Metodo [ab]boffo

Sottotitolo: buongiorno, sono un peone del Pdl.

Dunque, se resto di qua fra sei mesi rischio che il mio posto in Senato lo prenda Dudù e io non ho ancora finito di pagare l’ultima campagna elettorale.

Se passo di là rischio che sul Giornale salti fuori quella storia di mia figlia che ho fatto assumere alla Asl e magari quella volta che ho inserito nel Milleproroghe un emendamento per l’azienda di un amico che mi manda molti regali.

Capite che col cazzo che stanotte dormo, vero? [Alessandro Gilioli]

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ALFANO AL GIORNALE: “METODO BOFFO CON NOI NON FUNZIONA”. SALLUSTI: “ALLIBITO”

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Lodo Mondadori, Berlusconi al telefono: ‘Napolitano è intervenuto sui giudici’

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Ora Berlusconi accusa Napolitano di complotto
‘Intervento su Cassazione per Lodo Mondadori’
 

Il capo dello Stato: “Una delirante invenzione”

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Quando i grandi amori e le grandi intese finiscono, di solito è tragedia.

Fa piacere constatare che Napolitano abbia usato, nei confronti di berlusconi, parole come “diffamazione” e “delirante”, quando appena pochi mesi fa intimava ai giudici di lasciare tranquillo il delirante diffamatore, nonché delinquente, pregiudicato e condannato affinché potesse partecipare alla delicata fase politica in corso.

Napolitano pensava forse che in caso di difficoltà berlusconi avrebbe rinunciato a prendere il martello per rompere il vetro? che avesse avuto comprensione per il presidente che lo ha così ben garantito in tutti questi anni? pensava di essere esente dal metodo sistematico usato da berlusconi contro tutti quelli che si sono in qualche modo opposti ai suoi progetti delinquenziali? è forse una novità di oggi il berlusconi style?

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Napolitano: “Garantire partecipazione politica a B – 12 marzo 2013

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Report – al posto giusto

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 Solo in questo paese un’inchiesta giornalistica viene considerata al pari di un’aggressione dalla politica. Nei paesi normali, civili, il politico è obbligato a dare risposte al giornalismo.  In America nessuno potrebbe dire ad un giornalista: “ma che domande fate” così come si è permesso di rispondere Letta a Report rifiutando di dare chiarimenti circa gl’incapaci  incompetenti assunti nel bel governo necessario.  In America il giornalista fa la prima domanda ma soprattutto la seconda, se alla prima la risposta non è stata sufficientemente chiara; questa è proprio la regola del giornalismo. E il politico deve rispondere. Perché nei paesi normali e civili il politico non si sceglie il set nel quale apparire, quello dove sa che nessuno lo metterà in difficoltà; qui da noi invece fanno solo e sempre questo. Non sono abituati ad avere a che fare coi giornalisti ma solo e soltanto con gente funzionale a tutti i poteri a cui non importa chi comanda. In nessun paese normale potrebbe esistere una trasmissione come Porta a porta; cinque sere a settimana di propaganda odiosa, di servizi e servizietti al potere, qual che sia, di argomenti insignificanti usati per coprire quelli importanti. E non mi stancherò mai di dire che l’informazione ha delle responsabilità enormi circa lo stato pietoso di questo paese.

