Ci sono persone che non hanno bisogno di dimostrare niente, perché ciò che sono e che fanno si vede.
Quello che fanno va oltre il normale senso di un dovere professionale e in più hanno la possibilità di far vedere la guerra come nessun altro fa perché vedere la guerra nei posti dove si fa la guerra è diverso dal sentirne solo parlare dalle varie propagande dei regimi.
E basta questo a far guadagnare loro la stima, la fiducia e l’affetto di tanta gente.
Gino Strada avrebbe potuto continuare a fare il medico in Italia, crearsi una carriera come tanti suoi colleghi, partecipare a conferenze pompose, entrare nelle grazie di qualche politico vicino alle associazioni molto cattoliche e molto mafiose che lucrano e sfruttano la malattia per farci profitti, invece si è messo a disposizione degli ultimi, senza fare la classifica di chi ha o meno il diritto di essere curato.
Il terrorista come la vittima del bombardamento ‘intelligente’: sì, perché al ferito di guerra, al malato e al sofferente il medico non chiede lo status ma cura il delinquente come la persona perbene, perché è quello che gli impone il suo lavoro, la scelta che ha fatto.
Per questo i viscidi disonesti, quelli come rondolino servi di chiunque insultano Gino Strada ed Emergency, perché non avranno mai la stessa considerazione, la stessa stima e lo stesso affetto che ci si può guadagnare semplicemente comportandosi bene e pensando bene.
La vergogna comunque non è solo rondolino: sono soprattutto i suoi degni colleghi che non chiedono conto a lui come a ferrara, a belpietro e tutta l’orrenda compagnia di giro dei fascisti mascherati da giornalisti del paese “democratico” ma continuano a considerarli colleghi alla pari da invitare al talk show e parlarci del più e del meno, quelli che continuano a citare nelle rassegne stampa i deliri di questi funzionari dell’odio e della propaganda come se tutto fosse degno dello stesso rispetto che si deve alla gente che pensa, parla bene ma soprattutto agisce per il bene come Gino, Cecilia Strada e i volontari di Emergency.
Quelli che poi, sentendosi migliori, si scandalizzano per salvini e il linguaggio violento e volgare dei social.
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Dietro il pallone, tutto
Sottotitolo: una nota riservata e particolare la meritano tutti gli imbecilli che ieri hanno insultato Gino Strada, uno dei candidati 5stelle alla presidenza della repubblica insieme a Rodotà, bersaglio anche lui degli anatemi di chi – evidentemente per limiti propri – è incapace di accettare un parere diverso, un’opinione altra. Così, tanto per ribadire l’indifendibilità di idioti manovrati pronti a sputare veleno anche sulle loro madri solo se qualcuno osa ragionare in proprio e non per conto di qualcuno.
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A quanto pare in Italia è più conveniente essere condannati per frode fiscale che fare l’attore. Perché il condannato – da una sentenza vera trasformata in pura goliardia – può apparire in televisione ogni volta che vuole, mentre l’attore della fiction, incensurato e di sinistra no per non disattendere alla regola della par condicio.
E quando in un paese succede una cosa del genere è impossibile non vedere l’anomalia, la malattia, l’anormalità.
Stasera berlusconi dovrebbe partecipare a Porta a Porta dove troverà Bruno Vespa condannato in via definitiva per diffamazione.
Gli obblighi derivanti dalla sua finta condanna gli impediscono di incontrare altri condannati: tutti meno Bruno Vespa? E’ stata fatta una deroga speciale, la solita regola ad personas per consentirgli di incontrare il suo vecchio amico, nonché suo editore?
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Ivano tagliato – Alessandro Gilioli, Piovono Rane
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La par condicio si applica soltanto alle trasmissioni che non trattano di politica, proprio per evitare l’eccesso di presenza dei politici nei media nei periodi pre elettorali fuori da quegli ambiti in cui si tratta esclusivamente di politica.
Forse vale la pena ricordare che la par condicio esiste perché esiste berlusconi.
Nei paesi normali, dove il politico fa solo il politico, non possiede mezzi di comunicazione non serve una legge sulla par condicio.
E risolvendo il conflitto di interessi non ci sarebbe stato bisogno di una legge per vietare al politico che ha giornali, televisioni, case editrici di poter eccedere in presenze nelle televisioni, sue e quelle che controlla in virtù del ruolo politico, durante i periodi pre – elettorali, a danno e svantaggio di quei politici che non hanno le loro tv, i loro giornali e le loro case editrici, semplicemente perché nei paesi normali l’editore, l’imprenditore non fa il politico e viceversa.
In un paese dove da vent’anni è la televisione a orientare pensieri, parole e opinioni grazie a chi ne ha fatto la propria arma di distruzione/distrazione di massa, e, orientando i pensieri condiziona anche le scelte importanti qual è il voto tutto può destabilizzare un già inesistente equilibrio. Perché poi a votare ci vanno tutti, telerincoglioniti compresi con le conseguenze che purtroppo conosciamo bene. Smettiamo di raccontarcela. E’ chiaro che Gino Strada non si mette a fare la polemica sterile su Renzi e la partita del cuore, semplicemente perché non tocca a lui fare da spartiacque, sarebbe toccato al buon senso di chi sta imponendo oltremodo la sua presenza nei media. L’Agcom ci fa sapere di aver avvertito Mentana per eccesso di Renzi nei Tg de la7 a danno e discapito di chi Renzi non è.
In un paese dove la politica restasse fuori da ambiti che non le competono non servirebbe la par condicio, sarebbero i politici stessi se fossero persone serie a tirarsi fuori, rifiutandosi di andare a fare i buffoni cucinando risotti a Porta a Porta, ad esempio.
Il problema comunque non è Renzi né la partita.
E’ un paese piccino fatto di gente facilmente seducibile.
Perché alle persone che usano la testa, non si fanno incantare dalle chiacchiere, dai sorrisi e dalla performance mediatica dell’incantatore di turno non succede nulla nemmeno se lo vedono fuori dal seggio elettorale un minuto prima di votare.
Se ci trattano come “alunni di seconda media e nemmeno troppo preparati” [cit. il noto delinquente], è perché sanno di poterlo fare.
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IL PALLONE SGONFIATO – Antonio Padellaro
Per carità, umanamente molto si comprende Matteo Renzi che quella dolce serata allo stadio Franchi di Firenze, scrigno dell’amatissima Viola, chissà quanto l’aveva sognata: farsi passare la palla da Baggio, triangolare con Antognoni e magari insaccarla sotto la traversa, il boato della folla, il primo presidente del Consiglio che corre a esultare sotto la curva, ganzissimo. Del resto, vanitas vanitatum, neppure sarebbe stato il primo leader di multiforme ingegno a esibirsi per l’ammirazione delle masse. Dopo Berlusconi cantautore e poeta, Veltroni romanziere e regista, D’Alema navigatore, cuoco e viticoltore, perché no un capo del governo giovane e prestante, dal tocco fino come non se ne vedevano, sia detto senza ingiuria, dai tempi del duce cavallerizzo, spadaccino e calciatore di caviglia forte? E poi tutto per la giusta causa di Emergency con il plauso di Gino Strada.
E se per una volta si accantonano le divisioni su F-35 e Afghanistan per raccogliere quanti più fondi possibile per curare i bimbi del Sudan, e se la diretta di RaiUno trasforma l’audience in una pioggia benefica di messaggini da 2 euro, che male c’è, meschini che non siete altro? Umanamente comprensibile, ma politicamente molto meno, perché quando si fa notare che la Partita del Cuore disputata a sei giorni dalle Europee (proprio non si poteva rinviare di qualche settimana?) costituisce di fatto un gigantesco spot elettorale, il giocoso Matteo mostra i dentini. E infatti, visto che a dire no alla diretta tv è stato il presidente M5S della Vigilanza Fico, il premier si scatena contro “la rabbia e la paura grillina” verso chi “vuole cambiare l’Italia, restituire speranza, cambiare la protesta in proposta”. Ma in questo modo Renzi conferma che siamo in piena campagna elettorale e che i cuori battono, ma i voti contano. Temiamo tuttavia che lo spirito del tempo soffi dalla sua parte poiché, certo, ci sono le regole da rispettare, ma in Italia chi buca il pallone non è mai simpatico.
