Inusuale de che, ma soprattutto, perché?

A chi dovrebbe interessare il pensiero di un nazista assassino?
Perché in questo paese così culturalmente fragile  per colpa di una politica assente, connivente con un certo passato che  non è mai stato liberato dall’ideologia criminale che è stata fonte di ispirazione del nazismo, quel fascismo che a detta di un delinquente scambiato per vent’anni con uno statista e che ha riabilitato il fascismo, l’ha istituzionalizzato riempiendo il parlamento di feccia fascista “ha fatto anche cose buone?”
Perché in un paese che un regime fascista l’ha subito si deve parlare ancora di fascismo al presente, in dibattiti  pubblici che poi vengono spalmati ovunque? che cosa aggiunge al dibattito politico, culturale di questo paese il testamento di un mostro, un assassino spietato? Perché di fascismo non si parla solo, ed eventualmente, nei tribunali, dal momento che avremmo una legge che l’ha messo al bando?

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Il Capo dello Stato dovrà testimoniare davanti ai giudici e rispondere alle domande riguardanti la lettera scritta dal consigliere giuridico D’Ambrosio. Il ministro della giustizia ha espresso le sue perplessità sulla decisione: “Certo non ci facciamo mancare niente”.

Trattativa, Napolitano sarà testimone
“Valuteremo”. Ma la legge lo prevede

La Corte d’Assise di Palermo ha accolto in parte la richiesta della Procura del capoluogo siciliano.
Il capo dello Stato deporrà nel processo Stato-mafia sui fatti relativi al periodo tra il 1989 e il 1993.
Cancellieri: “Scelta inusuale”. Il Quirinale: “Aspettiamo testo” . E promette “rispetto istituzionale”

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Sottotitolo: da quando un ministro della giustizia può dare un parere personale sulla convocazione di un teste ad un processo? 

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“Senza la politica cosa nostra sarebbe una banda criminale comune a tante altre”. 

Se c’è qualcosa di inusuale è tutto in questa frase di Nino Di Matteo, e cioè in una politica che da quando esiste questa repubblica non ha mai disdegnato di collaborare con la mafia, di farla diventare parte integrante e integrata della gestione dello stato, non certamente in un pool di giudici che chiede a un signore che sta nella politica da sessanta anni e due mesi, che ha rivestito le cariche più importanti e quindi si presume che qualcosa ne sappia, di collaborare a fare chiarezza per quelle che sono le sue possibilità testimoniando in un processo.

Per quale motivo Napolitano non dovrebbe fare quello che ogni cittadino di questo paese non può decidere se farlo ma deve?
“Certo, non ci facciamo mancare niente”, dice la ministra Cancellieri, dopo aver trovato “inusuale” la richiesta dei giudici, come se fosse normale che un ministro della giustizia possa e debba dare il suo giudizio personale circa una semplice richiesta che in qualsiasi paese normale sarebbe stata accolta dalle istituzioni senza ansie né preoccupazioni. Se c’è qualcosa di veramente inusuale sono le istituzioni e una politica sempre di traverso davanti alle decisioni dei giudici, questo modo di fare irritante e sistematico che si ripete puntualmente ogni volta che la Magistratura ha a che fare con qualcosa che riguarda lo stato e chi purtroppo lo ha rappresentato e lo rappresenta ancora teso a sminuire l’operato della Magistratura, farlo sembrare un attacco verso lo stato invece del contrario. 
Non è colpa dei giudici se in ogni inchiesta su mafia e malaffare spuntano i nomi dei politici, e se questo fosse un paese normale sarebbe il garante dello stato, dei cittadini e di quella Costituzione che onora l’uguaglianza a mettersi a disposizione, non sarebbe invece la persona, l’istituzione che ha dimostrato spesso e volentieri di non rispettare quella divisione fra i poteri entrando di prepotenza in un ambito che non gli compete e nemmeno, com’è capitato troppo spesso in questo ultimo periodo di non avere le idee chiare sulle sue posizioni circa la Magistratura e un pregiudicato condannato che la mafia se la teneva in casa e del quale pare che la politica non possa proprio fare a meno.

Inusuale è stato un presidente della repubblica nominato una seconda volta ufficialmente perché sarebbe l’unico in grado di garantire la stabilità politica col vizio di nominare governi di non eletti dal popolo e la prima cosa fatta dopo la sua elezione per acclamazione dei partiti è stata distruggere i nastri delle sue telefonate con Mancino; come mai tanta fretta? E inusuale è anche aver nominato presidente della Consulta il giudice che ha ordinato la distruzione di quei nastri: uno scambio di favori?  Anche uno stato che tratta con la mafia, ci fa affari insieme invece di combatterla è un fatto inusuale,  E tutto è relativo, quello che alla ministra sembra inusuale a qualcun altro potrebbe risultare invece necessario: magari a tutti noi.

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Corazzieri & Cancellieri
Marco Travaglio, 18 ottobre

Segnatevi questi nomi: Alfredo Montalto e Stefania Brambille, presidente e giudice a latere della Corte d’assise di Palermo che ieri, con i sei giudici popolari, hanno avuto il coraggio di accogliere la richiesta della Procura di ascoltare come testimoni il presidente della Repubblica e alcuni suoi fedelissimi nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Potrebbero avere i soliti guai che in Italia toccano in sorte a chi tocca certi fili: andranno a scavare nella loro vita privata, a rovistare nei loro armadi, cassetti e cassonetti alla ricerca di qualcosa. Com’è accaduto agli Esposito, Mesiano, Boccassini, Ingroia, Di Pietro, Woodcock, De Magistris, Forleo, Nuzzi e tanti altri magistrati diversissimi fra loro, ma accomunati da un peccato originale: aver disturbato il potere costituito. Erano stati avvertiti, Montante e Brambille: la testimonianza del Presidente non s’ha da fare, né ora né mai. Li aveva ammoniti Michele Vietti, vicepresidente del Csm, l’organo di giustizia disciplinare presieduto dallo stesso capo dello Stato, con due pesanti interferenze nella loro autonomia. Li avevano sconsigliati i soliti giuristi di corte sguinzagliati a comando sui giornali di stretta obbedienza. Li aveva massaggiati l’Avvocatura dello Stato, che in teoria rappresenta i cittadini italiani, vittime della trattativa Stato-mafia, ma in realtà funge da guardia del corpo del Re. Il Tribunale di Palermo chiamato a giudicare Mori e Obinu per la mancata cattura di Provenzano aveva fornito loro una comoda scappatoia, depositando proprio l’altroieri le motivazioni del-l’assoluzione in cui, già che c’era, tentava di assolvere anche gl’imputati della trattativa (non tutti: solo i politici e i carabinieri). E ancora ieri, alla notizia della loro decisione, li ha intimiditi il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, titolare dell’azione disciplinare, con una dichiarazione ben peggio che strabiliante: “Non ho letto la motivazione, prima vorrei documentarmi. Ma la convocazione mi lascia un po’ perplessa, mi sembra un po’ inusuale”. Ecco, brava: si documenti ed eviti di dare aria alla bocca. Qui le cose inusuali che lasciano perplessi sono altre: uno Stato che tratta con la mafia e ormai se ne vanta; un esercito di presunti servitori dello Stato che mentono per la gola e ricordano a singhiozzo, ma solo quando i mafiosi e i figli dei mafiosi li costringono a farlo; un capo dello Stato che, anziché precipitarsi dai giudici a dire tutto ciò che sa, fa l’offeso e si trincera dietro i corazzieri; e una cosiddetta ministra della Giustizia che ignora i fondamentali del diritto, tipo l’art. 205 del Codice di procedura penale che prevede espressamente la testimonianza del Presidente al Quirinale. Chissà perché questo scatenamento non s’è registrato qualche mese fa, quando a convocare Napolitano come teste fu la Corte d’assise di Caltanissetta nel processo Borsellino-quater. Forse perché rifiutarsi di testimoniare nel quarto processo sulla strage di via D’Amelio pareva un po’ troppo anche a lor-signori. O forse perché stavolta c’è di mezzo quel che scrisse il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera di dimissioni del giugno 2012 (pubblicata da Napolitano con un plateale autogol): e cioè che aveva confidato al Presidente i suoi “timori” di essere stato usato come “ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi” all’Alto commissariato antimafia e poi al ministero della Giustizia crocevia dei traffici legislativi in ossequio al papello. Se Napolitano testimonierà che D’Ambosio non gli disse nulla, gli darà del bugiardo. Se invece rivelerà le sue confidenze, qualcuno si domanderà perché non abbia sentito il dovere di farlo prima. Ma potrebbe pure rifiutarsi di testimoniare e tenere i giudici fuori dalla porta, come già Cossiga nel processo Gladio, ben sapendo che al Presidente non può accadere ciò che accade in questi casi a ogni altro cittadino: accompagnamento coatto dei carabinieri e incriminazione per reticenza. Nel qual caso, avremo capito tutto lo stesso.

Di vilipendi, insulti, volgarità e, more solito, di bavagli

LEGGE BAVAGLIO, IL PDL CI RIPROVA
Ripresentato alla Camera il ddl Alfano

Ecco le telefonate che non leggeremmo

Depositate proposte di legge su intercettazioni, diffamazione a mezzo stampa e pene alternative
Fnsi: “Non staremo a guardare”. Epifani: “Tema non è priorità, centrodestra non alzi tensione”
INSULTI ALLE TOGHE, CSM: “INTERVENGA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CANCELLIERI”

[Il Fatto Quotidiano]

Beh, sì, effettivamente questa è una priorità di un governo di responsabilità, di scopo, in tutte le democrazie civili l’obiettivo, il primo punto delle coalizioni, delle larghe intese che si formano nei momenti peggiori della politica e di una crisi, talvolta di entrambe messe insieme, sono le leggi che hanno a che fare con la limitazione della libertà di informazione.

Napolitano senza commenti

22 persone sono indagate per “Offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica” dalla Procura di Nocera Inferiore. In sostanza sotto indagine per “vilipendio“, un termine che può racchiudere qualunque opinione, giudizio, valutazione ritenute offensive. Chi può essere al sicuro di un’eventuale denuncia per una critica al Presidente della Repubblica? Allora, per difendersi, l’unico mezzo è non scrivere più nulla. Bocche cucite. Dita bloccate sulla tastiera. Commenti oscurati.
Questo post, per evitare denunce a chicchessia sarà, per la prima volta nella storia del blog, senza possibilità di commento. In futuro, magari, diventerà la regola per tutta la Rete in Italia. [dal blog di Beppe Grillo]

Se brunetta attacca volgarmente  Laura  Boldrini  accusandola di cose che non ha detto né fatto e lo fa  in parlamento, nella sede preposta per eccellenza al rispetto delle istituzioni tutto va bene,  rientra nel normale esercizio della dialettica politica e del dissenso democratico, sepperò su un blog o in una pagina di un social network si fa qualcosa che potrebbe sì turbare ma che non è propriamente da derubricare a reato si rischia di ritrovarsi la Digos in casa in meno di 24 ore.

Un fotomontaggio, sebbene volgare è qualcosa che in moltissimi realizzano e pubblicano in Rete senz’aver mai rischiato e subito perquisizioni, sequestri degli hard disk  e denunce.

Chi ha diffuso la  foto osé  oggetto dello “scandalo” non è la stessa persona responsabile delle minacce violente  dedicate e recapitate  alla presidente della camera.

