Riformiamolo, con viva e vibrante soddisfazione

Ogni volta che un tribunale si avvicina a un politico per condannarlo, assolverlo o chiamarlo a testimoniare a Napolitano gli scappa sempre la riforma della giustizia.
E’ un’incontinenza ciclica la sua ormai. Non la può trattenere. Nella nuova richiesta urgente di riforma della giustizia  non più rimandabile: secondo Napolitano è solo da questa che può ripartire l’economia e dopo averla sollecitata anche in due precise occasioni, quando condannarono b e quando sempre b fu assolto dal processo per sfruttamento della prostituzione minorile  c’entrerà qualcosa la richiesta, ennesima, del tribunale di Palermo che chiede a Napolitano di comportarsi come un qualsiasi cittadino rispettoso delle regole che quando lo stato chiama, risponde?

Lo scopriremo solo vivendo.

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Re Giorgio è stanco (e può andare via) – Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidiano

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IL TESTIMONE NAPOLITANO – Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Il Fatto Quotidiano

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Monumentale Sabina Guzzanti che introduce l’argomento del suo film in prossima uscita sulla trattativa stato mafia.

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Nel paese col tasso più alto di corruzione e malaffare all’interno della classe politica e dirigente la riforma della giustizia, fortemente voluta dal presidente della repubblica che l’ha sollecitata in varie e precise occasioni anche prima di oggi, sarà frutto dell’accordo, del patto segreto di cui nessuno deve sapere fra un presidente del consiglio abusivo e un condannato per aver rubato allo stato.
Se non è un colpo di stato questo è sicuramente un colpo allo stato del quale sono complici tutti quelli che hanno agevolato le oscure e antidemocratiche manovre di palazzo che consentono ad un parlamento illegittimo, mantenuto in vita non da democratiche elezioni ma da una sentenza della Consulta che aveva intimato al parlamento di garantire la tenuta dello stato il tempo ragionevole per produrre una legge elettorale che permettesse ai cittadini di tornare a scegliersi i propri rappresentanti.
Renzi è in parlamento da oltre sei mesi, a Letta non fu concesso neanche un giorno di più perché non aveva portato nemmeno un risultato.
Nemmeno Renzi lo ha portato, a parte la quantità sesquipedale di chiacchiere non una cosa è stata fatta per garantire la tenuta dello stato e del diritto, anzi si lavora per sfoltire proprio nei diritti ma nessuno gli mette fretta: il progetto di demolizione dei diritti e di rendere vita facile alla casta deve andare avanti perché così ha detto e chiesto il re.

In un paese dove solo gli introiti provenienti da attività illegali e criminali fanno lievitare il Pil chissà di quale riforma della giustizia ci sarà bisogno. Vogliamo legalizzare l’illegale mentre vengono tolte tutte le tutele ai lavoratori onesti che si fanno il mazzo?
Mentre i giovani sono senza più nemmeno la possibilità di pensare un futuro e i disoccupati a quarant’anni troppo vecchi per rientrare nel circuito del lavoro?
Presidente, si dimetta, ché s’è fatta quell’ora.
Mai vista un’istituzione così palesemente contro il popolo che rappresenta e che continua a sostenere il sistema che ha distrutto lo stato sociale.

E dire che proprio lui il 25 aprile di due anni fa auspicava il riavvicinamento dei cittadini alla politica, chiedeva alla politica e alle istituzioni di cambiare registro per scongiurare il pericolo dei populismi.

 

Tana libera [quasi] tutti

Ultim’ora: Telefonate Napolitano-Mancino: “Pg chiede proscioglimento per pm Di Matteo”

 

L’incompetenza in ogni dove e poi si pretende la precisione scientifica col risvolto culturale da chi va a manifestare; ovvio che non si può condividere niente con chi per denunciare un disagio inneggia alla mafia e si mette sottobraccio ai fascisti, ma questo fatto che dal cittadino si pretende il comportamento esatto sempre  pena tuttoquanto e alla politica si concede sempre la licenza di fare cazzate a ripetizione non è più sopportabile.
Il dramma delle carceri esiste da almeno vent’anni, e tutto quello che sa fare la politica è il provvedimento ‘eccezionale’ ogni tot di anni, col risultato di non risolvere nessun problema ma al contrario di accentuarne altri così come è successo con  quell’indulto di cui hanno usufruito anche le bestie assassine di Federico Aldrovandi e i massacratori del G8. Senza l’indulto quelle sentenze avrebbero avuto tutt’altri esiti. Per non parlare delle licenze premio destinate e concesse ai serial killer. Un assassino seriale, totalmente infermo di mente in questo paese può ricevere il trattamento di favore perché il direttore del carcere dove è detenuto non era nemmeno a conoscenza dei suoi precedenti: la competenza prima di tutto.
Una società civile lo è anche quando la separazione fra onesti e delinquenti è netta, e non lascia spazio a nessuna interpretazione: chi ruba, ammazza, stupra, froda lo stato per i suoi interessi non è uguale a chi non lo fa.

