Operazione Casta Concordia

Mauro Biani

PASSA LA LINEA MORBIDA. SCHIFANI: “B. COMANDERA’ LONTANO DAL PARLAMENTO”  – Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano

 Gli arresti domiciliari non sono una specie di convalescenza, di vacanza, di periodo di aspettativa. Sono – appunto – arresti domiciliari durante i quali ai delinquenti comuni viene inibito ogni contatto con l’esterno.
berlusconi politica non l’ha mai fatta nemmeno in parlamento e nei suoi domicili faceva altro, ad esempio le famose cene eleganti; ma basta con queste prese per il culo a getto continuo. Se la linea “morbida” è quella che consente al pregiudicato amico e pagatore di mafiosi di poter mettere ancora bocca e becco nella politica, il modo è ancora tutto da studiare, bisognerà pure inventarsi qualcosa per spiegare agli italiani ma soprattutto a chi dagli arresti domiciliari o comunque in una condizione di persona condannata a quattro anni di galera da scontare in comode rate e in un luogo a scelta del condannato non può e in nessun modo comunicare con l’esterno e figuriamoci con un parlamento della repubblica, non oso immaginare a quale sarebbe stata quella dura.

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Chissà perché a Repubblica e al Corriere della sera non interessa che l’appena nominato alla Consulta Giuliano Amato abbia avuto in passato dei comportamenti che non fanno di lui quell’esempio di moralità e imparzialità indispensabile per far parte, esserne addirittura responsabile, dell’ultimo tribunale, il più alto, la Consulta, quello preposto a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato nel merito di decisioni importantissime che riguardano tutto il paese?

Non dovrebbe essere un dovere del giornalismo “indipendente” quale si vantano di essere i due suddetti quotidiani contribuire ad informare i cittadini?
Nascondere al grande pubblico i fatti che riguardano Giuliano Amato, seri, gravi e che costituiscono molto più di un precedente per fare del dottor Sottile il meno adatto a ricoprire una carica così importante, lasciare che sia il solito Fatto Quotidiano a fare i lavori sporchi, tipo chiedere le dimissioni dell’inadeguato Amato per accusarlo poi di essere il giornale dei giustizialisti, dei manettari non è la più infame e vigliacca delle azioni?

In un paese che cade a pezzi, dove le istituzioni e la politica non trovano, perché non possono e non vogliono, il modo di buttare fuori dal parlamento il pregiudicato delinquente berlusconi e un presidente della repubblica si rende complice di questa oscena operazione di salvataggio a tutti i costi fino a nominare Giuliano Amato alla Consulta, quello stesso Amato che per ben due volte il centro destra di berlusconi avrebbe voluto al Quirinale, la notizia più importante con cui aprire giornali e telegiornali può mai essere lo spostamento della nave incagliata all’isola del Giglio?

Una domanda a questi cosiddetti grandi organi di stampa e informazione: “ma per chi ci avete preso? pensate davvero di poter continuare ancora per molto a rendervi complici di questo scandalo denominato governo delle larghe intese in funzione del quale bisogna tacere su ogni nefandezza per non disturbare il progetto di pacificazione nazionale, ovvero l’annullamento della sentenza che condanna il più delinquente di tutti?”

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Il silenzio che salvò Amato dal crollo di Craxi – Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano

[VIDEO] Giuliano Amato alla vedova del senatore Psi: “Zitta coi giudici, non fare una frittata”

In una chiamata del 1990 l’allora vice del Psi di Craxi, oggi alla Consulta, chiede
alla vedova di un senatore di non parlare dei protagonisti di una mazzetta: “Tirati fuori dalla storia”.

