Indifesi, presuntuosi (e idioti)

Come dice la mia amica Rita, mi rifiuto.
Non posso partecipare e nemmeno intavolare discussioni politiche, leggere articoli politici, ragionare delle e sulle cose facendo riferimento a un politico che è stato battezzato con l’appellativo di trota.
Il trota, come la padania non esiste.
Tutt’al più si può discutere del figlio scemo di bossi che fra l’altro non è l’unico se si considera la performance del di lui fratello minore condannato per aver lanciato candeggina contro un militante di rifondazione comunista.
Ed, eventualmente si può provare ad andare oltre il compatimento nei confronti  di tutta la gente che è caduta nella trappola di un movimento e dei suoi  rappresentanti ai quali tutto interessava – e lo abbiamo visto e letto  molto bene – fuorché il rinnovamento e la buona politica.

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 – Lega, la patacca e la faccia di bronzo

Lo hanno chiamato il giorno dell’orgoglio padano, cioè il giorno del nulla, perché la Padania non esiste nemmeno geograficamente e dell’orgoglio non si è visto manco il francobollo. Si è vista una sceneggiata all’ora di cena o meglio del dopo cena con pasta e fagioli per digerire le cotiche dal pelo alto con cui hanno condito i fagioli.

L’orgoglio patacca è durato meno di un’ora, il tempo di un alca-selzer perché il rutto bergamasco fosse elaborato come un lutto in famiglia per prendere tutti coscienza che il più pulito di loro aveva non solo la rogna, ma anche il portafogli pieno di soldi rubati. Non c’è che dire: questa gente che una volta fu «vandea bianca» e ora è inevitabilmente «vandea verde», è rimasta democristiana nella struttura di stomaco, fegato, milza e frattaglie. Si sono ubriacati e convinti che la loro ignoranza fosse superiorità razziale e ora hanno imparato a loro spese che anche gli ignoranti per natura e per castigo di dio hanno urgente bisogno di denaro fresco, tanto denaro anche per comprarsi le lauree e i diplomi, all’estero per apparire più celtici, cioè più imbecilli.

Bastava guardarli la sera di martedì 10 aprile 2012, data storica per gli annali della decenza pubblica e privata, per capire che l’Italia non sarà mai una nazione libera e un popolo decente. Maroni, condannato in terzo grado per aggressione a pubblico ufficiale, che grida «chi sbaglia deve pagare – pulizia, qualunque nome porti». Bossi che per la prima volta sopra la canottiera porta un completo stirato, compresa la cravatta, che parla di «complotto» e di «Lega unita» e di «Roma Ladrona». Facce di bronzo, se avessero potuto si sarebbero scannati lì davanti a tutti, ma il popolo beone e beota aveva bisogno della recita e loro gliel’ha danno data. Meno di un’ora in tutto e a spese dei venuti. Le clacques organizzate per Maroni e Bossi per fare apparire che almeno esternamente uno scampolo di unità non si nega a nessuno.

Da tutto questo abbiamo imparato che il Trota «è un esempio» da imitare. Esempio di che? Il Trota è un imbecille, figlio d’arte che ha frequentato la scuola della Madre e si vede il risultato con i soldi del popolo italiano. Se Trota è un esempio, è meglio che l’Italia sprofondi nell’abisso dell’inferno perché vuol dire che anche la speranza è defunta per sempre. Se questa è la novità e la diversità!

Da venti anni costoro rubano più di tutti, fregano più degli altri, si sono alleati con Berlusconi, maestro di furto pubblico e privato, corrotto e corruttore all’ennesima potenza; fino a qualche giorno fa erano insieme al governo che hanno distrutto; le tasse di oggi sono frutto in gran parte delle legge che hanno fatto loro; durante il loro governo le tasse sono aumentate come non mai, la disoccupazione cresciuta più di tutti i governi precedenti; il precariato si è diffuso come una macchia d’olio e ora? Ora costoro hanno la faccia di tolla di venire a gridare che loro sono diversi: sì, forse è vero, sono diversi perché sono famelici e familisti come nessun altro nella storia. Ora sembra che vogliono mettere la regola che i parenti fino alla seconda generazione non possono avere incarichi nella Lega: hanno foraggiato figli, mogli, amanti, amanti degli amanti, prostitute, mafiosi, corrotti, Formigoni e ladri e vogliono fare i puliti… ma mi facciano il piacere!!!

