Io me la ricordavo più economica…
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Otto milioni di euro. I sequestratori del ragionier Giuseppe Spinelli (ufficiale pagatore delle olgettine nonché contabile del portafoglio personale di Silvio Berlusconi) e signora potrebbero aver ricevuto questa somma o anche di più come riscatto della loro vita.[Il Fatto Quotidiano]
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La moglie di Spinelli: “Ho tirato fuori un rosario e abbiamo cominciato a pregare.”
Che la storia reggesse.
[Nicoletta Notav]
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Ogni volta che sta per sprofondare succede sempre qualcosa che fa in modo che si continui a parlare di lui; questa del fantomatico e quanto mai fantasioso rapimento del ragionier Spinaus sarà un’altra ed ennesima occasione per distogliere l’attenzione e concentrarla su questo personaggio che vuole esserci sempre ma che per qualcuno invece ed evidentemente, ci deve essere.
Tutto per parlare di lui in qualità di vittima.
Sempre la solita storia, quella che fa pensare che ci sia qualcuno che si attiva alacremente, lavora notte e giorno per non agevolare il declino naturale e definitivo di quest’uomo che tanto ha dato, ma soprattutto ha preso al nostro paese.
Uno che è sceso in campo e l’ha dovuto fare per il bene del paese e cioè il suo.
E’ davvero valsa la pena dedicare 18 anni meno qualche mese di azione politica quasi interamente spesa nell’abilitazione alla politica di un impostore prima e nel salvataggio dopo di un “delinquente naturale” [per sentenza di un tribunale] che poteva già vantare ottime referenze tipo aver ospitato un pluriergastolano mafioso in casa a fare da baby sitter ai figli [“affinché non facessero brutti incontri”: testuali parole del padre dei figli] quando gli fu concesso il capriccio di scendere in campo, uno circondato da collaboratori, amici e parenti che gente normale avrebbe paura e vergogna ad avere per vicini di casa.
Sono soddisfazioni; e questa è la politica che difende il nostro beneamato presidente della repubblica, quella tradizionale.
Deve essere una sensazione entusiasmante farsi tenere per le palle [è stato il collante per l’esistenza di tutto l’arco costituzionale di questi ultimi diciotto anni, “crollato” lui sarebbero caduti giù tutti molto peggio di quanto stia già accadendo ed ecco il motivo per cui viene ancora così considerato e aiutato] da uno a cui le palle si saranno disintegrate a furia di farsele stritolare da porci, cani, mafiosi, papponi, mignotte e dell’utri: tutto il peggio è passato nelle sue case e nelle sue cose.
Uno a cui il presidente della repubblica, invece di sgridarlo, faceva le coccole così come si fa col figlio discolo a cui si concede il capriccio sperando che metta la testa a posto, per questo ha taciuto più e più volte quando firmava tutto l’inimmaginabile per paura che facesse nientemeno che il colpo di stato.
Un paese intero sotto scacco di un disonesto per natura, uno che non ha mai avuto la benché minima concezione di quel che significano parole come lealtà, onestà e rispetto e la loro applicazione nel concreto, cose che dovrebbero essere i fondamenti per la vita di un normale cittadino, figurarsi per chi aveva promesso la famosa rivoluzione liberale a gente evidentemente peggiore di lui che lo ha sostenuto e che sarebbe pronta a farlo ancora; uno sul quale si era già detto così tanto vent’anni fa per farsi passare la voglia perfino di prenderci un caffè al bar.
Ma invece di evitarlo – ed evitarCElo soprattutto – di tenerlo a debita distanza, di porre rimedio al danno fatto quando qualcuno ha pensato che tutto sommato uno che aveva ricevuto in dono un partito politico da chi frequentava le sue case e cosa nostra potesse avere davvero i requisiti giusti per fare il presidente del consiglio gli è stato permesso TUTTO; c’è stata una gara bi e tripartisan a chi lo accontentava meglio e di più.
E ancora oggi gli viene permesso di avere voce in capitolo nelle cose di tutti, nella politica: l’interlocutore da rispettare, ascoltare, al quale stringere la mano e andarci – sobriamente -a pranzo insieme.