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Un rientro in grande stile quello di Report, una puntata azzeccatissima per il periodo. Rivedere il giuramento da ministri, viceministri e sottosegretari dei ciarlatani delle larghe intese non so se è stato più esilarante o più disgustoso, e mai la scelta dell’argomento è stata più azzeccata per il periodo, se l’inchiesta di Iovene è di quattro mesi fa, come ha dovuto precisare Milena Gabanelli per giustificarsi con la miserabile ladra di doppi stipendi che invitava il giornalista a vergognarsi perché chissà come se lo guadagna lui, il suo stipendio.
Quello visto a Report è semplicemente il quadro del sistema politico italiano, il remake del film che si ripete nel parlamento e dintorni da che esiste la repubblica. Gente senza meriti né competenze che è andata e va ad occupare posti di rilievo non capendo un cazzo di quello che deve fare e che c’è da fare limitandosi a fare il compitino assegnatole dai capi partito, ras di quartieri, paesi e città. Il sindaco di un paese di quattrocento persone che si vanta del suo posto da sottosegretario perché dice di averlo meritato grazie al suo mestiere, la biancofiore che dice di essere stata votata da “centinaia di migliaia di persone”. E chissà perché la modifica alla legge elettorale non la vuole nessuno, a destra come a centrosinistra: un mistero, davvero.
E ce l’hanno incartata proprio bene in questi anni, cercando di convincerci che l’antipolitica faceva male alla politica, che non era giusto mettere tutti allo stesso livello, che non erano proprio tutti uguali come sembrava, una cosa che fino a un po’ di tempo fa pensavo anch’io.
Oggi no, non lo penso più, perché se è vero che da berlusconi a scendere è stata involuzione, implosione di una politica che già non si reggeva in piedi dopo i disastri di tangentopoli è anche vero che chi si doveva impegnare per contrastare questa politica, quella dei privilegi, dell’immeritocrazia, del familismo e del clientelismo ci si è invece accomodato dentro facendo finta che tutto andasse bene e, anzi, quando ha potuto si è seduto con piacere a quella tavola dove si mangia tanto e bene, non considerando che prima o poi la bolla sarebbe scoppiata.
E se in questo paese non ci fosse stata quella manciata scarsa di giornalismo vero che in questi vent’anni non ha pensato che tutto andava bene spiegando anche il perché, l’Italia sarebbe perfino peggio del paese che è. 

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Non spingete – Marco Travaglio, 1 ottobre

C’è una gran ressa nell’anticamera del fronte antiberlusconiano, rimasto per vent’anni semideserto. Pare che spingano per entrare anche alcuni gaglioffi che dopo una vita da rospi diventarono principi azzurri grazie al tocco magico del portafogli e delle tv del Cainano, che scattavano sull’attenti a ogni suo fischio, che gli han sempre votato e talora firmato decine di leggi vergogna (vero, Angelino detto Lodo?), che ancora due anni fa approvavano festosi la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, che ancora l’11 marzo marciavano sul Tribunale di Milano, che ancora una settimana fa si rimangiavano il voto sulla Severino trafficando per salvare il pregiudicato dalla decadenza e si facevano esplodere in tutti i talk show spacciando un volgare frodatore fiscale per un perseguitato politico, insultando i giudici e i giornalisti liberi che hanno capito e detto tutto con due decenni d’anticipo. E ora si scoprono “colombe” per arraffare un’altra poltrona ministeriale e garantirsi l’autoriciclaggio al prossimo giro di valzer, subito riverginati dagli house organ dell’inciucio che li beatificano come alfieri di una destra moderna ed europea, mentre quelli fanno gli eroi della resistenza al “metodo Boffo”, a loro tanto caro fino all’altroieri. Diciamo subito, allora, che il metodo Boffo con i cinque ministri e i cicchitti “diversamente berlusconiani” non c’entra nulla. Sull’allora direttore di Avvenire il Giornalescagliò un dossier in parte vero (la sentenza per molestie ai danni di una donna) e in parte falso (un’informativa inesistente della polizia sui suoi gusti sessuali), mentre su di loro Sallusti non ha (ancora) sparso né fango né veleno: ha soltanto scritto che sembrano avviati “sulle orme di quel genio di Fini”. Una critica politica pienamente legittima, giusta o sbagliata che sia. Ci vuol altro per farne dei martiri. Nell’attesa, potrebbero scusarsi con Fini, Granata, Perina, Angela Napoli, Briguglio e gli altri finiani che scaricarono B. magari tardi, ma quando ancora costava caro: e nel 2010 stavano per liberarci definitivamente dal Cainano, se Napolitano non si fosse precipitato in suo soccorso. Ora è tardi per mollarlo, e pure troppo comodo. Tempo scaduto: le iscrizioni all’antiberlusconismo sono chiuse da un pezzo. Anche perché oggi le vere vittime del metodo Boffo sono ben altre: per esempio i 5Stelle che, dati per estinti fino all’altro giorno, si riscoprono forti nei sondaggi e vengono bastonati con ogni sorta di falsità da destra e da sinistra in vista delle possibili elezioni anticipate. Non passa giorno senza che un paio di malpancisti grillini vengano spacciati da giornali e tv come un poderoso esercito di dissidenti pronti a secedere e ansiosi di votare astutamente il prossimo governicchio: quello che ci farà pagare tutte le tasse rinviate da Letta. Ieri sul Giornale il semprelucido Francesco Alberoni, ormai pronto per la legge Bacchelli, scriveva che “il Movimento a Cinque Stelle ha come programma politico quello di annientare il sistema parlamentare e instaurare un regime totalitario. Grillo lo dice nel suo blog, come del resto aveva fatto a suo tempo Hitler nel suo libro Mein Kampf ”. E l’altroieri, nella consueta enciclica domenicale, Eugenio Scalfari tentava di far dimenticare i suoi imbarazzanti peana alle larghe intese Napolitano-Berlusconi-Letta Zio-Letta Nipote e il clamoroso fallimento dopo appena cinque mesi dell’adorato presidente e dall’amato premier (il più ridicolo e inconcludente del dopoguerra). E con chi se la prendeva? Con l’unica forza di opposizione, a cui i fatti si sono incaricati di dare ragione. Al punto da mettere Grillo sullo stesso piano di B. (“Due caimani e due bande di camerieri”): “Grillo vuole le stesse cose di Berlusconi: la caduta del governo, le elezioni anticipate col ‘porcellum’, le dimissioni di Napolitano e un governo di grillini e di chi la pensa come loro (Berlusconi?)”.

