Sfrizzola il vilipendulo

 1000 euro di multa a un pensionato di 71 anni perché ha detto davanti a dei pubblici ufficiali che l’Italia è un paese di merda.

Giustissimo: vilipendio è  infatti considerare ancora l’Italia una repubblica democratica la cui sovranità è affidata al popolo come da Costituzione.

Dovrebbe essere questo, il reato.

***

Nel giorno che la Bonino nega asilo politico ad una persona minacciata dai potenti della terra per non infastidire la sua adorata America, Laura Boldrini che non va a visitare lo sfruttatore Marchionne [Monti c’era andato] fa la figura della gigantessa.

***

Della Valle: “Elkann chiama il Colle? Sembra una scena da Istituto Luce”

L’imprenditore commenta la telefonata con cui il presidente di Fiat annunciava a Napolitano di essere pronto a scalare il Corriere della Sera con i soldi del Lingotto: “Mi è sembrato di tornare bambino, quando i comunicati dell’Istituto Luce mostravano il duce che mieteva il grano”. [Il Fatto Quotidiano]

***

Elkann vuole la maggioranza di RCS per poter esercitare da imprenditore il controllo sul Corriere della Sera, il quotidiano dell’alta borghesia e degli imprenditori “coi soldi del Lingotto”, ovvero i nostri, Napolitano lo sta pure a sentire e Della Valle, parte in causa, giustamente s’incazza.

Penso che Della Valle sia un imprenditore perbene che ancora conosce il valore e l’importanza dell’etica applicata anche alla professione, il suo marchio in giro per il mondo è uno di quelli che ancora è motivo di orgoglio, la stessa cosa non si può dire della Fiat, però continuo ad essere convinta che in un paese normale i quotidiani non devono essere sottoposti al controllo degli imprenditori e che in questo paese l’unica legge necessaria, ed è per questo che nessuno la vuole fare, è quella per regolare i conflitti di interesse.

Non sarà mai libero un giornale che deve rendere conto ad un editore [o a molti] che ha i suoi interessi da tutelare.

E figuriamoci se il presidente della repubblica può permettersi di intercedere a favore di qualcuno in particolare.
E’ stato perfino troppo gentile della Valle a ricordare a Napolitano che i doveri di un presidente della repubblica sarebbero altri, specialmente in un periodo disastroso come questo.
Napolitano dovrebbe stare meno al telefono e, in generale, occuparsi meno di affari che non lo riguardano.

