Per quel che può servire, la mia solidarietà incondizionata al giudice Esposito

Quello che provo è sgomento, raccapriccio, rabbia e impotenza.

Mentre un pregiudicato, condannato, uno che non ha nemmeno più bisogno di essere rappresentato, descritto, del quale non dovrebbe servire sapere più niente ormai per destinarlo alla categoria cui si merita di appartenere che è quella dei fuori legge, dei delinquenti viene difeso dalle istituzioni e dalle istituzioni e dalla politica viene accolto, ascoltato, gli viene concesso di imperversare ovunque, lui e chi per lui perfino nei cieli d’Italia per continuare a mentire sulla sua innocenza, c’è un giudice che viene lasciato solo a dover affrontare persone, fra cui gente delle istituzioni – quelle stesse che dovrebbero difendere gli uomini e le donne dello stato – che lo diffamano, lo insultano, permettono che sui giornali di proprietà del condannato berlusconi si scrivano infamità sul suo conto. 

Nessuna voce, di quelle solite che sono sempre pronte ad offrire solidarietà a chiunque, anche a gente che sostiene il condannato delinquente e che solo per questo non la meriterebbe affatto si è levata per far sentire la sua vicinanza al giudice Esposito, non Piero Grasso, l’ex procuratore antimafia che dovrebbe conoscere bene il clima in cui sono costretti ad operare ed agire i giudici, la magistratura italiana da quando in questo paese si è concesso ad un fuori legge, a un delinquente per natura come recita il primo grado della sentenza di uno dei processi che lo riguardano, di potersi intromettere nelle faccende di stato.

Non la presidentessa della camera sempre pronta a bacchettare chi alza i toni, chi osa ricordare agli italiani lo scempio politico di cui sono vittime; non il presidente della repubblica che ha scelto il silenzio, non ritiene di dover spendere due parole nel merito delle vicende che riguardano il pregiudicato berlusconi, di una condanna che non deve essere eseguita e chissà perché.

Mi chiedo che razza di gente viva in questo paese e quanto altro sia disposta ad accettare se nemmeno dopo tre condanne si può dire di un delinquente che è un delinquente e considerarlo e trattarlo come si merita. Principalmente dalle istituzioni che fino a prova contraria non sono lì per tutelare gli interessi dei pregiudicati, nemmeno se si chiamano silvio berlusconi.

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Esposito, giudice sotto tiro: è caccia alla bobina segreta dell’intervista

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CSM: ciechi, muti e sordi
Marco Travaglio, 13 agosto

Quando il giudice Mesiano, reo di aver condannato il gruppo Berlusconi a risarcire De Benedetti per lo scippo Mondadori, fu pedinato e linciato da Canale5 e dagli altri house organ della ditta per i suoi calzini turchesi, il Csm intervenne in sua difesa con una pratica a tutela contro attacchi “che possono condizionare ciascun magistrato, specie quando si tratti di decidere su soggetti di rilevanza economica e istituzionale”. Il vicepresidente Mancino denunciò il “clima invivibile dove il potere è forte e può intimidire”. E persino il presidente Napolitano evidenziò “le inquietanti connotazioni della vicenda”. Era solo quattro anni fa, ma pare un secolo. Da due settimane, da quando ha letto la sentenza di condanna per B. nel processo Mediaset che gli era toccato in sorte, il presidente della Cassazione Antonio Esposito viene manganellato dal Giornale e altri fogliacci. Decine di pagine con accuse infamanti fondate sul nulla: tutto falso, tutte menzogne (vedi articolo di Marco Lillo). Eppure intorno a lui tutto tace. Tace Napolitano, troppo occupato a riflettere sull’“agibilità politica”del pregiudicato e a riceverne gli emissari. Tace Vietti, solitamente così garrulo. Non tace purtroppo il ministro Cancellieri, che sguinzaglia gl’ispettori come ai tempi di Biondi e Mancuso, mentre il Csm apre un fascicolo disciplinare contro Esposito. Illegale. L’ordinamento giudiziario 269/2006 sanziona “le dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione”, non quelli chiusi da sentenza definitiva. Come il processo Mediaset. Il giudice Esposito è solo, lasciato in pasto ai linciatori da chi, per legge, dovrebbe difenderlo. Se il Csm, dal presidente e dal vicepresidente in giù, non se la sente di fare il proprio dovere, tanto vale scioglierlo.

