Se D’Alema si sente offeso e indignato figuriamoci noi che abbiamo sopportato anche D’Alema

Il furto di identità è un reato, Daniela P. 
Allora, o smetti di impestarmi il blog di insulti, elimini immediatamente quella mail che hai registrato col mio nome e cognome, smetti di allegare il link del mio blog alle porcherie che stai inviando  oppure ci porto tutto il computer dalla polizia, visto che io non ho niente da nascondere ma tu evidentemente sì, e fai bene, visto che razza di sciagurata mentecatta sei.

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Una volta si diceva che i politici dovessero guadagnare molto per non cadere in tentazione, e si diceva anche che è giusto che i cittadini devono finanziare la politica per non farla diventare un’élite di gente ricca che se la può permettere: per non consegnare la gestione del paese a poche persone in grado di sostenere il costo della politica. Dal momento che entrambe le teorie si sono rivelate fallimentari: i politici cedono spesso e anche volentieri alle tentazioni anche se guadagnano molto, troppo, e con Renzi l’élite nella politica è molto  più di una realtà, potremmo almeno sapere i nomi di chi finanzia la bella politica di Renzi&Co.?
Così, giusto per poterli ringraziare, uno per uno.

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Se io ricevo un’eredità lo stato mi rivolta come un calzino, arrivano prima le cartelle delle tasse da pagare che il tesoretto capitato: sono io che devo consegnare allo stato i fatti miei e il relativo pizzo che il fisco estorce anche su un guadagno casuale per non incorrere in sanzioni, altroché i diritti di privacy invocati e tutelati da una legge apposita per negare il diritto ai cittadini di sapere, ad esempio, chi finanzia le fondazioni alla politica che comprendono beni dal valore immenso, immobili prestigiosi nei centri storici delle città che poi restano patrimonio della politica a vita.
Stessa cosa per le spese eccezionali: noi cittadini costretti a giustificare e spiegare allo stato  dove troviamo i soldi per la macchina, la ristrutturazione della casa e il salotto nuovo, però di loro, di chi ha in mano la cloche non si deve sapere niente in virtù di una privacy, sacrosanta per loro ma inesistente per noi, che siamo sempre oggetto di controlli da parte dello stato anche se ci comportiamo bene.
Qui non si parla dei risvolti privati della vita del politico che pure in altri paesi non rientrano affatto in una riservatezza da garantire a dispetto di tutto ma di soldi, montagne di soldi che la politica riceve per garantirsi l’esistenza da chi poi “potrebbe” chiedere in cambio la stessa cosa: garantirsi l’esistenza da imprenditore, finanziere, industriale, da persona i cui interessi sono strettamente legati alla politica, a chi governa e fa le leggi che “potrebbero” poi favorire l’imprenditore, l’industriale e il finanziere ma non i cittadini comuni: quelli coi diritti alla mercé di chi comanda, compreso quello della riservatezza inviolabile per “loro” ma sempre discutibile per “noi”.

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PD, INDAGINI SU UN PARTITO AL DI SOTTO DI OGNI SOSPETTO (Giampiero Calapà, Andrea Giambartolomei, Vincenzo Iurillo, Giuseppe Lo Bianco, Davide Milosa e Ferruccio Sansa) Il Fatto Quotidiano

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Per una ventina d’anni l’alibi è stato che “la gente votava berlusconi”, dunque il partito di un losco affarista disonesto nato da un’idea di un poi condannato per mafia e quindi quello che succedeva era la conseguenza logica dell’aver affidato l’Italia al losco disonesto in combutta con l’amico, che di mafia se ne intendevano già prima della condanna di dell’utri per concorso “esterno” in associazione mafiosa.
Ogni tanto, per brevi periodi, sembrava che il giochino dell’alternanza democratica fosse davvero una cosa seria: un po’ di potere alla destra e un po’ alla sinistra affinché questo agli occhi del mondo potesse sembrare davvero un paese normale dove governava chi vinceva le elezioni.
Ma la realtà ci ha sempre detto altro, ovvero che l’alternanza è sempre stata solo di facciata, perché i partiti continuavano a farsi reciproci favori anche quando avrebbero dovuto contrastarsi, dimostrare di essere maggioranza e opposizione.
Poi la situazione è precipitata, i problemi giudiziari di berlusconi sono diventati troppi anche per chi faceva finta di niente, aiutava sua bassezza a farsi le leggi su misura che lo facevano sembrare onesto anche se non lo era, non lo è mai stato, poi la crisi, poi Napolitano che invece di battere il pugno sul tavolo e incazzarsi coi disonesti infieriva sulle vittime, cioè noi, continuando ad imporre al paese una politica guidata da chi ha usato lo stato per i beati cazzi suoi e chi invece di reagire opponendosi teneva ben aperto il sacco, perché meglio quelli che il rischio demagogia, populismi, il movimento casinista tanto inviso ma che però ha avuto il grande merito di togliere anche l’ultimo velo di ipocrisia dalle facce e le figure di chi si era spacciato per statista e da quei partiti che come aveva previsto Enrico Berlinguer nella sua ormai dimenticata questione morale si erano trasformati in qualcosa di molto peggio di “macchine del potere”, volendo esagerare si potrebbe parlare di vere e proprie associazioni a delinquere.
Poi-poi sono arrivati i governi cosiddetti di emergenza, quelli necessari per il nostro bene e cioè sempre il loro, quelle larghe intese tanto care all’ex comunista e già emerito che ha plasmato la sua creatura con le nude mani pensando forse di essere a capo di un paese civile dove le larghe intese funzionano semplicemente perché non esistono partiti di proprietà di un delinquente passato poi alla condizione di pregiudicato.
Nel mentre qualcuno costruiva l’odioso luogo comune secondo il quale la “colpa” di tutto non era di chi rubava, reggeva il sacco, faceva finta di fare politica ma in realtà, come ci raccontano perfettamente le cronache di questi ultimi mesi stava mettendo da parte la legna per l’inverno: era nostra di cittadini.
Noi colpevoli di tutto anche ora che siamo stati derubati [ancora!] dell’unico strumento per mezzo del quale poter dire che non siamo d’accordo con la gestione criminosa del paese di questo Robin Hood al contrario che toglie ai poveri per dare ai ricchi, agli amichetti suoi che hanno contribuito in solido alla sua ascesa politica.
Ora, siccome sono una cittadina anch’io, qualcuno di quelli bravi del “siamo tutti”, del “ci meritiamo”, degli “italiani” citati sempre con disprezzo perché portatori insani di tutte le peggiori caratteristiche dis-umane potrebbe essere così gentile da spiegarmi che cazzo c’entro io con tutto questo che è solo la minima parte di quello che è accaduto?  

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MATTEO E LA DITTA (Antonio Padellaro)

Il Fatto Quotidiano

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Se il produttore ripete tutti i giorni che il suo vino è buono  anche se non lo è, anche se dentro ci sono sostanze nocive, ha la possibilità di pubblicizzare il suo prodotto per cielo terra e mare e nessuno di quelli della réclame pensa che sia il caso di indagare su quel vino, se è realmente come lo descrive il suo produttore che ha tutto l’interesse che il suo vino venga comprato, quel vino verrà venduto.
Perché nessuno dice ai possibili acquirenti che c’è l’inganno.
Il problema dunque non è che “la gggente vota pure i pessimi”, il dramma è che la gente continua a votare i partiti degli indagati, dei rinviati a giudizio e finanche dei condannati in via definitiva perché continuano ad essere presentati [da “quelli della réclame”] come il vino buono e degno di essere venduto.
Non c’è stato scandalo in questo paese in cui non fossero presenti esponenti e referenti di tutti i partiti, da una parte le tangenti, la corruzione, il malaffare, la complicità fra la criminalità – anche quella mafiosa – con la politica di tutti gli schieramenti e dall’altra la solita litania del “non sono tutti uguali” a cui si è andata ad aggiungere la strafottenza del presidente del consiglio che non pensa sia utile e proficuo proprio per la politica togliere di mezzo tutte le ombre che portano a pensare male della politica: gli indagati che non si toccano, le leggi contro i giudici che vanno troppo in ferie e che devono pagare per i loro errori, mentre al politico mal che gli vada un vitalizio, anche da condannato, gli verrà comunque assicurato, lo stato continua a garantire uno stipendio milionario anche a chi lo ha tradito.
Siamo sempre noi i malpensanti?

 

Amato, da chi?

 

Come dice un mio caro amico è vero che in Italia abbiamo un problema culturale enorme da cui scaturiscono limiti intellettuali altrettanto enormi, ma la colpa non è solo nostra, della gggente, è soprattutto di chi da pulpiti autorevoli, da ribalte pubbliche, maggiormente nella politica e nelle istituzioni stimola certe reazioni, riflessioni.
C’è un sacco di gente, me compresa, che quando si alza al mattino vorrebbe pensare ad altro, occuparsi serenamente delle sue cose, ma non ce lo fanno fare.
Nel dibattito pubblico non cambia una virgola da vent’anni; berlusconi, i reati di berlusconi, le condanne di berlusconi, i salvataggi in extremis di berlusconi, i papi, gli anatemi sulla famiglia uomo + donna = figli, la negazione dei diritti civili, la politica che non si occupa più di niente se non di stessa, chiusa nella sua autorefenzialità di casta e inginocchiata davanti a poteri più dannosi e devastanti di quanto possa esserlo la politica stessa.

L’Italia è un paese per schizofrenici, non per persone normali, sane, che vogliono essere libere di vivere, respirare e farlo possibilmente in un un paese sano, non corrotto, non nelle mani dei soliti ignobili personaggi.

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Nuovo ricatto dei Riva “Dopo sequestro di ieri chiudiamo le aziende” 

In un paese normale una volta stabilito che un imprenditore è un criminale gli si toglie la possibilità di nuocere ancora, come anche al politico criminale.
Qui no, si preferisce il sadomaso.
Ce piace soffrì.

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Se una gigantessa come Barbara Spinelli scrive che un’eventuale caduta di governo non comporterebbe nessun’aggiunta alla catastrofe in corso da una ventina d’anni [per tacere sui precedenti] io le credo: istintivamente sono più propensa ad avere fiducia in lei che in Napolitano, Letta e in tutti quelli che dalle loro tribune, specialmente quelle “repubblicane” [ogni riferimento a Scalfari non è puramente casuale] minacciano miseria, terrore e morte se il capolavoro napoletano delle larghe intese dovesse si dovesse guastare.

Barbara Spinelli: “Lo stravolgimento dell’art.138 è un colpo di mano”

“Si parla di deroga, ma la parola giusta è violazione della Costituzione: finché non è modificato, l’articolo 138 è legge da osservare. Tanto più è un colpo di mano se pensiamo alla presente congiuntura storica: un Parlamento di nominati, un governo di larghe intese che gli elettori non volevano e che distorce la democrazia”.

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Papa Francesco: “Fecondità dalla differenza. Matrimonio uomo-donna nella Costituzione”.

Ennò, purtroppo non c’è.
Quegli sbadati dei padri costituenti hanno dimenticato di precisare che il matrimonio è quello previsto solo fra donne e uomini. L’articolo 29 parla genericamente di CONIUGI ma non specifica che debbano essere specificamente moglie e marito, ovvero ‘n omo e ‘na donna [cit. Carlo Verdone].

Perché il papa non va a dire a Francia e Inghilterra che hanno appena approvato la legge sui matrimoni omosessuali che “la fecondità sta nella differenza”?

