La bocca sollevò dal fiero pasto [breve ma intenso ^_^ ]

Anche oggi la palma dello spreco di carta di giornale sottratta ad un uso più utile, magari per scriverci su un po’ di informazione vera va a Michele Serra che, con tutto quello che succede in giro preferisce continuare ad occuparsi degli strascichi del mondiale e del morso di Suarez che peraltro è stato sanzionato a tempo di record: magari in certi paesi, tipo l’Italia, anche le sanzioni per i politici delinquenti arrivassero a stretto giro di lancette d’orologio.  Anche Gramellini, alter ego di Serra per la frequente inutilità dei suoi “buongiorni” su La Stampa si  ri_occupa del morso, ma almeno Gramellini ci risparmia la morale sui cattivoni del web un giorno sì e l’altro pure.
Serra, invece,  che è così attento alle questioni etiche, ai messaggi violenti che vengono diffusi in rete da anonimi imbecilli e non [anonimi] poteva dirci che ne pensava della pagina del Corriere della sera venduta agli amici e agli amici degli amici di Dell’Utri, ad esempio.

Illuminarci su quale sia il livello etico, morale e semplicemente quello del buon gusto e dell’opportunità di un direttore di giornale che davanti alla possibilità di un profitto economico dimentica quali sono le funzioni di un giornale. Perché se oggi va bene concedere spazio agli amici e conoscenti di un mafioso domani potrebbe andar bene per qualsiasi altra cosa, un po’ come si fa con quegli aeroplanini che passano sulle spiagge d’estate per mezzo dei quali chi ha soldi da buttare – perché ce ne vogliono molti esattamente come per comprare una pagina di giornale – reclamizza i suoi prodotti o invia messaggi a qualcuno in particolare ma che poi verranno letti da tante persone.

Perché se l’idea è quella di trasformare un quotidiano in una sorta di pizzino col quale veicolare messaggi a persone precise ma che poi leggeranno anche altre persone ha ragione chi s’incazza che i quotidiani vengano finanziati coi soldi di tutti, che poi è la stessa persona che nel 2005  per far pubblicare il link al suo blog con l’elenco dei politici italiani condannati fu costretta ad acquistare una pagina di un quotidiano straniero, l’International Herald Tribune, perché TUTTI i quotidiani italiani rifiutarono di farlo.  In quell’elenco, inutile precisarlo, c’era anche Marcello Dell’Utri.  Allora il Corriere scrisse: “Grillo sbatte in prima i deputati condannati”, chissà se qualche collega degli Ostellino, Battista, Galli Della Loggia, Cazzullo nonché del megadirettore De Bortoli  avrà voglia ma più che altro coraggio  di scrivere che il Corriere solidarizza con un mafioso, a pagamento?

 

L’AMACA del 27/06/2014 (Michele Serra)

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L’ultimo morxista (Massimo Gramellini)

 

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Le pornoriforme – Marco Travaglio

Anche ieri, come ogni giorno, Repubblica ci ha anticipato la quotidiana Grande Riforma che presto, prestissimo, quanto prima, il Pie’ Veloce Matteo ci regalerà. Dopo quelle della Costituzione, della legge elettorale, del fisco, del lavoro, dell’ozio, della burocrazia, della scuola, dell’università, dell’asilo, dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio, della pastorizia, della caccia, della pesca, dell’apicoltura, della mitilicoltura, delle carceri e dei circhi equestri (per fortuna mai viste se non in qualche slide), è in arrivo una nuova mirabolante Rivoluzione: quella della Giustizia, civile e pure penale. Rassicuriamo subito i lettori: le probabilità che la Palingenesi veda un giorno la luce sono pari a zero. Sia perché i neoriformatori non son buoni neppure a legarsi le scarpe. Sia perché in Parlamento una maggioranza che voti i brevi cenni sull’universo del ministro Orlando, non c’è. O meglio: ci sarebbe se il Pd facesse ciò che dice, nel qual caso potrebbe trovare sponde robuste nei 5Stelle e in quel che resta di Sel (ma così crollerebbe il governo, sostenuto ufficialmente da Ncd e centrini vari, e ufficiosamente da FI).

