Ma davvero serviva il libro di Friedman?

 Ieri sera Friedman  ha spiegato meglio che significa “conflitto di interessi”, quelle tre brutte parole che la politica ormai non pronuncia neanche più. Un conflitto di interessi che non riguarda solo silvio berlusconi. Ha spiegato meglio il perché non si può essere giornalisti indipendenti quando l’editore non è a sua volta indipendente. E che o si fa politica o il manager d’azienda, in special modo quando quell’azienda si occupa di gestione dei media. Questo non diventerà mai un paese normale finché esisteranno i conflitti di interesse che sono il primo problema, ecco perché la politica di tutti i colori non ci mette le mani.

Come tutti i giornalisti indipendenti Friedman pensa che il suo dovere sia quello di informare. Perché col metro del nostro giornalismo non ci sarebbe stato nessuno scandalo Watergate che ha costretto un presidente americano alle dimissioni, ad esempio. Perché qui l’unico giornale che dà le notizie è considerato un covo di manettari giustizialisti faziosi. Gli italiani non sono abituati ad essere informati, ecco perché non pretendono una corretta informazione.

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Friedman racconta le manovre per portare il Professore a Palazzo Chigi già nel giugno 2011 (leggi)

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Friedman gela Vittorio Zucconi: ”siamo amici ma devo darti una lezione di giornalismo in diretta. Forse ti dà fastidio che lo scoop uscito dalla bocca del tuo padrone De Benedetti sia finito sul Corriere della Sera. Tu pensi che un giornalista debba schierarsi politicamente. Ma al contrario un giornalista deve scoprire, indagare, documentare e dopo pubblicare. E quello che accade dopo non è un mio problema”.

“E quello che accade dopo non è un mio problema”.
 Questo è proprio l’ABC del giornalismo.

Per la nostra magnifica informazione da regimi e regimetti invece quello è il primo problema: tutti si preoccupano degli eventuali turbamenti e giocano d’anticipo per evitare dispiaceri all'”eccellenza” di turno. Altrimenti l’Italia non sarebbe al 57° posto NEL MONDO per libertà di stampa e informazione.

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Alan Friedman ricostruisce in “Ammazziamo il Gattopardo” i mesi frenetici che portarono il capo dello Stato a nominare il 9 novembre Mario Monti senatore a vita e ad affidargli il compito di formare l’esecutivo dopo le dimissioni di B. Una manovra iniziata in giugno, prima della grande crisi dello spread. Il presidente della Repubblica risponde all’anticipazione del Corriere della Sera e respinge l’ipotesi di atti irregolari (leggi)

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L’ANALISI – 2011, LA MOSSA DEL COLLE CHE RESUSCITO’ BERLUSCONI (di S. Nicoli)

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“Articolo 59 della Costituzione Italiana

È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.

“Chi è stato”, non chi sarà. Ci sarebbe dunque da chiedersi perché Ciampi invece nominò Napolitano senatore a vita ante Quirinale e perché Napolitano a sua volta nominò Monti [uno a caso] che casualmente dopo qualche giorno avrebbe ricevuto l’incarico di formare il governo “tecnico”. 
Quali sono stati questi altissimi meriti di Napolitano prima e di Monti dopo che hanno permesso che entrambi fossero nominati senatori a vita addirittura in violazione della Costituzione che mette apposta i paletti affinché queste nomine siano destinate a chi se le merita davvero. 

Qui le uniche vittime di un complotto siamo noi, un complotto che dura da vent’anni, iniziato con un mezzo colpo di stato che ha permesso ad un abusivo impostore estraneo alla politica con svariati precedenti soprattutto penali di entrare in parlamento, anche lui in violazione della legge che lo impediva, reiterato e continuato in tutti questi anni. 

Un complotto contro gli italiani ordito da politica e istituzioni che man mano che berlusconi si presentava in tutto il suo splendore confermando che la sua discesa in campo era avvenuta unicamente per risolversi i suoi guai non hanno fatto niente per fermarlo, nascondendosi dietro la balla gigantesca della sua legittimità perché “la gente lo votava”. 

Per far dimettere berlusconi due anni fa, dopo avergli garantito il salvataggio della “robba” ci sono voluti lo spread e la crisi, non gli avvisi di garanzia, i processi, le accuse, le prescrizioni, il bunga bunga, la conferma per sentenza delle sue vicinanze mafiose. E tutto quello che è accaduto dopo, dal 2011 ad oggi, prima col governo tecnico e dopo con quello delle larghe intese voluti e imposti entrambi da un uomo solo e non dal popolo come si fa nelle democrazie è qualcosa di perfino più grave di un complotto. 
Quando si impedisce ai cittadini di poter scegliere i propri rappresentanti in parlamento attraverso libere elezioni, quando per svariate legislature si fanno votare quei cittadini con una legge incostituzionale, quando un uomo solo decide lui da chi deve essere formato il parlamento, quando quell’uomo minaccia e  terrorizza un paese che “o così o la fine del mondo” non è moral suasion, non è pensare al bene del paese, non è garantire la stabilità del paese come dicono e scrivono quelli bravi o quelli molto creduloni: è solo il proseguimento del colpetto di stato avvenuto vent’anni fa. E che farà ora Napolitano, andrà a disturbare anche l’ambasciata americana come già fatto con quella francese per lamentarsi del libro di Alan Friedman, cittadino scrittore e giornalista statunitense? 

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Riccardo Mannelli

IL RE BADANTE – Marco Travaglio, 11 febbraio

Soltanto chi si ostina, a dispetto dell’evidenza dei fatti, a ritenere Giorgio Napolitano un presidente super partes devoto alla Costituzione può meravigliarsi per le rivelazioni del nuovo libro di Alan Friedman Ammazziamo il Gattopardo. E cioè del fatto, suffragato da numerose testimonianze, che Sua Maestà contattò Mario Monti per rimpiazzare Berlusconi a Palazzo Chigi fin dal giugno 2011, ben prima dell’impennata estiva dello spread e della conseguente fuga di parlamentari della maggioranza, che l’8 novembre si ritrovò minoranza alla Camera; l’indomani il Professore bocconiano fu nominato senatore a vita e il giorno 13, subito dopo le dimissioni del Cavaliere, fu incaricato di formare il nuovo governo. I lettori del Fatto sanno bene di che cosa è stato capace Napolitano in questi quasi otto anni di presidenza, dunque sono immuni almeno dallo stupore. Autoinvestitosi della missione di salvatore della Patria e autoassolvendosi di volta in volta in nome di “emergenze” reali o inventate, il capo dello stato di necessità non ha mai esitato a travolgere le regole costituzionali per il nostro bene, o almeno per quello che lui pensava esserlo e invece non lo era. Convinto che l’elettorato sia un bambino immaturo e un po’ scemo da rieducare e accompagnare per mano dove vuole lui, s’è autonominato Badante della Nazione e ha perseguito scientificamente il suo disegno politico a prescindere dal voto degli italiani, e sovente addirittura contro di esso. Ma gli alti lai che ora levano i berluscones suonano stonati e infondati: il bilancio delle interferenze e forzature presidenziali è largamente a loro vantaggio, non certo a loro discapito. Per diversi motivi.

1) La prima vittima dei traffici di Napolitano è il secondo governo Prodi, nato nel 2006 con una maggioranza risicatissima al Senato dalle prime elezioni del Porcellum. Il 21 febbraio 2007, dopo meno di un anno di vita, l’Unione di centrosinistra è già in crisi: bocciata in Senato una risoluzione sulla politica estera con appena 158 Sì (su un quorum di 160), 136 No e 24 astenuti. Prodi sale al Colle per dimettersi. Napolitano – come annota il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa nel suo diario, che il sottoscritto ha potuto consultare per il libro Viva il Re! – chiede al premier “numeri certi” al Senato, lasciando intendere che non può far conto sui voti dei senatori a vita. Poi respinge le dimissioni di Prodi e lo rinvia alle Camere per la fiducia, non prima di avergli confidato che sta lavorando con “esplorazioni” sue personali – non si sa a che titolo – a una “maggioranza diversa” da quella uscita dalle urne. Una maggioranza di “larghe intese” con la destra sconfitta. Padoa Schioppa parla di manovre “inquietanti”. Invece B. – che non sopporta di restare fuori dalla stanza dei bottoni, continua a gridare ai brogli e tenta di comprare altri senatori (dopo il già acquistato Sergio De Gregorio) per dare la “spallata” al governo – è entusiasta. “Napolitano detesta il bipolarismo e persegue il suo disegno politico”, annota il ministro dell’Economia, descrivendo il Presidente come un sabotatore del governo Prodi, “pompiere incendiario” che “soffia sul fuoco anziché spegnerlo” e vorrebbe tornare a un sistema malato da Unione sovietica o da partitocrazia modello Prima Repubblica, dove “il governo lo sceglie il partito (o i partiti) e non il popolo”. Un anno dopo, gennaio 2008, Prodi cade per l’uscita di Mastella. Ma, anziché sciogliere le Camere, Napolitano tenta un governo Marini, ovviamente di larghe intese. E solo quando fallisce anche quello si rassegna a sciogliere le Camere.

2) Dopo aver firmato tutte le leggi vergogna del terzo governo B., dallo scudo fiscale al lodo Alfano al legittimo impedimento, nel novembre 2010 Napolitano salva il Cavaliere da sicura débâcle. I finiani di FeL presentano una mozione di sfiducia in aggiunta a quelle delle altre opposizioni. La maggioranza non c’è più. Ma il capo dello Stato convince i presidenti delle Camere Fini e Schifani a rinviare il voto a dopo la Finanziaria: così regala al Caimano un mese di tempo per comprarsi una dozzina deputati: quanti bastano per strappare la fiducia il 15 dicembre.