E chi non vuole figli? chi non li può avere? 

Ma basta con questa storiaccia che l’unico matrimonio è quello finalizzato a far nascere dei figli.

 

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Quando è stata approvata la legge che trasforma gli arresti domiciliari in un specie di telelavoro, uno di quelli che si facevano una volta da casa  tipo fare le collanine, imbustare documenti eccetera?

Perché sentir ripetere la storiella che berlusconi non avrebbe problemi a lasciare il parlamento perché potrebbe poi continuare a fare politica “da fuori” a me pare l’ennesima presa per i fondelli in quanto berlusconi più che avere la possibilità di fare politica da fuori dovrebbe smettere di farla, semmai l’abbia mai fatta, in quanto il suo posto sarebbe “dentro”.

I cosiddetti ladri di polli quando sono ai domiciliari devono rispettare anche il confine fra la porta di casa e il pianerottolo, se si azzardano a superarlo e li beccano li riportano direttamente in galera per evasione, qui invece abbiamo avuto alessandro sallusti che in qualità di detenuto ai domiciliari, sebbene per poche ore, ha avuto la possibilità di usare un computer, connettersi alla rete e twittare tutta la sua disperazione di persona deprivata ingiustamente della libertà di poter diffamare ancora e ancora, tant’è che Napolitano alla fine si è commosso e lo ha messo nella condizione di poter continuare a farlo da persona libera.

Perché finché certe cose le dicono i soliti, quelli che sulle balle, sulla disinformazione hanno creato la loro fortuna e il loro potere è una cosa, ma se una minchiata come la politica svolta per videoconferenza mentre si scontano gli arresti domiciliari la dice anche Cacciari in televisione la questione diventa seria.

Avere a disposizione un computer per connettersi ad internet è molto di più che avere la possibilità di uscire di casa, significa poter continuare a comunicare con l’esterno con chi si vuole e quando si vuole, qualcosa che ai detenuti normali, sia che scontino la pena in carcere o a casa non è concessa.

Avvertite Cacciari.

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Napolitano piazza Amato alla Consulta

L’ennesima poltrona per il signore della Casta, Giorgio Meletti

 

Napolitano ha nominato Giuliano Amato giudice della Corte costituzionale

Presidente del Consiglio, ministro della Repubblica in tre diversi governi (Goria, Prodi, D’Alema), già senatore e deputato, giurista e docente universitario. Con questo curriculum l’ex socialista (e braccio destro di Craxi) e poi democratico diventa nuovo componente della Consulta. Il centrodestra lo ha candidato due volte al Quirinale.

AMATO, PIÙ POLTRONE DI DIVANI&DIVANI (DI M. TRAVAGLIO)


BOBO CRAXI DISSE: “PAPÀ CAPO DEI LADRI? AMATO ERA IL VICE” 

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Se il centrodestra che è di berlusconi come un sacco di altre cose, pure troppe, ha candidato due volte Giuliano Amato al Quirinale sarà legittimo dubitare della sua imparzialità quando la Consulta sarà chiamata a decidere su questioni che riguardano berlusconi? io penso di sì.

Fino ad oggi avevamo l’ultimo appiglio, l’ultima speranza che che gli errori, chiamiamoli così, fatti dalla politica trovassero poi una giusta correzione, che i giudici della Corte Costituzionale rendessero nulle le decisioni che la politica prende non in funzione degli interessi di tutti come dovrebbe essere ma solo di qualcuno, spesso solo di uno, il noto pregiudicato delinquente.

E’ grazie alla Consulta che sono state rigettate quelle leggi su cui Napolitano metteva frettolosamente la sua firma senz’accorgersi  che non andavano bene, che non erano in linea con quella Carta che dovrebbe essere il faro nella nebbia della politica e non un fastidioso orpello di cui liberarsi.

Oggi questa certezza non l’abbiamo più, e non perché Giuliano Amato non abbia le competenze per occupare quel ruolo ma perché è un uomo della politica, di quella politica che ha trascinato l’Italia nel baratro, e come scrive Marco Travaglio nel fondo di oggi se a capo di quella Corte così importante, fondamentale per la stabilità della democrazia Napolitano avesse messo una persona “terza” sarebbe stato molto meglio, avrebbe rassicurato tutti circa quell’imparzialità indispensabile con la quale è chiamata a decidere la Consulta.

Invece io ho la sensazione che questa nomina sia  il vero scacco matto alla democrazia, un altro duro colpo inferto alla Costituzione dal bravo presidente, quel garante di tutti ma che in realtà, proprio nei fatti, ha dimostrato di voler garantire solo qualcuno.

Se Amato è il migliore che c’è sulla piazza, e contando gli incarichi che ha avuto, la sua pensione milionaria pare proprio di sì, forse è la risposta del perché questo è un paese da buttare, da radere al suolo e spargerci su il sale, come dopo la battaglia di Cartagine.

E pensare che avere una seconda occupazione per tentare almeno di sopravvivere qui è un reato.
E’ lavoro considerato nero; una truffa allo stato.

E chissà perché chi fa le leggi poi può permettere ai soliti noti di  avere sette, otto, dieci, trenta incarichi tutti pagati [per informazioni citofonare Befera, Abete, Montezemolo, Mastrapasqua, Amato and so on], di fare tutto ciò che vuole tranquillamente, alla luce del sole, lontani dal nero della miseria e della povertà in cui sta sprofondando l’Italia.

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Orgasmo da Rotterdam, Marco Travaglio, 13 settembre

Un giorno o l’altro, magari da qualche casuale intercettazione o ritrovamento di elenchi o liste, scopriremo le doti nascoste di Giuliano Amato, l’uomo che non doveva pensionarsi mai, la salamandra che passava indenne tra le fiamme, il dinosauro sopravvissuto alle glaciazioni, il “sederinodoro” (come diceva Montanelli) che riusciva a occupare contemporaneamente mezza dozzina di cadreghe alla volta. I collezionisti di poltrone e pensioni troveranno a pagina 3 l’elenco completo delle sue. Ma qui c’è di più e di peggio: in un Paese dove nessuno riconosce più alcun arbitro imparziale, figura terza, autorità indipendente, non si sentiva proprio il bisogno di trapiantare un vecchio arnese della politica in quello che dovrebbe essere il massimo presidio della legalità costituzionale: la Consulta. Già negli ultimi anni, spesso a torto e qualche volta a ragione, la Corte è finita nella rissa politica per sentenze o decisioni che puzzavano di compromesso col potere. Specie da quando l’arbitro supremo che sta sul Colle ha smesso la giacchetta nera e s’è messo a giocare le sue partite politiche trasformando la Repubblica in sultanato (vedi bocciatura del referendum elettorale e verdetto sul caso Mancino).

Lo vede anche un bambino che di questi tempi la Consulta e gli altri organi di garanzia hanno bisogno di un surplus di indipendenza e di terzietà. Invece che t’inventa Re Giorgio? Prende un suo amico, ex braccio destro di Craxi, deputato e vicesegretario Psi, vicepremier, due volte premier, ministro del Tesoro (due volte), dell’Interno, delle Riforme, degli Esteri, senatore dell’Ulivo e deputato dell’Unione, candidato al Quirinale nel ’99, nel 2006 e nel 2013, “vicino” (si dice così?) al Montepaschi, consulente Deutsche Bank, insomma ex tutto, e lo promuove giudice costituzionale. Possibile che Napolitano non conosca un giurista meno incistato nel potere politico e finanziario di lui? Gli dicono nulla nomi come Pace, Carlassare, Cordero? Già la Corte è piena di politicanti camuffati da giureconsulti e nominati dal Parlamento, cioè dai partiti. Almeno il Quirinale avrebbe potuto, anzi dovuto scegliere una figura indipendente, fuori dai giochi, magari sotto i 50 anni (e, se non è troppo, donna): invece ha voluto il Poltronissimo. Nonostante certi suoi trascorsi, o forse proprio per quelli.

Nel 1983, spedito da Craxi e commissariare il Psi travolto dallo scandalo Zampini, Amato rimproverò al sindaco Novelli di aver portato il testimone d’accusa in Procura anziché “risolvere politicamente la questione” (tipo insabbiarla). Nell’84-85 ispirò i vergognosi decreti Berlusconi – le prime leggi ad personam di una lunga serie – donati da Craxi all’amico Silvio quando tre pretori sequestrarono le antenne Fininvest fuorilegge. Infatti nel ’94 il Cavaliere riconoscente lo issò all’Antitrust, dove Amato non si accorse mai del monumentale trust berlusconiano sul mercato della tv e della pubblicità (in compenso sbaragliò impavido un temibile trust nel ramo fiammiferi e accendini). Non riportiamo qui, per carità di patria, i fax di Bettino da Hammamet sul “professionista a contratto” che in tante campagne elettorali non s’era mai accorto delle tangenti al Psi. Molto più interessante è la sua intervista del 2009 a Report. Bernardo Iovene gli ricorda che il decreto Craxi-Berlusconi del-l’85 era “provvisorio” e doveva durare solo 6 mesi, in attesa della legge di sistema sulle tv; ma lui s’inventò che era solo “transitorio”, quindi non andava neppure rinnovato una volta scaduto. Anziché arrossire e nascondersi sotto il tavolo, Amato s’illumina d’incenso: “Sa, noi giuristi viviamo di queste finezze: la distinzione fra transitorio e provvisorio è quasi da orgasmo per un giurista… Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”. Ora che dovrà esaminare la legittimità delle leggi firmate dall’amico Giorgio, sarà tutto un orgasmo. Provvisorio e tendenziale.

L – L’orgia del potere

Sottotitolo: Grillo ha detto che il 25 aprile è una festa morta perché è stata tradita la Costituzione [e lo penso anch’io].
E quanto è vivo il 25 aprile per chi, dopo aver detto in tutte le salse che non sarebbe mai successo, fa alleanze coi fascisti  per fare un governo, tanto per NON cambiare abusivo, contro il volere del popolo?

La grande democrazia nel piddì: quella che estorce la fiducia in parlamento pena la minaccia di essere cacciati verso chi non si piega al ricatto come sta capitando in queste ore a Pippo Civati.

Ma il fascista, ça va sans dire, è Grillo, l’epuratore.

La cosa allucinante è che ci sono dichiarazioni fatte una settimana fa, dieci giorni fa, un mese fa, non solo di Letta Jr ma  di tutto il piddì, a proposito del rifiuto alle grandi intese.

La vergogna non solo non abita più qui ma non ci viene nemmeno a fare una passeggiata.

 

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Le ultime parole dei dirigenti

Quando il Pd diceva ‘mai con B.’

di Fabio Chiusi

La famosa linea del Pd

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Bersani. D’Alema. Franceschini. Finocchiaro. Lo stesso Letta. Tutti avevano giurato che non sarebbe mai nato un altro governissimo. In campagna elettorale ma anche dopo. Infatti, si è visto. Ecco le loro ultime parole famose.

 

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Zio e nipote, gli amici americani

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L’errore è stato quello di pensare che la politica abbia sottovalutato berlusconi.
Che abbia mandato l’abusivo impostore fuori legge in parlamento nonostante la legge che diceva di no pensando che tutto sommato avrebbe potuto liberarsene quando e come voleva.
Mentre tutti questi anni e i relativi accadimenti ci hanno detto proprio il contrario: la politica aveva bisogno, e ne ha tutt’ora, di uno come berlusconi, altrimenti non avrebbe mandato un paese allo sbaraglio per berlusconi.
Ed è evidente che tutto abbia fatto fuorché sottovalutarlo, perché probabilmente berlusconi ha mezzi e strumenti per fare in modo che si capisca tutto il suo valore.
Noi non lo vediamo né lo capiamo, la politica sì: ha capito tutto da un bel po’.

