Il bersaglio grosso

“Fermo restando l’elementare sentimento di umanità, che però vale per tutti, dovremmo tutti quanti rivendicare il sacrosanto diritto, se non all’odio, almeno all’indifferenza”. Marco Travaglio, 8 gennaio 2014  [Ma l’amore no ]

A me non pare di leggerci nessuna apologia violenta né istigazione semplicemente perché non ci sono, ma per capire ci vorrebbe un cervello che fa il suo mestiere, non ottenebrato dal pregiudizio e sì, dall’odio.

Nel panorama pietoso del giornalismo italiano non c’è nessuno insultato quanto Marco Travaglio: nemmeno sallusti, al servizio di un delinquente per sentenza ed egli stesso condannato da un tribunale alla galera, non ad una sanzione come a molti giornalisti capita essendo questo un rischio del loro mestiere.

Nel dibattito politico parole come odio, amore non c’entrano nulla. Ce le ha portate berlusconi per contribuire a destabilizzare, per far credere alla gente che uno come lui, un delinquente per natura come recita il primo grado del processo Ruby sia uno che ama e che merita amore mentre quelli che non vogliono avere a che fare coi delinquenti, politici e non, siano invece quelli che odiano. L’operazione di lobotomia è  perfettamente riuscita a quanto pare, se c’è così tanta gente che pensa che al di fuori della politica non debba esistere un diritto anche a poter detestare qualcuno in santa pace. O, come appunto ha ben scritto Marco Travaglio, a potersene fregare serenamente di quello che capita a dei perfetti estranei coi quali non si è diviso nulla.

***

Scrivere e dire quello che si pensa davvero, che succede davvero e non quello che pensano gli altri o che agli altri farebbe piacere leggere, sentire o che non sia mai esistito non è la cosa più facile da fare. Questo io lo so bene e spesso l’ho pagato anche in termini di solitudini avendo perso per strada tanta gente che però non rimpiango affatto. In questo bel paese strozzato da varie ipocrisie e abitato da gente che non si arrende nemmeno di fronte alle evidenze: vent’anni di berlusconi sono la dimostrazione pratica di quello che dico, dovrebbero aver spiegato e chiarito molto bene tante cose. Ma evidentemente c’è un sacco di gente che ha bisogno di sentirsi rassicurata e chiudersi in quel comune sentire che io ritengo devastante soprattutto per la cultura. L’onestà di pensiero si raggiunge facendo prendere aria alla mente, guardando alle cose con curiosità e col giusto grado di sospetto, ma mai col pregiudizio. Perché i pregiudizi sono la morte dell’onestà intellettuale.

La critica ci sta, l’antipatia pure, verso il pregiudizio nulla si puote, ma la diffamazione è una cosa seria. E se su una pagina pubblica di facebook si stravolge il senso delle parole per diffamare qualcuno non penso sia legittimo poterlo fare. In ogni caso sputtanare gli imbecilli è un giochino da bambini, bisognerebbe farlo più spesso, è utile e divertente. 
Io non vado mai a discutere sulle pagine pubbliche di facebook perché le trovo confusionarie, nessuno legge mai quello che scrivono gli altri e non c’è discussione ma solo confusione, ieri l’ho fatto perché  le questioni di principio mi interessano sempre e molto. 
Travaglio è un giornalista col suo stile che può piacere e non piacere, questo non autorizza nessuno a distribuire i suoi insulti giornalieri a Marco Travaglio. 
Basta non leggerlo per non farsi venire il sangue amaro. Travaglio non è alla portata di tutti. Per comprenderlo ci vuole intelligenza, ironia e assenza di pregiudizi. E conoscere il minimo indispensabile di storia di questo paese per poter stabilire se quello che dice e scrive è vero o falso: generalmente è vero.

E se Travaglio scrive che esiste un diritto all’indifferenza: io penso che ci sia eccome anche quello all’odio, così come esiste quello all’amore e a un sacco si altri sentimenti, non gli si può mettere in bocca e sulla tastiera quello che non ha mai detto e scritto.

Nella frase incriminata e che continua a viaggiare in Rete col solo scopo di screditare ancora e ancora Marco Travaglio non c’è nulla di disdicevole né di violento, ma il bersaglio grosso è sempre una tentazione irresistibile per molti e non importa poi il motivo dell’attacco, anche inventarsi una balla qualunque va bene, e il popolino bue, ignorante, disinformato dei social network;  e non si capisce che cazzo ci stia a fare h24 in Rete, quello del mi piace compulsivo clicca, condivide e insulta.  facebook dovrebbe servire a condividere informazioni esatte, non balle e nemmeno insulti. Internet può trasformarsi davvero in un’arma impropria, se usato male.