E, a proposito di diffamazioni: il sindaco di Salerno definì il vicedirettore del Fatto Quotidiano “grandissimo sfessato” e disse di “aspettare di incontrarlo per strada al buio”, durante un comizio organizzato dal Partito democratico nel 2010.

Travaglio, De Luca condannato per diffamazione. Dovrà pagare mille euro

 I mille euro sono la sanzione, il risarcimento dovrà essere quantificato in un secondo momento.

 Si è formata, nelle ultime settimane, una scuola di cascatori dal pero, come se prima le volgarità, gl’insulti e le molestie via web facessero parte di un altro mondo. Ho scritto fiumi di parole nel merito e le ho scritte da persona informata dei e sui fatti, avendo subito molestie e offese per anni, delle quali non è fregato niente a nessuno, nemmeno alle autorità.

Forse perché non mi chiamo Laura Boldrini? ma Rodotà è stato chiarissimo:”quello che è ILLEGALE off line deve esserlo anche on line”. 

 Illegale non vuol dire di cattivo gusto, ecco.

E se adesso nel paese dei balocchi sono entrate anche le eccellenze pazienza, decideranno come abbiamo deciso noi quali posti frequentare e quali  evitare per non essere il bersaglio di nessuno. E fra l’altro frequentare siti on line e social network non lo prescrive nessun medico.

Non mi sembra proprio che il blog di Grillo possa vantare l’esclusiva dei disturbatori cibernetici.

Come al solito l’obiettivo è tentare di imporre l’ennesima legge censoria  contra personam, ovvero contro chi vorrebbe ancora poter continuare a dissentire, perché poi nella rete tesa alla Rete e all’informazione in generale, specialmente a quella esercitata da  chi  ancora cerca di tenere la schiena dritta  ci andiamo a finire tutti, mica solo quelli che insultano e diffamano davvero.

E, per non dimenticare, Napolitano in persona  ha graziato sallusti oltre tutte le regole costituzionali che prevedono che il graziato abbia scontato almeno una parte di pena,  sallusti, recidivo, sette volte denunciato per diffamazione, l’ultima quella famosa circa la responsabilità oggettiva dopo quello che aveva pubblicato sul giornale del padrone scritto da farina, a sua volta radiato dall’albo.

Il PM Cocilovo subì delle minacce di morte in seguito a quegli articoli, e per ben sei anni, non 24 ore ha aspettato delle scuse, una rettifica che non sono mai arrivate.

Ma come si fa ad essere così ipocriti?  è così che si garantisce l’uguaglianza e si rispetta la Costituzione?

Il concetto di amore per la bandiera e lo stato è strettamente connesso a chi rappresenta quella bandiera e  lo stato da istituzione.
E finché a rappresentare quella bandiera sarà gente del calibro di quella che è toccata a questo sfortunato paese non ci si può meravigliare se qualcuno poi non riesce proprio ad essere rispettoso coi simboli della repubblica italiana.
L’ultimo mio pensiero è difendere un nazionalismo di facciata; un paese, lo stato si difendono prima di tutto rispettando la Costituzione e la legge, ma se i primi a non farlo sono proprio quei rappresentanti delle istituzioni come si fa poi ad essere severi con chi si adegua e pensa che, tutto sommato, se un presidente della repubblica se ne può fregare di tante cose che riguardano lo stato e la sua difesa semplicemente ignorandole, facendo finta che non siano accadute tipo l’orrenda performance del pdl  di Brescia contro la Magistratura chi siamo noi per doverci comportare meglio di chi dovrebbe dare l’esempio, un buon esempio? cos’è vilipendio, dire o scrivere una parolaccia su un blog oppure consentire a un delinquente per sentenze di tenere un paese sotto scacco per vent’anni con la complicità della politica e delle istituzioni?
Perché la domanda è questa, è solo questa.

Per me il reato di vilipendio può continuare ad esistere, abbiamo  ancora leggi che s’ispirano al regio decreto fascista figurarsi che fastidio dà un articolo di meno o di più, quello che non va bene è che venga poi considerato a discrezione. Nessuno ha incriminato gli esponenti della lega quando, anche da ministri andavano nelle piazze a saltellare al ritmo di “chi non salta italiano è” e quando in più di un’occasione hanno oltraggiato lo stato.

Adesso si vuole dare la responsabilità di tutto a Grillo, perché fa comodo così, perché è l’uno contro i tutti che lo vogliono abbattere.

E non parlo da elettrice 5s ma semplicemente da cittadina che osserva quello che è impossibile non vedere.

Se dovessimo denunciare noi cittadini ogni volta che veniamo insultati, oltraggiati dai politici, ogni volta che il presidente della repubblica agisce in modo non proprio corretto e non dimostrando di essere quel garante super partes che dovrebbe essere saremmo ogni giorno in qualche procura a fare la fila.

Nota a margine: sul sito di Repubblica l’arresto del presidente della provincia di Taranto viene dopo tutto, ma dopo dopo, perfino dopo quello delle maestre che maltrattavano i bambini; non che questa sia una notizia che non merita attenzione ma insomma esiste, o almeno dovrebbe, una gerarchia d’importanza anche nell’esposizione delle notizie su un sito on line.
Evidentemente Repubblica ritiene poco importante, una notizia di secondo e terzo piano se un presidente di una provincia commette un reato come la concussione per favorire chi avvelena l’aria e fa morire la gente di tumore.
Ma io penso che, come sempre, le cose siano molto più semplici di quel che sembrano: Repubblica da molti mesi evita accuratamente di informare circa gli svarioni, gli errori, le sesquipedali stronzate dette e fatte da quelli del partito che non c’è più come fece con la dichiarazione di Letta jr circa la sua preferenza per b rispetto ai 5s rivelatasi poi più che un’opinione personale  una previsione in piena regola che si è perfino avverata.
La qual cosa si può anche fare, solo però si dovrebbe abbandonare la presunzione di essere un giornale di e per tutti.

ArrestyPd 
Marco Travaglio, 16 maggio

Mettendo insieme tutti i “casi isolati” di esponenti del Pd nei guai con la giustizia, tutti i “compagni che sbagliano” beccati negli ultimi mesi viene fuori un quadro spaventoso. Che però spiega benissimo perché il vertice del partito non ha fatto alcuna fatica ad andare (anzi, a tornare) al governo con Berlusconi, dopo aver espulso dalla coalizione Di Pietro e tenuto a debita distanza Ingroia. Mentre la base e gli elettori vomitano, i massimi dirigenti hanno l’aria estasiata di chi assapora la Sacher Torte. Ora, per qualche ora, si parlerà della questione morale nel Pd di Taranto dopo l’arresto dell’ennesimo esponente al servizio dei Riva, il presidente della Provincia Giovanni Florido. Poi si dirà che in fondo l’han solo messo al gabbio, c’è la presunzione d’innocenza, aspettiamo fiduciosi la Cassazione fra una dozzina d’anni. Anzi, come fa notare a Ballarò parlando del processo Ruby il capogruppo Roberto Speranza, ultimo pollo di batteria uscito dalle serre bersaniane, bisogna separare la politica dalla giustizia, e poi sono altri i veri problemi degli italiani (già, peccato che da vent’anni i governi e i parlamenti non possano occuparsi mai dei veri problemi degli italiani perché sono appesi alle mazzette e al pisello del Cainano). L’espressione “questione morale” suona ormai vuota: non basta più a descrivere la devastazione culturale, politica, etica, perfino semantica di un partito che non ha mai nulla di suo da dire su nulla, e dunque prende a prestito le parole del presunto avversario. È uno sterminio di pensieri e linguaggi che non riguarda solo il vecchio e bollito politburo che è riuscito a perdere le ultime elezioni già vinte, a fumarsi il padre fondatore Prodi, a lasciarsi scappare il treno di Rodotà, a tradire gl’impegni elettorali, a rispedire al Quirinale un signore di 88 anni che le dà sempre vinte a B. e dai tempi di Craxi si diverte a demolire ciò che resta del suo partito, infine a infilarsi nella trappola del governo Letta comandato a bacchetta da B. Ma investe, quello sterminio, anche il cosiddetto rottamatore Renzi, delle cui intenzioni nulla s’è capito durante le presidenziali e le consultazioni per il governo. Avete mai sentito qualcuno dei vecchi o dei nuovi, da Renzi a Barca, dire qualcosa sulla qualità deprimente della classe dirigente al Sud, dove – a parte il pozzo nero di Taranto e dintorni– regnano ras screditati come il governatore lucano De Filippo (mezza giunta arrestata) e il suo degno predecessore Bubbico (appena promosso ministro), il sindaco di Salerno De Luca (appena promosso viceministro), il capataz di Enna Crisafulli (escluso dalle liste solo grazie alla battaglia del Fatto , e fra le proteste dello stato maggiore del Pd siciliano)? E, per salire al Nord, qualcuno dice qualcosa sui pizzini di Penati, ex capo della segreteria di Bersani, ora che si apre il suo processo per tangenti? Passano i segretari e le glaciazioni, ma ancora tocca leggere Violante, che nel giorno della requisitoria Ruby non trova di meglio che annunciare ad Avvenire “la riforma della giustizia”, anzi dei giudici: non dice una parola sui tempi biblici e sulla piaga delle prescrizioni, ma vuole “studiare i sistemi con la discrezionalità dell’azione penale come quello francese” (dove i pm dipendono dal governo) e soprattutto far giudicare i magistrati in appello da una corte disciplinare formata per due terzi da politici. Poi aggiunge che le sentenze non devono “ostacolare il governo” e “l’alleanza non può dipendere dalle sentenze”. Cioè, se una sentenza stabilisce che B. è un “delinquente” specializzato in frodi fiscali, un partito che si rispetta che fa? Se lo tiene al governo e gliene lascia pure le chiavi. E l’interdizione dai pubblici uffici? “Se il problema si porrà, in quel momento potrà essere esaminata la situazione”. E, di grazia, come si “esamina” un’interdizione? La si ignora per “non ostacolare il governo”? Idea per il movimento OccupyPd: occupy pure Violante.

Il Monitore

Sottotitolo: il Monitore era una speciale nave corazzata, adatta ad azioni nei fiumi o contro costa, ma assolutamente inadatta per velocità e qualità nautiche come unità di squadra [da wikipedia].

Il molto intelligente sindaco di Torino Piero Fassino, quello più lungimirante che magro e viceversa, ha affermato – restando serio – che la candidatura di Rodotà era irricevibile perché marchiata dal punto G, che non è quel luogo ricercato dalla notte dei tempi nel quale risiederebbe l’apice del piacere femminile ma la G di Grillo.
Mentre tutti sanno che la proposta di Marino, uno dei realizzatori della bicamerale superaccessoriata concessa a berlusconi quale garanzia sempiterna di una legittimazione politica che non gli sarebbe spettata per legge era, e come no, scevra da qualsiasi condizionamento e interesse.
Per non parlare di quanto lo sia stata la ri_proposta di Napolitano che ha il vantaggio di non dover nemmeno dimostrare quali sono gli interessi che gli sono sempre stati e gli stanno molto a cuore.