Raramente si era letta su un giornale serio come  Repubblica una tale quantità di baggianate. Qui  chi ha patrocinato un governo con B. non è Grillo, è  Scalfari. E, se si andasse subito al voto col Porcellum,  la colpa sarebbe di tutti fuorché di Grillo: i parlamentari  M5S votarono in massa per la mozione Giachetti  che impegnava le Camere a tornare al Mattarellum  in caso di elezioni, mentre tutto il Pd (compreso  Letta) votò contro la proposta del suo stesso  deputato.  Del resto Pd, Pdl e Napolitano avevano già boicottato  il referendum anti-Porcellum, plaudendo quando due  anni fa la Consulta lo bocciò. E in questi cinque mesi  che cos’han fatto per abrogare la porcata? Nulla di  nulla. Hanno perso tempo dietro la compagnia dei  “saggi” della buona morte voluta da Napolitano, trastullandosi  con la controriforma costituzionale e scardinando  l’articolo 138: sapevano bene che l’unico alibi  che tiene insieme il governo con lo sputo è proprio  l’assenza di una nuova legge elettorale.  Quanto alle dimissioni di Napolitano, non è solo Grillo  a chiederle, ma è Napolitano che le ha promesse nel  suo discorso di reinsediamento dinanzi alle Camere  riunite, il 22 aprile scorso: “Ho il dovere di essere  franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come  quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a  trarne le conseguenze dinanzi al Paese”. Non gli bastano  le sordità di questi giorni? O è diventato sordo  anche lui?

Degl’italici orgogli

Quindi, unendo i puntini, è ufficiale e definitivo: negli anni ‘70 e ‘80 Berlusconi ha mediato con Cosa Nostra ospitando in casa un presidio mafioso; nel 1991 ha corrotto un magistrato per portarsi a casa Mondadori; negli anni ‘90 ha ideato un gigantesco sistema per frodare il fisco e accumulare fondi neri all’estero.

E nel 2013 il Pd ha deciso di allearsi con lui.