Anche se con fatica io continuo a pensare che la mia libertà di non scrivere idiozie, falsità insultanti valga purtroppo quella degl’imbecilli che non conoscono perché non sanno e non gl’interessa sapere.  

Quando il pregiudizio, la critica offensiva vengono espressi da gente che non sa si possono leggere in chiave pietosa. Chi non sa per sua scelta, una scelta di ignoranza consapevole e l’unico modo che conosce per relazionarsi con gli altri è l’insulto ha sempre torto. Ma quando gli stessi concetti vengono espressi da persone a cui si dovrebbe riconoscere una certa superiorità intellettuale io mi preoccupo. In questo paese manca un senso comune di solidarietà verso il giusto. E manca perché nella ricerca del giusto va a finire anche quello sbagliato che però qualcuno riteneva che non lo fosse. Travaglio è antipatico e inviso perché non guarda in faccia nessuno, e anche l’accusa al Fatto di essere filogrillino è abbastanza patetica. Le critiche ai 5stelle e a Grillo  sono arrivate anche da lì, da lui, da Scanzi e da altri. Ma siccome erano critiche giuste e motivate, non il solito attacco sulla base del pretesto come quello che fa giornalmente la maggior parte della cosiddetta informazione, non se n’è accorto nessuno e si continua a parlare e a scrivere per luoghi comuni, falsi.

Così com’è altrettanto falsa la leggenda che nella famosa puntata di Servizio Pubblico berlusconi abbia ricevuto un trattamento di favore con un atteggiamento servile da parte di Santoro e Travaglio: ma il pregiudizio è come l’invidia: acceca e impedisce di riflettere con cognizione di causa. 

Nei paesi civili è più difficile rilanciare balle dai social network perché l’informazione ufficiale ne scrive di meno. Qui il progetto di annientamento dell’informazione più libera e meno dipendente dai poteri è chiaro ormai da un pezzo. E c’è gente che ci gode perché pensa poi di stare meglio senza Travaglio e senza Il Fatto Quotidiano. Mai visto personalizzare così la critica verso un professionista che, sia chiaro, è criticabile come tutti ma non insultabile come solo a lui accade. Cosa che produce il risultato di rendere meno credibili o per niente anche quelle critiche giuste che gli si muovono. A me neanche piace sempre né ne condivido sempre gli scritti però gli va riconosciuta un’onestà che in pochi nel suo ambiente hanno. Se avesse avuto davvero delle mire estranee al puro piacere di svolgere il mestiere di giornalista oggi sarebbe probabilmente a dirigere un quotidiano che già c’era, non avrebbe avuto bisogno di pensare ad uno nuovo perché gli altri erano diventati inaccessibili per lui. E magari al posto di vespa cinque sere a settimana su Raiuno ci sarebbe lui, ma la gente questi semplici ragionamenti non li fa.

Le cose che si scrivono e si dicono andrebbero provate, altrimenti si chiamano diffamazione e calunnia. Di vero c’è che Travaglio è stato cacciato dall’Unità insieme a Padellaro e Colombo, oggi tutt’insieme al Fatto Quotidiano. Stessa sorte toccata a Concita De Gregorio che da direttore di quel fu giornale è dovuta tornare a fare la semplice editorialista a Repubblica. Il resto, balle. Maldicenze gratis e a pagamento.

 

 

Che brutta fine ha fatto La Repubblica [ma anche i dintorni non scherzano]

Premessa: Meno male che Travaglio a ottoemmezzo ha detto che voterà anche Ingroia, così almeno si smetterà di  dire che Il Fatto Quotidiano è diventato  house organ del MoVimento.
Paese di chiacchieroni disinformati e che giudicano sempre sulla base del pregiudizio personale. Gente che non apre un libro e un giornale e poi pretende di sapere qual è il pensiero del giornalista, dello scrittore o dell’intellettuale e criticarlo, anche.

E non mi riferisco solo a Marco Travaglio.
Lui ha sempre dichiarato per chi avrebbe votato, la volta scorsa ha scelto l’IDV, perché – lo ha detto mille volte – vota sempre chi sta dalla parte opposta di berlusconi.
Se l’avessero fatto anche a sinistra e centrosinistra, se fossero stati anche loro SEMPRE, davvero e coi fatti dalla parte opposta di berlusconi oggi questo sarebbe un paese non dico normale ma molto più tranquillo di quel che invece è.

“Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case
e ci parla direttamente
e se una radio è libera
ma libera veramente
mi piace ancor di più
perché libera la mente.”

Sottotitolo:  “Che brutta fine. Signora mia che brutta fine. Ma che brutta fine ha fatto Repubblica.

Una volta raccontava fatti, dava notizie e su questi creava una pubblica opinione.

Adesso pretende di cementare un’opinione, peraltro tragicamente autoreferenziale, raccontando ciò che vorrebbe che fosse.

Berlusconi è cattivo.
Il Capo allo Stato è intoccabile.
Monti è bellissimo, dice il Fondatore.
Monti è meno bello se attacca Bersani, dice il Fondatore.
Monti torna ad essere bello se non attacca Bersani, dice il Fondatore, ma a una certa età, si sa, gli umori variano.
Merlo disegna merletti.
Serra cesella.
Ehi, ma è l’Europa che ce lo chiede. [Tor Quemada]

Anch’io amo la radio, in modo viscerale, non ci sono cd o compilation dello stesso autore che mi affascinano quanto ascoltare la radio, la mia radio, che è “mia” da più di quindici anni, sempre la stessa, perché la sua collezione musicale è la migliore in assoluto per me, perché dentro ci sono persone preparate, professionali, adorabili, e quando entrano nella mia casa, prima del primo caffè del mattino, è come se fossero persone di famiglia.

Mi sono abituata alle loro voci, aspetto lo speaker che mi racconta le notizie e il dj con le sue proposte musicali, sempre perfette, e ora, grazie a facebook e twitter è anche possibile accostare un volto, a quelle voci,  scambiare con loro un saluto, una battuta spiritosa senza la necessità che si liberi una linea telefonica per farlo.
Quindi il rapporto si è fatto ancora più stretto.

Ma, e lo dico a malincuore e con tutto il mio affetto non mi piace la mia radio da quando si  è trasformata in house organ di partito: il PD.

Come non mi piace nessun giornale od organo di informazione che si trasformano in cavalier serventi, maggiordomi, mettendosi al servizio della politica, nei paesi normali si fa proprio e solo il contrario.

Conosco tanta gente che non è di sinistra ma pur di togliersi dalle balle berlusconi alle scorse  elezioni  ha votato per il centrosinistra – non per una questione di utilità come piacerebbe a molti che si facesse ora – ma perché stanca e stufa di farsi rappresentare da lui e quelli come lui.

Essere di sinistra non fa parte del patrimonio genetico, ogni scelta personale fa parte di un percorso individuale privato derivante dal proprio vissuto, dalle proprie esperienze, dalla propria cultura.
E, fino a prova contraria, anche la politica rientra nella categoria delle scelte personali e della propria libertà di pensiero.

Quindi, escludendo i fascisti e i cosiddetti berlusconiani che in quanto tali hanno dimostrato e dimostrano di non avere acquisito il minimo indispensabile di quella cultura che li farebbe essere diversi e non sono stati in grado di fare delle scelte ma hanno preferito farsele fare – ché pensare in proprio è un esercizio che richiede un certo impegno e volontà – credo che ogni orientamento politico che non abbia in sé un’idea di totalitarismo, limitazione, privazione dei diritti civili e delle libertà sociali e personali debba essere non solo tollerato ma proprio accettato, e con rispetto.
Ora, con tutto il rispetto per quel che resta di Repubblica [il quotidiano] e di certi suoi dintorni [Radio Capital] quello che voglio dire è che è diventato abbastanza ridicolo questo corpo a corpo ingaggiato non col M5S ma con Beppe Grillo in persona.
Faccio fatica a pensare che Vittorio Zucconi,  un distinto signore di mezz’età, un professionista esperto di politica nazionale e internazionale che scrive articoli e viene invitato in qualità di ospite autorevole nei talk show abbia trasformato in una questione personale, in una missione, quella che dovrebbe essere una discussione politica pre elettorale il più possibile serena e non una continua istigazione.

Un giornalista esperto questo lo sa.
Perché non si può stare tutto il giorno a scrivere nei social network che Grillo si è messo le dita nel naso, non si lava i denti dopo pranzo e magari, stando tutto il giorno in giro per le piazze e non al caldo e al comodo di uno studio televisivo o radiofonico, gli puzza pure l’ascella senz’aspettarsi poi che a qualcuno venga il dubbio che si esageri apposta per mettere in cattiva luce la persona.
Tutto questo non è professionale, non è serio, non è giornalismo, ma – soprattutto – l’unico effetto che produce è quello contrario come è già successo con e per berlusconi, che anziché essere attaccato nel merito delle sue enormi responsabilità giudiziarie, politiche, anziché rinfacciargli ogni giorno di aver distrutto anche l’idea di moralità e di etica viene accolto [ancora!] come fosse davvero uno statista in grado di realizzare sul serio tutte le balle di cui va cianciando urbi et orbi da settimane.

