Il governo della fiducia umanitaria

Detenuto morto a Poggioreale
​La madre: “Era malato, non doveva stare in carcere”

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LA CANCELLIERI SMENTITA DAI TABULATI: FU LEI A CHIAMARE LO ZIO DI GIULIA E NON VICEVERSA (Giustetti e Griseri)

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 Vorrei rileggere oggi tutti quelli che hanno difeso la Cancellieri perché secondo la procura di Torino era tutto a posto e la ministra non aveva affatto influenzato la scarcerazione della signora deperita, quella che per distrarsi va a fare shopping con le amiche nelle vie eleganti di Milano e partecipa al salotto notturno dell’insetto che striscia.
E mi dispiace, perché io stimo Caselli, ma a volte bisognerebbe applicare il motto dell’ “un bel tacer non fu mai detto”: il procuratore avrebbe dovuto evitare di correre in soccorso della Cancellieri, di trasformarsi lui stesso in quell’alibi che ha fatto straparlare mezza Italia di comportamenti corretti e istituzionali. Di un gesto normale che invece a quanto pare tanto normale non è stato.

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Sono stati una trentina i morti in carcere da quando la ministra Cancellieri è intervenuta amorevolmente per sollecitare l’intervento umanitario per la figlia degli amici: 139 nell’ultimo anno. Godiamocelo in diretta il terzo mondo Italia dove se muore un figlio in carcere sua madre lo viene a sapere non dallo stato che glielo ha ammazzato ma tramite un compagno di cella. Non si è ancora dimessa la ministra dell’umanitá un tanto al chilo? Chissá se riuscirá a sentire anche il dolore di questa madre su di sé. Quanto vale la vita degli sconosciuti che non possono vantare nessuna amicizia altolocata, ministro Cancellieri? Un cazzo come sempre, suppongo.

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In un paese dove vale tutto, dove ministri, presidenti del consiglio e della repubblica possono mentire spudoratamente al popolo e non succede niente, parole come democrazia, legalità, politica e Costituzione non valgono più niente.

E non vale niente nemmeno quel paese.

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SPUNTA UNA NUOVA TELEFONATA TRA IL GUARDASIGILLI E LA FAMIGLIA LIGRESTI
E Giulia partecipa alla puntata di Porta a Porta: “mi dispiace tantissimo per chi mi ha aiutato”.

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Napolitano: ‘Veleni e toni esasperati’

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Nel paese normale stamattina stessa Enrico Letta licenzierebbe la ministra bugiarda e un minuto dopo si dimetterebbe anche lui che alla ministra ha offerto la sua fiducia “a prescindere” prim’ancora che la Cancellieri spiegasse e riferisse alla camera e al senato. E nel paese normale anche Napolitano se fosse di parola metterebbe sulla sua scrivania una bella lettera di addio, visto che aveva promesso che qualsiasi cosa avesse pregiudicato la tenuta del bel governo delle larghe intese non avrebbe trovato il suo sostegno: ora, non so cosa ci può essere di più grave di un ministro che mente al popolo italiano e lo fa per proteggere l’amica colpevole di un reato.

Nel paese normale i presidenti di camera e senato convocherebbero il parlamento d’urgenza affinché quelli che hanno tributato la standing ovation alla ministra bugiarda si possano scusare con tutti gli italiani che non li pagano per giurare che una ladruncola marocchina è la nipote di un dittatore egiziano perché il capo dei capi ha deciso che così dev’essere, per prendere le difese di un vicepresidente del consiglio ministro dell’interno che acconsente alla deportazione di una madre e di sua figlia in un paese dove si rischia la vita e nemmeno per offrire la solita solidarietà di casta ad una signora diventata ministra per volontà di Napolitano e non del voto degli italiani.
Nel paese normale non passa l’idea che la raccomandazione sia un fatto normale solo perchè la si presenta come un gesto umanitario,  che una ministra che frequenta una famiglia come i Ligresti sia un fatto altrettanto normale; in un paese normale fatto di gente normale, di politici normali e di giornalisti normali una cosa del genere avrebbe dovuto destare almeno qualche sospetto, far alzare qualche sopracciglio, e invece niente, il dettaglio più importante, e cioè che una signora che ha lavorato a stretto contatto con lo stato prima da prefetto e poi da ministro abbia mantenuto dei rapporti di amicizia, a quanto pare pure piuttosto stretti e da decenni, che suo marito abbia avuto interessi in comune con una famiglia che da una trentina d’anni è al centro di scandali e reati di ogni tipo, più odiosi di altri perché danneggiano la collettività nel paese anormale è solo una coincidenza: chi non ha per amici truffatori e bancarottieri del resto?
Nel paese normale il presidente della repubblica non parlerebbe ogni due per tre dei troppi veleni che inquinano il paese ma avrebbe dovuto essere lui – in qualità di garante della democrazia e della Costituzione – l’antidoto e la cura evitando di fare da spalla più o meno occulta ai responsabili di quell’intossicazione.

Come si permette Napolitano di parlare di troppi veleni se uno degli inquinatori della democrazia è proprio lui, i suoi atteggiamenti ambigui, il suo non prendere mai una posizione, la sua arroganza di fronte a qualsiasi cosa si possa dire di decente e di sensato che a lui non va bene mai perché rovina le sue fantastiche larghe intese.
Ci facesse sapere Napolitano che ne pensa di un latitante da 106 giorni che secondo una legge dello stato ridicola e che non esiste in nessun altro stato civile doveva essere buttato fuori almeno dal parlamento IMMEDIATAMENTE, quanto veleno c’è in una sentenza definitiva non ancora applicata, in un delinquente pregiudicato ancora libero da senatore della repubblica e in grado di condizionare la vita politica e la democrazia. 
Chi e cosa ha garantito Napolitano da quando ha messo piede al Quirinale: gli editoriali di Scalfari?

