Loboto_Renzi

Nel mondo normale Vladimir Putin sarebbe stato fermato da tempo e processato per crimini contro l’umanità. In questo invece viene proposto per il Nobel della pace.

Nel paese normale un pregiudicato condannato a quattro anni di galera per frode fiscale, un danno allo stato e cioè a tutti sarebbe a scontare la sua pena. In questo invece si chiedono provvedimenti disciplinari per il giudice che ha emesso la sentenza.

Il “metodo Esposito” (Marco Travaglio)

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SCUOLA INTITOLATA A VITTIMA DI MAFIA, MA LA SORELLA RESTA FUORI (di G. Pipitone)

Giovanna Raiti, sorella del carabiniere assassinato da Cosa Nostra, era stata invitata. “Ieri in tarda serata, infatti, mi arriva un messaggio sul cellulare in cui mi comunicano che il cerimoniale del Presidente non ha dato la possibilità di inserire la presenza di persone esterne alla scuola…”. Palazzo Chigi: “Richiesta mai ricevuta, noi estranei alla vicenda”.

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Se s’insegna ai bambini fin da piccoli, dalle elementari a riverire il potente come si può pensare di formare una generazione di adulti che poi non lo faranno? Il presidente del consiglio venerato come il santo patrono e il padrino mafioso davanti al quale tutti si inchinano e fanno il baciamano?  Questa sarebbe l’Italia, una repubblica occidentale del terzo millennio? L’unico indirizzo che può e deve dare la scuola è quello didattico, dovere della scuola è preparare culturalmente le nuove generazioni, non deve certo insegnare a dei ragazzini ad innamorarsi della politica, del politico, inculcare in giovani menti  la dottrina religiosa e il culto dell’uomo dei miracoli, della provvidenza: in questo senso l’Italia ha già dato coi risultati disastrosi che sappiamo.

E poi perché il presidente del consiglio può andare a disturbare le lezioni in una scuola raccontando cose che dei ragazzini di una scuola elementare non sono tenuti a conoscere e né tantomeno a doversene preoccupare? Si chiede una scuola indipendente dalla religione, nella quale non trovino – giustamente – spazio riti, benedizioni e quant’altro, c’è anche una legge che protegge e tutela l’orario scolastico da invadenze e ingerenze, allora perché si fa entrare la politica, nella scuola dell’obbligo frequentata da immaturi non ancora in grado di poter ragionare in senso ampio e di mantenere quindi, se lo vogliono, le giuste distanze dalla religione e dalla politica, di decidere autonomamente se vogliono farsi invadere la vita dalla religione e dalla politica? E come si può pretendere che un ministro dell’istruzione del governo di Renzi prenda oggi gli opportuni e doverosi provvedimenti disciplinari nei confronti di scellerati e scellerate dirigenti scolastici e insegnanti che non solo fanno entrare la politica nelle scuole – invece di tenerla distante così come si dovrebbe fare con la religione – ma fanno cantare anche la canzoncina adorante al presidente del consiglio? La scuola pubblica e statale è un ambiente laico dove devono trovare spazio tutti, in una società che si evolve, diventa sempre più multietnica anche i riti tradizionali, quelli delle feste comandate religiose devono essere modificati e trasformati in manifestazioni che non disturbino la sensibilità di nessuno; i bambini hanno una capacità di adattamento molto più veloce della nostra e una festa resta tale anche se privata di simboli di qualsiasi religione, ma essendo bambini sono anche facilmente seducibili, influenzabili, fragili,  ed ecco perché dovrebbe essere un luogo asettico, disinfettato da tutto ciò di dannoso per la formazione, che disorienta persone ancora non in grado di difendersi da sole. Quindi figuriamoci se può entrarci la politica. Se una cosa del genere l’avessero fatta per Grillo oggi chissà che avremmo letto sui giornali di regime.  Il presidente del consiglio che vagabonda su e giù per L’italia per farsi la sua propaganda fra l’altro costa, molto di più che se restasse nel suo ufficio ad attivarsi, a mettere in moto il suo governo per le cose serie, a fare politica, non a twittare le sue cazzate. Io, siccome sono moderata, toglierei la tutela a quei genitori che non sono andati a scuola a spiegare che i bambini non si usano per la propaganda, di nessun tipo. Se il presidente del consiglio è di tutti gli italiani [e nemmeno per sogno, il mio no e lo dico dai tempi di berlusconi: questi campioni di balle, di cui uno anche delinquente, se li tenesse chi li ha votati e ha votato i partiti di cui fanno parte, io non li riconosco come istituzioni né tanto meno li ho delegati a rappresentarmi] e quindi pensa di avere il diritto di incontrare gli studenti anche minorenni non in grado di intendere, di volere e di capire la politica dovrebbe invitarli nelle sue sedi. Saranno i genitori poi a decidere SE far incontrare i loro figli con l’istituzione. Non, invece, imporre la sua presenza in luoghi pubblici, quindi di tutti, quindi anche di chi non gradisce l’interferenza politica e/o religiosa nelle scuole primarie frequentate da BAMBINI.

