La scelta cinica

Sottotitolo: Monti ha ribadito la sua estrema sobrietà presentando la sua lista in un luogo semplice e spartano qual è l’Hotel Plaza di Roma.

Un ambientino adeguato: per pochi intimi.

La scelta civica…con fini e casini?

Adesso io vorrei capire perché la “salita” di Monti è ben vista e considerata da tutti, in primo luogo, ma che lo dico a fare, dalla loro santità e codazzo di gonnelle al seguito a cui non pare vero poter rimettere bocca nelle decisioni che la politica dovrà prendere e lo fa ormai a cadenza quotidiana [e già questo dovrebbe far capire a tutti che se va bene a loro non dovrebbe andare bene a nessuno che si senta parte di una società civile, dunque laica], mentre Ingroia sarebbe l’ospite sgradito, l’imbucato ad una festa dove nessuno lo aveva invitato.

Cosa pensano le “autorevoli eminenze giornalistiche”, specialmente quelle che durante quest’anno non hanno fatto altro che raccontarci di quanto è bello, bravo, intelligente, sobrio, elegante il professore.

Quelli che “quelli di adesso sono meglio di quelli di prima”, visto che Monti non ha mai nascosto che con quelli di prima ci si è trovato sempre e perfettamente a suo agio, così tanto da metterseli in casa nientemeno che per una lista CIVICA, ovvero una lista che dovrebbe essere SENZA riferimenti a NESSUN partito politico, AUTONOMA rispetto alla politica, quella bella e tradizionale che piace a S.M. Napolitano I come quella di casini dietro al quale ci sono due esempi di probità quali cuffaro e cesa.

E come può essere una scelta civica quella di chi ha demolito lo stato sociale a beneficio del salvataggio delle banche,  cosa c’è di democratico e di civico in una persona che non rappresenta nulla di tutto ciò che la parola democrazia significa. E figuriamoci civismo.
Per dire, sempre per dire.
[Ma che abbiamo fatto di male per ri_meritarci tutto questo?]

 