Poveri leghisti di strada che si sono lasciati e si lasciano pervicacemente abbindolare dai loro capi sopraffini. E’ colpa di chi li ha votati, è colpa di chi li sostiene, gonzi sulla cui gonzaggine che si nutre di qualche parola magica come «straniero e moschea» per tacitarli come si fa con un cane a cui si butta l’osso ben rosicchiato e pulito. I leghisti mi sembrano come quel monsignore che mentre i francesi entravano per Porta Pia e passavano di casa in casa negava l’evidenza perché «le porte dell’inferno non prevarranno»: di fronte all’ideologia o alla religiosità irrazionale nemmeno i fatti, nemmeno l’evidenza li fa ragionare. I leghisti sono perduti per sempre e sono destinati a morire nei loro stessi escrementi. Beati loro, se si abituano al tristo fiato!

Di fronte alla Lega Ladrona, Roma Ladrona è un pallido sole primaverile, tisicuccio e malfermo in salute, bisognoso di cure ricostituenti. I Romani infatti rubano alla luce del sole e lo dicono e se ne fottono; i leghisti rubano dicendo però di essere «diversi» e non «come loro». Chi è più perverso? SPQR-L. Sono Pazzi Questi Romano-Leghisti! Eppure li stiamo mantenendo noi con pane, companatico, vino, fave e anche il dolce. Grappa per tutti. Omaggio al grande Boss che ha dato alla luce un Trota, tanti pescecani, armati di ganasce dentate, in nome della «secessiùn». Ecco è la parola giusta, il «secesso», ma senza il «se».

A tutti i Musulmani in Italia bisognerebbe regalare una moschea per ogni città a spese della Lega che dovrebbe ringraziarli perché sono gli africani della Tanzania, senza scarpe, ma cervello finissimo, che odorando fumo di truffa e di soldi di mafia, hanno rifiutato i quattro milioni e mezzo della Lega per non sporcarsi le mani con i soldi della mafia che si riciclava con Belsito. Signori della Lega, bisogna dargli la cittadinanza onoraria perché essi sì che sono il segno di una grande civiltà afro-occidentale. Speriamo che c’invadano presto! Noi siamo pronti ad essere invasi perché invasati lo siamo già.

Don Paolo Farinella per Micromega

(12 aprile 2012)

Nel frattempo:

Caso Ruby, da B.127mila euro a
Minetti e De Vivo

I movimenti bancari, risalenti a qualche mese fa, sono stati segnalati dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia (Uif) ai magistrati, che hanno acquisito tutta la documentazione, inserendola nelle “indagini suppletive” notificate ai difensori dell’ex premier (processo Ruby) e di Lele Mora, Emilio Fede e dell’ex igienista dentale del Cavaliere. (Il Fatto Quotidiano)

Anche il più perfetto degl’idioti capirebbe che b., sta tentando (ancora e ancora) di corrompere i testimoni del suo processo, Ghedini, di professione avvocato di b., e nel tempo libero (poco, visto il daffare che gli dà il suo miglior cliente)  parlamentare a nostre spese, no, dice che è tutto lecito e che è giusto aiutare chi si è ritrovato suo malgrado in “evidenti condizioni di difficoltà”, anche quando questo qualcuno risponde al nome di Nicole Minetti, la quale non risulta si sia mai dimessa dal suo incarico politico continuando dunque a percepire un signor stipendio milionario offerto gentilmente da noi contribuenti.

Io non chiedo il riconoscimento di una vergogna qualsiasi, ci mancherebbe che questa gente sappia come si fa, a vergognarsi, però penso che a un certo punto bisognerebbe mettere un punto su certe faccende. Chiaro e definitivo.