L’idea di Napolitano non è quella di stato, di una politica che rispecchi le volontà del popolo: troppo stupido quel popolo che si riduce a votare per dei signori nessuno che male o bene ci stanno provando a fare quella “rivoluzione” di cui si è sempre sentito molto parlare da salotti e scrivanie. La sua idea è quella del tutor da asilo Mariuccia, quella del genitore severo che impone la sua “educazione” e a chi non sta bene, dietro la lavagna con le orecchie d’asino, sbertucciato dai “compagni”. Questo fatto che “o così o la catastrofe” è democraticamente inaccettabile. Questa gente se ne deve andare.

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Anna Maria Pinocchieri
Marco Travaglio, 15 novembre

Adesso, nel Paese dell’Embè, ci diranno che non fa niente se la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha mentito sotto giuramento ai magistrati che la interrogavano come testimone il 22 agosto sulle telefonate con la famiglia Ligresti. Tutti, dal Pdl al Pd a Scelta civica, per non parlare del silenzio-assenso del Quirinale che nomina i ministri, avevano già detto “embè?” sulle bugie della Guardagingilli al Parlamento. Balla più, balla meno, che sarà mai. Il Parlamento, poi, figurarsi. Tre anni fa votò che Ruby era la nipote di Mubarak, o comunque B. ci credeva davvero. E quattro mesi fa s’è bevuto che il vicepremier e ministro dell’Interno Angelino Alfano non sapeva niente del sequestro a Casal Palocco e della deportazione in Kazakhstan di Alma Shalabayeva e della sua figlioletta di 6 anni, organizzati nel suo stesso ministero. Sono tutti (o quasi) uomini di mondo, con stomaci forti e moquettati.

Digeriranno anche le frottole della cosiddetta ministra della Giustizia. La quale, il 17 luglio, la sera della retata che aveva portato agli arresti l’amico Salvatore Ligresti e le due figlie (il maschio latitava in Svizzera), chiamò la compagna del patriarca, Gabriella Fragni. E il 22 agosto, davanti ai pm di Torino, spiegò, che l’aveva fatto solo per “darle la mia solidarietà sotto l’aspetto umano”. E non era vero, perché aveva pure criticato i giudici (“non è giusto, non è giusto, è la fine del mondo” arrestare tre magnager che hanno spolpato un’azienda scavando un buco di almeno 600 milioni: dove andremo a finire, signora mia) e si era messa a disposizione (“qualunque cosa io possa fare, conta su di me”). Poi, sempre nell’interrogatorio, aggiunse: “Dopo di allora non ho più sentito la Fragni né altri in relazione al caso Ligresti, ad eccezione della telefonata con Antonino Ligresti (fratello di Salvatore, pure lui amico di famiglia, ndr) di cui ho già riferito”. È la chiamata del 19 agosto, in cui Antonino le segnala che Giulia è malata di anoressia e in carcere rifiuta il cibo, insomma bisogna tirarla fuori. La ministra, sempre per ragioni umanitarie, si attivò telefonando ai due vicecapi dell’Amministrazione penitenziaria, Cascini e Pagano, che per sua fortuna la stopparono e la salvarono da un’accusa di abuso d’ufficio.

Purtroppo però non è vero nemmeno che, dopo il 19 agosto, l’Umanitaria non abbia “più sentito altri in relazione al caso Ligresti”. Infatti – come rivela Paolo Griseri su Repubblica – i tabulati della Procura di Torino registrano un’altra telefonata, partita la sera del 21 agosto dal cellulare della ministra verso quello di Antonino Ligresti e durata 7 minuti e mezzo. È la sera prima dell’interrogatorio davanti ai pm, dunque è difficile che la Cancellieri possa averla dimenticata nel breve volgere di una notte. E che non l’abbia dimenticata lo dimostra lei stessa, quando aggiunge a verbale: “Ieri sera Antonino Ligresti mi ha inviato un sms chiedendomi se avessi novità e gli ho risposto che avevo effettuato la segnalazione, nulla di più”. Una risposta a un sms, una cosetta.

E qui casca l’asino, perché ora al posto dell’sms salta fuori una conversazione di 450 secondi. Perché nasconderla? E che senso hanno le numerose chiamate, anch’esse risultanti dai tabulati, dal telefono del marito della ministra, Sebastiano Peluso, a quello del solito Antonino negli stessi giorni? Sarà stato davvero il consorte a usare quel cellulare? Davvero bastano il gran cuore e lo sconfinato empito umanitario della Guardagingilli, per spiegare quella mobilitazione generale da emergenza nazionale? Il 21 novembre, finalmente, la Camera dovrà votare la mozione di sfiducia individuale presentata dai 5Stelle contro la Cancellieri. Il Pd inghiottirà anche il nuovo rospo per non disturbare le larghe intese e coprirà tutto con il solito “embè”? La speranza è che la Cancellieri non abbia consumato tutta la sua umanità per fare scarcerare la povera Giulia. E ne conservi ancora un pizzico per liberare il Pd dai Ligresti domiciliari.

Italia: un paese a irresponsabilità illimitata

Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

Quello che si evince da tutta questa triste vicenda che vede un ministro fare – more solito – un uso privato del suo ruolo pubblico è l’ipocrisia non solo della claque chiamata ad applaudire ma proprio di quel ministro che ieri ha bloccato il parlamento per esprimere il nulla, per non dare quelle risposte che ci si aspettavano da lei e per chiedere una inutile fiducia, visto che è stata lei stessa un paio di giorni fa a dire che è matto chi la accusa, che il suo comportamento è stato cristallino e che non si sarebbe mai dimessa. Nonostante i rumors nel paese dicessero altro, avrebbero preferito quel passo indietro utile a ridare alla politica anche il significato nobile di un gesto simbolico qual è quello di un ministro che si assume la responsabilità delle sue azioni non davanti ai suoi pari ma ai cittadini che è chiamata a servire con onore e disciplina come da Costituzione. Altroché quella correttezza istituzionale che altri ipocriti peggio di lei le hanno riconosciuto. Solo degli idioti o gente che crede davvero alla balla del governo di necessità, dunque in malafede – due categorie ben rappresentate all’interno di “questa zozza società” – avrebbero potuto pensare ad un gesto di responsabilità di un ministro che fa parte di un governo nato per volontà di Napolitano ma su richiesta di berlusconi.