Bagno Penale – Marco Travaglio, 5 gennaio

Anziché verificare la credibilità dei programmi dei vari partiti (perlopiù inesistenti, a parte i soliti libri dei sogni e delle bugie) e dei candidati che dovrebbero realizzarli, partiti e giornali al seguito sono impegnatissimi a calcolare il tasso di “centrismo” e “moderatismo” dei vari schieramenti che si presentano alle elezioni. Dibattito appassionante, ma unico al mondo, visto che nei paesi normali si fronteggiano una destra, una sinistra e talvolta un centro, ciascuno dei quali sta al suo posto e fa il suo mestiere. Sarebbe davvero bizzarro cioè che da noi è normale: e cioè i continui richiami a destra e sinistra perchè diventino di centro, fra l’altro in un paese che già vanta una dozzina di partiti centristi. Ma tant’è. Monti, leader del Centro, intima a Bersani e a Berlusconi di “tagliarsi le ali”, cioè la destra e la sinistra, e di “silenziare” i rispettivi esponenti non “moderati”, senza peraltro spiegare che ci sta a fare lui se anche destra e sinistra diventano di centro. Polito El Drito, sul Corriere deplora inconsolabile che il Pd sia “diventato una forza di sinistra”. Che è un po’ come mangiare Nutella e sporgere reclamo perchè sa di cioccolata. Ora, a parte il fatto che Letta, Boccia, Fioroni, Renzi, Bindi e lo stesso Bersani alla parola “sinistra” danno querela, una domanda sorge spontanea: ma, di grazia, come dovrebbe essere il maggior partito della sinistra, se non di sinistra? La colpa della “mutazione genetica” – spiega El Drito – è delle “primarie” che han premiato i “giovani turchi” alla Fassina e Orfini, tutti incompatibili col montismo. Cioè: è colpa degli elettori di sinistra se, anziché un partito centrista, insistono inspiegabilmente a pretendere un partito di sinistra. E, fra la Cgil e Marchionne, si ostinano a preferire pervicacemente la Cgil. Infatti, per riequilibrare la pericolosa deriva di una sinistra di sinistra, Bersani deve infilare nel suo listino il professor Dell’Aringa, al cui confronto è di sinistra perfino la Fornero: anche perché, alle primarie, gli elettori di sinistra, inguaribilmente di sinistra, l’avrebbero asfaltato. In attesa di ulteriori sviluppi dell’arrapante dibattito (come evitare la pioggia bagnata? come ottenere il sale dolce?
che ne direste di un peperoncino non piccante? perché il sole, anziché raffreddare, si ostina a scaldare?), il Fatto insiste in beata solitudine sugl’impresentabili. Anche perché tutti i partiti hanno appena approvato la legge “Liste Pulite” (a parte l’Idv, che giustamente la voleva più severa). E viene il dubbio, che non serva a impedire l’elezione di personaggi inquisiti, condannati e in conflitto d’interessi, ma a fornire loro un comodo alibi. Siccome non sono eleggibili i pregiudicati con pene oltre i 2 anni, tutti quelli al di sotto della soglia diventano gigli di campo. Anche se hanno incassato la prescrizione dopo un giudizio di colpevolezza per reati gravi. Se sono imputati con pesantissime accuse. Se hanno condanne o patteggiamenti inferiori ai 2 anni. Se non distinguono gli affari propri da quelli dello Stato. Ne abbiamo indicati una dozzina, appena usciti trionfatori dalle primarie del Pd. E la risposta è stata: “Abbiamo il Codice etico”. Oppure: “Ma la gente li ha votati”. La seconda è berlusconismo puro: il voto lava più bianco (il famoso bagno penale). La prima è una tartuferai della peggiore specie: perché il Codice etico del Pd, nonostante le sue larghissime maglie, non prevede solo incompatibilità di tipo penale: impone anche “onestà”,”sobrietà”, “correttezza” e vieta “abusi di cariche per trarne privilegi”, “gestione clientelare del potere”, logiche di “scambio”, “conflitti d’interessi”, “incarichi a familiari”. Quanto basta per tagliar fuori dalle liste del Pd tutti gl’impresentabili scoperti dal Fatto .
Perchè allora nessuno interviene a fare pulizia, lasciandosi scavalcare addirittura da Montimer? A che serve la Commissione di Garanzia presieduta da Luigi Berlinguer? Garanzia per chi?

Vuole che me ne vada? me ne vado? la prossima volta mi alzo e me ne vado

MATTEO PUCCIARELLI – Ingroia, come se ci fosse qualcosa di cui giustificarsi

E  questo va dedicato “cordialmente” a tutti quelli che “la politica deve rimanere nelle mani dei professionisti”; praticamente di quelli che hanno condotto allegramente un paese intero alla bancarotta economica, allo sfascio etico e alla distruzione morale.

Quelli che “Monti è stato bravo a restituire una buona reputazione all’Italia”. 
Che poi l’abbia immiserita nella sua già miseria, violata, defraudata nei diritti non è stato un grande problema, del resto lui stesso disse che i suicidi erano semplicemente delle “conseguenze dolorose”, qualcosa evidentemente già messo in preventivo, un fenomeno da accantonare e dimenticare a beneficio della faccia ritrovata, del prestigio internazionale, poi è poca cosa forse ricordare quante volte anche questi signori professori sobri abbiano offeso la gente perbene, l’abbiano considerata e giudicata con fare sprezzante, un intralcio al loro progetto di salvare tutto fuorché quello che si sarebbe dovuto salvare.

Preambolo: Monti in conferenza stampa  – a reti praticamente unificate come i messaggi urbi et orbi del papa – prima di pranzo, berlusconi nel pomeriggio “per le famiglie” di Raiuno, e, per finire in bellezza, lo skipper alle cime di rapa da Fazio su Raitre nel dopo cena: ma non s’era detto “a natale niente politici in tv?”