Ma il partito dell’impunità è ancora ben saldo anche nel Pd, come dimostrano il voto sulla responsabilità civile diretta delle toghe e l’immunità ai senatori non più eletti. Dunque la fine del pacchetto Orlando (semprechè sia il suo, viste le smentite di ieri) è già nota: le buone intenzioni (falso in bilancio, autoriciclaggio, blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado) imboccheranno il solito binario morto, e viaggeranno col turbo solo quelle pessime, che piacciono un sacco a Ncd, centrini, FI, del cui sacco sono infatti farina: il solito bavaglio sulle intercettazioni e il dirottamento del giudizio disciplinare sui magistrati dal Csm verso un’“Alta Corte” (idea di Violante, cioè del centrodestra), ovvero a un plotone d’esecuzione infarcito di politicanti.
Le intercettazioni sono la prima ossessione della Casta da almeno 10 anni: da quando, sterilizzati i pentiti e tolto il valore di prova delle chiamate in correità, gli scandali escono direttamente dalle boccucce ciarliere di lorsignori. Spesso l’intercettazione è un selfie: ritrae il criminale nell’atto di delinquere; e le chiacchiere su complotti, toghe rosse, garantismo e giustizialismo stanno a zero. Non potendo (ancora) vietare ai magistrati di disporle, la Banda Larga s’accontenterebbe di proibire ai giornali di pubblicare le intercettazioni, rinviando alla fine del processo il momento della divulgazione: quando ormai nessuno si ricorda più nulla. Se le conseguenze penali di un reato spaventano poco lorsignori, grazie ai tempi biblici della giustizia con prescrizione garantita, gli effetti mediatici delle indagini restano seccanti: costringono il politico ladro o mafioso a difendersi dinanzi agli elettori, spiegando parole e opere difficilmente spiegabili, col rischio che la gente si faccia un’idea precisa sul suo conto. Ecco dunque ricicciare, dopo le leggi Mastella e Alfano fortunatamente abortite, la trovata di Orlando: i magistrati non potranno più inserire il testo delle intercettazioni nelle ordinanze di custodia cautelare (di per sé non segrete, dunque pubblicabili), ma solo il “riassunto”; e gli avvocati degli arrestati non potranno disporre delle trascrizioni dei nastri prima di una “udienza stralcio”, dove pm e difensori decideranno quelle da distruggere perché non penalmente rilevanti. Ma così si calpesta il diritto di difesa: chi finisce dentro ha il diritto di conoscere le parole esatte che l’han portato in galera, per impugnare al Riesame e in Cassazione. E si violano pure la libertà di stampa e il diritto dei cittadini a essere informati: ciò che non ha rilevanza penale può avere una grande rilevanza morale, politica, deontologica. Se un politico frequenta abitualmente mafiosi, per dire, non commette reato e non deve finire in galera, ma a casa sì. E l’elettore per mandarcelo deve sapere tutto. L’abbiamo scritto tante volte quando ci provava B. e, almeno nel mondo progressista, si gridava alla “porcata” e al “bavaglio”. Ora che ci riprova Renzi, nessuno fiata. Anzi, tutti parlano di “riforma” e “rivoluzione”. Per questo oggi è peggio.

L’eversore [re_reloaded]: ovvero, l’orrido déjà vu

Anche  il Milan di berlusconi ha rotto definitivamente gli argini del benché minimo senso di decenza, del tanto abusato esempio per i giovani mettendosi al fianco di un presidente corruttore e condannato per frode fiscale.
Ognuno ha la squadra che si merita.

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IL PRESIDENTE DELLA FIERA DI MILANO PERINI: “SEGNIAMO LE CASE DEI GIUDICI”. POI LE SCUSE

C’è stata gente che per molto meno, una battuta scritta in bacheca contro il capoufficio o la professoressa è stata licenziata, sospesa da scuola.
Questi che facciamo, li teniamo al loro posto vero? perché naturalmente si sono scusati dopo l’offesa e la minaccia quindi è tutto a posto. 
Da un certo livello in poi tutto si può dire ché poi tanto bastano le scuse e che problema c’è.

