Onore e dignità

Sottotitolo: Angelina regala l’isoletta a forma di cuore al suo Brad per il cinquantesimo compleanno, ché sono buone tutte a presentarsi col profumo, la cravatta e l’agenda in pelle.
Noi italiani invece dovremo pagare coi nostri soldi l’isola di Budelli venduta all’asta ad un ricco neozelandese che lo stato italiano, il magnifico stato italiano, ha deciso di riacquistare. 
Sono tutti neozelandesi col culo degli altri.

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Dopo ogni puntata di Report avverto sempre un’insopportabile mancanza.
Quella di un Tir che parte per la retata finale.
E dire che c’è anche chi si dispiace che Romano Prodi non sia stato nominato presidente della repubblica al posto del Napolitano bis.
Questi politici di lungo corso che non trovano sconveniente collaborare, a stipendio,  con i reggenti  dei peggiori regimi e che ovviamente dicono di doverlo fare per il bene della nazione. 
Abbiamo una commissione che si occupa di diritti umani che ha definito il Kazakistan una dittatura “temperata”.
All’interno di quella commissione c’è Luigi Manconi che fra le altre cose si occupa di monitorare la condizione delle carceri italiane, è sempre in prima linea quando si parla di amnistie e indulti ma evidentemente non considera né ha considerato troppo drammatica e fuori dalla legalità la vicenda del  rapimento e la successiva deportazione di una donna e della sua bambina in un paese dove non si può nemmeno inserire nel dibattito politico la questione relativa alla condizione dei detenuti nelle carceri. 
Perché quel paese è tutt’altro che una dittatura temperata.
E’ un paese dove ai dissidenti si applica il carcere duro e la tortura [e chissà che succede ai delinquenti comuni] ma l’argomento non smuove la sensibilità umana e nemmeno un’azione di contrasto concreta della nostra magnifica politica democratica italiana qui sempre pronta e unita nella lotta quando si tratta di alleggerire e in molti casi annullare con provvedimenti ad hoc quei dispositivi legali che marcano, così come si fa in tutti i paesi civili, la differenza fra onesti e criminali.

Milena Gabanelli alla fine della puntata di Report ieri sera ha detto che tutti sanno che nelle relazioni politiche ed economiche internazionali spesso si deve anche trattare con quei paesi dove i diritti umani sono un inutile dettaglio trascurabile, ma che ci dovrebbe anche essere un limite di fronte al quale fermarsi. Che esiste anche una questione di onore e dignità. Dice il contrario, e cioè che non ci si può affatto fermare,  l’accoglienza in pompa magna riservata a Vladimir Putin, ricevuto anche dal papapiùbuonochecisiamaistato, capo di uno stato dove ai dissidenti non solo si applica il carcere duro ma talvolta, per maggiore sicurezza, specialmente se fanno i giornalisti, si fanno anche sparire a colpi di pistola. E quindi è abbastanza evidente che parole come onore e dignità non si possono neanche nominare nel paese dove i governi si svendono e ci svendono ai peggiori offerenti.

“VI PENTIRETE CON VOSTRI FIGLI”. 

Il Fatto scrive “anatema”, io dico intimidazione di stampo mafioso. 

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L’assurdo dello spregevole individuo è il suo essere naturalmente refrattario al concetto minimo di regole, e l’assurdo elevato all’ennesima potenza è che alla “sua gente”, a quei poveri decerebrati che dicono che sarebbero disposti a morire per lui, piaccia soprattutto per questo. 

Perché sono talmente idioti da non pensare nemmeno per un attimo che questo tentativo continuo di berlusconi di rovesciare il senso dello stato riuscendo nell’impresa di trasformarlo in uno stato che fa senso, stravolgere quello di una civile e pacifica convivenza, del rispetto reciproco potrebbe coinvolgere anche loro ma da vittime.

Che ne sarebbe di un paese dove non si rispettassero le leggi, le sentenze, dove chi commette dei reati pretendesse di non doverne poi rispondere ad un tribunale e al popolo offeso da quei reati? E tutto questo mentre si deve occupare di quel paese da istituzione?

Non pensano, gli stolti, nemmeno per un attimo, di non essere silvio berlusconi, di non avere le sue stesse possibilità: quelle che si è potuto comprare specialmente rubando, corrompendo e quelle che questo stato gli ha amorevolmente regalato. 

Oppure pensano che nel momento del bisogno silvio si ricordi di loro, o che sarebbe disposto a morire per loro.
Imbecilli.
Complici di un delinquente per natura.