 

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OLTRE LA REALTÀ
Come costruire il consenso tra gli applausi dei Balilla 2.0
di Daniele Ranieri, Il Fatto Quotidiano, 6 marzo


Ma eccolo. Il presidente Renzi visita una scuola di Siracusa. La giornata è quasi di primavera, si sente la brezza del mare che qui non riposa mai. Eccolo: cammina, lancia una battuta ai microfoni, un sorriso alle giovani maestre della nostra bella Sicilia.
“Facciamo un salto e battiam le mani”, cantano i bambini, emozionati, in circolo. Le maestre dettano il tempo. “Ma-tteo, Ma-tteo!”, lo acclamano i pargoli: eccolo, l’uomo nuovo che trasforma il Paese con un’alchimia di polso e franchezza.
In questa terra maltrattata, uno spirito di entusiasmo ravviva gli occhi degli abitanti; i disoccupati si godono l’ora lieta, gonfia di una segreta speranza.
“Faremo della scuola la Grande bellezza”, proclama il Presidente, e forse intende “un capolavoro da Oscar”, ché di farne un vaniloquente florilegio di fatuità, fiumi di cocaina e remix della Carrà sarebbe capace pure un Governo Mora, nel senso di Lele.
Quello dell’uomo simpatico e brusco amato da donne e bambini è un paradigma sfruttabilissimo. Renzi ci si pasce con narcisismo infantile. Avrebbe potuto fermare lo spettacolo patetico di un coretto che lo accoglieva come un divo tra il Gabibbo e un supereroe dei cartoni? Avrebbe potuto chiedere alle maestre di evitare di trasformare la visita in un omaggio alla sua persona da parte di piccoli balilla 2.0, e rifiutare un’accoglienza così imbarazzante e littoria? Ma sì. Ha buttato giù un governo senza un motivo chiaro (parole sue: come sono andate veramente le cose lo so io e altri protagonisti della vicenda) e non poteva interrompere l’insopportabile déjà vu?
Non bisogna ridurre tutto ad Mussolinum, certo. Ogni epoca ha la sua grandezza anche nell’indegnità, e il paragone sminuisce e anestetizza. Così come è ridicolo evocare il duce ogni volta che Grillo si fa una nuotata. Ma il tour delle scuole sa molto di propaganda. Ristrutturarle, ci mancherebbe, è cosa urgente e nobile, che però si può fare da un tavolo dello splendente ufficio romano sempre illuminato, mostrato a tarda sera alle telecamere di Ballarò. Renzi ha rifiutato di cedere alla retorica deresponsabilizzante del “Mezzogiorno” nel suo discorso alle Camere, dove disse di voler entrare in punta di piedi (forse per far fuori il Senato cogliendolo di sorpresa), e poi inzuppa il suo viaggio a Siracusa via Tunisi nella più meticolosa retorica da cinegiornale, pompata dagli specchi riflessi di Twitter.
È risaputo che agli italiani piaccia essere infinocchiati. È una coazione irresistibile. Stanchi di mezzo secolo di padri padroni e fedifraghi, non vedevamo l’ora di farci riscattare da uno più giovane e più furbo. Renzi intasca un assegno in bianco (non) firmato da noi per esasperazione: adesso lavora per conquistarsi il consenso. Forse più bravo di Berlusconi, mira al cuore delle mamme; mette il suo nome di battesimo sulle bocche dei bambini; twitta alle 6 di mattina, per dire “sto scrivendo una nuova Storia”, in 140 caratteri.
La sua sicumera lascia intendere che c’è una strategia, sotto le mosse opinabili dell’ultimo mese: la destituzione di Letta, la fumosità verbosa nella richiesta di fiducia, la megalomania riformista, la nomina di sottosegretari indagati, l’inciampo logico della legge elettorale fatta con un fuorilegge. Sembra saper trattare con chi sullo stomaco ha il pelo di più di un quarto di secolo di scorribande politiche; sul suo volto telegenico si alternano cinismo e candore, bontà e furbizia. Bergoglio laico, chiede ai bambini quanti di loro usano Facebook, WhatsApp. Loro ridono, alzano le mani. Li esorta a non dimenticare che nulla vale la bellezza di un abbraccio fisico. Si vanta di non essersi montato la testa per avere quasi un milione di amici su Twitter. Il coretto riprende: “I ragazzi le ragazze tutti insieme alle tue idee e al tuo lavoro affidiamo il nostro futuro”, nientedimeno.
Un altro capitolo di una narrazione quotidiana mozzafiato, una rete di idolatria che non risparmia neanche i bambini, trasformati in sfondo per ottime copertine di Chi. Forse siamo noi che non capiamo il sottile disegno, ma non ci piace questa roba, Presidente Renzi, per niente.