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RIDATECI JOSEFA IDEM 

“In un Paese normale, per esempio la Francia, uno degli uomini più ricchi del Paese, proprietario di aziende e televisioni e squadre di calcio, fondatore di un partito ed eletto a furor di popolo in Parlamento, com’era Bernard Tapie, una volta condannato per frode fiscale decade il giorno stesso e finisce in galera. Qui invece blocca l’intera nazione e ricatta il governo da sei mesi.” [Curzio Maltese]

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E LIGRESTI CHIAMÒ B: “TROVATELE UN POSTO IN EMILIA ROMAGNA” 

“Parola di ministro: “In nessun modo la mia carriera è stata influenzata da rapporti personali”. Così Anna Maria Cancellieri ha solennemente dichiarato ieri in Parlamento, tra gli applausi. Eppure è Salvatore Ligresti a smentirla seccamente: “Sono intervenuto presso Silvio Berlusconi a favore della Cancellieri, quand’era prefetto a Bologna”. [Gianni Barbacetto]

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SISTEMA ANNA MARIA 

“Con la signora (l’unico vero uomo del governo Letta, avrebbe scritto Montanelli) che ieri alla Camera ha liquidato la pratica in una ventina di minuti, mentre intorno si spellavano le mani. Che spettacolo! Infatti l’unica verità politica di questa messinscena viene attribuita al costernato premier nipote che, inorridito dalla prospettiva di un rimpasto, avrebbe pigolato: “Se salta lei, salta tutto”. Proprio vero, poiché la tanto umana Anna Maria nelle telefonate con casa Ligresti rappresenta in realtà un solido e collaudato sistema di relazioni, al vertice del quale c’è il Quirinale con sponde a destra e a sinistra, nell’alta burocrazia ministeriale e nella finanza che conta. E un sistema non si dimette certo. Così come protetto dal sistema è quel ministro Alfano che consentiva ai kazaki del caso Shalabayeva di fare i loro porci comodi al Viminale, poiché se così non fosse da quel dì si ritroverebbe a prendere il sole nella natìa Agrigento. Si dirà che anche la Idem da ministro ebbe la sua scivolata. Ma non era nel sistema e infatti l’hanno sistemata.” [Antonio Padellaro]

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Si troveranno quattro o cinque volontari?

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L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI LIGRESTI: FAVORI NON SOLO A GIULIA. MA ANCHE A JONELLA E PAOLO 

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Per bocca di Edward Luttwak [niente meno] e con la consueta sobrietà che lo distingue sappiamo cosa pensano della vicenda Cancellieri nei gloriosi States. 
E se anche un reazionario fascista come lui può dare lezioni di democrazia significa che la situazione non è solo grave ma gravissima e mette, anzi lascia l’Italia al solito posto da peracottara zimbello del mondo che le spettava prima con berlusconi e che le compete anche adesso col bel governo larghinciucista, quello che ieri ha tributato la standing ovation ad Anna Maria Cancellieri considerando evidentemente impeccabile il suo comportamento nei riguardi degli amici di famiglia.

Luttwak parla inoltre di Letta come un traditore che davanti a Obama dice delle cose e poi quando torna qui ne fa altre, alcune, aggiungo io, proprio non riesce a farle, tipo favorire l’uscita ad un ministro che non si comporta esattamente da funzionario di stato qual è. 

E immagino come ci si possa sentire gratificati e soddisfatti ad essere difesi da gente come brunetta, santanchè e schifani [un indagato per mafia], quanto da questa brillante esperienza ne possa trarre un vantaggio il proprio valore umano e professionale. 

L’America ha un mucchio di difetti fra cui anche Luttwak, ma gli americani sono meno sportivi, meno disposti a comprendere, giustificare e perdonare come invece hanno fatto tanti italiani che in questi giorni, anche fra la gente semplice, la stessa che a berlusconi e a chi gli ha reso la vita facile non ha perdonato [giustamente] nulla, ha invece apprezzato il solito, squallido e tipicamente italiano intervento ad personam pro personam della ministra Cancellieri. Sfido chiunque ci tenga a mantenersi il posto di lavoro a resistere alla tentazione dell’obbedienza se un ministro chiede DI SUA INIZIATIVA , anche con cortesia, anche senza imposizione, anche se il fatto non costituisce un reato di fare qualcosa nel particolare, non nell’usuale e nel consueto dei doveri di un ministro e di chi lavora per quel ministro. 
Gente pagata per servire lo stato, non qualcuno nel particolare.

I diritti sono quelli di tutti e per tutti.
Quando sono solo per qualcuno si chiamano privilegi, ed è in ragione di uno stato che ha sempre favorito i privilegi per i pochi rispetto ai diritti per i tutti che questo paese è ridotto in macerie. E quei pochi sono sempre gli stessi fra l’altro, componenti di un’élite che sta bene soprattutto alla politica che dovrebbe annullare le differenze sociali come Costituzione comanda quando dice che i cittadini sono tutti uguali, invece le promuove e se le tiene da conto. Se riforme costituzionali devono essere ne voglio una fatta bene. Non per aggiungere cose ma per toglierle. Noi viviamo ormai in un corto circuito permanente dove il buon senso e la ragione non trovano più spazio e residenza. Non è possibile che si guardi di traverso chi propone un’idea onesta della politica e si lascino immense praterie a quel vecchio, rancido e marcio che ha distrutto questo paese.  Tutto mi sarei aspettata fuorché la difesa della Cancellieri da parte di gente che a berlusconi non gli faceva passare nemmeno la verdurina in mezzo ai denti. Gente che non capisce che la politica non va difesa mai perché la fregatura è sempre in agguato, e bisogna stare pronti a schivarla, o quanto meno ad accorgersene.