Sottotitolo: Monti ha in mente un memorandum per un’agenda politica di centro.
Adesso ci vorrebbe uno bravo che spiegasse agli italiani che la politica di centro è una non politica, che non esiste in nessuna democrazia,  nei paesi normalmente civili e moderni ci sono i laburisti e i conservatori, i repubblicani e i democratici, i centristi, quelli alla casini per dire, no, la loro funzione è come ha spiegato benissimo Crozza tempo fa, di  posizionarsi a metà del tavolo per arraffare quello che si passano destra e [centro]sinistra. 
In questo paese i cittadini mantengono un esercito di profittatori, di sanguisughe, di parassiti che non sono funzionali a nessun progetto politico ma che  ci tengono eccome a far parte del carrozzone dei privilegiati. 
Gente inutile, una zavorra di cui un paese normalmente civile dovrebbe sapersi liberare.

ALFANO RISPONDE AL PROFESSORE: “CON LUI PRECLUSA OGNI COLLABORAZIONE” 

Angelino si è offeso.
Bisogna capirli, i berlusclowns, fanno una vita impossibile, non sono proprio abituati a rapportarsi con chi parla una lingua normale fatta di concetti normali.
Monti, se avesse voluto avrebbe potuto demolire berlusconi e il pdl con quattro parole, e invece ha voluto fare simpaticamente dell’ironia sui difetti congeniti di chi proprio più oltre di un tot [molto limitato] non può andare.
Non ce la fa.
Bersani, invece, come al solito si adegua: ci tiene proprio, a far parte della famosa agenda.

In ogni caso quei due, Monti e berlusconi, sono  facce della stessa medaglia, completamente refrattari a qualsiasi cosa che abbia a che fare con il concetto di democrazia applicata.

Berlusconi litiga con Giletti su Raiuno

Se riesce ad andare fuori di testa davanti a Giletti e a Massimo Franco figurarsi cosa potrebbe succedere se andasse davvero a Servizio Pubblico.

Ci fosse mai stato  uno, o una,  che alla minaccia del “me ne vado” di chiunque abbia risposto: “prego si accomodi”.

Dignità, questa sconosciuta. 

Il finto  coraggio dei paraculi ipocriti – quelli alla vespa, funzionali al potere e sempre pronti a salire e scendere dal carro dei vincitori, quali che siano – è un altro squallido aspetto di tutto quel peggio che è stato veicolato in quasi vent’anni  con la definizione di berlusconismo.

 Giusto per tentare di riportare alla ragione quelli che “abbiamo quello che ci meritiamo”.
Perché io non mi merito berlusconi né  Giletti che, se dipendesse da me sarebbe a fare un altro mestiere né verrebbe considerato un giornalista.
Il CDA della Rai, azienda di stato, non viene scelto dai cittadini ma come sempre dai politici di centrosinistra, centroebbasta e destra che, come i ladri di Pisa fanno solo finta di litigare ma quando c’è da spartirsi la refurtiva e operare per il bene comune, cioè il loro,  sono sempre uniti come un sol uomo.

Ed è ovvio e lampante che poi tutti i baciati dalla fortuna di essere scelti a loro volta per condurre trasmissioni, anche quelle fintamente giornalistiche debbano in qualche modo dimostrare la loro riconoscenza, e ci riescono sempre.

Sfinge, Mummia, Scimmia e Volpe – di Marco Travaglio, 24 dicembre

Non so se avete presente Fantozzi quando pianta la tenda nel campeggio, di notte, col ragionier Filini dell’ufficio Sinistri. Filini, cieco come una talpa, gli schiaccia il dito col martello e Fantozzi, per non svegliare i campeggiatori, trattiene le urla per parecchi minuti, liberandole solo quando ha attraversato la foresta.

E’ la citazione più colta che viene in mente per descrivere il minimo comun denominatore di Mario Monti, la Sfinge, e di Silvio Berlusconi, la Mummia, finalmente liberi di sfogarsi dopo tredici mesi di reciproca prigionia.