Queste sono minacce fatte in pubblico da gente che ha dei ruoli pubblici. Proprio come calderoli quando insulta la Kyenge istigando al razzismo qua si istiga al gesto violento, di stampo nazista addirittura, ci si augura che un giudice debba vivere soffrendo perché ha fatto il suo dovere.

E gli autori pensano di potersela cavare con delle semplici scuse perché sanno che non gli succederà nulla.

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La nebbia all’erto Colle caliginando sale – Massimo Rocca

Ovviamente, in un paese serio, il capo dello stato sarebbe già andato in televisione a reti unificate per denunciare il tentativo di sovvertimento dell’ordine democratico. Un delinquente condannato in via definitiva che ricatta i poteri politici legittimi del paese, né più né meno quello che facevano le brigate rosse con Moro prigioniero o Totò o curtu con le stragi dei magistrati, inviando i suoi messaggi dal covo di Palazzo Grazioli affidandoli a personaggi che vogliono salire le scale del Quirinale per depositare l’ultimatum sulla scrivania del garante del patto di pacificazione che ha, evidentemente, mancato alla sua parola. Ci sarebbero le sezioni del partito di governo allertate e il presidente del consiglio chiuso in riunione permanente con l’ambasciatore kazako o col ministro degli interni, che tanto è uguale. Invece non potendo chiedere, questa volta, alla rai di bruciare le bobine del suo discorso di insediamento, temo che riceverà i messaggeri, cui del resto ha già promesso la riforma della giustizia, proprio il giorno dopo in cui ha dimostrato di funzionare.

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Berlusconi, il Pdl ricatta sulla grazia
E la Questura gli revoca il passaporto

Il pregiudicato: “Riforma della giustizia o voto”. Il partito a Napolitano: “Clemenza o ci dimettiamo
tutti”. Letta: “Il governo deve continuare”. Notificato dai carabinieri il decreto di esecuzione pena
EPIFANI: “PRESSIONE INDEBITA SUL COLLE. E NO A RIFORMA GIUSTIZIA CHE VUOLE IL PDL”

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Berlusconi condannato? “Riformate la giustizia!”

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Se non fosse vero ci sarebbe da ridere da qui all’eternità: Napolitano che riesce ad anticipare pure berlusconi riguardo una riforma della giustizia che, se abbiamo imparato un po’ a conoscere i nostri polli sappiamo benissimo dove vuole andare a parare e a riparare soprattutto.

Però mi raccomando, non nominiamolo, non tiriamolo in ballo sennò Lauretta e l’ex superprocuratore s’incazzano.

A proposito: la presidentessa candida non si è espressa ancora sulla condanna? c’è da difendere la sacralità del parlamento che ospita un fuorilegge e la sua teppa, da offrire solidarietà spicciola all’insultato di turno o cosa? e per noi, quando arrivano le scuse?

L’unica riforma della giustizia da fare è quella per vietare una volta e per tutte ai criminali di poter mettere bocca negli affari di stato.

Di ricattare le istituzioni.
berlusconi non è più nella condizione di poter pretendere nulla, quindi tutto quello che riuscirà ad ottenere significa che è stato concordato, che fa parte del pacchetto larghe intese napoletane.

Mi chiedevo quanto si può sacrificare di se stessi per difendere, rendere accettabile, meno grave quello che non lo è.
In special modo chi proprio per ruolo e per mestiere è chiamato a raccontare, spiegare all’opinione pubblica quello che succede.
Com’è possibile dimenticarsi di essere una persona per mettersi spudoratamente al servizio di un delinquente, scrivere su un quotidiano che l’attacco allo stato è aver condannato quel delinquente e non invece avergli permesso di demolirlo con la compiacenza e benevolenza, vive e vibranti, di chi avrebbe dovuto impedirlo.

Le sentenze di berlusconi non devono interferire con la vita politica, col cammino del bel governo dei grandi imbroglioni, dicono quelle e quelli bravi, nella politica come nel giornalismo: quanto ancora dovranno prenderci in giro con questa menzogna? le sentenze di berlusconi, i comportamenti di berlusconi, i reati di berlusconi, l’immoralità amorale e indecente di berlusconi diventano politica nel momento in cui si permette a berlusconi di far diventare tutto questo arma di ricatto politico. 