***

Ritenta, sarai più fortunato
Marco Travaglio, 5 luglio

Spiace per i tromboni che da mesi si prodigano contro il processo sulla trattativa Stato-mafia, ma quella di ieri è stata un’altra bella giornata per la Giustizia italiana. La Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto ha fatto a pezzi le eccezioni dei difensori (ufficiali, ma soprattutto ufficiosi) degli imputati di Stato per trasferire la competenza a Roma. È il destino di un processo che, fuori dalle aule di giustizia, cioè nei palazzi della politica, nelle tv e sui giornaloni, vede gli imputati sempre innocenti, immacolati e candidi come gigli di campo. Ma, appena approda davanti a un giudice terzo, vince sempre la Procura. Era accaduto all’udienza preliminare, col rinvio a giudizio di tutti gli imputati. È riaccaduto ieri nel-l’aula bunker dell’Ucciardone. E dire che l’altroieri l’Università di Palermo, con uno zelo e un tempismo degni di miglior causa, aveva radunato i migliori difensori d’ufficio di Mancino, Mannino, Conso, Dell’Utri, Mori e De Donno per una gran soirée simposio contro il processo, alla presenza di Macaluso, storici, giuristi e persino magistrati in servizio o in pensione (c’era pure Di Lello), tutti stretti attorno al nuovo idolo del partito anti-pm: l’esimio professor Giovanni Fiandaca, già candidato trombato alle primarie del centrosinistra per il Comune di Palermo e autore di uno squisito “saggio” pubblicato sul Foglio col raffinato titolo “Il processo sulla trattativa è una boiata pazzesca”. Talmente pazzesca che tutti gli imputati, a suo dire innocenti, sono a giudizio; e il processo, a suo dire inevitabilmente destinato a Roma, rimane a Palermo. Un figurone. Cose che càpitano quando si scrivono saggi o articoli prêt-à-porter, con procedura d’urgenza, senz’avere il tempo o la voglia di leggersi gli atti del processo. Anche Macaluso, che almeno non insegna, dunque fa meno danni, si prodiga da mesi contro quel processo: specie da quando l’amico Napolitano fece di tutto per soffocarlo nella culla a gentile richiesta di Mancino. Ultimamente si è esposto a epiche figuracce scopiazzando la memoria difensiva di Mori, con errori di date e di fatto da matita rossa e blu. Chi volesse farsi quattro risate può ascoltare su Radio Radicale la sua scombiccherata prolusione palermitana (lui, per dire, il 41-bis lo chiama “441”). In stereo con Mori, che attribuisce i suoi guai giudiziari a una congiura di giornalisti capitanata dal sottoscritto, il Macaluso deplora “gli attacchi rozzi e strumentali alla magistratura, dovuti alle vicende personali (sic, ndr) di Berlusconi”, sferrati da chi? “Da Travaglio, quando questi organi prendevano decisioni sgradite all’una o all’altra (sic, ndr)”. Invece Fiandaca, “per la sua autorevolezza e il suo argomentare, ci dà il senso che una critica alle sentenze e alle procure può e deve essere fatta”. Ecco, Fiandaca con quella bocca può dire ciò che vuole, perché, diversamente da altri, autorevolmente argomenta. Un po’ come il ragionier Ugo Fantozzi, a cui il titolo del saggio autorevole e argomentato è dedicato. E qui Macaluso estrae l’asso dalla manica: “Io contesto la formula ‘trattativa’”. Pazienza se alcune sentenze di Cassazione, un’ordinanza di rinvio a giudizio e financo le testimonianze di Mori e De Donno, usano la formula “trattativa”. Lui ne sa una più del diavolo, infatti parte con un pippone su Colajanni, Salvemini, Giolitti, Stalin, Andreotti, Rizzotto e il bandito Giuliano per dimostrare che “in Sicilia abbiamo avuto un lungo periodo di convivenza” fra Stato e mafia. E, siccome lo Stato ha sempre trattato con la mafia, non si parla di trattativa e, soprattutto, non si processa chi la fece. Tesi davvero avvincente e foriera di ulteriori sviluppi: siccome gli omicidi e le rapine ci sono sempre stati, perché processare gli assassini e i rapinatori? Se la scoprono Ghedini e Longo, hanno già pronto l’appello alla sentenza Ruby: siccome l’uomo è cacciatore e la prostituzione è il mestiere più antico del mondo, Berlusconi è innocente.

Tutti al mare

Polemica su atto di forza Schifani: polizia chiarisca

Tanto per chiarire, visto che si è già messa in moto la macchina delle “poche mele marce” e delle “schegge impazzite” come succede ogni volta che la polizia e le forze dell’ordine come dire? esagerano nell’esercitare il potere che lo stato consente loro di poter esercitare. Noi cittadini siamo inermi di fronte al potere, e dunque potrebbe essere anche consentito generalizzare visto che gli episodi di “esagerazione” hanno raggiunto un livello di guardia preoccupante. Io però non lo voglio fare, ma pretendo da chi ha ribalte in grado di veicolare un messaggio che quel messaggio sia giusto, che non tendesse a divagare, che non si minimizzasse ancora una volta una vicenda che come tante altre volte è capitato ci farà fare la solita figura di merda a livello internazionale. Tutto questo perché questo paese è mal gestito, condotto da persone irresponsabili che, nemmeno dopo i fatti di Genova hanno pensato che fosse opportuno dare una stretta all’esuberanza di chi per ruolo e istituzione è chiamato a tutelare e proteggere i cittadini, non dunque ad aggredirli, pestarli, ammazzarli. Io non voglio vivere in un paese dove diventa un rischio essere fermati anche per una semplice infrazione stradale ché non si sa mai in quel momento fossero di turno le mele marce o le schegge impazzite.