Che poi sono le stesse che racconta da quasi vent’anni.

Senza contare poi che questo stravolgimento di una linea editoriale che, fino a qualche tempo fa era assolutamente rispettabile comporta anche una diminuzione  di lettori/ascoltatori e quindi rischia anche di provocare una perdita in termini economici.

Tanta gente, come me, ha smesso di acquistare Repubblica, da quando è diventato un giornale illeggibile, inguardabile per aver scelto di essere  funzionale ad un presidente della repubblica che talvolta ha dimostrato di tenere più a se stesso che alla repubblica, e adesso, dopo un anno di riverenze al governissimo che fa benissimo, al partito del voto utile.


Come scrivo ormai da mesi io non voterò il MoVimento, ma il mio nemico non è Grillo: i miei nemici sono Monti e berlusconi e chi non ha ben chiaro in mente che questo paese senza la realizzazione concreta, la messa in pratica di un’uguaglianza vera e di conseguenza di quei diritti civili che vengono negati, ignorati per vigliaccheria, per non inimicarsi il vaticano che ha scelto di essere nemico di tutti ma che la politica invece tiene sempre e troppo in considerazione concedendogli pelle e quattrini, i nostri e non i suoi, non sarà MAI un paese civile.
E, giusto per cambiare argomento ché sempre lo stesso alla fine annoia si potrebbe parlare di questo, a Repubblica e dintorni.

Inform’azione

Sottotitolo: Oscar Giannino ieri sera a Ballarò su berlusconi: “chiedete a una donna se desidera restare con un uomo che la tradisce da 18 anni…”[se è una povera idiota sì, è pieno di donne così].

Premessa: in questo paese un giornalismo vero, una libera informazione vera  non ci sono non solo per colpa di b, del conflitto di interessi, della politica che s’infila in ogni dove, nei consigli di amministrazione dei quotidiani e della tv di stato e detta la linea più opportuna al suo tornaconto personale e- appunto – politico. Non ci sono anche perché troppa gente, non avendo la minima idea di che significa informare, di quanto sia importante, fondamentale, per costruire una vera democrazia, non li pretende, non le interessano.

Se Floris ieri sera intervistando berlusconi è stato all’altezza della situazione mi fa piacere, non lo considero il top del giornalismo ma lo stimo,  penso che meriti una lunga carriera luminosa e che abbia la possibilità di svolgerla a lungo  oltre l’incubo berlusconi; sparito lui in questo paese tutto funzionerà meglio, ma non faccio certamente esplodere i fuochi d’artificio, perché un giornalista dovrebbe essere SEMPRE all’altezza della situazione.
E quello che mi dà enormemente fastidio è aver letto il paragone fra lui, Santoro e Travaglio [siamo italiani mica per niente].
Prima di tutto perché io non sono affatto convinta che Santoro e Travaglio nella famosa e ipercriticata puntata di Servizio Pubblico abbiano trattato berlusconi con cortesia, in secondo luogo perché non sono MAI stata convinta di quello che sento dire da vent’anni e cioè che Santoro sia stato funzionale a berlusconi [se qualcuno opera e agisce a mio favore non lo trasformo nel mio peggior nemico, lo metto sul comodino vicino all’abat jour e guai se si muove da lì: non bisogna farsi venire nemmeno un’ernia al cervello per arrivare a questa semplice conclusione]; così come non è vero che Travaglio, come da luogo comune ormai incistato in una certa sottocultura popolare espresso perlopiù da chi non ha mai aperto né letto nessuno dei suoi libri e giudica in base al pregiudizio e all’antipatia per la persona, si sia arricchito parlando e scrivendo “male” di berlusconi, forse perché i suoi libri io li leggo da vent’anni e so che c’è scritto dentro. E, quando parla ascolto quello che dice.
Così come non mi ha fatto piacere per niente ieri sera leggere un twitt del direttore Zucconi [Repubblica e Radio Capital] dove scriveva che “Santoro è uno showman e Floris un giornalista”. Mecojoni! direbbero a Bolzano, davvero ci vuole un’intervista, una una tantum per elevare così tanto  un giornalista sì bravino, sì ammodino [certe volte pure pure troppo], per trasformarlo in un totem del giornalismo? dov’era Zucconi quando Santoro trasmetteva sotto le bombe sul ponte di Belgrado gentilmente inviate dal suo amichetto d’alema?
Premesso che a me piace la critica e anche la polemica, quando non è finalizzata alla demolizione [a meno che non si tratti di berlusconi, essendo lui un’anomalia non si può trattare come chi anomalo non è],  non mi piace però  quando ridicolizza o mette un accento esagerato sugli sbagli dei nuovi movimenti che si sono formati ora, trovo che sia una forma di propaganda nemmeno troppo sottile. E scorretta, soprattutto.