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Mercedes, fango e bugie: il Giornale all’attacco di Esposito 
Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano, 13 agosto

IL QUOTIDIANO DI FAMIGLIA DEL CONDANNATO DI ARCORE SCRIVE MENZOGNE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA CASSAZIONE CHE LO HA GIUDICATO SULL’EVASIONE MEDIASET: ECCO QUALI.

Dopo la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere Il Giornale di Alessandro Sallusti ha dedicato una ventina di pagine al 72enne presidente della sezione feriale della Cassazione. Il 3 agosto parte Stefano Lorenzetto con un articolo basato sul suo ricordo di una cena del 2009 con il giudice Antonio Esposito: “Così infangava Berlusconi il giudice che l’ha condannato” è il titolo. Il pezzo viene pubblicato solo dopo la condanna, nonostante il direttore Sallusti fosse informato da giorni. Quando il magistrato Ferdinando Imposimato, presente alla cena, dice al Fatto di non aver sentito nulla del genere, Lorenzetto lo fulmina: Imposimato era lontano e poi è troppo amico di Esposito per essere credibile. La prova? “Una fonte affidabile mi assicura che il figlio fu registrato all’anagrafe con il nome di Ferdinando proprio in onore di Imposimato”. La fonte è attendibile perché intrattiene ‘relazioni confidenziali ’ con Esposito. Peccato che non abbia svelato a Lorenzetto un altro segreto: Ferdinando è il nome del padre di Antonio.

Il Giornale picchia duro anche dopo la pubblicazione dell’intervista di Esposito al Mattino. Nella sua smentita il giudice nega di avere risposto a una domanda sulla motivazione della condanna di Berlusconi. La frase “Berlusconi condannato perché sapeva” effettivamente non è farina del suo sacco e la sua risposta (riportata fedelmente dal Mattino) seguiva una domanda diversa e generale . Ma per Sallusti è “Il giudice bugiardo”. Dopo l’8 agosto Il Giornale pubblica tre pagine al giorno piene di accuse: Esposito fa il doppio lavoro a Sapri ed è stato trasferito d’ufficio dal CSM. Esposito accettava Mercedes in regalo e si appropriava di fascicoli sui vip per smania di protagonismo. Il giudice replica con i provvedimenti del CSM e dei giudici che hanno smontato le accuse riportate dal Giornale. La lettura incrociata di articoli e comunicati spiega bene come funziona la stampa berlusconiana.

SUL GIORNALE
IL CASO ISPI 

“Aveva un doppio lavoro, amministrava una scuola” 

IL GIORNALE SPARA l’8 agosto in prima pagina: ‘Lo strano doppio lavoro del giudice bugiardo’. Nell’articolo si legge: “Quando Antonio Esposito non sta in Cassazione fa un altro lavoro. Un doppio lavoro. (…) Esposito veste i panni del responsabile amministrativo di un pezzo di un’università telematica. Insieme alla moglie avvocato e alla figlia, il magistrato risulta referente per lo sportello Salerno/2 della Unicusano, ateneo privato romano (…) sul sito web dell’università come contatto per Sapri c’è proprio il numero di cellulare dell’alto magistrato. Illecito? No, magari no. Magari il buon giudice ha il via libera, l’ok, del Csm. Magari è normale”. Il Giornale torna sul tema tre giorni dopo per ricostruire il procedimento disciplinaresubito dal giudice alla fine degli anni novanta sulla scorta di una relazione redatta da un allora giovane capitano dei Carabinieri della stazione di Sapri: “Alla fine – scrive Il Giornale – è stata proprio la gestione dell’Ispi a determinare il trasferimento. ‘Dovrebbe essere provato – si legge nel provvedimento – che Esposito svolga attività ulteriori rispetto a quella dell’insegnamento per il quale è stato autorizzato dal Csm’ (…) Esposito – scrivono i consiglieri – poteva essere reperito sistematicamente presso i locali della scuola e i collegamenti con l’I-spi venivano tenuti anche in pretura’”.