Solidarietà alle aspirapolveri, tutte
Un’aspirapolvere è molto più utile di qualcuno che non sa quello che dice. Che parla ancora di intervento militare in Afghanistan in relazione all’attentato dell’11 settembre. In Italia non c’è solo un problema di politica corrotta: c’è un enorme problema di incompetenza nella politica, di vera e propria imbecillità elevata alla politica. E lo dimostra il fatto che basta mettere davanti al politico una persona che sa di cosa parla, che ha una conoscenza delle cose, dei fatti, per ridurre il politico al livello che si merita. Nel caso dell’ex ministro della difesa al pari di quel Ground Zero di cui ha vaneggiato ieri sera. La differenza fra Gino Strada e i politici: TUTTI i politici, è che lui sa spiegare perfettamente perché le armi e le guerre sono inutili.
I politici invece non sanno dare nessuna spiegazione logica per convincerci del contrario.
Gino Strada è un uomo giusto in un paese sbagliato. Ed è stupefacente che dopo vent’anni di bordello a cielo aperto, dal parlamento alla televisione passando per le cabine elettorali ci sia gente che oggi si scandalizza per il linguaggio genuino di Gino Strada. Cos’è, ieri sera i bambini non sono voluti andare a letto presto? Qualche cazzo dal sen sfuggito è più diseducativo delle menzogne del referente di comunione e aspirazione?
Un uomo della statura di Gino Strada, che ha speso la sua vita al servizio degli altri, degli ultimi, dei massacrati dal potere non deve rendere conto proprio a nessuno del suo modo di esprimersi: lui è un artista, un artista della Pace, e in quanto tale libero di parlare nel modo che vuole senza doversi giustificare con gli scandalizzati a corrente alternata. In questo paese non siamo abituati alla verità né all’informazione. E quando queste cose avvengono c’è chi grida alla verginità violata. Di chi, non è dato sapere.
Quanta ipocrisia in questo paese.
Ferocissimo scontro tra Gino Strada e Mario Mauro sulle spese militari in Italia e sull’accordo con la Nato. Il medico di Emergency chiede polemicamente: “Chiedo all’ex ministro: ‘Da chi dobbiamo difenderci?’ E poi mi piacerebbe sapere che un ministro ad un anno dall’acquisto di un F35 mi spiegasse come è stato usato, dov’è”. Mauro ribatte: “Cina, Giappone. Ma noi esercitiamo un ruolo insieme ad altri. Noi pensiamo di poter gestire le vicende del mondo. Le spese militari in Italia sono calate del 19%, a differenza degli altri Paesi. Negli Usa sono aumentate”. E aggiunge: “Noi non siamo schiavi degli Usa, siamo alleati”. Strada insorge: “La Costituzione dice che l’Italia rinuncia alla guerra, la cui decisione spetta solo all’Onu. L’Italia invece ha sempre ignorato le risoluzioni dell’Onu. La Nato non è niente. A cosa serve?”. E denuncia il servilismo nei confronti degli USA. Mauro non ci sta e si infuria: “Di cosa sta parlando? Parla di Afghanistan dove si uccidono negli stadi?”. La polemica dura svariati minuti, Santoro lancia la pubblicità, Mauro accusa Strada: “Stai zitto, fantasma!”. E il chirurgo di Emergency sbotta: “È come discutere con l’aspirapolvere, questo non sa nemmeno dove cazzo è l’Afghanistan”. [Il Fatto Quotidiano]
Italia: un paese a servitù illimitata
Oggi l’America festeggia la sua giornata dell’indipendenza, noi siamo più fortunati perché possiamo festeggiare e celebrare tutti i giorni dell’anno quella del servilismo tout court.
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Sottotitolo: Giorgio Napolitano, Enrico Letta, Emma Bonino, Angelino Alfano, Fabrizio Saccomanni, Mario Mauro e Flavio Zanonato, più l’ammiraglio Nato Luigi Binelli Mantelli.
No, siccome in queste ore tutti stanno parlando del mitico ‘Consiglio Supremo di difesa’, diamo almeno un nome e un cognome ai signori che attorno a un tavolo del Quirinale hanno proibito al Parlamento di decidere sugli F35. [Alessandro Gilioli]
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Quando Grillo disse che il parlamento non serve a niente, che “è stato spossessato del suo ruolo di voce dei cittadini” si beccò i soliti strali degli abituée compresa una scandalizzatissima Laura Boldrini che lo accusò di mancare di rispetto alle istituzioni.
Qualche giorno fa l’ha detto anche Gino Strada, ha parlato di un parlamento inutile perché “pieno di papponi, pedofili e condannati” e ha ricevuto l’applauso anche di quelli che Grillo lo contestano ormai per inerzia.
Oggi che Napolitano conferma che è vero, il parlamento non conta niente e potrebbe chiudere anche non domani ma adesso spero che siano tutti d’accordo: quelli che che non erano d’accordo con Grillo ma con Strada sì e anche viceversa.
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Se l’esercito, le forze armate prendono il potere siamo sicuri che la vittoria sia del popolo? io no.
Leggo tanto entusiasmo nei confronti degli egiziani che si sono liberati del tiranno, tante persone che scrivono “perché noi no”, a loro dico: perché no.
Perché quando il potere veste una divisa non è mai cosa buona e giusta.
Quando i Partigiani hanno organizzato la Resistenza si sono affidati solo a loro stessi, non avevano i carri armati.
I militari sono da sempre il braccio armato del potere, di qualsiasi potere. Il fatto che Obama non abbia nemmeno pronunciato la parola ‘golpe’ in riferimento agli eventi egiziani la dice lunga. Nessuno in occidente ha interesse alla liberazione dei paesi orientali, altrimenti da quel dì che avrebbero lavorato per farlo.
L’oriente serve così com’è, pozzo infinito di risorse da svuotare per arricchire i capitalisti d’occidente.
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La nomina di De Gennaro a capo di Finmeccanica spiega benissimo, semmai ce ne sia davvero la necessità, che la competenza è l’ultimo pensiero per questo governo e in generale di tutti.
Ogni persona che viene messa nei posti strategici ci va per altre ragioni che la non condanna di De Gennaro per le sue responsabilità nei massacri di Genova, per aver «gettato discredito sull’Italia agli occhi del mondo intero» come recita la sentenza della Cassazione, quel «puro esercizio di violenza da parte della polizia» da lui voluto e ordinato, la sua successiva nomina a sottosegretario per la sicurezza nazionale voluta da Monti, dovrebbero essere chiare anche agli occhi di chi non vede.
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Salvate i soldati della libertà

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Vassallate – Massimo Rocca – Il Contropelo, Radio Capital
Oggi servirebbero quattro poltrone. La sentenza della consulta che distrugge la politica anti sindacale di Marchionne. Le due napolitanate di giornata, la marcia indietro sul incredibile rifiuto di ricevere Beppe Grillo, la sconvolgente pretesa del consiglio nazionale di difesa da lui presieduto di esautorare il Parlamento sulla questione degli F35. L’Egitto dove come dicono i statirici statunitensi un esercito equipaggiato dagli americani fa un golpe contro un governo appoggiato dagli americani. Però il fatto del giorno è l’interdizione dello spazio aereo europeo all’aereo di Evo Morales, decisa dai cosiddetti governi democratici occidentali. La perquisizione dell’aereo come fosse quello di un trafficante di coca, alla ricerca di Snowden. Eccoli qui i feudatari, i vassalli che solo il giorno prima facevano finta di indignarsi per le cimici nelle ambasciate, violare tutte le prerogative di un capo di stato, pur di ingraziarsi l’imperatore, benchè scuro di pelle. Schiene di gomma e lingue biforcute.