[L’escalation, Alessandro Gilioli]

 

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Che diranno adesso le truppe cammellate, anzi impellicciate, che siccome berlusconi compra un sacco di cose, case, donne, politici, giornalisti che sarà mai se per una volta una casa editrice l’ha rubata? perché la teoria è la stessa con cui hanno considerato il reato di evasione. Siccome lui paga tanto, il che vuol dire che guadagna anche tanto, forse troppo per una persona sola, allora può permettersi di evadere un po’: la modica quantità prescritta dalle note giureconsulte biancofiore, gelmini, casellati mazzanti vien dal mare, carfagna, eccetera.

Ha fatto benissimo la Cassazione a respingere il ricorso del già pregiudicato perché condannato berlusconi: non sono i giudici ad essere cattivi, comunisti, ad avercela con lui ma è proprio lui che è istintivamente e naturalmente un delinquente.
Chiunque conosca un po’ la storia della vicenda Mondadori legata poi al successivo lodo sa benissimo che berlusconi quella casa editrice non l’ha presa in affitto né in prestito, se l’è fatta rubare per conto terzi grazie a sentenze e giudici comprati.
E a quei giudici poi non è stata concessa nessun’agibilità, sono stati processati e condannati da altri giudici, una cosa incomprensibile per la politica italiana che è vero, non può giudicare i delinquenti, ma non condanna né  estromette dal parlamento quei politici che si sono macchiati di reati gravi e ancorché gravissimi.

Questa sentenza ci dice che silvio berlusconi oltre ad essere ufficialmente uno che pagava la mafia per proteggere se stesso, i figli e “la robba”, un frodatore fiscale, uno che ha rubato allo stato per arricchire se stesso, togliendo quindi risorse ad un paese schiacciato dall’impoverimento che avanza in virtù di una crisi di cui i cittadini chiamati a pagare sono le vittime e non la causa che invece sono quelli come berlusconi, il quale non si è fatto nessuno scrupolo a commettere reati odiosi mentre avrebbe dovuto lavorare per lo stato da presidente del consiglio, è anche un corruttore di giudici. Ma non è una sorpresa per  chi sa che berlusconi è uno abituato a delinquere al ritmo del suo respiro. Non dovrebbe esserlo almeno.

Se avessimo un presidente della repubblica vero staccherebbe lui la spina a questo bel governo delle larghe intese col delinquente, amico della mafia, corruttore, frodatore e condannato.

 

Lodo Mondadori, la Cassazione decide
B. risarcirà 541,2 milioni a De Benedetti

La Cassazione ha respinto il ricorso della Fininvest della famiglia Berlusconi contro la Cir dei De Benedetti per il risarcimento per la “guerra di Segrate” (1991), durante la quale l’avvocato Cesare Previti, per conto di Berlusconi, pagò tangenti ai giudici di Roma per vincere la causa. Che rimane confermato con un ritocco al ribasso: il taglio è di circa 23 milioni di euro rispetto ai 564,2 milioni di euro già liquidati, ma che erano stati messi a bilancio con valore neutro. La decisione è emersa dalle motivazioni depositate oggi. [Il Fatto Quotidiano]

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Strillano all’esproprio e parlano di sentenza politica. Ma i fatti sono lineari, chiari e certificati: Berlusconi si prese la casa editrice di Segrate corrompendo un giudice con i soldi di un conto estero. Tutto il resto è chiacchiera.

[Marco Travaglio, L’Espresso – 15 luglio 2011]

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Garante, di chi?

Un presidente della repubblica che parla al telefono con un ex ministro indagato per falsa testimonianza, nel merito di cosa e perché non è dato sapere e poi pretende che vengano distrutte le prove di quelle conversazioni, che permette ad un già condannato, prescritto in vari processi penali che lo riguardano, un plurinquisito di continuare la sua attività “politica” interferendo nell’attività della Magistratura che lo deve giudicare e, come se non bastasse lo riceve al Quirinale –  come se fosse uno statista vero – subito dopo una condanna in primo grado a sette anni per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile che cosa garantisce di preciso? o per meglio dire, chi?