Clemenza senile
Marco Travaglio, 26 novembre

La penosa conferenza stampa di B. sulle “nuove prove” che non solo giustificherebbero la revisione del processo Mediaset, ma addirittura lo scagionerebbero, è – come si dice a Roma – una sòla. Una patacca. Nessuno ha mai sostenuto che il produttore egizio-americano Frank Agrama sia uno stinco di santo: altrimenti non sarebbe suo amico e sodale. Del resto è stato condannato per frode fiscale anche lui. In ogni caso la legge prevede le procedure per la revisione: se B. la chiederà, la Corte d’appello di Brescia deciderà ciò che è giusto fare. Nel frattempo, siccome B. è un pregiudicato, la legge Severino impone che esca con le mani alzate dal Senato: avrebbe dovuto farlo “immediatamente” fin dal 1 agosto, se i partiti suoi complici nelle larghe intese non avessero rinviato con ogni scusa il voto in giunta e poi in aula. Su un punto, però, il Cainano ha qualche ragione di lamentarsi: quello della grazia. Non perché vi abbia diritto. Anzi, nel suo caso la grazia non è ammissibile, sia per i numerosi processi che ancora pendono sul suo capo, sia perché sono trascorsi appena tre mesi dalla sentenza della Cassazione. Peccato che Napolitano non abbia mai osato dirglielo fino all’altroieri. Il 13 agosto, 12 giorni dopo la condanna, diramò un mega-monito in cui spiegava le istruzioni per l’uso della clemenza, lasciando intendere – come in varie repliche successive – che il principale ostacolo alla grazia era che B. non l’aveva chiesta, e comunque avrebbe potuto coprire solo la pena principale (quella detentiva) e non la pena accessoria (l’interdizione dai pubblici uffici). In realtà – come scrisse lui stesso – la grazia “può essere concessa anche in assenza di domanda”, e pure sulla pena accessoria (lo fecero altri presidenti prima di lui). Napolitano definì “legittimi” e “comprensibili” il “turbamento” e la “preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza”. Cioè ammise che B. non è un cittadino come gli altri. Tant’è che incredibilmente invitò i giudici a concedergli “precise alternative al carcere, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto”. Come se fossero dovute per legge, mentre non lo sono. Mai, nella storia repubblicana e pure monarchica, un capo dello Stato aveva spiegato come ottenere la grazia a un tizio appena condannato (che non gliel’aveva neppure chiesta e rifiutava la sentenza), collegandola fra l’altro al suo sostegno al governo, cioè a una scelta politica che dovrebbe essere libera e nulla ha a che vedere con il diritto costituzionale. È da quell’atto inaudito e forse – quello sì – “dovuto”, in base a precedenti impegni assunti alla nascita delle larghe intese dopo la rielezione, che iniziano le ambiguità, i non detti, le aspettative mancate ora sfociate nella furia di B.

Un giorno, forse, capiremo perché il presidente fece annusare la grazia al pregiudicato, che ora schiuma di rabbia perché si sente preso in giro. Ma sono tante le cose che dobbiamo ancora capire. Un’altra è il motivo dell’inquietante tira-e-molla ingaggiato da Napolitano con i giudici del processo Trattativa che l’hanno citato come teste sulle confidenze che scrisse di avergli fatto il consigliere D’Ambrosio: prima ha dichiarato di essere “ben lieto” di testimoniare, ora invece manda a dire di non avere “da riferire alcuna conoscenza utile al processo” e pensa di cavarsela con una letterina in cui dice di non sapere nulla: come se D’Ambrosio si fosse inventato tutto. Ora, se un testimone non ha nulla da dire, non manda una lettera per chiedere l’esonero: si presenta e risponde alle domande. I giudici alla fine decidono se è credibile, o magari reticente o menzognero, nel qual caso lo indagano per false dichiarazioni (un tempo potevano arrestarlo su due piedi). Cosa che non possono fare se uno testimonia per lettera. Mentre dà lezioni di diritto al Cainano, il presidente farebbe bene a prenderne qualcuna per sé.

Il governo dei larghi sottintesi

Mucchetti [pd], che insieme al suo collega Zanda ha proposto una legge per dilatare i tempi di sopravvivenza di berlusconi in parlamento a discapito di quella del paese, non voterà la mozione di sfiducia all’inutile ministro dell’interno alfano, quello che non sapeva, non c’era e nessuno gli dice niente se un mezzo esercito di polizia va a rapire e sequestrare persone colpevoli di niente perché la vicenda di Alma e Alua si deve inserire semplicemente in un contesto di realpolitik; cose che succedono “ma che speriamo non accadano più” che non devono e non possono determinare la caduta del governissimo del largo inciucio.

