Una risata li seppellirà [speriamo]

 Credo che la politica italiana sia ormai talmente incistata in tutto ciò che è potere dei soldi da non potersi più salvare senza un radicale colpo di spugna. Qui c’è gente che da dieci, venti, trent’anni e più ha a che fare con tutti. E sempre c’è una scusa, una volta l’amicizia privata come quella di Cancellieri coi Ligresti, un’altra l’esigenza di doversi relazionare con tutti come ha fatto Vendola con l’obiettivo di salvare un “bene” dello stato quale viene ritenuta l’Ilva. Ma insomma voglio dire: ci sarà un limite sano a tutto questo, quello che fa chiudere ogni tanto la porta in faccia, abbassare la cornetta di un telefono, quando NON E’ IL CASO?

La vicenda di Vendola mi ha irritata molto di più di quelle degli altri. E se la gente di sinistra non fosse accecata dal pregiudizio dovrebbe provare la stessa sensazione, invece di prendersela col giornale che fa le inchieste e informa la gente. Invece no, la reazione per molti è stata identica a quella della destra berlusconiana, ho letto cose incredibili a proposito di linciaggio, metodo Boffo: con certa gente bisogna ricominciare dalle asticelle come alle elementari di una volta.
Spiegare che metodo Boffo [inventato da berlusconi] è infamare qualcuno con delle falsità, oppure facendo passare per chissà quali peccati imperdonabili dall’opinione pubblica cose normalissime come un paio calzini turchesi – che saranno pure orribili ma ad indossarli non si commette nessun reato – allo scopo di deturparne l’immagine e la reputazione. 
Quella del Fatto su Vendola è, piaccia o meno, una NOTIZIA.

Ho sempre diffidato della gente che di politica si droga e trasforma i suoi referenti in una sorta di dei del suo culto fino a pensare di doverli difendere ad ogni costo così come si fa con un figlio, una persona cara, un soggetto debole.
La categoria degli intoccabili non dovrebbe far parte di nessun ambito o contesto.
Soprattutto nella politica, che non è mai il soggetto debole.

 

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri.”

“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”

[Joseph Pulitzer]

 Il giornalismo non guarda in faccia nessuno, e non porta acqua al mulino di nessuno. Se e quando lo fa, è un’altra cosa. Una brutta cosa. Tutto il resto, le accuse a giornalisti e giornali colpevoli di non inchinarsi al regimetto e al prepotente di turno sono aria fritta, fumo negli occhi. Che a molti piace tanto digerire perché è molto più facile prendersela col giornale e col giornalista che coi veri responsabili di un fatto. 
Questo paese non crescerà mai anche per questo: perché c’è gente che si culla e si bea nel limbo del non detto, di quelle cose che è meglio non far sapere in giro ché il paese è piccolo e la gente poi mormora. E s’incazza. Mi piacerebbe chiedere a quelli che stanno piagnucolando da ieri ma generalmente lo fanno spesso e volentieri su quant’è brutto e cattivo il Fatto se anche il fondo di Travaglio di oggi su Vendola fa parte del giornalismo “embedded”, che poi, embedded de che, se al Fatto non hanno mai risparmiato niente a nessuno? quello che scrive Travaglio corrisponde al vero o sono pure invenzioni della sua faziosa creatività? perché insomma, bisognerebbe anche crescere, smetterla di prendersela col termometro che misura la febbre e pensare che forse è il caso di curare l’infezione che è la causa della febbre.

Ilva, un provocatore chi fa domande sul cancro
Audio – ascolta le risate choc di Nichi Vendola

Buonanotte Nichi – Alessandro Gilioli, Piovono rane

Ci risiamo con quell’affettuosa complicità fra potenti, con quell’intimità compiaciuta tra il potere politico e la peggiore imprenditoria.

Ed è questo che non si tollera più.

È questo che non si tollera nel caso Cancellieri, è questo che non si può accettare nei toni di Vendola, nel suo declamato «quarto d’ora di risate» verso il giornalista che faceva il suo mestiere di cane da guardia.

È questo che non si può più subire, per Vendola come per qualunque altro: la sensazione di un potere che ride, si «dà garanzie» e si scambia pacche sulle spalle mentre il Paese si arrabatta, soffre, si incazza, muore.

Se l’Italia è destinata a non dover avere un partito di sinistra, un
leader vero di sinistra, qualcuno che esprima politicamente un’idea di
sinistra – non necessariamente staliniana s’intende: i bambini non li mangiamo più da un pezzo da queste parti – che la traduca
in un’azione politica che rispecchi chi si sente di sinistra e vorrebbe
trovare sulla scheda elettorale il simbolo di un partito di sinistra
noi, orfani del partito che non c’è possiamo solo tristemente prenderne atto. Rassegnarci al fatto che quella parte di elettori che non si ritrova in questa politica oscena, odiosa, disonesta, quella degli affari in combutta con quell’alta finanza a cui giorno dopo giorno si sta sacrificando lo stato sociale, con l’imprenditoria sporca, corrotta e criminale che paga tutti perché le servono i favori di tutti, non ha il diritto di essere rappresentata in parlamento. Però poi per favore, non rompeteci i coglioni quando nell’impeto dello sfogo ci viene da dire che alla fine, sono tutti uguali. Perché è difficile non fare di tutta l’erba un fascio, se il fascio è quello che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni. Forse, se al posto di papi e cardinali questi bei politici de’ sinistra che ci ritroviamo si tenessero nel taschino non dico la foto di Che Guevara che sarebbe l’apoteosi, basterebbero quelle di Berlinguer o di Pertini, anche di entrambi e non sarebbe male, qualche ispirazione alle cose di sinistra gli verrebbe più facile.

Perché Vendola querela Il Fatto Quotidiano? Il diritto all’informazione non fa più parte dei valori e dei principi di sinistra? Anche Vendola usa il linguaggio insopportabile, arrogante della minaccia legale? Che deve fare un giornalista quando si trova davanti ad una notizia, ad un fatto, se ritiene che siano di interesse generale e nazionale, fare finta di niente per il solito quieto vivere che piace alla politica, quello dell’omissione?  Il Fatto Quotidiano sta sul cazzo alla destra, alla sinistra, anche a Napolitano, e a me basta questo per rendermelo non solo simpatico ma anche credibile. La verità è che il narratore cortese di sinistra che si tiene il cardinale sul comodino aveva incantato un sacco di gente, e pure me che Sel l’ho votata quale ultima spiaggia. Ma la politica non sa prendere le distanze da questi imprenditori criminali a cui serve, e purtroppo lo trova sempre, il sostegno di tutta la politica: di destra, di  sinistra e anche del pd. Che ne è di quei soldi che ha preso Bersani dai Riva, li ha più restituiti? Se Vendola pensa di stare nel giusto perché è andato a dire a Repubblica che avrebbe querelato Il Fatto Quotidiano?  Se la prende col Fatto e gli risponde da Repubblica, come un berlusconi qualsiasi? E’ sempre complotto? Ogni volta che qualcuno viene sorpreso a fare cose che un politico serio non dovrebbe fare c’è il complotto?

Fra tutte le separazioni dei poteri da fare, quelle di cui si parla
sempre molto e a vanvera la più urgente è quella fra il potere
economico marcio, corrotto e criminale con la politica.
E nemmeno si prendono soldi, da quel potere corrotto e criminale.
La trasparenza e l’onestà non si dicono: si fanno.
Specialmente in politica. 

Come per la Cancellieri non c’è nulla di penalmente rilevante nella conversazione di Vendola con Archinà, ma vogliamo parlare dell’atteggiamento? Come si permette Vendola di dare del provocatore a chi gli sta facendo delle domande? e questa corrispondenza di amorosi e cordiali sensi col dominus dell’Ilva agli arresti domiciliari non significa niente politicamente? Per me sì, significa. Vuol dire che di fronte al potere economico anche Vendola si toglie il cappello, e allora per me può andare a fare un’altra cosa ma non il leader di sinistra.

Nota a margine: ma quanto ridono questi politici nel loro privato? Cos’avranno mai da ridere?