E uno stato civile, sebbene garantendo diritti e tutela anche a chi viola la legge questo non lo può dimenticare. Anzi, lo dovrebbe proprio esaltare. E la politica tutto può fare fuorché indignarsi dei suoi stessi fallimenti.
La bonino che sgrana gli occhi davanti agli orrori di Lampedusa è la stessa che non ha fatto un plissé quando il governo di cui fa parte ha riconfermato angelino alfano dopo la deportazione di madre e figlia kazake. Mentre in un paese normale avrebbe dovuto fare le valigie pure lei.
Questi non conoscono il benché minimo significato della parola RESPONSABILITA’. Soprattutto delle loro.
L’amnistia concessa in emergenza, così come l’indulto, questo svuotacarceri di cui all’estero, nei paesi normali, non esiste traduzione, i decreti catalogati come “eccezionali” perché servono a tappare buchi ma non ad aggiustare la frana sono un fallimento dello stato i cui rappresentanti dovrebbero tenere gli occhi bassi e tacere, almeno.

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Visto che 7000 detenuti stanno per ricevere un bel regalo di natale che consiste nell’anticipazione della loro libertà, sarebbe carino se anche a Nino Di Matteo venisse restituita un po’ della sua. 

Cancellare il provvedimento disciplinare che lo riguarda sarebbe un bel gesto che il presidente della repubblica in qualità di capo del CSM potrebbe fare, se volesse. 
E, visto che ad oggi ancora non si è degnato di dire una parola nel merito delle minacce di morte al giudice Di Matteo, sarebbe anche un bel modo per farci dimenticare almeno in parte il precedente di un capo dello stato che si preoccupa e si è preoccupato – molto – della sorte dei delinquenti veri [soprattutto uno: il più delinquente di tutti] ignorando e fregandosene apertamente di quella di chi i delinquenti li combatte da una vita.

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Forche & Forconi – Marco Travaglio, 19 dicembre