Ecco: io auguro a Mucchetti e a tutti quelli come lui, quindi quasi tutti,  che qualcuno li faccia uscire dal parlamento, quando questo incubo sarà finito, con le stesse dinamiche da realpolitik utilizzate per due persone innocenti, una delle quali è una bambina.

Il fatto che alfano non si dimetta, calderoli non si dimetta, Napolitano che non fiata sulla vicenda kazaka, la difesa disperata e ridicola di letta che “non vede nubi” mentre invece dovrebbe sentire il peso di una meteorite che gli è cascata addosso è un’offesa per tutta l’Italia onesta e perbene. 

 In un paese normale TUTTO il governo avrebbe fatto le valigie, e invece sono ancora tutti lì a dire di non aver capito, di non sapere e che insomma, madre e figlia se la caveranno.  La politica dello ‘sticazzismo sfrenato a vantaggio e beneficio delle proprie poltrone rese intoccabili dal presidente della repubblica anche a sprezzo del ridicolo.

Per tacere di tutti quelli che si staranno fregando le mani per l’assoluzione del generale Mori che di fatto vanifica ogni speranza di fare chiarezza sulla trattativa tutt’altro che presunta fra lo stato e la mafia.

Nota a margine: quei quasi 92 milioni, tutti per medicine, fino all’ultimo centesimo.

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Alfano e Calderoli, si salvi chi può? [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

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Renzi: ‘Perdiamo voti per le poltrone’

Democratici divisi sul ministro dell’Interno. I renziani chiedono le dimissioni. Anche Finocchiaro per
il passo indietro. La segreteria si schiera: “Esecutivo deve andare avanti”. E Letta dice: “Non vedo nubi”.

Camera boccia stop finanziamento partiti
Flash mob M5S: “Si tengono il malloppo”

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Al di sotto di ogni sospetto
Marco Travaglio, 18 luglio

Non c’è analisi politica o sentenza giudiziaria che descriva la nostra classe dirigente meglio di un detto napoletano: “Fa il fesso per non andare in guerra”. Si riferisce all’usanza di fingersi scemi alla visita di leva per essere riformati. Poi, naturalmente, capitava che qualcuno venisse riformato perché era scemo davvero. Ecco, noi non sappiamo quanti politici o imprenditori o manager o funzionari o alti ufficiali siano scemi e quanti fingano di esserlo.

Ma prendiamo atto che molti, moltissimi, fanno di tutto per sembrarlo. 

E, va detto a loro onore, ci riescono benissimo. L’altra sera Angelino Alfano, nientemeno che segretario del Pdl, vicepremier e ministro dell’Interno, doveva essere davvero orgoglioso della sua performance davanti al Senato e poi alla Camera, quando leggeva solenne e ieratico il rapporto Pansa che gli faceva fare la figura del fesso, tra un “aperte virgolette”, un “chiuse le virgolette” e un “aperte e chiuse le virgolette all’interno del virgolettato”. 

Manco si rendeva conto di essere la parodia di Alberto Sordi che, nel film Il vedovo , ripassa con i complici il piano per far precipitare la moglie nella tromba dell’ascensore, nella quale alla fine sprofonderà lui (“Volta foglio! Proseguiamo: paragrafo 21, volta pagina! Alt!”). Ora c’è pure il Procaccini espiatorio che racconta: fu il ministro a chiedermi di incontrare l’ambasciatore kazako e, dopo, gli riferii le sue richieste. Ma il premier Nipote non sente ragioni: “Alfano è totalmente estraneo”, dunque resta al suon posto. In fondo è per questo che andiamo a votare: perché venga fuori una maggioranza che esprima un governo che nomini dei ministri che non sappiano una mazza di quel che avviene nel loro ministero. 