I diritti di chi?

L’omofobia è un crimine contro l’umanità.
In Russia essere gay, lesbiche e trans significa rischiare la vita come nei peggiori paesi integralisti islamici. Dice “ma questo è sport”. Io dico che la comunità internazionale dovrebbe smetterla di ignorare il non rispetto dei diritti umani per convenienze economiche, politiche e concedere a paesi come la Russia la possibilità di ospitare un evento sportivo come le Olimpiadi, pensate e realizzate in tempi molto antichi per onorare la pace. E non c’è pace in un paese dove si fa una legge che paragona lesbiche e omosessuali a dei criminali.

Sochi 2014, diritti lgbt su montagne russe
Onu: “Attacchi ai gay, il mondo si sollevi”
Letta: “Vado per riaffermare ruolo Italia”

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Letta che va a Sochi per “riaffermare il ruolo dell’Italia nell’estensione dei diritti” perché non s’impegna col suo partito, che si vocifera sia addirittura di centrosinistra, ad estenderli anche qui? Di che si va a vantare Enrico Letta, che in una democrazia occidentale nemmeno i governi di centrosinistra sono riusciti a fare uno straccio di legge decente che tuteli i diritti degli omosessuali? E che la politica, al contrario, ne abbia pensata un’altra che tutela invece il diritto ai giovanardi di Italia di offendere i gay senza che questo costituisca un reato? Cosa va a riaffermare Letta, la sudditanza al vaticano che impedisce a questo paese di essere civile davvero? quali cazzo di diritti va a riaffermare Letta, quelli che non abbiamo neanche qui?

Vergogna.

Terrorismo

Gli Usa s’indignano per la condanna esagerata alle Pussy Riot: loro preferiscono quelle definitive.

“E’ la politica che sconfina, non la magistratura”, dice Antonio Ingroia, ed ha perfettamente ragione.

Io non mi fido di uno che pensa di fare cose condivise da cicchitto e dal pdl, e se questo uno si chiama Mario Monti sono proprio contenta di non aver MAI cambiato idea sul governo cosiddetto tecnico;  quello che pensavo a novembre dello scorso anno lo penso ancora oggi e con maggior intensità: per me “questi” sono peggio di “quelli di prima”.

Ma molto peggio.
Infinitamente peggio.

All’inizio dell’anno Monti promise solennemente a Che tempo che fa che si sarebbe occupato della Rai, e, nonostante il centrodestra sbraitasse di invasioni di campo, di decisioni che non spettano ad un governo tecnico lui se n’è occupato eccome affidandone la gestione, che lo dico a fare? ai suoi amici banchieri.

Qualche giorno fa il professore sobrio – che non stacca mai nemmeno quando sta in vacanza – ha detto che “ci saranno novità” nell’ambito della giustizia e che il tema delle intercettazioni va affrontato. E nessuno nella politica, né destra né centro né sinistra fa un plissé confermando ancora una volta quello che noi “populistidemagoghiqualunquisti” diciamo da anni e cioè che alla fine (e nemmeno tanto alla fine) sono un po’ tutti uguali, specie quando c’è da far quadrato attorno a se stessi per proteggersi da eventuali applicazioni di vera democrazia quali ad esempio una giustizia uguale per tutti, dal presidente della repubblica all’ultimo nato di questo paese come Costituzione comanda.
Se la Magistratura siciliana ha commesso, sta commettendo un abuso significa che c’è già una legge che certifica questo abuso e che non è stata considerata, ma se diventa impellente la necessità di modificare o di inventare una nuova legge su misura significa che la Magistratura siciliana non ha commesso nessun abuso.
I servi di regime, quelli vecchi ma soprattutto i nuovi dovranno farsene una ragione.