Perché un conto è informare e un altro cercare di convincere la gente che quel partito di cui si evidenzia l’utilità, che secondo molti di quegli opinionisti  à la carte, quelli sempre pronti a saltellare ovunque si senta odore di potere sia l’unico da votare, sia il migliore di tutti, ben sapendo, invece, che anche in quel partito le contraddizioni e gli errori si sprecano, ed essendo un partito formato da professionisti della politica non dovrebbe essere così, per questo si dovrebbe essere meno severi e sarcastici con chi professionista non  è. 
Far notare comunque gli errori e le contraddizioni ma senza svilire, prendere in giro, perché dietro quei movimenti c’è una base di gente semplice che lavora, s’impegna e ci crede.
Rivoluzione Civile non è solo Ingroia, il MoVimento non è solo Grillo verso il quale gli house organ del pd – Repubblica in testa –  hanno aperto uno scontro frontale da mesi ripetuto e reiterato. Di lui si contano perfino i peli al naso, per Bersani il trattamento è diverso anche quando non dice le cose che la gente si aspetterebbe da un leader che si appresta a guidare il paese.

Ho sempre pensato che non ho nulla in contrario al giornalismo schierato, che è sempre meglio sapere con chi si ha a che fare, ecco perché mi piacerebbe che quando uno o più giornalisti si schierano facessero comunque delle analisi oneste, senza pregiudizi, senza cercare di dire alla gente che un partito è meglio di un altro.
Perché escludendo l’anomalia berlusconi, tutti meritano lo stesso rispetto.
E chissà perché invece di polemizzare inutilmente, di screditare dei colleghi, certi autorevoli “vecchi” del giornalismo non si domandano perché Bersani da Floris c’è andato, ci va e a Servizio Pubblico invece no, non ci vuole proprio andare.

