Chi aveva il timore che Monti non si sarebbe occupato della Rai come aveva promesso a Che tempo che fa può smettere di preoccuparsi. E anche di indignarsi a tempo scaduto.
Perché questo è l’unico modo con cui Monti si è occupato, si occupa e si occuperà di tutto. Affidare tutto ai suoi simili trasformando così tutti i settori importanti di questo paese in tante piccole dittature bancarie.
Quindi, indignarsi è inutile, varrebbe la pena chiedersi piuttosto fin dove a questo signore sarà concesso di arrivare: questa è la vera preoccupazione.
Almeno la mia sì perché faccio fatica a pensare e a credere che solo adesso l’interesse sia quello di far prevalere il profitto, il controllo del bilancio rispetto ad arte, cultura, scienza, informazione e tutto quello che un vero servizio pubblico dovrebbe garantire dopo aver permesso agli stessi funzionari di quell’azienda che oggi si vuole, si deve a tutti i costi salvare, di fare terra bruciata intorno a queste cose per favorire un delinquente abusivo e i suoi interessi.
Ma la politica dov’era, dove è stata in tutto questo tempo? dov’era la politica che avrebbe dovuto contrastare, abbattere, l’enorme conflitto di interessi in cui stiamo annegando tutti?
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Grande lettitudine
Marco Travaglio, 10 giugno
Dunque, per la gran parte dei giornali, con la nomina di madama Tarantola alla presidenza della “nuova ” Rai e l’indicazione di Gubitosi alla direzione generale, Monti avrebbe scelto “due alieni”, compiuto “un salto di qualità”, percorso “una strada diversa” e “inedita”, “non contaminata dalla lottizzazione”, con “un pacchetto a prova di interferenze politiche”, lanciando “una sfida ai partiti alleati” per “piegarne la resistenza” e “metterli davanti alle loro responsabilità” (Corriere della Sera), “voltando pagina” con la “rivoluzione dei tecnici” (Repubblica), addirittura “cercando l’incidente” coi partiti ignari, scavalcati e dunque furibondi (il Giornale).
Seguono ritratti-soffietto dei due prescelti: la Tarantola sarebbe
“la Thatcher di Bankitalia” (il Giornale), “una lady di ferro” (Repubblica), tutta “disciplina e rigore” (La Stampa), “la signora della vigilanza bancaria” (Corriere); e Gubitosi “il super manager che ama gli scacchi”, “di fede romanista” (Corriere), “schivo ” e di “stile sobrio”, visto che “preferisce il volontariato ai salotti” (La Stampa). Curiosamente, in questo festival della saliva e dell’incenso, è sfuggito a tutti (fuorché al nostro giornale) che la vigilante di Bankitalia s’era lasciata sfuggire sotto il naso le prime imprese truffalde di Gianpiero Fiorani, anche perché legatissima allo sgovernatore Fazio. Ed è pure sfuggito a tutti (fuorché al Fatto ) ciò che scrisse Giovanni Pons un anno fa su Repubblica, e cioè che Gubitosi, vicino all’Opus Dei, “si è fatto presentare al potente sottosegretario Gianni Letta da Luigi Bisignani”, noto piduista e pregiudicato per la maxitangente Enimont da lui riciclata allo Ior, di lì a poco coinvolto nello scandalo P4 per il quale patteggerà 1 anno e 7 mesi di reclusione. Ed è pure sfuggita l’indagine della Procura di Roma che ipotizzava una mega-mazzetta per la vendita di Wind dall’Enel al magnate egiziano Sawiris, operazione in cui si fece il nome di Bisignani in cabina di regia e che fruttò a Gubitosi, all’epoca direttore finanziario di Wind, un’accusa di corruzione poi archiviata perché nessun paese straniero rispose alle rogatorie entro i termini massimi consentiti per indagare. Lasciamo stare gli eventuali reati, che qui non interessano, e concentriamoci sulle amicizie: in un paese normale chi fosse accostato al nome di Bisignani si affretterebbe a smentire, oppure diverrebbe un appestato. In Italia invece la bisignanitudine, così come la lettitudine, fa curriculum. Basta contare i ministri e alti papaveri nominati o conservati al loroposto che hanno avuto e/o hanno rapporti con Letta e Bisignani. Altro che “alieni”, altro che “tecnici”, altro che “meritocrazia”, altro che “sfida ” all’establishment. Tutto continua ad avvenire nelle segrete stanze, all’ombra dei grembiulini e delle tonache color porpora. Fanno quasi tenerezza Santoro e Freccero, che avevano inviato a Monti i loro curricula grondanti di medaglie e di esperienze in fatto di tv: l’aver ideato e condotto programmi di grande successo e diretto reti televisive in Italia e all’estero con risultati eccellenti, lungi dall’essere un merito, è una colpa. Sotto i governi politici come sotto quelli tecnici,che ne sono la prosecuzione con altri mezzi, anzi con gli stessi.
Perché qui, prim’ancora che di nomi, è questione di metodo. La miss Marple uscita dai caveau di Bankitalia e il manager sbucato da quelli di Bank of America-Merrill Lynch, oltre a non distinguere un televisore da un paracarro, sono stati calati dall’alto, fatti scegliere – si dice – a una società inglese di cacciatori di teste (di cavolo) che mai li avrebbe messi a dirigere la Bbc, o France 2 o l’Rtf francese. Perché nel mondo civile prima viene il curriculum con le competenze specifiche, poi arriva la nomina.
Qui invece prima arriva la nomina e poi il curriculum, peraltro privo di competenze specifiche.
Un foglio bianco, con in calce una scritta in piccolo: “Mi manda l’Opus”, “Mi manda Bisi”, “Mi manda Gianni”.