L’eversore [re_reloaded]: ovvero, l’orrido déjà vu

Anche  il Milan di berlusconi ha rotto definitivamente gli argini del benché minimo senso di decenza, del tanto abusato esempio per i giovani mettendosi al fianco di un presidente corruttore e condannato per frode fiscale.
Ognuno ha la squadra che si merita.

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IL PRESIDENTE DELLA FIERA DI MILANO PERINI: “SEGNIAMO LE CASE DEI GIUDICI”. POI LE SCUSE

C’è stata gente che per molto meno, una battuta scritta in bacheca contro il capoufficio o la professoressa è stata licenziata, sospesa da scuola.
Questi che facciamo, li teniamo al loro posto vero? perché naturalmente si sono scusati dopo l’offesa e la minaccia quindi è tutto a posto. 
Da un certo livello in poi tutto si può dire ché poi tanto bastano le scuse e che problema c’è.

Queste sono minacce fatte in pubblico da gente che ha dei ruoli pubblici. Proprio come calderoli quando insulta la Kyenge istigando al razzismo qua si istiga al gesto violento, di stampo nazista addirittura, ci si augura che un giudice debba vivere soffrendo perché ha fatto il suo dovere.

E gli autori pensano di potersela cavare con delle semplici scuse perché sanno che non gli succederà nulla.

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La nebbia all’erto Colle caliginando sale – Massimo Rocca

Ovviamente, in un paese serio, il capo dello stato sarebbe già andato in televisione a reti unificate per denunciare il tentativo di sovvertimento dell’ordine democratico. Un delinquente condannato in via definitiva che ricatta i poteri politici legittimi del paese, né più né meno quello che facevano le brigate rosse con Moro prigioniero o Totò o curtu con le stragi dei magistrati, inviando i suoi messaggi dal covo di Palazzo Grazioli affidandoli a personaggi che vogliono salire le scale del Quirinale per depositare l’ultimatum sulla scrivania del garante del patto di pacificazione che ha, evidentemente, mancato alla sua parola. Ci sarebbero le sezioni del partito di governo allertate e il presidente del consiglio chiuso in riunione permanente con l’ambasciatore kazako o col ministro degli interni, che tanto è uguale. Invece non potendo chiedere, questa volta, alla rai di bruciare le bobine del suo discorso di insediamento, temo che riceverà i messaggeri, cui del resto ha già promesso la riforma della giustizia, proprio il giorno dopo in cui ha dimostrato di funzionare.

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Berlusconi, il Pdl ricatta sulla grazia
E la Questura gli revoca il passaporto

Il pregiudicato: “Riforma della giustizia o voto”. Il partito a Napolitano: “Clemenza o ci dimettiamo
tutti”. Letta: “Il governo deve continuare”. Notificato dai carabinieri il decreto di esecuzione pena
EPIFANI: “PRESSIONE INDEBITA SUL COLLE. E NO A RIFORMA GIUSTIZIA CHE VUOLE IL PDL”

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Berlusconi condannato? “Riformate la giustizia!”

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Se non fosse vero ci sarebbe da ridere da qui all’eternità: Napolitano che riesce ad anticipare pure berlusconi riguardo una riforma della giustizia che, se abbiamo imparato un po’ a conoscere i nostri polli sappiamo benissimo dove vuole andare a parare e a riparare soprattutto.

Però mi raccomando, non nominiamolo, non tiriamolo in ballo sennò Lauretta e l’ex superprocuratore s’incazzano.

A proposito: la presidentessa candida non si è espressa ancora sulla condanna? c’è da difendere la sacralità del parlamento che ospita un fuorilegge e la sua teppa, da offrire solidarietà spicciola all’insultato di turno o cosa? e per noi, quando arrivano le scuse?

L’unica riforma della giustizia da fare è quella per vietare una volta e per tutte ai criminali di poter mettere bocca negli affari di stato.

Di ricattare le istituzioni.
berlusconi non è più nella condizione di poter pretendere nulla, quindi tutto quello che riuscirà ad ottenere significa che è stato concordato, che fa parte del pacchetto larghe intese napoletane.

Mi chiedevo quanto si può sacrificare di se stessi per difendere, rendere accettabile, meno grave quello che non lo è.
In special modo chi proprio per ruolo e per mestiere è chiamato a raccontare, spiegare all’opinione pubblica quello che succede.
Com’è possibile dimenticarsi di essere una persona per mettersi spudoratamente al servizio di un delinquente, scrivere su un quotidiano che l’attacco allo stato è aver condannato quel delinquente e non invece avergli permesso di demolirlo con la compiacenza e benevolenza, vive e vibranti, di chi avrebbe dovuto impedirlo.

Le sentenze di berlusconi non devono interferire con la vita politica, col cammino del bel governo dei grandi imbroglioni, dicono quelle e quelli bravi, nella politica come nel giornalismo: quanto ancora dovranno prenderci in giro con questa menzogna? le sentenze di berlusconi, i comportamenti di berlusconi, i reati di berlusconi, l’immoralità amorale e indecente di berlusconi diventano politica nel momento in cui si permette a berlusconi di far diventare tutto questo arma di ricatto politico. 

