[Im]par condicio

Par condicio, “paletti” anche per Monti
Zavoli attacca: “Lui in Rai? Uno sgarro”

Monti ha violato la par condicio.
Però, sobriamente.

E visto che Monti a domenica in non potrà andare nemmeno a fare finta di litigare con Giletti che avrebbe fatto finta di fargli delle domande ma soprattutto di pretendere le risposte, la Gruber, compagna d’avventure del professore in quel di Bilderberg, gli offrirà ospitalità stasera a ottoemmezzo.

Altrimenti, a che servono gli amici? 

Speriamo gli chieda almeno di quando ringraziava b per aver salvato l’Italia dai cosacchi del Generale Occhetto, da giorni nei social network ci si chiede che fine abbia fatto quella puntata del novembre 2010 nella quale Monti ringraziava b per averci salvato dal pericolo comunista: di Occhetto…-))

Sottotitolo: visto che a febbraio manca poco, vale la pena ribadire un semplicissimo concetto che però ai più è del tutto sconosciuto:  “l’Italia è l’unico paese democratico, occidentale  nel quale si smette di parlare di politica, ma soprattutto dei politici nel periodo in cui se ne dovrebbe parlare di più. Una legge per la par condicio così come è concepita qui da noi non esiste in nessun’altra parte del mondo civile, e sono gli stessi paesi, guarda caso, dove non si consente ad un imprenditore disonesto di accedere alla carriera politica. La par condicio sì ma il conflitto di interessi no, qualcosa dovrebbe significare. E spiegare.”

Febbraio è qui, dietro l’angolo, non dimentichiamoci di niente e di nessuno.

I politici, e i tecnici “prestati” alla politica possono dire tutto e il suo contrario sempre, in questo periodo lo fanno molto di più.

E lo possono fare  perché come spiega benissimo Marco Travaglio oggi, i giornalisti non fanno i giornalisti.

Perché il pericolo non è tanto  l’invadenza dei politici in tv, il dramma irrisolvibile è che gli si fa dire quello che vogliono senza contraddirli.

berlusconi ad esempio può cazzeggiare al ritmo di “tolgo l’IMU” perché nessuno, davanti a lui dice che l’IMU è una sua tassa, creata e voluta dal suo governo. E può dire anche di non aver mai detto che Ruby era la nipote di Mubarak nonostante 314 traditori dello stato in parlamento lo abbiano garantito a nome loro e di tutti gli italiani.

E Monti può fare altrettanto circa le decisioni del suo governo [necessario] perché nessuno gli dice chiaro e tondo che quelle scelte hanno solo peggiorato la situazione economica di tanta gente, quella che andava salvata prima delle sue amate banche, per dire. Monti ha gettato qualunque maschera e si manifesta per quello che è. Tuttavia che fosse un modesto servitore dello stato lo potevano credere solo Bersani & C. 

Una cosa è certa: le ali “estreme” nel piddì le ha viste solo Monti. Io è da quel dì che le cerco, che cerco disperatamente qualcosa che somigli ad una sinistra vera in quel partito. Finché si parla del pdl che raccoglie di tutto fra pregiudicati e fascisti tutt’altro che post il ragionamento ci potrebbe anche stare, ma dire che nel pd ci sono “estremità estremiste” è davvero un insulto anche alle intelligenze più semplici, meno scaltre, meno prevenute circa la politica. 

Ci sono molte più frange reazionarie nell’uddiccì di casini, che nel pd di Bersani. 
Estremiste e pericolose.

 

Ma quando capiscono tutto questo,  gli elettori da tg1, barbara d’urso, domenica in e uno mattina?

Chi ha messo in circolazione quel grazioso luogo comune secondo il quale nella vita “non bisogna mai disperare perché c’è di peggio” [di qualsiasi cosa sia già accaduta eccetto la morte ovviamente] ha detto una grande verità.
In molti pensavamo che con berlusconi si fosse finalmente toccato quel fondo dal quale poi poter ripartire – perché, l’America latina insegna – se non si tocca il fondo non si può risalire.
E invece no.
Dobbiamo ancora scavare in questo immondo porcile dove il presidente della commissione di Vigilanza Rai, un arzillo giovanotto di quasi 90 anni può rimproverare un signore chiamato da un altro signore, coetaneo dell’arzillo giovanotto per sistemare i danni di “aver sgarrato” [ma che linguaggio è?] nel merito della sua presenza in televisione dopo che per vent’anni è stato consentito ad un abusivo impostore non solo di sgarrare e di controllare – ma soprattutto occupare e far occupare dai suoi servi indegni e idioti – da padrone e da presidente del consiglio l’intero palinsesto.
Dopo che gli è stato permesso di entrare in tutte le case anche da ospite sgradito, dopo avergli consentito di stravolgere e deformare un paese intero proprio grazie allo strumento televisivo.
E dobbiamo ancora difenderci da altri servi che ancora oggi si permettono di scrivere sui quotidiani che le televisioni non spostano voti, che sì, la gggente la tv la guarda [17.000.000 di persone erano davanti alla tv anche la sera di capodanno, per dire] mappoi quando va a votare è un’altra cosa.
E chissà perché allora se le tv non spostano voti e non sono in grado di orientare le scelte, i gusti e le opinioni della gente non c’è più un posto dove non ci sia almeno una televisione accesa, al ristorante come nella sala d’aspetto di un medico, sul traghetto per la Sardegna, ovunque ci sia un passaggio consistente di persone c’è sempre una televisione accesa sui cosiddetti programmi per le famiglie che invece non sono altro che l’arma più pericolosa di propaganda, da quei programmi viene veicolato di tutto senza che nessuno alzi mai la voce per chiedere di smetterla, di “non sgarrare”.
E la stessa cosa vale per i giornali, soprattutto quelli di proprietà dell’abusivo impostore di cui sopra, letture considerate innocue.
Ad esempio “Chi”, il classico giornale da parrucchiere, che si legge sotto l’ombrellone.
Mentre quella rivista è il vero house organ di b., la sua arma di propaganda più efficace molto più dei suoi quotidiani che vengono acquistati e letti in misura molto minore.
E, solitamente, la gente che si appassiona alle riviste del gossip più becero non è poi interessata anche alla lettura di cose che aiutano a formarsi delle opinioni sane.
Ecco perché la propaganda peggiore si può trovare sfogliando quelle pagine.
In questo paese c’è una quantità impressionante di gente che sa tutto sulle ultime vicende di corna dei vip, su come sono andati a finire X – factor e l’isola dei famosi ma non ha mai aperto un libro che racconta la storia degli ultimi vent’anni. Almeno.
Ed è questo il dramma, pensare che la teoria con cui b., ha deformato e stravolto un paese intero, quella che “la gente quando torna a casa è stanca e non vuole pensare”, alla fine sia la più messa in pratica.
Coi risultati che vediamo, e che tutti siamo costretti a subire.
Ma mi raccomando, non dite a Pigì Battista che la gente che guarda domenica in dove Giletti e berlusconi fanno finta di litigare, l’obbrobrio della d’urso che non ci prova nemmeno a nascondere il suo essere serva del padrone e legge Chi poi va anche a votare, potrebbe restarci male. E non ditegli nemmeno che se al conflitto di interessi è stato preferito il baratto, l’accordo fra “avversari” significa che le televisioni servono, eccome, che a qualcuno hanno dato ben più che da mangiare, nonostante quel che pensava fassino quando ha detto che quella legge non era poi così necessaria perché – appunto – non dà da mangiare. Chiediamolo a berlusconi  che dalla sua famosa discesa in campo ha guadagnato 400.000 euro al giorno se non dà da mangiare, una cifra che  moltiplicata per vent’anni fa una somma abbastanza considerevole, specialmente se si pensa che nel ’94 le sue aziende stavano fallendo e lui rischiava la galera, altroché la presidenza del consiglio.