Totalmente estranei. Sono lì apposta: per non sapere nulla. Dunque Jolie è assolto — si dice in linguaggio penalistico — per totale incapacità di intendere e volere. Di solito, il passo successivo è il ricovero in un’apposita comunità di recupero. Ma pure il governo può andar bene. Lo stesso dicasi per i politici Prima e Seconda Repubblica, destra e sinistra, che fino all’altroieri han fatto affari con Ligresti: chi l’avrebbe mai detto che era un poco di buono. In fondo don Salvatore già vent’anni fa entrava e usciva dalle patrie galere. In fondo le sue aziende colavano a picco da anni mentre i compensi della famiglia lievitavano (nel 2008-2010, 9 milioni a Jonella più laurea honoris causa all’Università di Torino in Economia aziendale, e in cosa se no?; 10 a Gioacchino Paolo; 3,4 a Giulia; 8 al manager Talarico; 15 al manager Marchionni). Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe tornato al gabbio. Pareva una così brava persona. E Tronchetti Provera? Sono sei anni che tutti sanno dello spionaggio ordito dalla Security Telecom del fedelissimo Tavaroli nell’ufficio accanto al suo, e tutti a domandarsi: chissà mai se Tronchetti lo sapeva. Qualcuno si sbilanciò a ribattezzarlo Tronchetti Dov’Era.

Poi ieri arriva una sentenza, di primo grado per carità: forse sapeva. In un paese decente si leverebbe un coro di giubilo (anche da lui): meno male, vuol dire che almeno era un buon capo. Invece no. La comunità finanziaria è sgomenta: ma come, un top manager che sa qualcosa di quanto accade nella sua azienda? Dove andremo a finire. Quel che è certo invece da ieri — in attesa delle motivazioni — è che il generale Mori era sì un grande detective antimafia. Però prima catturava un boss e non gli perquisiva il covo; poi l’altro boss non lo catturava proprio. Ma sempre in buona fede (il fatto non costituisce reato: cioè è vero, ma senza dolo). Mica voleva favorire la mafia: semmai lo Stato, ammesso e che ci sia qualche differenza. Anche lui agiva a sua insaputa, mirabile emblema di una classe dirigente al di sotto di ogni sospetto. Alla fine però chi fa il fesso è furbo. Il vero fesso — scriveva Giuseppe Prezzolini — “è stupido. 
Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo”.

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Il ministro ombra –  Massimo Gramellini, La Stampa, 18 luglio

È possibile che travestire una palestra da prima casa sia colpa infinitamente più grave che consegnare moglie e figlia di un dissidente al satrapo di un Paese fornitore di petrolio. Quindi non le dimissioni della perfida Idem si pretendono dal timido Alfano, ma semmai un’immissione sulla poltrona di ministro dell’Interno, che per sua stessa ammissione è attualmente disabitata. Alfano ha un vero talento nel non abitare le poltrone che occupa. Sarà per questo che gliene offrono in continuazione. Se fosse stato effettivamente il segretario del Pdl, quando il proprietario del partito gli fece ringoiare la promessa delle primarie avrebbe dovuto dimettersi. Ma lui non è il segretario del Pdl, lui non è il ministro dell’Interno, lui probabilmente non è neanche Alfano, ma un cortese indossatore di cariche per conto terzi. Tra le tante squisitezze che ha pronunciato l’altro giorno al Senato vi è l’affermazione perentoria che al cognato della signora kazaka (o kazakistana, per citare quell’acrobata del vocabolario di La Russa) i poliziotti non abbiano torto un capello. E pazienza se nell’intervista al nostro Molinari il cognato racconta di essere stato preso a pugni e ceffoni, come conferma il verbale del pronto soccorso pubblicato dall’«Espresso». Alfano era e rimane all’oscuro di tutto: pugni, ceffoni, cognati, forse anche che esista una polizia e che sia alle sue dipendenze. 
Rimane la speranza che certi giudizi come questo lo offendano a morte e che in un soprassalto di dignità il ministro ombra di se stesso si dimetta, preferendo passare per responsabile che per inutile. Ma la nostra è, appunto, solo una speranza.

Sequestro fai da te

Ricordatevi questa faccia e il suo nome.
Giuseppe Procaccini, da meno di mezza giornata ex capogabinetto di alfano, si è dimesso assumendosi parte delle responsabilità nel merito della vicenda del sequestro di Alma e Aluà, adducendo improbabili motivazioni di “senso dello stato”, non quelle più opportune di uno stato che fa senso.
Ricordiamocelo quando fra qualche mese un politico di buon cuore, magari lo stesso vicepresidente del consiglio lo raccomanderà per la presidenza di un qualsiasi nonsocché come già accaduto in precedenza con Gianni De Gennaro, responsabile più che morale, anche se mai condannato, dei massacri  al G8 di Genova promosso prima sottosegretario da Monti e  proposto come  presidente di Finmeccanica da Letta dopo.

Gli uomini che fanno comodo allo stato vanno bene, e chissà perché, alla politica di tutti gli schieramenti.