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[La vignetta è di Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano]

HA DISTRUTTO L’ITALIA, MAI AL GOVERNO CON BERLUSCONI [Enrico Letta]
Il Fatto Quotidiano, 26 aprile

Occorre un grande patto costituente tra progressisti e moderati che escluda dal governo i populismi di Grillo, Berlusconi e Di Pietro (26-6-12). Il governo si regge su un patto politico chiaro: il Pd si è assunto la responsabilità di stare in una maggioranza con chi ci ha ridotto così, a patto che l’interlocutore non fosse Berlusconi (3-7-12). L’ipotesi di una grande coalizione col Pdl dopo le elezioni è molto lontana. E la lontananza è data dal ritorno in campo di Silvio Berlusconi, che rende questa ipotesi poco credibile” (22-8-12). Quella di una Grande Coalizione col Pdl è una prospettiva completamente affossata dal ritorno di Berlusconi, responsabile della situazione molto negativa nella quale il Paese si è ritrovato” (23-8-12). Nella prossima legislatura non possiamo governare con un patto politico con Berlusconi. Ha distrutto il lavoro di Alfano per rendere il Pdl un normale partito conservatore europeo e l’ha fatto tornare alla logica di Arcore, per noi inaccettabile (3-10-12). La prospettiva di un Berlusconi-5 la vendetta è una idea repellente rispetto alla buona politica (1-12-12). Tra Pd e Monti ci sarà dialogo e competizione leale. Il nostro avversario comune è Berlusconi (23-12-12). Se dovesse esserci necessità di governare con un alleato, non potremmo rivolgerci né a Berlusconi né a Grillo: il ragionamento andrà fatto con coloro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro (28-12-12). Risponderemo colpo su colpo alle parole vergognose sul presidente Napolitano pronunciate da Silvio Berlusconi (31-12-12). Alle bugie di Berlusconi risponderemo colpo su colpo. Bisognerebbe aprire una commissione parlamentare d’inchiesta su di lui (2-1-13).

Il disastro e la vergogna. Berlusconi, con lo spettacolo, cerca di far dimenticare entrambi al Paese. Lui è il nostro vero avversario. E dobbiamo battere il suo populismo. Confidiamo nella memoria degli italiani che sanno che, dopo tre anni di governo Berlusconi, le famiglie e le imprese si trovavano a pagare i mutui cinque volte tanto rispetto a tedeschi e francesi (12-1-13). Berlusconi non torna, perché i danni che ha fatto al Paese sono tanti e gli italiani non hanno una memoria così fallace (14-1-13). L’Italia è stata distrutta da Berlusconi, che sta cercando ancora una volta di rendere questa campagna elettorale ansiogena ai limiti della guerra civile (15-1-13). C’è stato un periodo in cui andando all’estero a noi italiani ci deridevano per il ‘bunga bunga’ piuttosto che apprezzarci per i tanti cervelli costretti a emigrare (25-1-13). Berlusconi è come Sylvester Stallone o Jean-Claude Van Damme nel film I mercenari, come quei personaggi che ritornano e a 65 anni fanno le cose che facevano quando ne avevano a 25: patetico e bollito (30-1-13).

La proposta di rimborsare l’Imu finanziando l’operazione con la tassazione dei capitali italiani in Svizzera non è credibile: perché la fa Berlusconi, perché è basata su premesse che non tengono conto della verità, perché non si poggia sulla possibilità di realizzarla dal punto di vista della solidità politica. Berlusconi è l’uomo che ha fatto quasi fallire l’Italia e che ora si ripropone, rovesciando la verità e facendo promesse irrealizzabili, contando sul fatto che gli italiani ogni tanto hanno la memoria corta. L’alternativa è tra noi e Berlusconi (4-2-13). I voti a Berlusconi? Era assurdo pensare che non ci fosse chi voleva votare per chi difende l’evasione fiscale, visto che in Italia c’è il 20 per cento di evasione fiscale e gli evasori fiscali votano (8-2-13). Abbiamo chiaro da tempo che l’errore fatto negli anni 90 e quando abbiamo governato è stato di non riuscire a fare una buona legge sul conflitto di interessi e la riforma del sistema radiotelevisivo. E anche se i buoi sono scappati dalla stalla, in questa legislatura bisogna rimediare a tutti i costi: il Pd obbligherà Berlusconi a sciogliere i suoi conflitti di interesse se si vuole ricandidare. Il suo ruolo di tycoon mediatico è emerso in tutta la sua pesantezza anche in questa campagna elettorale.

Sarebbe cambiata la storia del Paese se la legge si fosse fatta prima, perché Berlusconi ha usato in modo sempre scorretto il suo potere (21-2-13). Nel dire no a un governo con Berlusconi non dobbiamo avere alcuna ambiguità, mentre dobbiamo sfidare Grillo senza rincorrerlo (6-3-13). Grande coalizione? Fossimo in Germania e ci fosse la Merkel sarebbe la soluzione perfetta. Purtroppo siamo in Italia e c’è Berlusconi, la vedo complicata” (8-3-13). L’agenda del Pdl ha un solo punto: la difesa di Berlusconi (9-3-13). Non tenti la destra di rovesciare le cose e usare il monito di Napolitano a coperture delle proprie ingiustificabili manifestazioni sulle scalinate del Tribunale di Milano. Pensi il Pdl invece a riflettere sulle argomentazioni del Presidente e a rispettare i principi costituzionali di autonomia dei poteri (12-3-13).

Berlusconi oggi propone un governo della concordia. Ma con quale coraggio e con quale coerenza lo fa, dal momento che nell’unico caso in cui sostenevamo lo stesso governo per fronteggiare la crisi più grave del dopoguerra ha tolto la spina prima del tempo solo per i suoi interessi, perché voleva andare a fare la campagna elettorale? (20-3-13). Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile (8-4-13).

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Letta a due piazze

Marco Travaglio, 26 aprile

Letta sono due. Non Gianni ed Enrico. Ci sono proprio due Enrico Letta. Come certi medicinali, uno è a uso esterno, da esibire agli elettori nelle campagne elettorali, tutto accaldato e tonitruante contro B. E l’altro a uso interno, tutto cerimonioso e ossequiente con B., da mandare alle trattative col Pdl (di solito con lo zio Gianni: più che trattative, ricongiungimenti familiari) e all’occorrenza da nominare capo del governo di larghe intese. Sul Letta modello A fanno fede le citazioni testuali che abbiamo raccolto qui a fianco nell’editoriale a sua firma. Sul Letta modello B è il caso di soffermarsi, per comprendere come abbia potuto fare ciò che lui stesso negava dinanzi agli elettori di voler fare e che persino Bersani, con lui alle spalle nel ruolo di vice, ha rifiutato di fare. Ma soprattutto perché B. si fida ciecamente di lui. Il sito di Radio Radicale custodisce un prezioso reperto d’epoca: la presentazione nel 2005 del libro dell’avvocata Giulia Bongiorno, Nient’altro che la verità sul processo Andreotti, che dovrebbe intitolarsi “Nient’altro che la bugia” visto che accredita la balla dell’assoluzione di Andreotti (notoriamente prescritto per il reato di mafia commesso fino al 1980). Insieme al Divo, a Pippo Baudo, a Romiti e a Cossiga, c’è anche Enrico Letta piuttosto ispirato: “Quante volte da bambino ho sentito nominare Andreotti a casa di mio zio, dove passavo tutti i capodanni e tutte le feste!
Una presenza così importante che non veniva nemmeno chiamata, definita: era la Presenza e basta, venerata da tutti. Io avevo una venerazione per questa personalità, questa icona!”. Poi la memoria cede il passo alla lacrima, per la grave “ingiustizia” subìta dalla venerata Icona-Presenza, fortunatamente “andata a buon fine” tant’è che “siamo tutti qui a festeggiare”. Ecco: lui festeggia un politico dichiarato mafioso dalla Cassazione fino al 1980. Un anno dopo sale a Palazzo Chigi con Prodi, rilevando dallo zio Gianni la poltrona di sottosegretario alla Presidenza, per tenergliela in caldo due anni e ricedergliela come nuova nel 2008. Nel frattempo però ha l’occasione di ben meritare agli occhi dello zio e del di lui padrone. Intanto dichiara che nel Pdl c’è “gente in gamba” come “zio Gianni e Tremonti”: lui li vorrebbe tanto nel Pd, ma siccome non vengono (mica scemi), lui pensa bene di imitarli. Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, gli scrive: devi cambiare le regole d’ingaggio all’Avvocatura dello Stato perché smetta di difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro i diritti di Europa7. Scendiletta che fa? Nulla, così l’Avvocatura seguita a difendere la Gasparri. Mediaset ringrazia e torna al governo. Nel 2009 B. ha il solito problema: sistemare i suoi processi col “legittimo impedimento”. Lettino dà subito il via libera sul Corriere : “Il Pd non opporrà obiezioni al ricorso al legittimo impedimento: consideriamo legittimo che, come ogni imputato, Berlusconi si difenda nel processo e dal processo”. Dimentica di precisare quale “ogni imputato”, a parte B., possa difendersi dal processo. Il 28 gennaio 2010 il Pd presenta una mozione alla Camera per le dimissioni del sottosegretario Cosentino indagato per camorra. I banchi del Pdl sono mezzi vuoti, sembra fatta. Ma ecco puntuale il soccorso rosso, o rosé: il gruppo Pd fa mancare 97 voti, fra deputati assenti ingiustificati, astenuti, contrari e usciti dall’aula proprio al momento del voto e rientrati subito dopo. Fra questi ultimi, Letta jr. Mozione respinta con 236 No (Pdl più Lega), 138 Sì, 33 astenuti e Cosentino salvo. Nel 2012, dopo anni di berlusconismo latente, Lettino si libera col più classico dei coming out: “Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo… Non vorrei che si tornasse alla logica dell’antiberlusconismo e delle ammucchiate contro il Cavaliere”. Ecco: le ammucchiate contro il Cavaliere no, invece quelle col Cavaliere si.

Ma che bel paese, l’Italia

Sangue sul Monte dei Paschi di Siena
Si uccide l’ex portavoce di Mussari

David Rossi, 51 anni, capo area comunicazione della banca, si è buttato dalla finestra del suo ufficio

Dal Banco Ambrosiano a Parmalat, i casi di suicidio dei ‘custodi dei segreti’ negli scandali finanziari

Quando succedono cose molto gravi c’è sempre la vittima che paga per tutti.
Chissà come mai l’ex portavoce di Mussari, direttore della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena  si è suicidato.
E chissà perché invece di suicidarsi le persone non si liberano, dicendo quello che sanno, perché chi si suicida qualcosa la sa, cose talmente gravi da non riuscire a portarne il peso.
E chissà perché una vita umana deve valere meno di uno scandalo finanziario, l’ennesimo, sul quale, come sempre accade in questo paese, non si saprà mai la verità.

