Le trait d’union

Quando il dissenso provocato dalla negazione dei diritti viene annullato con la repressione violenta dello stato, la protesta si organizza. 
Questa non è nemmeno storia: è matematica. 
Gli scandalizzati, quelli che vorrebbero vedere regnare l’ordine dove non c’è pace – senza diritti, casa, lavoro, assistenza medica, istruzione che uno stato civile DEVE garantire non c’è pace – se ne facessero una ragione. Trenta, quaranta, cento criminali infiltrati [forse] appositamente per creare disordini non sono la voce del popolo. Manifestare è un diritto democratico che deve continuare ad esistere.

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Video – Il poliziotto calpesta la ragazza

40 FERITI, UNO GRAVE: “SOCCORSO IN RITARDO, FAREMO DENUNCIA”
“MENO DI MILLE EURO AL MESE, NON CI RESTA CHE OCCUPARE”
DAL CORTEO: “CHIEDIAMO DIRITTI, RISPONDONO CON PIÙ POLIZIA”

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Cambiano i governi ma le botte sono sempre le stesse. 
Le trait d’union fra i disagi, le necessità, i bisogni della gente e chi è chiamato a risolvere, ovvero la politica, è come sempre la repressione violenta da parte del braccio armato fascista del potere. Del resto, avere un tetto sulla testa ormai è diventato un privilegio. C’è chi ne può avere una, elegante e lussuosa a sua insaputa, c’è chi se la vede mettere a disposizione quale favore dall’amico industriale e che male c’è, e chi invece è costretto a ricordare a questo stato infame che la casa non è un privilegio ma un diritto. 

E per  ricordare inoltre, che quelli fra gente armata e chi un’arma non ce l’ha non sono scontri: è repressione, ma i giornalisti, tutti, non hanno ancora imparato a definire questa non sottile differenza. Lo scontro prevede un conflitto ad armi pari. E fra l’imbecille col petardo e il funzionario di stato regolarmente armato, non di bombe carta ma di armi realizzate per ammazzare e adeguatamente protetto da una divisa speciale, ha ragione sempre l’imbecille col petardo. Quando le forze dell’ordine, altrimenti dette tutori dell’ordine si presentano ad una manifestazione abbigliati in assetto da guerra e irriconoscibili perché prive di un numero che permetta la loro identificazione, le loro intenzioni sono più che evidenti.  I cittadini, su richiesta del tutore della legge sono obbligati a mostrare i documenti e a rivelare le loro generalità: non si capisce perché al cittadino pestato dal poliziotto venga invece impedito di poter sporgere una regolare denuncia perché mancano i presupposti, una faccia, il nome e il cognome dell’aggressore. Va ricordato che polizia e carabinieri rispondono ad ordini precisi, dunque esistono persone ancora più responsabili della manovalanza in divisa che commette violenze. Gente seduta comodamente nel suo ufficio a cui la politica, la stessa che l’ha scelta fa i complimenti – dopo – per l’ottimo lavoro svolto.

Non è tanto la violenza della polizia alla quale ci siamo purtroppo tristemente abituati a dover preoccupare quanto quella di chi approva le botte, le violenze, e pensa che siano sempre troppo poche. Che non capisce che chi rappresenta lo stato non può avere comportamenti violenti.

Che un poliziotto non dovrebbe passeggiare sul corpo e sulla testa di una persona inerme e disarmata.

 
Mi piacerebbe affacciarmi un attimo nei cervelli bacati di queste persone, per vedere in che modo si forma un’idea bestiale.

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 E mi piacerebbe anche sapere chi è questo vigliacco pezzo di merda che viene pagato anche coi miei soldi. E io non pago gente per mandarla a massacrare altra gente.  Non mi va di essere il mandante di criminali picchiatori.