La mattanza infinita: strage a Lampedusa

Sottotitolo: se leggo i commenti all’articolo del @fattoquotidiano sulla mattanza a Lampedusa  capisco meglio perché i miei non li passano: perché in rete anche il razzismo fa business, altrimenti non si spiega come è potuto venire in mente al Corriere della sera di proporre un sondaggio come quello di tre giorni fa sui morti di Scicli dove c’era gente che metteva faccine sorridenti, rigorosamente anonime ché non sia mai che parenti, amici e conoscenti vengano a sapere con che razza di rifiuti subumani hanno a che fare,  davanti alla notizia di tredici morti ammazzati.

Un quotidiano on line come Il Fatto lascia spazio ad opinioni razziste, miserabili, volgari, anonime e non permette che si possa replicare, con la propria faccia e il nome, restando nei confini di quella civiltà che i razzisti non conoscono e quindi non possono mettere in pratica. Tutto fa clic e spettacolo. E porta soldi.

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Strasburgo aveva giudicato “sbagliate o controproducenti” le misure prese in questi ultimi anni per gestire i flussi migratori, che non avrebbero messo “l’Italia in grado di gestire un flusso che è e resterà continuo”. Ma ovviamente quando l’Europa chiede diritti umani, civili e non soldi si può benissimo non ascoltare.

Naufragio di migranti a Lampedusa, 82 vittime. “Ci sono morti ovunque”: bilancio destinato a salire. A tre giorni dalla tragedia di Scicli, un’imbarcazione con 500 extracomunitari a bordo è affondata nei pressi dell’Isola dei conigli dopo un incendio, dispersi 250 immigrati
 Tra le vittime anche due bambini e una donna incinta.

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Lampedusa sta pagando un prezzo altissimo ad una inesistente politica per controllare l’immigrazione. Perché bisogna essere onesti fino in fondo, se chi arriva da mare è solo una minima parte, altri arrivano attraverso altri canali significa che non sappiamo quanta gente arriva in Italia ogni giorno. Lo sappiamo solo quando leggiamo le cronache delle ormai quotidiane stragi che avvengono per mare. E un paese civile ha il dovere di prevenire la tragedia. Non è possibile che nessuno sappia mai quando partono questi barconi della disperazione.

 I morti di oggi a Lampedusa, dopo appena tre giorni dall’altra strage della disperazione, sono anch’essi una delle conseguenze di una politica sorda, come direbbe l’anziano monitore, una politica attorcigliata da vent’anni alle vicende di un delinquente e che per questo non ha fatto quello che una politica che ci sente, e ci vede soprattutto, avrebbe dovuto fare. Non è più possibile assistere alla mattanza quotidiana senza provare un moto di disgusto pensando a quello che succede nei palazzi, ai discorsi inutili che si fanno, che non producono nulla per far diventare l’Italia un paese civile, non invece quello che è: un paese di miserabili razzisti, con una politica che usa la disperazione a fini elettorali per ricavarne consenso e voti lucrando sulle paure della gente, sulla promessa di sicurezza, dove centinaia, migliaia di innocenti trovano da decenni una morte orrenda perché nessuno fa nulla per evitarlo.
Perché non è politicamente conveniente occuparsi degli “ultimi”.

La storia dovrebbe aver insegnato che l’umanità si sposta ciclicamente  laddove sa di poter trovare semplicemente del cibo, non  i lussi e i privilegi. Tutti i disperati che vengono qui, nell’ancora opulento occidente  sono gli stessi a cui questo occidente ha rubato tutto. E se tanta gente prendesse atto solo di questo forse sarebbe meno razzista nei confronti di chi è disposto a morire per venire e RIprendersi una parte di ciò che è suo.

Le stragi dei migranti hanno due nomi e due cognomi: si chiamano umberto bossi e gianfranco fini. Lo dico da anni: l’Italia andrebbe inserita negli stati canaglia, quelli con cui i paesi più civili non vogliono avere niente a che fare.

La metafora

 Sottotitolo: La tragedia del Giglio è la più perfetta delle metafore italiane. Onnipotenti al comando che si rivelano codardi incapaci. Dell’equipaggio sbarcano in molti prima di soccorrere. Avranno in premio la vita. Chi resta ad aiutare viene accusato di negligenza. Muoiono i turisti. Ma soprattutto muoiono gli ultimi dell’equipaggio. Gli schiavi. Quelli che lavorano sotto il livello del mare. E mentre la barca è in equilibrio su tre speroni di roccia, ecco giovedì la mareggiata che la inabisserà.

Schettino starebbe bene in parlamento. (D.D.)

 

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Il naufragio di un Paese

Con la Costa Concordia è naufragato quel poco di reputazione del nostro Paese che ancora ci rimaneva.  

Perché fare tante polemiche sulla sicurezza delle navi proprio ora che c’è una tragedia? Semplice, perché siccome tra poco non fregherà più (quasi) nulla a (quasi) nessuno, forse è l’unica occasione per fare qualcosa per rendere più sicura la navigazione. Della serie: si può chiudere il recinto solo quando i buoi sono scappati, è vero, ma almeno si evita che scappino i prossimi. Pensare di eliminare il fattore pericolo nelle cose che si fanno, si devono fare e affrontare è mera utopia, ma buona parte della sicurezza quando si ha a che fare con la responsabilità di altra e tanta gente è nella gestione dell’emergenza e del rischio; gli incidenti capitano in continuazione ma quando si ha una fabbrica, una nave, un autobus bisogna essere responsabile e sapere di aver fatto tutto il meglio per fronteggiare il rischio. Trovare una situazione sicura è impossibile, ma bisognerebbe trovare una situazione almeno “preparata”,  quando si dipende completamente da strutture su cui non si ha voce in capitolo o da altre persone (in nave, in autobus, in aereo, a scuola, in ufficio, a teatro, allo stadio,  in fabbrica, eccetera…).