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Le sue pigioni
Marco Travaglio, 20 novembre
In attesa di sapere se sappiamo proprio tutto del sequestro più pazzo del mondo, quello del ragionier Spinelli (“Spinaus” per gli amici e soprattutto le amiche), un elemento balza subito agli occhi: i rapitori dovevano conoscere davvero bene non solo i movimenti di Spinaus, ma anche l’indole profonda del Caimano. Intanto sapevano benissimo che, chiamato al telefono dal suo contabile e accortosi — come dice lo stesso Spinelli ai pm — che era tenuto in ostaggio da qualcuno, non avrebbe avvertito le forze dell’ordine (come nel 1975, quando evitò accuratamente di denunciare il primo attentato alla sua villa di via Rovani a Milano). Sapevano anche di potergli tranquillamente chiedere un riscatto senza timore di essere denunciati. Forse avevano letto le intercettazioni del 1986, quando B., subito dopo il secondo l’attentato in via Rovani, chiamò Dell’Utri per attribuirne la colpa all’amico Mangano (“un segnale acustico… ma fatto con molto rispetto, quasi con affetto”) e raccontare di aver detto ai carabinieri: “Se (Mangano) mi avesse telefonato, io 30 milioni glieli davo!”. O quelle del 1988 con l’immobiliarista Renato Della Valle, a cui B. confidò che la mafia minacciava di uccidere Piersilvio, ma lui naturalmente non aveva denunciato nulla, anzi: “Se fossi sicuro di togliermi questa roba dalle palle, pagherei tranquillo, così almeno non rompono più i coglioni”. O magari hanno letto la sentenza della Cassazione su Dell’Utri: fin dai primi anni 70 “Berlusconi raggiunse un accordo di natura protettiva e collaborativa con la mafia per il tramite di Dell’Utri” e pagò “cospicue somme a Cosa Nostra” senza mai denunciare alcuna estorsione. Di sicuro i sequestratori conoscevano i punti deboli di B.: siccome Dell’Utri per sua fortuna ha la scorta, era più semplice acciuffare Spinelli, l’altro custode di altrettanti segreti, non solo quelli di via Olgettina. E soprattutto sapevano quale esca usare per farlo abboccare all’amo e scucirgli qualche milioncino. Basta frullare insieme le parole-chiave Fini, giudici, De Benedetti, lodo Mondadori, Ruby e il gioco è fatto (poi purtroppo il capobanda
ha voluto esagerare con le scarpette rossonere del Milan, e s’è tradito). Spinelli racconta che, di fronte alla “rivelazione” di un complotto di Fini e dei giudici del lodo Mondadori, gli avvocati Ghedini e Longo scoppiarono a ridere, ritenendo impossibile che il presidente della Camera potesse (o volesse) pilotare il Tribunale di Milano. Ma il loro illustre cliente, come diceva Montanelli, “è un bugiardo sincero: crede alle bugie che racconta”.
Dunque questi rapitori sono anche dei sottili psicologi: sapevano che, per lui, Fini l’ha mollato a causa di un complotto, non semplicemente perché non ne poteva più di votare leggi vergogna; e, per lui, è a causa di un complotto se il Tribunale l’ha condannato a risarcire l’Ingegnere per lo scippo Mondadori, non semplicemente perché la sentenza che annullava il lodo l’aveva comprata Previti con soldi suoi. Insomma, sono andati sul sicuro. Il fatto, poi, che fossero dei pregiudicati li rendeva ai suoi occhi più affidabili: come fossero di casa. Lui ha provato a farli scappare, ritardando di 16 ore la denuncia del sequestro (“fatto con molto rispetto, quasi con affetto”). Purtroppo non è riuscito ad abolire le intercettazioni e a estirpare quel cancro della Boccassini, così quelli sono finiti in galera. Resta il fatto che ormai il primo che passa, anche un albanese, può chiedergli ciò che vuole (soldi, gioielli, donazioni, candidature, affitti gratis, acquisti di ville a prezzo doppio) dicendo di sapere qualcosa di lui: e il pover’ometto, nel dubbio che sia vero, paga. Ecco perché si rifugia sempre più spesso in Kenya. Se resta due giorni di seguito in Italia, lo spolpano. Per lui Briatore è la madonna consolatrice degli afflitti. Anzi, degli affitti.