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L’aula sorda e grigia
Marco Travaglio, 4 luglio
Com’è noto i cacciabombardieri F-35 sono inutili, ma sarebbero uno spreco anche se fossero utili. Pare infatti che queste carcasse volanti cappòttino da ferme. Tant’è che Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Australia e Turchia hanno già rimesso in discussione il progetto. Noi no, anzi. L’8 aprile 2009, due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, mentre si raccoglievano 300 vittime, si soccorrevano migliaia di feriti e il governo Berlusconi faceva passerella sulle macerie senza trovare un euro per ricostruire L’Aquila, le commissioni Difesa di Camera e Senato votavano il via libera per l’acquisto di 131 F-35 (poi ridotti a 90) al modico costo di 15 miliardi. Nessun voto contrario: l’impavido Pd, anziché opporsi, uscì dalla stanza e non partecipò al voto, in linea con il suo programma scritto direttamente da Ponzio Pilato (a parte la senatrice Negri che, in un soprassalto di coraggio, restò dentro e si astenne). Ora però il Parlamento è infestato di marziani, i famigerati grillini, che con Sel fanno quel che il centrosinistra non ha mai fatto: opposizione. E il Pd, non abituato, si barcamena. Memorabile la mozione bipartisan dell’altro giorno per il solito rinvio, che impegna il governo “relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi della legge 244/2012”. Una supercazzola che non vuol dire nulla, vista la maggioranza bulgara del governo che procede per decreti e fiducie. Ma la sola idea che il Parlamento torni a esistere e a dire qualcosa “nel merito”, ha fatto saltare la mosca al naso di Sua Altezza Reale Giorgio Napolitano, descritto dai giornali come “molto irritato” per la lesa maestà commessa dalle Camere nei confronti suoi e della nostra sovranità limitata dagli Usa.
Così il Re Bizzoso ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa, di cui s’erano perse le tracce da tempo, solitamente dedito a tornei di burraco e canasta fra generali in pensione e signore, con i camerieri in uniforme e mostrine che servono il vermut con l’olivetta, e ha diramato un supermònito categorico e impegnativo per tutti: “la facoltà del Parlamento” riconosciuta dalla legge 244/2012 “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”. Cioè: nel 2012 il Parlamento fa una legge, la 244, promulgata da Napolitano, per raccomandare un risparmio sulle spese militari e stabilire che quelle “straordinarie” devono passare dal Parlamento, così come le ordinarie che completino “programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali”. Non solo: spetta alle Camere l’ultima parola sulle spese militari in base alla situazione internazionale e alle disponibilità finanziarie dello Stato, per evitare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Proprio il caso degli F-35. Ma Napolitano, che si crede il capo del governo, dei giudici e ora pure del Parlamento, fa dire alla legge il contrario di quel che dice e la usa per esautorare le Camere, già peraltro ridotte a fotocopiatrici dei diktat di Palazzo Chigi, cioè del Colle. Ce ne sarebbe abbastanza per un conflitto di attribuzioni fra le Camere e il Quirinale contro questo golpetto senza carri armati. Ma i due camerieri del Colle che le presiedono non alzano neppure un sopracciglio. E Fantozzi-Franceschini ringrazia il Presidente per il “giusto richiamo alla separazione dei poteri”: solennissima vaccata, visto che il Consiglio Supremo di Difesa non è un potere dello Stato, ma un organo consultivo-esecutivo di norme decise da altri (in teoria, dal legislativo).
Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: visto che ormai il Presidente decide pure il nostro menu al ristorante e il colore dei nostri calzini, per raggiungere l’agognato presidenzialismo che bisogno c’è di riformare la Costituzione?
Ma soprattutto: quale Costituzione?
C’era una volta un partito
I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.
Gino Strada
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Il pd non ha avuto paura di andare in piazza: NON C’E’ POTUTO ANDARE.
Così come non ha potuto dire mezza parola sulla manifestazione eversiva del pdl a Brescia.
Il pd si è consegnato spontaneamente a quello che avrebbe dovuto essere il nemico, l’avversario, l’antagonista, e questa è una delle conseguenze.

Se guardate dietro, ma dietro dietro, dovrebbe esserci anche bersani [che in quanto segretario dimissionato avrebbe potuto esserci davvero, per dire].
Perché sarebbe molto complicato spiegare da un punto di vista morale, che non è uguale a quello moralista, o “moralisteggiante” come va di moda dire adesso, com’è stato possibile che un partito che diceva di essere l’alternativa al disastro economico, etico e, appunto, morale, prodotto da berlusconi in questi due decenni, sia rimasto a guardare dalla finestra uno spettacolo al quale non avrebbe dovuto partecipare come spettatore muto ma da protagonista principale.
Il pd non ha solo abbandonato l’idea di essere alternativa, ha proprio e definitivamente rinunciato all’idea di una politica onesta, al servizio della gente, dei suoi bisogni e necessità.
Non si abbandona il popolo e non si abbandonano i lavoratori a favore della risoluzione dei problemi di un delinquente.
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Pdl dopo insulti a Carfagna
“Colpa dei cattivi maestri”
Lei: “Mi spaventa il clima” video
La pretesa che dei carabinieri si debbano occupare di insulti verbali dà l’esatta misura di quanto questa gente sia distante dalla realtà, quella di altra gente che è costretta a rubare per mangiare a causa delle loro politiche scellerate, hanno ridotto un paese in miseria e in ginocchio, l’hanno stravolto e deformato a immagine e somiglianza di un delinquente e in cambio pretendono il silenzio rispettoso?
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Preambolo: “ chi infiamma le piazze, chi alza i toni, chi insulta con disprezzo, dovrebbe riflettere e farsi un accurato esame di coscienza” .
Aristotele? no, brunetta a proposito di madonna carfagna insultata.
brunetta, se sbaglio mi corigerete, è stato quello che insultò una signora tre volte laureata dicendole che lei e quelle e quelli come lei erano “l’Italia peggiore”.
Allora io voglio dire a brunetta, alla carfagna, a schifani [!] che parla di episodi preoccupanti […], e per conoscenza anche a Laura Boldrini, che ancora non c’entra ma si è dimostrata assai sensibile al tema dell’insulto al politico ed è subito accorsa a dare la sua solidarietà di genere alla carfagna, forse per il timore che brunetta le potesse rifare lo stesso cazziatone di qualche giorno fa in parlamento, che forse bisognerebbe andare oltre la solita solidarietà pelosa e ricercare i motivi del disagio nei motivi, appunto, che ci sono, non sono il frutto di nessuna fantasia né dell’antipatia personale nei confronti di qualcuno.
Bisognerebbe chiedersi, seriamente, come mai c’è gente, nella fattispecie gente che fa politica per mestiere, che non può mettere piede in un negozio, in un ristorante, al supermercato senza essere presa di mira. All’estero i politici vanno in giro in bicicletta, coi mezzi pubblici, a piedi, qui no.
Ci sarà un motivo?
Non ne possiamo più, è diventato difficile e complicato anche pensare che esistono persone così, insopportabili, false, bugiarde, arroganti e questo al di là di tutti i privilegi, di tutto l’esercito di poliziotti e carabinieri con cui sono costrette ad andare in giro per evitare che le lincino, altroché insulti, e non è più tollerabile il tentativo reiterato ormai quotidianamente di reprimere il dissenso che loro stesse hanno prodotto in tutti questi anni.
Il clima di odio l’hanno costruito loro e ora se ne lamentano?
Questa ossessione dell’intervento repressivo, di censurare le voci contro è stomachevole.
L’odio è un sentimento, come l’amore, e nessuno può impedire a nessun altro di odiare qualcuno e di dirglielo, se ne ha voglia.
Noi, al contrario di loro una coscienza l’abbiamo, ed è proprio quella, che si ribella.
La carfagna non si offende di stare al fianco del puttaniere corruttore [sempre per sentenze, non per le opinioni mie o di qualcuno]? non lo trova violento?