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Tengo ministra
Marco Travaglio, 6 novembre

Ieri Massimo Fini ha scritto sul Fatto un articolo in dissenso con i miei sul caso Cancellieri- Ligresti. Il pezzo si basa sull’assunto che io abbia equiparato le due chiamate fatte dalla ministra ai vicecapi del Dap Cascini e Pagano per raccomandare Giulia Ligresti alle sette telefonate di Berlusconi alla Questura di Milano per raccomandare Ruby “nipote di Mubarak”. In effetti penso che quelle telefonate abbiano almeno un denominatore comune: l’intenzione del potente di turno di usare la carica di governo per assicurare un trattamento privilegiato a un’amica tramite la solita scorciatoia all’italiana. Ma l’analogia finisce qui e ha ragione Fini nel sottolineare le differenze. Che sono tre. 1) B. abusava di una funzione che non aveva, perché non era il diretto superiore della Questura (era premier, non ministro dell’Interno), infatti è imputato per concussione; mentre la Cancellieri ha tentato di abusare di una funzione che ha, in quanto massimo responsabile dell’amministrazione penitenziaria. 2) B. ha ottenuto il suo scopo, grazie alla remissività dei funzionari della Questura; la Cancellieri invece ha incontrato la resistenza dei due vicecapi del Dap, che non hanno dato seguito alle sue pressioni e così l’hanno salvata da una possibile accusa non di concussione, ma almeno di abuso d’ufficio (figurarsi l’imbarazzo dei magistrati di Torino, quando decisero motu proprio di scarcerare Giulia Ligresti per le sue condizioni di salute, se avessero saputo che il ministro era intervenuto a raccomandarla). 3) La responsabilità di B. è penale, infatti è già approdata a condanna di primo grado, mentre quella della Cancellieri è politico-morale, anche se lei nega, dà di matto, farfuglia di “metodo Boffo” (ma basta!) e pretende gli applausi che ieri puntualmente una maggioranza indecente le ha tributato lasciandola sulla poltrona. Non sarei invece così sicuro, come lo è Fini, che solo B. volesse “ricavare un vantaggio, cioè che Ruby non spifferasse quanto succedeva nelle notti di Arcore”, mentre la Cancellieri “non riceveva alcun vantaggio, se non sentimentale”. Temo che, anche per la signora ministra, i sentimenti c’entrino poco. Basta inquadrare le sue telefonate intercettate (e anche quelle purtroppo non intercettate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore) nel contesto della sua trentennale amicizia con una delle famiglie più malfamate del capitalismo italiano. I fratelli Salvatore e Antonino Ligresti sono due pregiudicati per corruzione. Antonino, proprietario di cliniche private, è amico del marito farmacista della ministra, a sua volta arrestato nel 1981 per uno scandalo di fustelle false. Salvatore, costruttore e assicuratore, è anche lui amico della Cancellieri (come pure la sua compagna Gabriella Fragni), nonché proprietario della casa dove vive il figlio della ministra, Piergiorgio Peluso, che è stato per un anno direttore finanziario della Fonsai uscendone con una generosa liquidazione di 3,6 milioni. Don Salvatore dichiara ai magistrati di aver favorito, con un intervento presso l’amico B., la carriera prefettizia della Cancellieri (lei smentisce). Giulia Ligresti dice in una telefonata intercettata che la buonuscita di Piergiorgio a dispetto dello scarso rendimento in azienda si deve al suo cognome (lei rismentisce). È questo il contesto che spiega perché la ministra della Giustizia, appena vengono arrestati Ligresti e le due figlie (mentre il terzo figlio latita in Svizzera), sente l’impellente bisogno di chiamare la Fragni per solidarizzare con gli arrestati contro i magistrati (“non è giusto”, “c’è modo e modo”), scusarsi di non aver chiamato prima (quando la Dinasty siculo-milanese era già indagata per gravi reati finanziari) e mettersi a disposizione (“Qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me”). Nessun accenno alle condizioni di salute di Giulia, che entreranno in scena solo un mese dopo con le telefonate ai vicecapi del Dap. Telefonate che, a questo punto, sono forse l’aspetto meno grave di una vicenda che vede un ministro (non della Marina mercantile, ma della Giustizia!) soggiogato dal rapporto preferenziale con due noti pregiudicati che da almeno vent’anni entrano ed escono dalle patrie galere. Un ministro la cui condotta autorizza addirittura a ipotizzare che sia ricattabile, almeno nella mente turbata e nelle parole malate dei Ligresti sui presunti doveri di riconoscenza che la Cancellieri e la sua famiglia dovrebbero avere nei loro confronti. Altrimenti non si spiega perché, prima da prefetto della Repubblica, poi da ministro dell’Interno e infine da Guardasigilli, la Cancellieri non abbia interrotto i rapporti con due condannati definitivi e, anzi, li abbia riagganciati dopo la nuova retata. Giustizia, nella Costituzione e nei dizionari, è sinonimo di imparzialità, eguaglianza, pari opportunità. C’è bisogno d’altro per affermare che questa signora può fare tutto fuorché il ministro della Giustizia?

La ministra giusta al posto giusto

QUANDO NELL’87 FACEVA PUBBLIC RELATION PER I LIGRESTI

Di Cancellieri, dame di carità, regine e di politica

DAL CAVALIERE ALLA CANCELLIERI IL ROMANZO DEL POTERE AL TELEFONO 

TELEFONATE TUTTI ALL’AMICA CANCELLIERI 

L’INCREDIBILE PERIZIA MEDICA PER LA LIGRESTI: SE ANCHE IL CARCERE DIVIDE I RICCHI DAI POVERI 

IL TELEFONO AMICO DEI LIGRESTI? SCOPERTO CON LE INTERCETTAZIONI 

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Il ministro della giustizia dovrebbe vigilare su come agiscono i suoi subalterni, le persone che lavorano nell’ambito che lei dovrebbe far funzionare. Non esaminare uno, dieci, trenta o cento casi su quasi 70.000. E casualmente occuparsi personalmente solo di uno perché la riguarda personalmente. E nel caso in cui lo ritenesse davvero più grave di altri dovrebbe farlo alla luce del sole. Non farsi scoprire dalle intercettazioni.