Il PD, dopo aver legittimato un governo abusivo e aver contribuito allo sfascio sociale votando tutte le leggi Monti – Fornero e compagnia devastante ha posto la questione di principio, un principio che vale meno di un cazzo ma che loro hanno considerato tale al punto di non permettere che questo paese avesse un presidente degno quanto Pertini, sulla candidatura di un galantuomo come Rodotà.

Anche questa è una cosa da NON dimenticare, mai.

Se non si può dire che è un golpe, un colpo di stato, si può almeno dire che è una schifosissima congiura di palazzo? sì che si può dire.

Purtroppo il professor Rodotà è stato costretto a non sbilanciarsi dal suo ruolo di costituzionalista, da conoscitore rispettoso della Carta qual è non poteva  dire che quello che è accaduto ieri si chiama furto di democrazia, in parole povere che qualcuno, per gli interessi di qualcun altro ha svenduto per l’ennesima volta la possibilità di un rilancio di questo paese, di un riscatto morale e civile, io però sì, lo posso dire. E’ nel mio diritto dirlo, eccome.

E penso che più di qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma anche due o tre, quelli ad esempio che hanno accusato di essere antidemocratici, antistato, sovversivi ed eversivi, persone che non hanno a cuore le sorti del paese quei cittadini che alle recenti elezioni hanno rivolto il loro sguardo altrove preferendo un movimento di popolo ai cosiddetti partiti tradizionali, quelli che in questi giorni hanno offerto a noi italiani e al mondo uno spettacolo indegno.

Che hanno barattato la loro dignità che forse ancora si poteva salvare con quella di una persona a cui la dignità non interessa né è mai interessata.

E forse meriterebbe le scuse anche Franco Battiato, cacciato con disonore per aver detto una parola forte, ma che però rende perfettamente l’idea, da chi ieri si sbellicava dalle risate ascoltando le battute dell’abusivo impunito.

Ormai non è più un discorso di destra e sinistra, di persone, di idee, stando così le cose è la politica tutta ad aver perso anche l’ultimo residuo di importanza, significato e valore.
Perché quando la politica tutta rinuncia al suo ruolo in funzione degli interessi di qualcuno, e lo fa in modo così vistoso, sfacciato, arrogante, quando, sempre per motivi di interesse perlopiù occulto si lega non alle sorti di quel popolo che sceglie, o perlomeno crede di farlo, i suoi rappresentanti per mezzo di una legge truffa ma a quelle di un partito, di una persona, vuol dire che la politica sta dicendo a quel popolo che non le interessa più il suo bene ma la sua priorità è tutelare solo ed esclusivamente gli interessi e le sorti di qualcuno.
Che, per una strana ironia del destino è sempre lo stesso qualcuno.

E, finché non ci sarà una legge che permetterà ai cittadini di scegliersi i propri candidati/referenti politici per nome e cognome su una scheda elettorale e non, invece, con questa  che li costringe a farlo per mezzo di una croce su un simbolo che poi rimanda ai nomi e cognomi che scelgono le segreterie di partito, nessuno, NESSUNO, dovrebbe permettersi di dire che quel che avviene in parlamento, alla camera e al senato [di nuovo minuscoli per festeggiare il lieto evento] è il risultato democratico di una volontà popolare.
Io non c’entro nulla con quelli che hanno rimandato Napolitano al Quirinale.

Funeral Party
Marco Travaglio, 21 aprile

La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell’horror, roba da far impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere putrefatto e maleodorante di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall’interno per non far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission impossible di ricomporre la decomposizione. E sceglie un becchino a sua immagine e somiglianza: un presidente coetaneo di Mugabe, voltagabbana (fino all’altroieri giurava che mai si sarebbe ricandidato) e potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche quando verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati, tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l’inciucio (prima con Craxi, poi con B.) e finalmente l’ha ottenuto. E con una votazione dal sapore vagamente mafioso (ogni scheda rigorosamente segnata e firmata, nella miglior tradizione corleonese). Pur di non mandare al Quirinale un uomo onesto, progressista, libero, non ricattabile e non controllabile, il Pd che giurava agli elettori “mai al governo con B.” va al governo con B., ufficializzando l’inciucio che dura sottobanco da vent’anni. Per non darla vinta ai 5Stelle, s’infila nelle fauci del Caimano e si condanna all’estinzione, regalando proprio a Grillo l’esclusiva del cambiamento e la bandiera di quel che resta della sinistra (con tanti saluti ai “rottamatori” più decrepiti di chi volevano rottamare). La cosa potrebbe non essere un dramma, se non fosse che trasforma la Repubblica italiana in una monarchia assoluta e la consegna a un governo di mummie, con i dieci saggi promossi ministri e il loro programma Ancien Régime a completare la Restaurazione. Viene in mente il ritorno dei codini nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, con la differenza che qui non c’è stata rivoluzione né s’è visto un Napoleone.
Ma il richiamo storico più appropriato è Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a Hitler. Qui per fortuna non c’è alcun Hitler all’orizzonte. 
Però c’è B., che fino all’altroieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle appena Re Giorgio abdicherà. A meno che non resti abbarbicato al trono fino a 95 anni, imbalsamato e impagliato come certi autocrati, dagli iberici Salazar e Franco ai sovietici Andropov e Cernenko, tenuti in vita artificialmente con raffinate tecniche di ibernazione e ostesi in pubblico con marchingegni alle braccia per simulare un qualche stato motorio. Ieri, dall’unione dei necrofili di sinistra e del pedofilo di destra, è nato un regime ancor più plumbeo di quello berlusconiano e più blindato di quello montiano, perché è l’ultima trincea della banda larga che comanda e saccheggia l’Italia da decenni, prima della Caporetto finale. Prepariamoci al pensiero unico di stampa e tv, alla canzone mononota a reti ed edicole unificate. Ne abbiamo avuto i primi assaggi nelle dirette tv, con la staffetta dei signorini grandi firme che magnificavano l’estremo sacrificio dell’Uomo della Provvidenza e del Salvatore della Patria, con lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati delle solite cariatidi. Le famose pompe funebri.
Ps. Da oggi Grillo ha una responsabilità infinitamente superiore a quella di ieri. Non è più solo il leader del suo movimento, ma il punto di riferimento di quei milioni di cittadini (di centrosinistra, ma non solo) che non si rassegnano al ritorno dei morti morenti e rappresentano un quarto del Parlamento. A costo di far violenza a se stesso, dovrà parlare a tutti con un linguaggio nuovo. Senza rinunciare a chiamare le cose col loro nome. Ma senza prestare il fianco alle provocazioni di un regime fondato sulla disperazione, quindi capace di tutto.

L’Italia è caduta in prescrizione [oltre il conato di vomito, reloaded]

Sottotitolo: “Ho dato tutto quello che avevo da dare. 
Una mia elezione sarebbe una non soluzione. Tornare indietro sarebbe ai limiti del ridicolo” 

[Giorgio Napolitano, 14 aprile 2013]

Un altro che mente sapendo di smentire.

Per non dimenticare chi comanda, in Italia.
La Cei “Napolitano prenda in mano la situazione”
Bersani: “risultato eccellente. Grazie Napolitano”

E grazie pure a voi, branco d’incapaci disonesti.
A giudicare dall’espressione anche berlusconi, come Bersani, pensa che il risultato sia stato eccellente.
Ci vuole solo una gran faccia come il culo a continuare a dire che è Grillo che istiga la rivolta.
Perché Grillo fino ad ora ha fatto proprio e solo il contrario, l’ha evitata, altrimenti troppe albe dorate si sarebbero formate.
Mentre invece l’unica alba dorata è proprio quella legittimata dalla politica e dal parlamento nell’espressione della lega nord.
La malafede è sempre una pessima ispiratrice.
L’articolo 87 della Costituzione [buonanima] ordina ai governi della repubblica italiana  di tutelare e difendere l’unità nazionale, non al presidente della repubblica di difendere e tutelare chi – ad esempio –  incentiva politiche razziste al fine di promuovere la secessione.
E nemmeno chiede di difendere e tutelare chi è “sceso in campo” in spregio a quella Carta, per tutelare le sue imprese e se stesso.

NAPOLITANO RIELETTO PRESIDENTE
Così la partitocrazia si chiude nel bunker

Pd-Pdl-Lega e Scelta civica lo implorano di restare e lui dice: “Non mi posso sottrarre”. E’ il primo
capo dello Stato confermato nella storia della Repubblica. E la Casta si affida a lui (di P. Gomez)

TRATTATIVA AVANZATA SUL GOVERNO DELL’INCIUCIO: IN POLE POSITION AMATO ED ENRICO LETTA
MONITI INASCOLTATI E LEGGI VERGOGNA: IL PRIMO SETTENNATO DI NAPOLITANO (di T. Mackinson)

Perfino  il tanto dileggiato Crimi è riuscito ad essere impeccabile nel ragionamento: la politica ha rifiutato un presidente della repubblica acclamato e voluto dai cittadini per mere questioni di interessi personali interne alle dinamiche della politica e dei partiti, ovvero il salvataggio a tutti i costi dell’abusivo impunito.

Cerchiamo di non dimenticarcele mai più queste cose, mica per noi, per queste creature che stanno nascendo e crescendo adesso, catapultate per caso in questo paese sciagurato.

Quando pensi che peggio di così non si può, c’è sempre un Napolitano che ti ricorda che il peggio, come dice il proverbio, non è mai morto.
E non ne ha la benché minima intenzione.

 Raccontatemi un po’ quella della “libertà che è partecipazione”?

Perché io, illustrissime testedicazzo che in parlamento vi siete sperticate dalla gioia per aver riconfermato uno dei peggiori presidenti della repubblica che questo paese abbia mai avuto, il mio dovere nei vostri confronti l’ho sempre fatto, anche quando non l’avreste meritato.
Mi piacerebbe sapere quand’è che voi inizierete a fare il vostro, quello per cui siete pagati da me e da una sessantina di milioni di altri italiani.
Oggi, non basta nemmeno la vergogna; non vorrei mai più sentire che “la colpa è della gente”, e nemmeno di Grillo.

Rinnovo l’invito che avevo fatto tempo fa: chi vuole bene ai suoi figli li mandasse via da qui.

Non è un bel posto per far nascere e crescere i figli l’Italia: è diseducativo.
Nuoce gravemente alla formazione di buone coscienze da cittadini consapevoli.
Non pensavo fosse così doloroso dover abbandonare per sempre l’idea che anche questo potesse diventare finalmente un paese normale, un po’.
Sano, almeno.

Un plebiscito per Napolitano, praticamente.
Oh, fatta eccezione che per i 5S si sono fidati tutti…magari il presidente di tutti ce l’avevamo e non lo sapevamo.
Siamo proprio degl’ingrati.

Se non è colpo di stato questo allora, quando? io capisco il professor Rodotà e lo ringrazio, lui non lo può dire, noi però sì.

Dai, raccontateci ancora la storiella del voto utile…

…com’era, che me la so’ scordata?

E raccontateci un po’ pure quella che il piddì è democratico e i 5S no.
Ho dimenticato pure quella, in mezzo a tutto ‘sto casino.
Perché loro fanno le primarie, si scelgono il LIDER, sono sempre alla ricerca del LIDER.
Ne trovassero uno, almeno, sarebbe già mezza penitenza.

Meno male che posso sempre contare sul mio provvidenziale disincanto. Lo applico alla vita e figuriamoci alla politica.