L’Era Glaciale  – Marco Travaglio, 4 gennaio

Sono vent’anni che alcuni noti paraculi detti “terzisti” ci spiegano come la televisione non sposti voti. Naturalmente lo sanno benissimo che li sposta eccome, tant’è che i politici fanno a gara per andarci, possedendola o almeno controllandola. Ma i terzisti non vogliono prender posizione per non inimicarsi nessuno, e insistono con la favoletta che la tv non conta. Ancora a luglio Pigi Battista scriveva sul Pompiere che “il controllo della Rai, nella Seconda Repubblica, non ha portato ai partiti nemmeno un voto”, con buona pace degli “ossessionati del ‘decide tutto la tv’… un minimo di aderenza ai fatti dimostra che il controllo più o meno soffocante della Rai non ha mai favorito il partito dei controllori”. Ora potrebbe spiegarlo al professor Monti e al cavalier Berlusconi, cioè al nuovo padrone della Rai e al vecchio padrone di Mediaset, che da giorni bivaccano da una rete all’altra in ogni programma a ogni ora del giorno e della notte, con relative piaghe da decubito. Presto l’uno farà capolino dietro i cirri e i nembi del meteo l’altro, per non esser da meno, sbucherà dal segnale orario. Perchè lo fanno, incuranti delle lezioncine dei Pigi? Perchè a ogni comparsata guadagnano punti nei sondaggi, a scapito di chi in tv non c’è mai (o, se c’è, è per esserne massacrato, come Grillo e Di Pietro). Le cose non andrebbero così se in tv i padroni di casa fossero i giornalisti e le balle dei politici venissero rintuzzate a una a una (oggi pubblichiamo una mini antologia delle ultime di B. e Monti). Invece i padroni sono i politici: compreso Monti che, travestito da tecnico, s’è nominato il presidente e il direttore generale Rai (Tarantola & Gubitosi) e il presidente dell’Autorità delle Comunicazioni (il bocconiano Cardani), poi ha gettato la maschera ed è passato alla cassa. Inutile inseguire i moniti dei vertici Rai, i regolamenti e le par condicio dell’Agcom, i gridi di dolore dell’ottimo Zavoli, le batracomiomachie ( ? ) ( tradotto da http://en.wikipedia.org/wiki/Batrachomyomachia “un alterco sciocco” ) fra commissari della Vigilanza che non han mai vigilato su niente. Le chiacchiere stanno a zero, a due mesi dalle urne la partita è chiusa: quella televisiva, e dunque quella elettorale. Chi sta in Parlamento fa il bello e il cattivo tempo in tv, chi sta fuori non può nemmeno avvicinarsi per farsi conoscere dagli elettori. E purtroppo nessuno è autorizzato a indignarsi. Non il centrosinistra, che non ha mai sfiorato il conflitto d’interessi, preferendo mettersi a tavola e raccogliere le briciole (Rai3 e Tg3); e negli ultimi quattro mesi, grazie alle primarie, ha monopolizzato 213 ore nei tg e 21 negli altri programmi fra Renzi e Bersani. Non Monti, che vanta 160 ore di presenza nei soli tg, fra notizie, dichiarazioni e interviste nella sua veste di premier e di candidato-non candidato. Non B., che possiede Mediaset, occupa mezza Rai e, dopo un anno di autoesilio televisivo (per non dover giustificare l’appoggio a Monti), nell’ultimo quadrimestre ha avuto nei soli tg di 100 ore per sé e 325 per il suo Pdl. Non Casini, che è dappertutto. Potrebbe, anzi dovrebbe lamentarsi Grillo, che nei tg vanta 27 ore, quasi sempre appaltate ad altri per dipingerlo come la reincarnazione del Duce. Ma non può perché l’ha detto lui che “la tv è morta” e non bisogna metterci piede, a vantaggio di Internet che però in certe fasce sociali e in certe regioni resta un oggetto misterioso. Insomma, tutti fanno da alibi a tutti. E chi più ne risente sono i movimenti nuovi come Rivoluzione Civile di Ingoia & C., che non appaiono da nessuna parte e molti elettori non sanno neppure che esistano.
Ps. A Domenica In, quand’è entrato B. per la cosiddetta intervista con Giletti, la temperatura dello studio è stata abbassata di una decina di gradi perché le mummie, intorno ai 20, si sciolgono. È l’inizio dell’ibernazione. Ma anche la migliore metafora della televisione italiana, dunque della politica italiana.

 

 

Servizietto pubblico

Cambiamo la tv, alziamoci e andiamocene tutti

[Ferruccio Sansa, Il Fatto Quotidiano]

“Vattene, levati fuori dai coglioni”

E ancora: ““E’ un gran cafone, l’unica cosa che sa fare è scappare. Tipico di quelli de “Il Fatto”: manganellano e poi scappano, è il loro sistema“ [Fabrizio Rondolino, l’uomo per tutte le stagioni, quello che tra d’alema e la santanché non riesce ad intravvedere nessuna differenza malgrado uno abbia i baffi e l’altra no ].