Un capo della polizia che guadagna più del presidente degli stati uniti dovrebbe andarci di persona a chiedere chiarimenti (chiarimenti de che? cominciamo a prenderli a calci in culo e mandarli via prima che sia tardi questi funzionari di stato così solerti e ligi al dovere, quelli che si riparano dietro “io sono” e che non badano troppo alla forma quanto alla sostanza delle cose che sono chiamati a fare, esiste qualcosa che si chiama deontologia professionale, e non è detto che se quello che ordina è un pazzo scriteriato si debba fare proprio tutto di quello che chiede), non farselo dire da schifani.

Una delle tante espressioni dell’italica civiltà.

Vantiamocene, magari ogni volta che pensiamo che la talebania sia un altro mondo dal nostro. Li abituano presto, cosicché possano crescere repressi e felici. Ma molto educati. Perché la legge decide che deve essere così. La giustizia poi, è un’altra cosa, ma impareranno presto pure questo.  La vicenda di questo bambino mi ha rovinato la giornata. Provo schifo per due genitori che hanno lasciato dirimere le loro questioni personali alle forze dell’ordine perché incapaci di farlo diversamente.
Ma provo schifo anche  per le cosiddette istituzioni che pensano che tutto si possa risolvere con atti violenti. E per uno stato che non fa nulla per impedirlo ma, al contrario, non si prende mai la responsabilità delle conseguenze di quelle violenze. 
Di questa escalation di inciviltà applicata alle azioni, alle botte, ai pestaggi, alle sentenze che poi giudicano meno grave un morto ammazzato di una vetrina sfasciata non parla mai nessuno. Nessun monito dall’alto, nessuna indignazione da parte della politica sempre troppo presa dal salvataggio di se stessa. E oggi sì, al contrario di tante altre volte in cui avrei preferito che si vergognassero altri, quelli che permettono anche queste porcherie, mi vergogno anch’io di essere nata in questo paese che non sa e non vuole diventare civile.  Perché non vanno a prendere formigoni così? col cazzo che qualcuno lo va a trascinare via dalla poltrona, sarebbe un gesto antidemocratico e fascista, invece un bambino trattato così è solo puro esercizio della democrazia nell’assoluto rispetto della legge.

Il tribunale aveva deciso che la patria potestà dovesse andare solo al padre del piccolo. Così gli agenti sono andati a prenderlo all’entrata di scuola, alle otto di mattina, per portarlo via dalla madre. Il bambino non voleva andare con loro, e così è stato trascinato nell’auto a forza. Ma una parente del bambino ha ripreso la scena del “prelevamento” e ha girato il video a Chi l’ha visto, che l’ha trasmesso. Nel filmato si vede una donna che corre verso un gruppo di persone e comincia ad urlare, poi il ragazzino sollevato a forza e portato per alcuni metri verso un’auto dove poi è stato caricato.Per tutto il tragitto, il piccolo tenta di divincolarsi dalla stretta di un uomo che lo tiene per le spalle e di un altro che gli stringe le caviglie.

Grazie a http://www.cadoinpiedi.it

Sottotitolo:  Moody’s declassa la fiat, così marchionne impara, e invece di limitarsi a sciacquare la bocca come gli ha consigliato [giustamente] Renzi  dopo la sua dichiarazione su Firenze “città piccola e povera” si fa una doccia, la barba e impara a cambiarsi d’abito tutti i giorni.

Non ho votato per il movimento di Grillo, sono mesi che lo scrivo ovunque, a chi mi chiede di che partito sono non so più rispondere, dico di essere una semplice osservatrice della società, ecco perché questo squadrismo istituzionale/mediatico verso di lui non lo sopporto. 
Questa missione di cui si è autoinvestita certa stampa e cioè criticare tutto di lui e molto poco di altri, spesso niente anche dove da criticare ce ne sarebbe eccome, perfino qualcosa che si dovrebbe guardare con simpatia tipo la sua avventura di ieri trovo che sia ingiusta e inutilmente maligna, qualcosa che produce esattamente il contrario di quel che vorrebbero in molti e cioè escludere il movimento, togliergli la possibilità di potersi proporre nella politica, dunque impedire alla democrazia di svolgersi.