La Sfinge non poteva dire quel che pensava della Mummia per non gettare la maschera del tecnico “extra partes”, e soprattutto perchè il Pdl gli teneva in piedi la maggioranza. La Mummia non poteva dire quel che pensava della Sfinge perchè gli serviva un anno di decantazione per far risalire i titoli delle sue aziende in Borsa e far dimenticare almeno ai suoi le porcherie del suo ultimo governo. Ieri, finalmente, han potuto dirsi tutto.

La Sfinge considera la Mummia uno squilibrato mentale che dice tutto e il suo contrario.

La Mummia considera la Sfinge un povero professorucolo estraneo alla “trincea del lavoro”, praticamente un fannullone che sta rovinando l’Italia.

La Sfinge aggiunge che non riesce a capire quel che dice la Mummia. Poi l’Annunziata gli dice che non ha capito una mazza di quel che ha detto in conferenza stampa, anche perchè è l’opposto della sua intervista a Scalfari (nel senso che Monti intervistava Scalfari), ma le domande che gli fa in ostrogoto non le capisce nessuno, nemmeno la Sfinge.

Intanto la Mummia va da Giletti e cerca di spiegare perchè mai voleva la Sfinge a capo dei moderati, ma non ci riesce e allora se la prende col timido Massimo Franco (“anche il Corriere fa parte del complotto”) e persino col povero Giletti, che si credeva bastevolmente arrendevole, non sospettando che una domandina ogni tanto costituisce già eversione. “Ma come, torno in tv dopo un anno e lei non mi fa parlare?”.

Non sa, l’ingenuo conduttore, che l’unità di misura del servilismo intervistatorio è cambiata: il sistema nanometrico decimale, un tempo imperniato sul “fede” (una domanda precotta) e sul “vespa” (due domande al massimo, con scrivania di ciliegio incorporata), è ora passato al “d’urso” (solo gridolini di giubilo e squittii di gaudio). Il “giletti” è già terrorismo.

L’altro tratto comune della Sfinge e della Mummia è l’Ego smisurato: si credono entrambi la reincarnazione di De Gasperi. Monti ne parla come di un fratello maggiore, senza naturalmente averlo mai conosciuto, mentre B. lo guarda dall’alto in basso (“sono l’italiano che ha governato di più nella storia, anche più del ricordato De Gasperi”).

Entrambi, poi, sentono le voci.

Monti: “Sento la società civile dirmi: certo, ci tassate molto, ma andate avanti così!”.

Berlusca: “Tutti mi chiedono di tornare in campo per completare la rivoluzione liberale”.

Chissà che gente frequentano: forse club sadomaso.

Monti cita ogni due per tre l’”Agenda Monti” come se parlasse di un altro, con l’aria ispirata che dovevano avere i figli di Aronne quando trasportavano nel deserto l’Arca dell’Alleanza: occhi socchiusi, boccuccia a cul di gallina, respiro trattenuto, quasi che l’Agenda fosse un’antica e sacra iscrizione iniziatica, tipo i Rotoli di Qumran, il Codice di Hammurabi, la Stele di Rosetta. Intanto impiega tre quarti d’ora per dire che si mette all’asta al migliore offerente e non si abbassa a candidarsi a premier: sono gli altri, possibilmente tutti, che devono pregarlo in ginocchio. Si sente tanto Gesù Bambino in attesa dei Magi. E, mentre snocciola i punti dell’ Agenda Purga con la voce briosa di una segreteria telefonica, fra una circonlocuzione di dieci minuti e una freddura che fa ridere solo lui (“l’Agenda è molto pink e molto green”, vedi Ilva), s’ode in sottofondo un inconfondibile “ronf ronf”..

Più pirotecnico l’eloquio della Mummia,che ha imparato a memoria tre o quattro cose e le ripete uguali in tutti i programmi, ma sempre condite con la mossa di Ninì Tirabusciò. Una volta si alza, finge di andarsene e poi si risiede (“Me ne vado? Vuole che me ne vada? Mi siedo per l’ultima volta, ma la prossima mi alzo e me ne vado”).