Anche per questo, Tabucchi ci mancherà

Tutti i danni irreversibili causati dalla politica italiana  a volte cialtrona ma più spesso criminale, disonesta,  descritti in un solo articolo, così semplice e allo stesso tempo maestoso per completezza che anche un bambino delle elementari ne capirebbe il significato. Ecco perché Antonio Tabucchi non era simpatico al potere:  perché ne conosceva, e bene,  tutta la sua pericolosità e disonestà.

E, a differenza degli intellettuali à la carte, quelli che si vendono e si svendono al miglior offerente, che seguono la scia della convenienza e dell’opportunismo,  lo diceva.

 

Sul Fatto Quotidiano del 31 luglio scorso, lo scrittore commentava l’escalation degli scandali all’ombra dei palazzi del potere: “Viviamo in un enorme buco nero, siamo sommersi da leggi incostituzionali”.

Sistema infetto, questi politici ladri ci hanno rubato tutto

 

La classe politica italiana nella stagione del terrorismo tramava con servizi segreti interni ed esteri. Una volta finite le stragi, quella di oggi è passata al furto. Agli Italiani ha rubato tutto. Ha rubato il paesaggio. Ha rubato la libera scelta e la libera concorrenza. Ha rubato il futuro dei nostri giovani. Ha rubato loro il democratico diritto di dissentire, di protestare e di manifestare e quando ha potuto li ha massacrati e perfino assassinati. Ha rubato la Carta costituzionale. Ha rubato la libera informazione, la televisione pubblica, la scuola, l’università.

Ha rubato la Resistenza, da cui la nostra repubblica è nata, e l’antifascismo su cui si fonda. Ha rubato il principio di ripudio della guerra, che è costitutivo della repubblica. Ha rubato la convivenza civile, il rispetto dovuto ai cittadini, i fondamenti del patto sociale di ogni vera democrazia. Ha rubato le più belle parole della nostra lingua, come “libertà”, facendone un uso perverso. Ha rubato la fiducia nella democrazia (era fragile e incerta, ed è stato facile) e nelle istituzioni. Ci ha rubato perfino il diritto di morire in pace. Ha trasformato il parlamento in un rifugio di corrotti, di mafiosi, di indagati, di condannati. Ha stretto patti scellerati con la mafia. Ha sigillato tutti i suoi malaffari sotto il segreto di Stato: la storia del nostro passato recente è un enorme buco nero. Infine ha rotto gli equilibri istituzionali: il potere legislativo, che in Italia coincide con quello esecutivo, come un fiume in piena ha sommerso il paese con una pletora di leggi incostituzionali.

La magistratura è stata aggredita, avvilita, ingiuriata e indicata alla pubblica opinione quale corpo malato della società. I delinquenti hanno chiamato delinquente l’istituzione di controllo delle loro delinquenze. Questa aggressione del potere politico al potere giudiziario è stata spacciata dalla stessa classe politica come uno “scontro” fra politica e magistratura e come tale propagandato nel paese. Ma avete mai sentito una voce della magistratura che abbia detto che la classe politica è un cancro da estirpare? O che i politici sono antropologicamente diversi? O che le Brigate rosse sono nascoste in Parlamento? No: è quello che contro la magistratura urla da anni l’ex-piduista Silvio Berlusconi. Per questo la magistratura subisce reprimende ogni volta che viene raggirata e vilipesa: perché in Italia al danno deve seguire anche la beffa. Da vent’anni la classe politica impazza su tutti i canali televisivi, quelli privati del presidente del Consiglio e quelli pubblici sui quali ha messo le mani e i piedi.

Da mattina a sera, dai teleschermi, i politici intossicano l’anima degli italiani con le loro chiacchiere, menzogne, barzellette, false promesse, falsi contratti, messe nere. Per questo i magistrati sono rimproverati di eccessiva esposizione mediatica: è perfino successo che abbiano mostrato i calzini a una telecamera nascosta di Berlusconi che li spiava. Ma ultimamente la magistratura si è messa a indagare nella Città e i Cani. A largo raggio. E a chiedere conti. La prostituta marocchina minorenne fermata per furto e che la questura ha rilasciato dietro telefonata di Berlusconi non era proprio la nipote di Mubarak? Spiace che il Parlamento si dica convinto che Berlusconi ne fosse convinto.