Non si tratta di fare il tifo ma di ribellarsi all’idea che verso Grillo si attui la tecnica fascista del tutti contro uno, in special modo quando i tutti hanno ben altri mezzi e strumenti per farsi ascoltare. 
Grillo ce li ha tutti contro, a partire dal bravo Napolitano che il 25 aprile invece di parlare di cose importanti ha scagliato la sua personalissima fatwa contro lui e i suoi presunti populismi e qualunquismi.
La sua demagogia.
E non ha più smesso, mentre in Italia succede di tutto Napolitano è sempre lì a ricordarci i pericoli dei populismi.
Come se quelli della politica cosiddetta tradizionale che lui invece difende a spada tratta, quelli che leggiamo tutti i giorni sui giornali nelle cronache giudiziarie e che vanno ad arricchire i mattinali delle questure di tutta Italia   fossero meno nocivi.
O come se promuovere e incentivare governi fatti di gente non scelta e voluta dai cittadini   fosse la più democratica delle azioni.
In questo paese sono più di quindici anni che la democrazia viene violata da invisibili colpi di stato che la gente non vede perché non c’è stato bisogno nemmeno dei carri armati nelle piazze, eppure il pericolo per tutti ora è Grillo.
Come mai Napolitano non parla di formigoni, di quello che sta succedendo nella regione Lombardia? così, giusto per fare una cosa nuova, e forse più utile della difesa sperticata della “politica” ma più che altro dei partiti.
Eppure di cose da dire ce ne sarebbero.
Una campagna denigratoria così violenta non era mai stata fatta in precedenza per nessuno: non per berlusconi né per i razzisti della lega considerati per molto tempo solo un gruppetto di gente sì un po’ volgare, cialtrona,  ma che in definitiva si limitava a fare del folklore.   La stessa cosa succederà con Renzi, basteranno altre due parole di d’alema per convincere la gente a fare il contrario di quel che dice lo skipper prestato alla politica solo una trentina d’anni fa. Troppa gente non ha ancora capito come si fa politica, critica tanto il berlusconismo e poi si comporta come e peggio di berlusconi ventilando addirittura l’ipotesi di nuove dittature.
Se non fosse vero ci si potrebbe anche schiantare dalle risate.
Io non ho paura di Grillo, ne ho molta di più di gente come d’alema per esempio, uno che si sente indispensabile tanto da decidere di immolarsi per la giusta causa [la sua] malgrado la storia di questo paese degli ultimi vent’anni ci abbia detto proprio il contrario.
Grillo si può criticare, si deve criticare, facciamolo però sulle cose serie, non sulle ipotesi o su una cosa simpatica come quella di ieri che io non farei nemmeno se mi pagassero.
Nuoto a rendere
Marco Travaglio, 11 ottobre
In attesa di un monito del Quirinale contro la traversata dello Stretto di Messina a nuoto da parte di Grillo, fomentatrice di qualunquismo e antipolitica a causa dell’allusione subliminale a un Paese che fatica a stare a galla, ma soprattutto per via dei rimandi a precedenti infausti come le nuotate di Mussolini, Mao, Le Pen e Putin, giunge molto opportuno il titolo di Repubblica.it: “Grillo è approdato a Messina: ‘Vittoria’. Ma è già polemica sulla traversata”. Ora si attendono le traversate degli altri leader politici e non, che giustamente riceveranno ben altra accoglienza per il loro alto valore patriottico e riformista. Mario Monti solcherà sobriamente la piscina attigua alla Bocconi indossando il sobrio slippino color verde-loden, seguito a breve distanza da Corrado Passera aggrappato al tavolo della crescita. Vivo plauso della stampa tutta per l’ennesimo miracolo di SuperMario. Silvio Berlusconi camminerà sulle acque del laghetto di Milano2 con i cigni numerati, a bordo di un galleggiante più che sicuro, Giuliano Ferrara; per l’occasione i maestri truccatori di Arcore sperimenteranno un toupet, un fard e un cerone a tenuta idrica; il Cavaliere indosserà le tradizionali pinne col rialzo e nuoterà in stile “dorso”, in linea — spiega il portavoce Bonaiuti — “con il passo indietro necessario a unire i moderati”. Prevista anche la presenza di Nicole Minetti nella parte della boa, anzi delle boe. Vivo compiacimento dall’intero centrodestra, a parte Alfano che era già pronto a una nuotata, ovviamente in stile rana. Roberto Formigoni organizzerà una sua personale traversata ai Caraibi, sempreché Piero Daccò riesca a far partire il bonifico dal carcere. Nel centrosinistra si attende l’esito delle primarie per conoscere il nome del protagonista della traversata democratica: Pier Luigi Bersani vorrebbe tuffarsi in una pozzanghera della natia Bettola (Piacenza); Nichi Vendola preferirebbe invece le salubri acque delle vasche di raffreddamento dell’Ilva di Taranto; Matteo Renzi deve ancora chiedere a Giorgio Gori, poi farà sapere. Restano da concordare le regole sull’obbligo di pre-iscrizione al Pd per eventuali pesci, rane, girini, rospi, plancton presenti all’evento. Viva soddisfazione ha espresso Rosy Bindi, mentre Veltroni tace e D’Alema fa sapere che solo lui sa nuotare e tutti gli altri, chiunque vinca, affogano. Pier Ferdinando Casini comunica che una sua traversata, in questa delicata fase politica, potrebbe pregiudicare il Monti-bis, quindi passa. Luca Cordero di Montezemolo vorrebbe traversare anche lui qualche specchio d’acqua, ma appare incerto su quale e intanto si contenta dello specchio. Oscar Giannino, per i Traversatori Liberaldemocratici, sfoggerà un costume intero ascellare color fucsia-verde pisello col papillon giallo e pochette rosa shocking. Anche Alessandro Sallusti farà la sua traversata dalla spiaggia viareggina del Twiga verso una località sconosciuta, ma priva di estradizione, affiancato da un canotto o in alternativa dalla Santanchè. Totò Cuffaro e Franco Fiorito han chiesto alle autorità penitenziarie di poter attraversare anche loro qualcosa di liquido a nuoto, ma poi hanno rinunciato per via dei rischi dovuti alla palla al piede. Alla fine anche Napolitano attraverserà a nuoto lo stagno di Castelporziano, amorevolmente assistito da donna Clio che ne seguirà l’impresa a bordo di un pedalò capitanato da Nicola Mancino munito di telefono subacqueo non intercettabile. Al termine il Capo dello Stato lancerà un monito per una balneazione condivisa. 