Di essere se stesso quel ricatto avendo consentito, prolungando oltremodo e contro il benché minimo senso dello stato la presenza dell’abusivo impostore fuorilegge in parlamento.

Un ricatto al quale lo stato si è piegato e si piega concedendo a berlusconi quello che sarebbe impossibile chiedere e pretendere ma anche e solo immaginare di farlo, per qualsiasi altro cittadino.

In nessun paese un appena condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile viene ricevuto, e  su invito di entrambi,  dal capo del governo e da quello dello  stato, e in nessun paese un condannato in ultimo grado, quello definitivo, può andare in tv a reti unificate a dichiararsi un innocente perseguitato dai giudici comunisti.

 E la tragedia nella tragedia è che ci sia ancora  gente che non si accorge nemmeno che da vent’anni usa lo stesso linguaggio, le stesse parole, fa le stesse accuse e si difende dalle stesse accuse.
Un déjà vu vivente che non si può più sopportare, non se ne sopporta il nome, la faccia, la voce ma che può continuare a invaderci la vita perché nessuno ha il coraggio di fermarlo, di dirgli che è scaduto il tempo: il suo. 

La litania del berlusconi che andava – va – andrebbe sconfitto politicamente la ripetono da anni tutti e solo quelli che non ne hanno mai avuto la benché minima intenzione.
Una politica gobba e sottoposta ai voleri del papi padrone quanto un’informazione serva: quella alla polito ad esempio, che intravvede il colpo per lo stato nell’applicazione della legge e non nel suo contrario. Ovvero aver fatto il tutto e l’oltre per non averla applicata prima e non aver fatto nulla prima per il conflitto d’interessi in cui finalmente è caduto anche il suo proprietario, e per evitare la mole gigantesca di leggi ad personam di cui si è potuto avvalere berlusconi dopo essersele fatte fare e aver trovato un parlamento che le ha rese operative.

Diverso è invece trasformare in una questione politica i reati di berlusconi, ma se un politico commettesse un omicidio chi se ne deve occupare: la legge, gli elettori che hanno votato quello che poi è diventato un assassino o la politica? perché è la stessa cosa.

Un reato è un reato, poche storie, e quelli di berlusconi sono reati pesantissimi, non consistono nel furto del portafoglio sul metrò o del pezzo di formaggio al supermercato compiuti da chi non sa come arrivare al giorno dopo, e lo stato non può continuare a tutelare chi come berlusconi ha scelto di vivere e agire oltre la legge pensando che questo gli sia dovuto.

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Giusto ieri mi stavo chiedendo come si sentissero i Pigì Battista, i Polito,  il senatore Scalfari e tutto il corazzierume scelto che ha sostenuto con la forza della nuda lingua il bel governo dei larghi imbrogli, qui di seguito Travaglio mi rassicura sullo stato di salute del solito giornalismo embedded, stazionario come al solito: un sussulto manco a parlarne.

La dignità è una cosa seria che possono avere a cuore solo le persone serie.

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Poveretti, come s’offrono
Marco Travaglio, 3 agosto

Dopo la lunga veglia funebre nella Camera ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino. Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici. 

Il Polito nella piaga. Estratto a sorte da un bussolotto che comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco), Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. 

Avrebbe potuto cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo. Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di Ferrarella, che almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del delinquente (naturalmente frutto dell'”accanimento degli inquirenti”) ha un'”influenza sul governo”. 

Poi dipinge un paese immaginario, dove la maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal “nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di “separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. 

Ah, dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a noi.
Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”: quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un monumentale evasore fiscale.

Marziani

Sottotitolo:

La sonda Curiosity è atterrata su Marte. Obama: “Gli Usa hanno fatto la storia”

Prime immagini da Marte

Il Fatto Quotidiano fa benissimo ad insistere sulla vicenda delle telefonate fra Mancino e Napolitano, visto che è l’unico giornale che lo fa.

Fosse dipeso da altre testate – comprese quelle che fanno lotte per difendere il diritto ad essere informati su tutto meno però, e chissà perché, sui comportamenti del capo dello stato – ogni riferimento a Repubblica, quella dei post-it antibavaglio “ad personam” [ma solo quando la personam è berlusconi] , ma anche a l’Unità, il fu quotidiano di Gramsci, quella degli articoli anti -Travaglio e al Corriere della sera dove scrivono, fra gli altri, gl’illuminati  Ostellino e Battista, esperti nei rovesciamenti di frittate, nessuno ne avrebbe scritto e parlato. 
In un paese normale ma soprattutto sano, nessuno è intoccabile né deve essere intoccabile, un giornale serio non organizza campagne di difesa della libertà in base a chi la mette in pericolo ma lo fa SEMPRE.
Se una porcata la fa la Severino non fa meno schifo di quelle che sarebbe piaciuto fare ad Al Fano.

Anzi.
Prima lo capiscono anche i Pigì, gli Ostellini, gli Scalfari e compagnia “calmierante” meglio è. 
Soprattutto per loro e per la loro reputazione, se le parole hanno ancora un significato.