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Tre giorni fa da Letta, ieri al Quirinale.
Speriamo che il papa nei prossimi giorni s’inventi qualcosa di molto urgente da fare, altrimenti toccherà anche a lui ricevere a cena un condannato a sette anni di galera.
Se questo è un paese normale.

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“Per amare la pace, armare la pace”. [Mario Mauro, ministro della difesa a proposito dell’acquisto degli F35,]

Della serie: “spezzeremo le reni anche al buon senso”.

Per elaborare una scempiaggine simile bisogna impegnarsi molto; qualche giorno fa sempre il ministro disse che gli F35 servono a fare la pace.

 Un po’ come dire che per dimagrire bisogna mangiare o che per essere puliti non ci si deve lavare.

L’uso insensato delle parole è possibile perché quasi nessuno se ne accorge; questi possono dire quello che vogliono e troveranno sempre un giornalista serio e compunto che li fa parlare, li ascolta ma non pronuncia mai, dopo,  la semplicissima frase:”scusi, ma che cazzo dice?”

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Un contributo strepitoso purtroppo non all’altezza della mente povera, anzi assente di mariastellagelmini.

La professoressa ha spiegato molto bene quanto la figura di silvio berlusconi abbia danneggiato questo paese, e di quanto sia in pericolo il futuro dei giovani che sono cresciuti assimilando la sua subcultura del tutto lecito purché si abbiano i soldi per pagarselo.

berlusconi ha elevato a leciti e ancorché simpatici comportamenti che una volta significavano l’emarginazione dal contesto sociale.

Ovviamente siccome la gelmini come da consuetudine a lei cara non ha capito niente si è risentita perché secondo il suo autorevole parere la dottoressa  avrebbe offeso tutte le donne, anzi, tutti gli italiani e non lei e quelle e quelli come lei che si sono votati alla difesa e al sostegno del delinquente puttaniere. 

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Lodo Mondadori, giudici di Cassazione
decidono sulla lunga guerra di Segrate

Lodo Mondadori: la storia vera – l’Espresso

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D’Alema: “Berlusconi avrebbe dovuto farsi da parte da tempo”.

E pensare che senza D’Alema, il geniale legittimatore del berlusconi politico, l’inventore della bicamerale che consegnò a berlusconi le chiavi del paese non sarebbe stato nemmeno necessario, perché non ci sarebbe stato nessun posto – nella politica – dal quale cacciare berlusconi che sarebbe rimasto l’imprenditore fallito che era e che confessò ad Enzo Biagi che se non fosse entrato in politica per lui restava solo San Vittore.

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Il reddito di cittadinanza no e gli F35 sì.

Questo è il pd: il partito del bene comune, del rinnovamento, del cambiamento.

Vediamo se qualcuno avrà ancora il coraggio di raccontare  la storiella che sono i 5stelle i fascisti antistato che non conoscono la Costituzione, quella dove c’è scritto che l’Italia ripudia la guerra.

Queste sono le priorità italiane, quelle che risolvono i problemi del lavoro che non c’è, dell’istruzione pubblica ridotta ai minimi termini e della sanità, sempre pubblica ché la privata funziona alla grande, da terzo e quarto mondo. Ricordiamocele queste cose.

Se lo ricorderanno tutti che gli unici contro sono stati SEL e 5Stelle?
Speriamo di sì.