Giusto per dire, la classe, no? e questi sarebbero i press agent dei politici, quelli che li consigliano su cosa dire e come comportarsi. Rondolino, Velardi, gente sempre pronta a volare di palo in frasca, da d’alema alla santanché sempre per dire e che con la coerenza non si pulisce nemmeno il culo tanto le interessa essere credibile.

+ [VIDEO] Rondolino insulta Sansa e il Fatto: “Vattene, levati fuori dai coglioni”

Fa benissimo Grillo a incazzarsi per i talk show se gli attivisti del movimento poi devono incontrare nei vari studi televisivi gente abituata a rapportarsi con l’insulto sistematico dell’interlocutore.

Ad esempio in un programma come Agorà, condotto dall’ottimo Vianello, dove puntualmente e sistematicamente, alle otto di mattina poi, ed è un delirio che un programma che tratta di politica debba mandare di traverso alla gente già il primo caffè, c’è un conduttore  che non è capace di condurre, di arginare e sedare le risse, nello stesso studio poche settimane  fa Marco Lillo, un altro cronista del Fatto  è stato insultato con l’appellativo di stronzo dalla portatrice insana di plastica e silicone che insieme a Renzi è in televisione, in tutte le trasmissioni praticamente h24.

I contribuenti  non pagano il canone per sentire Rondolino che dice a Sansa di andare fuori dai suoi coglioni né la santanché che dà dello stronzo a Marco Lillo.

Nemmeno però per guardare interviste preconfezionate com’è accaduto ieri sera a Ballarò dove da un po’ di tempo si è inaugurato il filone del registrato in precedenza.

Un talk show dove partecipano, oltre i politici anche dei giornalisti deve poter permettere a chi vuole fra i presenti in studio di poter fare una domanda all’intervistato, specialmente se il conduttore non le fa, non le sa fare, non le vuole fare, non le può fare, non costringere gli ospiti e noi pubblico pagante a guardare un condensato di servilismo qual è stata l’intervista di Floris al capo della polizia ieri sera.

Dunque, il dottor Manganelli, già capo della polizia [con quel cognome, può fare ciò che vuole] ci ha detto – anzi lo ha detto solo a Floris che ha inaugurato il nuovo trend dell’intervista [registrata con un certo anticipo] téte à téte, a tu per tu, della serie, il conduttore sono io e le domande [essì, ve piacerebbe…domande…] le faccio io e guai a chi s’azzarda a contraddire l’intervistato – che all’identificativo per le forze dell’ordine ci si può pensare ma solo a patto che anche i manifestanti si rendano riconoscibili e la smettano di andare in giro coi caschi da motociclista [ché a picchiare sui caschi non c’è gusto, non esce il sangue].

Il dottor Manganelli, 700.000 euro l’anno,  forse ignora che polizia e forze dell’ordine hanno già autorità sufficiente per identificare chiunque, forse ignora che il rapporto cittadino – poliziotto parte già da un assunto che non li mette sullo stesso piano. 
Che nessun travestimento può giustificare la teoria del “prima te meno e poi ti chiedo chi sei” e che fino a prova e a regime contrari se una persona sta camminando per i fatti suoi su una strada e su una piazza dovrebbe poterlo fare in libertà, che pretendere di poter identificare chi partecipa alle manifestazioni è come avanzare la stessa pretesa  con chi sta andando al supermercato, al cinema e al teatro.
Che in un paese normale, libero e ripulito dalla gestione FASCISTA che lo opprime un poliziotto che massacra un cittadino dovrebbe pagare il quadruplo, rispetto al cittadino che commette un reato qualsiasi, non cavarsela grazie alla divisa e a un capo della polizia che pensa che siano meno pericolosi i malumori di destra che quelli di sinistra e che quindi individua il pericolo fra gli studenti e non, ad esempio, nelle anime candide di casa pound che infatti possono manifestare in santa pace quando vogliono e dove vogliono col beneplacito e il sostegno affettuoso del sindaco di Roma e dei vertici della polizia.
In un paese libero, normale e sano, un capo della polizia non guadagna più del presidente americano.
E in un paese libero, normale e sano un giornalista che ha di fronte un capo della polizia che guadagna 700.000 euro l’anno, il doppio del presidente americano e del capo dell’FBI,  una domandina a proposito del suo stipendio rapportato alla gestione pessima del corpo di polizia che si onora di comandare, gliel’avrebbe fatta.

Politica VS Legge e Costituzione

Sottotitolo: anch’io vorrei provare ad  ammazzare una persona  e poi SCEGLIERMI la pena. Ma mi sa che non me lo farebbero fare.

Omicidio Aldrovandi, i poliziotti colpevoli assegnati ai servizi socialmente utili

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In ginocchio da Cosa Nostra. Nero su bianco

“Spiace ai cultori del negazionismo professionista, ma l’unico aggettivo che si può togliere, nella narrazione della trattativa tra Stato e mafia, è “presunta”. A cancellarlo è la sentenza della Cassazione del processo sulle stragi del ’93 a Firenze, Roma e Milano, che ha certificato l’esistenza della ‘trattativa’ ponendo il proprio autorevole timbro alla ricostruzione, confermata nei tre gradi di giudizio, e sintetizzata dalle parole contenute nel verdetto di primo grado: “L’iniziativa del Ros (che contattò Vito Ciancimino, ndr) aveva tutte le caratteristiche per apparire come una trattativa: l’effetto che ebbe sui capi mafiosi fu quello di convincerli definitivamente che la strage era idonea a portare vantaggi all’organizzazione. E nonostante le più buone intenzioni con cui fu avviata, (quest’iniziativa, ndr) ebbe sicuramente un effetto deleterio per le istituzioni”.

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 IL CSM PREPARA LA LEGGE NAPOLITANO
Il vicepresidente Vietti incontra il Capo dello Stato, poi dice al Fatto: top secret le parole dei “soggetti terzi intercettati, ma non indagati”. Con tanti saluti alle responsabilità politiche.

