchezze, ad esempio quando dice di rallegrarsi perché la Rai ha eliminato dal palinsesto Miss Italia come se la scelta dell’azienda fosse stata dettata da chissà quale rivoluzione culturale o magari perché in Rai qualcuno abbia improvvisamente riscoperto il significato di fare servizio pubblico.
Niente di più falso: l’azienda ha semplicemente eliminato una zavorra che costava molto e rendeva niente, non c’entra niente la questione di genere e del rispetto per le donne.
In tutto il mondo si fanno concorsi e sfilate di bellezza che non entrano nel dibattito politico ma rimangono negli ambiti in cui devono restare, sarebbe il caso di smetterla di usare questi argomenti come paradigma della condizione delle donne in Italia per rispolverare un puritanesimo di facciata di cui nessuno ha nostalgia.
Il fatto che in questo paese le donne non abbiano gli stessi riconoscimenti, posizioni sociali degli uomini non è un problema legato ai concorsi di bellezza o alla scelta spontanea di quelle donne e ragazze di sfruttare la loro bellezza per guadagnarsi da vivere con le pubblicità ad esempio. Il problema è esclusivamente POLITICO, e visto che adesso la signora Boldrini fa parte delle istituzioni e della politica dovrebbe smettere di condurre quest’assurda battaglia sui centimetri di pelle che le donne hanno voglia di scoprire e attivarsi per collaborare al raggiungimento di quegli obiettivi che in altri paesi sono già e da tempo solide realtà.
L’ex ministro dell’Interno: “Vedevo tre volte al giorno il mio capo gabinetto e mi aggiornava su qualsiasi cosa. Procaccini era il vice”. E sul caso Ablyazov: “L’Eni ha tanti interessi nel Paese”.
Ma fra quei “vertici” [se questi sono i migliori m’immagino chi c’è dopo] della polizia che rischiano il posto per salvare quello di alfano ci sarà qualcuno a cui non va di fare la figura del pirla a beneficio dell’accozzaglia indegnamente definita governo?
Qualcuno che smentisca tutti questi sterili annunci a base di “io non sapevo” e “io non volevo” dicendo una volta e per tutte come si sono svolti i fatti?
E ci sarà in questo paese un Magistrato che abbia voglia di fare un po’ di chiarezza circa le amicizie pericolose di silvio berlusconi con dittatori di tutte le risme – coi quali lui non s’intrattiene solo a livello personale ma ci fa affari e per il buon esito di quegli affari è disposto a fare qualsiasi cosa e la fa a discapito non della sua sicurezza, quella dei suoi figli ma della nostra e di tutta l’Italia?
E il presidente Napolitano quando si sarà riavuto dallo choc calderoliano ce la farà a dire due parole su una delle vicende più scandalose accadute sotto il suo patrocinato in questo paese RIDICOLO che è l’Italia?
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Kazaki & cazzari – Marco Travaglio, 16 luglio
Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato. Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno. Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo. Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta. Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante). Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua. Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev, Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.
Sottotitolo: Tutti sanno che più del festival della canzone Sanremo è la celebrazione delle case discografiche, io non dico che in una rete televisiva del servizio cosiddetto pubblico non debba esserci spazio anche per una manifestazione di canzonette, dico però che cinque giorni mi sembrano troppi e che si dovrebbe evitare di trasformarlo in uno speaker’s corner dove ognuno può dire tutto ciò che vuole, dove una star strapagata viene considerata alla stessa stregua di un mahatma anche se dice cose banalissime che dicono in tanti gratuitamente ogni giorno. E dove le canzoni diventano alla fine solo un complemento d’arredo più o meno gradevole e gradito.
L’unica nota positiva di questa edizione di Sanremo spero resterà la visita della Guardia di Finanza. E i vescovi che come al solito, non avendo niente di meglio da fare, insorgono contro Celentano reo di aver chiesto la chiusura dei giornali di matrice cattolica. La cosa più divertente di tutta questa storia è che Mazza, direttore di rai uno si dice ‘inorridito’ dalle parole di Celentano e che la censura è sempre inammissibile, beh, Mazza che inorridisce per la censura è un po’ come se berlusconi si scandalizzasse davanti ad un videoporno.
Monsignor Fisichella, che ‘contestualizzò’ la bestemmia di berlusconi ieri era distratto o si è preso un giorno di ferie?
Morgan fu cacciato da Sanremo perché rivelò di fare uso di sostanze stupefacenti, Belen invece viene accolta con tutti gli onori nonostante sia stata la protagonista di filmini hard che si vendevano a dieci euro sui banchi dei mercati. Anche qui le loro eminenze devono essersi distratte, ché mica possono insorgere proprio per tutto…
Perché chiedere la chiusura di giornali (che per quei giornali non avverrà mai nemmeno se scrivessero che la Terra è esagonale) è evidentemente più grave per i signori vescovi e la dirigenza “alta” della Rai di un presidente del consiglio (berlusconi) che chiede (e ottiene) la cacciata di giornalisti dalla tv pubblica (Enzo Biagi, Santoro, la non riconferma di Serena Dandini e il suo ‘Parla con me’, giusto per citare i primi tre casi eclatanti che mi vengono in mente) e la chiusura di trasmissioni televisive già dopo la prima puntata (Raiot di Sabina Guzzanti), nonostante e malgrado i buoni risultati e tutti i finti presidenti ‘di garanzia’ – Annunziata in testa – che si sono succeduti alla Rai da quando l’azienda di stato viene controllata dal padrone di quella concorrente (berlusconi).