3) Nell’estate 2011, quando Napolitano inizia a sondare Monti, il governo B. è già alla frutta ancor prima del boom dello spread, che ne è una delle conseguenze: B. e Brunetta vogliono tagliare le tasse, Tremonti – conti alla mano – si oppone, e fra Palazzo Chigi e l’Economia si scatena una guerra che prosegue per tutta l’estate, con gli appelli dell’Europa per una drastica manovra correttiva. Il 5 agosto B. annuncia che gliel’ha imposta la Bce con una lettera firmata da Trichet e Draghi: in realtà – si scoprirà più avanti – la missiva l’ha sollecitata lui stesso per salvare la cadrega. Ma sia lui sia Bossi si oppongono al taglio delle pensioni chiesto dalla Bce e la manovra, riscritta quattro volte, è una burletta. Il 23 ottobre Merkel e Sarkozy lo seppelliscono con la celebre risata di Bruxelles. Il 3-4 novembre, al G20 di Cannes, B. e Tremonti si presentano in ordine sparso, senza neppure parlarsi. Ma il Caimano suonato dice che va tutto bene, “siamo un Paese benestante, i ristoranti sono pieni e si fatica a prenotare un posto in aereo”. Inizia il fuggifuggi dal Pdl e l’8 novembre, al voto alla Camera sul rendiconto dello Stato, la maggioranza si ferma a 308 voti su un quorum di 316. Dunque il governo cade e arriva il Prof, coronando il vecchio pallino di Napolitano: le larghe intese.

È vero che il Presidente tiene nella manica l’asso di Monti già da cinque mesi, ma B. fa tutto da solo: sarebbe caduto lo stesso, anche senza aiuti dall’alto. Il che non significa che Napolitano avesse il diritto di preparare un governo e una maggioranza alternativi 150 giorni prima (e chi ci dice che, nelle telefonate intercettate a novembre-dicembre con Mancino, non parlasse anche di quelle manovre e non le abbia fatte distruggere proprio per questo?). Però B. dovrebbe ringraziarlo: il governo Monti al posto delle elezioni fu per lui manna dal cielo: se si fosse votato allora, visti i sondaggi che lo davano intorno al 10%, ne sarebbe uscito asfaltato per sempre. Invece la politica dei tecnici – tasse, lacrime e sangue per i soliti noti – gli consentirà di risorgere nel giro di un anno. E di risultare decisivo alle elezioni di un anno fa, quando gli italiani votano in massa contro le larghe intese e poi, con i soliti traffici di Napolitano (rielezione compresa), se le ritrovano tali e quali con Letta Nipote: lo schema fisso del Presidente. È semplicemente comico che ora, a lamentarsene, non siano Prodi, Rodotà, gli elettori affezionati al bipolarismo, ma proprio l’utilizzatore finale di tutti quei traffici.

Ecco, a ben guardare il peccato più imperdonabile di Napolitano è proprio questo: essere riuscito – prima con i minuetti sulla grazia e ora con l’emergere delle manovre del 2011 – nell’ardua impresa di far passare dalla parte della ragione un figuro che, da quando è nato, è sempre stato da quella del torto.

Ps. Nella lettera di precisazioni al Corriere che nulla precisa, Napolitano si fa scudo della sentenza n. 1/2013 della Consulta per invocare “riservatezza assoluta” sulle sue “attività formali” e “informali”. Ma non sa quel che dice: quella sentenza, peraltro incredibile e tragicomica, si riferisce alle sue telefonate con Mancino e proibisce di intercettare, anche indirettamente, The Voice. Non gli permette di fare quel che gli pare al riparo dalla libera stampa. Né vieta le inchieste e le domande giornalistiche sull’attività del Presidente nella formazione dei governi. Né lo esime dal risponderne all’opinione pubblica. A meno che, si capisce, non si creda un dittatore o un monarca assoluto. Nel qual caso l’impeachment sarebbe uno strumento persino un po’ riduttivo per mandarlo a casa in tempo utile: prima che trascini davanti alla Consulta pure gli autori di libri non autorizzati da lui, per far bruciare anche quelli.

 

 

Stabilizziamoci tutti

Legge di stabilità, posta fiducia al Senato.

Sbloccati oltre 2 miliardi per il Tav

Ok della commissione Bilancio. Governo battuto sulla restituzione delle tasse alle vittime di calamità naturali. Slitta al 2014 il quoziente familiare per l’Irpef e anche le esenzioni per lo scaglione di reddito più basso. Allentate le misure anti gioco d’azzardo. Balduzzi: “Sconcertato”[Il Fatto Quotidiano]

Arrivano le sale da poker controllate direttamente dallo stato, ameni luoghi dove ci si potrà continuare a rovinare e ammalare più di quanto già accada grazie a lotto, lotterie, gratta e vinci, slot machine e tutta la varietà dei giochi d’azzardo che lo stato, da vero e buon padre di famiglia mette a disposizione dei cittadini, ma naturalmente “con moderazione e responsabilmente”.
1000 sale da poker in funzione della “crescita” [?] del paese e altri due miliardi destinati al progetto criminale di sventrare una montagna per far viaggiare più velocemente cosa non è dato sapere. 
Il tutto infilato dentro una legge chiamata “di stabilità”. 

Uno stato e i suoi governi che lucrano sulle debolezze della gente mettendo   a disposizione il gioco d’azzardo che ha mandato e manderà in rovina un sacco di gente mentre ti dicono che il fumo fa male ma te lo vendono, mentre ti dicono che puoi bere ma moderatamente, e ti vendono anche l’alccol somigliano più ad associazioni a delinquere. Lo stato smetta di essere il braccio armato di malattie e morte come hanno fatto gli stati in altri paesi dove le multinazionali del vizio sono PRIVATE e poi ognuno potrà chiedere tutti i risarcimenti che vuole.

Ma finché lo vende non può, con una mano dare, con l’altra togliere e farti pure la morale.

Un paese europeo, una democrazia occidentale, per essere moderno ma soprattutto stabile ha bisogno del Tav e di 1000 sale da poker. 

Le coscienze dei cattolici – democratici e non – non si scuotono quando c’è da votare certe porcherie come quelle inserite nella legge cosiddetta di stabilità.
Mentre invece sui diritti si può soprassedere, come anche sul far pagare le tasse allo stato estero che manteniamo al pari del nostro: quelli sì che turbano le profondità coscienziose di chi fa le leggi e di quelli che approvano poi quelle leggi.
Piccolo inciso: 23 miliardi è la cifra che si ricaverà dal pagamento dell’IMU e 23 miliardi sono la spesa annua, costante, miliardo più miliardo meno che si spende per il mantenimento del carrozzone delle forze armate.
Per dire.
Epurazioni democratiche
Marco Travaglio, 20 dicembre

Fermo restando che Grillo è la reincarnazione del Duce perché ha espulso due consiglieri comunali e uno regionale, e che Casaleggio è peggio della Gestapo per aver querelato un ragazzotto che l’accusa di volersi intascare i soldi dei finanziamenti pubblici che fra l’altro ancora non esistono, e premesso che tutto ciò che fa il Partito democratico è democratico a prescindere, anche perché il partito si chiama così, sorge spontaneo un piccolo dubbio. Noi apprezziamo molto la decisione del Pd di sottoporre alle primarie anche i suoi aspiranti candidati. Ma ieri La Stampa riferiva queste testuali parole dell’onorevole Stefano Esposito, strenuo difensore del Tav Torino-Lione, reduce da un pellegrinaggio a Parigi per sponsorizzare l’immortale opera pubblica destinata a soppiantare la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope: “Se il partito accoglie 
in lista Sandro Plano, io non solo non partecipo alle primarie, ma esco pure dal Pd”. Chi è Plano? È il presidente della comunità montana della Val Susa, esponente del Pd e fiero avversario del Tav. Per carità, sul Tav come su quasi tutto, ciascuno è libero di pensarla come crede (solo, dovrebbe spiegare a chi s’è appena svenato a pagare l’Imu sulla prima casa — ideata dal governo Berlusconi per il 2014 e anticipata dal governo Monti al 2013 anche con i voti del Pd per racimolare 3 miliardi l’anno — perché mai l’Italia dovrebbe buttare 10 o 20 miliardi per far arrivare le merci qualche minuto prima da Torino a Lione, il tutto nel 2030). Ma il punto è proprio questo: Esposito, in quanto parlamentare uscente, nonché esponente fra i più influenti del Pd in Piemonte, non dovrà raccogliere firme per candidarsi alle primarie per entrare nelle liste del Pd: Plano invece sì, infatti in Val Susa il popolo No Tav si sta attivando per dargli una mano. Lo spirito delle primarie dovrebbe essere proprio questo: far emergere dal mitico “territorio” le figure più rappresentative e, piaccia o non piaccia, Plano è uno dei personaggi più amati dalla gente valsusina proprio per la sua intransigente ostilità al Tav. Ma il Tav, per il Pd, come pure per il Pdl, per l’Udc e per tutti gli altri partiti di centro, di destra e di sinistra, è diventato un dogma di fede: come la Santissima Trinità e l’Immacolata Concezione per la Chiesa. Chi esprime dubbi o contrarietà diventa un paria, un appestato: uno non solo da non candidare, ma addirittura da escludere dalle primarie. Democratiche, s’intende. Del resto, in zona, c’è il caso molto democratico di Avigliana, primo comune della Bassa Valsusa, nonché patria di Piero Fassino: alle ultime elezioni comunali il Pd si sciolse in un listone civico Pro-Tav con Pdl e Udc per combattere i suoi dirigenti contrari all’opera, candidati in una lista civica con Idv, Sel e 5Stelle. Purtroppo gli elettori punirono l’ammucchiata fassinian-casinian-berlusconiana e premiarono i No-Tav. Risultato: la Commissione di Garanzia del Pd, molto democraticamente, espulse i tre suoi eletti nella lista vincente per eresia dal dogma Calce & Martello (sanzione mai inflitta neppure a Penati). Cioè: la minoranza espulse la maggioranza. Se quelle di Grillo sono epurazioni, queste come si chiamano? Eppure nella Carta d’Intenti del Pd la parola Tav non è mai citata, mentre si legge che “per noi sanità, istruzione, sicurezza, ambiente sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni — di tutti e di ciascuno — e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese”. Sarà un caso, ma tra i fortunati ammessi nel listino bloccato di Bersani — per sottrarli molto democraticamente alle primarie e candidarli anche se non li vuole nessuno — non figurano i tre parlamentari ambientalisti del Pd: Realacci, Ferrante e Della Seta (quello entrato nel mirino dell’Ilva perché “rompe i coglioni”, tant’è che Riva scrisse a Bersani perché lo facesse smettere). Sono tutti e tre renziani, curiosamente.