[Il Fatto Quotidiano]

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Ci vuole una grandissima faccia come il culo a scrivere, come ha fatto l’Unità, che l’ascesa politica di berlusconi fu la naturale conseguenza dal “conflitto” fra politica e Magistrati. Certi giornali – cosiddetti di sinistra – ultimamente più che riportare notizie e citare fatti realmente accaduti belano, cinguettano, talvolta abbaiano – ma solo quando c’è da prendere le parti di qualche indifendibile eccellente – unicamente menzogne, mistificazioni, capovolgimenti di verità ormai storiche potendo confidare nel fatto che qualcuno crederà perfino che siano cose serie.
E se anche l’Unità scrive  – senza che nessun dirigente del partito smentisca e si dissoci da questa sesquipedale bufala –  di una colossale falsità inventata ad arte come il conflitto fra politica e Magistratura, gli elettori del pd sanno che devono crederci perché questo vuole il partito, diventato ormai l’unico editore di riferimento del povero quotidiano che fu di Antonio Gramsci, il quale, sono sicura, avrebbe avuto un altro concetto di ‘conflitto’, non avrebbe mai pensato infatti, che un Magistrato che porta a processo criminali, corruttori, mafiosi – anche se fanno i politici – sia lui il pericolo, il nemico da abbattere o tutt’al più, per non dare troppo nell’occhio ché ricostruire autostrade e quartieri è anche un po’ costoso e c’è la crisi, esiliandoli altrove dove non possono “far danni”, tipo indagare sui rappresentanti di uno stato che anziché lavorare per sconfiggere la mafia ci si siedono a tavola mettendosi anche comodi: un pranzo che dura praticamente da vent’anni.
Ricordiamo agli smemorati che l’ascesa di berlusconi, impostore, abusivo della politica e con guai giudiziari antecedenti alla famosa “discesa in campo” fu resa possibile con quello che davvero si può ritenere un atto eversivo/sovversivo e cioè ignorare la legge che glielo avrebbe impedito, dunque un colpetto di stato in piena regola.
La bicamerale [necessaria eh?] del cazzatore [di rande] ma più che altro cazzaro, quello che qualcuno considera addirittura uno statista ha completato l’opera consegnandogli praticamente le chiavi del paese.
L’unico vero conflitto, esistente dalla notte dei tempi in Italia, è solo quello della politica fra la legge e il suo rispetto, che deve valere per tutti meno per chi – indegnamente – la rappresenta.   Il pd non andrà a governare perché NON CONVINCE, perché tratta e in malomodo sui diritti  e la legalità che sono la priorità per un paese civile, molto più dell’economia. Un paese è molto più povero quando viene privato della sua dignità.

Una politica seria e onesta non parla di conflitto con la Magistratura:  la sostiene e ci lavora affianco.

 Chi tocca la casta e tutto ciò che ad essa ruota attorno – quindi soprattutto il malaffare – muore, anche restando vivo.

Magistrati, giornalisti, militanti, non ce n’è per nessuno.   Pensate che bella la nuova legge elettorale che ci aspetta.

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In nano veritas
Marco Travaglio, 1 agosto

La Seconda Repubblica è nata dal “peccato originario” (sic) del “conflitto tra politica e magistratura” che l’ha attraversata come un “filo rosso permanente”. “A trarre il massimo vantaggio da quest o conflitto fu Berlusconi” grazie alla “destrutturazione della politica operata in buona parte dalla magistratura”, poi però “si aprì uno scontro insanabile fra Berlusconi e la magistratura”. Un “conflitto ventennale che ha visto contrapposti Berlusconi e la magistratura, costituitasi e progressivamente rinsaldatasi in un ruolo di custode generale dell’eticità dello Stato”. I reati di B. e dei suoi compari, ma anche di vari esponenti del centrosinistra finiti sotto processo, non c’entrano: è stata una guerra civile, “condotta da entrambe le parti” — truppe berlusconiane e togate — “con furore giacobino, senza esclusione di colpi” e s’è conclusa “senza vincitori né vinti”. Ora però “la Seconda Repubblica è finita” e i due eserciti devono ritirarsi in buon ordine in nome dell'”equilibrio dei poteri”, per fare spazio alla “politica”. Resistono, purtroppo, alcune schegge di magistratura “recalcitranti e invadenti”, ma vanno prontamente “cancellate” come “fantasmi di un passato che dev’essere chiuso”. Ed “è su questo sfondo storico che va considerata e apprezzata la decisione del presidente Napolitano di sollevare il conflitto di attribuzione presso la Consulta sulle intercettazioni operate da una procura” (era un gip, ma fa lo stesso): “Essa è importante” perché “segnala la necessità di chiudere disfunzioni formali e distorsioni materiali della Seconda Repubblica” e “si propone di ridefinire compiti e funzioni di ciascuno” per “aprire una nuova fase della democrazia, liberandola finalmente dalle contrapposizioni del passato e dalle macerie personali e collettive che esse hanno lasciato sul terreno”. Chi pensasse che questi pregevoli scampoli di prosa siano usciti sul Giornale, sul Foglio, su Libero, su Panorama, sul Corriere a firma del quartetto Galli della Loggia-Panebianco-Ostellino-Battista, resterà sorpreso: l’autore è Michele Ciliberto, editorialista della fu Unità. Qualcuno dirà: Ciliberto chi? Giusto, se non fosse che l’Unità è tornata a essere l’organo ufficiale del Pd.
Quindi, a meno che qualcuno non ci spieghi che Ciliberto non rispecchia la posizione del Pd, siamo autorizzati a pensare che anche il Pd ha finalmente fatto outing sposando il berluscones-pensiero: i processi a B.&C. per mafia, corruzione di giudici, finanzieri e testimoni, frode fiscale, falso in bilancio, concussione, prostituzione, così come le indagini sulle trattative Stato-mafia non sono la conseguenza di gravissimi delitti, ma di uno “scontro fra politica e magistratura” combattuto “da entrambe le parti con furore giacobino”; e che il conflitto del Colle contro la Procura di Palermo che indaga sulle immonde trattative non serve tanto a stabilire se le intercettazioni indirette del Presidente andassero o meno distrutte dai pm senza passare dal gip e dal contraddittorio fra le parti; quanto piuttosto a mettere in riga quei pm facinorosi, “recalcitranti e riottosi”, che si ostinano a credere che la legge sia uguale per tutti e a non comprendere che la guerra è finita e la politica deve comandare sul potere giudiziario come ai bei tempi del Duce e del Re Sole. Nel qual caso, B. può ritenersi soddisfatto, ritirarsi in una delle sue ville con le sue squinzie, rinunciare alla faticosa e incerta ridiscesa in campo e lasciar fare ai “comunisti”. Ormai ha vinto lui. Le sue parole d’ordine campeggiano sulla prima dell’Unità, succulento antipasto di quel che ci riserva la prossima legislatura. Intanto la guerra alle intercettazioni e alla Procura di Palermo, che finora l’aveva visto soccombente, la combatte per lui il capo dello Stato fra gli osanna di destra, di centro e di sinistra (fa eccezione Di Pietro, ma una simpatica vignetta sull’Unità lo definisce “molto malato”, pronto per la rieducazione “in clinica”). Quod non fecerunt berluscones, fecerunt corazzieri.