Un’altra tenta la barzelletta dell’incubo con ”Monti premier, Ingroia alla Giustizia, Di Pietro alla Cultura, Fini era nelle fogne, quello del Sel… come si chiama… alla Famiglia e non le dico cosa faceva la Bindi, ahah”.

Oppure conia neologismi (“pedessiquamente”, “il governo tennico”). O dà della “scimmia” a Beppe Grillo, sperando di esorcizzarlo. Intanto la Scimmia snobba le tv e gira l’Italia a caccia di firme.

In serata, per completare il carrello dei bolliti, si affaccia da Fazio anche Max D’Alema, la Volpe del Tavoliere che s’è fatta fregare, nell’ordine, prima dalla Mummia, poi dalla Sfinge e ora, non c’è il due senza il tre, attende la Scimmia. Dunque, fra i quattro, passa per il più furbo.

Uno così

 

Sottotitolo:  che aspetta Napolitano a togliere il titolo di cavaliere ad una persona così?
Una persona normale che avesse fatto un quarto
delle cose che ha combinato l’utilizzatore totale [soprattutto del
parlamento italiano per il nostro bene e cioè il suo e di pochi
fortunati eletti] starebbe peggiorando di una unità la condizione di una qualsiasi delle italiche galere già da svariati anni.
Una vita a corrompere gente, una vita a farsi ricattare, una vita a pagare tutto e tutti, perfino quello che anche l’ultimo sciagurato del pianeta se vuole trova gratis, e questo sarebbe l’imprenditore capace, il self made man, uno che ha meritato financo il titolo di Cavaliere della repubblica italiana, uno a cui, dopo aver ridotto un paese intero a barzelletta sconcia, averlo disastrato moralmente, eticamente, economicamente è ancora concesso di avere voce in capitolo in parlamento, uno che ancora viene considerato un interlocutore politico.

Uno così.

Senatori comprati e dossieraggio su Fini
Lavitola elenca tutti i servigi a Berlusconi

In una lettera del 2011 il faccendiere (attualmente in carcere) presenta al Cavaliere il conto per
il lavoro sporco fatto in cambio di soldi e della promessa di incarichi: dall’inchiesta-escort alla P4
IL LEADER DI FLI: “SILVIO E’ UN CORRUTTORE”. L’EX PREMIER: “LO QUERELO”

Certo però, chi l’avrebbe mai detto che sarebbe andata a finire così…eppure, sembrava una persona così perbene, così ammodo, sempre elegante, soprattutto nei modi, mai una parola fuori posto, mai un’occasione per farsi chiacchierare, mai un’ombra, mai un sospetto, mai l’ombra di un sospetto, niente.

Dovunque andasse lo accoglievano tutti a braccia aperte, aveva la fiducia incondizionata di tutti, e tutti hanno fatto a gara per farsi accogliere alla sua corte, tutta gente perbene, ci mancherebbe, quando uno è onesto è onesto e ci tiene sempre a dimostrarlo nel migliore dei modi.

Con tutti.
Milioni di persone facevano le file per dimostrargli la loro simpatia, il loro affetto, il loro ammmòre.

Chi estorceva una villa per lui, chi rubava una casa editrice, chi, addirittura, amici degli amici, manco i suoi, gli faceva trovare un partito politico bell’e pronto, chi gli regalava una bicamerale, chi una quarantina, contate male, di leggi fatte apposta per farlo vivere tranquillo e spensierato, chi si prendeva gli schiaffi al posto suo, c’è stato perfino chi è andato in galera al posto suo.
Un paese intero si è sacrificato per lui.
Nessuno si sarebbe mai aspettato un epilogo così triste, un’uscita di scena da viale del tramonto.
Nessuno si sarebbe mai immaginato che quando molta gente diceva e scriveva sui libri e sui giornali già una ventina abbondante d’anni fa che non era quella persona così affidabile che voleva far credere di essere  lo faceva perché era davvero una persona inaffidabile e poco seria.

Anzi, per niente seria.

Qualcuno li ha ascoltati?
Li chiamavano, li chiamano, ci chiamano antiberlusconisti, ecco.