Le retour de la momie

“E’ tornato incazzato come un puma con Passera. Perché ha detto che non sarebbe un bene il suo ritorno in politica: una cosa che avrebbero detto tutti, Obama, la Merkel, perfino Al Qaeda. 
E’ che è più forte di lui. Quando vede che il paese ce la fa lui non resiste, deve tornare. Monti ci ha messo tutte ‘ste supposte una per una come le cartucce di una cerbottana, adesso torna berlu e sale lo spread, io, non dico il pudore che è un sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo, no?”.

Sole 24 Ore: Piazza Affari crolla in apertura [-2,30%], lo spread schizza a 350 punti, giù i bancari. Tra i pochi titoli a resistere Campari, Luxottica Snam, e guarda caso, Mediaset.

La Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti e venduti quotidiani tedeschi, posizione liberal, “racconta” così il ritorno di Silvio Berlusconi.

Di nuovo in alto“, sempre per quella storia dell’autorevolezza.

Financial Times: “se B. avesse un po’ di pudore la smetterebbe di giocare con il presente del proprio Paese”.

El Pais: “B. è disposto a morire uccidendo”.

Oscar Giannino a Radio 24: “Berlusconi e il pdl casi clinici: il fascismo ha avuto una fine più dignitosa”.

Sottotitolo: ma se quella di Schicchi [pace all’anima sua che almeno ha contribuito a rasserenare un sacco di gente] era pornografia, quello che si fa in altri ambiti, ad esempio nella politica, cos’è? la fornero che ieri sera  a Report difendeva il suo disastro chiamato riforma permettendosi anche di fare dell’ironia col giornalista che la stava intervistando  è molto più oscena di mille inquadrature hard.  Almeno la pornografia – come tutte le arti – non toglie nulla ma al contrario restituisce in termini di serenità, sebbene temporanea ed effimera: di questi tempi, un lusso.

La prima pagina dell’edizione di oggi del quotidiano francese: ovvero il prestigio internazionale di cui gode berlusconi e che ha sempre fatto fare all’Italia la sua porca figura.

Gianfranco Fini a Che tempo che fa: “berlusconi ha una concezione della dialettica politica un po’ padronale”.
Lui e casini sembrano due estranei, due che hanno fatto solo finta di sostenere i governi dell’irresponsabile delinquente.

Buoni a nulla che hanno rinunciato per opportunismo politico e convenienza personale a costruire una destra liberale e non fascista come ce n’è  in tante democrazie europee.

Berlusconi: “Il tempo dei tecnici è finito”
E ora punta a due ore di show su Raiuno

Ma da uno che prima di dare delle dimissioni virtuali, che non hanno spostato di una virgola la possibilità di avere ancora voce in capitolo, di poter condizionare, naturalmente sempre in negativo, l’andamento politico, uno che mentre l’Italia precipitava ha pensato che la cosa più urgente da fare fosse riunirsi coi figli, il socio in malaffari, il fido mavalà per mettere al sicuro la sua roba – cosa che ha continuato imperterrito a fare anche in questi dodici mesi perché questo è il motivo, l’essenza della sua famosa  “discesa in campo” –  cosa ci si poteva aspettare? la colpa è di chi poi vota uno così o di chi lo ha legittimato fino ad ora? Napolitano gliele ha concesse tutte, Napolitano, il cosiddetto garante della Costituzione e di tutti gli italiani, non di una parte di loro è stato il presidente della repubblica che più di tutti lo ha fatto non mettendosi mai di traverso; è il presidente dalla firma facile e che ancora oggi accoglie a braccia e sorrisi aperti Gianni Letta, l’uomo che ha materialmente creato il politico berlusconi, quello che ha scritto la sua agenda in tutti questi anni; il deus ex machina di tutta l’azione che ha portato alla demolizione, alla distruzione economica, morale ed etica di un paese intero compiuta da  uno che dalla politica doveva stare lontano miliardi di chilometri ma al quale invece TUTTI hanno offerto una prima, una seconda, una terza, una quarta, una quinta e oggi financo una sesta possibilità.

Questo significa solo una cosa, che la strategia politica di chi avrebbe dovuto impedire o perlomeno – a giochi purtroppo fatti – contrastare l’ascesa politica di berlusconi è stata fallimentare; significa non aver capito che non è berlusconi il pericolo ma tutto il sistema che gli ha permesso di arrivare fino ad oggi.

Significa non aver capito che sono stati tutti complici.

I finti Monti – Marco Travaglio, 10 dicembre

Ora che Monti cade, la tentazione è ripubblicare quello che noi del Fatto, in beatissima solitudine, scrivemmo 13 mesi fa quando Monti nacque. Purtroppo, non c’è da cambiare una virgola: nel prologo era già scritto l’epilogo. E oggi l’unica cosa che stupisce è lo stupore di Napolitano e Monti, che Ferruccio de Bortoli descrive “sbalorditi” e “indignati”, il primo che “non si persuade” e il secondo che “non si capacita”. Ma solo chi, dopo 19 anni, non ha ancora capito niente di B. può meravigliarsi di quel che accade: quelli che s’illudevano che il Caimano si fosse ritirato per il suo alto senso delle istituzioni, rassegnato a un dorato pensionamento in cambio della prescrizione sul caso Mills, della condanna annullata a Dell’Utri e del congelamento dell’asta sulle frequenze tv, e ora vibrano di stupefatto sdegno perchè, al momento buono, ririririridiscende in campo e manda il governo e l’Italia a gambe all’aria. Ma con chi credevano di avere a che fare: con uno statista? Quel che accade è la naturale conseguenza della scelta sciagurata compiuta un anno fa da Napolitano, Bersani e Casini di non andare subito alle urne, cioè di cambiare il governo senza cambiare il Parlamento, consegnando i tecnici a una maggioranza-ammucchiata controllata, anzi ricattata da chi aveva condotto il Paese nel baratro. Il nemico –insegna Machiavelli– va eliminato subito, possibilmente la prima notte. Votando un anno fa, B. sarebbe stato asfaltato dagli elettori. I partiti di opposizione (Pd, Fli, Udc, Pd, Idv), che avevano osteggiato le ultime leggi vergogna e la mozione su Ruby nipote di Mubarak, avrebbero potuto assecondare i mercati e l’Europa indicando Monti come premier di una maggioranza di salute pubblica che in due anni risanasse i conti dello Stato e poi restituisse la parola agli elettori per ripristinare la normale dialettica democratica fra un centrodestra e un centrosinistra finalmente ripuliti e rinnovati. Lo spread si sarebbe placato, B. sarebbe tramontato e un Monti legittimato dal voto popolare e sostenuto da una maggioranza politica avrebbe avuto le mani libere per accollare i costi della crisi a chi ha di più anziché ai soliti noti: draconiana lotta agli evasori, serie leggi anticorruzione, antimafia e anticasta, patrimoniale, liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli netti a spese folli e inutili come il Tav, gli F-35 e i 40 miliardi l’anno di incentivi alle imprese. Invece i “professionisti della politica”, quelli che si credono molto furbi e giocano a Risiko con la democrazia, han pensato di salvare un’altra volta B. mettendogli in mano le chiavi della maggioranza. Lui li ha lasciati fare. Ha profittato dalla quiete sui mercati per risollevare i titoli boccheggianti delle sue aziende, ha incassato tutto l’incassabile su giustizia e tv, ha avuto il tempo di far dimenticare a mezza Italia i disastri e le vergogne dei suoi governi. Ogni due per tre Monti gli lisciava il pelo, dandogli dello “statista”, bloccando l’asta tv, scrivendo finte leggi su corruzione e incandidabilità, esaltando le virtù civiche di quell’altro galantuomo di Letta, sempre incensato pure da King George. Ora Napolitano e i suoi giornaloni cadono dal pero e scoprono che B. antepone i suoi affari alle istituzioni. E Monti confida a de Bortoli le “pressioni sulla giustizia” che lo statista di Milanello gli ha inflitto per mesi (grazie, ma si notavano a occhio nudo dalla politica giudiziaria e televisiva del suo governo). Ma tu guarda:
lo statista bada ai suoi porci comodi, chi l’avrebbe mai detto. Davvero questi finti tonti pensavano che B. si sarebbe accomodato buono buono su una panchina dei giardinetti, mentre sistemavano sulle poltrone che contano Monti, Bersani, Montezemolo, Passera, Casini e Fini, senza dimenticare uno strapuntino per Vendola e uno per Alfano e/o Frattini? La verità è che lui non si accontenta mai: come dice Cecchi Gori, che ci è già passato, “gli dai un dito e lui ti prende il culo”. Deve ancora nascere chi lo mette nel sacco: Bersani, Casini e Fini dovranno difendersi per tutta la campagna elettorale dall’accusa di aver riempito l’Italia di nuove tasse, mentre lui che le ha votate tutte fingerà di essersi opposto da sempre; e avrà buon gioco a gabellare Monti per un criptocomunista, come nel ’95 fece con Dini, affossandone la figura super partes e impallinandolo nella corsa al Quirinale, dove King George l’aveva già destinato in barba agli elettori.
Sono vent’anni che chi pensa di fregarlo col “dialogo” finisce fregato: per informazioni, citofonare D’Alema e Veltroni. E, da ieri, anche Napolitano e Monti. Ben arrivati nel CVB, Club Vittime di Berlusconi