Sciur padrun

Sottotitolo: “Vent’anni fa non ci lasciammo intimidire” [Giorgio Napolitano, Palermo, 23 maggio 2012 – commemorazione strage di Capaci]

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LA RAGION DI STATO DEL QUIRINALE.  LA CONSULTA PROCESSA INGROIA
Telefonate Mancino-Napolitano: con il deposito del ricorso alla Corte costituzionale, il Colle formalizza l’attacco alla Procura di Palermo che indaga sulla trattativa fra lo Stato e la mafia. Nessuno deve sapere. [Il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2012]

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Napolitano: “Legge elettorale, partiti sfuggenti. Voto anticipato? Decido io”

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Ottimo Napolitano che sul voto anticipato dice “decido io”. Premesso che è nelle sue prerogative, ma non erano le stesse anche quando l’Italia grazie al delinquente zippato era ridicolizzata e compatita da tutto l’orbe terracqueo? quando ci sarebbero stati mille e più motivi per sciogliere d’urgenza le camere anziché apporre autografi su ogni porcata richiesta dall’utilizzatore totale che poi venivano puntualmente respinte al mittente perché anticostituzionali?  mi piacerebbe sapere perché non si sono potute sciogliere le camere quando berlusconi fu accusato di sfruttamento della prostituzione minorile, perché non dopo le storiacce di HardCore e dintorni, perché non dopo la prescrizione al processo Mills, perché non dopo che un giudice ha stabilito che dell’utri pagava il pizzo alla mafia per conto terzi e cioè di berlusconi.

Soltanto adesso Napolitano si ricorda che può decidere lui? e queste sarebbero le istituzioni da difendere anche a costo di mentire a tutti gli italiani?  Umanamente mi dispiace per Napolitano, professionalmente, istituzionalmente no, lo ritengo davvero il peggiore dopo Cossiga, non foss’altro perché non si è mai messo di traverso a berlusconi così come sta facendo ora a proposito della qualunque, ma ognuno decide in che modo farsi ricordare.

Ecco perché sono sempre più convinta che questo paese abbia bisogno di gente più giovane al comando. Non voglio essere costretta a pensare che un capo di stato agisca in un certo modo per questioni di età avanzata o su suggerimento di altra gente a cui – sempre per questioni anagrafiche –  non può interessare un futuro del quale non faranno mai parte.

E, a proposito di legge elettorale io temo che la prossima sarà perfino peggio di quella attuale.  Nel momento peggiore per i partiti non potranno pensare a nulla che non garantisca la loro esistenza in vita, il discorso di Napolitano del 25 aprile è stato chiaro e limpido: fuori i demagoghi [quelli a cui non piace il mantenimento di questo modo di fare politica e questa politica incentrata esclusivamente sugli interessi personali di chi la esercita e non, come dovrebbe essere, finalizzata al bene collettivo, comune] e viva i partiti, unico sistema efficace per esercitare la politica.

 Tutti quindi faranno di tutto per non perdere soldi, privilegi e poltrone.

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Dall’archivio storico di Repubblica.

Giusto per ricordare ai direttori ma soprattutto al fondatore così prodigo di di buon senso ultimamente, e che praticamente ogni giorno dispensa le sue perle di saggezza urbi et orbi, che una legge sbagliata [e che non esiste in nessun paese democratico del mondo] fa schifo se la pensa berlusconi per salvare il se stesso medesimo che è ma non fa meno schifo se a metterla in pratica poi sono altri  per salvare altre persone e coprire altri tipi di “marachelle”.

Che le battaglie per i principi non possono essere relative a persone e situazioni ma che un principio, specie se è un principio di libertà, quello dei cittadini di essere informati su chi e come viene gestito lo stato va difeso, SEMPRE.

Che non si può essere liberali quando si tratta di berlusconi e liberticidi quando invece c’è di mezzo il presidente della repubblica. Sennò è davvero troppo facile. Ma è altrettanto facile però giudicare poi la credibilità di un giornale.

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CODEX SCALFARIANUS

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 31 Luglio 2012

Massima solidarietà ai colleghi di Repubblica, proditoriamente attaccati nell’omelia domenicale di Eugenio Scalfari, improntata alla “deontologia e completezza dell’informazione” e dedicata anche alla morte di D’Ambrosio, “aggredito da una campagna di insinuazioni”.

Gli autori sono noti: in particolare alcuni giornali e giornalisti” che “gli uffici dei Procuratori di Palermo hanno provvisto di munizioni “. 

Il solito Fatto Quotidiano? No, stavolta è impossibile. 

Fu Repubblica il 18 giugno la prima a pubblicare la notizia delle intercettazioni Mancino-D’Ambrosio: “Trattativa tra Stato e mafia: da Mancino pressioni sul Quirinale”, “Mancino telefonò a D’Ambrosio. I magistrati ritengono le sue parole rilevanti ai fini dell’inchiesta: Mancino paventa addirittura che ‘l’uomo solo’, se resta tale, chiami in causa ‘altre persone’. Quindi chiede a D’Ambrosio di
parlare dell’indagine con Napolitano, perché intervenga sui magistrati che indagano sulla trattativa “. 

Chi avrà passato le notizie ai giornali? 

Scalfari indaga: “Può esser stato un addetto alla polizia giudiziaria,un cancelliere, un usciere dedito a frugare in cassetti e casseforti. O uno dei procuratori che avrebbero il dovere di aprire un’inchiesta sulla fuga di notizie secretate”.

Ne avesse azzeccata una. 

Le intercettazioni non erano né in un cassetto né in cassaforte, ma depositate agli avvocati dei 12 indagati e, da quel momento, non più segrete.

Fortuna che la Procura non ha dato retta a Scalfari, altrimenti il primo giornale sott’inchiesta per il non-reato sarebbe il suo. 

Ma il j’accuse scalfariano prosegue: “Ricordo che la notizia dell’intercettazione indiretta del Presidente fu data addirittura da uno dei quattro procuratori in un’intervista al nostro giornale”. 

Ricorda male: la notizia fu data da Panorama il 20 giugno, l’intervista a Di Matteo è del 22. 