Servi, tutti servi dello stesso padrone, chi vuole salvarsi deve scappare da quello schifo di partito.

Sono almeno quindici anni che penso dico e scrivo che la sinistra prima e il centrosinistra adesso sono stati e sono il miglior alleato di berlusconi.

Di questo i referenti politici di centrosinistra  risponderanno purtroppo solo  davanti alla Storia, perché non esiste un tribunale adatto a giudicare un simile scempio di civiltà e democrazia studiato, progettato e realizzato fin nei minimi particolari  per motivi che nessuno deve sapere.

In nessun paese al mondo potrebbe succedere una cosa del genere.

La mia solidarietà a chi ha votato Il Pd+Marini perché “l’imperativo è sconfiggere Berlusconi”. Cercatevi un analista. Bravo. Parecchio.

Ricordatevi (per sempre) queste facce. Questi nomi. La faccia dei Boccia, usciti dalla riunione-guerriglia di stasera (quella in cui è morto il Pd e forse anche il paese) con l’espressione arrogante e tronfia dei fedeli-alla-linea che hanno appena avallato una scelta abominevole. La faccia delle Chiarageloni, quella del “Lo smacchiamo, lo smacchiamo!” (le vostre sinapsi, maybe), che twittava frasi meravigliose («Marini uno di noi», «sarà un grande successo politico»). La faccia dei Fassina, secondo cui «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese» (aiutatelo: ne ha tanto bisogno). E le facce dei tanti, troppi piddini che “è tutta colpa di Grillo e di chi l’ha votato”. Ricordatevele. Sono le facce del peggiore centrosinistra del mondo. Le facce di burocrati senza talento, di polli di allevamento supponenti e imperdonabili. Le facce di mediani correi che hanno contribuito ad ammazzare un paese. Provo simpatia umana, e solidarietà profonda, per chi ha votato Pd in buona fede (ho detto “Pd” e non “Sel”: i secondi li capivo e capisco, ora più di prima). Ma mi sarei anche un po’ rotto i coglioni di tutti questi “buonafede” che da 20 anni si ostinano a credere che Babbo Natale esiste (ed è pure di sinistra). E’ ora di svegliarvi, compagne (de che?) e compagni (di cosa?). Di abbassare la cresta. E di capire che, come in Ecce Bombo, avete aspettato l’alba invano.

[Andrea Scanzi]

Bersani candida Marini. E il Pd esplode

L’assemblea del PD ha votato sulla proposta, avanzata dal segretario Bersani, di votare Franco Marini come presidente della Repubblica: 221 favorevoli, 90 contrari, 30 astenuti. 
I 221 a favore li considero traditori dello stato tanto quanto i 314 che “Ruby è la nipote di Mubarak”. In altri tempi li avrebbero processati.

Ci vorrebbe un’altra Norimberga per questi.

Dunque il candidato forte sarebbe Marini?
Non basta nemmeno la metafora della montagna che ha partorito il topolino, per una simile schifezza.
Dico ma…chi vi credete di essere? I compromessi nella politica ci stanno, ci sono pure fra marito e moglie, figuriamoci, ma non così, il compromesso va bene quando serve al raggiungimento di un obiettivo comune, positivo, quando interrompe tensioni che danneggiano una relazione, un rapporto.

Qui no, questo non è un compromesso ma il tentativo disperato di fare ANCORA dei favori a berlusconi, tutelarlo più di quanto non sia stato fatto fino ad ora.
E allora no, non può essere: non si può fare.
Non più.

La parte buona del pd  si dovrebbe organizzare per fare un partito non dico di sinistra ma di un centrosinistra che non sia l’ennesima vergogna nazionale di una politica che ha dimostrato di non aver capito nulla e pure meno, di non saper rinunciare alla tattica del magheggio, dell’accordo occulto col “nemico”.

Amedeo Nazzari è morto – Marco Travaglio, 18 aprile

In una delle sue gag più memorabili, Corrado Guzzanti impersona Veltroni che passa in rassegna con Livia Turco i candidati da mandare a perdere le elezioni del2001. “Raul Bova ha rifiutato: teme di perdere pubblico. Paola e Chiara hanno la tournée. I Fichi d’India – lo dico per tutti i compagni della mozione “Fichi d’india” – hanno il film: avevamo anche pensato di rinviare le elezioni, ma dopo fanno Fazio… E pazienza, è andata così… Batistuta? Non ha il passaporto italiano, non facciamo a tempo… DiCaprio – lo dico perché so che esiste una corrente DiCaprio contro di me – ha rifiutato: dice che dopo Titanic non vuole fossilizzarsi nella parte di quello che affonda. Amedeo Nazzari – lo dico a tutti i compagni della mozione “A. Nazzari” – è morto! E porca miseria, era perfetto, ma è morto: ho pensato di candidarlo anche da morto, ma non è possibile, bisognava fare una riforma… C’era pure Heidi, ma il nonno vota a destra. Topo Gigio? Ci ha i diritti Mediaset, non ce lo danno. L’unico era Napo Orso Capo…”. Lo sketch s’interrompeva qui, perché Corrado scoppiava a ridere. Ieri la scena s’è ripetuta nella sede del Pd, dove Bersani e gli altri strateghi del nulla sfornavano un nome per il Quirinale ogni mezz’ora. Ma a nessuno, purtroppo, è scappato da ridere. Sfumata la Finocchiaro, portata via su un carrello Ikea, sembrava fatta per Amato (ex Psi). Poi è ricicciato D’Alema (ex Pci). Poi è sbucato Marini (ex Dc, clan Andreotti). Poi s’è parlato di Ignazio Visco (Bankitalia). Poi è saltata fuori Fernanda Contri (ex Psi). Poi hanno riesumato Mattarella (ex Dc, corrente De Mita). Senza dimenticare il similnapolitano Sabino Cassese (ex Lottomatica, Autostrade, Generali, Cassa di Risparmio calabro-lucana, Banco di Sicilia, Consulta, Quirinale). Più che una rosa, un crisantemo. Più che una dirigenza, un ossario. Parlare di “corsa al Quirinale” pare eccessivo: se questi riescono a camminare è già un miracolo, essendo seduti sulle poltrone da un’eternità, con l’unico sforzo di muoversi ogni tanto per balzare da una cadrega all’altra senza mai toccare terra. Infatti non si esclude il Napolitano- bis, previ trattamenti di imbalsamazione, ibernazione e impagliatura, per un paio d’anni. Il problema non è l’età anagrafica, ma quella castale. Mai come ora i cittadini chiedono un Presidente estraneo alla banda larga che soffoca il Paese da tempo immemorabile. Perciò Milena Gabanelli, a prescindere dalla sua nobile rinuncia (“la frase “faccio la giornalista” è bellissima), non poteva passare. E nemmeno Gino Strada. E neppure Stefano Rodotà. Perché non sono controllabili né ricattabili. A un uomo libero come Rodotà non basta neppure aver fatto quattro volte il deputato nella sinistra e il presidente Pds per piacere al Pd. O meglio, alle care salme che ne sequestrano i vertici, senz’alcun rapporto con gli elettori (che invece Rodotà lo voterebbero al volo, e cantando per la gioia). Basti pensare che non vogliono neppure Prodi, che ha il grave torto di aver battuto due volte B., mentre gli altri hanno perso tutte le elezioni, infatti sono ancora lì. Ora Bersani si accinge all’ultimo capolavoro: se davvero oggi i suoi voteranno Marini o un’altra mummia insieme a Pdl e Monti, priverà l’Italia del miglior Presidente dai tempi di Pertini. Taglierà i ponti con i 5Stelle in vista del nuovo governo. Confesserà che il dialogo con loro era una truffa per giustificare l’inciucio deciso fin dall’inizio. Sfascerà il partito e il centrosinistra, visto che Renzi e Vendola non vogliono neppure vedere Marini e simili. E si consegnerà un’altra volta nelle grinfie del Caimano che, dopo essersi scelto il capo dello Stato, detterà legge di qui alle elezioni e naturalmente le vincerà a mani basse. A meno che stanotte gli elettori sommergano il Pd di mail, sms, fax, tweet e segnali di fumo anti-inciucio. A meno che oggi, a Montecitorio, vinca il Franco giusto: non Marini, ma Tiratore.

Oltre il giardino – Il contropelo di Radio Capital – Massimo Rocca

Allora adesso lo sappiamo. Politicamente parlando Bersani, come direbbe Flaiano, è un cretino con lampi di imbecillità. Ripescare dalla casa di riposo dove lo hanno inviato gli elettori il trombato delle elezioni presidenziali del 1999, per realizzare un accordo mortale con Berlusconi, dando ragione contemporaneamente a Grillo, perchè davvero da oggi è giusto chiamarlo pdmenoelle, e a Renzi. Perchè sembra proprio il candidato di Origene, Marini. Uno dei due che il sindaco di Firenze aveva esplicitamente bocciato. Ah si mo ti faccio vedere chi ha le palle in questo partito qui. e Zac eccole servite sul piatto, belle trifolate per esser cucinate dal cuoco Michele. E mentre Bersani contempla soddisfatto il piatto in cottura, la sua coalizione si sfascia, il suo partito si sbriciola, i suoi elettori si disperano. E trionfa la terza legge di Carlo Cipolla “Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno”.

E’ morto di stupidità – Alessandro Gilioli – Piovono rane

Il Pd, almeno questo Pd, è morto stanotte in un teatro a due passi da Montecitorio da cui Bersani non è apparentemente mai uscito – e se lo ha fatto, è stato da una porta posteriore.

E’ morto di stupidità, soprattutto, più ancora che di linea politica: e infatti Renzi, che forse è moderato ma non sciocco, non ne ha avallato l’eutanasia.

E’ morto con le facce irridenti e perfino spavalde di quelli che uscivano dal Capranica – i Boccia, i Misiani – che probabilmente neppure capivano la follia che avevano appena commesso e quanto questa – fra non molto – impatterà sulla loro ‘ditta’.

E’ morto con Chiara Geloni, la pupilla del segretario, che twittava frasi surreali tipo «Marini uno di noi» o «sarà un grande successo politico».

E’ morto con Stefano Fassina – sì, quello che lì dentro faceva la parte del poliziotto buono – che si schierava con Marini perché «mia cognata che lavora alla posta e mio cognato che fa l’elettrauto non sanno chi è Rodotà», mentre «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese». Sentimentale, capito?

E’ morto in modo goffo, soprattutto: goffo Bersani un mese fa nelle sue profferte al M5S, ancora più goffi oggi lui e i suoi 222 nell’arroccarsi su un emblema del più chiuso establishment, sperando di autoperpetuarsi ancora un po’ e chissenfrega degli elettori, del Quirinale, del Paese.

E’ morto di stupidita, dopo una vita nemmeno tanto lunga né gloriosa. Dispiace per quelli che ci hanno creduto, non per quelli che l’hanno posseduto.

Dammi solo un minuto, anzi no, quindici

Preambolo: per anni ci hanno massacrato le meningi e non solo dicendo che berlusconi non andava sconfitto grazie alla magistratura ma politicamente, nemmeno adesso è  un politicamente sconfitto? e quanto lo sarebbe stato di più se Napolitano non gli avesse offerto la possibilità di potersi comprare senatori un tanto al chilo in quel 14 dicembre rinominato “scilipoti day”?  per quale motivo si devono offrire a berlusconi ancora così tante possibilità? posso pensare quello che mi pare, anche che tutti questi tentativi di salvare  berlusconi ad ogni costo, anche ridicolizzando la Costituzione, la democrazia e noi tutti  servono a salvare e a rendere dei favori  anche ad altra gente? sì che lo penso.