L’abisso [di serietà]

Sottotitolo: ho scritto ieri mattina quello che penso, e non ho affatto intenzione di smettere di esercitare il mio senso critico solo in virtù della crisi economica e dell’emergenza politica. Un pd con casini, o anche e solo con l’idea di casini, un pd dove debba ancora contare il supporto “esterno” di d’alema dopo i danni prodotti all’Italia favorendo l’ingresso in politica dello spudorato delinquente,un pd dove debbano contare le assurde coscienze cattoliche della bindi e di fioroni di cui agli italiani non frega una sontuosissima mazza e bisognerebbe che qualcuno glielo dicesse e che non permetteranno niente di tutto quello che un partito di centrosinistra può e deve fare specialmente se vuole governare tutto un paese e non una parte di… io non lo voto. E non lo voto senza il benché minimo senso di colpa. Il gesto di Monti, le sue dimissioni, dovrebbe essere pedagogico, educativo, la politica è un’attività che richiede anche una buona dose di coraggio: chi non lo possiede, chi pensa che i compromessi debbano servire unicamente a proteggere gli interessi comuni di bottega e non invece finalizzati al bene di tutti come una politica buona dovrebbe saper fare, faccia un altro mestiere.

 

 Se ho capito bene, dobbiamo andare a votare di corsa, prima che l'”assediato” metta in moto la sua macchina da guerra, che non è affatto gioiosa e in più, a differenza dell’altra, ha dimostrato di funzionare alla perfezione soprattutto grazie a chi ha sempre ben oliato il suo motore, anziché mettere qualche chiodo sotto ai suoi pneumatici. Oggi  a “centrosinistra” si è riparlato di conflitto di interessi, dopo averlo ignorato scientemente per quasi vent’anni.

Questa è un’ottima mossa di Monti.
Speriamo che riesca a sputtanare l’irresponsabile  come si merita.

Al professore basta una conferenza stampa per demolire berlusconi. E in più Monti fa un figurone dimostrando che non gliene fotte niente di mantenersi questa poltrona.

Se la sua ambizione è quella di candidarsi regolarmente, di presentarsi davanti agli italiani chiedendo la fiducia tramite elezioni perché no?
E poi andiamoci,  a votare.

Sperando che  gli italiani si risveglino  dal torpore e  non ricadano nell’incubo della propaganda, delle false promesse, delle balle sesquipedali  e soprattutto prima di dire addio definitivamente anche all’idea di una democrazia.
Ormai anche  le persone perbene di destra – tra gli elettori ce ne sono-  hanno  ben chiaro  in mente chi NON votare. Soprattutto fra quelle che pensavano e speravano che i tagli dovuti alla crisi riguardassero solo gli altri, i socialmente più fragili di loro, ma la realtà ci ha detto un’altra cosa e l’ha detta soprattutto alla classe  media. Sentirsi toccare il portafoglio  ha risvegliato l’animo e forse la coscienza di chi aveva creduto alle promesse dell’incantatore di bisce, di vipere dalla lingua bi  e triforcuta, e non credo, voglio sperare almeno che torneranno  a votare ma certamente non rinnovando la fiducia al partito azienda dell’uomo “forte”.

E se non dovesse bastare l’azione di Monti spero che intervenga l’Europa, che stavolta non lasci il paese in balia di un forsennato, un irresponsabile pericoloso il cui unico scopo è salvaguardare se stesso, i suoi conti in banca e liberarsi dai suoi guai giudiziari.

MONTI LASCIA E SFIDA BERLUSCONI
E ora il Professore ha le mani libere

“Dimissioni dopo legge di stabilità”. Possibili elezioni a febbraio per evitare scosse sui mercati 
e impedire a B. di fare propaganda sulla pelle del governo. Più vicino un futuro politico per il premier  
Alfano: “Noi responsabili”. Pd e Udc plaudono. Casini: “Servito chi pensava di farlo galleggiare”

L’editto di Milanello
 Marco Travaglio – 9 dicembre

Diceva Karl Marx che le tragedie della storia
si ripetono sempre, ma in forma di
farsa. Ma in che forma si ripetono le farse, in
un paese dove nulla è mai serio? Vent’anni fa
il cinquantaseienne Silvio B. inaugurava un
supermercato Standa a Casalecchio di Reno e
lanciava il suo primo proclama politico per
salvare la Fininvest dal tracollo finanziario e se
stesso dalla galera: “Come sindaco di Roma,
tra Fini e Rutelli, voterei Fini”. Era l’annuncio
dell’alleanza a geometrie variabili, con An nel
Centro-Sud e con la Lega al Nord, che di lì a
quattro mesi avrebbe regalato la vittoria al suo
partito chiamato come un coro da stadio: Forza
Italia. Ora il settantaseienne Silvio B. ha gli
stessi due problemi di allora: Mediaset rischia
il tracollo finanziario e lui la galera. Così ha
scelto un altro luogo simbolico per una certa
Italia, per annunciare la ridiscesa in campo: il
prato di Milanello. L’arma segreta non è un
mirabolante programma di riforme, tanto
non ci crederebbe nessuno e comunque interesserebbe
a pochi intimi: ma l’acquisto di
Balotelli, che si aggiunge al colpaccio Briatore.
Il resto sarà una campagna elettorale tutta in
tv, con qualche ritocco sui bersagli: al posto
dei comunisti, la Merkel e l’euro; al posto delle
toghe rosse (quelle le combattono già Napolitano
e Violante), Monti e le sue tasse. Il fatto
che l’euro sia entrato in vigore nel 2002, sotto
il governo Berlusconi-2, se lo sono scordato
tutti. Il fatto che il Pdl stia nel Ppe con la Cdu
della Merkel, è un dettaglio per amatori. Il
fatto che il Pdl abbia votato tutti i decreti di
Monti, chi se ne ricorda? Ciò che conta è
smarcarsi dal governo tecnico, facendo finta
che sia caduto per merito di B. e lasciando
Bersani e Casini col cerino in mano. La gente,
la sua gente, abboccherà: anche i berlusconiani
più critici e delusi, quelli non ancora
fuggiti verso Grillo o l’astensione, di fronte
all’alternativa “volete ancora più tasse con
Bersani e Vendola o il nemico pubblico numero
uno delle tasse tent’è che s’è beccato 4
anni in primo grado per evasione fiscale?”,
torneranno all’ovile rassegnati: aridatece er
puzzone. E saranno senz’altro più numerosi di
quelli che avrebbero preferito Alfano (diciamo
la verità: non esiste in natura un solo fan di
Alfano, nemmeno tra i parenti stretti, se si
escludono decine di giornalisti servi che per
mesi hanno eretto monumenti equestri ad
Angelino Jolie, scolpito nel marmo come Giovanni
dalle Bande Nere). Sono gente di bocca
buona e stomaco forte, oltreché di memoria
corta: gente che, con questi chiari di luna,
bada al sodo e al soldo e se ne infischia del
conflitto d’interessi, delle leggi vergogna e del
Porcellum. Anche perché l’Allegro Squadrone
di Bersani & C. ha ripetuto fino alla noia che
bisogna risolvere il conflitto d’interessi, abolire
le leggi vergogna e cancellare il Porcellum,
e non ci ha mai neppure provato. L’unica differenza
rispetto a vent’anni fa è che il Cavaliere
Dimezzato sa benissimo che non tornerà
mai più a Palazzo Chigi, né andrà al
Quirinale (che rabbia: proprio adesso che il
Presidente, grazie alla Consulta, è più intoccabile
del Re Sole). Ma, se tutto va male, cioè
bene per lui, le elezioni non le vincerà nessuno.
Non perché il Pd non abbia tutti i numeri
per essere il primo partito: forse il distacco
di 15 punti nei sondaggi è talmente
incolmabile che anche dei perditori professionisti
come quelli della sinistra italiana faticheranno
a mangiarselo in tre mesi. Ma perché,
proprio grazie al Porcellum, Bersani e
Vendola potrebbero non avere la maggioranza
in Senato nemmeno se prendessero il 40%
dei voti. A quel punto, per fare un governo,
dovrebbero chiedere aiuto a Grillo o a B. E
Grillo ha già detto che non appoggerà nessuno:
dunque non resterebbe che B.

Che ancora
una volta sarebbe decisivo. In cambio di
cosa, ci pare quasi di intuirlo.

C’è la faremo [copyright sallusti]

https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/68614_4194548694706_1812812014_n.jpg[…] prima di tutto, un messaggio ai giornalisti inglesi di sinistra e agli intellettuali in genere: ricordate che disonestà e viltà si pagano sempre. Non pensate di potervi comportare per anni da propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime, e di ritornare improvvisamente alla dignità intellettuale.

Chi si prostituisce una volta, si prostituisce per sempre.

[George Orwell – La fattoria degli animali]

Sottotitolo: «La polizia in redazione sa di regime odioso ma l’arresto di Sallusti, la sua evasione e di nuovo il suo arresto, sia pure ai domiciliari, sono una commedia atroce perché la vittima, che senza tentennamenti noi non vogliamo in prigione, è stato il gendarme del peggiore giornalismo illiberale italiano, uno dei cani da guardia di quel Silvio Berlusconi che per venti anni ha seminato la peste della diffamazione, ben oltre l’articolo scritto ma non firmato da Renato Farina che ha infangato il giudice Cocilovo e che ancora oggi Sallusti rivendica come un’opinione forte e non come un’infamia. E Sallusti, nel difendersi, non usa il linguaggio del detenuto che noi vorremmo liberare ma del carceriere della libertà: non ha mai chiesto scusa a Cocilovo e, nella conferenza stampa, ha mitragliato le parole “cazzo” e “palle” al posto dei ragionamenti» [Francesco Merlo – La Repubblica].