Ora mi aspetto – dopo la santanchè che puntuale è arrivata con le sue dichiarazioni contro la Magistratura colpevole di indagare sulle ladrate anche quando riguardano eccellenze e istituti come le banche – che  qualche altro solone  dica che Marco Lillo, il giornalista del Fatto Quotidiano  che ha dato la stura a questa porcheria riguardo MPS, avrebbe dovuto farsi i fatti suoi, così come dissero di Rizzo e Stella quando uscì La casta, il libro sui ladri di stato. Perché in questo paese come al solito il colpevole della febbre non è l’infezione, ma il termometro che se ne accorge.

Perugia, gli negano finanziamento
Uccide due impiegate regionali

L’assassino/suicida di Perugia aveva un porto d’armi per attività sportiva, ecco, io mi aspetto che chi usa un’arma per sport, quando non fa sport sia OBBLIGATO a riconsegnarla e che non si vendano armi che uccidono a chi non ha una licenza di uccidere ma solo quella  di poter giocare con un’arma. Specialmente quando le condizioni di salute non dovrebbero consentire il possesso di un’arma.

Posto che a me quelli a cui piacciono le armi anche solo per gioco proprio non riescono a piacermi mai.

Una persona normalmente equilibrata non dovrebbe avere una certa adorazione per le armi.

Chi ha ucciso ieri aveva acquistato l’arma solo qualche giorno fa.

La crisi sarà anche responsabile delle innumerevoli tragedie, suicidi, che accadono fra cui quella, inspiegabile, di ieri che ha avuto come vittime due incolpevoli impiegate di un ufficio di rappresentanza di parte dello stato.
Impiegati e funzionari dello stato non c’entrano nulla coi nostri problemi personali, sono persone che molto spesso vivono gli stessi problemi di chi vorrebbe riversare su di loro i suoi. Una delle due donne uccise era una precaria.

Ma quanto è colpevole uno stato in cui si può vendere un’arma da fuoco a una persona che in passato ha avuto problemi psicologici? quanto è responsabile uno stato dove i governi non impongono leggi severe per obbligare ai controlli medici chi compra e detiene armi per attestarne la salute sotto il profilo psicofisico? perché avere in tasca un po’ di marijuana che fino a prova contraria non ammazza nessuno deve essere un reato e significa rischiare l’arresto, la galera come è accaduto a Stefano Cucchi  che da quella galera è uscito da morto mentre chi si tiene una pistola in tasca in casa non viene controllato da nessuno? sarebbe troppo pretendere che lo stato, visto che dei nostri soldi vuol sapere tutto per mezzo del controllo nei nostri conti in banca, col redditometro, organizzasse anche una banca dati dove registrare chi ha turbe psichiche affinché non abbiano mai la possibilità di acquistare armi – nonché quelli che già le posseggono per invitarli periodicamente a farsi visitare –  e che chi vende armi da fuoco come minimo debba pretendere un certificato medico dall’acquirente? quello che più di tutto manca in questo paese è la serietà di chi è chiamato a pretendere che responsabilità e serietà vengano poi messe in pratica anche dai cittadini.

Una semplice patente di guida richiede  controlli più frequenti del possesso di un porto d’armi: è normale? io dico di no.

Pd, Bersani: ‘Noi mai con il Pdl’
D’Alema: ‘Complesso dell’inciucio’

Qualcuno dicesse all’altro dissociato da se stesso, che “il complesso dell’inciucio” ha un nome e un cognome, con un piccolo sforzo di autocritica può arrivarci anche da solo a indovinare. E che non ci sarebbe nessuna paura di compromessi politici, quando sono finalizzati DAVVERO al bene comune e non, come è sempre accaduto in questi ultimi tre lustri, al salvataggio di chiappe ‘eccellenti” e ancorché flaccide.

Mission impossible
Marco Travaglio, 7 marzo

 

Ieri Bersani era chiamato al massimo sforzo per rendere almeno possibile la mission impossibile di un governo Pd-M5S. E in un certo senso il suo massimo l’ha dato con gli 8 punti del “nuovo” programma. Purtroppo il suo massimo è molto meno del minimo che potrebbe consentire ai neoeletti del M5S di giustificare davanti ai loro elettori l’eventuale appoggio a un governo. E quel minimo potrebbe garantirlo solo un’alta personalità della società civile, non compromessa con i partiti e gl’inciuci dell’ultimo ventennio: come ha proposto Santoro. Anche perché dire “mai al governo con B” mentre si governa con B. da 16 mesi, fa sorridere (“mai più al governo con B.” sarebbe più credibile). Intendiamoci: fra gli 8 punti ci sono anche cose buone. Che però — a parte la legge elettorale alla francese — sono pure le più vaghe o diluite in tempi lunghi (e nei tempi lunghi saremo tutti morti): rinegoziare in Europa i vincoli di bilancio, peraltro sottoscritti da Monti con l’appoggio del Pd; salario minimo per chi non ha lavoro, che peraltro il Pd definiva insostenibile quando lo proponeva Grillo; norme costituzionali per abrogare le province e dimezzare i parlamentari; legge sulla responsabilità giuridica dei partiti; tagli e taglietti qua e là su compensi e poltrone negli enti locali; nuove norme su corruzione, falso in bilancio, reati fiscali, autoriciclaggio, voto di scambio e addirittura riforma della prescrizione (appena accorciata dalla legge Severino, su proposta del Pd, con salvataggio di Penati e delle coop rosse); e altri bei propositi. Non una parola sui cavalli di battaglia del M5S che l’han portato al successo in tutt’Italia e addirittura al trionfo in Val Susa, a Siena, a Taranto e così via: via i fondi pubblici a partiti e giornali; via le leggi 30 e Fornero; via dal Parlamento tutti i condannati, anche sotto i 2 anni; no alle grandi opere inutili, dal Tav Torino-Lione al Terzo Valico, e agli F-35; via i sussidi a banche e imprese private (Mps, Fs, Autostrade ecc.); basta con i Riva che violano la legge all’Ilva; inversione di rotta sui rifiuti, per ridurre progressivamente i materiali inceneriti; antitrust per tv e pubblicità; ritiro delle truppe dall’Afghanistan; tetto alle pensioni d’oro. Totalmente ignorata anche la campagna online di MicroMega , che ha raccolto 130 mila firme in cinque giorni, per dichiarare subito ineleggibile B. ai sensi della legge 361/1957 sui concessionari dello Stato. Anzi il modello da seguire per i conflitti d’interessi è la legge-brodino approvata in commissione “alla Camera nella XV legislatura” (2006-2008). Una barzelletta. Il testo, scritto da Franceschini, Bassanini e Violante (“Si tratta di perfezionare la legge Frattini”) e nobilitato dalle firme di Elia e Onida, riguarda solo i conflitti dei membri del governo, non dei parlamentari; e soprattutto non prevede alcuna ineleggibilità, ma solo il passaggio delle azioni delle imprese del titolare del conflitto a un blind trust, un fondo cieco. Ma così si può risolvere il conflitto d’interessi “attivo”: quello di chi, al governo, potrebbe legiferare a vantaggio delle proprie aziende. Non certo quello “passivo”: di chi, al governo, viene favorito dalle proprie aziende — tipo tv e giornali — nel mantenere o nell’acquisire consenso presso l’opinione pubblica. Insomma, se B. rimane un semplice parlamentare, anche se diventa capogruppo del Pdl o presidente del Senato, non gli succede niente; casomai tornasse al governo, le sue azioni di Mediaset, Mondadori ecc. finirebbero nel fondo cieco, ma i suoi giornalisti continuerebbero a vederci benissimo (e comunque, a quel punto, potrebbe abrogare la legge). Sarà un caso, ma il primo a escogitare il blind trust (Montanelli lo chiamava “blind truff”) per risolvere il conflitto d’interessi di B. era stato, nel 1994, lo stesso B. Insomma, i 5Stelle un governo Bersani non possono appoggiarlo. Ma Berlusconi sì.

Napolitaliano

Ultim’ora: 

Berlusconi indagato per corruzione
“De Gregorio pagato per passare al Pdl”

Secondo la Procura di Napoli, il senatore eletto nel 2006 con l’Idv avrebbe ricevuto tre milioni
per passare immediatamente al centrodestra. L’ex premier accusato anche di finanziamento illegale.

Lettera sull’Imu, Berlusconi indagato

La procura di Reggio Emilia apre un fascicolo sull’ex premier.

Vediamo se D’Alema ripeterà anche oggi che è meglio l’alleanza col pdl, non so, che dovrà fare berlusconi per non essere più considerato dalla politica e votato dalla gente; strangolare qualcuno in diretta televisiva, magari durante uno dei suoi leggendari videomessaggi stile Ra’is?

Sottotitolo [off topic ma mica tanto]: la Lazio – già deferita per la quarta volta in questa stagione – dovrà giocare i prossimi due turni in Europa a porte chiuse perché qualche centinaio dei suoi “tifosi”, i soliti addestrati e mandati dal Picone di turno, anziché fare quello che si dovrebbe fare quando si va a guardare una partita di calcio e cioè il tifo [“tifo = tifosi, saluto romano = testadicazzismo epidemico e diffuso purtroppo in tutta Italia]” – fanno tutt’altro fra cui un gesto che altrove, a differenza del nostro bel paese,  non viene considerato simpatico, goliardia da so’ ragazzi, e nemmeno folklore facente parte degli usi e costumi italiani ma un reato passibile di denuncia e anche di arresto.
Immediata, che lo dico a fare, la richiesta di ricorso da parte di Lotito.
Ho sempre pensato che la richiesta di ricorso per attenuare e in qualche caso cancellare le sanzioni che vengono comminate alle squadre di calcio per colpa dei loro tifosi razzisti, fascisti e violenti sia profondamente diseducativa; in questo paese non si imparerà mai il semplicissimo concetto che chi si pone fuori dalle regole non è uguale a chi non lo fa e che non è giusto liquidare col perdono nemmeno una multa per divieto di sosta visto che c’è chi l’automobile la parcheggia in modo regolare; per non parlare poi di chi delinque a getto continuo perché ha la certezza di farla franca grazie a mille e più cavilli e aiutini che glielo hanno permesso e glielo permettono: uno a caso, silvio berlusconi.
La cultura, il cambiamento finalizzato a migliorare la società in tutti i suoi ambiti e dunque anche quello sportivo, passano anche accettando con rispetto le giuste punizioni, i presidenti delle squadre di calcio dovrebbero lavorare nella stessa direzione, non opporsi alle decisioni degli organi preposti al controllo per arginare la violenza che avviene sistematicamente negli stadi di quasi tutta Italia.
Se vogliamo che l’Italia venga rispettata fuori dai nostri confini, dovremmo anche meritarcelo. E sono tante piccole cose messe insieme che costruiscono poi quelle grandi che contribuiscono a fare di un paese che si distingue purtroppo quasi sempre in negativo, in uno un po’ più serio, normale e vivibile per tutti, anche per chi va allo stadio per guardarsi una partita.  Le società di calcio devono pagare nel concreto la responsabilità di portarsi dietro in Italia e nel mondo masnade di fascisti violenti di cui si sa tutto, nomi e cognomi compresi. Perché i costi dell’irresponsabilità poi li paghiamo tutti, anche chi allo stadio non ci va. Li paghiamo in termini economici quando sfasciano, quando migliaia di poliziotti sono sottratti al controllo di città e cittadini perché devono stare a guardare ‘sti mentecatti delinquenti  fuori e dentro lo stadio e paghiamo in termini di ridicolizzazione internazionale esattamente come accade per la politica, dove a sbagliare sono molti ma a pagare quasi nessuno.