Sulla figura di Napolitano, oltre alle tante ombre di cui si è voluto circondare, per chissà quali ragioni “di stato”, peserà per sempre la responsabilità storica di non aver permesso che si andasse ad elezioni nel momento di maggior debolezza di silvio berlusconi; di aver imposto un governo tecnico da lui selezionato e scelto in virtù di un’emergenza che si sarebbe potuta affrontare anche con un governo regolare scelto ed eletto democraticamente, se la Costituzione ha ancora un significato o se invece serve solo come argomento da pour parler.

 Se l’idea che serpeggia nei palazzi delle istituzioni  è quella di lasciare il paese in mano a berlusconi in virtù di chissà quale  diritto anche quando perde, ma soprattutto di rovescio grazie al conflitto di interessi  per mezzo del quale può controllare settori importanti dell’apparato dello stato è inutile poi lagnarsi se la gente non riesce proprio ad innamorarsi della politica.

Possibile che nessuno sappia dire a silvio berlusconi che non spetta a chi arriva ultimo alle elezioni decidere un mandato che dovrà durare sette anni? hanno tutti lo stesso quoziente intellettivo della biancofiore?

Sottotitolo: se brunetta è esteticamente incompatibile con Venezia, per la legge del contrappasso si può dire che berlusconi è incompatibile, e non solo esteticamente, con la democrazia?  ho sentito Gino Strada in diretta l’altro ieri, e solo dei deficienti avrebbero potuto equivocare sul senso di quell’ “esteticamente incompatibile con Venezia”.
Ma purtroppo o impariamo a rassegnarci all’imbecillità o non ne usciremo mai.
 Gino Strada non deve scusarsi proprio con nessuno.
Il mio più cordiale vaffanculo al politicamente e ipocritamente corretto e a chi lo pretende anche in una conversazione informale come quelle che si fanno a “Un giorno da pecora” ma poi sorvola sulle apologie razziste, fasciste e omofobe che si fanno a “La zanzara”  degl’istigatori  Cruciani e Parenzi.

Il fatto che un delinquente impunito possa dettare l’agenda politica a proposito dell’elezione del presidente della repubblica, pretendere da ultimo arrivato alle elezioni di avere voce in capitolo sulle decisioni importanti non è solo assurdo ma proprio indegno e incivile.
E altrettanto lo è che la scelta del presidente della repubblica debba prescindere, dipendere, essere fatta sulla base di quanto potrà poi garantire il delinquente impunito, essergli utile quando gli serviranno le solite garanzie e la solita tutela per i suoi problemi giudiziari che pare non gli si possano proprio negare.
Questa non è democrazia né realpolitik, in nessuna democrazia chi perde può pretendere di avere lo stesso potere decisionale: è complicità a cui nessuno nella bella politica tradizionale, quella che secondo Napolitano non ha bisogno di nessuna strigliata moralizzatrice ma va lasciata così com’è, si è mai voluto sottrarre, al contrario tutti hanno sempre fatto a gara per accontentare i capricci di chi non ha più bisogno di offrire nessuna dimostrazione circa il fatto che a lui lo stato è servito e serve solo come scudo per proteggersi dai suoi guai con la legge nonostante la legge e quella Costituzione che un presidente della repubblica come si deve deve poi saper garantire.
Io non mi fido di chi si chiude in una stanza con silvio berlusconi per non far sapere cosa gli chiede silvio berlusconi e perché glielo può chiedere, soprattutto.

E noi, chi ci garantisce?
Marco Travaglio, 11 aprile

Nella non sempre nobile, anzi quasi sempre ignobile, battaglia per il Quirinale, in questi primi 67 anni di storia repubblicana, s’è visto di tutto. Pugnali, veleni, franchi tiratori e franchissimi traditori, inciuci, lacrime, sangue, merda. Ma non s’era ancora visto un presidente della Repubblica scelto da chi ha perso le elezioni. Ma, siccome c’è sempre una prima volta, pare che sia proprio questo lo scenario che la sorte potrebbe riservarci di qui a una settimana, quando le Camere riunite cominceranno a votare per il nuovo capo dello Stato. Quaranta e rotti giorni fa gli elettori hanno issato sul podio tre partiti minoritari, in quest’ordine: Pd, M5S, Pdl. Ora il leader del primo, che ha perso 3,5 milioni di voti in cinque anni, ha deciso di chiedere al terzo, che ne ha persi 6,5, di concordare insieme una rosa di nomi fra i quali eleggere un nuovo capo dello Stato “condiviso”.
Un modo elegante per riconoscere al terzo partito il diritto di veto sui nomi sgraditi al suo capo, il noto B. Il tutto è avvenuto di nascosto, tra il lusco e il brusco, in una location predisposta da Denis Verdini (quello che ha più processi che capelli in testa, ed è un noto capellone), in una stanzetta attigua alla presidenza della commissione Trasporti della Camera, al quinto piano di Montecitorio. Roba da far venire la nostalgia dello streaming. Ber&Ber erano affiancati dai rispettivi vice, Enrico Letta e Angelino Alfano, che però a un certo punto sono usciti in corridoio perché il tête- à- tête non avesse testimoni e nulla trapelasse della “rosa”. Ma non servono microspie né palle di vetro per immaginarla, tanto la conoscono tutti a memoria: Severino, Bonino, Cancellieri, Finocchiaro, Marini, Amato, Violante, D’Alema, Grasso e — secondo alcuni — pure De Rita. A prescindere dall’età e dal sesso, il minimo comune denominatore è che B. si fida di loro, avendone sperimentata l’assoluta affidabilità nei momenti difficili. Siccome però non si può dire, ecco le formule politichesi alla vaselina: “personalità non divisive”, “soluzioni condivise”, “figure di garanzia”. Non divisive da B. Condivise con B. Di garanzia per B. Contro chi e cosa? Contro i giudici e i processi. Insomma, garanzia fa rima con amnistia. Perciò sono esclusi tutti i personaggi della società civile, da Zagrebelsky a Rodotà, pericolosamente sbilanciati dalla parte della Costituzione. Non va bene neppure Prodi: divisivo, non condiviso e non di garanzia perché non ha mai trattato con B. Pare di leggere l’ultimo pizzino mafioso: “Mai al potere comici e froci”. Per nobilitare l’ignobile operazione, c’è chi ha colto al balzo il monito di Napolitano a un nuovo compromesso storico, come se si potessero paragonare Moro e Berlinguer con B&B, ma soprattutto due situazioni storiche totalmente diverse: 35 anni fa si trattava di includere un partito popolare di massa come il Pci nell’area di governo dopo 30 anni di conventio ad escludendum; qui di mantenere nella stanza dei bottoni un vecchio puttaniere che non ne è mai uscito, avendo governato 11 anni su 19. Restano poi da chiarire un paio di particolari. 1) Che senso ha ripetere ogni due per tre, come fa Bersani, “mai al governo con Berlusconi” e poi fargli scegliere il capo dello Stato? Se B. — giustamente — non deve neppure toccare un governo che può durare anche mezza giornata, a maggior ragione dovrebbe restare a debita distanza dal Presidente, che durerà certamente sette anni.
2) Che senso ha insistere col dialogo con i 5Stelle (che, detto per inciso, sono passati da zero voti a 8 e più milioni) per il governo e tagliarli fuori dal Quirinale? Piaccia o no, sono gli unici che han scelto un metodo trasparente per scegliere il proprio candidato al Colle: la consultazione online tra i loro iscritti. Si spera che esca un nome che piaccia anche agli elettori del Pd e metta in imbarazzo gli eletti. Un presidente che garantisca la Costituzione e la legalità. Quindi non B. Ma tutti noi.

 

“Cercavi giustizia, trovasti la legge” [a volte]

Sottotitolo: all’Ilva è tutto a posto, dunque a Taranto si può continuare a lavorare e morire e non necessariamente in questo ordine. Chi l’ha detto che le leggi in Italia non funzionano e non si rispettano? un paese dove la gente deve scegliere se lavorare o morire di cancro è come uno nel quale  bisogna difendere  un Magistrato coi mitra e un delinquente con la presidenza del consiglio.
Uguale, pare anzi  e addirittura lo stesso paese.

“Legge salva-Ilva è costituzionale”
Consulta respinge ricorso Procura

Articolo 32 della Costituzione Italiana

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. 
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

La nomina dei membri della Corte Costituzionale è per due terzi politica, quindi è perfettamente inutile aspettarsi sentenze che rovescino le decisioni dei Magistrati, quando di mezzo ci sono grandi interessi come a proposito dell’Ilva di Taranto.
Un organo istituzionale ci ha fatto sapere ieri che “la robba” è più importante della vita autorizzando e legittimando gli avvelenatori a continuare a farlo in virtù di interessi economici.
E, siccome la Corte Costituzionale non si può privatizzare, affidarla ad un’istituzione diversa dalla politica e che sia davvero di garanzia, se non si cambia la politica non cambieranno mai le conseguenze delle azioni politiche.
E finché a decidere per noi, per la nostra salute, sicurezza, istruzione, diritti, lavoro, saranno sempre le stesse persone che non hanno – perché lo hanno dimostrato più e più volte – come obiettivo primario i nostri interessi ma quelli di qualcun altro che talvolta coincidono coi loro questo paese non potrà mai essere migliore di quello che è.

Non capisco perché dovrebbe essere inutile andare avanti sulla questione dell’ineleggibilità di b.
Semmai è stato non inutile ma dannoso e devastante non averci pensato fino ad ora.
Esiste una legge, non c’è nemmeno bisogno di pensarla perché qualcuno molto più saggio e lungimirante di questi geni della politica del terzo millennio ma il cui cervello è rimasto al secondo, in qualche caso ancora più indietro nel tempo ci aveva già pensato, non vedo quale sarebbe e dove il problema nel renderla finalmente operativa.
O il pacchetto salvasilvio, oltre alle leggi prêt-à-porter fatte apposta per lui, quelle à la carte messe a disposizione sempre per lui, prevede che una legge già esistente e ignorata volutamente possa passare di moda come un oggetto vintage?