Sallusti, arrestato, invia un tweet: “C’è la faremo”. Ecco perché gli articoli glieli scriveva Dreyfus. [forum spinoza.it]

Emilio Fede ha detto che silvio si è dimenticato di lui, Vittorio Feltri lacrima che il centro destra ha abbandonato sallusti.

Questa è la fine che fanno i SERVI quando non sono più utili al padrone.

Miserabili convinti che il disonesto impostore al quale hanno svenduto molto più della dignità gli potesse o gli dovesse dimostrare poi una riconoscenza dopo averli pagati a peso d’oro per raccontare balle, disinformare, calunniare e diffamare tutti quelli che non erano funzionali al progetto di un abusivo fuori legge che voleva trasformare l’Italia in una delle sue aziende.
Ragione di più per far vergognare tutti quelli che hanno difeso, sostenuto sallusti anche con una finta solidarietà che si potevano e dovevano risparmiare, quelli, giornalismo, politica, parlamento e Napolitano –  il quale  ha ritenuto opportuno doversi occupare anche del martire sallusti e chissà perché –  che hanno costretto un paese intero a seguire le vicissitudini di un ignobile personaggio, un delinquente comune come ce ne sono a migliaia, come se il problema della giustizia italiana fosse il carcere sì o no a sallusti e non ad esempio le migliaia di detenuti, gente che in galera non ci doveva proprio entrare ma  che invece  ci sta e ci resta  grazie alle leggi fasciste liberticide sulle quali un disinvolto presidente della repubblica ha messo la sua firma ma della quale chissà perché, a nessuno frega niente.
 Leggi come  la Bossi-Fini sull’immigrazione [approvata nel 2002], la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva [approvate tra il 2005 e il 2006] che trasformano in delinquenti quelli che delinquenti non sono.
Per quelle non c’è stata la levata di scudi di nessuno nonostante siano proprio queste che fanno riempire le carceri oltremodo.

Altro che gl’indulti e le amnistie per salvare i ladri di polli ma che poi servono ai massacratori di stato, ai ladri di stato,  ai corruttori e ai diffamatori che hanno vilipeso e sfinito questo paese per il solo fatto di esistere.

farina sallustiUno su mille c’è la fa
Marco Travaglio, 2 dicembre

Torna a grande richiesta la commedia all’italiana, nel solco della tradizione dei film a episodi con Sordi, Tognazzi, Gassmann, Manfredi, Vianello, Tina Pica e Walter Chiari. La pellicola, ancora in lavorazione, uscirà nelle sale a Natale. Siamo entrati in possesso della sceneggiatura dei primi quattro episodi.
Sballottaggio. Il leader di un partito chiamato Democratico organizza le primarie in linea con la ragione sociale, vince il primo round, esalta “la grande giornata di democrazia” e la strepitosa affluenza, ma poi scatena la guerra atomica per far sì che al ballottaggio voti il minor numero di persone possibile. Chi vuol partecipare deve inventarsi una scusa per l’assenza al primo turno. Quelle usate dai ragazzi a scuola (raffreddore, zia malata, cagnetta in calore, autobus in anticipo, allergia ai quaderni) non sono valide. Meglio optare per quelle dei Blues Brothers: “Avevo una gomma a terra, avevo finito la benzina, non avevo soldi per il taxi, la tintoria non ha portato il vestito, c’era il funerale di mia madre, l’inondazione, e poi le cavallette”.

L’onorevole Angelino. Un tizio di nome Angelino, convinto – non si sa bene da chi e perché – di essere il leader del centrodestra, organizza anche lui le primarie. Fissa date, detta regole, recluta candidati, intreccia alleanze, poi il suo padrone lo richiama all’ordine. Lui si dibatte un po’, dice addirittura che non vuole inquisiti, poi riceve una lettera di Dell’Utri in siciliano stretto: “Le tue primarie non servono a una minchia”. Vistosi perduto, va a Canossa, cioè ad Arcore, camminando in ginocchio sui ceci. Lo fanno entrare dall’ingresso della servitù, lo lasciano sei ore in anticamera, appoggiato a un panchetto, poi finalmente viene ricevuto. “Scusi Sire, non volevo, sono stato frainteso, non lo faccio più”. Il Nano Supremo, magnanimo, gli rimette la livrea a righine, gli restituisce il piumino e gli consente di spolverare.

Il conte di Montecribbio. Il direttore di un coso chiamato Il Giornale, dunque convinto di essere un giornalista, diffama questo e quello, finché si busca una condanna in appello per diffamazione. Vivo stupore dell’interessato. Il diffamato, impietosito, propone di ritirargli la querela in cambio delle scuse e del risarcimento. Ma il diffamatore, per misteriosi motivi, tiene tantissimo ad andare in galera e rincara la dose. La Cassazione conferma la condanna. I giudici, pietosamente, lo mandano ai domiciliari. Lui non sente ragioni e s’incazza: o galera o niente. Convoca la stampa per denunciare lo scandalo della magistratura politicizzata che rifiuta di arrestarlo. Si barrica in ufficio, pernotta nel cassetto della fotocopiatrice, poi la polizia lo preleva e lo traduce a casa sua. Lui twitta “C’è la faremo”, diffamando anche la lingua italiana. Poi, impavido, evade sul pianerottolo. Lo beccano subito: tribunale, processo per direttissima. Lui gongola: finalmente vado in galera. Ma niente da fare: ci vuol altro che un’evasione, in Italia, per finire dentro. Il giudice, inesorabile, lo rispedisce a casa. Lui giura: non evado più. Tanto è inutile.

I ragazzi irresistibili. Un’allegra brigata di vecchietti, convinti di essere dei tecnici, occupano Palazzo Chigi e improvvisano dei consigli dei ministri.

Uno si alza e s’inventa un decreto per consentire a un’acciaieria inquinante di continuare ad ammazzare la gente.

Un altro propone una legge draconiana per vietare di candidarsi ai condannati sopra i 4 anni. A nulla vale l’obiezione che 20 dei 21 onorevoli pregiudicati hanno condanne inferiori ai 4 anni [per superare detta soglia occorre mettersi a sparare].

Vivo disappunto del gobbo del Quarticciolo, della saponificatrice di Correggio, del Canaro della Magliana e dei mostri di Martinelle e di Dusseldorf, che resterebbero esclusi per un soffio dalle prossime elezioni.

Ottime chances invece per Sallusti, se smette.

Happy birthday, mr president!

Sottotitolo: io, che non bastava il tacco 5 lo scrivevo anche un anno fa.

Preambolo: perché non possiamo avere nel parlamento una persona splendida come Maurizio Landini? perché quando si parla di esperti non si pensa mai a chi esperto lo è davvero, sa quello che dice per esperienza e non per averlo studiato nelle sofisticatissime aule di una università privata? adoro quell’uomo, sono affascinata dalla sua competenza, dalle cose che dice, che spiega con parole semplicissime.

Sarebbe perfetto, ecco perché non lo vedremo mai ministro né sottosegretario.
 De Gennaro invece è competente, espertissimo, altroché.
In un paese normale e con una sinistra decente al governo, Landini sarebbe ministro del lavoro, un eccellente ministro del lavoro.

TEPPISTI E POLIZIOTTI

http://libernazione.it/teppisti-e-poliziotti/

D’accordo, ministro Cancellieri: facciamole vedere tutte, le foto.
Ma non dimentichiamo, per cortesia, che in uno stato di diritto la foto di un teppista che mena un poliziotto non ha, non può avere, un peso anche minimamente paragonabile alla foto di un poliziotto che compie un abuso: per la semplice, ovvia ma troppo spesso dimenticata ragione che un teppista è un teppista, mentre un poliziotto è un poliziotto; il che equivale a dire che dai teppisti, per universale e condivisa percezione, ci si deve difendere, mentre dai poliziotti, che non a caso indossano un’apposita divisa per essere riconosciuti, si dovrebbe essere protetti.
Credo sia per questa ragione -semplice, ovvia ma troppo spesso dimenticata- che i giornali tendono ad enfatizzare le foto dei poliziotti che compiono abusi rispetto a quelle dei teppisti che li menano: perché un teppista che fa il teppista non è propriamente una notizia sconcertante, mentre un poliziotto che si comporta come un teppista sì.
Ne consegue, ministro Cancellieri, che le foto possiamo pure mostrarle tutte: ma ai fini di questo discorso, per come la vedo io, non dimostrerebbero un bel niente.
Ciò detto, se le fa piacere, partiamo pure con la fotogallery.

Un paese in cui si lanciano lacrimogeni, da un ministero, su ragazzi inermi, non é piú, semmai lo sia stato,  un paese civile, é uno stato di polizia, una dittatura.

.

Un ministro dell’interno che si complimenta del lavoro svolto dalle forze dell’ordine  senza visionare le immagini nella sua interezza, facendo una patetica e ancorché miserabile  considerazione su un casco rotto in testa ad un poliziotto come se fosse uguale ad una testa, un braccio, una gamba spaccati da funzionari dello stato preposti a tutelare i cittadini, non a prenderli a calci quando sono a terra, disarmati, inoffensivi e inermi.
Un ministro cosiddetto del lavoro che in un anno, ebbene sì, per chi se lo fosse dimenticato oggi è un anno esatto dall’insediamento del governissimochefabenissimo, non ne ha azzeccata una, in compenso ci ha allietati con le sue stupide contumelie quotidiane verso tutti, perfino su un malato incurabile di sla dal quale è stata elegantemente compatita.
Un ministro dello sviluppo economico indagato per un reato strettamente collegato all’economia nazionale che può fare il ministro riverito e rispettato come se niente fosse perché il suo reato, dice, non compromette l’attività governativa [neanche andare a mignotte se si pagano con soldi propri e non con ministeri e posti in regione,  se è per questo, però, insomma, eh?].
Un ministro della giustizia che si vanta di una legge anti corruzione deprivata di tutto quello che servirebbe per renderla davvero efficiente ammettendo che, farla bene significa poi non poterla mettere in pratica.