Giuliano Amato alla Consulta, orgasmo da Rotterdam

I consigli di Amato alla vedova di un socialista: “Zitta coi giudici, niente nomi”

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MORRA: “AMATO SI DIMETTA, DA M5S INTERROGAZIONE URGENTE”

E pensare che [se questo fosse un paese normale] queste dimissioni  le avrebbe dovute chiedere il piddì.
E non solo le sue ma anche quelle del cosiddetto garante della Costituzione.
Ma purtroppo è solo l’italietta, della politica e delle istituzioni marce e corrotte, quella della politica bella  degli inciuci, delle pastette sotto e sopra il banco.

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Dimissioni di Amato per non trascinare nel fango Consulta e Quirinale – [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

Giuliano Amato ha un’unica strada per evitare di trascinare in un colpo solo nel fango la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale: rinunciare al suo incarico di giudice della Consulta.

Qualunque persona di buon senso e in buona fede dopo aver ascoltato il nastro del suo colloquio telefonico con la vedova del senatore socialista, Paolo Barsacchi, scovato dal nostro valente collega Emiliano Liuzzi, non può arrivare a conclusioni diverse. Invitare una testimone in un processo per tangenti a non fare nomi per tenere fuori da uno scandalo i vertici del proprio partito è un comportamento incompatibile con la funzione di giudice costituzionale.

L’obiezione secondo cui il colloquio, registrato dalla signora Barsacchi, è molto antico (risale al 1990), non vale. Nella carriera dell’ex vicesegretario del Psi, due presidenze del Consiglio e più volte ministro, ci sono altri episodi del genere. Storie spesso diverse tra loro che dimostrano però come il caso Barsacchi, per Amato, non sia stato un incidente di percorso, ma la regola.

Bettino Craxi, infatti, utilizzò Amato per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90 per tentare di arginare (leggi insabbiare) il crescente numero di inchieste che coinvolgevano gli amministratori del Garofano. Non per niente l’ex sindaco di Torino, Diego Novelli, durante la bufera scatenata dalla scoperta delle mazzette versate nel suo comune a Dc, Psi e Pci, fu rimproverato proprio dal neo giudice costituzionale per aver portato in Procura il faccendiere-testimone d’accusa Adriano Zampini “anziché risolvere politicamente la questione”. E nel 1992, quando il dottor Sottiledivenne per la prima volta premier, fu proprio il suo governo a spingere il Sismi e il Sisde a raccogliere dossier sui magistrati di Mani Pulite che stavano scoperchiando l’enorme rete di corruttele che aveva messo in ginocchio il Paese.

Lo si legge nella relazione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di sicurezzadel 6 marzo del ’96 e lo racconta nel suo libro, Sorci Verdi, l’ex ministro dell’Ambiente del governo Amato, Carlo Ripa di Meana: “Giuliano mi riproverò: disse che l’azione giudiziaria di Mani Pulite – come indicavano i servizi e il capo della Polizia Vincenzo Parisi – era un pericolo per le istituzioni”. Una considerazione significativa che dimostra come nella testa del neo giudice costituzionale alberghi da sempre un singolare ragionamento: il problema in Italia non sono i ladri e le ruberie, ma chi li scopre.

Anche per questo, ma non solo, oggi le istituzioni sono di nuovo in pericolo. Quale fiducia potranno avere d’ora in poi i cittadini nelle decisioni della Consulta, visto che tra loro siede un giudice che giustifica e anzi consiglia ai testimoni di essere reticenti? Cosa penseranno delle scelte del Quirinale gli italiani quando sentiranno Giorgio Napolitano ripetere le parole da lui stesso utilizzate un anno fa, il 25 settembre del 2012: “Chi si preoccupa dell’antipolitica deve risanare la politica” perché “far vincere la legge si può come avvenne contro la mafia, come dimostrano Falcone e Borsellino”?

Domande retoriche. Alle quali in qualsiasi Paese del mondo non si risponde con il silenzio imbarazzato dei partiti delle larghe intese di queste ore, ma con una lettera d’immediate dimissioni. La firmerà Amato? Alla luce dell’esperienza pensiamo di no. Ma per una volta ci piacerebbe essere smentiti. Vedere l’ex vice-segretario Psi picconare con la sua presenza ciò che resta della credibilità di Consulta e Quirinale è un brutto spettacolo.  È una di quelle  scene di cui l’Italia non ha davvero più  bisogno.