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LE LARGHE INTESE: STORIA GROTTESCA DI UN AUTOCOMPLOTTO
Furio Colombo, 19 maggio
Certo che c’è un complotto. Ci deve essere una ragione urgente, grave e pericolosa, se il nuovo segretario del Pd, già segretario della Cgil, è costretto a non andare al corteo e alla manifestazione della Fiom (Cgil) che difende accanitamente il lavoro. Per non turbare il governo delle larghe intese? Non può essere perché appena una settimana prima il collega di Letta dell’altro partito era andato in piazza in difesa di Berlusconi condannato due volte e in attesa di due sentenze. Lo aveva fatto contro i giudici, ovvero un leader dell’esecutivo contro un altro potere democratico della Repubblica. Lui risponde: “È la politica, bellezza”. Non vale per il Pd. Il Pd deve fingere di esserci e restare fermo, sottomesso, a obbedire. Questo è il complotto. Ecco le prove. Una sera in televisione compaiono fianco a fianco il presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma (Pdl) e la presidente della commissione Giustizia della Camera, Ferranti (Pd). Sono due esperti, due magistrati. Rappresentano i due partiti che si contendono il governo in Italia. Viene buttata lì la domanda (Lilli Gruber, 16 maggio): “Secondo lei Berlusconi potrà essere senatore a vita?”. Il lettore immaginerà che il senatore del Pdl abbia detto con convinzione ed entusiasmo che certo, sì, Berlusconi è lo statista italiano che più di tutti merita questo onore. Giusto. Nitto Palma lo ha fatto. E che la presidente Ferranti, anche perché giudice, abbia respinto con un certo sdegno questa risposta. Invece, con un sorriso ha detto che “non saremo noi a dire se Berlusconi può diventare senatore a vita. Il privilegio di quella decisione spetta al presidente della Repubblica”. Gli spettatori – elettori (ormai le elezioni sono sempre imminenti) hanno constatato che una delle parti è attiva e occupa tutto lo spazio che può (molto, data la doppia disponibilità televisiva che è dono del conflitto di interessi) al punto da mandare in onda, in tempo reale, contro-inchieste televisive su processi in cui Berlusconi è imputato. L’ALTRA PARTE è immobile. E viene incoraggiata a disertare e disprezzare una grande manifestazione operaia per il lavoro. Non mancano i momenti in cui le conseguenze del complotto contro il Pd diventano ancora più chiare. Arriva Chiamparino, che lascerebbe tutto per diventare segretario del Pd dopo il Congresso d’autunno. La notizia sembra interessante, smuove le acque. Ma il complotto obbliga Chiamparino ad aggiungere una condizione non negoziabile: “Accetterei solo se il Pd facesse proprie le proposte di Pietro Ichino sul lavoro”. Come è noto, sono le stesse regole di condotta che hanno affondato il lavoro negli Stati Uniti, mettendo tutto il potere nelle mani delle imprese, fino a quando il presidente Obama ha strappato al Congresso più diritti e più lavoro per la parte di americani che lo ha votato, cioè i più poveri. Il Pd, invece è deciso (o costretto) a ignorare i suoi elettori. Eppure molti di loro cercavano, anche i meno sicuri, una sola qualità nel Pd: la certezza che non fosse il Pdl. Ma qui entra in funzione, potente e bene organizzato, il complotto. Centouno estranei si infiltrano nel partito che, in Europa, è parte del Pse (Socialisti europei) e prima abbattono Prodi, poi obbligano l’intero partito, dirigenza e deputati, a non vedere Rodotà. Votarlo voleva ridare istantaneamente identità e dignità a un intero partito immobilizzato e sotto assedio, avviare un nuovo governo e soprattutto restare dalla parte degli elettori. Ma la ferrea crudeltà del complotto non lo ha permesso. Forse per questo Beppe Grillo, leggero di mano come al solito, può dire in un suo comizio di questi giorni: “Non preoccupatevi, è tutto chiaro. A ottobre andremo alle elezioni perché così vuole il nano e allora saremo in due a misurarci, noi e il nano. E li spazzeremo via”. Non sappiamo se la previsione sull’happy end di Grillo sia fondata. Ma purtroppo la descrizione del paesaggio sembra realistica. Si vedono con chiarezza due protagonisti, non tre. VI DIRETE: ma il presidente del Consiglio è del Pd. Inevitabile rispondere. Sì, ma da lontano non si vede. E questo è il capolavoro del complotto che sta togliendo di mezzo il Pd: quel partito, da lontano, dal punto di vista degli spettatori-elettori, non si distingue. Avrete notato il tono padronale del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno (carica non da poco in caso di imminenti elezioni). Avrete notato il tono padronale dei loro giornali, delle loro televisioni. Ti parlano con la contenuta indignazione di chi comanda, e includono un evidente disprezzo per chi ha detto o scritto ciò che non vogliono. Anche l’uso del governo – che offre al ridicolo la reputazione di uno dei partiti per segnare i punti dell’altro – dovrebbe far riflettere. Esempio, l’Imu. Letta rischia tutto con l’Europa, un bravo banchiere gli fa da notaio. Ma è Berlusconi che si presenta al pubblico per l’incasso. Lo ottiene perché, per forza, credono a lui. Nessuno farebbe spontaneamente, contro se stesso e la propria credibilità e immagine, ciò che il Pd ha fatto e sta facendo. Come Pasolini, devo dire – del complotto contro il Pd – che “io so, ma non ho le prove”. A differenza di Pasolini mi tormenta un dubbio. Che si tratti di un folle autocomplotto che punta a un risultato inevitabilmente distruttivo? Altrimenti come spiegare che un solo senatore (Luigi Zanda) ha chiesto al Pd di dichiarare l’evidente ineleggibilità di Berlusconi? Gli altri sono minacciati?
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LA SOLITUDINE DEGLI ELETTORI
Antonio Padellaro, 19 maggio
Di bandiere del Pd ce n’era una soltanto, ma siamo convinti che di elettori del Pd ce ne fossero davvero molti, forse la maggioranza tra i centomila di piazza San Giovanni a Roma dove, ieri, intorno alla Fiom-Cgil di Maurizio Landini, c’erano con la sinistra del lavoro, della legalità e della dignità, Stefano Rodotà, Sergio Cofferati, Gino Strada, Antonio Ingroia, Nichi Vendola e i 5Stelle. Lavoro e diritti che teoricamente dovrebbero stare a cuore al Pd dell’ex leader della Cgil Epifani, così come a Bersani e agli altri esponenti del sinedrio democratico che, sempre molto teoricamente, di sinistra dovrebbero sentirsi. È un caso unico, quello di un gruppo dirigente che, come paralizzato da una forza potente quanto misteriosa, abbandona i propri militanti nella solitudine politica anche a costo di perderli per sempre. Una coazione a ripetere gli stessi errori che dura guarda caso da un decennio, da quando (era il 2002) sempre in quella piazza San Giovanni un milione di cittadini dissero: basta con Silvio Berlusconi. Sembrò la volta buona, ma poi furono lasciati soli dai Ds, e si è visto come è finita. Oggi la situazione si presenta ancora più grave. È comprensibile che, dopo il vergognoso tradimento del contratto con gli elettori, quei dirigenti che firmando la resa nelle mani di Napolitano sono andati al governo con il Pdl non abbiano più il coraggio e la faccia per mostrarsi a un popolo che forse non li riconosce più. Solo in due non hanno avuto paura di andare in piazza: Fabrizio Barca e Matteo Orfini. Gli altri sono o ministri o sottosegretari. Esiste anche il problema opposto, poiché farsi vedere accanto a Landini e Rodotà potrebbe scatenare le ire dei Brunetta e dei Cicchitto, e ciò per i colonnelli delle larghe intese pd è oltremodo disdicevole. Michele Serra sull’Espresso ha narrato da par suo la triste condizione dei deputati e senatori democratici, costretti a convivere nella stessa maggioranza con i berluscones: “Le inventano tutte, dai sedativi alla cannabis, e i più audaci tagliano la testa al toro e diventano di destra”. C’è poco da ridere: con il sesto senso della satira, Serra ha colto nel segno. È il destino di chi, a furia di arretrare sui principi e di fare compromessi con la propria storia, non si ricorda più chi era e da dove veniva. Del resto, la classe operaia è dispersa e anche il lavoro si va estinguendo. Non è meglio allora “fare spogliatoio” con Alfano e Quagliariello?
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Abbracci fra il presidente della repubblica e il ministro della sanità. In un paese normale sarebbe stato così.
Condivisione un cazzo
Gino Strada a “Che tempo che fa”: “io non sarei il presidente di tutti. Non sarei il presidente dei ladri, dei corrotti e della guerra, mi piacerebbe essere il presidente della cosa pubblica, dei diritti di tutti, non dei privilegi dei pochi”.
Ad esempio, quello che voleva dire Gino Strada è che [forse] non è così opportuno che un ex ministro condannato a quattro anni per corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d’ufficio venga invitato in televisione a discettare su cosa è meglio e cosa è peggio a proposito del governo che verrà e dell’elezione del presidente della repubblica. Così come non è [forse] normale che il capo – padrone dello stesso partito di quell’ex ministro, un pregiudicato, pluriprescritto, attualmente sotto processo anche per il reato di sfruttamento della prostituzione minorile debba avere voce in capitolo a proposito del governo che verrà e dell’elezione del presidente della repubblica.
Condivisione un cazzo, parlando con pardon.