A riva troverà ad attenderlo Eugenio Scalfari in compagnia del cinghialotto e dell’upupa, da cui ormai è inseparabile.
Vivo apprezzamento dalle massime cariche civili, militari e religiose.

“Se il Paese non è pron(t)o il governo potrebbe non restare”

Dunque, Monti “si perde” gli elogi di Obama per ciacolare al telefono col piduista in seconda (e chissà cos’aveva da dirgli di così importante? mistero),  sua moglie questa settimana occupa la copertina di “Chi” che è l’unico vero house organ di berlusconi, quel che fanno Olindo Sallusti e Belpietro è un’inezia al confronto della propaganda di Signorini che raggiunge TUTTI, anche la classica casalinga di Voghera che abitualmente non legge i quotidiani ma compra Chi tutte le settimane…una vera scelta di classe, quella di farsi intervistare da Signorini, non c’è che dire, soprattutto sobria. Non siete contenti di tornare ai bei tempi che furono, quelli delle figure di merda  a livello planetario?

Notiziola en passant: Bersani e il governo cancellano il merito.

Poi, quando Bersani e il PD perdono le elezioni come è giusto che sia per un partito che non fa NULLA di quel che la gente si aspetta da un partito che si ostina a collocarsi in una precisa parte politica facessero  almeno la cortesia di non fracassarci tutto il frantumabile prendendosela con Grillo, col Fatto Quotidiano, col qualunquismo dell’antipolitica e tutte quelle idiozie dietro le quali hanno nascosto la loro incapacità, il loro essere assolutamente NULLA rispetto ad una politica non dico comunista ma almeno DI SINISTRA.

“Mi sono sposata molto giovane, a ventidue anni. Tra me e mio marito si è creata ben presto una suddivisione di ruoli molto marcata. La ribalta ce l’aveva lui, la retrovia spettava a me” […] “Mio marito si è appassionato ai figli più tardi. Li ama tantissimo, intendiamoci. Ma, finché non c’è stato tra loro lo scambio verbale, intellettuale, non è stato un padre così presente. Poi, a mano a mano che crescevano, è tutto cambiato”
(Elsa Monti)

Ohhh, una famiglia all’avanguardia, non c’è che dire.