IL TRASFERIMENTO 

“Rete di affari” e troppo protagonismo, per questo fu spostato

IL TITOLO DEL GIORNALE dell’11 agosto non lascia adito a dubbi: “La rete di affari di Esposito: ecco perché fu trasferito”. Il titolo sintetizza così la motivazione del trasferimento: “Con la sua scuola guadagna centinaia di milioni che gli permettono di avere una Jaguar, una villa a Roma e un motoscafo”. Secondo Il Giornale: “Il 7 aprile del ‘94 il plenum del Csm approvava a maggioranza la proposta di trasferimento d’ufficio dell’allora pretore di Sala Consilina, che venne destinato alla Corte d’Appello di Napoli”. Il Giornale entra nei dettagli: “Sulla scuola di formazione i consiglieri si soffermano a lungo, ipotizzando che il particolare tenore di vita del magistrato che risultava ‘proprietario di un villino a Roma, di una Jaguar e di un motoscafo avallassero l’ipotesi che l’Ispi avesse consentito la realizzazione di guadagni nell’ordine di centinaia di milioni’”. Inoltre, secondo Il Giornale, Esposito era accusato di avere “gravemente mancato ai propri doveri”. Il CSM, lo aveva trasferito perché “aveva celebrato nel ’91 un procedimento penale contro Maria Pia Moro per interruzione di pubblico servizio ‘senza che tale procedimento fosse compreso tra quelli a lui assegnabili’”.

CAMERA 

L’interrogazione del Pci lo accusa di “faziosità” 

ANCHE UN’INTERROGAZIONE parlamentare comunista è stata riciclata a distanza di 33 anni e promossa a sentenza sotto il titolo de Il Giornale: “Il magistrato inchiodato pure alla Camera”. Gli inviati a Sapri di Sallusti hanno recuperato il testo dell’atto del 1980 firmato dai deputati PCI Alinovi, Amarante e Vignola: “L’operato di Esposito è oggetto di universale riprovazione da parte della popolazione del mandamento per i comportamenti asociali e per la faziosità”.

MERCEDES 

Cene a sbafo e un’auto di lusso in regalo

L’ACCUSA PIÙ VELENOSA contro Esposito è quella del sottotitolo del Giornale dell’11 agosto: “Spuntano una Mercedes gratis e le cene a sbafo”. Nell’articolo si ricostruiscono le accuse rivolte da un consigliere del CSM a Esposito: “Sarebbe stata portata, per conto della ditta Palumbo (un costruttore della zona, ndr), una Mercedes di colore beige acquistata” da un direttore romano di banca “con chiavi nel cruscotto, sotto l’abitazione del dottor Esposito”.

IL GIUDICE REPLICA
IL CASO ISPI 

“Insegnava gratuitamente, il Csm lo aveva autorizzato”

IL GIORNALE OMETTE di dire – replica Esposito – che tutte le dichiarazioni di questo ufficiale (il capitano dei Carabinieri, ndr) più volte “rettificate e parzialmente difformi” tra di esse erano state smentite addirittura da numerosi militari della sua stessa compagnia e da un militare della Guardia di Finanza. Così conclusivamente motiva il CSM: “(…)contrariamente a quanto affermato dal capitano l’Ispi non era una società di capitali, il cui amministratore unico era la moglie del dr. Esposito, ma era un’associazione culturale senza scopo di lucro. A proposito dell’attività svolta dal dr. Esposito presso l’Ispi non è stato confermato quanto riferito dal teste, sia pure sulla base di notizie informalmente acquisite, di “impressioni”, di “conclusioni personali” in merito al ruolo di direttore, amministratore o organizzatore di Esposito, a un suo asserito potere di stabilire chi doveva essere ammesso e chi non doveva. È emerso, infatti, che “il magistrato svolgeva esclusivamente attività d’insegnamento, non si occupava in alcun modo direttamente o tramite la moglie dei profili gestionali dell’istituto, non ha mai fatto parte del consiglio d’amministrazione dell’ISPI”. Inoltre l’incarico era “ritualmente comunicato al Csm, autorizzato ed espletato gratuitamente”.

IL TRASFERIMENTO 

Accuse smentite dagli organi competenti già tredici anni fa 

IL TRASFERIMENTO d’ufficio da Sala Consilina a Napoli del 1994 venne annullato dal Tar del Lazio nel 1996 per “un progressivo sfaldarsi delle tesi accusatorie”. Nel 1998 il Giudice della Sezione Disciplinare del CSM dà ragione di nuovo a Esposito e nel 2000 il CSM torna sulla materia e sostiene che l’attività di Esposito presso l’ISPI è di “esclusivo impegno didattico, senza interessi patrimoniali, regolarmente autorizzata e di nessun intralcio per il normale svolgimento delle funzioni giudiziarie”. Anche sulla questione della “smania di protagonismo”, Il Giornale fa un buco nell’acqua. Il Csm così afferma: “Conclusivamente la celebrazione dell’udienza del 12/11/91 – Procedimento Fidia Moro – da parte del Dott. Esposito ebbe a rappresentare un atto di doverosa assunzione di responsabilità del dirigente di un ufficio giudiziario in assenza di un collega e non certo una disdicevole forma di protagonismo di cui manca in atti qualsiasi prova. Anzi gli elementi probatori raccolti sono di segno esattamente opposto in quanto i testi hanno univocamente riconosciuto l’imparzialità e la correttezza del Dott. Esposito”.