QUANDO UNA RISATA CANCELLA ECOLOGIA E LIBERTA’

 

Svendola – Marco Travaglio, 16 novembre

Ci sono tanti modi per finire una carriera politica. Quello che la sorte ha riservato a Nichi Vendola è uno dei peggiori, proprio perché Nichi Vendola non era tra i politici peggiori. Aveva iniziato bene, con un impegno sincero contro le mafie e l’illegalità. Aveva pagato dei prezzi, ancor più cari di quelli che si pagano di solito mettendosi contro certi poteri, perché faceva politica da gay dichiarato in un paese sostanzialmente omofobo e da uomo di estrema sinistra in una regione sostanzialmente di destra. Ancora nel 2005, quando vinse per la prima volta le primarie del centrosinistra e poi le elezioni regionali in Puglia, attirava vastissimi consensi e altrettanti entusiasmi e speranze. E forse li meritava davvero. Poi però è accaduto qualcosa: forse il potere gli ha dato alla testa, forse la coda di paglia dell’ex giovane comunista ha avuto il sopravvento, o forse quel delirio di onnipotenza che talvolta obnubila le menti degli onesti l’ha portato a pensare che ogni compromesso al ribasso gli fosse lecito, perché lui era Nichi Vendola. S’è messo al fianco, come assessore alla Sanità (il più importante di ogni giunta regionale) un personaggio in palese e quasi dichiarato conflitto d’interessi, come Alberto Tedesco. S’è lasciato imporre come vicepresidente un dalemiano come Alberto Frisullo, poi finito nella Bicamerale del sesso di Gianpi Tarantini, a mezzadria con Berlusconi. Ha appaltato al gruppo Marcegaglia l’intero ciclo dei rifiuti, gratificato da imbarazzanti elogi del Sole 24 Ore quando la signora Emma ne era l’editore. Ha attaccato, con una lettera di chiaro stampo berlusconiano, il pm Desirée Di Geronimo che indagava su di lui. Ha incassato un’archiviazione da un gip risultata poi in rapporti amichevoli con lui e la sua famiglia. Ha stretto un patto col diavolo del San Raffaele, il famigerato e non compianto don Luigi Verzé, consegnandogli le chiavi di un nuovo ospedale a Taranto da centinaia di milioni. E si è genuflesso dinanzi al potere sconfinato della famiglia Riva, chiudendo un occhio o forse tutti e due sulle stragi dell’Ilva. Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo dai Riva (diversamente da Berlusconi e Bersani), non è un’attenuante, anzi un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità “pappa e ciccia” che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito del Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva: quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici, giornalisti, funzionari, persino prelati. Un signore che non si faceva scrupoli di mettere le mani addosso ai pochi giornalisti non asserviti. In quella telefonata gratuitamente volgare, fatta dal governatore per complimentarsi ridacchiando con il faccendiere della bravata contro il cronista importuno, non c’è nulla di istituzionale: nemmeno nel senso più deteriore del termine, nel più vieto luogo comune del politico scafato che deve tener conto dei poteri forti e delle esigenze occupazionali. C’è solo un rapporto ancillare e servile fra l’ex rivoluzionario che si è finalmente seduto a tavola e il potente che a tavola ha sempre seduto e spadroneggia nel vuoto della politica e dei controlli indipendenti, addomesticati a suon di mazzette. Il darsi di gomito fra gli eterni marchesi del Grillo, “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. Questo ovviamente in privato, mentre in pubblico proseguivano le “narrazioni” e le “fabbriche di Nichi”. La poesia sulla scena, la prosa dietro le quinte. La telefonata con Archinà è peggio di qualunque avviso di garanzia, persino di un’eventuale condanna. Perché offende centinaia di migliaia di elettori che ci avevano creduto, migliaia di vittime dell’Ilva e i pochi politici che hanno pagato prezzi altissimi per combattere quel potere malavitoso. Perché cancella quello che di buono (capirai, in otto anni) è stato fatto in Puglia. Perché diffonde il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Perché smaschera la doppia faccia di Nichi. Perché chi ha due facce non ce l’ha più, una faccia.

 

Ipocriti del cazzo [eddue]

Mauro Biani

In un paese civile, normale e dove i diritti dei cittadini fossero tutelati e rispettati in primis da quella politica che li rende operativi per legge gente come giovanardi e la binetti sarebbe in galera per le sue dichiarazioni omofobe e razziste. E invece entrambi continuano ad essere inseguiti da sedicenti giornalisti ansiosi di ascoltare [e purtroppo farle sapere anche a noi] le autorevoli opinioni di questi due, per citare i peggiori, che da sempre esprimono la stessa: l’omosessualità è contro natura, è una malattia. Mentre non è l’una né l’altra cosa, e il dramma è che questo lo sanno anche giovanardi e la binetti che fra l’altro è un medico psichiatra che un ordine dei medici serio avrebbe già cacciato a pedale nel culo.

Chi può dimenticarsi della perla giovanardesca  quando disse che per lui due lesbiche che si baciano sono come chi fa la pipì in strada? eppure sono sempre lì, nessuno se ne preoccupa più di tanto. Fanno folklore, si vede.

La politica continua a  nascondersi dietro l’ignobile alibi del c’è altro a cui pensare, del paese che non è pronto e della gente che non capirebbe, mentre la gente ha capito benissimo che la politica italiana ha legiferato, si fa per dire, e continuerà a farlo in materia di diritti civili col preciso obiettivo di non inimicarsi il prezioso bacino di voti dei cattolici e dunque il vaticano;  la responsabilità  della mancanza di leggi a tutela di diritti e uguaglianza  in questo paese ce l’ha SOLO la politica che, a destra come a sinistra, si è sempre inchinata ai desiderata di papi, vescovi e cardinali al solo scopo di raccattare qualche voto in più,  ce l’ha la gente di questo paese, perché non è mica colpa della chiesa se gli italiani non hanno mai maturato un pensiero forte per contrastare ad esempio l’omofobia, il razzismo. In un paese a maggioranza di imbecilli non spaventa un pregiudicato che ricatta le istituzioni e quel ricatto poi viene fatto subire a noi cittadini per mezzo di un presidente del consiglio che minaccia tasse più alte se cade il governo; non mette paura un condannato alla galera per il reato più odioso di tutti perché ricade su tutti qual è l’evasione fiscale e  che  viene trattato e considerato  ancora come l’interlocutore con cui dialogare, non hanno spaventato sessanta anni di finta democrazia, finta repubblica, finti governi al soldo di altri poteri estranei all’Italia proprio come quello delle larghe e bellissime intese napoletane, no: meglio prendersela con gli omosessuali, i neri, gli zingari, sono loro il vero pericolo.

Non so se una legge contro l’omofobia avrebbe salvato il ragazzino che si è buttato dal balcone a quattordici anni perché stufo di essere la vittima di un paese che sta alla cultura, al rispetto come berlusconi all’onestà:  non è nemmeno il primo né sarà l’ultimo in questo paese di ignoranti mascalzoni.

 Probabilmente no, perché esistono leggi che ordinano di non rubare ma i ladri continuano ad esistere, così come gli assassini, gli stupratori, i pedofili, i corruttori e via a seguire per tutte le azioni oltre la legge che la legge però non potrà mai controllare né risolvere alla radice perché quell’agire fa parte dell’umanità da che esiste l’umanità.

In un paese come il nostro poi dove è la politica stessa a fare in modo che le leggi siano invalidate così come certi processi e alcune sentenze si guarda ormai a quello che accade giornalmente in materia di discriminazioni, ingiustizie, illegalità con un sentimento di dolorosa rassegnazione.

Quello che la politica può fare, ma deve essere una buona politica dunque non la nostra, è fare in modo che si riduca l’asticella delle disuguaglianze fino ad annullarle così come vuole la nostra Costituzione, perché non esiste legge che possa sanzionare l’imbecillità, l’ignoranza e continuare a premere sul tasto dell’esigenza di leggi speciali poi porta ad una legge inutile, malfatta e assurda come quella sul “femminicidio”.

In questo paese non serve una legge contro l’omofobia, altrimenti bisognerebbe farne una verso tutte le caratteristiche umane e personali che smuovono il giudizio becero fino alla discriminazione: ne servirà una che punisca chi prende in giro e discrimina gli obesi, quelli con gli occhiali o il naso storto, una contro chi è contro i facili costumi, nel paese dove ragazze e donne vengono etichettate come troie e discriminate di conseguenza solo perché si vestono in un certo modo e hanno un atteggiamento disinvolto con gli uomini.

In questo paese è necessaria, urgente una legge che metta gli omosessuali, le lesbiche e i trans allo stesso livello di chi non lo è.

 Si parla di diritti, di una Costituzione che comanda che la legge è uguale per tutti ma nei fatti non lo è, e di cittadini uguali sempre, e nei fatti non lo sono.

E i primi a fottersene allegramente sono proprio quelli che dovrebbero difendere tutto quello che è scritto in quella Carta ma nei fatti non succede.

Diritti uguali per tutt* e leggi uguali per tutt*: così si combattono le discriminazioni, non strumentalizzando politicamente le condizioni e  i drammi della gente per magari guadagnarci perfino dei soldi sopra con strutture apposite alla tutela di questo e quello.
E allo stesso modo è necessario, urgente che la politica di tutti i colori smetta di usare le minoranze quale strumento elettorale, trasformarle in argomenti buoni in campagna elettorale, non fare nulla quando dovrebbe e ricordarsene solo in presenza di una tragedia.

Capito, Lauretta?

Scuse un cazzo [tanto per restare al livello intellettuale e morale dei leghisti]

A Taranto si fuma troppo: parola di esperto.