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“Mi dimetto se lo vuole Letta”.
Letta naturalmente non vuole, ci ha già fatto sapere che Cancellieri gode della sua fiducia “a prescindere” e dunque tutto va bene così.

Tutto è bene quel che finisce bene: nessuna responsabilità, nessuna risposta, niente di niente. Domani il governo ribadirà la sua stima per la grande donna delle istituzioni che ha trovato tempo e modo per attivarsi per un caso umano su 67.000, poco importa se era quello che riguardava una sua amica di famiglia, degli altri “almeno 110” di cui si sarebbe occupata la ministra non c’è riscontro né una prova. 

E né tanto meno nessuno che, stupefatto di essere stato contattato telefonicamente dalla Cancellieri in persona così com’è avvenuto con la famiglia di Giulia Ligresti abbia pensato che, dato il valore umano e istituzionale del gesto valeva la pena renderlo pubblico. 

Come al solito la politica risponde col consueto due di picche dell’arroganza, e ad esprimerlo è una signora che ufficialmente non fa nemmeno parte della politica essendo stata scelta dal professor Sborone in loden per formare la squadra dei tecnici che avrebbero dovuto salvare l’Italia dalla crisi. 

Cancellieri è uno dei prodotti della politica fallimentare, quella che non occupandosi dei problemi del paese perché troppo interessata a risolvere i suoi ogni tot di anni deve abdicare al suo ruolo, cedere il passo ai tecnocrati, che poi esprimono solo quella politica dove l’unica cosa importante è che i conti tornino, a discapito di chi non è importante. 

Fra tutti quelli che si sono sperticati nella difesa della ministra tanto umanitaria non c’è nessuno che abbia evidenziato l’enorme e gigantesco conflitto di interessi che la coinvolge personalmente, che poi è il motivo principale per cui la Cancellieri dovrebbe dimettersi proprio in qualità di amica della famiglia presso la quale è intervenuta, tutti hanno espresso solo frasi e parole ripetute a martello che si possono riassumere nel patetico concetto che la ministra non poteva lasciar morire Giulia Ligresti. 

Ora, il compito di un ministro non è di esaminare e valutare 111 casi su 67.000 ma fare in modo che fra quei 67.000 residenti nelle carceri italiane non ci sia nessun caso umano, grave, di gente in pericolo di vita. 

Perché nessuno dovrebbe esserlo quando è sotto tutela dello stato. E quando succede significa che lo stato ha fallito. Ed ecco perché Cancellieri non può dimettersi: perché sarebbe come mettere il sigillo sull’ennesimo fallimento dello stato.

E il governo, quello bello delle larghe intese è talmente attorcigliato su se stesso, sulla sua impossibilità a risolvere uno solo dei problemi per cui Napolitano lo ha voluto che non si è nemmeno accorto che questo caso è già stato strumentalizzato dal partito del delinquente ancora a piede libero che, difendendo la Cancellieri chiede esplicitamente che si difenda anche berlusconi che per un caso analogo, simile, di abuso di potere – quando lui telefonò alla questura di Milano chiedendo che venisse rilasciata una ladra, una prostituta millantando che fosse la nipote di uno dei suoi tanti amici dittatori è stato condannato in primo grado a sette anni per concussione. E quei 314 traditori dello stato che hanno riconfermato nel parlamento della repubblica che Ruby era davvero la nipote di Mubarak fanno ancora parte dello stato e delle istituzioni. Ecco perché la morale di tutto,  anche di questa brutta storia di familismo, personalismo, conflitto di interessi, abuso d’ufficio e di potere si può riassumere nel semplicissimo concetto che, chi oggi parla di antipolitica, populismi e demagogia, preferisce fare come Scalfari che ammonisce dalle pagine della sua Repubblica che se vince Grillo l’Italia va a rotoli – come se la politica, quella bella e tradizionale non ce l’avesse già mandata da un pezzo –  o è cieco e sordo, o interessato che tutto resti com’è o ha un’incommensurabile faccia come il culo.

«Sono Annamaria, sono mesi che ti voglio telefonare per dirti che ti voglio bene»

Sottotitolo: visto che si continuano a mandare in giro maleparole nel circuito dell’italica disinformazione ci terrei che si sapesse che la sorella di Stefano Cucchi NON HA DIFESO proprio per niente la Cancellieri. Ha solo detto che nelle due volte in cui l’ha incontrata le è sembrata umana e che se ci fosse stata lei al ministero durante il calvario di suo fratello probabilmente, forse, si sarebbe occupata anche del caso umano di suo fratello, un ragazzo portato in un carcere con le sue gambe e poi morto ufficialmente di fame e di sete in un ospedale nonostante gli evidenti segni del pestaggio subito che portava addosso. La qual cosa è ben diversa dal dire nei tiggì, notiziari radiofonici e scrivere sui giornali che Ilaria ha dato ragione alla ministra, che ha fatto bene, è stata istituzionalmente corretta. Bisognerebbe smetterla anche con questa disinformazione, a prescindere.

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Per tutti quelli che non possono telefonare alla Cancellieri

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La Cancellieri che si vanta di essersi occupata di altri 110 detenuti in difficoltà, elargendo anche a loro la sua infinita umanità non ha però chiamato di persona parenti e amici degli arrestati lo stesso giorno in cui sono stati trasferiti nelle patrie galere, non si è detta dispiaciuta né ha detto che non era giusto che fossero stati arrestati. Ha detto che erano persone che pur non avendo rapporti con lei [di amicizia intima] e che per questo non potevano conoscere i suoi recapiti telefonici hanno potuto usufruire lo stesso della sua doverosa umanità. 
Invece brunetta, come anche Letta e Napolitano dubbi non ne hanno, mai, né l’espressione di un’incertezza, c’è sempre la corsa alla giustificazione, alla copertura, all’appoggio e alla solidarietà d’accatto.