Indegni i fischi?

No, indegno è un presidente del senato come schifani, indegno è un presidente del senato che – seguito dalla solita nutrita scorta di politici e politicanti – in un momento di emergenza nazionale si vanno a sedere su una poltroncina della tribuna vip di uno stadio e senza nemmeno pagare il biglietto ma anzi, facendosi accompagnare da automobili e scorte pagate da noi cittadini.
Indegno è un presidente del senato che premia una squadra di calcio, non bastano i conflitti di interessi, la politica italiana si è incistata ormai in ogni dove. Ce l’abbiamo anche nel piatto in cui mangiamo: insopportabile, nauseante, disgustosa invadenza.
Indegno è che non si sia potuta fermare una fottutissima partita di calcio ma – nel paese alla rovescia – abbiano pensato che fosse più opportuno chiudere i musei, quelli sì, luoghi di perdizione.

Indegno è uno stato che pensa di eliminare ancora sull’assistenza sociale nonostante e malgrado questo paese abbia una certa tradizione in fatto di calamità naturali.

Un paese dove alluvione significa tre giorni di pioggia e terremoto trent’anni in un container. [Ma chi ha perso tutto non sarà risarcito]
Indegno è aver costruito un personaggio come vittorio sgarbi e poi scandalizzarsi delle cose che dice vittorio sgarbi.
Indegno è che schifani abbia parlato di gesto incivile, riferendosi ai fischi allo stadio Olimpico ieri sera ma non l’abbia mai fatto quando e mentre il presidente del consiglio del governo di cui fa parte schifani trasformava l’Italia nel suo bordello personale, in una latrina a cielo aperto.
Oppure quando gli esponenti della lega, partito alleato del governo di cui fa parte schifani, vomitavano sull’Italia un giorno sì e l’altro pure.
Indegno è pretendere un nazionalismo di facciata solo quando succedono le tragedie salvo poi, nei periodi normali fregarsene allegramente di quello che succede ai nostri vicini di casa.

Un pensiero a Robin Gibb, morto di cancro. In questo miserabile mondo nemmeno la morte riesce a prendere la mira.

Quella giusta.

Il Deficiente del Senato
 Rita Pani

“Credevo che in una giornata come questa il Paese potesse dimostrare di essere unito” … [L’improbabile presidente del Senato, schifani.]

 

Ha espresso così il disappunto per i fischi ricevuti dall’Inno Nazionale, che ha preceduto la disputa della finale di Coppa Italia Napoli – Juventus, allo stadio Olimpico di Roma.

Perché l’idiozia del nostro paese è ormai consolidata al punto di essere tradizione, uso e costume. Un giorno verrà scritta anche sui libri di storia, e non sarà difficile datare la nascita del periodo che magari chiameremo “L’assurdismo”.
Che peccato, signor Deficiente del Senato, non aver colto l’occasione per tacere! Se solo avesse attivato il cervello prima di dar fiato alle fauci avrebbe ricordato come il paese si è immediatamente unito dopo l’omicidio di Brindisi. In tante città di questo paese che si conserva nonostante voi, la gente è scesa per strada a manifestare contro la violenza e contro la criminalità – anche la vostra. Migliaia di cittadini hanno camminato in silenzio per commemorare la vita di una ragazza, sprecata in nome di chissà cosa. Molti altri, nel chiuso delle proprie esistenze hanno trascinato passi stanchi, guardando fuori dalla finestra, come se dal mare potesse arrivare la risposta che stanno cercando, sul senso delle cose, anche le più orribili, quelle che una risposta non l’avranno mai.
Ma vi è ignoto il silenzio, vi è distante il rispetto, siete ormai pregni della vostra arroganza che vi proibisce di comprendere come ancora tra noi – gente normale – ci sia chi non è disposto a indietreggiare.
C’è stato un terremoto, signor Deficiente! Noi lo sappiamo, ce lo diciamo, ce lo raccontiamo. Noi non ridiamo. Non ci freghiamo le mani fiutando l’affare che verrà. Nemmeno voi, in vero, ora che non c’è speranza di vedere il danaro correre a fiumi, dato che non ce n’è, ora che ve lo siete rubato tutto. Noi siamo uniti, a volte anche nel silenzio che rispetta le cose che si possono tacere, come il dolore, non solo per la perdita delle vite umane, ma anche dei pezzi di storia cancellati dalla furia della terra, che si ribella anche lei.
Noi siamo uniti, perché sappiamo che – terremoto! Governo ladro!