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“Dimissioni Calderoli”. Oltre 25mila firme in poche ore. Petizione su Art.21 e Change.org

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Mauro Biani

Sottotitolo: calderoli, ma generalmente tutti i leghisti e i razzisti si troverebbero perfettamente a loro agio negli States dove ammazzare un nero significa assoluzione certa.

A meno che non ci si chiami O.J.Simpson, nero ma di lusso, nel qual caso si può ammazzare una moglie,  essere assolto per omicidio e finire in galera in un secondo momento per rapina a mano armata.

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 La Carfagna viene insultata, minacciata in Rete e subito la politica insorge e torna a chiedere dei provvedimenti limitativi per la libertà di espressione nel web.

calderoli insulta il ministro Kyenge e lo fa anche da vicepresidente del senato: qualcuno chiederà dei provvedimenti limitativi circa la libertà della politica di mettere fra le istituzioni gente che in un paese normale non sarebbe neanche a pulire i cessi alle stazioni? curiosità da lunedì mattina di mezza estate.

Fra tutti quelli che nelle istituzioni, Napolitano in testa, si sono giustamente indignati per l’insulto al ministro Kyenge e per la minaccia  alla Carfagna,  quanti lo hanno fatto anche per la vicenda del sequestro di madre e figlia kazake? siamo arrivati all’indignazione nazionalpopolare o è sempre la solita e consueta autodifesa di casta? 
La specialista in difesa dei diritti umani promossa alla presidenza della camera ha detto qualcosa? perché insomma, avrebbe dovuto essere la prima a dire qualcosa,  gli ingredienti ci stanno tutti: una donna, la sua bambina e la violazione dei diritti nazionali e internazionali.

Era proprio la sua materia.  Peccato.

Il vicepresidente del senato calderoli ci ha fatto sapere che, quando vede la ministra Kyenge, pensa ad un orango, io invece quando penso a calderoli mi viene in mente solo lui, il che è molto peggio: ogni altra similitudine sarebbe eccessiva, inappropriata, esagerata.

Il ministro Kyenge ha sbagliato ad accettare le scuse di calderoli  spostando la questione dal piano personale a quello istituzionale.Perché le istituzioni, si fa per dire, non se lo porranno mai il problema di non far entrare in parlamento quelli come calderoli, ma anche quelli come cosentino, dell’utri e berlusconi. Non si può sempre sorvolare in virtù di una superiorità intellettuale, morale che quelli come calderoli non comprendono.

Il problema non è che esistano individui ripugnanti come calderoli,  ce ne sono tanti  anche altrove dal paese che non esiste, quella padania di cui vaneggiano i rozzi bifolchi in camicia verde, gente che anche quando non dimostra di essere particolarmente cattiva  non riesce proprio a non essere razzista, a non pensare che ‘quelli che vengono da fuori’ sono un pericolo, uno spreco di risorse per gli italiani, e che insomma, se ognun* restasse al suo paese non sarebbe poi così malaccio.

Il dramma è che a uno così non siano state ancora sbarrate le porte del parlamento.  

Da calderoli ci si aspetta che faccia proprio calderoli. Dagli altri no: calderoli è stato ministro di questa repubblica soprattutto grazie a chi pensa di essere diverso da lui.

calderoli è quello  delle magliette anti islam che provocarono morti e feriti a Bengasi qualche anno fa, le sue NON SONO GAFFES  di un deficiente, sono dichiarazioni pericolose che poi hanno delle conseguenze serie,  gravi e altrettanto pericolose per tutta l’Italia e non solo.

E a uno così il governo delle larghe intese ha affidato niente meno che la vicepresidenza del senato. 

Ecco perché le scuse si potevano e si dovevano rifiutare. Non si scusa chi ti prende a calci in bocca ripetutamente.

E l’unica questione che resta non aperta ma proprio spalancata non è quella dell’offesa, dell’insulto e del razzismo ma quella di un parlamento stracolmo di impresentabili cialtroni, ignoranti, disonesti e delinquenti che si rendono responsabili di fatti molto più gravi di un insulto, benché odioso, ma per quei fatti poi non s’indigna Napolitano che parla di “imbarbarimento” a proposito del razzismo di calderoli ma non trova, evidentemente, abbastanza barbaro e incivile sequestrare  due persone colpevoli di nulla a casa loro; non pensa, altrettanto evidentemente, di dover dire due parole a proposito di una donna e di una bambina di sei anni trattate dallo stato italiano che lui rappresenta come due criminali.

Il vero imbarbarimento sono le continue violazioni ai diritti, alla Costituzione compiute dalle istituzioni stesse che ormai non fanno sussultare più nessuno a parte una minoranza di idealisti  che non si rassegnano  al fatto che il declino di questo paese, economico, sociale, umano, morale, etico, è ormai irreversibile e la responsabilità di tutto questo è principalmente di chi avrebbe dovuto proteggere, tutelare quei valori e principi racchiusi nella Costituzione più bella del mondo.

Fascisti su Marte? no: nazisti a Milano

Quello che non si può più sopportare e accettare è chi parla e scrive di violenze verbali in Rete, stupidaggini talvolta sì offensive scritte non solo dai soliti imbrattatori virtuali idioti ma anche da gente stanca e stufa, parole che fino a prova contraria non sono in grado di spostare di una virgola lo stato pietoso di questo paese, non ottengono nessun riscontro da parte della politica e delle istituzioni, non ammazzano nessuno, non fanno tacere nessuno.

Mentre la vera violenza è quella che arriva da uno stato assente, che non condanna alle giuste punizioni i suoi funzionari violenti, che permette che le stragi di stato restino impunite offrendo coperture e vie di fuga ai loro autori, che dice no alla mafia ma poi tollera i mafiosi in parlamento senza il benché minimo fastidio, che impone, nella figura della sua più alta istituzione governi non scelti dal popolo, che prendono decisioni contro il popolo lasciando dietro, a mai più, quelle che renderebbero questo paese non eccezionalmente ma semplicemente normale.

In Germania, dove il nazismo è nato e si è propalato una manifestazione come quella organizzata ieri a Milano non sarebbe mai stata permessa, non per motivi di ordine pubblico ma proprio in rispetto alla Storia e ai milioni di persone vittime della follia criminale nazista.

Milano, raduno nazista per un concerto

Pisapia: “Una presenza inaccettabile”

La Skinhouse ha organizzato un meeting a Rogoredo per raccogliere fondi a sostegno delle spese processuali per i camerati di Azione Skinhead per fatti legati all’operazione “Runa” del 1993. Sul palco band italiane e straniere che incitano all’odio e alla superiorità razziale.

Il questore e il prefetto di Milano che hanno concesso l’autorizzazione alla manifestazione nazista  perché,  secondo la prefettura non c’erano le condizioni per presumere un allarme di ordine pubblico, andrebbero licenziati e condannati a tornare sui banchi di scuola per imparare che non è necessario dire no alle manifestazioni naziste e fasciste per motivi di ordine pubblico ma perché in un paese nato da una Resistenza Antifascista e che onora l’Antifascismo nella sua Costituzione, al fascismo, al nazismo e a tutte le loro espressioni si dice NO senza se e senza ma.

 In Italia l’Antifascismo è sancito dalla Costituzione, non è una possibilità su cui opinare e nessuna libertà di espressione deve poter consentire di far passare teorie violente, malate, insane, figuriamoci quindi quelle che si richiamano al nazismo: l’orrore più orrore di tutti.

Il 27 gennaio scorso alla commemorazione della Giornata della Memoria Angela Merkel disse, ipocritamente o meno però l’ha detto: “la Germania nella tragedia della Shoah ha una responsabilità perenne”.

Non ha detto che hitler fece anche cose buone, per dire.

 

Pisapia, di fronte a questo fatto inaudito, avrebbe dovuto interpellare personalmente il presidente della Repubblica, il garante della Costituzione Antifascista.

 Napolitano invece  che fa?  sta zitto come al solito  per non turbare questo magnifico clima di pacificazione nazionale.

«Cosa vogliono questi signori? La base non la ho sentita…» [Anna Finocchiaro]

E ancora: scusi, ci spiega perché il Pd non vota Rodotà?
«Guardi, di lui non abbiamo proprio mai parlato».

[Beatrice Borromeo intervista Anna Finocchiaro sul Fatto di oggi].

Ma l’articolo 67 non si applica anche ai grandi elettori?
Dunque se il segretario di un partito ordina di fare una scemenza come quella di votare scheda bianca e rimandare ad oltranza questo stillicidio non ci si può ribellare in funzione del fatto che “ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato?”
Esercitare, per una volta, il buon senso personale sarebbe pretendere troppo?