Intanto il 25 aprile ci toccherà ancora il discorso del grande statista in dirittura d’arrivo.
Se l’anno scorso ci ha ammorbato con la filippica sui pericoli del populismo non oso pensare alla trama di quello di quest’anno se l’ispirazione gli viene da quel “fanatismo moralizzatore” di cui vaneggia.
In uno dei paesi più corrotti del mondo, con una classe politica/dirigente che in gran parte ha dimostrato come ha potuto di essere collusa, connivente con le mafie, corrotta e corruttibile a livelli insopportabili, dove la gente onesta è costretta a farsi carico del tributo di dover mantenere caste e sottocaste di privilegiati, disonesti, profitattori, parassiti, nell’unico paese democratico al mondo dove è stato possibile che un imprenditore fallito  imputato, indagato, inquisito, condannato e prescritto abbia potuto ottenere un ruolo politico di spicco e cavarsela grazie a leggi fatte su misura e legittimate da quello che dovrebbe essere garante di tutti e non di uno solo, di se stesso o di qualcuno e ancora oggi che è praticamente nessuno consentirgli di essere ancora determinante per la politica, quell’ago della bilancia da cui un paese intero deve ancora dipendere, sottostare ai suoi ricatti c’era proprio la necessità di un presidente della repubblica che esprimesse un’opinione così volgare, che definisse la voglia di pulizia e trasparenza all’interno della politica come una specie di capriccio e non un’urgenza, non foss’altro perché è soprattutto grazie all’immoralità della classe politica se oggi questo paese è ridotto così male.
 Io mi sento offesa, defraudata del mio diritto di vivere in un paese gestito da gente normalmente onesta, che anteponga sempre e davanti a tutto gli interessi di tutti così come il ruolo le impone e  non quindi i suoi,  quelli degli amici, e degli amici degli amici, un paese la cui anormalità è stata istituzionalizzata e legalizzata proprio da chi avrebbe dovuto opporsi  all’illegalità, alla disuguaglianza e alle ingiustizie con tutti i mezzi che la democrazia mette a disposizione.

Madonna Bonino
Marco Travaglio, 10 aprile

Quando ho scritto “Si fa presto a dire Bonino”, la sapevo apprezzata da molti italiani per le caratteristiche che illustravo nelle prime righe: donna, competente, onesta, impegnata per i diritti civili, umani e politici in tutto il mondo. Non la sospettavo, però, circondata di persone adoranti che la guardano con gli occhi che dovevano avere i pastorelli di Fatima davanti alla Madonna. A questi innamorati che non sentono ragioni, anzi preferiscono non conoscere o non ricordare le zone d’ombra (solo politiche, lo ripeto) della sua lunghissima carriera politica, non so che dire: al cuore non si comanda. Rispondo invece alle cortesi obiezioni del segretario radicale Mario Staderini, il quale — diversamente da me — la ritiene il presidente della Repubblica ideale. E, per nobilitarla e dipingerla come antropoligicamente estranea al berlusconismo, cita alcuni suoi imbarazzanti avversari (Ferrara, Gasparri, Libero ). Potrei rispondere che invece Mara Carfagna la vuole al Quirinale, ma preferisco concentrarmi sulla biografia della Bonino. Chi auspica un Presidente estraneo alla casta, tipo Zagrebelsky, Settis, Gabanelli, Caselli, Guariniello, Strada e altri, non può certo sostenere la Bonino, 8 volte parlamentare italiana e 3 volte europea. I suoi amici la raffigurano come un’outsider estranea all’establishment. Che però non è d’accordo: altrimenti la Bonino non sarebbe stata invitata a una riunione del gruppo Bilderberg, o almeno non ci sarebbe andata. Sulla sua vicinanza, “fra alti e bassi”, al Polo berlusconiano dal 1994 (quando fu eletta con Forza Italia fino al ’96, senza dire una parola contro le prime violenze alla Giustizia e alla Costituzione) al 2006, ci sono tonnellate di articoli di giornale, lanci di agenzia, esternazioni, vertici, incontri, tavoli, inseguimenti, corteggiamenti, ammuine. Il tutto mentre il Caimano ne combinava di tutti i colori, nel silenzio-assenso della Bonino (che ancora nel 2004 veniva proposta da Pannella per un posto di ministro; e nel 2005 dichiarava: “Con Berlusconi abbiamo iniziato un lavoro molto serio… apprezziamo ciò che sta facendo come premier, ma la posizione degli alleati è nota”: insomma cercava disperatamente l’alleanza con lui, che alla fine la scaricò per non inimicarsi “gli alleati” e il Vaticano). Poi la Emma passò armi e bagagli col centrosinistra e cambiò musica. Un po’ tardi, a mio modesto avviso. Ma neppure in seguito, sulle questioni cruciali del berlusconismo (leggi vergogna, rapporti con la mafia, corruzioni, attacchi ai magistrati e alla Costituzione, conflitti d’interessi, editti bulgari e postbulgari), risulta un solo monosillabo della Bonino. Forse perchè, pur con motivi molto diversi, sulla giustizia B&B hanno sempre convenuto: separazione delle carriere, abolizione dell’azione penale obbligatoria (altro che difesa della “Costituzione più bella del mondo”, caro Staderini), per non parlare dell’idea intimidatoria e pericolosa della responsabilità civile dei magistrati che non esiste in nessun’altra democrazia. La corrispondenza di amorosi sensi con B. si estende al No radicale all’arresto di Cosentino perchè “siamo contro l’immunità parlamentare, però esiste”. Al fastidio per i sindacati, definiti in blocco “barbari, oscurantisti e retrogradi” (Ansa, 22-1-2000). E alla lettura dell’inchiesta Mani Pulite come operazione politica filocomunista: per la Bonino le tangenti di Craxi furono solo “errori” e occorre “una rivisitazione seria di cosa è successo dal ’90 in poi: la mia analisi è che indubbiamente, soprattutto nel ’92, si è cercato di risolvere alcuni problemi politici per vie giudiziarie, un po’ orientate perché poi se n’è salvato uno solo di partito” (Ansa, 19.11.99). Per non parlare dello scandalo delle frequenze negate per dieci anni a Europa7 per non disturbare Rete4 che le occupava abusivamente. Il 1° aprile 2007, ministro delle Politiche europee del governo Prodi-2, la Bonino porta in Consiglio dei ministri tutte le sentenze della Corte di giustizia europea per darne finalmente attuazione. Tutte, tranne una: quella che dà ragione a Europa7 e torto al gruppo B. Una cronista le chiede il perchè, e lei risponde che non c’è alcuna urgenza (in effetti Europa7 attende le frequenze negate solo dal 1999, quando vinse la concessione e Rete4 la perse).
C’è poi il bilancio di Commissario europeo dal 1994 al ’99 su nomina di B,. quando insieme a battaglie sacrosante la Bonino sponsorizza i cibi OGM senza etichettatura.
E soprattutto sostiene l’insensata sospensione degli aiuti all’Afghanistan, dopo la sforunata missione a Kabul in cui è stata fermata dalla polizia religiosa perché i suoi collaboratori fotograno e filmano il volto delle donne in barba alla legge islamica. Durante la guerra in Afghanistan – da lei appoggiata come quelle nell’ex Jugoslavia e in Iraq (“io credo che non ci fosse alternativa per sconvolgere la rete terroristica:se mandiamo il messaggio che dopo le torri di New York possono bombardare, senza colpo ferire, anche il Colosseo e la torre Eiffel, non ci dà sicurezza”) la Bonino si oppone alla sospensione dei bombardamenti per aprire un corridoio umanitario agli aiuti ai profughi (servirebbe solo ai talebani per riorganizzarsi, Ansa 2-11-2001).
Nel 2007, poi, durante il sequestri Mastrogiacomo non trova di meglio che prendersela con Gino Strada accusandolo di trescare con i talebani col suo “atteggiamento ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualsiasi illazione” perché “scientemente o incoscientemente – che sarebbe ancora peggio finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo fra torturati e torturatori. Quando uno si mette a praticare una linea così ambigua, così poco limpida, si presta a qualsiasi gioco altrui. Nell’illusione di tirare lui le fila finisce che il burattinaio non è lui” Ansa, 9-4-2007).
A proposito di ambiguità fra torturati e torturatori, ho cercato disperatamente nell’archivio Ansa una parola della Bonino su Abu Ghraib e Guantanamo.
Risultato: non pervenuta.

Dell’italica ipocrisia

«Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione.»  [Ennio Flaiano, morto nel 1972 quando berlusconi non era nemmeno nel peggior immaginario collettivo]

2 novembre: ricordando Pier Paolo

Un uomo che l’Italia, ma soprattutto gl’italiani li aveva capiti benissimo in tempi molto meno sospetti di quello che stiamo vivendo oggi. Basta leggere quel che scriveva e diceva a proposito di potere mediatico quando nessuno avrebbe potuto neanche immaginare il risultato delle sue giuste previsioni. 
E chissà cosa avrebbe potuto scrivere in questi ultimi vent’anni se fosse vissuto ancora un po’ lui che quarant’anni fa già parlava di come i media ma soprattutto la televisione avessero il potere di manipolare in modo irreversibile la testa della gente. Sosteneva infatti [aveva ragione!] che la TV avrebbe imposto il peggior totalitarismo omologando le classi sociali ed appiattendo i gusti in un unico modello buono per tutt*.

Sarebbe scomparsa l’identità in una corsa reciproca all’imitazione.
Pasolini aveva capito che l’unico modo per sottrarsi alla manipolazione di massa era restarne fuori e distinguersi, non conformarsi allo stile di vita dei tutti.
A Pasolini – sono sicura – sarebbe piaciuto molto anche analizzare la rete e i comportamenti di chi la frequenta, un popolo semianonimo la cui maggioranza in quanto ad omologazione non è certamente secondo a quello che si è fatto sedurre da vent’anni di telerincoglionimento a reti pressoché unificate. Anche qui funzionano le mode, funzionano i programmi tutti uguali, quelli con le risatine registrate in sottofondo, anche qui se si prova a star fuori da un certo cliché non va bene. O, come scrivo spesso si resta chiusi in una piccola élite di persone che ancora pensa che si debba dare un valore e un significato a tutto quello che si fa nella vita. 
Io, siccome mi sento un po’ corsara come lui penso che non voglio essere una moda ma restare principalmente una persona.

Di Pietro al Quirinale può darsi che sia una sortita degna di un comico {Cossiga era una persona migliore di Di Pietro? chiedo.}
Ma perché quelli che adesso criticano, ridacchiano e insorgono scandalizzati non l’hanno fatto anche quando il sottosegretario polillo sobrio e raccomandato da cicchitto ha avuto lo stesso pensiero per il “delinquente abituale” {raccomandato da d’alema}?  siccome questo pare essere ancora l’argomento del giorno – con tutto quello di cui si dovrebbe/potrebbe parlare – mi fa piacere, vorrei, voglio ribadire l’assoluta disonesta e ipocrita incoerenza che ha certa gente quando, indegnamente, si mette sui pulpiti al solo scopo di fare – e questo sì che lo è – dello squallido qualunquismo. 
Tutti ladri, nessun ladro? a Di Pietro si possono imputare certamente delle leggerezze, di Pietro va criticato ad esempio perché non volle la commissione di inchiesta sul g8, ma è lo stesso Di Pietro che, sempre ad esempio, il 4 agosto di svariati anni fa sfidò la canicola in un sit in per dire agli italiani che nei palazzi del potere si stava preparando l’ennesimo scippo alla democrazia e alla legalità:  quell’indulto voluto da berlusconi ma concesso dall’accoppiata Prodi e mastella di cui hanno potuto beneficiare oltre a lui svariati criminali di stato fra cui gli assassini di Federico Aldrovandi e i macellai della Diaz.
Se c’è qualcuno che berlusconi lo ha contrastato ogni giorno è proprio e solo Di Pietro.