Non si Monti la testa

 Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 28 marzo

Forse è venuto il momento di dire al professor Mario Monti che s’è montato la testa. E la Fornero ancor di più. A furia di leggere sui giornali amici (cioè quasi tutti) che sono i salvatori della patria, i due hanno finito col crederci. In realtà, in estrema e brutale sintesi, finora hanno recuperato miliardi sulla pelle dei pensionati e degli “esodati”, facendo dell’Italia il paese europeo dove si va in pensione più tardi; e altri contano di recuperarli sulla pelle dei lavoratori, dando mano libera alle
aziende di cacciare chi vogliono, camuffando per licenziamenti economici anche quelli disciplinari e discriminatori. Quanto alle liberalizzazioni, a parte qualche caccolina sui taxi e le farmacie, non s’è visto nulla, mentre s’è visto parecchio a favore della banche.
Il vero “salva – Italia ” è tutto mediatico, d’immagine: facce presentabili al posto degli impresentabili di prima. Il che non è poco. Ma è un fattore passeggero, visto che prima o poi, piaccia o no, i cittadini dovranno tornare a eleggere i loro rappresentanti. La prospettiva del ritorno dei politici, lo sappiamo bene, è agghiacciante. Ma questo progressivo disabituarsi degli italiani ai fondamentali della democrazia è pericoloso. Ed è qui che i “tecnici” ciurlano nel manico.
L’altro giorno arriva alla Camera il decreto “liberalizzazioni “,
solita procedura d’urgenza “prendere o lasciare” modello Protezione civile: testo blindato dalla solita fiducia, la dodicesima in tre mesi. Problema: manca la copertura finanziaria, lo dice la Ragioneria dello Stato.
Il rappresentante del governo, il noto gaffeur Polillo, s’inventa che “la copertura non può essere quantificata in anticipo”. Fosse così, tutte le leggi passerebbero al buio, poi si vede. Ma non c’è nemmeno il tempo di discutere: si vota e basta a scatola chiusa. Fini protesta per “l’insensibilità del governo” (e meno male che c’è lui: Schifani vorrebbe solo decreti, soluzione che avrebbe almeno il pregio di liberarci del Senato e del suo presidente). Il Quirinale “si riserva” non si sa bene cosa. Del resto il Quirinale aveva già invitato i gruppi parlamentari a evitare fastidiosi emendamenti al decreto Milleproroghe. Ma a che serve allora il Parlamento, in una democrazia parlamentare? A ratificare senza fiatare i decreti del governo, fra l’altro blindati con la fiducia? Ora arriva il ddl sul lavoro, cioè sull’articolo 18 e poco altro, tutti elogiano la mossa dialogante che ci ha fatto la grazia di evitare il solito decreto blindato. Ma subito Monti&Fornero fan sapere che non ammettono modifiche, sennò “il Paese non è pronto ” e i salvatori della patria in missione per conto di Dio ci lasciano soli (“potremmo non restare”). Cioè: il disegno di legge è come fosse un decreto, calato dall’alto direttamente dallo Spirito Santo. E la formula “salvo intese”? Si riferisce alla maggioranza parlamentare che dovrebbe votarlo? No, a “intese fra governo e Quirinale”. E il Parlamento? Un optional.
Sappiamo benissimo che questo Parlamento fa schifo.
Ma, per averne uno nuovo, più aderente ai gusti degli italiani, si doveva votare a novembre: invece Napolitano, Monti e i partiti retrostanti preferirono evitare. Dunque di che si lamentano? L’avete voluta la bicicletta? Pedalate.
Monti si appella ai sondaggi, come unica fonte di legittimazione fra sé e il Colle (“se qualche segno di scarso gradimento c’è stato, è verso la politica, non verso il governo”). Ma allora dovrebbero valere sempre, anche quando non fanno comodo: oltre il 60% degli italiani è contro la “riforma” dell’art. 18 e, a causa di quella, il governo è sceso in 20 giorni dal 62 al 44%. Magari, in quel 18% in meno, ci sono i 350 mila esodati che il governo ha lasciato senza lavoro e senza pensione: chi li rappresenta? Non era stato proprio Monti, presentandosi al Senato il 17 novembre, a giurare che “non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabiliti in essere”? Ora dice che “sulla riforma non accetto incursioni in Parlamento “, ma quelle che chiama “incursioni” sono
l’abc della democrazia parlamentare. Chi glielo dice?