Dire no ad un’ottima persona come Stefano Rodotà appellandosi all’assurdo principio del “perché l’ha detto Grillo” [e non è così, casomai l’hanno detto gli elettori 5S  dimostrando di essere molto più lungimiranti di quelli di altri partiti], è il sintomo, la conferma che la politica, e nella fattispecie quella che dovrebbe, per posizione, principi, valori, essere più vicina alla gente e non agl’interessi di qualcuno non ha capito nulla di quel che è accaduto in questo paese,  non ha saputo ascoltare e raccogliere le istanze, le richieste della gente, che non le interessa affatto il cambiamento, il miglioramento ma che – al contrario – l’obiettivo è sempre lo stesso: il mantenimento in essere di tutto ciò che era ed è e di cui, evidentemente, non ci si può liberare. 

 Si preferisce tenere un intero paese in ostaggio delle manovre [sporche] di palazzo, lasciare che navighi a vista in funzione degli interessi di qualcuno: sempre lo stesso qualcuno.

Qui siamo oltre il ricatto, io mi prendo la libertà di pensare che si è arrivati alla minaccia vera e propria, non c’è altra spiegazione.

Non è mai bello infierire sulle sconfitte altrui, umanamente mi dispiace per Bersani ma, il fatto che a fregare Bersani siano stati proprio i suoi e non altri, i ‘nemici’, quei fascisti del web così tanto temuti e temibili, i potenziali guastatori dello stato, non so, mi provoca una sensazione di perversa piacevolezza.

Di cosa è morto il Pd di Bersani

Saper ascoltare, nel 2013, non è più un’opzione: è una condizione igienica. Come saper leggere e scrivere, insomma. Anni e anni di mancanza d’ascolto sono esplosi in 48 ore. Anni in cui i messaggi che arrivavano anche via Internet – da persone in carne e ossa, militanti, simpatizzanti, elettori – veniva derubricato a ‘popolo del Web’, come se fosse una corrente, una nicchia movimentista, minoritaria e un po’ rompiscatole.

Alessandro Gilioli la pensa come me, la qual cosa non risolve ma, aiuta.

Sottotitolo: la toppa colossale è stata aver permesso che fosse berlusconi a scegliersi il SUO presidente, altroché il garante, il presidente condiviso, quello delle larghe intese. Franco Marini nel 1997 aveva già partecipato, durante una cena a casa di Gianni Letta a cui era presente, oltre alla volpe del Tavoliere e al diretto interessato anche Fini, al famoso patto della crostata, da cui scaturì la tragica bicamerale con la quale d’alema, da presidente della stessa, consegnò a berlusconi le chiavi del paese.

Scriveva Trilussa: “e come disse er merlo ar tordo… sentirai er botto si nun sei sordo…” 

Significa più o meno che, se nemmeno dopo una serie di avvertimenti circa un pericolo incombente il soggetto,l’obiettivo di un possibile danno non pensa che sia il caso di mettersi al riparo e prendere gli opportuni provvedimenti, le contromisure, quando poi quel pericolo arriva, un po’, un bel po’, se lo è cercato.

L’umana comprensione non può né deve impedire di restare obiettivi, di pensare che gli avvertimenti ci sono stati, che c’è stata una larghissima parte di società civile che in tutti questi anni ha detto delle cose, ha fatto sapere alla dirigenza del pd quello che non andava bene, ci sono stati autorevoli intellettuali, alcuni, e in verità pochi giornalisti [ché la maggioranza si sa, tiene famiglia] che qualcosa hanno scritto a proposito di accordi che non accordavano, di intese che non intendevano e che venivano giustamente interpretate male dalla gente che ancora oggi non riesce a capire come si può essere così irresponsabili da sacrificare tutto di se stessi per andare incontro alle esigenze dell’impostore al quale degl’interessi della gente e del paese non frega nulla: tutti sanno ormai cosa interessa a silvio berlusconi e quali sono le sue priorità.
E oggi, per una questione di orgoglio, per non aver voluto accettare la proposta di Rodotà presidente della repubblica solo perché arrivata dai 5S – dei quali tutto si può dire meno che non abbiano dimostrato molta più intelligenza dei cosiddetti politici navigati nella scelta dei candidati – l’Italia rischia di ritrovarsi di nuovo punto e a capo, gli italiani spettatori di questo film dell’orrore che dura da diciotto anni e cioè quello di un parlamento e di una politica avvitati ancora e di nuovo nelle faccende di chi vive la sua vita e agisce in assoluto spregio e sfregio di leggi e regole, nella risoluzione dei suoi problemi.
Tutto questo mentre il paese affonda ma la politica sembra non sembra essersene accorta.

 

Prodotà
Marco Travaglio, 20 aprile

A questo punto, con tutto il rispetto che si deve agli infermi, chi vuol bene a Pier Luigi Bersani dovrebbe mettergli accanto un pool di infermieri e di sanitari per assicurargli le cure e le assistenze del caso. Il pover’uomo, dopo aver perso le elezioni già vinte regalando agli avversari una dozzina di punti in due mesi, anziché dimettersi all’indomani del voto è rimasto al suo posto fino a ieri notte per propiziare un’altra ragguardevole serie di catastrofi. Prima s’è accaparrato le presidenze di due Camere senz’avere nemmeno un terzo dei voti. Poi ha preteso di guidare il governo senz’avere i numeri al Senato. Infine ha mandato al macello due fondatori del Pd, Marini e Prodi, senza preoccuparsi di garantire loro neppure l’appoggio dei suoi (figurarsi quello di altri). Intanto, nel breve volgere di 50 giorni, ha tentato di allearsi con tutti i partiti: M5S, Lega, Monti, Pdl (manca solo Casa Pound, ma solo perché non è in Parlamento) e ha preso pesci in faccia da tutti. Così ha spappolato il suo partito. Ha regalato un trionfo al rivale Renzi che, a lungo accusato di essere la quinta colonna di B., ora può intestarsi il merito di aver fatto saltare l’inciucio con B. Ha fatto di Grillo un idolo di una parte dei suoi elettori, che preferiscono di gran lunga i candidati al Colle di 5Stelle ai nomi partoriti dagli strateghi del Nazareno. E, non contento, ha gettato alle ortiche l’offerta (finalmente generosa) di Grillo, che gli avrebbe consentito di sciogliere in un colpo solo i nodi del Quirinale e del governo con un asse del rinnovamento che avrebbe messo nell’angolo B. e soddisfatto i desideri dei due terzi degli italiani. Al suo posto, qualunque persona di buonsenso avrebbe appoggiato Rodotà, che piace ai 5Stelle e a buona parte degli elettori ma anche degli eletti del Pd, e possiede un forte serbatoio in Parlamento (250 al terzo scrutinio, 213 al quarto), ben oltre i voti pentastellati. Basterebbe il 50% del centrosinistra per mandarlo al Quirinale e, subito dopo, aprire le trattative con Grillo per un governo presieduto da una figura extra-partiti. Il principale ostacolo a questa soluzione ideale fin dall’inizio, e cioè Napolitano, è stato infatti rimosso con la sua meravigliosa discesa dal Colle. È vero che Prodi è il migliore della vecchia guardia. Ma proprio per questo la sua candidatura andava preparata e protetta con cura: invece è stata gettata in pasto al mattatoio dell’aula, dove i cecchini dalemiani, mariniani, bersaniani e forse renziani hanno massacrato non solo lui, ma tutto il Pd. Anche un bambino tonto avrebbe capito, dopo lo tsunami anti-Marini, che in questo Parlamento non passa nessun simbolo dell’Ancien Régime. E che occorre un colpo di reni per un’idea nuova. Bersani e i geni che lo circondano non l’hanno capito. Né l’han capito alcuni D’Alema boys, che ancora sperano di arraffare il Colle, come se nulla fosse accaduto. O forse l’hanno capito benissimo, ma sono già d’accordo con B., che è un modo come un altro per suicidarsi. A questo punto, a meno che questi dementi capaci soltanto di spararsi sui piedi non vogliano mandare al massacro altri agnelli sacrificali, le soluzioni sono solo due.
La prima (in tutti i sensi): il Pd, o quel che ne resta, vota Rodotà e si riprende per i capelli a un millimetro dalla tomba, ma soprattutto salva l’Italia dal caos, andando a parlare coi 5Stelle per un governo Zagrebelsky o Settis. La seconda (ai limiti dell’impossibile): il Pd insiste su Prodi, convincendolo a ritirare il ritiro; e chiede a M5S
i 110 voti che gli mancano, promettendo in cambio di indicare subito Rodotà premier. L’alternativa è l’abbraccio mortale al Pdl su Cancellieri o Amato o D’Alema o Grasso o 
ri-Marini o ri-Napolitano, che garantirebbe a B. il trionfo eterno. 
Chi, nel Pd, pensa che votare Rodotà sia la fine del Pd non vede che il Pd è già finito.
Anzi, vien da domandarsi che diavolo avrebbe combinato al governo, visto che non governa neppure se stesso. 
Fate la carità: arrendetevi. 
Almeno al buonsenso.