Da che pulpiti
Marco Travaglio, 2 novembre

Guardiamoci negli occhi e diciamoci la verità: qualcuno, anche fra i più acerrimi nemici e odiatori di Di Pietro, può davvero credere che il linciaggio che sta subendo abbia qualcosa a che fare con la questione morale? Non parlo naturalmente di Report, che non ha mai fatto sconti a nessuno e non può certo essere associato a manovre di alcun genere. Non parlo nemmeno degli house organ di B., che giustamente hanno sempre individuato in Di Pietro il nemico pubblico numero uno del loro padrone e da vent’anni tengono puntato il mirino nella stessa direzione. Parlo dei cosiddetti giornali indipendenti, cioè dipendenti da banche e grandi imprese, i cui capi entrano ed escono dalle patrie galere o sarebbe ora che ci finissero. Se sparano a zero sull’ex pm per dargli il colpo di grazia non è per i suoi errori, che ci sono, e sono enormi. Ma per i suoi meriti. Negli anni di Mani Pulite la grande stampa lo blandiva, nella speranza di trattamenti di favore per i propri editori, che per fortuna non vi furono. Quando poi si affacciò sulla scena politica, i giornaloni e i loro padroni tentarono di metterci il cappello sopra per omologarlo, e ancora una volta ne furono delusi. Se una cosa, in 14 anni di vita fra luci e ombre, l’Idv non ha fatto è stato mettersi al servizio di qualche potere. I padroni del vapore spingevano per l’amnistia? Di Pietro la fece saltare. Premevano per l’inciucio in Bicamerale? Lui fu contro. Predicavano un’opposizione “riformista”, cioè complice, al berlusconismo in nome della “pacificazione”? Lui fece sempre saltare il banco: non si contano le volte in cui il centrosinistra era pronto ad accordarsi con B. sulle peggiori nefandezze, ma si fermò in extremis per paura di regalare voti a Di Pietro. Chi ha trovato pavido il centrosinistra non sa quanto avrebbe potuto essere peggiore senza il timore di “fare il gioco di Di Pietro”.
Con tutti i suoi difetti ed errori, Di Pietro non s’è mai lasciato omologare, anche contro il proprio tornaconto. Nel 2000 il centrosinistra ricicciò Amato, l’uomo che sussurrava a Craxi, e lui solo gli votò contro. Infatti fu espulso dalla Margherita ed estromesso dall’Ulivo, che nel 2001 tracollò contro B. Negli anni dei girotondi, lui in piazza c’era sempre, la nomenklatura sinistra mai. Nel 2002, quando Flores d’Arcais organizzò il Palavobis per i 20 anni di Mani Pulite, l’Idv diede un contributo fondamentale, mentre Violante metteva in guardia gli elettori dal “festeggiare le manette”. Naturalmente gli elettori parteciparono lo stesso, anzi a maggior ragione: tuttora, se dipendesse da loro, il Pd si alleerebbe con Di Pietro e Vendola, mandando Casini dove sappiamo. Ma, se nel ventennio berlusconiano Di Pietro era un pericolo perché impediva al centrosinistra di inciuciare con B., oggi che l’inciucio è cosa fatta (vedrete che delizia, nella prossima legislatura) il pericolo per il sistema è doppio: se i cento e più giovani di 5Stelle che invaderanno le Camere trovassero sponda in un partito già strutturato all’opposizione irriducibile dentro il palazzo e fuori, la miscela esplosiva potrebbe far saltare tutto. Perciò il Corriere titola giulivo: “Di Pietro cade dal podio delle virtù” (e il giornale dei Ligresti, Tronchetti, Marchionne, Mediobanca e Mediobande è il pulpito ideale per insegnare le virtù). E gli house organ della santa alleanza Pd-Casini-Vendola tripudiano per la “fuga” di alcuni deputati Idv, noti frequentatori di se stessi. Solo Grillo, l’altro leader non omologabile, con un atto di generosità e non certo di convenienza, ricorda i meriti del Di Pietro di ieri e anche di domani candidandolo al Quirinale. Naturalmente è una provocazione. Ma almeno, con Di Pietro sul Colle, se Mancino avesse chiamato per aggiustare il suo processo, si sarebbe beccato una pernacchia.
Anzi, forse non avrebbe nemmeno osato telefonare.

Servizio pubblico: Santanché a De Magistris, io e lei siamo molto simili. Gigi: guardi, ho tanti problemi ma fortunatamente questo no

Marco Travaglio: “nell’antica Roma gli aspiranti alle cariche pubbliche dovevano indossare una tunica bianca e immacolata che rappresentava la loro purezza. Da qui la parola “candidati”. Oggi serve una legge per vietare ai partiti di candidare i condannati dato che sembra che i partiti siano obbligati a farlo.

Come i fiori a primavera [peccato però, che sia già autunno]

 

Il guerrigliero è un riformatore sociale, il quale impugna le armi per rispondere all’irata protesta del popolo contro l’oppressore e lotta per cambiare il regime sociale colpevole di tenere i suoi fratelli inermi nell’ombra e nella miseria.

Ernesto – Che – Guevara, (Rosario, 14 maggio 1928 – La Higuera, 9 ottobre 1967)

Sottotitolo1: ma quanto deve durare una campagna elettorale per delle elezioni che non sappiamo neanche (se) e quando avverranno? ma questi, tutti, Bersani, Alfano, Renzi, Casini e tutta la compagnia di giro che ci perseguita ovunque già da ora è sicura che Monti restituirà il giochino? il professore sta una favola, dice perfino che l’Italia sta meglio…

Sottotitolo2:  “Per unire il centrodestra Silvio Berlusconi è pronto a non ricandidarsi. Per non consegnare l’Italia alla sinistra occorre un gesto di visione e generosità degli altri protagonisti del centrodestra” [Il Fatto Quotidiano].

Dunque, poco meno di vent’anni fa è sceso in campo per non consegnare il paese alla sinistra e oggi si fa da parte sempre per non consegnare il paese alla sinistra. Qualcuno lo avvertisse pure che allora, ai tempi della discesa dico, qualcosa che somigliasse  alla sinistra forse c’era. Oggi quel rischio è definitivamente scongiurato. Quindi può continuare a fare tranquillamente quel che ha fatto in questi dieci mesi. Tranquillo silvio, ché armate rosse qui non ce ne sono,  e anche a San Pietro è tutto sotto controllo: perciò, chètati.

“Bisogna ricostruire L’Aquila” [Giorgio Napolitano]
L’ Aquila è stata devastata dal sisma il giorno 06 aprile 2009 alle ore 3:32.
ieri, 07 ottobre 2012, dopo più di tre anni, Giorgio Napolitano si è accorto che la città va ricostruita.
cazzo, come fa a essere così rrrrrapido! non gli si sta dietro!

unzeitgemass.blogspot.it/2012/10/fulmine-di-guerra.html

L’Aquila: presidente Napolitano, un’occasione persa

 

Ieri ho sentito dire da qualcuno in televisione, non mi ricordo chi fosse ma sicuramente si tratta di una di quelle persone che trovano sempre una ribalta, uno studio televisivo e un giornalista dotato di microfono che pensa che abbia cose interessantissime da comunicare all’Italia urbi et orbi, che l’esperienza in politica “non dipende dalla carta d’identità”.

E probabilmente è vero, anzi, siccome è mattina presto e non voglio iniziare a sfasciarmi la testa fin da ora voglio dire che “sicuramente” è vero.

Ma vogliamo o possiamo dire però che chi il prossimo anno festeggerà le nozze di diamante col parlamento italiano [un diamante è per sempre] avrà molte più probabilità di essere contestato in prima istanza PROPRIO per la sua età se si accorge di una cosa che era sotto gli occhi di tutti da molto prima di ieri? ma come si fa ad essere così insensibili, così umanamente prim’ancora che politicamente  scorretti e uscirsene così come i fiori a primavera e dire che “L’Aquila va ricostruita” dopo che per tre anni non si è parlato praticamente d’altro che del tentativi di berlusconi di ingraziarsi le popolazioni colpite dal terremoto, dopo che gli è stato permesso di giocare sulla pelle di gente colpita da lutti, devastazioni e dolore? dov’era Napolitano quando berlusconi distribuiva abbracci, dentiere e la promessa di ospitare gli sfollati nelle sue case private? solo io mi ricordo le polemiche e gli insulti di Sandro Bondi, l’ex comunista, ex sindaco di Fivizzano ed ex un po’ di tutto folgorato anch’egli sulla via di Arcore quando era  – incredibilmente- un  ministro di questa repubblica,  in occasione dell’uscita di Draquila, il film della Guzzanti che raccontava tutto su L’Aquila molto prima che qualcuno desse un colpetto sulla spalla al presidente per dirgli che è davvero l’ora di svegliarsi perché si è fatto davvero molto tardi?

Ma come si fa, a vivere in un paese così malmesso dalle fondamenta al tetto? e quanta pazienza ci chiederanno ancora di avere?

Quello che voglio dire è che – aldilà anche dell’età –  questo momento storico ci ha fatto capire, e meglio di così non si poteva, che la distanza fra gli amministratori e gli amministrati non può essere di queste dimensioni.

Perché quella è gente che vive davvero al di fuori della realtà, purtroppo però solo della nostra. La sua la conosce molto bene, ecco perché fa di tutto affinché tutto resti così com’è.

Piccolo post scriptum: l’Italia sta meglio, ha detto il sobrio governatore prestato alla politica. Peccato che l’altrettanto elegante e sobria presidentessa del Fmi lo abbia smentito nello spazio di qualche ora.

Gli insaputi
Marco Travaglio, 9 ottobre

Tre anni fa, quando Scajola informò l’Italia e il mondo intero di essersi fatto pagare due terzi della casa dal costruttore Anemone, ma a sua insaputa, e si dimise perché “un ministro non può sospetta
re di abitare un’abitazione pagata in parte da altri”, tutti risero di gusto. Dinanzi a un alibi tanto roccioso, qualcuno provò perfino un filo di nostalgia per il “così fan tutti” di Craxi e degli altri ladri di Tangentopoli, che pensavano di salvarsi dall’accusa di rubare sostenendo che rubavano anche gli altri. L’idea che un ministro pensi di difendere la sua reputazione passando per fesso mette sempre un certo buonumore. Ma il nuovo trend prese subito piede. Quando saltò fuori la P3 dei Verdini, Carboni e Dell’Utri, Berlusconi parlò di “quattro sfigati in pensione”, credendo di fare un complimento a loro e anche a se stesso, che li frequentava e due li aveva mandati in Parlamento. Il governatore sardo Cappellacci, che risultava telecomandato da Carboni, se lo disse addirittura da solo: “Sono un babbeo”. Figurarsi la gioia dei suoi milioni di elettori, quando seppero di aver votato un idiota. Per carità, le aule dei tribunali rigurgitano di imputati che puntano alla seminfermità mentale: ma non basta fare gli idioti per passare per tali. Ci vuole una perizia. E comunque, le ridotte facoltà mentali possono valere sul piano giudiziario, non su quello politico dove, anzi, dovrebbero essere un’aggravante.
Prendete Samantha, l’ex compagna di Er Batman, destinataria di migliaia di euro dai famosi “rimborsi”: “Solo ora apprendo di essere stata assunta e poi licenziata dal gruppo consiliare Pdl. A marzo contattai la segretaria di Fiorito perché dovevo indicare la causale dei bonifici nella dichiarazione dei redditi, ma non mi fece sapere nulla”. Una vergogna: ti pagano per un lavoro che non hai fatto, tu chiedi spiegazioni, ma quelli niente, non te le danno. Ora l’insaputismo, malattia senile del castismo, ha colpito Anna Martina, superdirigente del Comune di Torino con Chiamparino e poi con Fassino: mentre l’ente locale scalava la classifica dei comuni più indebitati d’Italia, conquistandone la vetta, la signora affidava direttamente, senza gara, quattro incarichi in due anni alla “Punto Rec Studios” di cui è socio suo figlio Marco Barberis. Ma, naturalmente, di dimettersi non ci pensa neppur lontanamente: “È stato un errore, non mi sono accorta che fosse la società di mio figlio”. Una svista, che sarà mai? Capita nelle migliori famiglie che una madre dia inavvertitamente appalti a suo figlio, ma senz’accorgersene. Basta avere un ragazzo discreto che non ringrazia neppure per il gentile pensiero, onde evitare che la genitrice se ne avveda e ci ripensi. Risulta persino più credibile Sara Tommasi a proposito del suo primo film porno. Il prestigioso avvocato-scrittore Alfonso Marra, lo attribuisce all’abuso di stupefacenti. Ma lei lo smentisce, sfoderando un alibi ben più solido: “Colpa di entità aliene che mi hanno impiantato un microchip nel cervello”. Sì, è pronta per lavorare al Comune di Torino, alla Regione Lazio e merita un posto in Parlamento. Lei almeno ce l’ha, un cervello.
Ps. Il presidente Napolitano, a tre anni e mezzo dal terremoto, con la rapidità di un accelerato anni 50, mònita da L’Aquila: “È ora di ricostruire la città, basta new town”. Devono averle costruite a sua insaputa. Chissà dov’era quando B. buttava 1,1 miliardi di soldi nostri per quegli obbrobri e li inaugurava col plastico di Vespa, i terremotati protestavano ignorati dal Tg1 e denunciati dal prefetto Gabrielli, la Guzzanti denunciava tutto nel film Draquila, e noi scrivevamo che la ricostruzione era tutta finta. Comunque ben arrivato, presidente. E complimenti per i riflessi.