Un presidente del consiglio che continua ad essere ottimista nonostante dati e numeri di tutto quest’anno trascorso abbiano detto e dicano tutt’altro a poposito della crisi, Monti solo pochi giorni fa si vantava, in perfetto stile british, che in Italia non si fossero ancora manifestati episodi di malcontento, effettivamente noi italiani saremo anche un po’ coglioni ma in quanto a pazienza non ci frega nessuno, quando proprio non si sopporta più si prende una corda e una pistola e si chiude lì, senza fare troppa confusione: sono stati più di cinquanta i suicidi di quest’anno che avevano alla base problemi economici, mentre  in altri paesi la gente è in piazza tutti i giorni da mesi, altro che gli scioperelli di tre, quattro ore che organizzano i nostri gloriosi sindacati, nemmeno tutti poi, qui.
Solo pochi esempi, i più recenti, che denotano, semmai ce ne fosse ancora l’esigenza, la distanza fra politica e realtà, e quanto questa distanza sia pericolosa perché quando non si capiscono i problemi della gente non si ha nemmeno la capacità di risolverli anche da un punto di vista umano, non solo pratico – logistico.
Come scrivevo esattamente un anno fa “non ci vuole  monsieur de la Palisse per dire che, se paragonato a berlusconi TUTTO è meglio di lui e dell’operato del suo governo […].

Ma io non mi sono seduta dalla parte dei “menopeggisti” come han fatto altri, quelli che oggi al solo sentire pronunciare il nome di Monti abbassano le palpebre in segno di rispetto per la paura che dopo o senza di lui sarà il diluvio. Salvatori  “aggratis” in Italia non ne abbiamo mai avuti. E nessuno ha mai fatto cose per la gloria e il prestigio.
L’Italia ha sempre pagato un prezzo altissimo a chi l’ha tolta dai guai. E la prima cifra di quella somma è stata ed è la limitazione della libertà. Una cosa che si ripete da 65 anni ormai.
Perché con Monti tutto sarà meno che una festa.

E infatti oggi non abbiamo niente da festeggiare.

Servizio Pubblico, Travaglio: “Elsa Fornero non sbaglia mai”

Petraeus e le cene eleganti
Marco Travaglio, 16 novembre

Da giorni il generale Petraeus occupa le prime pagine dei giornali, ma siamo ancora in attesa di un illuminante commento di uno dei nostri esperti di intercettazioni, privacy, presunzione d’innocenza e giustizialismo sullo strano caso del capo della Cia intercettato dall’Fbi e perciò costretto alle dimissioni. Quelli, per intenderci, che da 15 anni raccontano che solo in Italia si fanno tante intercettazioni (6 mila su 60 milioni di abitanti contro le centinaia di migliaia degli Usa, per giunta incoltrollate perchè gestite aumma aumma dai servizi e dalle varie polizie, come ha spiegato bene Bruno Tinti),che non si può più telefonare in santa pace, che siamo uno Stato di polizia e che per lasciare una carica pubblica ci vuole prima una condanna definitiva. Dove sono i Polito, i Panebianco, i Galli della Loggia, i Battista, i Ferrara, ora che il loro paradiso terrestre manda a casa il capo della Cia che tradiva la moglie con la sua biografa? L’unico temerario che ha osato pronunciarsi è quel kamikaze di Piero Ostellino: gli altri, colti da improvvisa afasia, l’hanno rimasto solo. Ostellino, peraltro, non coglie il nocciolo del problema, infatti riduce il caso Petraeus che sta terremotando l’intelligence della prima potenza mondiale e lambisce il presidente Obama, a una storiella di corna. Sorvolando su un piccolo dettaglio: decine di migliaia di telefonate, sms e mail intercettate (30 mila solo quelle fra il generale Allen e Jill Kelley, amica di Petraeus), su cui la stampa e le tv di tutto il mondo si stanno avventando come piranhas, senza risparmiare alcun dettaglio, nemmeno il sesso sotto la scrivania. Infatti Ostellino, affranto e inconsolabile per le dimissioni del generale, scrive che s’è fatto inopinatamente “condizionare dalle convenzioni sociali di una società puritana che ha trasformato l’etica individuale in etica collettiva, contravvenendo alla separazione fra peccato e reato, fra Stato e Chiesa, fra sfera privata e sfera collettiva”. Insomma, doveva tener duro: “Chi glielo ha fatto fare” di dimettersi? “Il senso di colpa, e di relativa oppressione, che l’adultero deve aver provato di fronte alla prospettiva della riprovazione generale che avrebbe suscitato la sua infrazione al codice coniugale”. Una “manifestazione di bigottismo sociale tutt’altro che esemplare”, che Ostellino ha ritrovato solo “in Cina”: ecco, stiano attenti gli americani, perchè stanno diventando tutti comunisti. Il fatto che per mesi e mesi una signora, per giunta giornalista e scrittrice, abbia avuto accesso ai segreti più reconditi di Petraeus, e dunque della Cia, abbia maneggiato documenti riservatissimi e classificati, nell’oggettiva condizione di poter ricattare uno degli uomini più potenti d’America, non sfiora nemmeno il povero Ostellino.Eppure è proprio la ricattabilità,non certo il bigottismo del capo della Cia che, una volta scoperta dall’Fbi, l’ha condotto all’unico passo che poteva liberarlo da quella spada di Damocle.

Per la stessa ragione, fin dall’inizio dei casi Noemi, D’Addario e Ruby, qualche voce sparuta in Italia aveva osato chiedere a B. di lasciare Palazzo Chigi: non per le sue cene eleganti, ma perchè le continue forniture di decine e decine di ragazze di cui nemmeno sapeva il nome lo ponevano in una condizione insostenibile. Quella che ancor oggi lo costringe a mantenerle tutte, a botte di 2500 euro al mese, come se non bastassero i milioni che di tanto in tanto “deve “versare a Dell’Utri e a chissà quanti altri. Ma le vestali della privacy fingevano di non capire, anzi dicevano che il vero problema sono le intercettazioni. E invocavano la legge bavaglio, che vaga ancora per il Parlamento con tanto di ministri tecnici che ogni tanto vorrebbero riesumarla perchè “il problema esiste”. 
Per questo nessuno trae le necessarie conseguenze dal caso Petraeus: troppi bugiardi dovrebbero ammettere di aver raccontato agli italiani un sacco di balle.

L’Italia che dà il meglio

10 ottobre: Giornata Mondiale contro la pena di morte.

Anni fa uno studio confermò che nei civilissimi States più di 300 persone morirono, nell’arco di qualche anno  da innocenti mediante l’omicidio di stato, ché le parole sono importanti, e bisognerebbe smetterla di definire quest’obbrobrio “pena capitale”: chi ammazza una persona, qualunque persona, è un assassino. Punto e basta.

hitler aveva creato strutture idonee per uccidere moltitudini d’innocenti, gli stati in cui vige la pena di morte hanno creato strutture idonee per uccidere persone colpevoli, ed ogni tanto, magari per “errore”, qualche innocente.

Qual è il senso di tenere una persona anche vent’anni in un carcere, e dopo che la sua vita inevitabilmente cambia, anche in meglio qualche volta, mandarla a morire dopo l’ultimo pasto?
La pena di morte non è educativa, non è un deterrente, non è né potrà mai essere, né lo è stato mai, un sistema per fare giustizia.
Nei paesi civili la vendetta di stato non dovrebbe essere permessa, tollerata né pretesa da chi va ad assistere allo spettacolo nascosto dietro una tenda e poi va a festeggiare il trionfo della giustizia.

Preambolo: Sabina  Guzzanti condannata a risarcire 40.000 euro alla Carfagna per averla diffamata durante la manifestazione di piazza Farnese qualche anno fa. In questo paese non è più possibile nemmeno chiamare le cose, e le persone, coi loro veri nomi ché s’offendono.  

Ma la colpa qui è davvero nostra.

Abbiamo sbagliato noi, abbiamo sbagliato ogni volta che siamo stati oltraggiati da politici indegni.
Insultati, molto peggio che diffamati e non abbiamo fatto niente.
Una class action ci sarebbe voluta, altroché.

Quanto vale quel “siete l’Italia peggiore” detto da brunetta ad una madre di famiglia che studiava di notte per prendere la seconda laurea allattando una figlia al seno? e quanto quel “coglioni”  riferito a quella parte sana del paese che non è mai caduta nel tranello dell’impostore detto a reti unificate e che ha fatto, come tutte le performance del cafone il giro del mondo? e quanto ancora l’oltraggio a cui tutti gli italiani, perfino quelli che lo hanno sostenuto e ancora lo farebbero, quelli che hanno votato e ancora lo farebbero per il partito dell’impostore abusivo e che hanno costretto un paese intero a sopportare l’inenarrabile?  e quanto l’ingiuria rivolta a tutti gl’italiani, l’aver permesso a un movimento di razzisti, omofobi e xenofobi di mettere piede nel parlamento italiano e dire tutti i giorni che loro non sono italiani? e quanto vale permettere a cento persone con precedenti penali anche seri e gravi di essere definite onorevoli nonostante e malgrado non lo siano affatto?

A me ‘sto politicamente corretto da applicare alle carfagne mi ha stancata, e lo dico da donna niente affatto retrograda, bigotta e conservatrice, sono stufa di dover difendere le istanze di altre donne che quando si sono aggiustate gli stracazzi loro non pensavano all’onore né, tanto meno, alla loro dignità.