MERCEDES 

Fu comprata nel ‘77, era del ‘71 Aveva fatto 300mila km 

ESPOSITO ricorda che “la Mercedes 220D del 1971 è stata acquistata regolarmente nel 1977 con 300 mila km percorsi”. La vicenda “è stata archiviata perché “si è accertato, con prova orale e documentale, l’assoluta legittimità del-l’acquisto”. Esposito ha rinunciato alla prescrizione ottenendo l’archiviazione del Gip nel 1996. Mentre il CSM ha archiviato nel 1997 sulla base di “univoche acquisizioni documentali” come “l’assegno bancario di Esposito”.

CAMERA 

Il Consiglio superiore scrisse: “Un complotto contro di lui” 

IL GIORNALE OMETTE: “L’inchiesta apertasi a seguito delle interrogazioni venne archiviata dal CSM”. La motivazione descrive “un vero e proprio complotto contro Esposito (…) oggetto di un attacco scorretto nelle forme e illecito nei contenuti da parte di un gruppo di persone che per soddisfare un loro sentimento di vendetta (…) non hanno esitato a costruire a tavolino gli elementi di accusa ed a coinvolgere nell’operazione anche rappresentanti del Parlamento”.

 
 
 

Un paese senza una guida ostaggio di delinquenti e diffamatori

Se questo fosse un paese normale il presidente della repubblica, in qualità di capo del CSM, avrebbe già detto due parole a sostegno dell’ennesimo giudice diffamato dai sicari di silvio berlusconi.

Ma siccome purtroppo è solo l’italietta dei furbi, dei delinquenti, dei diffamatori a libro paga del primo delinquente di questo paese già condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile e in ultimo, quello definitivo, per frode fiscale, pare che il capo dello stato abbia intimato al partito ex democratico, con la scusa di mantenere in piedi il governicchio delle larghe intese,  di mettere in sicurezza il pregiudicato silvio berlusconi –  pena la minaccia delle sue dimissioni anticipate –  facendosi beffe della Costituzione, della legge, di una sentenza di condanna definitiva, dell’onestà dei milioni di cittadini obbligati a rispettare la legge  che si sentono defraudati, violentati e che possono solo assistere all’osceno spettacolo di un onest’uomo  colpevole di niente diffamato, e  quand’anche il giudice Esposito avesse davvero una responsabilità da chiarire non penso che il sistema giusto sia quello dell’oltraggio a mezzo stampa dalle pagine di un fogliaccio il cui direttore è quel di sallusti, noto diffamatore seriale e recidivo, a cui proprio Napolitano ha concesso una grazia in seguito, ça va sans dire, ad una condanna definitiva per diffamazione.

Quando al tempo della condanna annullata scrissi che un periodo di riflessione non avrebbe fatto male a sallusti sapevo quello che scrivevo e dicevo, quello che poi scrivevamo in tanti, tutti quelli che hanno ben chiara la differenza fra libertà di espressione/informazione e diffamazione.

Nessuna libertà dovrebbe essere concessa a chi la usa come arma, in nessun’altra democrazia civile gestita da persone che hanno a cuore il bene dello stato sallusti, belpietro, vittorio feltri, tutta l’orrida corte dei miracolati che  berlusconi può usare pro domo sua,  grazie al suo conflitto di interessi mai risolto da quella politica che ancora oggi lo supporta e sostiene,  avrebbero  avuto la possibilità di continuare a farlo. 

La diffamazione è un reato,  non un  modo di esprimersi folkloristico e ancorché simpatico.

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La nuova Leva

Esposito vs Giornale: “Hanno diffamato”
Ma ora Wanna Marchi lo vuole querelare

Caccia grossa contro Antonio Esposito: ora i berluscones vogliono mettere le mani sulla registrazione dell’intervista del giudice al “Mattino”. Sperano di trovare il cavillo per impugnare la sentenza della Cassazione. Obiettivo: prendere tempo e ottenere l’“agibilità” politica ed elettorale per il condannato.