Scalfari insiste sul presunto “divieto d’intercettazione del Presidente, diretta e indiretta … Gianluigi Pellegrino sostiene che l’art.271 C.P.P. (Codice Procedura Penale), connesso con l’art. 90 Costituzione, contiene già la norma che stabilisce la distruzione immediata delle intercettazioni vietate. C’è stata un’infrazione estremamente grave della Procura per ignoranza delle norme”. 

Purtroppo le due norme citate non prevedono alcun divieto d’intercettazione indiretta del Presidente né la distruzione immediata delle bobine, dunque i P.M. non sono incorsi in alcuna infrazione o ignoranza. 

Né Pellegrino ha mai scritto una simile castroneria: anzi ha chiesto una nuova “norma ordinaria”, visto che oggi la “diretta distruzione” dei nastri presidenziali sarebbe ricavabile solo “in via interpretativa dalle leggi vigenti”. 

Qui l’unico che ignora le norme è Scalfari, nonostante i ripetuti tentativi di Cordero e Messineo di spiegargliele. 

Il 271 dice che “il Giudice” (non il Pubblico Ministero) distrugge i nastri con la voce dei titolari di segreto professionale (avvocati difensori, confessori ecc.): nessun cenno al capo dello Stato. 

Il 90 dice che il Presidente “non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni, tranne per alto tradimento o attentato alla Costituzione”. 

Infatti i P.M. non l’hanno indagato: hanno solo intercettato un testimone sospettato di inquinamenti probatori, stralciando le sue telefonate con Napolitano in vista della distruzione da parte del G.I.P. (Giudice Indagini Preliminari) nell’udienza in contraddittorio con gli avvocati, perchè valutino l’eventuale rilevanza delle parole di Mancino per il diritto alla difesa. 

Dulcis in fundo Scalfari se la prende con gli amici che non lo spalleggiano nella guerra ai pm di Palermo, anzi li “incoraggiano all’accertamento della verità”, mentre lui dubita “delle capacità professionali ” di una Procura già autrice del”madornale errore di mandare all’ergastolo un innocente”. 

Cioè il falso pentito Scarantino, reo confesso per via d’Amelio e poi scagionato da Spatuzza. 

Peccato che a credere a Scarantino siano stati la Polizia, la Procura, la Corte d’assise, la Corte d’appello di Caltanissetta e infine la Cassazione. 

La Procura di Palermo mai. 

Questo, si capisce, per deontologia e completezza dell’informazione.

 

Romanzo Quirinale

Sottotitolo: Bombardamenti aerei italiani in Afghanistan: il Parlamento batte un colpo 

Forse è anche per questo che E, il mensile di Emergency chiude,  per mancanza di soldi.
Perché gli operatori di Emergency non si limitano a curare i feriti di guerra e a seppellirne i cadaveri, fanno anche quell’informazione che i media tradizionali [quelli che invece lo stato sostiene con molti soldi, naturalmente i nostri] sempre troppo impegnati nell’opera di beatificazione e santificazione della politica, tecnica e non, ci negano.
In un paese normale le Eccellenze sarebbero le persone come Gino Strada.
Gente che uno stato serio avrebbe il dovere di sostenere, non di mandare a chiedere l’elemosina; in Italia, invece, che non è un paese normale né uno stato serio le eccellenze sono altre e con ben altri curriculum, spesso anche giudiziari, i governi di tutti i colori spendono una quantità di soldi spropositata in emerite idiozie tipo aerei e navi da guerra, in progetti di distruzione del territorio come il Tav per tacere su tutto il resto del quotidiano, nonostante “la crisi” che evidentemente è stata ben mirata solo agli obiettivi che doveva colpire.
E affondare.

Con la spending review si tagliano i costi della sanità ma lo stato italiano e i relativi governi di tutti i colori che si sono succeduti e succederanno  continuano a spendere un miliardo di euro l’anno per la missione “di pace” in Afghanistan [che dura da dieci anni] e cifre altrettanto spaventose in armamenti da guerra iper raffinati. Emergency in questo ultimo periodo sta curando anche cittadini italiani, quei nuovi poveri che non possono permettersi di pagare. La guerra ce l’abbiamo in casa ma le missioni “di pace” le andiamo a fare altrove.

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Telefonate del presidente Napolitano (intercettato indirettamente mentre chiedeva notizie sul terremoto all’Aquila, preoccupato per le sorti delle vittime) sono agli atti del processo di Perugia alla “cricca”. Nessuno si è lamentato, nessun conflitto d’attribuzioni è stato sollevato. Perché invece tanto scandalo per le intercettazioni indirette di Napolitano sulla trattativa Stato-mafia?
[Gianni Barbacetto]

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Trattativa Stato-mafia, i pm di Palermo vogliono sentire Berlusconi

Ci sarà qualche giornalista coraggioso che potrà spiegarci perché berlusconi può ancora avvalersi del legittimo impedimento, visto che almeno ufficialmente non ricopre più alcuna carica istituzionale?

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Il presidente della repubblica italiano non si può intercettare, e infatti nessuno lo ha fatto, come nessuno intercettava il satrapo infoiato ma solo i delinquenti e le puttane dai quali ama farsi circondare abitualmente; negli States il presidente è tenuto a rendere pubbliche anche le sue condizioni di salute e  nessuno alza il ditino contro la violazione della privacy, cinguettando e abbaiando su quel che si può fare e quello che no.

Nell’era di internet la cosa più ridicola è censurare notizie, non dire né scrivere cose che poi basta farsi una passeggiata nei motori di ricerca per trovarle. Dov’è finito lo spirito battagliero di quei giornalisti – giornalai – pennivendoli – pompieri – trombettieri di tutti i regimi che ai bei tempi di quando c’era lui, l’altro, quello più basso e meno pelato, ogni giorno rivendicavano a tutta pagina il diritto di poter pubblicare tutto che poi “è la gente a farsi un’opinione”?
Dove sono i paragoni, gli esempi eccellenti coi quali si sono riempite pagine e pagine di giornali per spiegare che quello che succede(va) in Italia altrove, nei paesi normali, dove i presidenti delle repubbliche non dichiarano guerra alla Magistratura ma collaborano con la Magistratura, oppure quelli dove NON si consente a un pregiudicato amico della mafia di occupare cariche istituzionali “alte”, non sarebbero mai potute accadere? Perché, ad esempio, non leggiamo da nessuna parte che negli Stati Uniti il presidente è tenuto a rendere pubbliche anche le sue condizioni di salute [altro che intercettazioni] perché è giusto che i cittadini abbiano sempre il quadro della situazione anche personale di chi amministra il proprio paese? Perché gli italiani non devono sapere a che gioco ha giocato il presidente della repubblica che solo qualche mese fa dichiarava con la solita viva & vibrante soddisfazione commemorando Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della sua scorta: “vent’anni fa non ci lasciammo intimidire”? Mantenere segretezza sulle telefonate che passano sulla linea della presidenza della repubblica che vuol dire,  che sulla linea telefonica del quirinale può passare di tutto? di chi è il garante Napolitano, del popolo, di se medesimo o di ex ministri bugiardi? abbiamo o no il diritto di saperlo?
Potrebbero spiegarci cortesemente – questi manipolatori della pubblica opinione, questi maestri del disorientamento, quelli che va bene parlare di tutto purché non si parli mai di cose serie e importanti – perché quello che andava bene per berlusconi oggi non va più bene per Napolitano?