Trema la terra, piove, tira vento, scorreggia una formica e la storia se ne va, e sparisce per colpa vostra che non avete investito, che non avete messo in sicurezza i territori, che avete fatto in modo di lasciare che le mafie se li spartissero. Voi che avete lucrato sul cemento, sulle strade impossibili da realizzare, sulle montagne da scavare, sui rifiuti da seppellire.
Il popolo pensante per fortuna è ancora unito, e non lo avrete mai, signor Deficiente del Senato. Siamo uniti del silenzio che ci rigenera, che ci lascia a pensare, che ci impone di ignorare una partita di pallone, sedativo naturale per un popolo da domare.

Se è stato fischiato in uno stadio, pensi un po’ che accoglienza se mai le venisse in testa di andare a fare l’avvoltoio in Emilia, o a Brindisi, o dove la vita arranca sempre più accanita e stanca.
Io, per esempio, le sputerei in faccia.

Alemanno, sindaco a sua insaputa

In un paese normale il sindaco di una città colpita da un’emergenza sarebbe concentrato sul suo lavoro, andrebbe in giro a verificare di persona come procedono i lavori per ristabilire al più presto la normalità e per restituire alla gente una città che sia degna dell’appellativo di Capitale.
In Italia, nella fattispecie a Roma, abbiamo un emerito incapace che negli ultimi quattro giorni ha partecipato e sta partecipando (presumo perché lo invitano) a tutte le trasmissioni televisive, è sempre al fianco dell’inviata di turno in tutti i telegiornali. Rivolgo un’accorata richiesta a tutte le reti televisive/informative (di cielo, di mare, di terra e di aria… ): fatemi una cortesia, non lo chiamate più, lasciatelo lavorare, anzi, mandatecelo, a lavorare.
Ché s’è fatta quell’ora.

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E SU TWITTER L’IRONIA SU ALEMANNO: “ABBANDONATE LA CITTA'”

E’ nevicato a sua insaputa, piove, a sua insaputa, Alemanno probabilmente è anche sindaco, a sua insaputa, ed è anche molto sfortunato perché non trova mai nessuno che gli dica con esattezza che tempo farà in modo tale da permettergli di organizzare le contromisure per le varie emergenze che si dovranno fronteggiare.

Ad ottobre, quando Roma annegò sotto 76 centimetri d’acqua il cosiddetto sindaco si lamentò di “non essere stato avvertito che sarebbe piovuto”.  E non pioveva da sei, sette mesi. Ieri si è molto arrabbiato perché nessun previsore del tempo gli  aveva detto che invece di dieci centimetri di neve ne sono calati, invece, cinquanta e più.

E allora significa che la scienza non lo soddisfa, lui non vuole
qualcuno che preveda ma una persona che dica con esattezza quello che succederà: quindi basta occuparsi di oroscopi, corna e amori difficili, il futuro della chiromanzia sono le previsioni del tempo, per informare, e in tempo utile, specificamente Alemanno.