Preambolo: ho criticato spesso Napolitano per i suoi errori ma stavolta sono con lui. 
E dovremmo capire tutti la difficoltà di quest’uomo che sta mettendo la sua faccia di fronte al mondo anche per noi, e non potrebbe comportarsi diversamente da come sta facendo e come ha fatto, rifiutando l’incontro con chi affermando che in Italia sono stati eletti due pagliacci ha offeso tutti quanti noi.  Che doveva dire Napolitano, che hanno ragione i tedeschi che democraticamente hanno eletto hitler, altroché i buffoni di casa nostra?
Possibile che non si capisca che lui non poteva dire nient’altro, anche se in cuor suo pensa esattamente quell’altro?

Chi pensa che Napolitano stia difendendo Grillo e b, non ha capito niente.

Steinbrueck: “In Italia eletti due clown”
Napolitano annulla l’incontro a Berlino

 D’Alema preferisce l’apertura a b piuttosto che a Grillo che all’estero è bollato come un “pericoloso populista”, invece la reputazione di berlusconi fuori dagl’italici confini, lo sappiamo tutti, è ottima. Anche la Germania dopo aver perso il treno per i Monti auspica una grosse koalition fra PD e PDL, cosa che piacerebbe molto anche al Tayllerand delle cippe, il grande statista al quale il PD ancora si affida per farsi dare idee, suggerimenti, talvolta ordini da eseguire e basta. Ragione di più per pensare che all’Italia non serve questa ulteriore barbarie di un’alleanza il cui unico risultato sarebbe la definitiva e totale distruzione di un centrosinistra che non si regge in piedi nemmeno senza.
Se D’Alema fosse uno statista che lavora per il bene del paese non direbbe mai che un’eventuale alleanza con b “tranquillizzerebbe maggiormente i mercati e gli interlocutori stranieri”, sapendo cosa pensano all’estero del pregiudicato berlusconi ma si impegnerebbe per fare da tramite col pericoloso populista che è sempre meglio del pericoloso delinquente. 
Quando poi si dice che la miglior ancora di salvezza a berlusconi è stata sempre offerta dai grandi leader de’ sinistra, soprattutto da uno non è un luogo comune né dietrologia: è solo e soltanto la pura verità.
Ha ragione il giudice Imposimato quando scrive che ci libereremo di berlusconi solo quando sparirà anche D’Alema. E se non sparisce lui, sparirà tutto il centrosinistra. 

Non è l’Italia ad essere ingovernabile, sono le persone che si apprestano a farlo che sono inadeguate perché loro per prime non rispettano la prima regola che dovrebbe essere quella dettata dal buon senso. Bersani come Prodi che non fece l’unica cosa che avrebbe dovuto fare e cioè rinunciare ad un mandato impossibile perché ottenuto sulla base di pochi voti di scarto e che quindi DA UOMO DI STATO avrebbe dovuto prevedere che non sarebbe stato per nulla semplice governare bene un paese in quella situazione. E i risultati di quel governo sciagurato li abbiamo visti tutti nella persona di mastella, altroché i comunisti che fecero cadere il governo perché non votavano le leggi anticostituzionali tipo i finanziamenti alle guerre; il governo Prodi l’ha distrutto lo statista di Ceppaloni, non i comunisti.

Ed ora è ingiusto e profondamente scorretto usare sempre gli stessi argomenti, quelli sulla gente, su chi è entrato in parlamento senza fare un colpo di stato ma perché eletto, che piaccia o meno, democraticamente. Da questa situazione tutti dovrebbero imparare qualcosa, i cittadini a votare in modo consapevole, e non per dispetto o convenienza, fosse anche la balla della restituzione di poche centinaia di euro e i politici a prendersi le loro responsabilità in modo responsabile, anche quando questo significa dover ammettere le proprie sconfitte. E, tanto per chiarire io considero Bersani una brava persona, un onest’uomo di sani valori e principi, e mi dispiace che ‘sta palla sia toccata ad uno come lui che non ha, perché non gli appartiene per natura, quella scaltrezza per potersi districare in una situazione così complicata. Per questa politica ci vuole qualcuno che sappia anche scendere di livello e sporcarsi un po’ di polvere se occorre. Bisogna sapersi adeguare a certi linguaggi e rispondere a tono, il savoir faire non è il metodo più giusto, purtroppo ci sono circostanze in cui al contrario di quel che si dice spesso, chi urla più forte si fa capire meglio.

Gli ingrillati
Marco Travaglio, 28 febbraio

L’elettorato, come soggetto autonomo, non esiste: è un insieme di milioni di elettori, ciascuno dei quali vota con modalità, finalità e aspirazioni diverse da quelle degli altri. Per questo giudicare “gli italiani” tutti insieme secondo il soliti stereotipi è insensato e ridicolo. Eppure ogni tanto, per strana congiunzione astrale o scherzo del destino, la somma di tutte quelle modalità, finalità e aspirazioni sortisce un effetto che pare concepito da un’unica mente. Nel nostro caso, diabolica. Chi, andando alle urne domenica e lunedì, voleva punire i vecchi partiti per la loro autoreferenzialità castale, la loro supponenza impunita, la loro incapacità di rappresentare e interpretare alcunché e soprattutto per le loro drammatiche responsabilità nello sfascio del Paese, non poteva inventarsi risultato migliore. Ieri il Fatto ha mostrato i volti dei 54 deputati e dei 108 senatori del Movimento 5 Stelle che stanno per entrare alla Camera e al Senato: al netto di qualche mattoide e potenziale trasformista pronto a trasmigrare col migliore offerente (sono pur sempre italiani), si tratta di 162 cittadini giovani, incensurati, di buona istruzione, magari ingenui e inesperti, eletti senza un euro di denaro pubblico, animati da entusiasmo e speranza di cambiare le cose. Basta guardarli in faccia per comprendere che, per quanto si sforzino, non riusciranno mai a eguagliare i danni dei professionisti della politica. Per i quali la prima vera punizione sarà la coabitazione forzata con quelle facce e quelle storie che, da vecchi che sono, li renderanno decrepiti e putrefatti. Basterà una telecamera puntata sul nuovo Parlamento per evidenziare l’impietoso contrasto. Da una parte quei volti freschi e sorridenti. Dall’altra un carrello di bolliti carichi di rimborsi pubblici, indennità, diarie, gettoni di presenza e assenza, prebende, pennacchi, cavalierati, scorte, autoblu, portaborse, sottopancia, raccomandati, postulanti, servi, giornalisti di riferimento, consorterie, lobby, banche, aziende, amici degli amici, pappagorge, bargigli, ascelle, parrucchini, tinture e ceroni colanti, dentiere, forfore, alitosi, flatulenze, prostate gonfie, cinti erniari, plantari, callifughi, cateteri e pannoloni.
L’idea che tutto si possa sistemare con una telefonata a Grillo o un invito da Fortunato al Pantheon per convincerlo davanti a una coda alla vaccinara a votare la fiducia a chi fino all’altroieri gli dava del fascista, nazista, brigatista, razzista, populista, golpista, fa abbastanza ridere. Se n’è reso conto uno dei pochi esseri viventi rimasti nel Pd, Michele Emiliano, che invita Bersani ad alzare bandiera bianca: se vuol evitare le elezioni è inutile che prepari un governo di minoranza; ammetta di aver perso le elezioni (la “non vittoria” è anche peggio di “smacchiamo il giaguaro”), si ritiri in buon ordine (magari chiedendo all’ex Papa una celletta a Castelgandolfo), e indichi Grillo o chi sceglie lui come capo del governo. E poi, se il programma lo convince, l’appoggi. Sarebbe, per il Pd, la mossa del cavallo. E, per Grillo, un bel problema: M5S è pronto per l’opposizione, non per ilgoverno. Ma la fortuna di Grillo, ancora una volta, sono i suoi sedicenti avversari, che da anni lavorano indefessamente per lui. I retroscena dal Quirinale e dagli altri sacri palazzi non lasciano spazio a dubbi: già si scaldano a bordocampo per il nuovo governissimo (pardon, “governo di scopo”) vecchie muffe come Giuliano Amnato, che era già anzianotto ai tempi di Craxi e di cui non si contano i ritiri “irrevocabili” dalla politica. Per i partiti è la nemesi perfetta uscita dalle urne (funerarie): se rifanno l’ammucchiata regalano altri milioni di voti a Grillo; se ci rimandano al voto, invece, pure. In Sicilia si chiama incaprettamento, ma ora potremmo ribattezzarlo ingrillamento: il cappio al collo e la corda annodata alle mani e ai piedi della vittima che, appena si muove per liberarsi, si strozza da sè.

L’Italia è una Repubblica, fondata sul lavoro

Sottotitolo: il comunismo ha fallito, dice Napolitano, dunque ex appartenente al PCI poi diventato uno dei cosiddetti “miglioristi”, cioè quelli che volevano essere di sinistra ma anche no [proprio come quelli di oggi], quelli che volevano riformare per – appunto – migliorare ma non abbiamo ancora ben capito cosa, visto che non c’è traccia alcuna di riformismo e né tanto meno, di miglioramento, in Italia. Proprio e specialmente nella politica che, anzi, un livello più basso e infimo del nostro di questi ultimi anni non l’aveva più avuto dai tempi in cui il parlamento era stato trasformato in un allegro bivacco di manipoli.

Ora, giusto per capire, ma a quale comunismo si riferiva,  il presidente, a quello sovietico, cinese, quello delle dittature, dei gulag oppure a quello italiano?  vedere casa pound e forza nuova alle tribune elettorali nel 2013 è stato un bel successo democratico? fatico a comprendere, ecco.

Se avessimo avuto un giornalismo meno servile e servo la domanda da fare a Napolitano sarebbe stata questa: “se il comunismo ha fallito il capitalismo e il liberismo cos’hanno fatto? Cosa ha prodotto consegnare la politica a quel potere economico verso il quale doveva essere proprio la politica ad esercitare un controllo serio, severo, rigoroso, anziché diventare lei la controllata e noi cittadini le vittime di entrambi?”

Penso, sinceramente, che si debba smetterla col voler paragonare a tutti i costi il comunismo italiano con quello che ha davvero prodotto “miseria, terrore e morte” come ci ha insegnato berlusconi, l’amico intimo del “sincero democratico”, comunista,  Putin.
Perché è una forzatura tesa a portare fuori strada, a far continuare all’infinito la polemica che “destra e sinistra” non devono più essere considerate. Io invece le considero, eccome, perché se  questo fosse un paese normale dove ci sono una sinistra e una destra, non una DC mascherata da partito riformista ma che non riformerà un cazzo di niente e  una ridicola caricatura del ventennio fascista che oggi si fa rappresentare dal disonesto tycoon in odor di mafia e malaffare la lotta contro il liberismo sfrenato, senza regole e controlli che ci ha condotto al fallimento dovrebbe essere un obiettivo comune alla destra e alla sinistra.

Che paese è quello dove un uomo si suicida per ricordare a tutti, anche al presidente Napolitano che è – sempre – in tutt’altre faccende affaccendato che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro? 

Dice d’alema che lui non ha paura di Grillo ma gl’italiani sì, devono averla.