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Sequestro di persona a nostra insaputa

Alfano al Senato dipinge come una trappola della diplomazia kazaka la doppia espulsione: “Governo
non informato”. Renzi: “Anche Letta riferisca in aula”. Ue chiede spiegazioni a Italia su caso Ablyazov.
Si dimette Giuseppe Procaccini, capo gabinetto del Viminale: “Passo indietro per senso dello Stato”

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Mi piacerebbe sapere che succederebbe se da subito, stasera, domani, i cittadini italiani iniziassero a comportarsi all’insaputa di leggi e regole. 
Agire nel quotidiano come se non esistessero. 
Comportarsi alla ognuno fa quel cazzo che vuole e come vuole.
Proprio come fanno i cialtroni che le pensano e le scrivono e che poi per primi non le rispettano.
Sarebbe carino farlo tutti insieme, all’unisono.

Se alfano non sapeva, come dice il Talleyrand alle cime di rapa, ragione di più non per chiederne le dimissioni ma per pretenderle e lasciare il posto a qualcuno che non si fa prendere per il culo come è successo a lui.

d’alema  perde sempre l’occasione per tacere.

Forse nemmeno lui ha capito che questi continui alibi dietro ai quali si stanno nascondendo tutti, quelli dell’io non sapevo, non c’ero, madavveroesisteilKazakistan iocredevochefossesolounalocalitàdelrisiko, non fanno che peggiorare la situazione, non sono utili a giustificare un bel niente.

Uno stato che gestisce, anzi che non sa gestire o per meglio dire non può gestire da stato di diritto quale l’Italia dovrebbe ancora essere una vicenda così delicata, grave, significa che è gestito da incapaci totali o, vieppiù, da gente che non fa gli interessi dei cittadini, di chi come Alma e Aluà risiedeva con diritto sul nostro territorio ma di estranei, di gente pericolosa a cui non si può dire di no per motivi che non c’entrano niente col senso dello stato dietro al quale si nasconde ogni tipo di oscenità.

E chissà che risponderà adesso l’Italia, a quello che chiede l’Europa.

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E’ sempre ‘a mia insaputa’

 

La linea di difesa del ministro dell’interno Alfano sull’espulsione della moglie e della figlia di un dissidente kazako ricalca la tradizione politica recente: è avvenuto tutto senza che lui ne sapesse nulla. Da Scajola a Berlusconi ecco chi aveva già usato questa strategia.

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Le cavallette – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital

Ma ne valesse poi la pena. Ci fossero questi scintillanti segnali di una ripresa, o per lo meno si fosse riusciti ad aprire il paracadute per quelli che, con ottimismo alla Felix Baumgartner, continuano a dire fin’ora tutto bene. Invece questo povero PD, questi poveri elettori del PD, continuano a trangugiare pozioni di sterco liquido strabuzzando gli occhi e intanto l’anno prossimo avremo più disoccupati di quest’anno, nonostante Letta nepote si dica ossessionato dalla disoccupazione giovanile, il debito pubblico sale senza incontrare resistenze, il prestigio del paese è scivolato, e lo si credeva impossibile, dai fasti del bunga bunga a quello dei marò e poi degli oranghi e delle kazake. E loro lì buoni non a difendere la tranquillissima fortezza Bastiani ma a sacrificarsi giorno dopo giorno in una Verdun, una Stalingrado, una Montecassino di figure barbine. Ma se no cade il governo, volano gli spread, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette! Non è stata colpa mia. Lo giuro!

Di cazzate, cazzari e kazake

Secondo Laura Boldrini solo il 2% delle donne trova spazio in televisione per parlare.

L’1, 99 se lo prende lei dicendo, fra cose di buon senso anche un mucchio di sciocchezze, ad esempio quando dice di rallegrarsi perché la Rai ha eliminato dal palinsesto Miss Italia come se la scelta dell’azienda fosse stata dettata da chissà quale rivoluzione culturale o magari perché in Rai qualcuno abbia improvvisamente riscoperto il significato di fare servizio pubblico. 

Niente di più falso: l’azienda ha semplicemente eliminato una zavorra che costava molto e rendeva niente, non c’entra niente la questione di genere e del rispetto per le donne. 

In tutto il mondo si fanno concorsi e sfilate di bellezza che non entrano nel dibattito politico ma rimangono negli ambiti in cui devono restare, sarebbe il caso di smetterla di usare questi argomenti come paradigma della condizione delle donne in Italia per rispolverare un puritanesimo di facciata di cui nessuno ha nostalgia.