Di essere se stesso quel ricatto avendo consentito, prolungando oltremodo e contro il benché minimo senso dello stato la presenza dell’abusivo impostore fuorilegge in parlamento.

Un ricatto al quale lo stato si è piegato e si piega concedendo a berlusconi quello che sarebbe impossibile chiedere e pretendere ma anche e solo immaginare di farlo, per qualsiasi altro cittadino.

In nessun paese un appena condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile viene ricevuto, e  su invito di entrambi,  dal capo del governo e da quello dello  stato, e in nessun paese un condannato in ultimo grado, quello definitivo, può andare in tv a reti unificate a dichiararsi un innocente perseguitato dai giudici comunisti.

 E la tragedia nella tragedia è che ci sia ancora  gente che non si accorge nemmeno che da vent’anni usa lo stesso linguaggio, le stesse parole, fa le stesse accuse e si difende dalle stesse accuse.
Un déjà vu vivente che non si può più sopportare, non se ne sopporta il nome, la faccia, la voce ma che può continuare a invaderci la vita perché nessuno ha il coraggio di fermarlo, di dirgli che è scaduto il tempo: il suo. 

La litania del berlusconi che andava – va – andrebbe sconfitto politicamente la ripetono da anni tutti e solo quelli che non ne hanno mai avuto la benché minima intenzione.
Una politica gobba e sottoposta ai voleri del papi padrone quanto un’informazione serva: quella alla polito ad esempio, che intravvede il colpo per lo stato nell’applicazione della legge e non nel suo contrario. Ovvero aver fatto il tutto e l’oltre per non averla applicata prima e non aver fatto nulla prima per il conflitto d’interessi in cui finalmente è caduto anche il suo proprietario, e per evitare la mole gigantesca di leggi ad personam di cui si è potuto avvalere berlusconi dopo essersele fatte fare e aver trovato un parlamento che le ha rese operative.

Diverso è invece trasformare in una questione politica i reati di berlusconi, ma se un politico commettesse un omicidio chi se ne deve occupare: la legge, gli elettori che hanno votato quello che poi è diventato un assassino o la politica? perché è la stessa cosa.

Un reato è un reato, poche storie, e quelli di berlusconi sono reati pesantissimi, non consistono nel furto del portafoglio sul metrò o del pezzo di formaggio al supermercato compiuti da chi non sa come arrivare al giorno dopo, e lo stato non può continuare a tutelare chi come berlusconi ha scelto di vivere e agire oltre la legge pensando che questo gli sia dovuto.

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Giusto ieri mi stavo chiedendo come si sentissero i Pigì Battista, i Polito,  il senatore Scalfari e tutto il corazzierume scelto che ha sostenuto con la forza della nuda lingua il bel governo dei larghi imbrogli, qui di seguito Travaglio mi rassicura sullo stato di salute del solito giornalismo embedded, stazionario come al solito: un sussulto manco a parlarne.

La dignità è una cosa seria che possono avere a cuore solo le persone serie.

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Poveretti, come s’offrono
Marco Travaglio, 3 agosto

Dopo la lunga veglia funebre nella Camera ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino. Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici. 

Il Polito nella piaga. Estratto a sorte da un bussolotto che comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco), Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. 

Avrebbe potuto cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo. Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di Ferrarella, che almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del delinquente (naturalmente frutto dell'”accanimento degli inquirenti”) ha un'”influenza sul governo”. 

Poi dipinge un paese immaginario, dove la maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal “nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di “separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. 

Ah, dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a noi.
Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”: quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un monumentale evasore fiscale.

Trattativa prêt-à-porter

   

Sottotitolo: Certo che ne passano di schifezze al meeting di comunione e fatturazione [cit. Don Gallo]. La politica già fa schifo di suo, ma quella vicina al vaticano è la più pericolosa. Per eventuali chiarimenti  sul perché rivolgersi allo (s)governatore lombardo. Mai vista tanta gente sobria, elegante, professionista e professionale, temere le intercettazioni come un utilizzatore finale qualsiasi.  

Mettere poi sullo stesso piano intercettazioni e corruzione equivale al concetto di omosessuale= pedofilo.