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Cancellieri: “Sono intervenuta oltre 110 volte”
E da Letta arriva la fiducia a prescindere
Brunetta: “Niente dimissioni, Pdl la sosterrà”

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La fiducia “a prescindere” non si concede proprio a nessuno. 

E’ qualcosa che va guadagnata e confermata tutti i giorni anche fra persone legate da rapporti privati, intimi, affettuosi e d’amore.

Letta jr però ci fa sapere che Anna Maria Cancellieri può godere della sua e che è assolutamente sicuro che la signora potrà fugare ogni dubbio sul suo agire. Napolitano intanto, arroccato nel fortino che gli hanno assicurato le larghe intese continua a tacere non ritenendo opportuno dire due parole nel merito di un comportamento istituzionale non usuale.

Comportamenti e atteggiamenti quelli dei presidenti della repubblica e del consiglio che confermano, semmai ce ne fosse bisogno, quanto la casta continui a chiudersi nella sua autoreferenzialità ogni volta che qualcuno dei suoi privilegiati appartenenti viene colto a fare qualcosa che non si dovrebbe fare.
Ora, che lo facciano quelli del pdl è anche comprensibile visto che i Ligresti sono roba loro, ma gli altri? possibile che nessuno abbia alzato un sopracciglio, nessuno che abbia sentito il bisogno di dire e di ricordare a questa signora e a chi la difende – per il bene e la stabilità del paese e del governo, s’intende – da istituzione o da politico che quello che ha fatto la ministra non rientra affatto nei doveri di un ministro? 

Di tutta questa storia quello che  dà più fastidio, oltre alla conferma che questo è il paese dei figli e dei figliastri è la presa in giro. 

Il fatto che ai vertici dello stato ci sia gente che pensa che tutto si può fare senza la benché minima conseguenza. Senza che ci sia un’assunzione di responsabilità forte e chiara e una risposta altrettanto forte e chiara.

Tutti difendono tutto e tutti come se il loro fosse l’unico modo, ancorché quello giusto e corretto, di gestire e condurre un paese.

 

La differenza che non fa la differenza

Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia: Si dimetta

http://www.change.org/it/petizioni/anna-maria-cancellieri-ministro-della-giustizia-si-dimetta

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Se la ministra Cancellieri che pensa e dice di essere nel giusto, di non aver interferito né abusato del suo potere non può dimostrare di essere intervenuta – come ha fatto con Giulia Ligresti – a favore delle altre migliaia di detenuti nelle carceri italiane, quelli malati, sofferenti, incompatibili col regime carcerario, ci sono e sono tanti, e non sono quelli che rifiutano il cibo per protesta come Giulia Ligresti, l’unica strada è quella delle dimissioni. 

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Non solo l’intervento per Giulia Ligresti
Tutti gli scivoloni del ministro Cancellieri

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Sottotitolo: ci sarebbe da chiedersi su quali basi possa poggiare l’amicizia tra un ex prefetto assurto a ministro, prima tecnico poi politico con una famiglia che da trent’anni è al centro di scandali economici/finanziari di ogni ordine e grado. E’ dal 1981 che la famiglia Ligresti occupa le cronache giudiziarie ma questo non ha scoraggiato Anna Maria Cancellieri, non le ha fatto pensare che gente così non va frequentata né stimata. Specialmente se si fa il prefetto prima e il ministro della giustizia dopo. E, se come ha detto Vittorio Zucconi ieri al TGzero di radio Capital,  non c’è nulla di penalmente rilevabile in un ministro che si attiva per favorire una pregiudicata amica di famiglia, perché dovrebbe essere rilevabile [qualsiasi cosa] se un cittadino approfitta di una raccomandazione per un lavoro, per farsi togliere la multa, per la tac che sennò arriverebbe dopo mesi? Se il metro è questo, quello utilizzato da Cancellieri e da tutti quelli che mantengono in vita questo conflitto di interessi incrociato per favorirsi e favoreggiarsi sempre e comunque fra loro, amici parenti e conoscenti di… chiunque può e deve sentirsi autorizzato ad utilizzare tutte le scorciatoie che vuole. Anna Maria Cancellieri, come Emma Bonino, la ministra degli esteri, è una che molti avrebbero voluto vedere al Quirinale, perché ça va sans dire, le donne lo fanno meglio.

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Non bisogna meravigliarsi se in questo paese si dimette Josefa Idem e Anna Maria Cancellieri no. Se Enrico Letta con lei ha fatto la voce grossa esortandola a lasciare ma non lo fa con la ministra cosiddetta della giustizia. Perché Josefa Idem è stata tirata dentro al governo delle larghe intese-attese-disattese per una mera operazioncina di marketing come Cécile Kyenge e come Laura Boldrini eletta alla presidenza della camera. Anna Maria Cancellieri no, l’ex prefetto è un funzionario del sistema funzionale al sistema, ecco perché è stata chiamata da Monti nel bel governo dei tecnici sobri, quelli che dovevano trascinare l’Italia fuori dalla crisi ed è rimasta dentro al governo Napolitano, in quel sistema di conflitto di interessi permanente dove i nomi, le facce, i ruoli sono sempre gli stessi. Ai vertici dello stato non è mai avvenuto quel restyling che ha fatto respirare di sollievo tanta gente quando Monti prese il posto di berlusconi perché, vuoi mettere la differenza fra la Gelmini e la Fornero, la Carfagna e la Severino [altro bel pezzo di un sistema ben oliato, avvocato difensore di altri pezzi da 90 molto dentro al sistema], la Prestigiacomo e la Cancellieri? certo che c’è una differenza, ma non è quella che fa la differenza perché oggi tutti sappiamo com’è andata col governo di Monti, e stiamo vedendo benissimo come va con quello voluto dal presidente vivo&vibrante al quale Anna Maria Cancellieri piace tanto, e gli piace perché è uno di quei funzionari istruiti al mantenimento dello status quo, lo stesso che ha rimesso al Quirinale Napolitano. E allora, come dicevo ieri, non so se è peggio chi regge il gioco a un criminale in carne e ossa, uno di cui ci si potrebbe liberare semplicemente applicando la Costituzione e la legge o sono peggio quelli che lo reggono e reggono in piedi quel sistema criminale: quello dove le leggi quando devono essere applicate sul potente si interpretano, che ha trascinato l’Italia al disastro totale. 