R-E-S-P-E-C-T

Find out what it means to me – Massimo Rocca per Radio Capital

Qualche giorno fa Mario Monti, che non è proprio un passante, ha detto che la Fiat ha tutti i diritti, non solo, ma il dovere di di investire dove meglio crede. E che tre cose sono importanti  per ognuna delle aziende italiane: produttività, flessibilità ma forse la prima, ha detto, è il rispetto. Quindi il paese può molto esigere ma deve anche rispettare e non si può pensare che in un Paese, e in uno solo, a causa della propria radice storica una impresa debba essere oggetto di permanente scrutinio investigativo. Forse voleva dire scrutinio giudiziario. Quello che per la quinta volta vede Marchionne condannato per comportamento antisindacale nei confronti della Fiom. Questa volta alla Magneti Marelli, dove al sindacato di Landini, che aveva iscritti la maggioranza dei dipendenti, veniva interdetta l’attività sindacale. Con una certa mancanza di rispetto, dicono i giudici, per una lunga serie di articoli di legge e costituzionali. Ecco, se uno proprio non è un passante, il problema che la più grande azienda italiana sia stata condannata più volte e che non abbia intenzione di lavorare in Italia se non gli si riconosce il diritto di violare le leggi, sarebbe una cosa di cui occuparsi. O magari Monti non è ancora pronto?

Fiat voluntas sua

Formigli: “Sentenza sproporzionata
Un attacco al diritto di critica”
Il giornalista commenta la condanna a pagare sette milioni di euro  insieme alla Rai, alla Fiat per un servizio sull’Alfa Mito andato in onda su Annozero nel 2010. “Sono sconvolto. Una cosa del genere intimidisce chi deve informare”

http://www.repubblica.it/politica/2012/02/21/news/intervista_formigli-30281922/?ref=HREC2-12

Non so se Corrado Formigli abbia torto o ragione, non so nemmeno se abbia esagerato ad esercitare il suo diritto di giornalista nel fare informazione né se abbia davvero forzato in modo superficiale quello del diritto alla critica; quello che so è che mi viene naturale e spontaneo stare dalla sua parte, se dall’altra c’è la Fiat.


Cinque milioni dei sette sono stati chiesti solo per il danno morale, da Marchionne? se non fosse vero ci si potrebbe anche schiantare dalle risate. Quanti danni morali dovrebbero chiedere i malati di tumore che abitano vicino agli inceneritori, al Prof. Veronesi, che ha dichiarato in televisione dall’insetto che striscia a Porta a Porta, che gli inceneritori sono a rischio ZERO TUMORI?

Non è disinformazione questa, e per giunta pericolosa?

La disinformazione si tollera, si compatisce,  solo quando a farla è Bruno Vespa?

Sono stata molto colpita dalla violenza inaudita con la quale molte persone in giro per il web, nei social network, pur di dare a Formigli dell’incapace, disonesto, del diffamatore  si sono schierate con l’azienda.

 In questa vicenda non vorrei che si prendessero le parti di nessuno, o perlomeno che lo facciano soltanto i preposti alla sua risoluzione, però mi piacerebbe evidenziare l’enorme sproporzione fra l’eventuale danno/offesa/calunnia e quello che viene chiesto dalla gloriosa azienda a titolo risarcitorio.

Un giornalista può sbagliare, certo, ma la pena deve essere proporzionata al danno; non penso che la gente abbia smesso di comprare automobili dopo il servizio di Annozero e non penso che quel servizio abbia danneggiato la Fiat in modo così manifestamente ‘esoso’. 

Ecco perché penso che la sproporzione del risarcimento chiesto renda, di fatto, più deboli le eventuali responsabilità del giornalista.

Per la  perdita di un figlio o di un genitore ( causa Eternit) è attribuito un indennizzo di 308.700,00€, per un fratello o nipote 134.700,00€, a cosa si deve l’enormitâ di questa cifra? ovviamente lo scopo è quello di intimidire e scoraggiare, colpirne uno per educarne cento: il solito metodo fascista che usano i forti contro i deboli.