Ma chiaramente nessuno fra il giornalismo illustre farà caso a questa bazzecola.
Passera è sempre indagato, vero?
Appunto.

Mentre il ministro [indagato per frode fiscale] Passera si occupa di intercettazioni, il suo collega agli affari esteri non tocca di un euro gli emolumenti principeschi dei suoi colleghi ambasciatori.  Equità come se piovesse e Italia paese laico una cippa.
E’ vero, la Costituzione ha bisogno di essere restaurata, bisognerebbe togliere tutti quegli articoli che parlano di cazzate quali uguaglianza, leggi uguali per tutti, del lavoro come un diritto e non un privilegio di caste e sottocaste che certo non dovranno mai preoccuparsi di non percepire stipendi e pensioni; e, cosa più importante, a questo punto sarebbe opportuno anche rendere legali mafie e corruzione, visto che chi le combatte è considerato un sovversivo e visto che TUTTI i governi hanno sempre indebolito chi alla mafia e alla corruzione si è opposto anche a prezzo della vita. Così Scalfari ci risparmia i suoi articoletti, Rondolino non chiede più di chiudere la procura di Palermo, Violante la smette di insultare i suoi ex colleghi che adesso avranno capito per quanto tempo si sono tenuti la serpe in seno.

Io però poi voglio anche la marijuana, legale, famo a capisse.

Dunque Eugenio Scalfari ci fa sapere che ci sono trattative e trattative.

Alla sua veneranda età vorrebbe convincere quegli italiani che – coraggiosamente – sotto la canicola africana affrontano la lettura dei suoi editoriali che ci sono come dire? situazioni e situazioni, e che i governi di uno stato serio devono poter scegliere qual è il male minore in presenza di una o più minacce per quello stesso stato.  Solo la frase ” love of my life” ormai relegata nello stanzino delle scope e degli stracci della Storia  sembrava dare  soddisfazione al gran pezzo di giornalista.

Se non ci sono le mignotte parte del giornalismo di Repubblica  non si eccita. Soffre di una strana forma di depravazione intellettuale.

Volevo timidamente dire all’anziano voltagabbana, all’inventore delle battaglie per la libertà di espressione à la carte [quello che andava bene per berlusconi per Giorgio The King è inammissibile] che quando si tratta di mafia alternative non ce ne dovrebbero essere, in un paese NORMALE i ladri fanno i ladri, gli assassini gli assassini e le istituzioni, le istituzioni.

Avere un’opinione diversa, pensare che in certe occasioni va bene sedersi a tavola coi ladri e con gli assassini non significa cercare di evitare il male peggiore, a casa mia si chiama connivenza, complicità, si chiama rendersi ricattabili da una criminalità consapevole che nel momento del bisogno pezzi dello stato si faranno sempre trovare disponibili a trattare, e poco importa se questo significa tradire la fiducia dei cittadini che di quelle istituzioni invece, vorrebbero potersi fidare.

Napolitano non è al di sopra della legge esattamente come non lo è berlusconi, anche se in tutti questi anni la politica, tutta, ha lavorato incessantemente per farcelo diventare.

 Evidentemente la nuova (probabile?) alleanza del PD con l’UDC ex partito alleato di berlusconi e il comportamento assai discutibile di Napolitano impongono a Repubblica una nuova e diversa linea editoriale: sono lontani anni luce ormai i post it contro tutti i bavagli. Oggi il bavaglio va bene alla destra, al centro, alla presunta sinistra e pure a Scalfari.

Approvare, giustificare, far diventare un atto istituzionale legittimo e normale la trattativa stato mafia è rivoltante quanto chi blatera di “ragion di stato” per giustificare e proteggere gli autori delle stragi fasciste, quanto chi promette giustizia e verità  sui cadaveri dei morti ammazzati e sui loro altari ai familiari delle vittime di stragi di mafia ben sapendo che quella giustizia non potrà mai arrivare perché la trattativa non la prevede.

Sono proprio contenta di aver smesso di comprare La Repubblica da parecchie settimane, perché  Scalfari il complice lo può fare se vuole, se ritiene che sia giusto, ma non con i  miei soldi.  