 

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Dei delitti e del pene
 Marco Travaglio, 27 giugno

“La prostituzione è un fenomeno che purtroppo sta dilagando… Un fenomeno sommerso… di ragazze attirate in Italia con lo specchietto del lavoro nella moda, o nel cinema, o nella televisione e poi costrette in appartamenti… utilizzate e poi minacciate nel caso in cui rivelassero a chiunque la loro condizione… Vere e proprie schiave che patiscono questa condizione intollerabile. Perciò su questo abbiamo fatto un disegno di legge che è intervenuto con delle pene elevate per chi sfrutta la prostituzione e per gli stessi clienti delle prostitute. Credo che queste pene siano estremamente giuste, soprattutto quando le prostitute sono minorenni”. Sante parole. Indovinate chi le ha pronunciate? Il solito moralista della sinistra salottiera? Un giudice talebano e puritano (naturalmente donna) che vuole processare lo stile di vita di un avversario politico? Un nemico della pacificazione e delle larghe intese che vuole perpetuare all’infinito la guerra dei vent’anni? No, Silvio Berlusconi, il 24 giugno 2009, presentando da presidente del Consiglio, seduto accanto all’allora ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, il disegno di legge del suo governo che inaspriva le pene sulla prostituzione, anche minorile. Il video è in rete, a disposizione degli increduli e soprattutto dei creduloni. Basta questo per tappare la bocca in eterno alle prefiche arcoriane, ai Ferrara col rossetto, ai pompieri della sera e ai nove decimi dei trombettieri olgettini che si alternano in questi giorni sui giornali e in tv lacrimando per la condanna di B., ritenuta clamorosa, spropositata, sorprendente, nel processo Ruby. Non sanno, o fingono di non sapere, che i giudici gli hanno applicato la pena più bassa possibile in base alle leggi vigenti sulla concussione per costrizione e alla prostituzione minorile. Ma soprattutto che ad alzare le pene per entrambi i reati sono state tre leggi votate dal Pdl e dunque anche da B., due delle quali furono proposte e approvate dal suo secondo e terzo governo. Fino all’anno scorso, la pena minima per la concussione era di 4 anni e la massima di 12. Poi, siccome B. e Penati erano accusati dai pm di concussione per induzione, la ministra Severino — con i voti del Pdl e del Pd — trasformò questa fattispecie in un reato minore, punito da 3 a 8 anni e con prescrizione abbreviata da 15 a 10 anni. Per quella per costrizione, invece, fu alzata la pena minima da 4 a 6 anni. Tanto, si pensava, non riguarda né B. né Penati. Non potevano prevedere, né lei né i berluscones, che i giudici avrebbero riformulato la concussione di B. da induttiva a costrittiva. Risultato: gli hanno affibbiato 6 anni, cioè il nuovo minimo della pena. Meno di così non potevano, grazie a una legge votata dallo stesso imputato. Una legge ad personam e a sua insaputa, ma all’incontrario, in base all’eterogenesi dei fini. Il settimo anno invece B. se l’è buscato per prostituzione minorile. Su quel reato sono intervenute ad aggravare le pene e a ridisegnare la competenza territoriale dei pm due leggi dei governi B.: la Prestigiacomo n. 38/2006 e la Carfagna n. 48/2008. Da allora “chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa non inferiore a euro 5.164”. E fra gli atti sessuali la Cassazione comprende anche la “palpazione concupiscente”, i balletti osé ecc. Non occorre neppure dimostrare un rapporto completo. Per questo reato B. è stato condannato “in continuazione” con l’altro a 1 anno di carcere, cioè a una pena molto più vicina al minimo (6 mesi) che al massimo (3 anni). Cioè l’imputato ha fatto tutto da solo. Prima ha fatto i divieti, poi li ha violati e ora che l’hanno beccato e condannato se la prende con i giudici che hanno applicato le leggi.

Le sue. Bel pirla.

Otto milioni di euro per pagare spinelli? ma quanto sta la marijuana al chilo?