La Grande Truffa

Senato, Grillo risale e Monti scende
A Bersani il centro potrebbe non bastare

Il nuovo exploit dei Cinque Stelle nei sondaggi può mettere in crisi le alleanze del Pd a Palazzo Madama
Così potrebbe affacciarsi la riproposizione del caso Sicilia, dove Crocetta ha bisogno dei voti del M5S.

Preambolo: Vendola a differenza di Bertytweed che quando sente e legge Marco  Travaglio si fa venire l’orticaria, ieri sera a Servizio Pubblico, annuiva. Quindi significa che Travaglio  tutte ‘ste stronzate fascistoidi non le dice e non le scrive. Nemmeno quando – giustamente – ricorda tutte le cazzate fatte dalla sinistra al posto di quel che una sinistra ma anche un centrosinistra onesto e coerente doveva, avrebbe dovuto e deve fare.

C’era una volta un politico piccolo piccolo che tutti davano per morto , e regolarmente risorgeva dalle sue ceneri. Montanelli lo chiamava “Il Rieccolo”.

Sottotitolo: Enrico Letta: “Su un eventuale accordo futuro con i montiani decideranno insieme Bersani e Vendola. In ogni caso un allargamento è nella logica delle cose, perché abbiamo di fronte i populismi di Grillo e Berlusconi, che sono populismi molto aggressivi rispetto ai quali dobbiamo fare fronte comune”. Il Pd è straordinario. Da una parte insulta chi vota M5S (o Ingroia) equiparandolo a chi vota Berlusconi (dimenticandosi che l’unica forza che mai ha fatto opposizione a Berlusconi è proprio il centrosinistra). Dall’altra chiede – anzi esige – il “voto utile”, altrimenti “se vince Berlusconi è colpa vostra”. Tradotto: ti entrano in casa, ti ciulano la compagna, ti sfasciano i mobili e poi ti chiedono i soldi per tornare a casa in taxi (e se non glieli dai sei un antidemocratico). Che statisti mirabili. [Andrea Scanzi]


Enrico Letta è lo stesso che il 13 luglio scorso disse “meglio votare Berlusconi che Grillo”.

Sul fatto che a luglio del 2012 Enrico Letta, il nipote dello zio, non aveva ancora capito che Grillo NON si vota, stendiamo un velo “lettoso”.

Questo piccolo amarcord onde evitare rotture di coglioni a posteriori quando, armato di torce e lumini cimiteriali qualcuno andrà a caccia degli eventuali colpevoli dell’eventuale débâcle.

Questo è il risultato di una pessima propaganda, spesso più violenta delle cose che si criticano e si rimproverano a Grillo.
Parlano tutti dell’imbonitore del nuovo millennio, della riproduzione su scala di mussolini e berlusconi ma intanto Grillo continua a riempire le piazze mentre i politici ‘tradizionali’ nelle piazze non ci possono più andare; meglio parlare ai “parenti stretti” nella comodità dei teatri che ospitano i loro convegni in campagna elettorale o davanti a giornalisti compiacenti che non li straniscono troppo.
Grillo, il grande bluff, la truffa targata Casaleggio [manco fosse dell’utri], ma la truffa è anche chi dice di volersi occupare di un paese ma non dice in che modo intende farlo, e con chi, soprattutto; la truffa è dire che si va a governare con Vendola ma decidere sul filo di lana, sempre per l’irresponsabilità di parole e comportamenti di una campagna elettorale pietosa e penosa, di andarci con Monti. Chiunque abbia ancora a disposizione una briciola di obiettività sa benissimo che per mettere più sinistra nel pd, anzi, per mettercela e basta serve dare il voto all’unico partito che è di sinistra e cioè Sel. Il problema è quando poi, nella coalizione di governo Vendola dovrà togliersi il cappello di fronte alle decisioni che Bersani prenderà non con lui ma col sobrio professore. Perché è questo che succederà, e bisognerebbe avere l’onestà di dirlo.

Non voterò il movimento, ma non ne sono nemmeno terrorizzata come quelli che in questi mesi hanno parlato di Grillo come del babau del terzo millennio, perché io Monti lo temo molto più di Grillo, e anche di berlusconi.

Nota a margine: Angelo Bagnasco,  di professione cardinale, presidente della Cei interviene nel dibattito politico pre elettorale: ”Gli italiani hanno bisogno della verità delle cose, senza sconti, senza tragedie ma anche senza illusioni”. Tre le priorità che dovrà seguire il nuovo governo: “lavoro, famiglia e riforme dello Stato”.

La faccia tosta di questi millenari affabulatori dell’irrealtà è davvero insopportabile. Le loro eminenze in fatto di balle vogliono mantenere l’esclusiva.

Dopo aver sostenuto per diciotto anni il più grande cazzaro disonesto dell’universo naturalmente perché da bravo cristiano come ha dimostrato di essere gli garantiva [come tutta la politica del resto ha sempre fatto] i rubinetti sempre aperti oggi sale in cattedra permettendosi di dire che gli italiani non devono cadere nel tranello della politica bugiarda, quella che ha sempre fatto comodo a loro, quella che gliele dà tutte vinte, quella che permette a questi millantatori di interferire nella politica, di dettare l’agenda a proposito di leggi, un’agenda di fronte alla quale tutta la politica di destra, centro, sinistra e centrosinistra si è sempre inchinata con riverenza e referenza.

Basta: questo paese ha il diritto di avere una politica che metta al loro posto questi disturbatori della società che impediscono a questo paese di progredire, crescere, diventare normale, civile, accogliente per tutti e dove si rispettano i diritti di tutti.

Stupidità oggettiva
Marco Travaglio, 7 febbraio

Se il centrosinistra non avesse abdicato al dovere morale e politico di rinfacciare a B. i suoi scandali giudiziari, così immunizzandolo per sempre dalle conseguenze morali e politiche dei reati suoi e delle sue aziende, oggi potrebbe rispondergli qualcosa a proposito delle sue accuse sul caso Montepaschi. Perché purtroppo B. ha ragione a denunciare la “responsabilità oggettiva” degli ex Pci, ex Pds, ex Ds, ora Pd nella malagestione della banca senese, da decenni nelle mani degli amministratori locali del centrosinistra, dopo aver fatto capo alla P2 e aver regalato a B. fidi e finanziamenti oltre ogni limite di rischio ai tempi di Milano2. Il fatto è che la responsabilità oggettiva dovrebbe valere sempre, anche per lui. Anche quando viene assolto o prescritto in processi che vedono condannati suoi manager o fedelissimi. Stiamo parlando non solo di culpa in eligendo e in vigilando, per aver scelto gli uomini sbagliati e non averli sorvegliati. Ma anche soprattutto di culpa “in premiando”, visto che, una volta accertata la loro colpevolezza, non sono stati rimossi o puniti, anzi han fatto tutti carriera, in azienda o addirittura in Parlamento. Delle tangenti alla Guardia di Finanza, B. disse di non saperne nulla. Fu condannato in primo grado, prescritto in appello e assolto per insufficienza di prove in Cassazione: ma il capo dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia, confessò e fu condannato per corruzione a 2 anni e 4 mesi, mentre l’avvocato Massimo Maria Berruti si beccò 8 mesi per favoreggiamento: dopodiché entrambi divennero onorevoli, sebbene B. sapesse tutto almeno dalle sentenze, o forse proprio per questo. E la responsabilità oggettiva di B.? Nessuno ne parlò. Anzi, quando fu assolto, D’Alema si scusò pubblicamente con lui per aver chiesto a suo tempo le sue dimissioni: cioè per averne detta eccezionalmente una giusta. Anche Dell’Utri fu condannato per le false fatture di Publitalia insieme ad altri manager, e poi per mafia: promosso senatore. E la responsabilità oggettiva di B.? Passata in cavalleria. Il fratello minore Paolo patteggiò per una mega-truffa alla Regione Lombardia. Della responsabilità oggettiva del fratello maggiore, neanche a parlarne. Previti fu condannato perché comprava giudici e sentenze à la carte con soldi di B. e della Fininvest: B. se la cavò per prescrizione, ma la Fininvest fu condannata civilmente a risarcire De Benedetti per lo scippo della Mondadori. Avete mai sentito un esponente del centrosinistra (a parte Di Pietro, non a caso espulso con ingnominia) rammentargli quella piccola responsabilità oggettiva da 560 milioni? Idem per il caso Mills: l’a vvocato inglese fu condannato per essere stato corrotto con 600 mila dollari di provenienza Fininvest e poi prescritto, mentre B. fu subito prescritto. E la sua responsabilità oggettiva? Di solito, per accertare la responsabilità oggettiva di un politico, non c’è bisogno di processi o sentenze: bastano i fatti, almeno quando sono documentati. E di fatti documentati ce n’erano a bizzeffe già nel 1997, quando il centrosinistra promosse B. a padre costituente nella Bicamerale, chiamandolo a riformare “insieme” nientemeno che la Costituzione. E ce n’erano a carrettate nel novembre 2011, quando il Pd accettò di entrare in una maggioranza guidata da lui per governare insieme l’Italia appoggiando Monti. Per vent’anni chi avrebbe potuto e dovuto isolarlo, rifiutare di parlargli, delegittimarlo per le sue colpe politico- morali prim’ancora che penali, lo ha invece coinvolto, riverito, interpellato, legittimato. Col risultato che lui, oggi, rinfaccia agli altri le loro responsabilità oggettive. E gli altri non sanno cosa rispondere, perché non hanno più nulla da dirgli: o, peggio, dovrebbero dirgli ciò che non gli han detto per vent’anni.