La coscienza civile applicata alle cose dei tutti i giorni è la migliore strategia per non rendersi complici inconsapevoli di questo ridicolo regimetto che è l’Italia.

Quando, quindici anni fa scrivevo e dicevo che non compravo nulla targato Mondadori molta gente si straniva, come se non si potesse fare a meno di Chi dell’ottimo Signorini, di Panorama, di Sorrisi e Canzoni e di tutta la porcheria stampata per conto dell’ex tizio, strumenti di propaganda ben peggiori dei fogliacci diretti da feltri, belpietro e sallusti nonché del Foglio del moltoebbasta ferrara.

L’ex magistrato e presidente della Camera: «L’inchiesta sulla possibile trattativa tra Stato e mafia? C’è un populismo giuridico che ha come obiettivo Monti e Napolitano»
Ecco un altro campione di obiettività, quello che trattò sottobanco con berlusconi assicurandogli che nessuno avrebbe toccato le sue tv [e infatti nessuno le ha toccate] e quasi si vantò in parlamento che, durante i governi di centrosinistra le ricchezze di berlusconi aumentarono di 25 volte [nel ’93, ora saranno molte di più].
Questa è la sinistra che si contrappone alla destra peggiore presente in parlamento dai tempi del regime di mussolini.

 

Che fine han fatto i giornali e gli editori che un anno fa marciavano con la Fnsi contro il bavaglio targato Alfano? Ora rilanciano a una sola voce gli ukase di Monti che, senza sapere quel che dice, denuncia “abusi nelle intercettazioni” e annuncia la riedizione riveduta e corrotta in salsa tecnica del bavaglio Al Fano. Spariti i post-it gialli, petizioni, mobilitazioni, paginate su “Tutto quello che non avreste saputo e non saprete più”. L’Anm si spinge a definire addirittura “impropria” l’uscita di Monti, ma in un comunicato senza firme, come se si fosse scritto da solo. Zitti il Pd e la presunta sinistra. Comprensibilmente entusiasti Pdl e Udc. Soave corrispondenza di amorosi sensi fra il Foglio, che insulta Zagrebelsky al punto di difendere Scalfari, e la fu Unità, che critica Zagrebelsky per conto terzi (anzi Colle). La fu Unità, poi, attacca con argomenti berlusconiani la gip Clementina Forleo che ha osato, su Facebook, solidarizzare con la collega Todisco aggredita da un governo “illegittimo”. Il che metterebbe “in discussione la terzietà e imparzialità del magistrato”. Quasi che la Forleo avesse fra i suoi imputati il governo. O che i giudici, per esser imparziali, dovessero essere tutti governativi. Come quelli che hanno condannato le Pussy Riot. Piacerebbe, eh? [Marco Travaglio]

Trattativa, Scalfari: ‘Normale in guerra’. E attacca Zagrebelski: applausi da Bondi

Nel suo editoriale domenicale il fondatore di Repubblica risponde al presidente emerito della Consulta, che aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzioni sollevato con la Procura del capoluogo siciliano ( Il costituzionalista, infatti, dando ragione ai pm di Palermo, aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzione sollevato con la Procura del capoluogo siciliano.). Sui pm dice: “Ci sarebbero da esaminare i risultati delle inchieste che da vent’anni si svolgono a Palermo e Caltanissetta e che finora hanno dato assai magri risultati”. E l’ex ministro della cultura paragona le idee del giornalista a quelle di B: “Le opinioni del Cavaliere sostenute da una penna potente”.

Partigiani della Verità

Aderisco all’appello del Fatto Quotidiano in difesa e a sostegno dei Magistrati di Palermo; stupita mi chiedo da giorni e giorni come mai quei giornali [e giornalisti] solitamente così esigenti e ciarlieri in materia di verità quando si trattava delle storiacce del satrapo pervertito, sempre pronti a fare domande, a reiterarle, a confezionare dossier, ad organizzare campagne a favore della trasparenza, uno in particolare, La Repubblica, con tanto di post-it di supporto abbiano scelto invece una diversa linea editoriale non ritenendo evidentemente grave un attacco – senza precedenti – dello stato verso i suoi funzionari più esposti. 
Quale “ragion di stato” può e deve giustificare l’azione di un presidente della repubblica che in molte, troppe altre occasioni non ha dimostrato la stessa fermezza. 
Chi e cosa si deve a tutti i costi proteggere e quale verità si sta tentando in tutti i modi di riporre nell’ormai immenso armadio delle vergogne italiane.