Grande esultanza e complimenti vivissimi sta suscitando il decreto svuotacarceri Cancellieri-2, il terzo in tre anni dopo l’Alfano e il Cancellieri-1, varato dalla ministra dei Ligresti per liberare 7 mila criminali nei prossimi 12 mesi. La leggenda metropolitana inventata per giustificarlo è che così l’Italia non verrà più condannata dalla Corte europea che ci ha dato tempo fino al maggio 2014 per metter fine alle condizioni disumane dei 67 mila detenuti stipati in 47 mila posti-cella (solo teorici: quelli effettivi sono meno di 40 mila). In realtà l’Italia verrà condannata lo stesso: per scendere a 47 mila detenuti bisognerebbe liberarne 20 mila, uno su tre, e non farne entrare più nemmeno uno. Cioè pregare i criminali di astenersi dal delinquere fino al termine della legislatura o, in alternativa, ai giudici di andarsene in ferie o, se proprio vogliono lavorare, di assolvere tutti i colpevoli. Anche chi considera questa classe politica un pericoloso branco di cialtroni stenta a credere che il decreto Cancellieri possa davvero diventare legge dello Stato. E chi non stenta a crederlo è solo perché non lo conosce. Fra le geniali invenzioni partorite dalla ministra, oltre al regalino dei braccialetti elettronici obbligatori a Telecom (di cui è direttore finanziario il pargolo Piergiorgio Peluso), spiccano due norme ai confini della realtà. La prima è l’innalzamento da 3 a 4 anni delle pene (totali o residue) che i condannati potranno scontare comodamente in libertà, con la simpatica formula “affidamento in prova ai servizi sociali”. Oggi, in base alla legge Gozzini, chi deve scontare 3 anni o meno, resta fuori o, se è dentro, esce. I classici ladri di polli? No, la stragrande maggioranza dei condannati, visto che in media le pene irrogate dai tribunali, anche per reati gravi (soprattutto quelli finanziari e tipici dei politici e dei colletti bianchi), sono inferiori ai 3 anni. Siccome poi i reati commessi fino a maggio 2006 sono coperti dall’indulto di 3 anni, non fanno un giorno di carcere i condannati fino a 6. E, per meritare pene superiori ai 6 anni, bisogna proprio sparare o trafficare quintali di droga. Ora, non bastando questo formidabile bonus impunitario, la ministra ha previsto che resti o torni libero chi di anni ne deve scontare 4. Compresi i condannati a 7 anni per reati pre-2006. Per quelli che non riuscissero a farla franca con quel sistema, ecco la seconda ideona: l’innalzamento della “liberazione anticipata” da 45 a 75 giorni a semestre. Oggi il detenuto che si comporta bene (cioè non si comporta male: non scanna né stupra il compagno di cella) si vede detrarre 3 mesi di pena ogni 12. Ora, siccome non basta ancora, lo sconto sale a 5 mesi su 12. Immaginiamo la scena di un processo qualunque: dopo una decina d’anni passati fra indagini, interrogatori, perizie, rogatorie, arresti, perquisizioni, sequestri e intercettazioni, e poi udienza preliminare, e poi i dibattimenti di primo, secondo e terzo grado, spendendo un occhio e impegnando decine fra agenti, magistrati, cancellieri, segretarie, avvocati e così via, i giudici riescono finalmente a emettere la sentenza definitiva. Che, in caso di condanna, ammonta mediamente a 2-3 anni di pena. Mentre il presidente legge solennemente il dispositivo in nome del popolo italiano, l’avvocato dà di gomito al condannato: “Tranquillo, Jack, il giudice ha detto 3 anni, ma è tutto finto: 36 mesi vuol dire 21 e 21 vuol dire che non fai un giorno di galera. Però mi raccomando, non scordarti il braccialetto”. E Jack, asciugando il sudore dalla fronte con un sospiro di sollievo: “Ah meno male, avvoca’, chissà che mi credevo. Ho sempre pensato che il crimine paga. Ma, a furia di sentire ‘ sti politici parlare di ‘ certezza della pena’, quasi quasi ci cascavo anch’io”. Intanto la vittima se ne va schiumante di rabbia: “Se si rischia così poco, la prossima volta non lo denuncio: gli spacco direttamente la faccia”. 
Sono i risultati dal garantismo all’italiana: predica bontà e sotto sotto lavora per la forca.

Oddio, è finito il ventennio e non so cosa mettermi

Se non fosse una tragedia nella tragedia farebbe perfino sorridere un presidente del consiglio che afferma restando serio, mentre a Lampedusa ci sono trecento morti da seppellire, che lui e il governo delle larghe intese di cui fa ancora parte berlusconi hanno sconfitto il ventennio di berlusconi.

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Quando finirà davvero il ventennio Alessandro Gilioli

 Il ventennio finirà soltanto e davvero quando il partito di Berlusconi – e di Cicchitto, di Giovanardi, di Alfano, di Brunetta, di Verdini, di Schifani – sarà ridotto all’opposizione, con una maggioranza che gli è limpidamente e totalmente avversaria e che da lui o dai suoi non si fa più in alcun modo influenzare, in nessuna decisione politica. 

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Agenzia delle entrate, il direttore: “Esiste evasione di sopravvivenza? Penso di sì”