Io coi mafiosi, i delinquenti, i ladri e i corrotti non ho e non voglio avere niente da spartire, e come me c’è un mucchio di altra gente che non si merita di dover condividere niente coi mafiosi, i corrotti, i ladri e i delinquenti, figuriamoci una cosa importante come il massimo rappresentante dello stato. Perché nei paesi normali non sono i mafiosi, i ladri, i corrotti e i delinquenti a contribuire alla scelta del capo dello stato, e nemmeno gli si dà la possibilità di poterlo pretendere sotto forma di ricatto come invece succede in Italia.
Ha ragione Gino Strada, è proprio la balla della condivisione che, alla fine rende tutti uguali. Ma una persona onesta non può mai essere uguale a chi non lo è, e, se i lorsignori democratici tanto per dire piuttosto che per fare permettono, l’onesto merita altre tutele e altre garanzie rispetto al delinquente. Mentre qui da noi succede esattamente il contrario.
Ma per dire una cosa del genere ci vuole coraggio, e Gino il coraggio non se lo deve far prestare da nessuno.
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E ha ragione anche Marco Travaglio…’mmazza che terroristi quelli che hanno votato il MoVimento: ma come gli viene in mente dico io, di scegliere come probabili candidati alla presidenza della repubblica persone che non solo rispettano la Costituzione ma la conoscono pure tipo Zagrebelsky e Rodotà, invece di optare cheneso, per D’Alema e Amato? e come è possibile preferire Milena Gabanelli alla grande statista Finocchiaro: forse perché essere donne non significa niente se non si è anche persone migliori prima di tutto? può darsi.
E chissà come mai al posto dei vecchi tromboni e trombettieri di partito, della politica hanno scelto Dario Fo, Gino Strada ben sapendo che entrambi hanno cortesemente declinato l’invito, il primo molto intelligentemente per questioni di età e il secondo perché un lavoro ce l’ha e intende continuare a fare quello che sa fare, visto che lo fa bene?
E questi nemici dell’euro devono essersi impazziti tutti in una volta se nella lista hanno infilato anche Prodi, colui che traghettò l’Italia in quest’avventura disastrosa ma non certo per colpa di Romano Prodi: l’avranno forse scelto perché di fatto è stato l’unico a battere silvio berlusconi alle elezioni senza doversi inventare barzellette di giaguari da smacchiare? po’ esse.
Eppoi i giudici, Caselli, uno dei più perseguitati di tutti, un Magistrato che per anni ha fatto una vita da nomade per motivi di sicurezza; a quei tempi i giudici minacciati dalla mafia si proteggevano senza se e senza ma, non si aprivano provvedimenti disciplinari contro di loro come ha fatto il CSM nei confronti di Nino Di Matteo, per dire.
E Imposimato, un altro utopista che pensa che l’ineleggibilità di berlusconi non sia solo possibile ma proprio necessaria e che non manca mai di ricordare, per fortuna, in questo paese di smemorati chi fu l’artefice della costruzione del berlusconi politico, ovvero proprio D’Alema.
E infine anche fra le preferenze dei pentastellati c’è Emma Bonino, complice forse la gigantesca propaganda a suo favore che sta circolando da settimane nei media, ma, come nella migliore delle tradizioni e se i detti popolari hanno ancora un senso, nel conclave chi entra papa ne esce cardinale, speriamo che questo valga anche per lei, l’Italia non ha certo bisogno di farsi rappresentare da una signora che non ha le idee troppo chiare se è stata capace di dire che Gino Strada è un fiancheggiatore di terroristi talebani, lui che le guerre le schifa e non le avrebbe certamente sostenute se in tutti questi anni fosse stato nei parlamenti, italiano ed europeo, al posto di Emma Bonino come invece ha sempre fatto lei.
Perché Gino Strada i torturati dalle guerre li cura, gli salva la vita se può, non contribuisce al loro massacro anche semplicemente con un voto in parlamento.
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Quella pulita decina
Marco Travaglio, 14 aprile
Uno legge i dieci candidati preferiti dagli iscritti a M5S per il Quirinale e pensa che ci dev’essere un errore. Non negli esiti delle Quirinarie, ampiamente prevedibili da chi abbia una vaga idea del movimento. Ma nella rappresentazione mediatica che ne danno i cosiddetti esperti della cosiddetta informazione. I quali, tanto per cambiare, non han capito nulla. La stampa di destra dipinge i 5Stelle come un covo di black bloc, filoterroristi, teste calde e mezzi matti che vogliono sfasciare tutto. E allora perché molti votano Caselli, che ha combattuto il terrorismo e di recente i violenti infiltrati tra i NoTav?
La stampa di sinistra li raffigura come un’orda di antieuropeisti (peccato che votino Prodi, uomo dell’euro ed ex presidente della Commissione europea, e pure la Bonino, ex commissario europeo); destroidi (infatti scelgono, oltre all’apolitico Grillo e a una giornalista indipendente come la Gabanelli, otto personalità di sinistra); criptoberlusconiani (ma curiosamente adorano Zagrebelsky, Fo e Rodotà, fautori dell’ineleggibilità di B.), antidemocratici (però stravedono per i migliori custodi della Costituzione). Un altro luogo comune molto trasversale è che i pentastellati siano un branco di spostati che credono a leggende metropolitane, tipo scie chimiche, complotti planetari e microchip sottopelle. O uno stormo di pappagalli teleguidati da Grillo e Casaleggio. Eppure, sebbene i due guru avessero escluso dai votabili chiunque abbia ricoperto cariche politiche o elettive, la base ha votato per un ex presidente della Consulta, un ex premier e altri tre ex parlamentari (Bonino, Rodotà e Imposimato). Chi poi cercasse, fra i vincitori delle Quirinarie, qualche esponente del “populismo plebiscitario” che contraddistinguerebbe eletti ed elettori M5S, resterebbe deluso: se c’è un comune denominatore per tutti e 10 (a parte la Bonino, che vuole eliminare le tutele costituzionali all’indipendenza dei magistrati) è, anzi, la fedeltà ai valori della Costituzione. Prima o poi i tromboni che pontificano su tutto senza muovere il culo dalla poltrona dovranno rassegnarsi: la realtà è opposta a quella che descrivono per i loro biechi interessi di bottega e di partito. E anche chi raccontava che Grillo e Casaleggio passano il loro tempo a cancellare le voci dissenzienti dal web (come svuotare il mare col cucchiaino) o a pilotare i consensi dovrà riconoscere che le Quirinarie possono prestarsi a molte critiche: il flop del primo tentativo, la platea ridotta. Ma non sono un videogame truccato dai due guru (in quel caso, un paio di nomi non sarebbero usciti). Sono, molto semplicemente, uno specchio che riflette il pensiero di un popolo vivace e variopinto, magari contraddittorio (chi vuole Strada non può volere la Bonino, che considera Strada un complice dei “torturatori” talebani e ha sostenuto tutte le guerre osteggiate dal medico di Emergency). Ma democratico, abituato a pensare e a dire quel che dovrebbe pensare e dire un centrosinistra degno di questo nome. E, siccome un centrosinistra degno di questo nome non c’è, hanno scelto Grillo. Per la protesta, ma anche per le proposte (alcune tutt’altro che folli). Ha dunque ragione da vendere Bersani, quando ripete che gli elettori del Pd vogliono il dialogo con 5Stelle e non col Pdl. Ma ha torto marcio quando avalla la sveltina bicamerale dei saggi napolitani e si accorda con B. in una stanza buia per mandare qualche cariatide sul Colle.
Anche perché, se qualcuno la interpellasse come ha fatto Grillo con la sua, la base del Pd sceglierebbe più o meno gli stessi dieci candidati. Ora Bersani ha un’occasione d’oro per dimostrare la sua sincerità. Da giovedì i 5Stelle voteranno compatti per il più eleggibile dei 10 (Zagrebelsky o Rodotà i più probabili). Se il Pd farà altrettanto, i suoi elettori saranno contenti, B. sarà fuori gioco e magari, con un premier diverso da Bersani, si aprirà qualche spiraglio per il “governo di cambiamento”.