La carfagna è sempre la graziosa damigella dei calendari da camionista ma che poi – da ministro – avrebbe voluto fare,  insieme a berlusconi indagato per sfruttamento della prostituzione minorile,  una legge per impedire la prostituzione perché secondo lei “è indecente vendere il proprio corpo”,  evidentemente il concetto non vale per chi lo vende ad un fotografo, ad una rivista o ad un impresario che vende balle attraverso le sue tv e, visto che gli riesce  così bene ha pensato di venderle anche in parlamento da presidente del consiglio:  il vero oltraggio è averle permesso di entrare in parlamento da ministro, altro che storie. 

E dov’ era  il senso dello stato, i valori di moralità che solo oggi Napolitano si ricorda di ricordare quando berlusconi portava in parlamento o alla regione Lombardia oltre al suo esercito personale di avvocati  le sue amichette da happy hour? in quell’occasione non gli è scappato nessun conato di monito?

8 ottobre,  Monti: “L’Italia sta dando il meglio di sé”.  Qui di seguito una piccola e purtroppo incompleta [a cotanta bravura non le si può stare dietro] carrellata di esempi su come deve essere un paese migliore fatto di gente migliore

Reggio Calabria, il governo scioglie il Comune
“Contiguità con organizzazioni mafiose”

Campania, province ‘decadute’ col trucco
Milano, la farsa delle dimissioni-Podestà

Sicilia, indagini sulle “spese pazze”
dei partiti tra portaborse e mutui

“Giovani avvocati, la nuova schiavitù”
Studi legali: paga da fame e zero diritti

Ddl corruzione, governo in ordine sparso
E il Pdl ripresenta la norma salva-Ruby

Daccò e Simone? “Fu Regione Lombardia
a imporli come intermediari”

Epilessia, farmaci solo per i ricchi

I CONTI SEGRETI DI CONFINDUSTRIA

Arrestato Zambetti, assessore alla casa della Regione Lombardia, pdl. Avrebbe comprato voti da un’azienda concorrente: la ‘ndrangheta.
@AlRobecchi

E, sempre a proposito dell’Italia migliore: Celentano va bene agli italiani che lo guardano, anzi, lo aspettano, nel ruolo di guru perché vogliono che ad ogni uscita pubblica si esprima sulla qualsiasi? bene: io voglio sentire Nada illuminarci  sulla questione immigrazione: voto sì voto no, a Bobby Solo e Little Tony chiederei di trovare soluzioni per l’Ilva,  dai Cugini di campagna voglio sapere se sono favorevoli al matrimonio fra omosessuali con annessa adozione e  mi piacerebbe che Umberto Tozzi mi illustrasse le soluzioni al problema ambientale.

 Ma, invece, come avevo già scritto a proposito della sua partecipazione al festival di Sanremo, chissenefrega di quello che pensa Celentano?

 E’ meravigliosamente italiano poter fare il predicatore, a pagamento prima da un pulpito, la Rai, e poi andare ad affacciarsi alla finestra di fronte, mediaset,  sul cui proprietario Celentano ha avuto molto da dire e farlo sempre a pagamento, la coerenza ormai è un orpello, un’anticaglia di cui, per denaro, si può facilmente fare a meno salvo poi presentarsi davanti alla gente per dire che i soldi fanno schifo: gli piace vincere facile.
Celentano, considerato da molti – chissà perché – il Che Guevara della Brianza solo perché spara ad cazzum su tutto, su chi ha ridotto questo paese così in malomodo che fa, si va a prendere i soldi dal nemico?  perché se la stessa cosa la fa Grillo viene considerato un arruffapopolo e lui invece un asceta, uno sciamano, il predicatore in grado di rivelarci chissà quale Verità?
Ma perché, “a una certa” chi lo può fare senza problemi non si ritira ad una dignitosa vita privata? se lo facessero un attimo prima di diventare patetici sarebbe ancora meglio.

TgLoden

Marco Travaglio, 10 ottobre

Fa sempre piacere, dopo mesi di tonificante e disintossicante astinenza, rivedere il Tg1 (venerdì mi trovavo in una località non coperta da La7 e non ho potuto farne a meno). Chi pensava che si fosse toccato il fondo con il TgPapi di Minzolingua non aveva ancora visto il TgLoden di Maccari, anzi Smaccari. Che fa un prodotto turbogovernativo come il predecessore, appena meno critico dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi, ma con l’aggravante di una vivacità da termosifone spento. Conduce Susanna Petruni, prontamente riconvertita alla sobrietà tecnica. Prima notizia: “Assisi, duro intervento del Capo dello Stato contro le degenerazioni della politica e per una mobilitazione morale e civile”, col contorno di omelia del cardinal Ravasi. Per chi volesse gustarsi la versione integrale del sapido duetto, non deve perdersi “questa sera Tv7”. Poi una raffica di fogli d’ordini di Palazzo Chigi, letti con la cadenza incalzante dell’agenzia Stefani e del Cinegiornale Luce. 1) “Decreto del governo taglia le spese degli enti locali: la scure di Catricalà fino al 90-95%”, un “giro di vite” che riscuote “il consenso unanime dei partiti” all’insegna della “trasparenza” e della ritrovata “fiducia dei cittadini”. Seguono illuminati pareri di: Quagliariello, Nucara, Sereni, Casini, Di Pietro, Grillo, Delrio, De Magistris, Cota e Zaia”. Casini sottolinea come “noi dell’Udc fummo gli unici, come sempre isolati”, a denunciare gli sprechi delle regioni “e ora i fatti ci danno ragione” (sui regali milionari della Polverini alla società dell’amico Cesa, patriotticamente si sorvola). 2) “Borse in rialzo, Milano meglio di tutte. Lo spread si restringe”. È a quota 354, dunque un trionfo. 3) Imperdibile monito di Monti da Malta: “Ci attendono sfide cruciali, i compiti a casa non sono finiti”. Il tutto — chiosa l’inviata — “per il bene del Paese”. 3) “Molto buoni i risultati della lotta all’evasione”. Sobrio il servizio: “Non sbagliano un colpo, i dati parlano chiaro: stiamo parlando dei controlli fiscali, che hanno raggiunto una precisione chirurgica con punte del 100%. Controlli talmente mirati da rasentare la perfezione, grazie ai potentissimi incroci di banche dati che scoraggiano i malintenzionati”. La Corte dei Conti parla di record mondiale di evasione, ma virilmente si tralascia. I settori più “malintenzionati”? Alberghi, ristoranti e commercianti. E i 2 miliarducci evasi dalle prime tre banche? Sobriamente omessi. 4) “Come cambia lo Stato e il rapporto con noi cittadini dopo il decreto sviluppo varato dal governo?”. Già, come cambia? Passera (vedi punto 3): “Costi ridotti, investimenti e giustizia più veloci”. Apposito servizio annuncia come cose già fatte: “Tutta la Pubblica amministrazione digitale; libro elettronico; fascicolo elettronico dello studente; cartella clinica digitale; ricetta medica telematica; certificato di malattia on line; Desk Italia per attrarre investimenti; documento digitale unico” e altre minuzie. 5) “Il ministro Fornero firma il decreto che stanzia 235 milioni d’incentivi alle imprese che assumono donne e giovani”. 6) “Direttiva Ue impone pagamenti entro 30 giorni alle imprese, fine dell’emergenza”. Chi lo dice? Tajani, dunque è vero. E tutto questo in un solo giorno. Siamo salvi. “La guerra che, sotto l’alta guida di S.M. il Re Giorgio, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 14.11.2011 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 11 mesi, è vinta… Nella pianura, S.A.R Monti avanza rapidamente alla testa della sua invitta armata, anelante di ritornare sulle posizioni vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Diaz”.

Maurizio Crozza a Ballarò:  l’Italia sta dando il meglio di sé: in tasse

La Fornero ha dato i numeri [sbagliati]

Sottotitolo: da “Il sole 24 ore” del 6 giugno. In Francia si potrà nuovamente andare in pensione a 60 anni. Il Consiglio dei ministri approverà oggi il decreto che cancella uno dei punti fondamentali, certo il più simbolico, della riforma previdenziale varata da Nicolas Sarkozy a fine 2010. Che spostava appunto di due anni, dai 60 ai 62, l’età minima del pensionamento. Abbattendo uno dei tanti tabù del sistema francese di welfare.

Non c’è peggior cosa di un bugiardo che si crede intelligente. In questo caso c’è anche l’aggravante di Napolitano per aver ritenuto persone come Elsa Fornero delle eccellenze  in grado di risolvere i problemi  solo perché sono meglio di “quelli che c’erano prima”  mentre i fatti, purtroppo, dicono altro.

L’Inps: “390mila
possibili esodati”


E la Fornero attacca
i vertici dell’Istituto

 Camusso: “Sempre detto che erano di più”


La serietà con cui gente che guadagna stipendi pari al prodotto interno lordo di un paese di medie dimensioni  di un “terzo mondo”  qualsiasi decide cosa bisogna far sapere alla pubblica opinione per non creare disagio sociale.


Secondo le stime dell’Inps gli esodati sono oltre 390mila. La Fornero, anziché chiedere scusa per saper contare fino a 65.000 e salutare ringraziando per l’ospitalità se la prende con chi ha reso pubblici i dati perché, secondo nostra signora delle bugie [a getto continuo], la cattiva informazione creerebbe “disagio sociale”.
Ma il disagio sociale lo crea anche prendere atto che la pattuglia dei geni della scienza e della tecnica capitanati dal superman dei codici iban, dal giustiziere della partita doppia e tripla, ha inanellato una serie impressionante di errori che la metà sarebbe già bastata per chiederne l’allontanamento spontaneo o agevolarne  quello coatto.
Un qualsiasi dirigente d’azienda in un paese un po’ più serio del nostro, dove invece ai dirigenti che portano le aziende al fallimento vengono offerte consulenze altrove e/o  buone uscite milionarie, verrebbe cacciato per molto meno di quel che hanno combinato questi guastatori dello stato sociale.
Bersani che dice? sta ancora con Monti senza se e senza ma?