 

Zero tituli

Il regime dei Cinque dell’Apocalisse (Quirinale, Avvocatura dello Stato, Procura della Cassazione, Csm e Governo) che assedia la Procura di Palermo può ritenersi soddisfatto. La notizia anticipata dal Fatto sul procedimento disciplinare contro i pm Messineo e Di Matteo, rei del terribile delitto di intervista, ha raccolto l’audience mediatica auspicata: omertà assoluta di politici, giornali e tg. Fa eccezione il Foglio che, per quanto clandestino, fa il suo sporco mestiere: plaude al Pg della Cassazione e lo esorta a radere al suolo la Procura, “luogo di mille abusi”, anche con processi penali per “violazione del segreto istruttorio”.

Pazienza se il segreto istruttorio è stato abrogato nel 1989 e se per le toghe – lo dimostreremo domani – rilasciare interviste non è illecito disciplinare, ergo l’unico “abuso” è proprio il procedimento disciplinare contro Messineo e Di Matteo. Quanto agli altri quotidiani – direbbe José Mourinho–, “zero tituli”. Compresi il Giornale e Libero che forse, per la prima volta nella storia, provano un filo d’imbarazzo. Ma anche Repubblica, sempre in prima linea a protestare quando i governi B. promuovevano od ottenevano azioni disciplinari contro i pm più impegnati (nelle indagini su B. & his band).

Munendosi di microscopio elettronico, si rinvengono su Repubblica alcune righe riservate alla notizia, pudicamente nascoste in fondo a un articolo dedicato a tutt’altro dal titolo “Caso Mancino-Quirinale, no alla legge ad hoc”, per evitare che qualcuno le noti. Problemi di spazio, probabilmente, in una giornata dominata da notizione come il pensiero di Brunetta su Monti, “Porcellum, la battaglia solitaria del soldato Giachetti”, “L’Italia dei borghi a 5 stelle”. Sul Corriere, neanche tre righe camuffate dietro la siepe: in compenso, ampio spazio al pensiero di Follini, alla gigantografia della famiglia reale Giorgio & Clio sulla sdraio a Stromboli, agli alti lai del nuovo Pellico, il ciellinoSimone detenuto per corruzione dunque “prigioniero della politica e dei magistrati”.

Seguono le polemiche sullo spot agreste di Aldo, Giovanni e Giacomo e gli scoop del giorno: “La collanina del primo amore” dello scrittore Buzzi, “Il gossip non è più quello di una volta”, “Gli ultimi ciak dei Soliti idioti” e la “caccia ai polpi di Ponza”. Roba forte, altro che la caccia ai pm della trattativa. Non manca, sul Corriere, il diario di un cane che risponde all’angosciante interrogativo: “Perché nascondono sempre il mio osso?”. E non è mica l’unico cane a scrivere sui giornali. La Stampa regala un paginone su “le vacanze misurate degli onorevoli”, poi s’avvicina pericolosamente alla trattativa: “Tanti indagati, poche condanne”. Allusione a Stato e mafia? No, ai finti ciechi, vera emergenza nazionale. E volete mettere, poi, la ricomparsa del “maschio alfa fra i lupi dei Monti Sibillini”? Si dirà: almeno l’Unità, con la sua centenaria tradizione antimafia, gliene dirà quattro a chi vuol fermare i pm. Invece no. Siccome non c’è peggior Sardo di chi non vuol sentire, c’è ben altro in menu: “Bersani: i progressisti non si chiudono nell’autosufficienza”, “Sui valori della Carta d’intenti si può ricostruire la politica”, “Geografie dell’utopia” (ma anche, volendo, utopie della geografia) e l’imprescindibile “Elogio del ‘non so’”. Più che un titolo, un piano editoriale.

da Il Fatto Quotidiano del 9 agosto 2012