 

La carica degli Immortali

“Chiedere al potere di riformare il potere, che ingenuità”. 

Giordano Bruno

 

 

Sottotitolo: “hanno visto più stragi loro dei terroristi del mondo, non hanno mai collaborato con la giustizia a svelarci la verità su 60 anni di Repubblica fondata sul sangue dei morti nelle stragi e continuano a parlare di Paese democratico e non se ne vergognano mai.
Hanno perso la possibilità di vergognarsi e questo è il motivo per cui continuano a restare li anche se nessuno li elegge , infatti si eleggono da soli.
Cordiali saluti
Giovanna Maggiani Chelli 
Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili”

 

 

Parlamento, La Malfa e Pisanu da record: sono gli highlander della politica italiana

Quasi ottanta anni di Parlamento in due, più dei 66 anni di vita del Parlamento italiano, dalla sua prima seduta il 28 giugno 1946. Il record è di Giuseppe Pisanu, per il Senato, e Giorgio La Malfa, per la Camera, entrambi a 38 anni di attività. A stilare la classifica della longevità politica è il senatore Idv Stefano Pedica che lancia contemporaneamente la campagna “Cosa hanno fatto in questi anni?”, per dire no a chi è in Parlamento “da una vita”.

Ringraziamo la pattuglia delle vecchie cariatidi che siedono in parlamento da trenta, quaranta, cinquanta, una in particolare [con viva & vibrante soddisfazione il prossimo anno Napolitano festeggerà le nozze di diamante col parlamento essendo stato eletto nel 1953, l’altro ieri, praticamente], da sessanta anni per aver condotto allegramente il paese fino a qui. 
Gente che non solo non se ne va, non pensa minimamente di cedere il passo [e il posto] per favorire un ricambio necessario se la nostra è ancora una democrazia e non un regime sudamericano, africano dove una persona può restare quarant’anni al comando e nessuno può chiederle di andarsene, ma si permette anche di stronzeggiare, di reggere i giochi a chi oggi dice che il posto fisso è noioso, che il lavoro non è un diritto, che si permette di dare dell’eversivo/sovversivo/populista/demagogo a Grillo che individua, giustamente, fra i mali della politica proprio l’assurda concezione, tutta italiana, che un politico debba essere per sempre. 
350.000 cittadini – proprio grazie a Grillo – hanno messo la loro firma anni fa su una proposta di legge che chiedeva di ridurre a due legislature il tempo massimo di permanenza in parlamento, una volta terminati quelli chi aveva avuto l’onore di servire il paese sarebbe dovuto tornare alla sua normale occupazione, 350.000 firme che sono state giustamente ignorate perché di quel che vuole il popolo al manipolo dei mantenuti privilegiati non frega un cazzo, l’Italia in mano a questi giovani virgulti si è man mano trasformata in una dittatura dove sono gli stessi politici che si autoeleggono grazie a leggi elettorali fatte sempre da loro che impediscono a noi, popolo sovrano per Costituzione, di poter scegliere chi può accedere in parlamento, chi può restare e chi no.
Verrebbe da chiedersi cosa avrebbero fatto tutti quanti se avessero dovuto lavorare sul serio invece di farsi mantenere a vita, e anche oltre la vita, dai cittadini, ecco perché hanno tanta paura del ‘buffone’ che ha il merito, almeno, di aver svegliato un bel po’ di coscienze.

Cervelli in pappa

C’è da ammetterlo è stata una lunga estate calda. Molto calda. Così calda che evidentemente ha mandato in sofferenza gli ultimi neuroni rimasti attivi nei cittadini. In vero, parrebbe che anche qualche sicario di governo abbia avuto una fusione neuronale, ma è solo apparenza. La loro materia grigia è fresca.

 

Mi piace pensare che si divertano a tirare la corda, certi che mai si spezzerà. Ho smesso di credere che questo possa avvenire per un rigurgito di dignità. Ormai, come in un film di Mel Brooks, i sicari potrebbero sedersi davanti a una telecamera e dirci qualunque sozzeria. Noi staremo a discuterne per giorni, traendo da esse anche qualche insegnamento. Sbagliato.