Il fatto che in questo paese le donne non abbiano gli stessi riconoscimenti, posizioni sociali degli uomini non è un problema legato ai concorsi di bellezza o alla scelta spontanea di quelle donne e ragazze di sfruttare la loro bellezza per guadagnarsi da vivere con le pubblicità ad esempio. Il problema è esclusivamente POLITICO, e visto che adesso la signora Boldrini fa parte delle istituzioni e della politica dovrebbe smettere di condurre quest’assurda battaglia sui centimetri di pelle che le donne hanno voglia di scoprire e attivarsi per collaborare al raggiungimento di quegli obiettivi che in altri paesi sono già e da tempo  solide realtà.

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Kazakistan, Scajola: “A sua insaputa?
No, Alfano non poteva non saperne nulla”

L’ex ministro dell’Interno: “Vedevo tre volte al giorno il mio capo gabinetto e mi aggiornava
su qualsiasi cosa. Procaccini era il vice”. E sul caso Ablyazov: “L’Eni ha tanti interessi nel Paese”.

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LETTA: “CHI HA SBAGLIATO PAGHI”. RISCHIANO QUATTRO FUNZIONARI (DI MARCO LILLO)
L’UNIONE SARDA RIVELA: “INCONTRO BERLUSCONI-NAZARBAYEV IN SARDEGNA A INIZIO LUGLIO”

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Ma fra quei “vertici” [se questi sono i migliori m’immagino chi c’è dopo] della polizia che rischiano il posto per salvare quello di alfano ci sarà qualcuno a cui non va di fare la figura del pirla a beneficio dell’accozzaglia indegnamente definita governo?

Qualcuno che smentisca tutti questi sterili annunci a base di “io non sapevo” e “io non volevo” dicendo una volta e per tutte come si sono svolti i fatti?

E ci sarà in questo paese un Magistrato che abbia voglia di fare un po’ di chiarezza circa le amicizie pericolose di silvio berlusconi con dittatori di tutte le risme – coi quali lui non s’intrattiene solo a livello personale ma ci fa affari e per il buon esito di quegli affari è disposto a fare qualsiasi cosa e la fa a discapito non della sua sicurezza, quella dei suoi figli ma della nostra e di tutta l’Italia?

E il presidente Napolitano quando si sarà riavuto dallo choc calderoliano ce la farà a dire due parole su una delle vicende più scandalose accadute sotto il suo patrocinato in questo paese RIDICOLO che è l’Italia?

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Kazaki & cazzari  – Marco Travaglio, 16 luglio

Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato. Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno. Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo. Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta. Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante). Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua. Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev, Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.

Scuse un cazzo [tanto per restare al livello intellettuale e morale dei leghisti]

A Taranto si fuma troppo: parola di esperto.

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“Dimissioni Calderoli”. Oltre 25mila firme in poche ore. Petizione su Art.21 e Change.org

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Mauro Biani

Sottotitolo: calderoli, ma generalmente tutti i leghisti e i razzisti si troverebbero perfettamente a loro agio negli States dove ammazzare un nero significa assoluzione certa.

A meno che non ci si chiami O.J.Simpson, nero ma di lusso, nel qual caso si può ammazzare una moglie,  essere assolto per omicidio e finire in galera in un secondo momento per rapina a mano armata.

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 La Carfagna viene insultata, minacciata in Rete e subito la politica insorge e torna a chiedere dei provvedimenti limitativi per la libertà di espressione nel web.

calderoli insulta il ministro Kyenge e lo fa anche da vicepresidente del senato: qualcuno chiederà dei provvedimenti limitativi circa la libertà della politica di mettere fra le istituzioni gente che in un paese normale non sarebbe neanche a pulire i cessi alle stazioni? curiosità da lunedì mattina di mezza estate.

Fra tutti quelli che nelle istituzioni, Napolitano in testa, si sono giustamente indignati per l’insulto al ministro Kyenge e per la minaccia  alla Carfagna,  quanti lo hanno fatto anche per la vicenda del sequestro di madre e figlia kazake? siamo arrivati all’indignazione nazionalpopolare o è sempre la solita e consueta autodifesa di casta? 
La specialista in difesa dei diritti umani promossa alla presidenza della camera ha detto qualcosa? perché insomma, avrebbe dovuto essere la prima a dire qualcosa,  gli ingredienti ci stanno tutti: una donna, la sua bambina e la violazione dei diritti nazionali e internazionali.

Era proprio la sua materia.  Peccato.

Il vicepresidente del senato calderoli ci ha fatto sapere che, quando vede la ministra Kyenge, pensa ad un orango, io invece quando penso a calderoli mi viene in mente solo lui, il che è molto peggio: ogni altra similitudine sarebbe eccessiva, inappropriata, esagerata.