Quelli che non se ne vanno mai.

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Tanfo istituzionale – Saverio Lodato per Antimafia 2000

[…] “Ora restiamo in trepida attesa dell’editorialista domenicale [tana per Scalfari: nota di R_L] che ci metterà in guardia – anche nell'”affaire Cancellieri” – dal prestare ascolto al combattivo manipolo dei “faziosi” che attaccano le istituzioni per prendere di mira il progetto delle larghe intese, fare cadere il governo Letta e dileggiare il lavorio costante e paziente del nostro Capo dello Stato. Ci atterremo prudentemente a questi bonari consigli.
Però che si avverta un tanfo da putredine che emana dal degrado in cui stanno precipitando le massime istituzioni repubblicane, questo dovrebbero riconoscerlo sia gli editorialisti dei giorni festivi che gli editorialisti dei giorni feriali.
Almeno per una questione di “olfatto”.
[Ovviamente la Cancellieri non si dimetterà. Tutti le chiederanno di restare al suo posto per non darla vinta ai “faziosi”]

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Il Cancellierato
Marco Travaglio, 1 novembre 

In un paese normale il ministro della Giustizia non parla con i parenti di un’amica arrestata per gravi reati, rassicurandoli con frasi del tipo: “Qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me”. Né tantomeno chiama i vicedirettori del Dipartimento Amministrazione penitenziaria per raccomandare le sorti dell’amica detenuta. Ma, se lo fa e viene scoperto da un’intercettazione telefonica (sulle utenze dei familiari della carcerata), si dimette un minuto dopo. E, se non lo fa, viene dimissionato su due piedi, un istante dopo la notizia, dal suo presidente del Consiglio. Siccome però siamo in Italia, il premier tace, il Quirinale pure. Come se fosse tutto normale. 
Una telefonata allunga la vita, diceva un famoso spot: qui invece accorcia la galera, o almeno ci prova. Nel paese del sovraffollamento carcerario permanente, Anna Maria Cancellieri, prefetto della Repubblica in pensione, dunque “donna delle istituzioni” che molti in aprile volevano addirittura capo dello Stato, ha pensato bene di risolverlo facendo scarcerare un detenuto su 67 mila: uno a caso, una sua amica. Poi ha dichiarato bel bella ai magistrati torinesi che la interrogavano come testimone su quelle telefonate: “Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione. Essendo io una buona amica della Fragni (Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, padre dell’arrestata Giulia, ndr) da parecchi anni, ho ritenuto, in concomitanza degli arresti, di farle una telefonata di solidarietà sotto l’aspetto umano”. E ha raccontato una bugia sotto giuramento, perché il suo non è stato solo “un intervento umanitario”, tantomeno “doveroso”, né una “telefonata di solidarietà”. È stata un’interferenza bella e buona nel normale iter della detenzione dell’amica di famiglia. Anche perché, dopo quella telefonata, ne sono seguite altre ai vicedirettori del Dap, Francesco Cascini e Luigi Pagano.
Che, a quanto ci risulta, hanno — essi sì, doverosamente — respinto le pressioni, spiegando all’incauta Guardasigilli che la detenzione di un arrestato compete in esclusiva ai giudici, non ai politici. Anche su questo punto la Cancellieri ha raccontato una bugia ai pm:
“Ho sensibilizzato i due vicecapi del Dap perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”. Salvo poi dover ammettere che li aveva sensibilizzati su un unico carcerato: l’amica Giulia. La figlia di don Salvatore Ligresti soffriva di anoressia e rifiutava il cibo in cella, ma non è la sola malata fra i 67 mila ospiti delle patrie galere. Per questi casi esistono le leggi e i regolamenti, oltre al personale penitenziario specializzato che di solito, nonostante l’eterna emergenza, segue con professionalità le situazioni a rischio. Così come effettivamente stava avvenendo, anche da parte dei magistrati torinesi. Senza bisogno delle raccomandazioni del ministro. La Procura aveva subito disposto un accertamento medico e in seguito aveva dato parere favorevole alla scarcerazione, respinta però in un primo tempo dal gip, che aveva scarcerato la donna soltanto dopo il patteggiamento. L’iter giudiziario, dunque, non è stato influenzato dalle pressioni della ministra: ma non perché la ministra non le abbia tentate, bensì perché i vicecapi del Dap le hanno stoppate. Eppure la Cancellieri avrebbe dovuto astenersi anche dal pronunciare il nome “Ligresti”,specie dopo la retata che portò in carcere l’intera dinastia, visti i rapporti non solo familiari, ma anche d’affari che suo figlio Piergiorgio Peluso intrattiene con don Salvatore e il suo gruppo decotto. Peluso è stato prima responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit, trattando l’esposizione debitoria del gruppoLigresti verso la banca; poi divenne direttore generale di Fondiaria Sai (gruppo Ligresti) dal 2011 al 2012; e quando passò a Telecom, dopo un solo anno di lavoro, incassò da Ligresti una buonuscita di 3,6 milioni di euro.
Un conflitto d’interessi bifamiliare che avrebbe dovuto
sconsigliare al ministro di occuparsi della Dynasty siculo-
milanese. Non è stato così, e ora la ministra (della Giustizia!) deve pagare per le conseguenze dei suoi atti. Se restasse al suo posto, confermerebbe ancora una volta il principio malato della giustizia ad personam per i ricchi e i potenti, già purtroppo consolidato da vent’anni di casi Berlusconi, e anche dallo scandalo Mancino-Napolitano. Ma a quel punto tutti e 67 mila i detenuti potrebbero a buon diritto farla chiamare da un parente qualunque perché s’interessi dei loro 67 mila casi personali: 67 mila “conta su di me”. 
Se una telefonata accorcia la galera, che almeno valga per tutti.