 

La situazione che non fa onore

Sottotitolo: è davvero stupefacente l’idea di democrazia di Mario Monti, vuole fare politica ma non vuole essere scelto dalla gente.
Si mette a disposizione ma solo se gli garantiscono di poter rimanere fuori dal circo delle campagne elettorali e delle elezioni.
Da un anno ripete di essere in prestito alla politica e solo una ventina di giorni fa affermava che non aveva nessuna intenzione di proseguire il suo mandato.
Ieri ha ripetuto le stesse parole pronunciate qualche giorno fa da Catricalà per dire il contrario e chissà cosa c’è dietro questa sua dichiarazione fatta nientemeno che dall’America.
Questo, naturalmente, per il bene del paese: è generoso lui, siamo noi che pensiamo sempre male.

La situazione di affollamento dei penitenziari italiani “non fa onore al nostro Paese e anzi ne ferisce la credibilità internazionale”. [Giorgio Napolitano]

Di abolire quello schifo di leggi che mettono in galera chi non ci deve andare non se ne parla mai.

Prima ci s’inventano  i reati e poi si piange perché le carceri sono piene? la bossi fini,  quella che ha materialmente creato un reato che non c’e:  la clandestinità,  e la giovanardi fini, quella che manda in galera chi si fa uno spinello sono ancora lì:  obbrobrii giuridici, questi sì, da paese incivile,  che nessuno vuole abolire.

Di pene alternative, di affidamenti ai servizi sociali, di costruzioni di edifici alternativi alle carceri vere e proprie tipo comunità sorvegliate dove il ladruncolo e lo scippatore possono benissimo vivere in regime di semilibertà, imparare un mestiere, nemmeno.

Di amnistia e indulto però sì, perché è  la via più comoda per la politica  ma più complicata per noi che poi ci dobbiamo ritrovare ciclicamente a discutere di un governo che mette in libertà stupratori seriali, assassini, pedofili e quanto di altro si legge e si sente ogni volta che si mette in atto un indulto o l’amnistia.
Anche se non è vero, anche se è vero in parte perché comunque quelli che escono dalle galere tutti stinchi di santo non sono.
I cittadini italiani non pagano milioni di euro di tasse per far funzionare anche la giustizia per vedere poi che la stessa viene amministrata e gestita in modo inadeguato da persone evidentemente anch’esse  inadeguate o interessate a farla funzionare nel modo sbagliato; quello che non fa onore ad un paese civile è che una vetrina spaccata preveda dodici anni di carcere [da scontare] e la vita di una persona tre condonati e perdonati proprio dall’indulto.

E, se mi posso permettere, c’è molto altro nel nostro paese che non gli fa onore e lo rende abbastanza ridicolo agli occhi del resto del mondo civile, ad esempio un centinaio [conteggio approssimativo che comprende indagati, imputati che devono ancora sottoporsi a un processo, prescritti, condannati con sentenza passata in giudicato] di rappresentanti della politica, presenti in parlamento, che hanno avuto e hanno problemi con la giustizia ma sono ancora in parlamento a dare il loro contributo per la realizzazione di leggi che poi dovremo rispettare tutti, anche chi non è indagato, imputato, prescritto e condannato: non è abbastanza ridicolo questo? io dico di sì, anzi è peggio: è miserabile che a rappresentare la politica sia gente del genere. 

E non è singolare che si riparli di indulto e amnistie ogni volta che la legge e la giustizia si occupano di personaggi “evidenti”? la volta scorsa era previti che, dei suoi sei anni di carcere ha scontato sì e no una settimana, oggi sallusti che comunque in una galera non ci sarebbe mai finito, a dispetto del coro delle prefiche di destra, sinistra, centro e tecniche, del giornalismo tutt’intero salvo poche eccezioni – Napolitano in testa – che da due giorni si è mobilitato per salvare la faccia ma soprattutto il culo a dei diffamatori per mestiere.
Quello che non fa onore a questo paese è che si consenta ai politici di rubare, mafiare, corrompere senza che gli succeda niente, quello che ne ferisce la credibilità è che la politica sia ancora condizionata da un signore che in parlamento non avrebbe dovuto neanche metterci piede PROPRIO per i suoi problemi giudiziari ma che invece è stato accolto con tutti gli onori scavalcando anche la legge che glielo impediva; quello che lo rende pateticamente ridicolo è che una persona senza documenti venga considerata criminale anche se non ha ammazzato, rubato, preso tangenti, fatto affari con la mafia.
Quello che non fa onore al nostro Paese e anzi ne ferisce la credibilità internazionale è che in questo paese il rispetto della legge sia diventato una questione di appartenenza ad un ceto, ad una categoria, chi ruba, mafia, corrompe, si fa corrompere e fa politica si salva sempre, anzi, in molti casi si fa politica proprio e solo per questo.
Le carceri, presidente, non sono piene di politici disonesti, di imprenditori disonesti, di dirigenti disonesti ma di tanta gente che in una galera non ci dovrebbe neanche stare: la politica faccia leggi civili da paese civile di cui poi nessuno si deve vergognare, invece di pensare agli indulti e alle amnistie per tirare fuori dai guai i soliti amici degli amici.
Gli infarinati
Marco Travaglio, 28 settembre
Sebbene Sallusti ce la metta tutta per farmene pentire, non rinnego l’articolo che ho scritto l’altro giorno sul suo caso. Continuo a pensare che, per risolverlo senza ledere i principi di legalità e di uguaglianza, sarebbe bastato poco: che Sallusti si scusasse col giudice Cocilovo per le infamie scritte su Libero da Renato Farina col comico pseudonimo “Dreyfus” e risarcisse il danno, in cambio del ritiro della querela che avrebbe estinto il processo prima della Cassazione. Poi il Parlamento, visto che i partiti a parole sono tutti d’accordo, avrebbe potuto finalmente riformare la diffamazione a mezzo stampa. Cocilovo s’è detto disponibile, annunciando che avrebbe destinato il risarcimento a una onlus. Ma Sallusti s’è rifiutato di scusarsi e di risarcire, anzi è andato a Porta a Porta a rivendicare l’articolo diffamatorio come libera “opinione” e negando di aver commesso reati. A quel punto la Cassazione, che può annullare le sentenze solo per vizi giuridici o per difetti di motivazione, s’è limitata ad applicare la legge esistente: non ravvisando vizi né difetti nel verdetto d’appello, l’ha confermato. Così è stato Sallusti a condannare a 14 mesi di carcere Sallusti, evidentemente per far esplodere il caso. Il che andrebbe a suo onore, se non fosse che ha subito colto l’ennesima occasione per sparare sui “giudici politicizzati” e sulla “sentenza politica”. Ma qui di politico non c’è un bel nulla: c’è un giornale che mente sapendo di mentire, scrivendo che Cocilovo ha “ordinato” a una ragazzina “l’aborto coattivo” e dunque “se ci fosse la pena di morte, sarebbe il caso di applicarla a genitori, ginecologo e giudice”. Peccato che fosse la ragazza a voler abortire all’insaputa del padre e insieme alla madre avesse chiesto il permesso al giudice: l’avevano scritto l’Ansa e tutti i giornali, tranne Libero, che poi si guardò bene dal rettificare la maxi-balla. Altro che “opinione”: è diffamazione bella e buona, attribuzione di un fatto determinato tanto grave quanto falso. E non si capisce a che titolo il presidente della Repubblica, dopo aver “avvertito” i giudici che li teneva d’occhio mentre stavano per decidere, torni a far sapere che “si riserva di acquisire tutti gli elementi di valutazione”: lui non ha alcun potere di “sorvegliare” i giudici nell’esercizio delle loro funzioni né di “acquisire” alcunché sul merito delle loro decisioni. Semmai è il Csm che potrebbe farlo, se i titolari dell’azione disciplinare (Pg della Cassazione e Guardasigilli) ravvisassero nella sentenza profili disciplinari di abnormità. E qui abnorme è la legge, non la sentenza che la applica. Ma, al posto dei partiti che la usano per ricattare la stampa, sul banco degli imputati finiscono, tanto per cambiare, i giudici che l’hanno osservata. Repubblica parla di “accanimento giudiziario” e “mostruosità giuridica” per una pena detentiva prevista dalla legge. Il solito Battista denuncia sul Corriere “il divario clamoroso tra i due gradi di giudizio” (la prima condanna a 5 mila più 30 mila euro e la seconda che ha aggiunto i 14 mesi di reclusione). Oh bella: ma, se in tutti e tre i gradi i giudici devono decidere allo stesso modo, perché non abolire appello e Cassazione e lasciare solo i tribunali? Battista aggiunge: “Sallusti non ha neppure scritto l’articolo incriminato”. Embè? Basta nascondersi dietro uno pseudonimo per diffamare impunemente? Né si può risolvere la faccenda sostituendo il carcere con la multa. Vero che è così in quasi tutte le democrazie. Ma nelle democrazie non esistono politici che usano i loro media per massacrare gli avversari, ben felici di pagare la multa al posto dei loro killer. Per distinguere l’errore in buona fede e la critica aspra dalla diffamazione dolosa non c’è che una strada: una legge che imponga a chi scrive il falso l’immediata rettifica e, in caso di rifiuto, una dura sanzione penale, anche detentiva. Questa legge tutelerebbe i giornalisti. Ma non i Sallusti e i Farina, che augurano la pena di morte agli altri, poi piagnucolano per qualche mese di carcere, peraltro all’italiana: cioè finto.