Il ministro Kyenge ha sbagliato ad accettare le scuse di calderoli  spostando la questione dal piano personale a quello istituzionale.Perché le istituzioni, si fa per dire, non se lo porranno mai il problema di non far entrare in parlamento quelli come calderoli, ma anche quelli come cosentino, dell’utri e berlusconi. Non si può sempre sorvolare in virtù di una superiorità intellettuale, morale che quelli come calderoli non comprendono.

Il problema non è che esistano individui ripugnanti come calderoli,  ce ne sono tanti  anche altrove dal paese che non esiste, quella padania di cui vaneggiano i rozzi bifolchi in camicia verde, gente che anche quando non dimostra di essere particolarmente cattiva  non riesce proprio a non essere razzista, a non pensare che ‘quelli che vengono da fuori’ sono un pericolo, uno spreco di risorse per gli italiani, e che insomma, se ognun* restasse al suo paese non sarebbe poi così malaccio.

Il dramma è che a uno così non siano state ancora sbarrate le porte del parlamento.  

Da calderoli ci si aspetta che faccia proprio calderoli. Dagli altri no: calderoli è stato ministro di questa repubblica soprattutto grazie a chi pensa di essere diverso da lui.

calderoli è quello  delle magliette anti islam che provocarono morti e feriti a Bengasi qualche anno fa, le sue NON SONO GAFFES  di un deficiente, sono dichiarazioni pericolose che poi hanno delle conseguenze serie,  gravi e altrettanto pericolose per tutta l’Italia e non solo.

E a uno così il governo delle larghe intese ha affidato niente meno che la vicepresidenza del senato. 

Ecco perché le scuse si potevano e si dovevano rifiutare. Non si scusa chi ti prende a calci in bocca ripetutamente.

E l’unica questione che resta non aperta ma proprio spalancata non è quella dell’offesa, dell’insulto e del razzismo ma quella di un parlamento stracolmo di impresentabili cialtroni, ignoranti, disonesti e delinquenti che si rendono responsabili di fatti molto più gravi di un insulto, benché odioso, ma per quei fatti poi non s’indigna Napolitano che parla di “imbarbarimento” a proposito del razzismo di calderoli ma non trova, evidentemente, abbastanza barbaro e incivile sequestrare  due persone colpevoli di nulla a casa loro; non pensa, altrettanto evidentemente, di dover dire due parole a proposito di una donna e di una bambina di sei anni trattate dallo stato italiano che lui rappresenta come due criminali.

Il vero imbarbarimento sono le continue violazioni ai diritti, alla Costituzione compiute dalle istituzioni stesse che ormai non fanno sussultare più nessuno a parte una minoranza di idealisti  che non si rassegnano  al fatto che il declino di questo paese, economico, sociale, umano, morale, etico, è ormai irreversibile e la responsabilità di tutto questo è principalmente di chi avrebbe dovuto proteggere, tutelare quei valori e principi racchiusi nella Costituzione più bella del mondo.

Il governo del fare: schifo, soprattutto

La notizia del giorno è naturalmente la vendita di Loro Piana ai francesi, questi sì che son problemi;  ma magari qualcuno comprasse tutta l’Italia, sarebbe l’unica speranza per farla diventare un paese normale.

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50 agenti della digos armati vanno a prendere una madre e sua figlia a casa loro sulla base di un’accusa smentita successivamente da un tribunale. 

Madre e figlia, regolarmente rifugiate in Italia, vengono rispedite al loro paese di origine dove al comando c’è casualmente un dittatore amico di berlusconi, il governo va nel pallone, Letta s’incazza con Alfano e promette sfracelli che naturalmente non farà [come se non fosse stato facilmente prevedibile il rischio di mettere al ministero dell’interno e alla vicepresidenza del consiglio il servo più servo di berlusconi che ha amici dittatori in tutto il mondo], la Bonino [la stessa che una volta, da giovane, si occupava di difesa dei diritti umani e civili] s’incazza e chiede di lavare i panni sporchi in famiglia per paura di fare la figura di merda planetaria che questo governo si merita, la Cancellieri chiede chiarimenti ignorando forse che il chiarimento spetta al governo, Napolitano non dice una parola circa la violazione del diritto internazionale e della legge di questo stato [e magari fosse la prima] nessun telegiornale, nemmeno quello cosiddetto libero di Mentana ne parla e nessun quotidiano a parte il solito noto e fazioso Fatto Quotidiano dà a questa vicenda la rilevanza che si merita.  