Giura_Menti

Sottotitolo:  un presidente di una democrazia repubblicana, moderna, che giura di impegnarsi a governare “con l’aiuto di Dio” è un’anomalia per un paese occidentale. Nemmeno noi siamo arrivati a tanto, benché il nostro paese subisca più di tutti gli altri l’interferenza del vaticano, così tanto da essere l’unico al mondo  a mantenerlo in toto  economicamente per mezzo delle tasse dei contribuenti.

Regaliamo una Costituzione a Obama, così almeno il presidente americano e dunque il presidente del mondo si toglie dall’imbarazzo di dover giurare nemmeno su una bibbia ma addirittura su due.

E chissà perché il presidente di una democrazia dovrebbe – anzi deve, anzi lo fa – giurare sulla bibbia? magari per poi dare un senso alle guerre dichiarate in nome di Dio?

 

Ma veniamo a noi: il Financial Times boccia Monti; “non è l’uomo giusto per guidare l’Italia”. 

Il FT non ha preferenze, quello che deve dire lo dice.  Lo ha fatto con berlusconi e oggi lo fa col sobrio professore.

Adesso mi piacerebbe sentire i commenti dei sostenitori responsabili, in primis di chi per nominare Monti salvatore della patria non ha avuto nessun problema ad organizzare un mezzo colpetto di stato previa nomina di senatore a vita per una persona che non aveva nemmeno uno dei requisiti richiesti dalla Costituzione.

Quindi ai candidati alle prossime elezioni, quelli che pensano di essere la soluzione del problema e non, invece, una parte consistente del problema chiederei se, invece di continuare a fare il solito giochetto fra chi ce l’ha più lungo, che considerata l’età media dei partecipanti appare anche piuttosto ridicolo perché non ci danno una ragione più che mai esaustiva sul perché dovremmo votare chi ha mandato praticamente sul lastrico milioni di italiani, oppure per chi si è vantato di aver collaborato “responsabilmente senza se e senza ma” coi guastatori – sobri – dello stato sociale all’impoverimento e alla cancellazione dei diritti e del futuro dei nostri figli? 
Oppure per chi diceva – fino a ieri praticamente – di non condividere una virgola dell’agenda Monti ma oggi pur di non perdere la possibilità di avere il suo bel posticino al sole sarebbe disposto a rivedere le sue opinioni?
Dai su, raccontateci una storia, spiegateci perché voi sareste meglio di chi si chiama fuori dalla bella politica tradizionale tanto cara al nostro presidente della repubblica.

Cosentino minaccia: ‘Io fuori? Vi rovino’

DELL’UTRI, STORIA DI UN IMPRESENTABILE (di M. Portanova)

IL RICATTO DI UN CAMORRISTA.
” Ma io vi rovino, ritiro i miei consiglieri e faccio saltare decine di giunte in Campania: poi vi faccio perdere le elezioni. Lo capite o no che per darla vinta a quattro giustizialisti io finisco in galera?”

 


Ma mi faccia il piacere – Marco Travaglio, 21 gennaio
Terlizzi vende moda. “Se Monti fa autocritica e corregge alcune delle sue controriforme è un fatto positivo e con lui si può costruire un compromesso importante” (Nichi Vendola, SkyTg 24 , 19-1). L’ultima moda è l’orecchino sul loden.
Guardie e ladri. “Se gli inquisitori sono più pericolosi degli inquisiti” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 20-1). Ecco perché i veri impresentabili sono i giudici” (Fabrizio Rondolino, il Giornale, 20-1). Questa gente, quando le svaligiano la casa, è capace di chiamare Arsenio Lupin e denunciare i carabinieri.
Lo sfollagente. “Bersani a Italia Domanda, su Canale 5: 3.196.000 telespettatori. Berlusconi a Italia Domanda, su Canale5, due giorni dopo 3.196.000 telespettatori” 
(dai giornali del 20-1). Colpa di Santoro, si capisce.
Modica quantità. “Mi hanno condannato perché nel 2002 avrei evaso 4,9 milioni di euro: ma il mio gruppo versò 365 milioni all’erario!”(Silvio Berlusconi, 9-1). Ricorda quel topo di appartamenti che si proclamava innocente perché aveva rubato solo qualche quadro e non aveva potuto completare l’opera portando via anche il televisore e lo stereo perché era arrivata la polizia.
Riformismi. “Ringrazio il movimento dei Riformisti Italiani e Stefania Craxi, ma dopo un’attenta riflessione devo rinunciare a questa candidatura, pur rimanendo al fianco di Stefania Craxi” (Luciano Moggi, La Stampa, 20-1). Strano, pensavamo che ai due fianchi Moggi avesse altrettanti carabinieri. Vorrà dire che di fianchi ne ha tre.
Autoscatto. “Dobbiamo togliere l’Italia dalle mani degli incapaci. Se non ci impegniamo direttamente, su di noi cadrà una colpa grave. Il Paese è un insieme di tribù, corporazioni e fortini che difendono interessi clientelari” (Mario Monti, Corriere della sera, 20-1). Pare che esistano addirittura dei presidenti del Consiglio che favoriscono le banche, la Fiat e l’Ilva. Roba da matti, eh?
Quante volte figliuolo? “Ho votato Berlusconi nel 1994, solo allora, perché credevo nella rivoluzione liberale che poi non è andata avanti” (Mario Monti, Sky , 16-1). Poi la mamma lo prese da parte e, col dovuto tatto, gli rivelò che Babbo Natale non esiste. E forse neanche la Befana.
Falli Sechi. “Monti è uno che va sul ring con la tazza da thè in una mano, mentre con l’altra stende l’avversario” (Mario Sechi, ex de Il Giornale, di Libero, di Panorama, direttore uscente de Il Tempo, intervistato dal Corriere della sera, 17-1). Ogni tanto però si distrae e sbaglia mano.
Family Day. “Il mio pensiero è che la famiglia sia costituita da un uomo e da una donna, fondata sul matrimonio” (Mario Monti, Sky , 16-1). “Sono contrario al matrimonio fra persone dello stesso sesso, la Costituzione parla di unione tra uomo e donna” (Pierferdinando Casini, Rai Parlamento, 17-1). Ma l’articolo 29 della Costituzione recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Nessun accenno a uomo e donna.Però Casini è più esperto di noi, perchè di famiglie ne ha parecchie.
Lui è peggio di me. “Sono che mi ritiro. Non ne posso più di lezioni di morale. Perché il sottoscritto non è considerato degno di candidarsi e lo è invece il pluri-indagato Formigoni? Secondo quale logica chi fa perdere i voti sarei io, ma non viene considerato tale per esempio Verdini? Come mai lo stesso criterio applicato a me non deve valere per tutti quanti i condannati o inquisiti? E solo Berlusconi sarebbe perseguitato dalla giustizia?” (Claudio Scajola, La Stampa, 20-1). Ma non disperi, Sciaboletta: se gli altri dovessero ripensarci, potrà sempre dire di essersi ritirato a sua insaputa.
La macchina del fango (rosso). “Ingroia, liste ovunque. Il Cav ringrazia” (l’Unità, 19-1). Giusto, che gli salta in mente, a quel criptoberlusconiano di Ingroia, di presentare liste “ovunque”? Non sa che deve presentarle solo dove vuole Bersani? L’ideale sarebbe a macchia di leopardo, anzi a zig-zag, o meglio una regione sì e due no, magari tirando a sorte su un piede solo.
Dolce stil novo. “A Ingroia mi è venuto spontaneo dare del mascalzone… ma non volevo offenderlo… E’ il classico ‘mascalzone latino’, nome noto nel mondo grazie alla vela… Basta intendersi sul significato delle parole” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 20-1). Ma sì, mascalzone in senso buono. Affettuoso, ecco.