La Fininvest ha sottratto la Mondadori al legittimo acquirente grazie a un giudice corrotto dall’onorevole Previti che Oscar Luigi Scalfaro licenziò da ministro della Giustizia prima che lo diventasse? Deve risarcire il derubato. Non si tratta di ideologia, si tratta di furto: spiace che la classe politica non concordi. C’è un grosso giro di prostituzione in una villa del presidente del Consiglio? In Italia lo sfruttamento della prostituzione è ancora un reato e il codice penale non è un’ideologia: spiace che gli onorevoli di Berlusconi non siano d’accordo.

Il perverso sistema della Loggia P2 si è moltiplicato per partenogenesi producendo P3 e P4, cioè affari loschi, pressioni indebite, rapporti oscuri fra finanza e politica? Spiace che alla classe politica piacciano gli affari sporchi. Le falle, come quando una rete si smaglia, si allargano. Da un’inchiesta all’altra affiora da sottopelle un sistema infetto che ricopre l’Italia come una lebbra. Si capisce perché il conflitto d’interessi che ha tenuto in piedi Berlusconi per vent’anni non è mai saltato: perché faceva comodo a destra e a manca. Si capisce perché Enrico Berlinguer è stato rinnegato e Craxi rivalutato dalla politica tutta.

E l’opposizione, implicata anch’essa in faccende illecite, reagisce in maniera scomposta, non proprio come gli altri ma quasi. Sotto inchiesta non ci sono piccoli bottegai ma personaggi di potere, assi di raccordo fra politica e affari. La classe politica si allarma. I “lodi” (Schifani, Alfano, ecc.) non funzionano più, la Camera ha perfino consentito l’arresto cautelare di un onorevole! Che fare? E se si rinfrescasse il ministero della Giustizia?

“Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione”. E’ la formula del giuramento che ogni ministro deve fare di fronte al capo dello Stato per essere accettato come ministro. I ministri li propone il presidente del Consiglio, ma il capo dello Stato li accetta o li respinge. Dipende. E’ importante che Giorgio Napolitano abbia espresso la sua autorevole contrarietà ai tre ministri “baschi” che vogliono portare nelle loro “riserve” alcuni ministeri della Repubblica, sconnettendo ancora di più questa povera Italia sconnessa. Certo che li vogliono lassù, e non con il tricolore: con la croce celtica. Ma questi tre stessi ministri non avevano giurato la loro lealtà alla Repubblica italiana davanti al capo dello Stato?

Il giuramento è un atto simbolico nel quale il celebrante ha la stessa responsabilità morale di colui che giura. Nella cerimonia del battesimo, se il sacerdote dubitasse della cattiva fede del padrino, non accetterebbe la sua garanzia. Evidentemente Napolitano non dubitava delle garanzie che offrivano questi padrini della Repubblica: contrastarli ora, a cose fatte, è più complicato. Peccato che si sia fidato di tali personaggi. In questi giorni l’onorevole Nitto Palma ha giurato la sua fedeltà alle leggi della Repubblica di fronte al capo dello Stato quale nuovo ministro della Giustizia. Non mi compete scendere nel merito. Ma mi preme ricordare il principio della fisica secondo il quale il cosiddetto “punto di crisi”, a causa dell’aumento della temperatura e della pressione, segna il cambiamento di stato di un corpo che da solido diventa liquido o da liquido gassoso e viceversa. E per la percezione che ho delle cose, ritengo che la situazione italiana abbia raggiunto un punto di crisi irreversibile. Impossibile fare previsioni: ma c’è sempre un peggio del peggio. E poi non si dica che era inevitabile.

di Antonio Tabucchi

da Il Fatto Quotidiano del 31 luglio 2011

Non sempre ce lo chiede l’Europa

E non sempre si fa tutto quel che ci chiede l’Europa.