 
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Il Pornale
Marco Travaglio, 11 agosto
Da quando, il 23 maggio, ha avuto la sventura di essere nominato presidente della sezione feriale della Cassazione e, a luglio, vi ha visto piovere il processo Mediaset che andava trattato subito per evitarne – secondo le regole – la prescrizione, il giudice Antonio Esposito ha finito di vivere. Sapeva che, per campare sereno, avrebbe dovuto calpestare la Costituzione, la legge e la sua coscienza annullando la condanna di B. possibilmente senza rinvio: insomma assolverlo, anche se dalle carte risulta inequivocabilmente colpevole. 

Non è vero, come scrivono i soliti tartufi, che gli sia stata fatale l’intervista “inopportuna” al Mattino di Napoli per quella frase sul motivo del verdetto, mai autorizzata nel testo concordato con l’intervistatore (“non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva”), per giunta appiccicata a una domanda mai fatta sul caso specifico di B.

Anche se non l’avesse pronunciata nel colloquio informale con l’amico cronista che poi l’ha tradito, e anche se gli avesse buttato giù il telefono, Antonio Esposito sarebbe stato linciato ugualmente dal Giornale e dagli altri house organ della Banda B. Il peccato originale non è la frase o l’intervista: è la condanna. Il pool Mani Pulite non disse una parola su B., eppure viene manganellato da vent’anni. 

Il giudice Mesiano non disse una parola dopo aver condannato la Fininvest a risarcire De Benedetti per lo scippo della Mondadori, eppure fu pedinato e sputtanato in tv per i suoi calzini turchesi. La giudice Galli non disse un monosillabo sul processo Mediaset, eppure prima e dopo la condanna d’appello fu diffamata addirittura perché figlia di un giudice assassinato dalle Br. 

“Non ce l’hanno con noi per quello che diciamo, ma per quello che facciamo”, ripete Piercamillo Davigo. Con Esposito il Giornale ha esordito accusandolo di portare le scarpe da jogging e la camicia aperta, di alzare il gomito (essendo astemio), di aver anticipato in una cena la condanna di Wanna Marchi (emessa l’indomani da un collegio di 5 giudici), di aver raccontato telefonate sexy delle girl di Arcore (mai lette da nessuno e poi distrutte), di aver barattato la condanna di B. con la richiesta di archiviazione di un’indagine disciplinare suo figlio (avvenuta a gennaio, sei mesi prima che il processo Mediaset finisse sul suo tavolo) per una cena con la Minetti, di aver voluto vendicare l’estromissione del fratello Vitaliano su pressione del Pdl da subcommissario dell’Ilva. 

E perché, se sapeva tutte queste cose, il Giornale non le ha scritte prima della sentenza? Poi, siccome ogni pretesto è buono per la caccia all’uomo che ha osato condannare B., il Giornale è passato dalla cronaca all’archeologia riesumando vicende che affondano nella notte dei tempi. Fino al 1980, quando Esposito era pretore a Sapri e alcuni esponenti Pci e Psi (tra cui Carmelo Conte, poi plurinquisito) l’attaccarono in varie interrogazioni parlamentari perché disturbava la quiete del paese con i suoi processi. Titolo: “Il magistrato inchiodato pure alla Camera. Nel 1980 il presidente della Commissione antimafia Pci denunciava al Guardasigilli: ‘Esposito fazioso e troppo protagonista’”. 

Purtroppo il Giornale dimentica di aggiungere che nel procedimento disciplinare che ne seguì Esposito fu prosciolto in istruttoria perché chi l’aveva denunciato “aveva motivi di inimicizie verso il pretore per i provvedimenti da lui emessi nell’esercizio delle sue funzioni”, in parte “sottoposte a procedimenti penali per gravissimi reati”. Fu, secondo la commissione disciplinare del Csm, “un vero e proprio complotto contro l’Esposito di tale portata e gravità da determinare la commissione a sollecitare il Csm a non abdicare al fondamentale ruolo di garanzia dell’indipendenza della magistratura… apprestando un’energica tutela al magistrato che è stato fatto oggetto di un così vasto attacco, scorretto nelle forme e illecito nei contenuti, da parte di un gruppo di persone che per soddisfare il proprio sentimento di vendetta o per salvaguardare i loro interessi posti in pericolo non hanno esitato a costruire a tavolino gli elementi di accusa e a coinvolgere nella disdicevole operazione rappresentanti del Parlamento”. 

Vergogniamoci per loro.