A d’alema io non crederei nemmeno se fosse stato lui a stabilire che la terra è rotonda e gira intorno al sole; perché la fiducia bisogna sapersela conquistare, e mantenere, e il signor d’alema ha dimostrato – impegnandosi molto peraltro – di non essere per niente una persona politicamente affidabile, anzi.
Nei dintorni di Repubblica [il giornale, nella fattispecie sempre per l’opinione del direttore Zucconi]  invece l’obiettivo è stato spostato verso Ingroia, la cui candidatura sarebbe così inutile da aver raggiunto il livello del “chi me l’ha fatto fare”.

Questa campagna elettorale è brutta per contenuti, volgare per berlusconi, squallida per toni e termini, arrogante perché “o mangi ‘sta minestra o salti dalla finestra”; non sono questi gli argomenti per convincere la gente di essere migliori. 

E chi fa propaganda per conto suo o – e sono la maggioranza – per conto terzi, e la fa male, usando gli stessi toni della politica invece di indurre ad una riflessione seria non fa che creare altra confusione e produrre altre brutture delle quali, ma davvero, non c’è alcuna necessità.

Bastano e avanzano quelle a cui assistiamo ormai da settimane.  

Se invece di osservare le otturazioni dentali di Grillo e la forfora sulla giacca di Ingroia si parlasse di più delle balle quelle sì, pericolose, altro che temere Grillo come suggerisce lo skipper alle cime di rapa che si guardò bene dall’invitare gli italiani a temere berlusconi ma anzi, lo ha agevolato verso una lunga e redditizia carriera politica, forse quel venti per cento di  gente disposta a rivotare l’impostore bugiardo e disonesto si potrebbe ridurre.

Ecco perché confido davvero che, a parte quel venti per cento di indefinibili creature che voteranno ancora il più bugiardo di tutti, il resto degli italiani dia a questi arrogantoni presuntuosi la lezione che si meritano.

Che non vuol dire votare necessariamente il MoVimento o Ingroia ma fargli capire che non è la loro idea di “sinistra” di cui c’è bisogno in questo paese.

I capponi di Renzi
Marco Travaglio, 10 febbraio

Il sindaco di Firenze, anzi di Firenzi, Matteo Renzi accusa Ingroia e Rivoluzione Civile di “autogol” perché farebbe “vincere Berlusconi”. Bersani ripete che “c’è un solo voto utile per battere la destra ed è il voto al Pd”. Per carità, in politica e soprattutto in campagna elettorale ciascuno tira l’acqua al suo mulino. Ma c’è qualcosa di intellettualmente disonesto nel ricatto “o voti Pd o vince B.”. Non stiamo qui a ricordare tutte le volte in cui il centrosinistra resuscitò B. da morte sicura, o accusò noi antiberlusconiani di impedire il dialogo con B. e il reciproco riconoscimento fra destra e sinistra (prima l’accusa colpì i girotondi, poi fu usata dai vertici Ds per cacciare Colombo e Padellaro dall’Unità). Nel 2008 il neonato Pd predicava “le riforme insieme” a B., tant’è che in tutta la campagna elettorale Veltroni evitò accuratamente di nominare “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”. E nel 2011 gli astuti strateghi del Pd dichiararono chiusa l’era del berlusconismo e dunque dell’antiberlusconismo (posti sullo stesso piano). I più furbi studiavano un salvacondotto per accompagnare B. alla tomba, essendosi bevuti l’ennesima balla: quella del suo ritiro in favore di Alfano (figuriamoci), con tanto di primarie Pdl (rifiguriamoci). Del resto, sentir dire da Bersani “faremo subito le leggi sul conflitto d’interessi, il falso in bilancio e la corruzione”, fa cascare le braccia: se fosse Renzi a dirlo, qualcuno potrebbe anche crederci, perché Renzi non era al governo né in Parlamento nelle cinque legislature della Seconda Repubblica in cui non si fece nessuna di quelle leggi, anzi se ne fecero parecchie di segno opposto. Ma Bersani in Parlamento e al governo c’era, dunque farebbe bene a non pronunciare più le parole conflitto d’interessi, falso in bilancio e anticorruzione finchè le relative leggi non saranno sulla Gazzetta Ufficiale. E poi una legge anticorruzione il Pd l’ha appena votata assieme ai suoi alleati nella maggioranza che sostiene Monti, guidata dal Pdl, con cui governa da 14 mesi. Una legge finta, anzi dannosa, che riduce le pene per la concussione: guardacaso, proprio il reato di cui risponde B. al processo Ruby. Come può chi governa da 14 mesi con B. accusare Ingroia o Grillo di fare il suo gioco? Dei leader attualmente in campo, gli unici che non hanno mai governato con B. sono proprio Ingroia e Grillo (Monti, Bersani, Fini, Casini e Maroni sono stati tutti in maggioranza con B., chi una, chi più volte). Ma soprattutto: se il Pd teme di perdere le elezioni a causa di Rivoluzione civile, perché non si è alleato con Rivoluzione civile prima del voto e non vuol farlo nemmeno dopo? Ingroia aveva offerto un’alleanza prima del voto: nessuna risposta. Ora offre un’alleanza dopo il voto: nessuna risposta. Anzi, picche. Invece Bersani annuncia a ogni pie’ sospinto che, dopo il voto, governerà con Monti (e tutto il cucuzzaro dei Fini e dei Casini), logorando Vendola ed escludendo a priori Ingroia. Di chi è dunque l’autogol? Renzi voleva addirittura cacciare Vendola dal centrosinistra, col risultato di sprecare i suoi voti, visto che Sel è data dai sondaggi sotto la soglia minima del 4% richiesta per entrare almeno alla Camera. Intanto B., com’è giusto fare col Porcellum che Pdl, Pd e Centro non han voluto cancellare, schiera una coalizione che tiene dentro tutta la destra. La sinistra invece, come al solito, è in ordine sparso. Di chi è dunque l’autogol? Forse occorrerebbe un po’ più di umiltà e di rispetto per gli elettori. Chi vota Ingroia o Grillo lo fa perché preferisce programmi e comportamenti magari ingenui o sbagliati, ma radicalmente diversi dalla solita minestra fallimentare vista e rivista per vent’anni. 
Quei voti non appartengono a Ingroia o a Grillo, ma a quei cittadini. E chi vuole quei voti deve parlare a quei cittadini. Anzi, avrebbe dovuto.

Di Corona mi piace solo quella conservata al fresco

Sottotitoli e preamboli vari: 

Elezioni 2013, Berlusconi vuole un patto col Pd per salvare se stesso e le aziende. [Il Fatto Quotidiano]

Ma voglio dire:  dategliela ‘sta garanzia. Una più una meno, tanto sono vent’anni che gli vengono date garanzie, vero d’alema, veltroni, fassino, violante, prodi? poi magari stavolta potreste stupirci con qualche effetto speciale, chessò, rimangiarvi la parola, usare lo stesso metodo b., quello della dichiarazione con la smentita incorporata. Se lo fa lui e funziona perché non dovrebbe funzionare anche a parti inverse? 

Come nella fiaba del lupo e dell’agnello la Lega denuncia il blogger Daniele Sensi

Da anni il blogger Daniele Sensi registra le frasi razziste degli esponenti del Carroccio su Radio Padania e in Rete. Un lavoro prezioso e scomodo. Ora cercano di intimidirlo portandolo in tribunale. Come racconta lui stesso.

Ho la sensazione che per Daniele non ci sarà nessuna intercessione del nostro amatissimo presidente della repubblica: lui si commuove solo per i diffamatori veri.

Mps, altolà di Napolitano: “Ho piena fiducia nella Banca d’Italia”

In un paese normale il presidente della repubblica non spenderebbe parole di stima per le banche né per quei partiti che si sono resi complici del fallimento dello stato, da Alitalia a Ilva, fino ad arrivare a MPS, dovrebbe stare dalla parte dei cittadini truffati due volte, la prima quando si sono fidati delle banche e la seconda quando i loro soldi delle tasse sono stati usati non per il bene comune ma per il salvataggio di chi si è dimostrato incapace di tutelare i risparmi e i sacrifici di tanta gente onesta.
Dopo appena quattro giorni i pagamenti dell’IMU sono stati trasferiti nelle casse di MPS, nemmeno il tempo di farli freddare.

E, sempre in un paese normale il nemico di tutti quelli che vogliono davvero il bene comune sarebbe Mario Monti e a seguire chi ha condiviso e sostenuto la politica di Monti ed è disposto a farlo ancora, non certo Beppe Grillo e nemmeno Antonio Ingroia.

Ma purtroppo è solo la solita Italia sciagurata, quella che pur di non combattere i nemici veri s’inventa quelli falsi.

Scrive l’amico Jo Monaciello sulla sua pagina di facebook:  “Abbiamo perso il piacere di essere compatti. Se Corona va in galera e tu esulti c’è sempre quello che ti viene a dire “ma in fondo che ha fatto di peggio dei politici?”. Se il PDL fa fuori Cosentino e tu esulti, c’è sempre quello che sostiene “perché lui fuori e Scilipoti dentro?” o, come Pannella, dice “Nicola tu sei il nuovo Enzo Tortora”. Se correggi l’italiano di qualcuno, c’è sempre quello che ti dice che sono fesserie rispetto agli errori in altri campi. Lasciate che vi dica una cosa: Corona è figlio di questa società, se non paga lui non comincia a pagare la società, anzi implicitamente ammettiamo che ci sta bene così. Se non comincia ad andare via Cosentino, altro che Scilipoti, ci ritroveremo il peggio del peggio (come è stato finora) perché sembrerà possibile. Se uno non conosce la lingua italiana, significa che non legge e se non legge significa che non sa e se non sa significa che quel che dice glielo dice qualcuno e finisce che allora il tipo che non sa leggere, non sa ed è ignorante pensa che sia giusto stuprare un’ebrea ed appicciare il negozio dell’orefice/ricettatore al quale vende le cullanelle che ha scippato quando non sta a casa Pound.”

Anch’io lo dico e lo scrivo da giorni: pensare che ci siano cose di rilevanza minore in fatto di giustizia fa parte di quel benaltrismo dannoso, incivile, tipicamente italiano che poi non consente, perché la gente non imparerà mai a pretenderlo, che la giustizia si applichi anche ai piani alti.

Se in galera non ci vanno i  berlusconi, i dell’utri, i cosentino e tutta l’orrenda compagnia dei delinquenti di stato che si fa, non ci mandiamo più nessuno? tutta la delinquenza e la criminalità perdonata in virtù del fatto che un parlamento INTERO in questi ultimi vent’anni ha lavorato incessantemente affinché la giustizia, come ha ben detto Ingroia ieri sera, diventasse una questione di classe, di chi si può permettere le avvocature eccellenti, quelle che spacciano le prescrizioni per assoluzioni?

Mò ci dobbiamo commuovere pure per corona? ma che vada a quel paese, lui e chi lo ha inventato; il cialtrone fuorilegge è un altro ottimo prodotto della televisione dei deficienti, quella targata maria de filippi che secondo me dovrebbe [sempre] essere accusata e processata per crimini contro l’umanità al pari di chi ha disgregato economicamente questo paese.

Questo fatto che perché in galera non ci vanno le ‘eccellenze’ allora non è giusto essere troppo severi coi criminali comuni è il risultato della distorsione mediatica a cui viene sottoposto ogni giorno questo paese dove sono in pochissimi a dire che se le eccellenze in galera non ci vanno è grazie al fatto che sono sempre loro, i medesimi che sono a confezionarsi leggi per non andarci, e che nei paesi normali in galera ci vanno il dirigente, il politico corrotto e corruttore, così come il delinquentello di strada.