Io me la ricordavo più economica…

Otto milioni di euro. I sequestratori del ragionier Giuseppe Spinelli (ufficiale pagatore delle olgettine nonché contabile del portafoglio personale di Silvio Berlusconi) e signora potrebbero aver ricevuto questa somma o anche di più come riscatto della loro vita.[Il Fatto Quotidiano]

La moglie di Spinelli: “Ho tirato fuori un rosario e abbiamo cominciato a pregare.”
Che la storia reggesse.
[Nicoletta Notav]

Ogni volta che sta per sprofondare succede sempre qualcosa che fa in modo che si continui a parlare di lui; questa del fantomatico e quanto mai fantasioso rapimento del ragionier Spinaus sarà un’altra ed ennesima occasione per distogliere l’attenzione e concentrarla su questo personaggio che vuole esserci sempre ma che  per qualcuno invece ed evidentemente, ci deve essere.
Tutto per parlare di lui in qualità di vittima.
Sempre la solita storia, quella che fa pensare che ci sia qualcuno che si attiva alacremente,  lavora notte e giorno per non agevolare il declino naturale e definitivo di quest’uomo che tanto ha dato, ma soprattutto ha preso al nostro paese.
Uno che è sceso in campo e l’ha dovuto fare per il bene del paese e cioè il suo.
E’ davvero valsa la pena dedicare 18 anni meno qualche mese di azione politica quasi interamente spesa nell’abilitazione alla politica di un impostore prima e nel salvataggio dopo di un “delinquente naturale” [per sentenza di un tribunale] che poteva già vantare ottime referenze tipo aver ospitato un pluriergastolano mafioso in casa a fare da baby sitter ai figli [“affinché non facessero brutti incontri”: testuali parole del padre dei figli] quando gli fu concesso il capriccio di scendere in campo, uno circondato da collaboratori, amici e parenti che gente normale avrebbe paura e vergogna ad avere per vicini di casa.
Sono soddisfazioni; e questa è la politica che difende il nostro beneamato presidente della repubblica, quella tradizionale.
Deve essere una sensazione entusiasmante farsi tenere per le palle [è stato il collante per l’esistenza di tutto l’arco costituzionale di questi ultimi diciotto anni, “crollato” lui sarebbero caduti giù tutti molto peggio di quanto stia già accadendo ed ecco il motivo per cui viene ancora così considerato e aiutato]  da uno a cui le palle si saranno disintegrate a furia di farsele stritolare da porci, cani, mafiosi, papponi,  mignotte e dell’utri: tutto il peggio è passato nelle sue case e nelle sue cose.
Uno a cui il presidente della repubblica, invece di sgridarlo, faceva le coccole così come si fa col  figlio discolo a cui si concede il capriccio sperando che metta la testa a posto, per questo ha taciuto più e più volte quando firmava tutto l’inimmaginabile per paura che facesse nientemeno che il colpo di stato.
Un paese intero sotto scacco di un disonesto per natura, uno che non ha mai avuto la benché minima concezione di quel che significano parole come lealtà, onestà e rispetto e la loro applicazione nel concreto, cose che dovrebbero essere i fondamenti per la vita di un normale cittadino, figurarsi per chi aveva promesso la famosa rivoluzione liberale a gente evidentemente peggiore di lui che lo ha sostenuto e che sarebbe pronta a farlo ancora; uno sul quale si era già detto così tanto vent’anni fa per farsi passare la voglia perfino di prenderci un caffè al bar.
Ma invece di evitarlo –  ed evitarCElo soprattutto – di tenerlo a debita distanza, di porre rimedio al danno fatto quando qualcuno ha pensato che tutto sommato uno che aveva ricevuto in dono un partito politico da chi frequentava le sue case e cosa nostra potesse avere davvero i requisiti  giusti per fare il presidente del consiglio gli è stato permesso TUTTO; c’è stata una gara bi e tripartisan a chi lo accontentava meglio e di più.
E ancora oggi gli viene permesso di avere voce in capitolo nelle cose di tutti, nella politica: l’interlocutore da rispettare, ascoltare,  al quale stringere la mano e andarci – sobriamente -a pranzo insieme.