29 marzo 2012: le lacrime di coccodrillo della Fornero.

I sacrifici si impongono o per stretta necessità o per sadismo. Ecco, la Fornero ogni volta che apre bocca ricorda un po’ Pulp Fiction, fa pensare alla seconda possibilità: “mi chiamo Elsa, risolvo problemi.”
(Marco Travaglio)

Li manda Picone

Chi aveva il timore  che Monti non si sarebbe occupato della Rai come aveva promesso a Che tempo che fa può smettere di preoccuparsi. E anche di indignarsi a tempo scaduto.

Perché questo è l’unico modo con cui Monti si è occupato, si occupa e si occuperà di tutto.   Affidare tutto ai suoi simili trasformando così tutti i settori importanti di questo paese in tante piccole dittature bancarie.

Quindi, indignarsi è inutile, varrebbe la pena chiedersi piuttosto fin dove a questo signore sarà concesso di arrivare: questa è la vera preoccupazione.

Almeno la mia sì perché faccio fatica a pensare e a credere che solo adesso l’interesse sia quello di far prevalere il profitto, il controllo del bilancio rispetto ad arte, cultura, scienza, informazione e tutto quello che un vero servizio pubblico dovrebbe garantire dopo aver permesso agli stessi funzionari di quell’azienda che oggi si vuole, si deve a tutti i costi salvare,  di fare terra bruciata intorno a queste cose per favorire un delinquente abusivo e i  suoi interessi.  
Ma la politica dov’era, dove è stata in tutto questo tempo? dov’era la politica che avrebbe dovuto contrastare, abbattere, l’enorme conflitto di interessi in cui stiamo annegando tutti?

Grande lettitudine
Marco Travaglio, 10 giugno

 
Dunque, per la gran parte dei giornali, con la nomina di madama Tarantola alla presidenza della “nuova ” Rai e l’indicazione di Gubitosi alla direzione generale, Monti avrebbe scelto “due alieni”, compiuto “un salto di qualità”, percorso “una strada diversa” e “inedita”, “non contaminata dalla lottizzazione”, con “un pacchetto a prova di interferenze politiche”, lanciando “una sfida ai partiti alleati” per “piegarne la resistenza” e “metterli davanti alle loro responsabilità” (Corriere della Sera), “voltando pagina” con la “rivoluzione dei tecnici” (Repubblica), addirittura “cercando l’incidente” coi partiti ignari, scavalcati e dunque furibondi (il Giornale).
Seguono ritratti-soffietto dei due prescelti: la Tarantola sarebbe
“la Thatcher di Bankitalia” (il Giornale), “una lady di ferro” (Repubblica), tutta “disciplina e rigore” (La Stampa), “la signora della vigilanza bancaria” (Corriere); e Gubitosi “il super manager che ama gli scacchi”, “di fede romanista” (Corriere), “schivo ” e di “stile sobrio”, visto che “preferisce il volontariato ai salotti” (La Stampa). Curiosamente, in questo festival della saliva e dell’incenso, è sfuggito a tutti (fuorché al nostro giornale) che la vigilante di Bankitalia s’era lasciata sfuggire sotto il naso le prime imprese truffalde di Gianpiero Fiorani, anche perché legatissima allo sgovernatore Fazio. Ed è pure sfuggito a tutti (fuorché al Fatto ) ciò che scrisse Giovanni Pons un anno fa su Repubblica, e cioè che Gubitosi, vicino all’Opus Dei, “si è fatto presentare al potente sottosegretario Gianni Letta da Luigi Bisignani”, noto piduista e pregiudicato per la maxitangente Enimont da lui riciclata allo Ior, di lì a poco coinvolto nello scandalo P4 per il quale patteggerà 1 anno e 7 mesi di reclusione. Ed è pure sfuggita l’indagine della Procura di Roma che ipotizzava una mega-mazzetta per la vendita di Wind dall’Enel al magnate egiziano Sawiris, operazione in cui si fece il nome di Bisignani in cabina di regia e che fruttò a Gubitosi, all’epoca direttore finanziario di Wind, un’accusa di corruzione poi archiviata perché nessun paese straniero rispose alle rogatorie entro i termini massimi consentiti per indagare. Lasciamo stare gli eventuali reati, che qui non interessano, e concentriamoci sulle amicizie: in un paese normale chi fosse accostato al nome di Bisignani si affretterebbe a smentire, oppure diverrebbe un appestato. In Italia invece la bisignanitudine, così come la lettitudine, fa curriculum. Basta contare i ministri e alti papaveri nominati o conservati al loroposto che hanno avuto e/o hanno rapporti con Letta e Bisignani. Altro che “alieni”, altro che “tecnici”, altro che “meritocrazia”, altro che “sfida ” all’establishment. Tutto continua ad avvenire nelle segrete stanze, all’ombra dei grembiulini e delle tonache color porpora. Fanno quasi tenerezza Santoro e Freccero, che avevano inviato a Monti i loro curricula grondanti di medaglie e di esperienze in fatto di tv: l’aver ideato e condotto programmi di grande successo e diretto reti televisive in Italia e all’estero con risultati eccellenti, lungi dall’essere un merito, è una colpa. Sotto i governi politici come sotto quelli tecnici,che ne sono la prosecuzione con altri mezzi, anzi con gli stessi.
Perché qui, prim’ancora che di nomi, è questione di metodo. La miss Marple uscita dai caveau di Bankitalia e il manager sbucato da quelli di Bank of America-Merrill Lynch, oltre a non distinguere un televisore da un paracarro, sono stati calati dall’alto, fatti scegliere – si dice – a una società inglese di cacciatori di teste (di cavolo) che mai li avrebbe messi a dirigere la Bbc, o France 2 o l’Rtf francese. Perché nel mondo civile prima viene il curriculum con le competenze specifiche, poi arriva la nomina.

Qui invece prima arriva la nomina e poi il curriculum, peraltro privo di competenze specifiche.

Un foglio bianco, con in calce una scritta in piccolo: “Mi manda l’Opus”, “Mi manda Bisi”, “Mi manda Gianni”.

Guardando “Servizio Pubblico”

Il motivo della nostra situazione disastrosa è nel mese concesso l’anno scorso a “quello di prima” (che comunque è vivo, se la comanda come e più di prima e lotta insieme a loro) per comprarsi la fiducia.
Con viva e vibrante soddisfazione,  però.

Io alle aste non comprerei mai niente. Mi fa orrore chi lucra sulla disperazione di gente che ha perso tutto.

Se foste almeno umani

Se foste almeno furbi, evitereste di andare in televisione a parlar di danari. Se foste almeno dignitosi stareste nei vostri cantucci comodi, a far finta che siete voi il giusto metro per misurare “l’italiano” quello che comunque sta bene, è solido, e se la gode.

Non siete nemmeno intelligenti, quando esponete la vostra magnanimità e poi comunque invocate misura, nel farvi i conti in tasca, senza provare vergogna per l’ostentazione delle briciole che lasciate indietro.

Se foste dignitosi, non osereste porvi così ingenui e sfrontati di fronte a chi sa cosa sia la sopravvivenza, quella fatta di espedienti, di sacrifici reali che fanno piangere senza nemmeno il bisogno di pronunciare la parola. Un po’ di intelligenza vi impedirebbe di offendere la nostra.
Equità sarebbe stata equiparare i vostri stipendi ai lavoratori a progetto, due mila euro al mese, e alla fine del mandato via, a spedire curricola, a sperare di aver messo via abbastanza per arrivare al prossimo lavoro, o per tornare a quello di prima, sempre che un altro l’abbiate fatto, prima di essere assunti a tempo indeterminato dalla politica italiana, quella a conduzione familiare, come una trattoria o una fabbrica di bulloni del nord est.
Siete fortunati che ormai le lotte e le battaglie si svolgono tutte su Facebook, o su Twitter con ancora meno parole, siete fortunati che i vecchi che potrebbero ricordarsi, e avere un rigurgito di volontà ormai son vecchi, e non ne possono più, o forse son solo abituati ancora a sperare in un domani migliore che non vedranno mai.
Non si può restare comodi e tranquilli a sentirvi parlare di manovre economiche, di sacrifici, di lacrime e sangue, senza avere pensieri contrastanti che snaturano persino l’essere pacifista, o colui che nella libertà e nella democrazia aveva sempre creduto.
Se foste dignitosi, sazi come siete stareste a casa ad attendere di digerire, e non andreste a parlare di fame con la pancia piena, rischiando che un rutto vi scappi tra una parola e l’altra.
E se scrivessi che siete dei ladri, verrei tacciata di populismo o di demagogia, ma ladri lo siete eccome, perché oltre che i danari, avete rubato il futuro di almeno tre generazioni. Un futuro al quale, purtroppo, avrà accesso solo la vostra progenie, quella che cresce protetta dalla fame e dalla carestia, quella che state formando per prendere il vostro posto domani, esattamente come un tempo il minatore o il ciabattino.
Se foste delle persone per bene, fuggireste lontano, ora, con le borse piene della refurtiva di una vita, quella che avete accumulato e che oggi vi permette persino di avere un pensiero generoso. Sì, perché è vero, si dice, no? A volte basta il pensiero. Deve saperlo anche Monti, che ne ha pensato tanta di equità, ma poi non l’ha applicata.

Rita Pani (APOLIDE)

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“Manovra salva-mediaset Beauty Contest: frequenze gratuite a chi le ha già, SKY si ritira perché dice gara truccata, vince Miss Silvio”.

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