Sto partito qua
Marco Travaglio, 6 febbraio

Anche se lui negherà sempre, pure sotto tortura, pare quasi che Massimo D’Alema legga Il Fatto. L’altro giorno ha detto che il Pd deve iniziare a fare campagna elettorale, mentre finora ha pensato di aver già vinto le elezioni e preferito parlare di alleanze dopo le urne e spartirsi i posti del futuro, sempre più immaginario, governo. È quello che scriviamo da due mesi. Se si domanda a un normale cittadino che cosa ricorda di ciò che han detto in campagna elettorale Bersani, Monti, Ingroia, B. e Grillo, la risposta è: di Grillo ricordo quasi tutto, di B. molte cose, di Ingroia qualcosa, di Monti poche cose, di Bersani niente (a parte che vuole sbranare chi accusa il Pd per Montepaschi, così anche i pochi che lo ritenevano estraneo capiscono che c’è dentro fino al collo). Magari Bersani avrà detto anche cose giuste e sensate, ma nessuno se n’è accorto. Perché non parla: biascica, bofonchia, borbotta masticando il sigaro. Non finisce mai le frasi. ‘Sto paese qua, mica siam qui, ‘ste robe lì. Una pentola di fagioli in ebollizione. Nei servizi dei tg appare sempre in contesti improvvisati e improbabili, tristi e desolanti, nulla che buchi il video e colpisca l’immaginario della gente. La retorica da culatello, piadina e squacquerone ha stufato. I proverbietti fanno pena. Infatti l’altroieri ha fatto meno ascolti a Piazzapulita di Renzi a Ottoemezzo. Ieri, con l’aria del trascinatore di folle (adesso vi faccio vedere io), ha lanciato l’idea di “un patto a Monti”. Sai che goduria. Politichese vecchio e muffito: i tavoli, gli assi, i patti, le convergenze, il dialogo, il riformismo, i progressisti e i moderati, i problemi sul tappeto. Eppure di cose da dire — chiare e semplici, comprensibili e popolari, persino vere — ce ne sarebbero a bizzeffe. Basta guardarsi intorno, interpellare il primo che passa per la strada o al bar. La casta, per esempio: chi parla più dei costi della casta? Antonello Caporale, sul sito del Fatto , suggerisce una proposta di tagli radicali alle spese folli delle cinque funzioni amministrative sovrapposte: Europa, governo, regioni, province e comuni. “Cinque livelli di spesa che si spartiscono 800 miliardi l’anno”. Ridurle almeno a quattro, facendola finita con le regioni o con le province, significherebbe tagliare le poltrone e i relativi bancomat. Un’altra idea viene dall’annuale relazione del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino sulla “corruzione sistemica”, collegata al nero dell’evasione e delle mafie, che sottrae all’erario centinaia di miliardi e costringe i governi a tassare sempre di più una popolazione già allo stremo bloccando ogni barlume di sviluppo e di crescita. Basterebbe ammettere che la legge anticorruzione Severino è una boiata pazzesca e promettere di sbaraccarla per farne una nuova che punisca duramente (con la galera) corrotti, corruttori, concussori, evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori (anche in proprio con l’autoriciclaggio), abusivisti, ma anche chi compra voti dalle mafie in cambio di favori. Invece anche su questo fronte si balbetta, temendo l’accusa di giustizialismo che, soprattutto di questi tempi, non fa perdere un voto, anzi ne fa guadagnare parecchi. Anziché inseguire le balle quotidiane di B. per strillare e smentire, perché non prenderlo in contropiede e sfidarlo a dire sì o no a un programma “legge e ordine”, con carcere assicurato a chiunque sottragga denaro alla collettività? Basterebbe una parola chiara, e l’alleanza con Ingroia sarebbe cosa fatta. Invece il prontuario dei candidati Pd, con le rispostine precotte da dare alle eventuali domande di giornalisti o cittadini, fa cascare le braccia. Su corruzione ed evasione (per non parlare dell’elusione, chiamata “eluzione”), 4-5 righe di banalità. E sulla controriforma Fornero si legge testualmente: “Noi non intendiamo toccare la riforma dell’articolo 18 nella formulazione alla tedesca”. Ottima risposta per le elezioni in Germania. Per l’Italia, c’è tempo.

Uno strepitoso Crozza nell’imitazione di berlusconi: “mi davano tutti per morto, ho sparato tre cazzate in cinque giorni e ora sono tutti in paranoia”.

Passer(à) anche questo [speriamo]

Sottotitolo: “Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent’anni fa” .
Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io.” { Licio Gelli, 28 settembre 2003 }

In questo paese anche il concetto di “turn over” si applica ad personam.
Per smantellare la procura di Palermo e rendere ancora più complicata l’azione antimafia è buono, per fare un repulisti come si deve in parlamento, no.
Nell’unico ambito in cui un ricambio è necessario, igienico e salutare al turn over, chissà perché, non ci ha pensato mai nessuno.
Evviva, come sempre, l’Italia.

Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover

Preambolo: c’è trattativa e trattativa.
Con le BR no, con tanti saluti ad Aldo Moro, con la mafia sì.
Sarebbe carino se sul sito del Governo pubblicassero un elenco dei possibili interlocutori, così poi ci  si regola.

Strepitoso  Travaglio che in una pagina e mezza di giornale ieri  ha smontato tutta la commedia degna del  peggior Teatro de’ servi sceneggiata e prodotta dalla premiatissima ditta «Eugenio Scalfari: un uomo molti perché».

Dal primo all’ultimo {speriamo} atto.

Non riesco a capire perché “La Repubblica” non sia stata  abbandonata da quelle firme che hanno ancora un’idea degna del giornalismo.

Povero D’Avanzo, che delle inchieste di mafia aveva fatto una delle sue ragioni di vita.

Troppo facile, per un quotidiano che vuole definirsi prestigioso  scrivere per settimane, mesi, per anni  quasi esclusivamente del mignottificio di Hardcore.

Allora valeva tutto, domande,  post-it, dossier, “speciali” mandati in onda in diretta  e in replica dalle radio associate al Gruppo Espresso.

Per SM Re Giorgio, invece,  su qualcosa si puó sorvolare e dimenticarsi del proprio professionismo.

Ragion di stato: “robba forte”.

“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia

Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone.

Famiglia Cristiana attacca il Meeting: “Cl applaude soltanto i potenti”

Dalle colonne del settimanale cattolico l’attacco alla kermesse ciellina che fa più male: “Cossiga, Andreotti, Craxi, Formigoni: applausi per tutti a prescindere da ciò che dicono. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. Non c’è senso critico, ma omologazione”.