E che non è affatto semplicistico pensare che a molta gente piacerebbe tanto che anche l’Italia diventasse finalmente un paese normale dove non fa notizia che un estorsore, un ricattatore venga trattato come si merita. In attesa che anche i manager, i politici, i dirigenti disonesti subiscano la stessa sorte così come avviene nei paesi civili.

Avevamo una banca
Marco Travaglio, 25 gennaio

Come in ogni scandalo, anche nel caso Montepaschi nessuno può dire “Io non c’entro”(tranne un paio di leader appena nati). Bankitalia si difende così: “Siamo stati ingannati”. Ma Bankitalia è lì proprio per evitare di essere ingannata, e soprattutto per evitare che siano ingannati i soci, i risparmiatori e i cittadini. L’alibi dell’inganno non vale: sarebbe come se un poliziotto si lasciasse scappare un ladro e si giustificasse col fatto che non s’è costituito. I ladri questo fanno: non si costituiscono. Perciò esistono i poliziotti: per prenderli. Sulla Consob è inutile sprecare parole: l’ex presidente
Cardia aveva il figlio consulente di una banca da controllare, la Popolare di Lodi dell’ottimo Fiorani, infatti controllò pochino; e il presidente Vegas, ex sottosegretario e deputato Pdl, seguitò a votare per il governo B. anche dopo la nomina in Consob. Ora il Pdl cavalca lo scandalo della banca rossa, ma dovrebbe ricordare l’estate dei furbetti, quando stava con Fiorani e Fazio assieme alla Lega (rapita dal “banchiere padano” e soprattutto dal salvatore di Credieuronord); o il crac del Credito cooperativo fiorentino di Verdini; o l’uso della Bpm di Ponzellini come bancomat per amici degli amici.
Casini, sul Monte dei Fiaschi, dovrebbe chiedere notizie al suocero Caltagirone, fino a un anno fa vice di Mussari. E Monti al suo candidato Alfredo Monaci, ex Cda della banca senese nell’èra Mussari. I vertici del Pd fanno i pesci in barile, ma sono anni che appena vedono un banchiere si sciolgono in adorazione. O diventano essi stessi banchieri, come Chiamparino al San Paolo. “Noi — dichiara quel buontempone di D’Alema — Mussari l’abbiamo cambiato un anno fa”. Frase che cozza con quella di Bersani: “Il Pd con le banche non c’entra”. Ma se ha “cambiato” Mussari, vuol dire che il Pd c’entra: anzi, l’aveva proprio messo lì. Casualmente negli ultimi 10 anni Mps ha versato 683 mila euro nelle casse del Pd senese. Un po’ come i Riva dell’Ilva, che foraggiavano la campagna elettorale di Bersani. La questione penale non c’entra, quella morale nemmeno. Semplicemente riesplode l’irrisolto problema del rapporto politica-affari: nessun grande partito può chiamarsi fuori. Tantomeno il Pd: si attendono ancora smentite alla deposizione di Antonio Fazio, che 6 anni fa raccontò ai pm milanesi di quando, nel 2004, Fassino e Bersani si presentano da lui in Bankitalia per raccomandargli la fusione tra Montepaschi e Bnl. Il progetto tramontò, ma quando l’anno seguente il Banco di Bilbao tentò di acquistare Bnl, l’Unipol d’intesa col vertice Ds organizzò una controcordata per sbarrargli la strada. Fassino a Consorte: “Allora, siamo padroni di una banca?”.
D’Alema: “Evvai, Gianni!”. Intanto Bersani difendeva Consorte, Fazio e Fiorani già indagati: “Per Fazio andarsene ora sarebbe cedere a una confusa canea”, “Fiorani è un banchiere molto dinamico, sveglio, attivo, capace”. Soprattutto a derubare i suoi correntisti. Del resto Bersani aveva messo lo zampino anche in altre memorabili operazioni finanziarie. Tipo la scalata a debito dei “capitani coraggiosi” Colaninno
& C. alla Telecom (1999). E l’affare milanese dell’autostrada Serravalle. Fu proprio Bersani a far incontrare il costruttore Gavio col fido Penati, presidente della Provincia. Intercettazione del 30.6.2004: “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… e di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ‘Quando vi vedrete, troverete un modo…'”. L’incontro aumma aumma avviene, poi la Provincia acquista le quote di Gavio nella Serravalle a prezzi folli e Gavio gira la plusvalenza alla cordata Unipol per Bnl.
A che titolo Bersani si occupa da 15 anni di banche, autostrade e compagnie telefoniche non da arbitro, ma da giocatore? Finché i silenzi e i “non c’entro” sostituiranno le risposte, possibilmente convincenti, tutti saranno autorizzati a sospettare.
Altro che “Italia giusta”.

Marco Travaglio parla degli impresentabili: “Il Pdl ha fatto fuori solo quelli famosi. Il Cavaliere si è salvato perché fuori concorso. Il problema era spiegare agli altri perché erano impresentabili. Su Cosentino, Berlusconi ha detto che la colpa era dei magistrati”. Travaglio, successivamente, elenca i reati dei circa cinquanta impresentabili della coalizione di centrodestra, PdL, Lega e MpA, degli indagati della coalizione di centro e degli otto impresentabili del Partito Democratico.

 

I servi, servono. Appunto

Sottotitolo: in un paese normale è vero che le regole si fanno in cabina elettorale, che sono i cittadini a scegliere da chi e in che modo vogliono farsi governare, ma è anche vero che bisogna mettere la gente nelle condizioni di fare una scelta. In questo paese è sparita quella sinistra forte che sapeva fare opposizione, quella sinistra grazie alla quale leggi come quelle sul divorzio e sull’aborto sono potute passare quando governava la democrazia cristiana, quando fare compromessi con l’avversario significava farlo per il bene comune, non per i propri affari di bottega.

Quando sui diritti non si tirava indietro la manina per presunte questioni di coscienza personale.

C’è gente che ha usato la Costituzione come il rotolo di carta igienica del bagno di casa sua salvo tirarla fuori esaltandola solo quando l’ha cominciato a fare anche berlusconi. Prima no?

Un giorno qualcuno, o, speriamo la storia dovrà spiegare a chi e a cosa è servito berlusconi.

D’Alema: “I media erano schierati contro di noi”.
La prossima volta regalali a qualcun altro.
[spinoza.it]

Senza di lui, invece, non ci sarebbe stato nemmeno berlusconi.

Penso che abbiamo capito tutti che l’unico modo per liberare questo paese da berlusconi è il voto.
Purtroppo i cittadini perbene, senzienti, quelli che vogliono il bene di questo paese non hanno potuto contare su nessuna tutela, nessuno è intervenuto a tempo debito, pur potendolo fare per liberare l’Italia da questa metastasi che appesta l’Italia ormai da diciotto anni.
Non sono bastati i precedenti penali, non è bastato il fatto che uno così non si sarebbe potuto avvicinare al parlamento nemmeno per scherzo [diciotto anni fa  il fondo ci ha regalato berlusconi, certo, senza la collaborazione – coi baffi –  di chi gli ha agevolato l’ingresso forse non ce l’avrebbe fatta. Ma del resto, chi se lo ricorda che per permettergli la discesa in campo è stata violata la Costituzione, quanti siamo? dieci, venti, cento?] non sono bastati  i processi, le prescrizioni, le collusioni con la mafia, gli stallieri eroi, il partito fondato da un condannato per mafia [che amico della mafia era anche prima ma che nemmeno questa magnifica legge sull’incandidabilità riesce a buttare fuori dal parlamento], le cricche, le mignotte, i papponi: no, niente di tutto questo è bastato.
Oggi siamo di nuovo punto e a capo perché le cosiddette istituzioni, quelle che noi dobbiamo rispettare non hanno rispettato il paese né noi.
Io non so come andrà a finire questa crisi né quando ci rimanderanno di nuovo a votare ma spero che tutti capiscano che prima lo facciamo meglio è: non bisogna concedere troppo tempo all’eversore antistato. 
E nessuno dovrà più prendere in considerazione quello che arriva dalle bocche di chi ha sostenuto berlusconi: casini, la faccia ‘bella’ di cuffaro è persona che con un centrosinistra che vuole ricostruire non c’entra nulla.
Se Bersani vuole essere credibile lo deve dire subito, adesso, che le intenzioni sono altre.
Perché se il rinnovamento deve passare di nuovo per l’inciucio, per gli accordi presi con le mani sotto al tavoli, per i veltroni e i d’alema che dicono che non si ricandidano ma poi pensano di dover dare ancora un contributo alla politica, contributo, il loro, di cui questo paese può fare a meno considerati i precedenti, per una nullità come letta [enrico] che pensa che un movimento di gente nella gente sia più pericoloso di chi ha trascinato l’Italia in un baratro non solo economico ma soprattutto etico, se il rinnovamento porta la firma di bindi e fioroni che portano in parlamento la loro presunta coscienza mettendosi di traverso ogni volta che si cerca di far fare all’Italia un passo avanti in fatto di civiltà mica lo so se Bersani ce la fa.

Il servo serve

Marco Travaglio, 8 dicembre

Ieri, mentre il suo leader Piercasinando parlava alla Camera per dirci ancora una volta quanto è bravo e quanto è bello lui, l’on. Paola Binetti, comprensibilmente, dormiva. Tramonta così, in una scena impietosa, il Grande Centro che per mesi ha turbato i sonni di politici di destra e sinistra, occupato chilometri quadrati di carta stampata, intasato le tv, arrapato politologi e sondaggisti elettrizzati dall’eccitante prospettiva del Monti-bis. Resta da trovare qualcuno che, con delicatezza, salga al Colle e comunichi la ferale notizia a Napolitano: il partito di Monti, o di Monti-zemolo, non vincerà, per mancanza di tempo, ma soprattutto di elettori. La famosa Agenda Monti resterà impilata e invenduta sugli scaffali dei negozi Buffetti. I presunti elettori moderati, casomai esistessero, sfuggono ai radar: Casini più Fini più Luca Cordero, sempreché si mettano insieme e la smettano di litigare, rischiano di non superare nemmeno il quorum del Senato (l’8%). E soprattutto il Pdl non seguirà la linea di Alfano, Schifani e Ferrara, che speravano di nascondere la propria nullità sotto il loden del Prof: al segnale convenuto del Cainano (il fischietto a ultrasuoni) terrorizzato dall’asta delle frequenze tv, dal decreto (peraltro finto) “liste pulite”, dai conti della ditta, dall’arrivo delle sentenze Ruby e Dell’Utri, i due noti statisti siciliani sono prontamente rientrati nei ranghi, mentre il direttore del Foglio vive ore drammatiche. Del resto Monti l’aveva capito fin da quando Ferrara annunciò l’adesione all’agenda Monti di B. e del Pdl tutto, da lui medesimo sapientemente consigliati, che le cose si mettevano male. L’altroieri il padrone ha fatto convocare Angelino Jolie a Palazzo Grazioli da un giardiniere, e al suo arrivo gli ha lanciato l’osso: “Tu adesso terrai una conferenza stampa e annunci che io sono il candidato premier” (e le tue primarie sai dove te le devi mettere). Il segretario da riporto l’ha prontamente restituito: “Berlusconi ha manifestato la volontà di tornare in campo. Del resto nel 2008 fu lui a vincere, ad alzare la coppa e il detentore del titolo ha tutto il diritto di farlo”. Perbacco, ci mancherebbe altro. Anche Schifani, dopo una fugace libera uscita, torna a cuccia. Il 7 giugno tuonava contro i “troppi errori” di B., incapace di “emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Il nostro elettorato è frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo la parte più chiassosa del Pdl minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano le più convinte dichiarazioni di B. a sostegno di Monti e il giorno dopo, sui giornali berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato”. E lanciava Alfano, l’uomo “che ha segnato una svolta e ha dimostrato di sapere fare politica”, prendere le redini del partito, ma solo “se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria”. Giovedì sera la rivolta di Renato Spartacus si è conclusa con un trillante comunicato: “B. ha il sacrosanto diritto di scendere in campo. Ha pieno titolo a rivendicare la propria candidatura in una sfida democratica in una democrazia sana per il nostro Paese”. Corbezzoli, perdindirindina. Tutt’intorno si udiva un coro di “arfarf”, uno sbavare di osanna, un agitarsi di codine, uno sgomitare per arrivare primi all’Ansa col peana al “nuovo sacrificio” (Ravetto), all'”ennesimo atto d’amore” (Cesaro), al “fiat lux” (Biancofiore). Scene così imbarazzanti da indignare persino un professionista come James Bondi, mai mossosi da sotto la scrivania.