Dammi solo un minuto, anzi no, quindici
Preambolo: per anni ci hanno massacrato le meningi e non solo dicendo che berlusconi non andava sconfitto grazie alla magistratura ma politicamente, nemmeno adesso è un politicamente sconfitto? e quanto lo sarebbe stato di più se Napolitano non gli avesse offerto la possibilità di potersi comprare senatori un tanto al chilo in quel 14 dicembre rinominato “scilipoti day”? per quale motivo si devono offrire a berlusconi ancora così tante possibilità? posso pensare quello che mi pare, anche che tutti questi tentativi di salvare berlusconi ad ogni costo, anche ridicolizzando la Costituzione, la democrazia e noi tutti servono a salvare e a rendere dei favori anche ad altra gente? sì che lo penso.
Sulla figura di Napolitano, oltre alle tante ombre di cui si è voluto circondare, per chissà quali ragioni “di stato”, peserà per sempre la responsabilità storica di non aver permesso che si andasse ad elezioni nel momento di maggior debolezza di silvio berlusconi; di aver imposto un governo tecnico da lui selezionato e scelto in virtù di un’emergenza che si sarebbe potuta affrontare anche con un governo regolare scelto ed eletto democraticamente, se la Costituzione ha ancora un significato o se invece serve solo come argomento da pour parler.
Se l’idea che serpeggia nei palazzi delle istituzioni è quella di lasciare il paese in mano a berlusconi in virtù di chissà quale diritto anche quando perde, ma soprattutto di rovescio grazie al conflitto di interessi per mezzo del quale può controllare settori importanti dell’apparato dello stato è inutile poi lagnarsi se la gente non riesce proprio ad innamorarsi della politica.
Possibile che nessuno sappia dire a silvio berlusconi che non spetta a chi arriva ultimo alle elezioni decidere un mandato che dovrà durare sette anni? hanno tutti lo stesso quoziente intellettivo della biancofiore?
Sottotitolo: se brunetta è esteticamente incompatibile con Venezia, per la legge del contrappasso si può dire che berlusconi è incompatibile, e non solo esteticamente, con la democrazia? ho sentito Gino Strada in diretta l’altro ieri, e solo dei deficienti avrebbero potuto equivocare sul senso di quell’ “esteticamente incompatibile con Venezia”.
Ma purtroppo o impariamo a rassegnarci all’imbecillità o non ne usciremo mai.
Gino Strada non deve scusarsi proprio con nessuno.
Il mio più cordiale vaffanculo al politicamente e ipocritamente corretto e a chi lo pretende anche in una conversazione informale come quelle che si fanno a “Un giorno da pecora” ma poi sorvola sulle apologie razziste, fasciste e omofobe che si fanno a “La zanzara” degl’istigatori Cruciani e Parenzi.
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Il fatto che un delinquente impunito possa dettare l’agenda politica a proposito dell’elezione del presidente della repubblica, pretendere da ultimo arrivato alle elezioni di avere voce in capitolo sulle decisioni importanti non è solo assurdo ma proprio indegno e incivile.
E altrettanto lo è che la scelta del presidente della repubblica debba prescindere, dipendere, essere fatta sulla base di quanto potrà poi garantire il delinquente impunito, essergli utile quando gli serviranno le solite garanzie e la solita tutela per i suoi problemi giudiziari che pare non gli si possano proprio negare.
Questa non è democrazia né realpolitik, in nessuna democrazia chi perde può pretendere di avere lo stesso potere decisionale: è complicità a cui nessuno nella bella politica tradizionale, quella che secondo Napolitano non ha bisogno di nessuna strigliata moralizzatrice ma va lasciata così com’è, si è mai voluto sottrarre, al contrario tutti hanno sempre fatto a gara per accontentare i capricci di chi non ha più bisogno di offrire nessuna dimostrazione circa il fatto che a lui lo stato è servito e serve solo come scudo per proteggersi dai suoi guai con la legge nonostante la legge e quella Costituzione che un presidente della repubblica come si deve deve poi saper garantire.
Io non mi fido di chi si chiude in una stanza con silvio berlusconi per non far sapere cosa gli chiede silvio berlusconi e perché glielo può chiedere, soprattutto.
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E noi, chi ci garantisce?
Marco Travaglio, 11 aprile
Nella non sempre nobile, anzi quasi sempre ignobile, battaglia per il Quirinale, in questi primi 67 anni di storia repubblicana, s’è visto di tutto. Pugnali, veleni, franchi tiratori e franchissimi traditori, inciuci, lacrime, sangue, merda. Ma non s’era ancora visto un presidente della Repubblica scelto da chi ha perso le elezioni. Ma, siccome c’è sempre una prima volta, pare che sia proprio questo lo scenario che la sorte potrebbe riservarci di qui a una settimana, quando le Camere riunite cominceranno a votare per il nuovo capo dello Stato. Quaranta e rotti giorni fa gli elettori hanno issato sul podio tre partiti minoritari, in quest’ordine: Pd, M5S, Pdl. Ora il leader del primo, che ha perso 3,5 milioni di voti in cinque anni, ha deciso di chiedere al terzo, che ne ha persi 6,5, di concordare insieme una rosa di nomi fra i quali eleggere un nuovo capo dello Stato “condiviso”.
Un modo elegante per riconoscere al terzo partito il diritto di veto sui nomi sgraditi al suo capo, il noto B. Il tutto è avvenuto di nascosto, tra il lusco e il brusco, in una location predisposta da Denis Verdini (quello che ha più processi che capelli in testa, ed è un noto capellone), in una stanzetta attigua alla presidenza della commissione Trasporti della Camera, al quinto piano di Montecitorio. Roba da far venire la nostalgia dello streaming. Ber&Ber erano affiancati dai rispettivi vice, Enrico Letta e Angelino Alfano, che però a un certo punto sono usciti in corridoio perché il tête- à- tête non avesse testimoni e nulla trapelasse della “rosa”. Ma non servono microspie né palle di vetro per immaginarla, tanto la conoscono tutti a memoria: Severino, Bonino, Cancellieri, Finocchiaro, Marini, Amato, Violante, D’Alema, Grasso e — secondo alcuni — pure De Rita. A prescindere dall’età e dal sesso, il minimo comune denominatore è che B. si fida di loro, avendone sperimentata l’assoluta affidabilità nei momenti difficili. Siccome però non si può dire, ecco le formule politichesi alla vaselina: “personalità non divisive”, “soluzioni condivise”, “figure di garanzia”. Non divisive da B. Condivise con B. Di garanzia per B. Contro chi e cosa? Contro i giudici e i processi. Insomma, garanzia fa rima con amnistia. Perciò sono esclusi tutti i personaggi della società civile, da Zagrebelsky a Rodotà, pericolosamente sbilanciati dalla parte della Costituzione. Non va bene neppure Prodi: divisivo, non condiviso e non di garanzia perché non ha mai trattato con B. Pare di leggere l’ultimo pizzino mafioso: “Mai al potere comici e froci”. Per nobilitare l’ignobile operazione, c’è chi ha colto al balzo il monito di Napolitano a un nuovo compromesso storico, come se si potessero paragonare Moro e Berlinguer con B&B, ma soprattutto due situazioni storiche totalmente diverse: 35 anni fa si trattava di includere un partito popolare di massa come il Pci nell’area di governo dopo 30 anni di conventio ad escludendum; qui di mantenere nella stanza dei bottoni un vecchio puttaniere che non ne è mai uscito, avendo governato 11 anni su 19. Restano poi da chiarire un paio di particolari. 1) Che senso ha ripetere ogni due per tre, come fa Bersani, “mai al governo con Berlusconi” e poi fargli scegliere il capo dello Stato? Se B. — giustamente — non deve neppure toccare un governo che può durare anche mezza giornata, a maggior ragione dovrebbe restare a debita distanza dal Presidente, che durerà certamente sette anni.
2) Che senso ha insistere col dialogo con i 5Stelle (che, detto per inciso, sono passati da zero voti a 8 e più milioni) per il governo e tagliarli fuori dal Quirinale? Piaccia o no, sono gli unici che han scelto un metodo trasparente per scegliere il proprio candidato al Colle: la consultazione online tra i loro iscritti. Si spera che esca un nome che piaccia anche agli elettori del Pd e metta in imbarazzo gli eletti. Un presidente che garantisca la Costituzione e la legalità. Quindi non B. Ma tutti noi.
Romanzo Quirinale
Sottotitolo: Bombardamenti aerei italiani in Afghanistan: il Parlamento batte un colpo
Forse è anche per questo che E, il mensile di Emergency chiude, per mancanza di soldi.