E so anche che, se questa assurda decisione non venisse ribaltata nei prossimi gradi di giudizio  si verrebbe a creare  un precedente molto pericoloso, perché nessun giornalista potrà più azzardarsi a fare il suo lavoro, penso a Riccardo Iacona e a Milena Gabanelli che svolgono un lavoro importantissimo e fanno l’unico vero servizio pubblico in quel caravanserraglio che è diventata la Rai.

E penso che senza le loro inchieste non avremmo mai saputo cose importantissime che riguardano questo paese e dunque anche tutti noi.

Perché il principio – assurdo –  che scaturisce da questa sentenza è che se si critica un prodotto bisogna, nel contempo, evidenziarne anche tutti gli aspetti positivi altrimenti si può essere denunciati e perfino condannati.
Ciò significa, per esempio, che tutti i giornalisti che in questi giorni hanno scritto e parlato degli orrori del Policlinico Umberto I di Roma, avrebbero dovuto raccontare anche quanti reparti di eccellenza esistono in quell’ospedale per non rischiare di essere querelati per milioni di euro.

Un delirio e una follia che mettono ancora di più a rischio lo stato già fragilissimo dell’informazione italiana. E che per questo, non possono passare.


Io, la Rai e la Fiat: tanti saluti al diritto di critica

Libertà di stampa addio, chi tocca Fiat paga caro

Corrado Formigli e Luca Telese per Il Fatto Quotidiano

Fiat: anche Mentana scende in campo al fianco di Formigli

Dopo la Gabanelli tocca a Enrico Mentana, collega di rete, scendere in campo in difesa di Corrado Formigli condannato assieme alla Rai a risarcire 7 milioni di euro alla casa automobilistica torinese in seguito a un servizio andato in onda per Annozero nel dicembre 2010.

Dopo un intervento in apertura del Tg La7 delle 20, il giornalista ha postato uno status su Facebook.  Una nota molto dura che tira in ballo la libertà di stampa di cui la Fiat “non può non sapere quanto sia importante” essendo in un modo o nell’altro protagonista del panorama editoriale italiano.

E continua ricordando come la casa automobilistica ha “cercato di ingraziarsi i giornalisti, con viaggi premio a esotiche rassegne o gare automobilistiche”, fino all’invito al fair play “perché un giornalista come Formigli guadagna certo più di un operaio di Pomigliano, ma infinitamente meno di un Marchionne, per di più pagando le tasse in Italia”.

Ecco la nota completa:

La Rai e Formigli costretti a pagare alla Fiat 7 milioni di euro, di cui 5 milioni 250mila per danno non patrimoniale. Cosa è il danno non patrimoniale? E’ il danno morale, reputazionale, all’immagine della Fiat. Ora, la Fiat non è una Onlus. E’ la più grande azienda manifatturiera d’Italia, ma non solo. La Fiat è anche proprietaria di un giornale importante, la Stampa, e di una influente concessionaria di pubblicità, Publikompass, oltre a essere il secondo azionista della Rcs, che edita il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Non può non sapere quanto sia importante la libertà di informazione, e quanto la metta a repentaglio la minaccia di pene economiche gravissime per chi osa scrivere o dire cose sgradite. Un simile salasso pecuniario per la Rai e Formigli avrebbe almeno un minimo di giustificazione se la Fiat non avesse mai cercato di ingraziarsi i giornalisti, con viaggi premio a esotiche rassegne o gare automobilistiche, o se non avesse cercato di influenzare per decenni giornalisti di ogni ordine e grado con auto in prova illimitata. Ma la Fiat ha sempre usato abbondantemente del suo potere, della sua influenza e della debolezza della categoria giornalistica, dimostrate da una abbondante casistica di servizi televisivi preventivamente entusiastici all’apparizione di ogni modello, Duna e Stilo comprese. Che oggi si comporti da vergine insidiata dall’orco della mala informazione è tanto ingiusto quanto grottesco. Sarebbe giusto che al Lingotto, finchè la sede della Fiat resta lì, si mettessero una mano sulla coscienza, e facessero un gesto adeguato di fair play. Perché un giornalista come Formigli guadagna certo più di un operaio di Pomigliano, ma infinitamente meno di un Marchionne, per di più pagando le tasse in Italia.

http://www.agoravox.it/Fiat-anche-Mentana-scende-in-campo.html