Io posso anche comprendere l’eccezionalità dell’evento e anche che una città dove nevica ogni quarant’anni non si possa organizzare come Stoccolma e Oslo, a Roma c’è la neve davvero ogni 25, 30 anni: vogliamo attrezzarla a città svedese per due giorni ogni 25 anni? si può fare (magari con un altro sindaco), ma poi non lamentiamoci dei costi.

Io, coi miei soldi preferirei finanziare gli asili che servono tutti i giorni,  le scuole che servono tutti i giorni, così come gli ospedali e una rete di mezzi pubblici che sia degna di una città come Roma (dopo aver visto la puntata di stasera di Presa diretta bisognerebbe andare a prendere tutti i sindaci di Roma diciamo degli ultimi quindici, vent’anni e sputargli in faccia, uno per uno. Mica uno sì e uno no. Uno scempio reiterato e continuato coronato con la gestione della città medaglia d’oro alla Resistenza, la capitale d’Italia, affidata ad un fascista con l’aggravante di essere pure un incapace totale. Sono soddisfazioni. 
Tremo al pensiero del candidato che proporrà il piddì per le prossime elezioni).

E gradirei che  il sindaco di una grande città, della Capitale d’Italia non se la prendesse con Giove Pluvio, Eolo e il destino infame solo perché non è capace di prendersi le sue responsabilità di primo cittadino, né – soprattutto – che se la cavi chiedendo ai romani di fare da soli mettendo loro a disposizione le pale per ripulire la città.

Poi, che ci sia anche un sacco di gente idiota che non sa comportarsi civilmente evitando quando può di andare ad appesantire una situazione già difficile è un’altra storia:  tutti quelli che nonostante gli avvisi, le avvertenze, le ordinanze comunali che chiudono uffici e scuole (anche se parzialmente come ha fatto capitan Alemanno) perché c’è un’emergenza insolita in corso che una città come Roma non è abituata a sopportare e quindi ad affrontare, nonostante chi mette in guardia circa il pericolo di avventurarsi sulle strade in automobile avevano veramente la necessità di uscire di casa? non c’era davvero nessuno che poteva evitare, prendersi un giorno di permesso dal lavoro, tenere i figli a casa, farsi una piccola scorta di cibo in anticipo? lo sport preferito degli italiani dopo il cazzeggio è seguire le previsioni del tempo. Non lo dovrebbe nemmeno dire un sindaco cosa si deve fare dopo che per settimane giornali, telegiornali, siti internet hanno fatto una vera opera di terrorismo mediatico circa le condizioni climatiche.
Sarebbe bastato semplicemente affacciarsi dalle finestre per capirlo.

Belviso, un vice-sindaco in attesa di disgelo

SVEVA BELVISO è fantastica, davvero, una vicesindaco
impagabile. Impegnata in attività produttive quali destinare
angoli di cimitero alla sepoltura degli ovuli fecondati, ieri ha
affiancato il suo diretto superiore, Alè-manno, nel duro
compito di tamponare l’emergenza neve. Non ha messo in
campo né mezzi spargi sale, né spazza neve, non ha fatto
cambiare per tempo le gomme a tutti gli autobus, non ha
distribuito catene ad automobilisti che, vivendo in una città
dove nevica ogni dieci anni, o hanno un cottage a Cortina, o
non si vede perché debbano comprarsele. Mentre il suo
sindaco non faceva un c…, ella non faceva un c… al suo
fianco. Ma, alla fine della giornata, ha voluto dare un
contributo personale, far sentire ai cittadini barricati in casa,
bloccati in macchina, congelati sui treni o costretti a piedi,
rischiando tibie e femori per tornare a casa, una parola di
verità e speranza: “Roma sta reggendo la prova neve”, ha
detto, mentre cadevano 70 alberi. Poi, quando l’hanno
avvisata che si erano formati 280 chilometri di code, ha
aggiunto: “Tranne i problemi di traffico”. Santa subito? Magari
no, magari aspettiamo il disgelo.

Lidia Ravera – Il Fatto quotidiano 05.02.2011