Perché gli operatori di Emergency non si limitano a curare i feriti di guerra e a seppellirne i cadaveri, fanno anche quell’informazione che i media tradizionali [quelli che invece lo stato sostiene con molti soldi, naturalmente i nostri] sempre troppo impegnati nell’opera di beatificazione e santificazione della politica, tecnica e non, ci negano.
In un paese normale le Eccellenze sarebbero le persone come Gino Strada.
Gente che uno stato serio avrebbe il dovere di sostenere, non di mandare a chiedere l’elemosina; in Italia, invece, che non è un paese normale né uno stato serio le eccellenze sono altre e con ben altri curriculum, spesso anche giudiziari, i governi di tutti i colori spendono una quantità di soldi spropositata in emerite idiozie tipo aerei e navi da guerra, in progetti di distruzione del territorio come il Tav per tacere su tutto il resto del quotidiano, nonostante “la crisi” che evidentemente è stata ben mirata solo agli obiettivi che doveva colpire.
E affondare.
Con la spending review si tagliano i costi della sanità ma lo stato italiano e i relativi governi di tutti i colori che si sono succeduti e succederanno continuano a spendere un miliardo di euro l’anno per la missione “di pace” in Afghanistan [che dura da dieci anni] e cifre altrettanto spaventose in armamenti da guerra iper raffinati. Emergency in questo ultimo periodo sta curando anche cittadini italiani, quei nuovi poveri che non possono permettersi di pagare. La guerra ce l’abbiamo in casa ma le missioni “di pace” le andiamo a fare altrove.
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Telefonate del presidente Napolitano (intercettato indirettamente mentre chiedeva notizie sul terremoto all’Aquila, preoccupato per le sorti delle vittime) sono agli atti del processo di Perugia alla “cricca”. Nessuno si è lamentato, nessun conflitto d’attribuzioni è stato sollevato. Perché invece tanto scandalo per le intercettazioni indirette di Napolitano sulla trattativa Stato-mafia?
[Gianni Barbacetto]
Trattativa Stato-mafia, i pm di Palermo vogliono sentire Berlusconi
Ci sarà qualche giornalista coraggioso che potrà spiegarci perché berlusconi può ancora avvalersi del legittimo impedimento, visto che almeno ufficialmente non ricopre più alcuna carica istituzionale?
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Il presidente della repubblica italiano non si può intercettare, e infatti nessuno lo ha fatto, come nessuno intercettava il satrapo infoiato ma solo i delinquenti e le puttane dai quali ama farsi circondare abitualmente; negli States il presidente è tenuto a rendere pubbliche anche le sue condizioni di salute e nessuno alza il ditino contro la violazione della privacy, cinguettando e abbaiando su quel che si può fare e quello che no.
Nell’era di internet la cosa più ridicola è censurare notizie, non dire né scrivere cose che poi basta farsi una passeggiata nei motori di ricerca per trovarle. Dov’è finito lo spirito battagliero di quei giornalisti – giornalai – pennivendoli – pompieri – trombettieri di tutti i regimi che ai bei tempi di quando c’era lui, l’altro, quello più basso e meno pelato, ogni giorno rivendicavano a tutta pagina il diritto di poter pubblicare tutto che poi “è la gente a farsi un’opinione”?
Dove sono i paragoni, gli esempi eccellenti coi quali si sono riempite pagine e pagine di giornali per spiegare che quello che succede(va) in Italia altrove, nei paesi normali, dove i presidenti delle repubbliche non dichiarano guerra alla Magistratura ma collaborano con la Magistratura, oppure quelli dove NON si consente a un pregiudicato amico della mafia di occupare cariche istituzionali “alte”, non sarebbero mai potute accadere? Perché, ad esempio, non leggiamo da nessuna parte che negli Stati Uniti il presidente è tenuto a rendere pubbliche anche le sue condizioni di salute [altro che intercettazioni] perché è giusto che i cittadini abbiano sempre il quadro della situazione anche personale di chi amministra il proprio paese? Perché gli italiani non devono sapere a che gioco ha giocato il presidente della repubblica che solo qualche mese fa dichiarava con la solita viva & vibrante soddisfazione commemorando Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della sua scorta: “vent’anni fa non ci lasciammo intimidire”? Mantenere segretezza sulle telefonate che passano sulla linea della presidenza della repubblica che vuol dire, che sulla linea telefonica del quirinale può passare di tutto? di chi è il garante Napolitano, del popolo, di se medesimo o di ex ministri bugiardi? abbiamo o no il diritto di saperlo?
Potrebbero spiegarci cortesemente – questi manipolatori della pubblica opinione, questi maestri del disorientamento, quelli che va bene parlare di tutto purché non si parli mai di cose serie e importanti – perché quello che andava bene per berlusconi oggi non va più bene per Napolitano?
Il procuratore antimafia Grasso ha detto che Napolitano ha ragione ma anche i Magistrati che “hanno agito in buona fede”. Come se abitualmente i Magistrati agissero secondo il loro umore e sentire. Insomma, ai Magistrati si può far fare anche la parte degli scemi del villaggio, di quelli che un bel mattino si svegliano e decidono quale deve essere il bersaglio grosso da colpire per rendersi un po’ protagonisti e farsi bacchettare dal presidente della repubblica che invece è autorizzato ad aprire il fuoco – per nulla amico – su chi proprio per il ruolo che gl’impone la Costituzione, dovrebbe garantire. Poi quando le agenzie di rating ci declassano perché la situazione politica è quella che è: pietosa, e il mondo civile ride di noi è per farci un dispetto.
Per umiliarci, ecco.
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Romanzo Quirinale
Marco Travaglio, 18 luglio
Ma che bel coro di corazzieri belanti è diventata la stampa italiana, con l’aggiunta – ci mancherebbe – delle tv a reti unificate. Almeno ai tempi di B. i giornali di sinistra attaccavano il governo, non foss’altro che per il gioco delle parti. Ora invece non muove più foglia che il potere non voglia: tutto va ben madama la marchesa. Anche quando il Presidente della Repubblica si scrive un decreto per chiedere alla Consulta, piena di amici suoi e / o di nominati da lui, di mettere in riga la Procura di Palermo che osa indagare sulle trattative Stato-mafia, incriminare l’amico Mancino e soprattutto rispettare l’art. 268 del Codice di procedura penale che proibisce ai pm di distruggere intercettazioni prima che lo faccia un gip, un giudice terzo, dopo aver sentito le parti. In questa soave corrispondenza di amorosi sensi, grandi esperti del diritto e del rovescio dimenticano la legge, la Costituzione, perfino la decenza e il ridicolo pur di dare ragione al nuovo Re Sole intoccabile, insospettabile, insindacabile, irresponsabile, inascoltabile, ineffabile. De Siervi. L’ex presidente della Consulta Ugo De Siervo, quello che nel 2010 rinviò la decisione sul legittimo impedimento per non disturbare B. nei giorni della mozione di sfiducia di Fini e della compravendita dei deputati, scrive su La Stampa che “alcune volte le intercettazioni non sono affatto casuali”, come invece la Procura di Palermo definisce quelle di Napolitano captate sul telefono di Mancino. Lo ripete un altro emerito, Cesare Mirabelli: “Non si può usare un’intercettazione indiretta per aggirare il divieto di intercettare il capo dello Stato”. Cioè: i pm di Palermo hanno intercettato Mancino già sapendo che avrebbe chiamato Napolitano per chiedere aiuto contro i pm che indagavano su di lui e che Napolitano, anziché mandarlo a quel paese, si sarebbe amorevolmente adoperato per favorirlo, direttamente e tramite il consigliere D’Ambrosio. De Siervo e Mirabelli devono avere un’opinione piuttosto negativa di Mancino e soprattutto di Napolitano. De Siervo aggiunge che la Procura di Palermo ha fatto “indagini interminabili” (forse dimentica che le inchieste di mafia hanno una durata massima di 2 anni, termine rispettato dai pm) e “avrebbe dovuto trasferire tutta la questione al competente Tribunale dei Ministri”, come B. chiedeva di fare per Ruby nipote di