Ma in quale altro paese si assisterebbe ad uno schifo simile?
Beati quei paesi che non hanno bisogno di nessun Celentano che si fa pagare a peso d’oro per dire le stesse cose che molti di noi diciamo gratis tutti i giorni e da tutta la vita. E lo facciamo senza invitare alla censura di giornali che fanno squallida e insopportabile propaganda clericale da sempre ma che oggi vengono criticati sul palco di Sanremo da una star soltanto perché anche quei giornali hanno osato criticare l’entità del cachet di quel furbacchione di Adriano che, da bravo cristiano, appena gli si dà la possibilità di farlo si preoccupa molto di sponsorizzare la bellezza della vita che verrà dopo essersi assicurato però ottimamente questa. Ti piace vincere facile eh Adriano? Gli italiani ormai delegano tutto: anche la loro indignazione a chi per manifestarla dice cose che dicono tutti ma poi si fa pagare. Adesso ovviamente mi aspetto le stesse critiche di qualunquismo e populismo che vengono rivolte – per esempio – a Grillo (che s’indigna da molto prima di Celentano e per motivi più seri del raggiungimento felice della vita ultraterrena) ogni volta che dice le stesse cose gratuitamente su piazze libere o nel suo blog che tutti possono leggere senza pagare.
Sottotitolo: Meno male che Celentano andrà a Sanremo, così qualcuno la finirà di rompere i coglioni con la storiella che il “povero Adriano” non può mettere piede nella tv “pubblica”. Io vorrei riportarci Corrado Guzzanti per esempio: da chi devo andare a reclamare?
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Il Giornale di Olindo zio Tibia Sallusti e della famiglia berlusconi con il titolo osceno di ieri ha dimostrato ampiamente qual è il target dei suoi lettori, ammesso che si tratti di gente che va oltre la visione dei titoli in neretto cubitale. Perché chiunque conosca un po’ la storia del nostro paese e i fatti che riguardano il nostro paese avrà capito benissimo che Olindo non voleva affatto difendere l’Italia, più semplicemente ce l’ha con la Germania non per quello che pensano di noi (come peraltro pensano in almeno tre quarti dell’orbe terracqueo grazie a come ha ridotto l’Italia chi gli paga lo stipendio: Schettino è arrivato molto dopo, quando di robaccia per vergognarci di certe caratteristiche italiane ne avevamo già collezionata un bel po’), ce l’ha con la Germania perché Angela ha fatto i dispetti ai nostri grandi economisti statisti delle cippe. Ricordiamoci sempre che i giornali di berlusconi non scrivono mai cose così, per cazzeggiare ma eseguono sempre gli ordini che il padrone gli dà. Nel frattempo, noi paghiamo col finanziamento pubblico ai quotidiani gentaglia che non solo non fa informazione ma veicola falsità non solo storiche.
Resteranno scritti per l’eternità sulla pagina delle italiche vergogne i famosi scoop del fogliaccio, uno su tutti la vicenda del cosiddetto dossier Mitrokhin che costò una condanna a dieci anni ad Igor Marini, il consulente finanziario che nel 2003 accusò Prodi, Fassino e Lamberto Dini di aver preso mazzette nell’affare fra Telecom Italia e Telekom Serbia; accuse che si rivelarono totalmente infondate e le prove prodotte dei clamorosi falsi. Associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documentazione falsa e contraffatta e diversi episodi di calunnia i reati contestati a Marini che nel settembre 2010 fu arrestato per scontare 5 anni di reclusione per aver calunniato il magistrato romano che lo interrogò nel 2003.
Dal Giornale nulla, nemmeno una smentita.
Le frasi attribuite all’estensore dell’articolo del Der Spiegel citate da Il Giornale non sono scritte da nessuna parte, il tono dell’articolo tedesco è completamente diverso da come lo vuole far apparire Il Giornale. Inoltre, quell’articolo non appare sul settimanale, ma solo sulla versione online.
E vediamo un po’ quanto è vero che Auschwitz è stato un orrore soltanto tedesco. Perché ad esempio nell’italianissima risiera di San Sabba vennero soppresse e bruciate fra le tre e le cinquemila persone, di cui triestini, sloveni, croati, friulani, istriani e naturalmente ebrei.(http://marcotorbianelli.com/2011/04/28/sono-entrato-nella-risiera-di-san-sabba/) E inoltre l’Italia ai tempi di Auschwitz era ALLEATA della Germania, molti italiani di religione ebrea sono finiti nei campi di concentramento grazie ad italianissimi delatori che vendevano al nemico amici e vicini di casa in cambio di quelle case che i tedeschi svuotavano durante i rastrellamenti e un po’ di soldi, grazie al “governo” italiano di allora che tanti italiani hanno sostenuto e di cui ancora oggi troppi mentecatti rimpiangono azioni e ideologie . Qualcuno dovrebbe consigliare a quell’ ignorantone di sallusti gné gné gné di aprire un libro di Storia, e di leggerlo, soprattutto.Onde evitare di contribuire alle ormai famose e tristissime italiche figure di merda.