 La presidenza della repubblica pensa che sia utile un’azione disciplinare contro i Magistrati di Palermo, colpevoli di fare il loro dovere e cioè INDAGARE? ecco, facciamo così allora:  io penso che ce ne vorrebbe una per ogni politico che tradisce il mandato dei suoi elettori non facendo quel che promette di fare, una per ogni politico che ruba, corrompe, abusa del suo ruolo, una per ogni politico amico della mafia o mafioso in prima persona, visto che questi non sono i doveri della politica ma per quella italiana sono sempre stati  la priorità.

E anche una nei confronti di chi per ruolo  dovrebbe stare al fianco della Magistratura, non farle la guerra per salvare la sua immagine, non certo quella dell’istituzione che rappresenta.

I presidenti  passano ma per loro resterà il giudizio della Storia.

E quello per fortuna non è soggetto a nessuna azione disciplinare.

La concessione del telefono
Marco Travaglio, 7 agosto
Massima solidarietà ai redattori del Corriere che, non bastando Piero Ostellino il sabato (giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato Ostellino), devono pure mettere in pagina ogni santo giorno le amenità di Pierluigi Battista (urge intervento dell’Ordine, o almeno del Cdr, per riconoscere ai malcapitati una doverosa “indennità Battista”). Ieri qu esto pozzo di scienza s’è avventurato, come spesso purtroppo gli accade, nel terreno del diritto. Con risultati rovinosi, soprattutto per sé. Ha sostenuto che “Travaglio si improvvisa incontinente inventore di formule giuridiche”: tutto perché ho osato ricordare che, fra i soggetti “terzi” coinvolti in intercettazioni, ci sono pure le “persone non ancora indagate” ma che presto lo saranno. Ossia — chiosa spiritoso il Ballista — “potenzialmente tutta l’umanità”. Freddura senz’altro pregevole, se non fosse che quella è esattamente la condizione in cui s’è trovato Mancino, intercettato quand’era solo testimone e solo dopo indagato per falsa testimonianza.  Non contento, il nostro giurista per caso ironizza sul “clima bollente” e il “calore africano” che mi avrebbe obnubilato la mente portandomi a scrivere che, se i costituenti avessero voluto vietare di intercettare il capo dello Stato, l’avrebbero scritto nella Costituzione: invece non lo scrissero, ergo il Presidente è intercettabile indirettamente (su telefoni altrui) e direttamente (se commette reati al di fuori delle sue funzioni). Secondo Ballista, l’assenza di accenni nella Costituzione alla non intercettabilità del Presidente si spiega così: “Nella seconda metà degli anni 40, senza telefonini e apparecchiature sofisticate”, i costituenti non potevano “parlare d’intercettazioni telefoniche come ne parliamo oggi” perché impossibilitati a “predire il futuro”. Battutona da scompisciarsi. Purtroppo al noto esperto del nulla sfuggono alcuni dettagli.  1) Le intercettazioni telefoniche non si fanno solo sui telefonini, inventati negli anni 80 del secolo scorso, ma anche sui telefoni fissi, inventati da Antonio Meucci fra il 1854 e il 1871 con buona pace di Ballista, convinto che nel 1948 si comunicasse con i piccioni viaggiatori, i messi a cavallo, i segnali di fumo e i messaggi in bottiglia lanciati in mare.  2) Il primo Codice di procedura penale a prevedere e disciplinare le intercettazioni telefoniche è quello del 1913, che ne attribuiva la facoltà alla polizia giudiziaria, al giudice istruttore e al Procuratore del Re; norma poi ripresa dal Codice Rocco del 1930.  3) Nel ventennio fascista il passatempo preferito dei capi della polizia (come il celebre Arturo Bocchini) e dell’Ovra era quella di intercettare i telefoni degli oppositori e dei gerarchi in odor di fronda, su su fino allo stesso Mussolini (se sapesse almeno leggere, Ballista troverebbe ottimi libri con le trascrizioni delle telefonate dei capi del regime, nonché quelle fra il Duce e la Petacci, conservate all’Archivio di Stato).  4) I padri costituenti, nella Carta del 1948, non si occuparono dell’immunità da intercettazioni non perché non esistessero telefonini e apparecchiature, ma perché all’art. 68 avevano già previsto l’autorizzazione a procedere per processare o privare della libertà personale i membri del Parlamento. Nulla del genere scrissero per il presidente della Repubblica, processabilissimo e privabilissimo delle libertà personali nel caso di reati commessi al di fuori delle sue funzioni: anche oggi il nuovo art. 68 richiede l’autorizzazione delle Camere per le intercettazioni (non più per i processi) ai parlamentari, ma non al Presidente: bisogna farsene una ragione. Ora, noi comprendiamo lo sbigottimento del Ballista nell’apprendere queste notizie tutte insieme, lui che non ne ha mai avuta una in vita sua e, se per caso l’ha avuta, fu a sua insaputa ed era sbagliata. Però, alla sua età, è venuto il momento che qualcosa lo sappia.

Dopo i 40 anni – diceva Dostoevskij, quello dell’Idiota – ciascuno è responsabile della faccia che ha. 
E anche delle cazzate che spara.