Corrado Passerella
Marco Travaglio, 22 agosto

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro “tutta la classe dirigente italiana” che “non risolve i problemi della gente” e “suscita indignazione”. Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l’ha mai negato a nessuno, anch’essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi). Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all’affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L’altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che “l’uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare”. Altrimenti l’uscita è lontana.  Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D’Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni). Il “nuovo Passera” uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che “bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse,  una vera zavorra, fra le più alte al mondo”. In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: “Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?”. Lì invece l’hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un “decreto per la crescita” che avrebbe addirittura “mobilitato risorse fino a 80 miliardi”, ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto “sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata”. Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l’ha invitato agl’imminenti, imperdibili “Stati generali del Nord” in programma a Torino, ha aggiunto: “Dobbiamo riprendere il federalismo”. Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché “il Meeting porta fortuna” e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene “improbabile” un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno. Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l’incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l’accento).

Trattativa prêt-à-porter

   

Sottotitolo: Certo che ne passano di schifezze al meeting di comunione e fatturazione [cit. Don Gallo]. La politica già fa schifo di suo, ma quella vicina al vaticano è la più pericolosa. Per eventuali chiarimenti  sul perché rivolgersi allo (s)governatore lombardo. Mai vista tanta gente sobria, elegante, professionista e professionale, temere le intercettazioni come un utilizzatore finale qualsiasi.  

Mettere poi sullo stesso piano intercettazioni e corruzione equivale al concetto di omosessuale= pedofilo.

Ma chiaramente nessuno fra il giornalismo illustre farà caso a questa bazzecola.
Passera è sempre indagato, vero?
Appunto.

Mentre il ministro [indagato per frode fiscale] Passera si occupa di intercettazioni, il suo collega agli affari esteri non tocca di un euro gli emolumenti principeschi dei suoi colleghi ambasciatori.  Equità come se piovesse e Italia paese laico una cippa.
E’ vero, la Costituzione ha bisogno di essere restaurata, bisognerebbe togliere tutti quegli articoli che parlano di cazzate quali uguaglianza, leggi uguali per tutti, del lavoro come un diritto e non un privilegio di caste e sottocaste che certo non dovranno mai preoccuparsi di non percepire stipendi e pensioni; e, cosa più importante, a questo punto sarebbe opportuno anche rendere legali mafie e corruzione, visto che chi le combatte è considerato un sovversivo e visto che TUTTI i governi hanno sempre indebolito chi alla mafia e alla corruzione si è opposto anche a prezzo della vita. Così Scalfari ci risparmia i suoi articoletti, Rondolino non chiede più di chiudere la procura di Palermo, Violante la smette di insultare i suoi ex colleghi che adesso avranno capito per quanto tempo si sono tenuti la serpe in seno.

Io però poi voglio anche la marijuana, legale, famo a capisse.

Dunque Eugenio Scalfari ci fa sapere che ci sono trattative e trattative.

Alla sua veneranda età vorrebbe convincere quegli italiani che – coraggiosamente – sotto la canicola africana affrontano la lettura dei suoi editoriali che ci sono come dire? situazioni e situazioni, e che i governi di uno stato serio devono poter scegliere qual è il male minore in presenza di una o più minacce per quello stesso stato.  Solo la frase ” love of my life” ormai relegata nello stanzino delle scope e degli stracci della Storia  sembrava dare  soddisfazione al gran pezzo di giornalista.

Se non ci sono le mignotte parte del giornalismo di Repubblica  non si eccita. Soffre di una strana forma di depravazione intellettuale.

Volevo timidamente dire all’anziano voltagabbana, all’inventore delle battaglie per la libertà di espressione à la carte [quello che andava bene per berlusconi per Giorgio The King è inammissibile] che quando si tratta di mafia alternative non ce ne dovrebbero essere, in un paese NORMALE i ladri fanno i ladri, gli assassini gli assassini e le istituzioni, le istituzioni.

Avere un’opinione diversa, pensare che in certe occasioni va bene sedersi a tavola coi ladri e con gli assassini non significa cercare di evitare il male peggiore, a casa mia si chiama connivenza, complicità, si chiama rendersi ricattabili da una criminalità consapevole che nel momento del bisogno pezzi dello stato si faranno sempre trovare disponibili a trattare, e poco importa se questo significa tradire la fiducia dei cittadini che di quelle istituzioni invece, vorrebbero potersi fidare.

Napolitano non è al di sopra della legge esattamente come non lo è berlusconi, anche se in tutti questi anni la politica, tutta, ha lavorato incessantemente per farcelo diventare.