Articolo 59 della Costituzione ITALIANA

Sottotitolo: Tutto sommato è divertente assistere alle cazziate quotidiane di Monti a Bersani.
Chissà come si sente il segretario a vedere ricambiata così la sua lealtà incondizionata, senza se e senza ma…e chissà come si sente Re Giorgio, ex comunista [ah ah], sarà orgoglioso di averci appioppato ‘sta piattola a vita.
Sarebbe carino se Bersani dicesse a Monti di silenziare i suoi, chessò, il vaticano, la Trilaterale, Goldman Sachs, oppure Bilderberg. Così, giusto per vedere che succede. Essì, era proprio necessario il governo tecnico ma soprattutto sobrio. Un reazionario della risma di Monti non si vedeva in questo paese dal ventennio fascista. Ma il pericolo sono i movimenti, Grillo, Ingroia e la gente perbene.

 

“È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”

Qualche costituzionalista dovrebbe spiegare la dinamica che ha portato alla nomina di senatore a vita di Monti, visto che lo stipendio glielo paghiamo noi.

Ci vorrebbe, ma davvero, una commissione d’inchiesta per scoprire quali meriti – altissimi, per giunta – sociali, artistici, scientifici e letterari abbia avuto Mario Monti per meritarsi la nomina per direttissima a senatore a vita da Napolitano il quale era senatore a vita già prima di diventare presidente di questa repubblica sciagurata.

Sfregi alla Costituzione come se piovesse, tanto, chi se ne accorge? 

Tutt’al più, quelli che se ne accorgono possono sempre essere insultati, accusati di essere degli eversori antistato, di avere scarse qualità intellettive, di essere dei malpensanti. Che problema c’è?
Certe cose possono succedere perché troppa gente non conosce la Costituzione e  non le  interessa niente salvare quello che va protetto e difeso, salvo poi mettersi di traverso davanti alla persona fisica che rappresenta l’istituzione; Napolitano e Monti sono considerati  due grandi statisti nonostante e malgrado i loro errori vistosi che hanno danneggiato proprio lo stato.

Le persone però passano, gli sfregi purtroppo no, e creano il precedente.

E, mentre berlusconi si riprende il centro della scena, inutile la richiesta implorante di NON parlare h24 delle sue puttanate a getto continuo, intorno succede il tutto e l’oltre:

Per Camera e Senato
un ambulatorio da
2 milioni all’anno

Con una nuova delibera datata 18 dicembre, Palazzo Madama punta a rafforzare ulteriormente il presidio di cardiologi e infermieri interni (già 60 i medici sotto contratto): aperte le selezioni per altri cinque cardiologi e altrettanti tra anestesisti e rianimatori. [Il Fatto Quotidiano]

 Sempre la Costituzione recita all’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

E dove sarebbe questa uguaglianza se c’è chi si cura gratis e chi no, chi mangia e chi no, chi può studiare e chi no, chi si prende i diritti anche quando non sono tali attraverso leggi apposite fatte da loro stessi e dai loro pari e chi invece è costretto a rispettare anche quelle ingiuste, inique, quelle che creano nei fatti la disuguaglianza?  dov’è l’uguaglianza se gli stessi diritti di cui godono le varie caste e sottocaste sono poi negati ai cittadini? sarebbe questa la democrazia in politica?

Ricordiamoci anche di questo, a febbraio.
Di chi accorcia e taglia per noi con la benedizione della lealtà, dei senza se e senza ma [anche] per aumentare i propri privilegi, fra i quali quello di essere curati gratuitamente e direttamente sul posto di “lavoro”.

Mentre i cittadini italiani, i residenti sul sacro suolo italico devono aspettare mesi per una tac, una mammografia, un’ecografia, mentre un letto d’ospedale diventa un lusso, un caso fortuito quanto un terno al lotto, e nel frattempo che nei reparti hospice, quelli destinati ai malati terminali viene a mancare la terapia del dolore il parlamento tutto intero si assicura – coi soldi dei contribuenti –  il presidio medico fisso direttamente sul posto.

Ricordiamoceli tutti, questi infami traditori dello stato e del loro mandato che a nulla vogliono e sanno rinunciare per se stessi ma a tutto vogliono che rinunciamo noi che li manteniamo a vita.

Vigliacchi parassiti.

Il grande deserto dei diritti 

STEFANO RODOTÀ

Si può avere una agenda politica che ricacci sullo sfondo, o ignori del tutto, i diritti fondamentali? Dare una risposta a questa domanda richiede memoria del passato e considerazione dei programmi per il futuro.

Ma bilanci e previsioni, in questo momento, mostrano un’Italia che ha perduto il filo dei diritti e, qui come altrove, è caduta prigioniera di una profonda regressione culturale e politica. Le conferme di una valutazione così pessimistica possono essere cercate nel disastro della cosiddetta Seconda Repubblica e nelle ambiguità dell’Agenda per eccellenza, quella che porta il nome di Mario Monti. Solo uno sguardo realistico può consentire una riflessione che prepari una nuova stagione dei diritti. Vent’anni di Seconda Repubblica assomigliano a un vero deserto dei diritti (eccezion fatta per la legge sulla privacy, peraltro pesantemente maltrattata negli ultimi anni, e alla recentissima legge sui diritti dei figli nati fuori del matrimonio). Abbiamo assistito ad una serie di attentati alle libertà, testimoniati da leggi sciagurate come quelle sulla procreazione assistita, sull’immigrazione, sul proibizionismo in materia di droghe, e dal rifiuto di innovazioni modeste in materia di diritto di famiglia, di contrasto all’omofobia. La tutela dei diritti si è spostata fuori del campo della politica, ha trovato i suoi protagonisti nelle corti italiane e internazionali, che hanno smantellato le parti più odiose di quelle leggi grazie al riferimento alla Costituzione, che ha così confermato la sua vitalità, e a norme europee di cui troppo spesso si sottovaluta l’importanza.

La considerazione dei diritti permette di andare più a fondo nella valutazione comparata tra Seconda e Prima Repubblica, oggi rappresentata come luogo di totale inefficienza. Alcuni dati. Nel 1970 vengono approvate le leggi sull’ordinamento regionale, sul referendum, il divorzio, lo statuto dei lavoratori, sulla carcerazione preventiva. In un solo anno si realizza così una profonda innovazione istituzionale, sociale, culturale. E negli anni successivi verranno le leggi sul diritto del difensore di assistere all’interrogatorio dell’imputato e sulla concessione della libertà provvisoria, sulla delega per il nuovo codice di procedura penale, sull’ordinamento penitenziario; sul nuovo processo del lavoro, sui diritti delle lavoratrici madri, sulla parità tra donne e uomini nei luoghi di lavoro; sulla segretezza e la libertà delle comunicazioni; sulla riforma del diritto di famiglia e la fissazione a 18 anni della maggiore età; sulla disciplina dei suoli; sulla chiusura dei manicomi, l’interruzione della gravidanza, l’istituzione del servizio sanitario nazionale. La rivoluzione dei diritti attraversa tutti gli anni ’70, e ci consegna un’Italia più civile.

Non fu un miracolo, e tutto questo avvenne in un tempo in cui il percorso parlamentare delle leggi era ancor più accidentato di oggi. Ma la politica era forte e consapevole, attenta alla società e alla cultura, e dunque capace di non levare steccati, di sfuggire ai fondamentalismi. Esattamente l’opposto di quel che è avvenuto nell’ultimo ventennio, dove un bipolarismo sciagurato ha trasformato l’avversario in nemico, ha negato il negoziato come sale della democrazia, si è arresa ai fondamentalismi. È stata così costruita un’Italia profondamente incivile, razzista, omofoba, preda dell’illegalità, ostile all’altro, a qualsiasi altro. Questo è il lascito della Seconda Repubblica, sulle cui ragioni non si è riflettuto abbastanza.

Le proposte per il futuro, l’eterna chiacchiera su una “legislatura costituente” consentono di sperare che quel tempo sia finito? Divenuta riferimento obbligato, l’Agenda Monti può offrire un punto di partenza della discussione. Nelle sue venticinque pagine, i diritti compaiono quasi sempre in maniera indiretta, nel bozzolo di una pervasiva dimensione economica, sì che gli stessi diritti fondamentali finiscono con l’apparire come una semplice variabile dipendente dell’economia. Si dirà che in tempi difficili questa è una via obbligata, che solo il risanamento dei conti pubblici può fornire le risorse necessarie per l’attuazione dei diritti, e che comunque sono significative le parole dedicate all’istruzione e alla cultura, all’ambiente, alla corruzione, a un reddito di sostentamento minimo. Ma, prima di valutare le questioni specifiche, è il contesto a dover essere considerato.