 

Cancellieri: “Tagli alle scorte, ma senza ideologie.” Se avesse la pazienza di spiegarmi, sicario ministro, le sarei grata. Cosa significa? Che abbiamo corso il rischio di lasciare liberi i criminali di uccidere “le toghe rosse” per strada? E quindi che esistono le toghe comuniste impegnate a perseguitare l’ex tizio criminale?

 

Cosa c’entra, signor ministro sicario, l’ideologia politica con una scorta? Vorrà forse dire che c’è rischio che per far dispetto a un ex amico, qualcuno può proporre di eliminare un privilegio? La scorta, non dovrebbe servire a proteggere le autorità che per aver lavorato a tutela delle istituzioni, oggi hanno la vita a rischio?

 

Sarebbe ideologico, togliere le scorte pagate dai cittadini italiani, a quella feccia di amichetti, complici, affiliati, mafiosi che per anni hanno usato uomini dello stato come gadget di lusso da mostrare come cagnolini in borsetta?

Ci sarà qualcosa di ideologico, sicario Ministro, anche nei guanti dei pompieri che non isolano dal calore, e che hanno provocato gravi ustioni a due vigili del fuoco? (Come gli scarponi di cartone dei minatori sardi, durante il fascismo, che si disintegravano a contatto con l’acqua)

 

Si divertono, ne sono sicura. E fischiettano sorridenti ad ogni approvazione di decreto. Da oggi i medici, per esempio, dovranno motivare la scelta di un farmaco “non griffato”[cit.] qualora decidessero di prescriverlo a un paziente che ne ha bisogno. Si può anche arrivare al punto in cui, il paziente viziato dalla griffe, decida di pagare la differenza tra la merda di stato e la medicina da ingoiare. Certo che ci ridono dietro, è normale, dato il silenzio.

 

Soprattutto perché dopo leggi che per salvare l’allora direttore della propaganda di rete 4, oggi siamo costretti a pagare 1.500 euro al giorno al signor Francesco Di Stefano, legittimo proprietario delle frequenze. E perché leggi che nonostante sia palese la bufala del Ponte sullo Stretto, intorno al progetto fantasma nascono nuovi contratti, e nuovi falsi progetti, la cui non attuazione ci costerà domani altre (a l t r e) penali milionarie, che la mafia dello stato italiano, s’impegna a pagare alla Mafia altrui.

 

Certo che ridono, e sono felici. Come scienziati davanti ad una nuova scoperta, gongolano eccitati, ormai sanno che potranno spingersi ogni giorno più in là, restando impuniti.

 

Rita Pani (APOLIDE)

 

Che bel paese l’Italia. Da morire

Sottotitolo: la certezza della pena è indispensabile, ma lo deve essere per tutti i tipi di reati e per tutti i tipi di criminali ma, come abbiamo visto, come c’insegna il favoloso stato [di diritto, eh?] italiano, una vetrina vale più della vita di un ragazzino, una carriera più della giusta punizione per chi si macchia di un crimine come la tortura, una vita spezzata di una giovane donna uccisa dall’uomo che diceva di amarla vale pochi anni di galera, con lo stupro, l’apologia di fascismi e razzismi, con le aggressioni xenofobe o verso gli omosessuali si accede di diritto agli arresti domiciliari. Ma per il furto di un ovetto kinder si istruiscono processi che durano tre anni e si concludono con un’ovvia assoluzione che si sarebbe potuta concedere dopo tre minuti. Quindi non c’è speranza: questo paese è refrattario all’idea di giustizia giusta e applicata, e lo è ad iniziare da chi dovrebbe lavorare per metterla in pratica.
La politica, di tutti i colori, è la prima responsabile di tutti i crimini che restano impuniti.

In questa lieta giornata che segue quella in cui l’ennesima ingiustizia da parte dello stato verso i suoi cittadini è stata fatta, rivolgo un saluto cordiale a Gianni De Gennaro nominato di recente  sottosegretario ALLA SICUREZZA da QUESTO GOVERNO.