“Chi, nella penombra del Transatlantico, tramava contro ora è lì a spellarsi le mani e a gridare evviva”. Non c’è più la servitù di una volta.

La complessa vicenda?

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Il baubau Renzi è stato finalmente riportato alla sua cuccia; o a destra con l’olio di ricino e il manganello o al centro coi democratici cristiani.

Gli italiani sono fatti così. Rassicuranti.

Mai un sussulto, un guizzo, niente.

Il presidente Napolitano non potrà partecipare come di consueto alla prima della Scala perché improrogabili impegni lo trattengono a Roma; fra quegli impegni c’è anche il doversi occupare personalmente di un delinquente abituale e recidivo, come se fosse normale che il presidente della repubblica debba occuparsi personalmente dei delinquenti recidivi, lo skipper alle cime di rapa  si lamenta che i media erano contro di loro come se negli ultimi tre mesi non avessimo visto e sentito parlare solo di primarie, di Bersani e di Renzi, di Vendola e di Tabacci, della signora Puppato messa lì per chissà quale motivo, come una nota di folklore femminile in un contesto sempre, solo e unicamente maschile.

Sallusti, B: “Riformare la giustizia”
E il Colle esamina la vicenda

https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/60842_4893722471962_244249182_n.jpgL’ex premier: “Sta al mondo politico trovare una soluzione” (leggi)Sabato l’arresto del direttore del Giornale e l’evasione dai domiciliari (leggi). Il portavoce di Napolitano, Pasquale Cascella, fa sapere via twitter che “Il presidente sta esaminando – oggi ha visto il ministro Severino – ogni aspetto della complessa vicenda Sallusti”.

Il fatto che Napolitano senta il dovere di occuparsi di sallusti, su sollecitazione di non si sa bene chi è una legittimazione della diffamazione. Da oggi in poi tutti quelli che hanno la possibilità di scrivere e parlare da pubbliche ribalte sanno che qualsiasi cosa dicano e scrivano potrà essere giustificata, qualsiasi orrore potrà essere derubricato nella categoria delle “opinioni forti”; nessun argine fra la libertà di esprimersi e quella di offendere, calunniare e diffamare, e semmai ci dovesse essere qualche problema, qualche ostacolo, tipo un galantuomo che, stanco di essere perseguitato a mezzo stampa decide di far intervenire un giudice a stabilire se è giusto che una persona perbene possa essere oltraggiata pubblicamente da una permale tutti sapranno che il presidente Napolitano sarà disposto e disponibile a metterci su la sua amorevole pezza.

Lui è fatto così, in certe situazioni si sente chiamato all’intervento personale, non ce la fa a esimersi, altruista piùcchemai, ma solo con chi pare a lui. 

Il pronto intervento Colle funziona solo da una certa categoria in poi, ex ministri indagati per falsa testimonianza, ex giornalisti, cose così.

Stanno bene a parlare gli intellettuali, a dire che la politica ha bisogno di gesti positivi; nella decisione di Napolitano di occuparsi del delinquente recidivo c’è tutto il riassunto, il concentrato del peggior berlusconismo.

Non si capisce perché un presidente della repubblica si debba occupare personalmente delle vicende di un condannato recidivo per diffamazione e non delle altre migliaia di casi che riguardano le migliaia di condannati per altri reati, o di quelli che sono in galera anche senza aver commesso reati.

E magari occuparsi di Taranto dove la gente è costretta a scegliere se morire di cancro o di fame.

E, tanto per chiarire: chi evade dai domiciliari, non viene riportato ai domiciliari ma in galera. 

Intanto berlusconi pensa di dover continuare ad occuparsi del bene del paese e cioè del suo e dei suoi molteplici problemi con la giustizia: un pregiudicato che pretende di riformare la giustizia a misura di pregiudicati.
Mi pare straordinario, questa è la risposta migliore per tutti quelli che “sallusti non meritava il carcere”. 
Complici morali di uno che per cancellare le colpe ha sempre cancellato i reati.
Irresponsabili che hanno prestato il fianco all’ennesima dichiarazione scellerata di questo distruttore di democrazia e civiltà.

Non vogliono il carcere per i giornalisti che diffamano? allora che lo tolgano anche per i cittadini comuni, che diffamano,  e a chi fa un uso sconsiderato del mestiere deve essere impedito di poter continuare a svolgere quel mestiere. 
Uno come sallusti deve essere cacciato da tutte le scuole del regno e messo in condizioni di non nuocere, altro che lasciargli la possibilità di far scriver un radiato dall’albo da opinionista sotto pseudonimo e dirigere un giornale pagato coi soldi di tutti.

L’evasione non è un atto di coraggio come scrive l’ottimo Telese che si chiede se sia il caso di scioperare per dimostrare solidarietà a sallusti [ancora?], men che meno lo è quella del recidivo sallusti.

Mi candido solo se me lo chiede il partito: cioè io

Sottotitolo, dal “Fatto Quotidiano”: “L’appello dell’Unità per D’Alema? Non ho mai firmato nulla”. Ne è certissima Sabrina Rocca, una delle principali dissidenti del Pd siciliano, che di appelli in favore del lìder Maximo non ne aveva mai sentito parlare. “E anche se mi fosse stata richiesta la firma, avrei comunque rifiutato”, aggiunge categorica. Eppure il suo nome era incluso tra le settecento firme pubblicate sull’Unità in favore di Massimo D’Alema. Indicato da più parti come uno dei primi “passi indietro” necessari per rinnovare la classe dirigente del centrosinistra, in soccorso di D’Alema era arrivato provvidenziale l’appello pubblicato sulle pagine del giornale fondato da Antonio Gramsci.

Solo che non tutti i firmatari erano al corrente di essersi spesi per lui.

Appello per D’Alema sull’Unità, spuntano firme false. Pd: “Confusione”

Candidature Pd, Bersani molla D’Alema
La replica: “Non è lui che deve decidere”

“Mi candido solo se me lo chiede il partito”,  dice l’ex lider Maximo, il partito è lui, non si spostano una pianta di ficus né una poltrona  nelle sedi del piddì se non lo decide lui.

Quindi di che parla, cos’altro vuole, che ha fatto girare le balle perfino a Bersani.

Ed è tutto dire.

Non si capisce chi è che avrebbe bisogno di lui così tanto da chiedergli di restare.

E comunque una cosa del genere l’aveva già detta berlusconi, tanto per ribadire e confermare semmai ce ne fosse bisogno la strana sinergia che intercorre fra due personaggi che dovrebbero stare agli opposti estremi ma ai quali invece è sempre piaciuto stare vicinivicini.

Che ci faremo con tutti ‘sti benefattori non lo so.

Fanno tutto per il partito, come se il partito fossimo noi e non sempre, comunque e solo loro.

Portare un po’ lontano dal panorama le loro facce manco a parlarne.

Sarebbe un gesto troppo dignitoso e civile.

D’Alema: il nobiluomo della loro santità.
D’Alema: quello che come Giovanardi, la Binetti, Fassino, la Bindi e Fioroni NON vuole una legge che regolarizzi le coppie di fatto attaccandosi ad una ridicola questione di forma circa il come deve essere definita quell’unione: matrimonio sì, no, forse, MA ANCHE NO.
D’Alema: quello che “mediaset è una grande risorsa degli italiani” e che per questo non ha mai voluto fare pur potendola fare una legge sul conflitto di interessi ma, al contrario, ha spalancato le porte al piazzista di cazzate, all’uomo più indagato d’Italia  con la famosa bicamerale.
D’Alema: quello che la cosa più significativa fatta da presdelcons è stata una guerra e che in occasione del summit di Napoli  ordinò le botte e i pestaggi come un Fini e uno Scajola qualunque; un vero politico che fa gli interessi dei cittadini, un vero leader di sinistra, dunque, leader per decenni di una sinistra prima e di un centrosinistra dopo che non ha fatto fare un solo passo avanti a questo paese in tema di diritti civili.

Da ricandidare subito: per necessità, la sua.

Anzi, che dico? la presidenza della repubblica bisognerebbe dargli a questo Talleyrand alle cime di rapa.

Max, sentiammè, ti parlo da donna a skipper, ché io lo skipper non lo so fare ma la donna e la cittadina sì.
C’hai 63 anni, che manco te li porti così male tutto sommato, c’è di peggio, guarda Al Fano che è pure più giovane di te, per dire, da trenta stai in parlamento, di soddisfazioni te ne sei levate tante, noi anche grazie a te a quella genialata della bicamerale con cui hai consegnato le chiavi del paese all’abusivo un po’ meno, anzi per niente, ma facciamo finta che va bene così, che non pretendiamo che tu e chi ha ridotto la sinistra in queste condizioni chiediate perdono a chi ha creduto nella sinistra, e anche a chi solo vigliaccamente ci sperava: senza rancore, suvvia, che noi italiani siamo buoni, e forse anche coglioni davvero come diceva l’amico tuo, visto che vi permettiamo ancora il tutto e l’oltre.

Di soldi, ne hai accumulati tanti, noi anche grazie a te e alle tue politiche finto liberali e finto de’ sinistra un po’ meno anzi per niente ma pure qui, mettiamoci una pietra sopra. Ma mettiamocela ‘sta pietra, non aspettiamo che sia quella definitiva, tombale, ecco.

Fai una cosa: iscriviti a un dopolavoro per amanti della barca a vela, o a uno della serie “volevo fare lo statista ma non ce so’ riuscito”, a una bocciofila, al circolo del burraco, dove ti pare. 

Va bene tutto, purché tu ti tolga, e definitivamente dai coglioni, ché s’è fatta e davvero quell’ora.
Gli italiani hanno il diritto di poter fare a meno di D’Alema senza che questo lo debba decidere D’Alema.
Te lo immagini un operaio della Fiat che quando lo licenziano dice:”me ne vado, ma continuerò a dare un mio  contributo ai cofani”.
“C’è qualcuno fra il pubblico che ha chiesto a D’Alema di restare?”