Tutto questo non merita l’attenzione dei media concentratissimi sulle vacanze di Grillo e sulle esternazioni del papa.

Verrebbe da chiedersi se l’Italia è ancora uno stato di diritto dal momento che non c’è più nessuno a difendere quel diritto: il ministro dell’interno di sua iniziativa manda cinquanta poliziotti a prelevare illegalmente due persone e le consegna ad un dittatore mettendo a rischio la loro vita e la cosiddetta informazione stampata e parlata non ritiene che questa sia una notizia.

Inutile precisare che in un paese normale una vicenda di questa gravità, semmai fosse potuta accadere avrebbe già prodotto le ovvie conseguenze: dimissioni dei responsabili e probabilmente la caduta dell’intero governo.

Quello che mi fa più orrore a proposito di questa vicenda è il ruolo dell’informazione.
Ieri sera speravo almeno nel tg di sky, invece nemmeno quello ne ha parlato.
Questo significa che in questo paese è possibile violare leggi, regole, nazionali e internazionali nel silenzio assoluto dei media [solo Il Fatto ha dato alla vicenda l’importanza che merita] che per non disturbare questo bel governo delle larghe intese tacciono su una cosa così grave, non ritengono che i cittadini devono venire a conoscenza che lo stato italiano può agire contro la legge mettendo in serio pericolo la vita delle persone invece di lavorare per il contrario.

 In questo paese lo stato compie violazioni a ripetere, gravissime,  e nessuno se ne preoccupa.

Anche la questione del presidente boliviano sequestrato in volo ridotta a una barzelletta senza importanza.

E fa ancora più schifo il fatto che abbiano dato invece una grande rilevanza alle parole del papa a Lampedusa che ieri ha parlato specificamente del rispetto dei diritti umani; evidentemente ci sono diritti e diritti, alcuni sono sfruttabili mediaticamente e altri no.
Quando dico e scrivo che la responsabilità maggiore dell’insostenibile condizione pietosa di questo paese è dell’informazione so perché lo dico.
Altroché, “gli italiani”.

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Caso Kazakistan, “Alfano deve chiarire”
Il mistero dell’aereo e della carta sparita

Letta minaccia “conseguenze” per il ministro sull’espulsione di moglie e figlia del dissidente Ablyazov
Dalle carte, lette dal Fatto.it, emergono elementi nuovi che contrastano con la versione ufficiale

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Il 29 maggio scorso, il ministro dell’Interno e segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha mandato una cinquantina di uomini armati della Digos  nella casa di Casal Palocco, a Roma, arrivando alla loro successiva espulsione con l’accusa di avere passaporti falsi. Accusa poi smentita dal tribunale di Roma, secondo cui l’espulsione non andava in alcun modo autorizzata, visto che i documenti erano il regola. La violazione ha però regalato al dittatore kazako due preziosi ostaggi contro il suo nemico principale, appunto il dissidente Ablyazov. E siccome l’intera operazione è stata portata a termine dal ministro Alfano senza che nessun altro del governo ne venisse messo a conoscenza, neppure Enrico Letta, c’è il forte sospetto che il vicepremier e segretario del Pdl abbia voluto chiudere la vicenda rapidamente e in barba ad ogni regola solo per compiacere il dittatore kazako, partner privilegiato dell’Eni e – soprattutto – su pressioni dello stesso Cavaliere.

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Caso Kazakistan, ecco chi è il dittatore Nazarbayev “caro amico” di Berlusconi

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M5S: “GOVERNO RIFERISCA IN PARLAMENTO”. IL PD: “IL MINISTRO DELL’INTERNO SPIEGHI”

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IL VERO PASSAPORTO KAZAKO METTE NEI GUAI ALFANO E B. (Fabrizio d’Esposito)

Nel governo, l’imputato numero uno è il ministro dell’Interno Angelino Alfano, berlusconiano. Contro di lui, per esempio, convergono gli sfoghi privati della collega degli Esteri, Emma Bonino, che ha appreso dell’insolita e frettolosa espulsione tre giorni dopo il blitz nella villa romana dove alloggiavano Alma Shalabayeva e la figlia. Di qui il filo che legherebbe Alfano a B. e infine al dittatore kazako Nazarbayev, depositario di misteri e contratti italiani (Eni) su gas e petrolio nonché amico carissimo del Cavaliere.

Perché la domanda chiave è proprio questa: chi aveva interesse a fare questo favore a Nazarbayev?

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