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Il giorno dell’Amnesia, Marco Travaglio, 28 gennaio – Il fatto quotidiano
Ieri, per solennizzare il Giorno della Memoria, il Giornale è uscito con un numero da collezione, per soli amatori. Titolo di prima pagina: “Lettera ai tedeschi. A noi Schettino a voi Aushwitz”. E gigantografia della copertina dello Spiegel: una nave da crociera con la scritta “Kreuzfahrt in die Katastrophe”. Scrive Sallusti, noto germanista di madrelingua: “…copertina sul caso Concordia e un titolo che non lascia spazio a equivoci: Italiani mordi e fuggi letteralmente ma traducibile come italiani codardi”. Non sappiamo chi sia l’interprete dal tedesco di Sallusti, forse il dottor Kranz tetesco ti Cermania. Ma il titolo di copertina dello Spiegel non lascia spazio a equivoci: “Crociera nella catastrofe” letteralmente, ma traducibile come “crociera nella catastrofe ”. L’articolo anti-italiano, peraltro paradossale, è uscito sul sito del settimanale. Ma il meglio è l’argomento (si fa per dire) usato da zio Tibia per replicare: “È vero, noi italiani alla Schettino abbiamo sulla coscienza una trentina di passeggeri della nave, quelli della razza di Jan Fleischauer (autore dell’articolo) di passeggeri ne hanno ammazzati 6 milioni… I tedeschi li abbiamo visti nelle nostre città obbedire agli ordini di sparare su donne e bambini”, e “noi poverelli li abbiamo aiutati prima a difendersi dallUrss, poi a pagare il conto dell’unificazione delle due Germanie”. A parte le due ultime rivelazioni sallustiane, destinate a rivoluzionare la storia dell’Europa moderna, Tibia avrebbe potuto cavarsela con le parole del suo padrone, che mentre era alleato con fascisti e filonazisti, così apostrofò al Parlamento europeo il socialista antifascista e antinazista tedesco Martin Schulz: “Le mie tv stanno preparando una fiction sui lager nazisti: la proporrò per il ruolo di kapò”. Nel 2008 Vauro immortala in una vignetta la contraddizione di un centrodestra che si dice filoisraeliano e poi candida fascisti dichiarati come Ciarrapico e la Mussolini. Il bersaglio è Fiamma Nirenstein, amica di Israele e candidata del Pdl nella stessa lista del Ciarra e della Ducia. La vignetta la raffigura con tre stemmi sul petto (quello del Pdl; il fascio littorio e la stella di David, simbolo d’Israele) e la scritta “Fiamma Frankenstein”, perfetta sintesi satirica del mostro Pdl, composto da pezzi così incompatibili. Peppino Caldarola, sul Riformista , scrive che “Vauro disegna una vignetta sulla Nirenstein dove la definisce sporca ebrea”. Epiteto antisemita che Caldarola si è bellamente inventato. Vauro ovviamente querela lui e il suo direttore Polito, i quali vengono condannati a risarcirlo con 25 mila euro. A questo punto poteva mancare, contro l’ineccepibile e inevitabile sentenza, un articolo disinformato del Corriere, dunque di Pigi Battista? Non poteva. Scrive Battista che il giudice (antisemita pure lui?) ha sentenziato non a caso proprio “alla vigilia della Giornata della Memoria” non ha colto la sottile ironia di Caldarola, che si è limitato a “criticare satiricamente una vignetta satirica”. Ecco, dire che uno ha scritto “sporca ebrea” quando non lha nemmeno pensato, è satira. Anche Macaluso dà il suo contributo alla scemenza: Caldarola mise fra virgolette la frase mai scritta da Vauro non per attribuirgliela, ma “per sintetizzarne il pensiero ” (un caso di telepatia). Ieri il Giornale da collezione di Sallusti, sotto il titolo “Giorno della Memoria. Ecco come è fatto l’antisemita di oggi”, ospita a pagina 27 un articolo della Nirenstein, secondo cui Caldarola è stato condannato “per aver detto la verità”. Intanto, a pagina 13, Littorio Sgarbi difende il nazi-console Vattani con due argomenti decisivi: Santoro ha cantato “Bella ciao” e Giorgio Bocca da ragazzo era fascista. Come dire: Vattani ha ragione perché oggi è sabato e mio zio ha le emorroidi. Il fatto che “Bella ciao” sia un canto della Resistenza, da cui è nata la Repubblica, e che c’è una lieve differenza fra un ragazzo fascista nell’Italia del 1942 e un console nazista nell’Italia del 2012, non sfiora neppure l’energumeno. Ma chissà cosa pensa la Nirenstein, a pagina 27, di Sgarbi a pagina 13, e cosa pensa Sgarbi a pagina 13 di Sallusti a pagina 1. Potrebbero persino scambiarsi i numeri di telefono.