Il procuratore antimafia Grasso  ha detto che Napolitano ha ragione ma anche i Magistrati che “hanno agito in buona fede”. Come se abitualmente i Magistrati agissero secondo il loro umore e sentire. Insomma, ai Magistrati si può far fare anche la parte degli scemi del villaggio, di quelli che un bel mattino si svegliano e decidono quale deve essere il bersaglio grosso da colpire per rendersi un po’ protagonisti e farsi bacchettare dal presidente della repubblica che invece è autorizzato ad aprire il fuoco – per nulla amico – su chi proprio per il ruolo che gl’impone la Costituzione, dovrebbe garantire. Poi quando le agenzie di rating ci declassano perché la situazione politica è quella che è: pietosa, e il mondo civile ride di noi è per farci un dispetto.

Per umiliarci, ecco.

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Romanzo Quirinale
Marco Travaglio, 18 luglio

Ma che bel coro di corazzieri belanti è diventata la stampa italiana, con l’aggiunta – ci mancherebbe – delle tv a reti unificate. Almeno ai tempi di B. i giornali di sinistra attaccavano il governo, non foss’altro che per il gioco delle parti. Ora invece non muove più foglia che il potere non voglia: tutto va ben madama la marchesa. Anche quando il Presidente della Repubblica si scrive un decreto per chiedere alla Consulta, piena di amici suoi e / o di nominati da lui, di mettere in riga la Procura di Palermo che osa indagare sulle trattative Stato-mafia, incriminare l’amico Mancino e soprattutto rispettare l’art. 268 del Codice di procedura penale che proibisce ai pm di distruggere intercettazioni prima che lo faccia un gip, un giudice terzo, dopo aver sentito le parti. In questa soave corrispondenza di amorosi sensi, grandi esperti del diritto e del rovescio dimenticano la legge, la Costituzione, perfino la decenza e il ridicolo pur di dare ragione al nuovo Re Sole intoccabile, insospettabile, insindacabile, irresponsabile, inascoltabile, ineffabile. De Siervi. L’ex presidente della Consulta Ugo De Siervo, quello che nel 2010 rinviò la decisione sul legittimo impedimento per non disturbare B. nei giorni della mozione di sfiducia di Fini e della compravendita dei deputati, scrive su La Stampa che “alcune volte le intercettazioni non sono affatto casuali”, come invece la Procura di Palermo definisce quelle di Napolitano captate sul telefono di Mancino. Lo ripete un altro emerito, Cesare Mirabelli: “Non si può usare un’intercettazione indiretta per aggirare il divieto di intercettare il capo dello Stato”. Cioè: i pm di Palermo hanno intercettato Mancino già sapendo che avrebbe chiamato Napolitano per chiedere aiuto contro i pm che indagavano su di lui e che Napolitano, anziché mandarlo a quel paese, si sarebbe amorevolmente adoperato per favorirlo, direttamente e tramite il consigliere D’Ambrosio. De Siervo e Mirabelli devono avere un’opinione piuttosto negativa di Mancino e soprattutto di Napolitano. De Siervo aggiunge che la Procura di Palermo ha fatto “indagini interminabili” (forse dimentica che le inchieste di mafia hanno una durata massima di 2 anni, termine rispettato dai pm) e “avrebbe dovuto trasferire tutta la questione al competente Tribunale dei Ministri”, come B. chiedeva di fare per Ruby nipote di Mubarak. Lo dice pure Stefano Ceccanti del Pd (l ’ Unità). Forse De Siervo e Ceccanti non sanno che nessuno degli indagati è accusato di reati commessi quand’era ministro e nell’esercizio delle funzioni ministeriali, a meno di ritenere che Riina, Provenzano, Brusca, Cinà, Ciancimino jr., Dell’Utri e gli altri indagati fossero ministri ai tempi della trattativa. Si dirà: erano ministri Conso e Mancino. Certo, ma non sono indagati per la trattativa, bensì per aver mentito oggi, 20 anni dopo, da pensionati. Urge istituzione del Tribunale degli Ex-Ministri. La Repubblica di Falò. De Siervo: “Le conversazioni riservate del Presidente dovrebbero essere immediatamente eliminate, anche ove casualmente raccolte”. Michele Ainis (Corriere della Sera): “I nastri vanno subito distrutti, senza farli ascoltare alle parti processuali… È difficile accettare che sia un giudice a esprimersi sulla rilevanza stessa dell’intercettazione”. Ministra Paola Severino: “Qualsiasi sia la decisione della Corte sul conflitto di attribuzione, l’importante è mantenere la segretezza intorno al contenuto di telefonate che possano riguardare persone istituzionalmente protette per il ruolo che svolgono” per “evitare che le conversazioni del Presidente possano essere rese pubbliche”. Avvocato Franco Coppi: “La frittata è stata fatta nel momento in cui è stata proposta l’udienza davanti al gip per procedere alla distruzione delle intercettazioni”. Par di sognare. In Italia – art. 111 della Costituzione – “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”. Anche nell’udienza dinanzi al gip per decidere quali intercettazioni distruggere. È una garanzia per tutti, difesa, accusa e parti civili: ciò che per il pm è irrilevante può essere rilevante per un indagato. Perciò non può essere il pm, ma dev’essere il giudice, nel contraddittorio fra le parti, a decidere di distruggere un’intercettazione. Altrimenti l’indagato può essere danneggiato e, volendo, far invalidare il processo. Non solo: se le parole di Napolitano non possono essere valutate dal giudice perché il Presidente è insindacabile, quelle di Mancino devono essere valutate eccome, visto che è un privato cittadino, per giunta indagato. Invece i garantisti alle vongole vorrebbero vietare il contraddittorio, imporre ai pm di bruciare tutto nel segreto delle loro stanze, senza render conto a nessuno in spregio alla legge e alla Costituzione, e solo per evitare che gli avvocati