Interventi umanitari doverosi

Sarebbe bello se i familiari di tutti i detenuti, anche se non si chiamano Ligresti, potessero telefonare al ministro della Giustizia. [Alessandro Robecchi]

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Per Stefano Cucchi e per tutti quelli che di stato e di galera sono morti l’intervento umanitario doveroso dello stato non era previsto.

E nemmeno è previsto l’unico intervento umanitario necessario per risolvere almeno in parte le condizioni disastrose e quelle sì, disumane, delle carceri italiane ovvero l’abolizione di quelle leggi vergognose, fasciste, la bossi fini e la fini giovanardi  che mandano in galera chi non ci deve andare.
Su 60.000 e oltre residenti nelle patrie galere solo la Ligresti si è meritata il trattamento umanitario. Tutti gli altri possono dimagrire, ammalarsi, morire, suicidarsi, impazzire che allo stato non frega un cazzo. Al massimo si tira fuori l’indultino e l’amnistia solo quando c’è da riparare qualche culo flaccido eccellente.
Quelli come la cancellieri non hanno bisogno di farsi eventualmente corrompere coi soldi: l’arroganza, il pensiero che esista una categoria di persone che merita di avere più diritti di altri gli scorre nelle vene al posto del sangue. Indecenti, sporchi. Ecco che sono. Altro che sobrietà e senso dello stato.

E che dire di questi disonestissimi esponenti di una finanza morta e sepolta insieme a questo paese vergognoso dove lo stato non riesce ad applicare nemmeno per finta e per scherzo quell’uguaglianza prevista da una Costituzione stuprata tutti i giorni che appena li togli dal loro habitat, tutto ville, pellicce e tartine al caviale – perché non gli basta essere ricchi, devono anche rubare sul rubato per arricchirsi di più –  soffrono, si dimagriscono, diventano incompatibili con l’unico luogo in cui invece meritano di stare, lontani dalla gente onesta. In un paese normale nemmeno si dovrebbero chiedere le dimissioni di un ministro che intercede a favore di un pregiudicato amico di famiglia, che commette un abuso di potere, ma ormai l’arroganza è talmente incistata nelle istituzioni che nessuno fa più caso a nulla. Tutto si può fare, a beneficio e vantaggio della casta. C’è gente che ruba per dar da mangiare ai figli e in galera ci va e ci resta, ma quella non suscita la compassione del ministro dell’ingiustizia. In quel caso la sua umanità doverosa non viene nemmeno scalfita di striscio. La Ligresti non è dimagrita sei chili diventando quel caso umano di cui si è dovuta interessare nientepopodimenoché la ministra dell’italica ingiustizia: è lei che ha rifiutato il cibo. Dal giorno dell’arresto ha rifiutato scientemente di mangiare e per questo, per il capriccio della madamigella tumistufi che falsava i bilanci, la ministra cancellieri ha ritenuto opportuno dover abusare del suo potere per rimandarla a dormire a casa sua, dove il cibo pare che sia ottimo. Questo, secondo la cancellieri è un doveroso caso umano. Annamaria Cancellieri ha commesso lo stesso abuso di potere di berlusconi quando allertò la questura di Milano per intercedere a favore di Ruby.
E’ la stessa identica cosa: un funzionario dello stato che in virtù del suo ruolo chiede e ottiene di poter stravolgere a piacer suo qualcosa che doveva procedere in un altro modo già stabilito nella sede preposta. Se Giulia Ligresti era incompatibile col regime carcerario non avrebbe dovuto deciderlo un ministro previa richiesta di un parente della pregiudicata, amico di famiglia del ministro ma il medico legale che però, stando all’esito favorevole della richiesta, potrebbe essere stato sollecitato ad orientarsi verso una scelta piuttosto che un’altra.

Vergogna, solo questo.

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LIGRESTI, UNA MINISTRA PER AMICA

“Non è giusto, per qualsiasi cosa possa fare conta su di me”. A parlare è Anna Maria Cancellieri.al telefono con Antonino Ligresti. Poi chiama il Dap [Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria] per “sensibilizzare” sulle condizioni di Giulia finita in carcere per l’inchiesta FonSai. “Intervento umanitario doveroso”, dice il Guardasigilli.

Il ministro “sensibilizza” per la scarcerazione
Per chiedere la scarcerazione di Giulia Maria Ligresti, in carcere da luglio nell’inchiesta FonSai, è intervenuto poi lo zio Antonio, con una nuova chiamata al ministro. Non si è fatta attendere la risposta della Cancellieri, che – come lei stessa ha ammesso ai magistrati – ha parlato a due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria per “sensibilizzarli” sul fatto che Giulia soffriva di anoressia. E il 28 agosto si sono aperte le porte del carcere per fare uscire la figlia dell’ingegnere, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti.

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GRAZIE DI TUTTO, NONNA PINA. ADESSO TORNA PURE A CASA A CUCINARE IL MINESTRONE . SE AL POSTO DELLA CANCELLIERI, CARA AL CUORE DI RE GIORGIO, VI FOSSE UN ALFANOIDE O UN QUA-QUA-GLIERELLO, IL PIDDI CHIEDEREBBE SUBITO LE DIMISSIONI DEL MINISTRO . E SE QUELLE TELEFONATE DI NONNA PINA PER FAR USCIRE DALLA GALERA L’AMICA DI FAMIGLIA GIULIA LIGRESTI LE AVESSE FATTE UN PREVITI, INTERVERREBBE RE GIORGIO  DAVANTI A QUEST’EDIFICANTE STORIA DI EGUAGLIANZA DI FRONTE ALLA LEGGE, UNA DOMANDINA SORGE SPONTANEA: PERCHÉ L’OTTIMO FIGLIO DI NONNA PINA, PIERGIORGIO PELUSO USCÌ DALLA FONSAI DI LIGRESTI CON UNA BUONUSCITA MILIONARIA DI 3,6 MILIONI DI EURO? NON SARÀ CHE CON DON SALVATORE LIGRESTI I DEBITI PRIMA O POI SI PAGANO?