Video – il regista Vicari: “Alla Diaz fu tortura” (di I. Buscemi)

“400 poliziotti hanno compiuto un reato che in Italia non esiste, la tortura“.

La morale, in uno stato ridicolo qual è il nostro, è che su 400 criminali comandati da delinquenti fascisti  – che ancora occupano le istituzioni – che hanno potuto umiliare, mortificare, massacrare di botte gente incolpevole, che dormiva per terra, uomini, donne, ragazzi e ragazze che volevano solo manifestare pacificamente un dissenso, solo 25 sono andati a processo e la loro vita, dopo averne devastate molte, cambierà, forse, di pochissimo.

E le vittime di questo scempio, di questa sospensione dei diritti democratici e umani,  dopo undici anni non sono state nemmeno risarcite.
Smettiamola di chiamare l’Italia ‘democrazia’ o, addirittura, ‘stato di diritto’.
Perché in una democrazia e in uno stato di diritto queste cose non succedono.

La regia politica dell’operazione rimarrà a disposizione della storia ma non verrà giudicata dalla giustizia. 

Oggi Fini è diventato un amichetto dei  riformatori liberali, della gente dè sinistra, della società civile, è stato lavato e candeggiato a dovere in questi undici anni, quindi nessuno gli chiederà conto di quel che accadde nella cosiddetta cabina di regia quando lui era nientemeno che ministro della difesa di questa repubblica.

Il governo Prodi ha avuto uno dei peggiori ministri della giustizia, Clemente Mastella, che è stato attivissimo sugli indulti  che servivano a berlusconi  e ai suoi compagni di merende ma non ha trovato il tempo di approvare norme decenti sulla tortura: il parlamento non le ha volute, pretese, anzi.

Ricordiamo anche che Di Pietro non volle la commissione di inchiesta sul G8 mentre oggi si spertica nel chiedere quella sulla trattativa stato mafia. Un poliziotto è come un fascista: per sempre.

Con questo combinato di attività, collusioni, menzogne, depistaggi, inciuci, pressioni,  inerzia, mentre nel frattempo i responsabili dei massacri venivano premiati, promossi,  strapagati, nonostante (o forse grazie a) quel che accadde a Bolzaneto e alla Diaz  si è sancita l’impunità, passata e futura, di un gruppo di funzionari in sostanziale continuità con una tradizione fascista non solo tollerata ma proprio incoraggiata.

Da Portella della Ginestra, passando per Piazza Fontana, Bologna, Ustica, continua la tradizione italica di insabbiamento e copertura istituzionale compiute dalle istituzioni stesse che cambiano nome ma non ruolo. Che bel paese, l’Italia. Un paese bello, da morire.

Noi sappiamo, Massimo Rocca per il Contropelo di Radio Capital

Adesso sappiamo quello che sapevamo undici anni fa. Questa maledizione pasoliniana. Sappiamo quello che era sotto gli occhi di tutti. La provocazione di stato. Il tentativo di fare di Genova l’occasione per un sovvertimento della democrazia. Sotto gli occhi delle alte cariche dello stato, con le alte cariche dello stato sul posto. Sappiamo che, tanto pasticcioni e incapaci, quanto crudeli e malintenzionati, come sono sempre stati gli organizzatori delle trame, la fecero così sporca e così stupida da diventare un boomerang. Ma i boomerang italiani sono velocissimi nel colpire, lentissimi nel tornare indietro. Indulti, prescrizioni, tutte le tattiche di difesa che certo non si offrono quando scattano i manganelli e così in galera non finirà nessuno per la Diaz, come per il global forum di Napoli o per Aldrovandi. Salteranno a scoppio ritardato alcune carriere che non avrebbero mai dovuto esser fatte. E allora ricordiamo almeno i nomi dei distratti ministri sotto cui quelle carriere si sono dipanate: Claudio Scajola, Giuseppe Pisanu, Giuliano Amato, Roberto Maroni, Anna Maria Cancellieri.