ascoltino le parole del Presidente e l’opinione pubblica le conosca. Anche loro hanno del Presidente una pessima opinione, o sanno qualcosa che noi non sappiamo? Corazzieri-pompieri. Carlo Galli (Repubblica): “Poiché si tratta di una questione difficile, è giusto lasciare alla Consulta il compito di decidere”. Massimo Luciani (l ’ Unità): “L’inevitabile iniziativa di Napolitano serve a prevenire qualunque dubbio futuro”. Valerio Onida (Corriere): “Quella del Quirinale è un’iniziativa volta a fare chiarezza… per dire qual è la via corretta da seguire in base alla legge nel rapporto fra i due poteri”. Emanuele Macaluso (Corriere): “Basta con questo battere e ribattere di giuristi. Il Presidente si rimette al giudizio della Corte”. Enrico Letta (Pd): “Iniziativa che porterà chiarezza ed eviterà in futuro contraddizioni e pericolosi conflitti fra poteri dello Stato”. Per superare l’imbarazzo di sostenere, in coro coi berluscones, l’attacco frontale di Napolitano alla Procura che indaga sulle trattative che costarono la vita a Borsellino e alla scorta nel ‘ 92 e a tanti cittadini innocenti nel ‘ 93, il tutto alla vigilia del ventesimo anniversario di via D’Amelio, i corazzieri di complemento minimizzano il conflitto di attribuzioni come se fosse una disputa accademico-giuridica: che sarà mai, c’è una divergenza di opinioni fra il Colle e la Procura, dovuto a un “vuoto normativo”, ora la Consulta dirà chi ha ragione e tutti vivranno felici e contenti. Eh no, troppo comodo. Intanto, se ci fosse un vuoto o un’imprecisione normativa, il Quirinale avrebbe dovuto investire la Consulta con un altro strumento: l’eccezione d’incostituzionalità della norma col buco, non il conflitto di attribuzioni in cui accusa i pm di un illecito gravissimo, da colpo di Stato: la lesione delle prerogative del Capo dello Stato. E poi: se c’è un vuoto normativo, vuol dire che la Procura di Palermo ha rispettato la legge esistente, non potendo violare una legge ancora inesistente. E allora di che conflitto stiamo parlando? Codex Napolitaneus. Apprendiamo da Repubblica che, agli atti del processo in corso a Perugia sulla cricca della Protezione civile, la Procura di Firenze che avviò le indagini intercettò alcune telefonate sull’utenza di Guido Bertolaso che parlava col presidente Napolitano ansioso di avere notizie sulle sorti delle vittime del terremoto de L’Aquila. Telefonate penalmente irrilevanti per tutte le parti, che però non sono state distrutte, anzi sono state addirittura trascritte, depositate alle parti e poi allegate agli atti del dibattimento, dunque conoscibili da tutti. Ora, per coerenza, se la lesione delle prerogative presidenziali si consuma nel momento stesso in cui qualcuno ascolta e non distrugge le sue parole intercettate indirettamente, il presidente Napolitano dovrà sollevare conflitto di attribuzioni contro le Procure di Firenze e Perugia, e anche di qualche gip e giudice di tribunale. In caso contrario crolleranno rovinosamente le ragioni di principio sbandierate a sostegno del conflitto d’attribuzioni contro i pm di Palermo, che lui giura totalmente svincolate dal contenuto delle sue telefonate. E, più che un ricorso alla Consulta, Napolitano dovrà chiedere un lodo ad personam. Il Lodo Dipende: “Se il Capo dello Stato viene intercettato indirettamente e fa bella figura, le sue conversazioni, anche se irrilevanti per tutti, devono essere conservate e possibilmente pubblicate in caratteri aurei, acciocché il Cittadino sappia quant’è bravo il suo Presidente, sempre teso al Bene Supremo della Nazione; se, viceversa, fa una pessima figura, si distrugga tutto immantinente, altrimenti per i pm sono cazzi”. Finzioni presidenziali. Nell’ansia di compiacere il Re Sole, i corazzieri grandi firme si scordano di sciogliere alcuni nodi. Li buttiamo lì a futura memoria. 1) L’art. 90 della Costituzione stabilisce che “il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni”, ed è lui stesso a dirci che è anche il caso delle due telefonate con Mancino: altrimenti non sbandiererebbe la sua irresponsabilità ai quattro venti. Ma siamo sicuri che il “prendere a cuore” (D’Ambrosio dixit) le lagnanze di Mancino e il darsi da fare per favorirlo interferendo in un’indagine in corso rientri tra le “funzioni” presidenziali? E, di grazia, quale articolo della Costituzione o quale norma dell’ordinamento lo prevede? 2) L’unica “parte” dell’inchiesta sulla trattativa che può avere interesse alla conservazione dei nastri con la voce di Napolitano è Mancino, visto che i pm li han già definiti irrilevanti. Dunque, invece di disturbare la Consulta, perché il Presidente non dice all’amico Mancino di mandare il suo avvocato ad ascoltarli e poi a chiedere al gip di distruggerli? Si rende conto, che conferendo tutta quest’importanza a quelle bobine, si è consegnato mani e piedi nelle mani di un indagato per falsa testimonianza? Per svincolarsi dall’abbraccio mortale e dissipare il sospetto di ricatti e altre trattative in corso, non c’è che un modo: rendere pubbliche le telefonate. 3) Napolitano si fa scudo nientemeno che di Luigi Einaudi, che secondo Repubblica lo avrebbe addirittura “ispirato” (gli sarà apparso in sogno, nottetempo). È proprio sicuro che Einaudi apprezzerebbe? Sicuro che, se gli avesse telefonato un Mancino per quelle proposte indecenti, Einaudi gli avrebbe dato tanta corda, anziché staccargli il telefono in faccia? Un giorno Einaudi disse: “Non le lotte e le discussioni dovevano impaurire, ma la concordia ignava e le unanimità dei consensi”. Parole che ora suonano come un inammissibile attacco preventivo al Quirinale e ai corazzieri. Che facciamo, spediamo pure Einaudi alla Corte costituzionale?