 Evidentemente la nuova (probabile?) alleanza del PD con l’UDC ex partito alleato di berlusconi e il comportamento assai discutibile di Napolitano impongono a Repubblica una nuova e diversa linea editoriale: sono lontani anni luce ormai i post it contro tutti i bavagli. Oggi il bavaglio va bene alla destra, al centro, alla presunta sinistra e pure a Scalfari.

Approvare, giustificare, far diventare un atto istituzionale legittimo e normale la trattativa stato mafia è rivoltante quanto chi blatera di “ragion di stato” per giustificare e proteggere gli autori delle stragi fasciste, quanto chi promette giustizia e verità  sui cadaveri dei morti ammazzati e sui loro altari ai familiari delle vittime di stragi di mafia ben sapendo che quella giustizia non potrà mai arrivare perché la trattativa non la prevede.

Sono proprio contenta di aver smesso di comprare La Repubblica da parecchie settimane, perché  Scalfari il complice lo può fare se vuole, se ritiene che sia giusto, ma non con i  miei soldi.  

La coscienza civile applicata alle cose dei tutti i giorni è la migliore strategia per non rendersi complici inconsapevoli di questo ridicolo regimetto che è l’Italia.

Quando, quindici anni fa scrivevo e dicevo che non compravo nulla targato Mondadori molta gente si straniva, come se non si potesse fare a meno di Chi dell’ottimo Signorini, di Panorama, di Sorrisi e Canzoni e di tutta la porcheria stampata per conto dell’ex tizio, strumenti di propaganda ben peggiori dei fogliacci diretti da feltri, belpietro e sallusti nonché del Foglio del moltoebbasta ferrara.

L’ex magistrato e presidente della Camera: «L’inchiesta sulla possibile trattativa tra Stato e mafia? C’è un populismo giuridico che ha come obiettivo Monti e Napolitano»
Ecco un altro campione di obiettività, quello che trattò sottobanco con berlusconi assicurandogli che nessuno avrebbe toccato le sue tv [e infatti nessuno le ha toccate] e quasi si vantò in parlamento che, durante i governi di centrosinistra le ricchezze di berlusconi aumentarono di 25 volte [nel ’93, ora saranno molte di più].
Questa è la sinistra che si contrappone alla destra peggiore presente in parlamento dai tempi del regime di mussolini.

 

Che fine han fatto i giornali e gli editori che un anno fa marciavano con la Fnsi contro il bavaglio targato Alfano? Ora rilanciano a una sola voce gli ukase di Monti che, senza sapere quel che dice, denuncia “abusi nelle intercettazioni” e annuncia la riedizione riveduta e corrotta in salsa tecnica del bavaglio Al Fano. Spariti i post-it gialli, petizioni, mobilitazioni, paginate su “Tutto quello che non avreste saputo e non saprete più”. L’Anm si spinge a definire addirittura “impropria” l’uscita di Monti, ma in un comunicato senza firme, come se si fosse scritto da solo. Zitti il Pd e la presunta sinistra. Comprensibilmente entusiasti Pdl e Udc. Soave corrispondenza di amorosi sensi fra il Foglio, che insulta Zagrebelsky al punto di difendere Scalfari, e la fu Unità, che critica Zagrebelsky per conto terzi (anzi Colle). La fu Unità, poi, attacca con argomenti berlusconiani la gip Clementina Forleo che ha osato, su Facebook, solidarizzare con la collega Todisco aggredita da un governo “illegittimo”. Il che metterebbe “in discussione la terzietà e imparzialità del magistrato”. Quasi che la Forleo avesse fra i suoi imputati il governo. O che i giudici, per esser imparziali, dovessero essere tutti governativi. Come quelli che hanno condannato le Pussy Riot. Piacerebbe, eh? [Marco Travaglio]

Trattativa, Scalfari: ‘Normale in guerra’. E attacca Zagrebelski: applausi da Bondi

Nel suo editoriale domenicale il fondatore di Repubblica risponde al presidente emerito della Consulta, che aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzioni sollevato con la Procura del capoluogo siciliano ( Il costituzionalista, infatti, dando ragione ai pm di Palermo, aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzione sollevato con la Procura del capoluogo siciliano.). Sui pm dice: “Ci sarebbero da esaminare i risultati delle inchieste che da vent’anni si svolgono a Palermo e Caltanissetta e che finora hanno dato assai magri risultati”. E l’ex ministro della cultura paragona le idee del giornalista a quelle di B: “Le opinioni del Cavaliere sostenute da una penna potente”.