Dipende dalle esigenze, da certe urgenze  e anche  dalle convenienze.

 

Se le richieste dell’Europa sono una scusa
Vladimiro Zagrebelsky – La Stampa
Non sempre ce lo chiede l’Europa. Nel dibattito politico il rinvio a una supposta richiesta proveniente da una non specificata «Europa», serve spesso a imprimere a una proposta un carattere di indiscutibile cogenza e qualche volta ad allontanare da sé la responsabilità dell’iniziativa. Ma la formuletta del «ce lo chiede l’Europa» è equivoca se non altro perché non specifica da quale istituzione europea e con quale tipo di provvedimento, la richiesta venga avanzata.

Massimo D’Alema affronta la polemica che si è sviluppata intorno alla modifica del reato di concussione proposta del Partito Democratico e che riguarderebbe anche il processo Ruby nel quale è imputato l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. “Nessun salvacondotto – garantisce D’Alema ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – è l’OCSE che in un suo recente documento affronta il problema ed avanza una serie di richieste per rendere più efficace la lotta alla corruzione”.

  Cancellare la concusssione?
Monti non avalli questa porcata 

L’editorialista del Fatto Massimo Fini denuncia: se il governo salverà b. – imputato nel processo Ruby per il reato che si vuole cancellare – avrà certo l’appoggio del Pdl ma perderà la fiducia degli italiani

Ritengo D’Alema  il maggior responsabile della calata in politica di b.
Inutile stare a ricordare gli effetti disastrosi della sua bicamerale, ormai li avranno imparati anche i bambini.
 Tutto quello che ha saputo fare di memorabile, da presidente del consiglio DI SINISTRA, è stata una guerra.
Da qui, la caratura, lo spessore politico di quello che ancora in troppi considerano uno statista di rilievo.
Senza il sostegno di b., non avrebbe mai potuto ricoprire incarichi prestigiosi qui e al Parlamento Europeo anche quando il Pd era ai minimi storici di credibilità per un partito politico.

Quei due sono vent’anni ormai che si scambiano favori in modo spudorato e sempre a vantaggio di quello senza i baffi.

Il parlamento italiano ci costa quanto i parlamenti inglese, francese, spagnolo e olandese messi insieme,  l’Europa è da un po’ che chiede interventi anche (soprattutto) in questo ambito e  anche per quanto riguarda i parlamentari inquisiti, condannati, ma stranamente  su questi non s’interviene mai: riduzione dei costi, eliminazione dei privilegi e di tutto quello che di inutile ruota attorno alla casta e che fa lievitare oltremodo ( e molto oltre) i costi che paghiamo noi contribuenti,  da quell’orecchio la politica italiana, il presidente della repubblica non ci sentono, visto che nonostante la crisi, una crisi non determinata dal comportamento scellerato di noi cittadini (che dobbiamo però pagarla e zitti), ma maggiormente proprio da questo esercito di sanguisughe che non si accontentano nemmeno di quel che hanno, visto che quello che non riescono ad avere  (cioè tutto) poi lo rubano (restando perlopiù impuniti), i costi della politica sono sempre altissimi, la casta non ha rinunciato ad uno solo dei suoi privilegi e, se qualcosa è cambiato e cambierà (in peggio) sarà solo a sfavore di noi cittadini, obbligati a pagare il tutto e l’oltre dagli estortori di uno stato che però quando deve restituire, risarcire, pagare i danni dice candidamente che non può perché non ci sono i soldi come nella vicenda della strage di Ustica e nella tragedia quotidiana nella  piccola imprenditoria che lavora per lo stato ma che dallo stato poi non viene pagata nei modi e nei tempi giusti  né aiutata a non morire (in tutti i sensi).

Ma forse tutto questo lo statista D’Alema non lo sa o non se lo ricorda.
Oppure semplicemente non può ricordarselo, per quieto vivere, ecco.