Le sue pigioni
Marco Travaglio, 20 novembre

In attesa di sapere se sappiamo proprio tutto del sequestro più pazzo del mondo, quello del ragionier Spinelli (“Spinaus” per gli amici e soprattutto le amiche), un elemento balza subito agli occhi: i rapitori dovevano conoscere davvero bene non solo i movimenti di Spinaus, ma anche l’indole profonda del Caimano. Intanto sapevano benissimo che, chiamato al telefono dal suo contabile e accortosi — come dice lo stesso Spinelli ai pm — che era tenuto in ostaggio da qualcuno, non avrebbe avvertito le forze dell’ordine (come nel 1975, quando evitò accuratamente di denunciare il primo attentato alla sua villa di via Rovani a Milano). Sapevano anche di potergli tranquillamente chiedere un riscatto senza timore di essere denunciati. Forse avevano letto le intercettazioni del 1986, quando B., subito dopo il secondo l’attentato in via Rovani, chiamò Dell’Utri per attribuirne la colpa all’amico Mangano (“un segnale acustico… ma fatto con molto rispetto, quasi con affetto”) e raccontare di aver detto ai carabinieri: “Se (Mangano) mi avesse telefonato, io 30 milioni glieli davo!”. O quelle del 1988 con l’immobiliarista Renato Della Valle, a cui B. confidò che la mafia minacciava di uccidere Piersilvio, ma lui naturalmente non aveva denunciato nulla, anzi: “Se fossi sicuro di togliermi questa roba dalle palle, pagherei tranquillo, così almeno non rompono più i coglioni”. O magari hanno letto la sentenza della Cassazione su Dell’Utri: fin dai primi anni 70 “Berlusconi raggiunse un accordo di natura protettiva e collaborativa con la mafia per il tramite di Dell’Utri” e pagò “cospicue somme a Cosa Nostra” senza mai denunciare alcuna estorsione. Di sicuro i sequestratori conoscevano i punti deboli di B.: siccome Dell’Utri per sua fortuna ha la scorta, era più semplice acciuffare Spinelli, l’altro custode di altrettanti segreti, non solo quelli di via Olgettina. E soprattutto sapevano quale esca usare per farlo abboccare all’amo e scucirgli qualche milioncino. Basta frullare insieme le parole-chiave Fini, giudici, De Benedetti, lodo Mondadori, Ruby e il gioco è fatto (poi purtroppo il capobanda
ha voluto esagerare con le scarpette rossonere del Milan, e s’è tradito). Spinelli racconta che, di fronte alla “rivelazione” di un complotto di Fini e dei giudici del lodo Mondadori, gli avvocati Ghedini e Longo scoppiarono a ridere, ritenendo impossibile che il presidente della Camera potesse (o volesse) pilotare il Tribunale di Milano. Ma il loro illustre cliente, come diceva Montanelli, “è un bugiardo sincero: crede alle bugie che racconta”.
Dunque questi rapitori sono anche dei sottili psicologi: sapevano che, per lui, Fini l’ha mollato a causa di un complotto, non semplicemente perché non ne poteva più di votare leggi vergogna; e, per lui, è a causa di un complotto se il Tribunale l’ha condannato a risarcire l’Ingegnere per lo scippo Mondadori, non semplicemente perché la sentenza che annullava il lodo l’aveva comprata Previti con soldi suoi. Insomma, sono andati sul sicuro. Il fatto, poi, che fossero dei pregiudicati li rendeva ai suoi occhi più affidabili: come fossero di casa. Lui ha provato a farli scappare, ritardando di 16 ore la denuncia del sequestro (“fatto con molto rispetto, quasi con affetto”). Purtroppo non è riuscito ad abolire le intercettazioni e a estirpare quel cancro della Boccassini, così quelli sono finiti in galera. Resta il fatto che ormai il primo che passa, anche un albanese, può chiedergli ciò che vuole (soldi, gioielli, donazioni, candidature, affitti gratis, acquisti di ville a prezzo doppio) dicendo di sapere qualcosa di lui: e il pover’ometto, nel dubbio che sia vero, paga. Ecco perché si rifugia sempre più spesso in Kenya. Se resta due giorni di seguito in Italia, lo spolpano. Per lui Briatore è la madonna consolatrice degli afflitti. Anzi, degli affitti.