Il duce ha sempre ragione
Marco Travaglio, 19 agosto

C’è un passaggio, nel magistrale commento di Gustavo Zagrebelsky su Repubblica al conflitto di attribuzioni scatenato da Napolitano contro la Procura di Palermo, che andrebbe affisso in tutte le scuole a caratteri d’oro: “Signor Presidente, non si lasci fuorviare dal coro dei pubblici consensi. Una cosa è l’ufficialità, dove talora prevale la forza seduttiva di ciò che è stato definito il ‘plusvalore’ di chi dispone dell’autorità; altra cosa è l’informalità, dove più spesso si manifesta la sincerità.  Le perplessità, a quanto pare, superano di gran lunga le marmoree certezze”. Era difficile illustrare meglio quello che dovrebbe essere, e nelle democrazie è, l’intellettuale: uno stimolo vivente allo spirito critico, un antidoto alla cultura autoritaria dell’ipse dixit, un instancabile demolitore delle “verità ufficiali”, cioè delle imposture del potere. L’esatto opposto dell’intellettuale medio italiano, sempre organico a tutte le corti, sempre dalla parte verso cui soffia il vento. In questo mese abbiamo interpellato sul conflitto Quirinale-Procura molti giuristi e costituzionalisti. I più rispondevano con supercazzole inintelligibili. Molti, alla parola “Quirinale”, cadevano in preda all’afasia e facevano perdere le proprie tracce. Alcuni, nell’informalità, dicevano che è ovvio che hanno ragione i pm e che il Presidente esorbita dai suoi poteri e s’inventa privilegi e prerogative inesistenti, ma poi ci pregavano di non citarli: “Sa com’è, in questo momento non va indebolita l’unica istituzione rimasta in piedi… lo spread… il governo in bilico, metta che torni quello là… e poi Lui alla minima critica ti fa chiamare, protesta, no no meglio il silenzio”. Poi l’indomani correvano a scrivere sui loro giornaloni che il Presidente aveva ragione da vendere. Unica eccezione: Cordero. E, l’altroieri, Zagrebelsky. Ora immaginiamo le telefonate che riceverà da qualche collega in clandestinità: “Bravo, siamo tutti con te! Ne hai avuto, di fegato! Io per ora resto acquattato, sai com’è: la cattedra, il premio, la medaglietta, il pennacchio, il cavalierato, il laticlavio…  Vai avanti tu, io magari arrivo dopo”. È “il plusvalore di chi dispone dell’autorità”, che esercita un fascino irresistibile. Ma, per spiegare il tradimento dei chierici in questa partita mortale fra il Potere e un pugno di pm che cercano la verità sulla trattativa Stato-mafia, atto fondativo della Seconda Repubblica, lo storico servilismo delle classi intellettuali non basta. C’è un di più legato all’èra dei tecnici, a un governo che nessun elettore ha mai immaginato eppure comanda con una maggioranza mai vista se non in Bulgaria, nelle Camere e nella cosiddetta informazione al seguito. Che fine han fatto i giornali e gli editori che un anno fa marciavano con la Fnsi contro il bavaglio targato Alfano? Ora rilanciano a una sola voce gli ukase di Monti che, senza sapere quel che dice, denuncia “abusi nelle intercettazioni” e annuncia la riedizione riveduta e corrotta in salsa tecnica del bavaglio Al Fano. Spariti i post-it gialli, petizioni, mobilitazioni, paginate su “Tutto quello che non avreste saputo e non saprete più”. L’Anm si spinge a definire addirittura “impropria” l’uscita di Monti, ma in un comunicato senza firme, come se si fosse scritto da solo. Zitti il Pd e la presunta sinistra. Comprensibilmente entusiasti Pdl e Udc. Soave corrispondenza di amorosi sensi fra il Foglio, che insulta Zagrebelsky al punto di difendere Scalfari, e la fu Unità, che critica Zagrebelsky per conto terzi (anzi Colle). La fu Unità, poi, attacca con argomenti berlusconiani la gip Clementina Forleo che ha osato, su Facebook, solidarizzare con la collega Todisco aggredita da un governo “illegittimo”. Il che metterebbe “in discussione la terzietà e imparzialità del magistrato”. Quasi che la Forleo avesse fra i suoi imputati il governo. O che i giudici, per esser imparziali, dovessero essere tutti governativi. Come quelli che hanno condannato le Pussy Riot. Piacerebbe, eh?