In un documento che insiste assai sull’Europa, era lecito attendersi che la giusta attenzione per la necessità di procedere verso una vera Unione politica fosse accompagnata dalla sottolineatura esplicita che non si vuole costruire soltanto una più efficiente Europa dei mercati ma, insieme una più forte Europa dei diritti. Al Consiglio europeo di Colonia, nel giugno del 1999, si era detto che solo l’esplicito riconoscimento dei diritti avrebbe potuto dare all’Unione la piena legittimazione democratica, e per questo si imboccò la strada che avrebbe portato alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Questa ha oggi lo stesso valore giuridico dei trattati, sì che diviene una indebita amputazione del quadro istituzionale europeo la riduzione degli obblighi provenienti da Bruxelles a quelli soltanto che riguardano l’economia. Solo nei diritti i cittadini possono cogliere il “valore aggiunto” dell’Europa.

Inquieta, poi, l’accenno alle riforme della nostra Costituzione che sembra dare per scontato che la via da seguire possa esser quella che ha già portato alla manipolazione dell’articolo 41, acrobaticamente salvata dalla Corte costituzionale, e alla “dissoluzione in ambito privatistico” del diritto del lavoro grazie all’articolo 8 della manovra dell’agosto 2011. Ricordo quest’ultimo articolo perché si è proposto di abrogarlo con un referendum, unico modo per ritornare alla legalità costituzionale e non bieco disegno del terribile Vendola. Un’agenda che riguardi il lavoro, oggi, ha due necessari punti di riferimento: la legge sulla rappresentanza sindacale, essenziale strumento di democrazia; e il reddito minimo universale, considerato però nella dimensione dei diritti di cittadinanza. E i diritti sociali, la salute in primo luogo, non sono lussi, ma vincoli alla distribuzione delle risorse.Colpisce il silenzio sui diritti civili. Si insiste sulla famiglia, ma non v’è parola sul divorzio breve e sulle unioni di fatto. Non si fa alcun accenno alle questioni della procreazione e del fine vita: una manifestazione di sobrietà, che annuncia un legislatore rispettoso dell’autodeterminazione delle persone, o piuttosto un’astuzia per non misurarsi con le cosiddette questioni “eticamente sensibili”, per le quali il ressemblement montiano rischia la subalternità alle linee della gerarchia vaticana, ribadite con sospetta durezza proprio in questi giorni? Si sfugge la questione dei beni comuni, per i quali si cade in un rivelatore lapsus istituzionale: si dice che, per i servizi pubblici locali, si rispetteranno “i paletti posti dalla sentenza della Corte costituzionale”, trascurando il fatto che quei paletti li hanno piantati ventisette milioni di italiani con il voto referendario del 2011.

Queste prime osservazioni non ci dicono soltanto che una agenda politica ambiziosa ha bisogno di orizzonti più larghi, di maggior respiro. Mostrano come un vero cambio di passo non possa venire da una politica ad una dimensione, quella dell’economia. Serve un ritorno alla politica “costituzionale”, quella che ha fondato le vere stagioni riformatrici.

 

Il ballottaggio

Sottotitolo: non mi preoccupano le iperbole di Grillo, parole che lasciano il tempo che trovano non essendo lui candidato a fare alcunché nemmeno se il movimento prendesse il 90% alle prossime elezioni. Mi preoccupano molto, e invece, le reali intenzioni di chi voce in capitolo ce l’ha e ce l’ha sempre avuta. A sinistra, ops, pardon, “a centrosinistra” come a destra.

 

Sono sempre andata a votare, non ho mai saltato un appuntamento col seggio, siamo una famiglia che ai valori ci crede, mio padre si faceva portare al seggio anche quando non camminava più, su una sedia a rotelle, quindi, alla luce dell’esito di queste primarie non accetto lezioni di educazione civica relative ad elezioni  organizzate in modo tale che dovessero andare a finire in un certo modo, primarie a cui poteva partecipare solo chi accettava di essere inserito nella categoria degli elettori di centro sinistra.

Io non sono un’elettrice di centro sinistra.

In questo paese la massima espressione della sinistra ha come punto di riferimento un cardinale. Il segretario vincente, del partito dei “ma anche [no]”, un papa.

Vendola, di famiglia comunista e cattolica sarebbe stato il meno peggio, ma Vendola vuole il matrimonio per gli omosessuali e il pd no, Vendola è l’unico che ha parlato di uguaglianza e di diritti civili applicati, il pd questo non lo può fare perché dentro c’ha la Bindi e Fioroni che piuttosto di lavorare per rendere questo paese più civile si farebbero arrostire su una pira.

 A me preoccupa proprio per un fatto culturale che Renzi sia stato preferito a Vendola. L’ha spiegato molto bene Freccero ieri sera, perché Renzi è un vincente. Perché parla una lingua nuova rispetto a quella della politica tradizionale.

Questa è l’epoca della comunicazione veloce, e Renzi può piacere o no ma ha azzeccato benissimo l’approccio comunicativo.

L’affabulazione romantica non convince, la maggioranza degli italiani non è culturalmente preparata a comprendere il linguaggio di Vendola.

Queste primarie sono davvero una sconfitta, al primo turno vince uno che fa parte del parlamento e che ha appoggiato tutti i provvedimenti che hanno ridotto gli italiani sul lastrico. Nel 2012 ancora si parla  ancora di destra e sinistra, di fascisti e comunisti, un modo di guardare alla politica dannoso e che sta  portando il nostro paese allo scatafascio, ci si accontenta di dare il voto a chi rappresenta in modo ideologico un partito pur sapendo che non può farcela piuttosto che puntare su un voto di opinione, innovazione, cambiamento, di Pertini, ce n’è stato solo uno.

Gente che ha votato Vendola scrive che pur di non veder vincere Renzi voterà Bersani, lo stesso che pubblicamente ha detto che tra i due preferisce il rottamatore, liberi tutti  di farlo ma poi ad aprile non ci lamentiamo se al governo vedremo ancora i signori di destra.


Capitolo due euro: democrazia partecipata non significa consegnare soldi alla politica e ai partiti per poi lasciare che partiti e politica facciano un po’ quello che vogliono, dunque quel che hanno sempre fatto.

L’obolo preteso significa dare alla politica ancora potere economico, che invece è quello che andrebbe senz’altro diminuito, visto l’uso sconsiderato che fa la politica coi soldi dei cittadini.  I due euro avrebbero avuto un senso se i partiti  non prendessero già  i rimborsi, allora ci poteva stare il discorso sui costi dell’organizzazione, ma loro i soldi ce li hanno, nonostante un referendum che ha detto, che aveva stabilito che gli italiani non vogliono più finanziare i partiti politici, visto l’uso sconsiderato che poi fanno con quei finanziamenti.
Chi ha votato Vendola come farà a votare Bersani al ballottaggio per non far vincere Renzi? E’ un trip pazzesco. Siamo di nuovo al voto con la molletta al naso perché parliamoci chiaro, chi è di sinistra e ha votato Vendola, a mettere la crocetta su Bersani non ce la dovrebbe fare.
Bersani aveva già anticipato che se avesse vinto lui si sarebbe portato Renzi e non Vendola, perché Renzi è del pd e Vendola no. Ieri sera la Bindi ha promesso il regolamento di conti interno al congresso perché a lei Renzi proprio non va giù. 
E’ questa la politica? è ancora questa, la politica?

…and the winner is

Sottotitolo: La cosa positiva è che da oggi casini c’entra un po’ meno.

Tutti vogliono i matrimoni gay ma poi Bersani cita il papa e Vendola il cardinale [Zoro] #ilconfrontoSkyTg24

Il  vero vincitore è Murdoch, un imprenditore della comunicazione che ha avuto  il merito di mettere su una televisione DAVVERO al servizio della gente.
Nei paesi sani la normalità è questa, confronti e dibatti politici seri, concetti espressi con toni rispettosi e termini comprensibili, altro che i teatrini a cui siamo abituati noi e ai quali TUTTI, anche chi avrebbe dovuto prenderne le distanze si sono adeguati, due nomi a caso Lerner e Santoro che non disdegnano neanche loro presenze insopportabili, che non dicono nulla, gente invitata apposta per armare la rissa a vantaggio dello share. Per non parlare di Floris dalla cui ribalta si è formato un personaggio orribile come l’ex presidentessa ostriche&champagne.
Una cosa che,  fatta nelle televisioni commerciali dove bene o male si è condizionati dai desiderata degli editori di turno potrebbe essere anche tollerata,  ma  nella tv pubblica è inaccettabile in quanto gli editori sono i cittadini che pagano.
Nei paesi appena un po’ normali è la gente a pretendere un’informazione che faccia il suo dovere, ed è ben chiara la differenza fra gossip e – appunto – informazione.
Altro che chiamare questa e quello “affinché si sputtanino da soli”.
Come se non l’avessimo capito tutti chi si è già ampiamente sputtanato in tutti questi anni.

Nel frattempo andrebbe ricordato che tutti ieri sera hanno detto praticamente che la riforma Fornero fa schifo, compreso Bersani che probabilmente ha dimenticato di averla votata insieme al suo partito a beneficio del suo sostegno a Monti “senza se e senza ma”.