Mubarak. Lo dice pure Stefano Ceccanti del Pd (l ’ Unità). Forse De Siervo e Ceccanti non sanno che nessuno degli indagati è accusato di reati commessi quand’era ministro e nell’esercizio delle funzioni ministeriali, a meno di ritenere che Riina, Provenzano, Brusca, Cinà, Ciancimino jr., Dell’Utri e gli altri indagati fossero ministri ai tempi della trattativa. Si dirà: erano ministri Conso e Mancino. Certo, ma non sono indagati per la trattativa, bensì per aver mentito oggi, 20 anni dopo, da pensionati. Urge istituzione del Tribunale degli Ex-Ministri. La Repubblica di Falò. De Siervo: “Le conversazioni riservate del Presidente dovrebbero essere immediatamente eliminate, anche ove casualmente raccolte”. Michele Ainis (Corriere della Sera): “I nastri vanno subito distrutti, senza farli ascoltare alle parti processuali… È difficile accettare che sia un giudice a esprimersi sulla rilevanza stessa dell’intercettazione”. Ministra Paola Severino: “Qualsiasi sia la decisione della Corte sul conflitto di attribuzione, l’importante è mantenere la segretezza intorno al contenuto di telefonate che possano riguardare persone istituzionalmente protette per il ruolo che svolgono” per “evitare che le conversazioni del Presidente possano essere rese pubbliche”. Avvocato Franco Coppi: “La frittata è stata fatta nel momento in cui è stata proposta l’udienza davanti al gip per procedere alla distruzione delle intercettazioni”. Par di sognare. In Italia – art. 111 della Costituzione – “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”. Anche nell’udienza dinanzi al gip per decidere quali intercettazioni distruggere. È una garanzia per tutti, difesa, accusa e parti civili: ciò che per il pm è irrilevante può essere rilevante per un indagato. Perciò non può essere il pm, ma dev’essere il giudice, nel contraddittorio fra le parti, a decidere di distruggere un’intercettazione. Altrimenti l’indagato può essere danneggiato e, volendo, far invalidare il processo. Non solo: se le parole di Napolitano non possono essere valutate dal giudice perché il Presidente è insindacabile, quelle di Mancino devono essere valutate eccome, visto che è un privato cittadino, per giunta indagato. Invece i garantisti alle vongole vorrebbero vietare il contraddittorio, imporre ai pm di bruciare tutto nel segreto delle loro stanze, senza render conto a nessuno in spregio alla legge e alla Costituzione, e solo per evitare che gli avvocati ascoltino le parole del Presidente e l’opinione pubblica le conosca. Anche loro hanno del Presidente una pessima opinione, o sanno qualcosa che noi non sappiamo? Corazzieri-pompieri. Carlo Galli (Repubblica): “Poiché si tratta di una questione difficile, è giusto lasciare alla Consulta il compito di decidere”. Massimo Luciani (l ’ Unità): “L’inevitabile iniziativa di Napolitano serve a prevenire qualunque dubbio futuro”. Valerio Onida (Corriere): “Quella del Quirinale è un’iniziativa volta a fare chiarezza… per dire qual è la via corretta da seguire in base alla legge nel rapporto fra i due poteri”. Emanuele Macaluso (Corriere): “Basta con questo battere e ribattere di giuristi. Il Presidente si rimette al giudizio della Corte”. Enrico Letta (Pd): “Iniziativa che porterà chiarezza ed eviterà in futuro contraddizioni e pericolosi conflitti fra poteri dello Stato”. Per superare l’imbarazzo di sostenere, in coro coi berluscones, l’attacco frontale di Napolitano alla Procura che indaga sulle trattative che costarono la vita a Borsellino e alla scorta nel ‘ 92 e a tanti cittadini innocenti nel ‘ 93, il tutto alla vigilia del ventesimo anniversario di via D’Amelio, i corazzieri di complemento minimizzano il conflitto di attribuzioni come se fosse una disputa accademico-giuridica: che sarà mai, c’è una divergenza di opinioni fra il Colle e la Procura, dovuto a un “vuoto normativo”, ora la Consulta dirà chi ha ragione e tutti vivranno felici e contenti. Eh no, troppo comodo. Intanto, se ci fosse un vuoto o un’imprecisione normativa, il Quirinale avrebbe dovuto investire la Consulta con un altro strumento: l’eccezione d’incostituzionalità della norma col buco, non il conflitto di attribuzioni in cui accusa i pm di un illecito gravissimo, da colpo di Stato: la lesione delle prerogative del Capo dello Stato. E poi: se c’è un vuoto normativo, vuol dire che la Procura di Palermo ha rispettato la legge esistente, non potendo violare una legge ancora inesistente. E allora di che conflitto stiamo parlando? Codex Napolitaneus. Apprendiamo da Repubblica che, agli atti del processo in corso a Perugia sulla cricca della Protezione civile, la Procura di Firenze che avviò le indagini intercettò alcune telefonate sull’utenza di Guido Bertolaso che parlava col presidente Napolitano ansioso di avere notizie sulle sorti delle vittime del terremoto de L’Aquila. Telefonate penalmente irrilevanti per tutte le parti, che però non sono state distrutte, anzi sono state addirittura trascritte, depositate alle parti e poi allegate agli atti del dibattimento, dunque conoscibili da tutti. Ora, per coerenza, se la lesione delle prerogative presidenziali si consuma nel momento stesso in cui qualcuno ascolta e non distrugge le sue parole intercettate indirettamente, il presidente Napolitano dovrà sollevare conflitto di attribuzioni contro le Procure di Firenze e Perugia, e anche di qualche gip e giudice di tribunale. In caso contrario crolleranno rovinosamente le ragioni di principio sbandierate a sostegno del conflitto d’attribuzioni contro i pm di Palermo, che lui giura totalmente svincolate dal contenuto delle sue telefonate. E, più che un ricorso alla Consulta, Napolitano dovrà chiedere un lodo ad personam. Il Lodo Dipende: “Se il Capo dello Stato viene intercettato indirettamente e fa bella figura, le sue conversazioni, anche se irrilevanti per tutti, devono essere conservate e possibilmente pubblicate in caratteri aurei, acciocché il Cittadino sappia quant’è bravo il suo Presidente, sempre teso al Bene Supremo della Nazione; se, viceversa, fa una pessima figura, si distrugga tutto immantinente, altrimenti per i pm sono cazzi”. Finzioni presidenziali. Nell’ansia di compiacere il Re Sole, i corazzieri grandi firme si scordano di sciogliere alcuni nodi. Li buttiamo lì a futura memoria. 1) L’art. 90 della Costituzione stabilisce che “il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni”, ed è lui stesso a dirci che è anche il caso delle due telefonate con Mancino: altrimenti non sbandiererebbe la sua irresponsabilità ai quattro venti. Ma siamo sicuri che il “prendere a cuore” (D’Ambrosio dixit) le lagnanze di Mancino e il darsi da fare per favorirlo interferendo in un’indagine in corso rientri tra le “funzioni” presidenziali? E, di grazia, quale articolo della Costituzione o quale norma dell’ordinamento lo prevede? 2) L’unica “parte” dell’inchiesta sulla trattativa che può avere interesse alla conservazione dei nastri con la voce di Napolitano è Mancino, visto che i pm li han già definiti irrilevanti. Dunque, invece di disturbare la Consulta, perché il Presidente non dice all’amico Mancino di mandare il suo avvocato ad ascoltarli e poi a chiedere al gip di distruggerli? Si rende conto, che conferendo tutta quest’importanza a quelle bobine, si è consegnato mani e piedi nelle mani di un indagato per falsa testimonianza? Per svincolarsi dall’abbraccio mortale e dissipare il sospetto di ricatti e altre trattative in corso, non c’è che un modo: rendere pubbliche le telefonate. 3) Napolitano si fa scudo nientemeno che di Luigi Einaudi, che secondo Repubblica lo avrebbe addirittura “ispirato” (gli sarà apparso in sogno, nottetempo). È proprio sicuro che Einaudi apprezzerebbe? Sicuro che, se gli avesse telefonato un Mancino per quelle proposte indecenti, Einaudi gli avrebbe dato tanta corda, anziché staccargli il telefono in faccia? Un giorno Einaudi disse: “Non le lotte e le discussioni dovevano impaurire, ma la concordia ignava e le unanimità dei consensi”. Parole che ora suonano come un inammissibile attacco preventivo al Quirinale e ai corazzieri. Che facciamo, spediamo pure Einaudi alla Corte costituzionale?