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Anche Befera è arrivato al semplicissimo concetto che un contribuente non può dare la metà e oltre di quello che guadagna allo stato? Complimenti per la tempestività.
Ma tutti noi ce li abbiamo?
Non è che si potrebbe esportare anche un po’, un bel po’, di questa intelligenza?
Detto ciò, sull’evasione “di sopravvivenza” molto ci sarebbe da dire, visto che quelli che sopravvivono, e in molti casi sottovivono non hanno la possibilità di evadere alcunché dal momento che le tasse gli vengono sfilate, scippate direttamente in busta paga.
Appropo’: quanto guadagna Befera?
Perché in materia di evasione bisogna essere anche un po’ onesti, signor Befera, trovare una soluzione reale, concreta per risolvere il dramma di chi è costretto o a evadere le tasse o a chiudere un’azienda, licenziare padri e madri di famiglia che con quel lavoro ci campano, non si concedono certo lussi. E chi rappresenta questo stato che ha sanato con un anonimo 5% chi ha evaso non per sopravvivere ma per assicurarsi lussi, privilegi per sé e le sue prossime generazioni dovrebbe vergognarsi di paragonare, mettere nello stesso calderone tutti: quelli che evadono per il superyacht e quelli che lo hanno fatto per non morire.
Chi è più disonesto fra un Mastrapasqua, un Befera che guadagnano varie mensilità milionarie, le leggi dello stato che le rendono legali e chi deve scegliere di pagare un tot al fisco o licenziare gente e chiudere l’azienda? Perché quando si parla di redistribuire le risorse, tagliare gli eccessi non si pensa mai alla mole oscena di funzionari dello stato che si portano a casa gran parte di un gruzzolo di soldi pubblici che potrebbe essere impegnato diversamente, magari per costruire nuove risorse? Troppo semplice per la politica, ma più che altro troppo onesto, quindi irrealizzabile. Perché Mastrapasqua deve guadagnare venticinque stipendi milionari, cosa fa di bello Mastrapasqua? E perché un capo della polizia deve avere uno stipendio intoccabile per Costituzione – Manganelli guadagnava più del capo dell’FBI –  e l’impiegato, l’operaio nemmeno uno e su quel nemmeno uno devono anche pagarci SICURAMENTE le tasse che gli vengono scippate in busta paga? questa è la politica, forse Letta non lo sa, noi quaggiù, ai piani bassi, sì.

Questi ci provano, in continuazione facendo credere che sia davvero lo scontrino del caffè la causa della montagna di miliardi che si evadono in Italia. E non hanno ancora capito che il contribuente, anche quello che può evadere, non lo farebbe se la pressione fiscale fosse più bassa. Ché non si può dare la metà dei propri guadagni ad un socio occulto che però di suo non rischia niente ma soprattutto non restituisce niente. Il 50% è una rapina, e che lo abbia detto anche il frodatore berlusconi a me non importa, lui sa  perché lo ha detto ma anch’io che di gente che lavora in proprio ne conosco un po’, so perché lo dico. E so cosa costa mandare avanti una piccola azienda con sei, otto dipendenti che non si possono mandare via perché il loro destino dipende da chi gli dà il lavoro. E quando quell’imprenditore va a chiedere aiuto allo stato e alle banche, non lo trova. Conosco commercianti e piccoli imprenditori che avrebbero potuto chiudere bottega prima della crisi, all’annuncio della crisi, evitare di protrarre un’attività in un momento ancora propizio per l’economia nazionale e  conservare intatto quello che avevano messo da parte col lavoro. Non lo hanno fatto perché sono onesti, e responsabili. Perché se avessero chiuso avrebbero lasciato persone senza lavoro.  Loro possono, anzi devono rimetterci e lo stato no?

Lo stato non può fare una moratoria, abbassare sul serio le tasse alla piccola impresa, sostenere in modo concreto  chi aiuta gente a non morire di fame? Tagliare un po’ di privilegi immeritati, di stipendi eccellenti, di sprechi, fare quella patrimoniale necessaria e giusta, perché in tutti i paesi civili chi ha di più paga di più, anche il possesso di una o più case di lusso, cercare le  risorse dove ci sono  per tappare i buchi del fisco consumato da ben altre tipologie di “lavoratori”, sarebbe così difficile o troppo onesto?

Chiedo.

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La barzelLetta
Marco Travaglio, 8 ottobre

Non capita tutti i giorni, persino in un paese abituato a tutto, di ascoltare enormi sciocchezze come quella pronunciata da Enrico Letta nell’intervista a Maria Latella su Sky: “Mercoledì si è chiuso un ventennio con un confronto politico molto forte. È una pagina voltata in modo definitivo. Berlusconi ha cercato di far cadere il governo e non ci è riuscito perché il Parlamento in sintonia con il Paese ha voluto che si continuasse. Ho preso un rischio perché non ho accettato mediazioni. Alfano ha assunto una leadership molto forte e molto marcata, è stato sfidato e ha vinto la partita”. Per carità, è comprensibile che il premier Nipote tenti un’altra volta di truffare i suoi elettori, che si vergognano delle larghe intese con B., con la fiaba della scomparsa di B. Ma non c’è nulla di vero in quello che racconta. 

1) Non è vero che mercoledì si sia chiuso un ventennio, visto che al Quirinale siede un signore che entrò in Parlamento nel 1953, dunque non riusciamo a chiudere nemmeno il sessantennio. E tutti i protagonisti del ventennio sono ai posti di combattimento: Berlusconi (capo un po’ acciaccato del partito di sua proprietà), ma anche Enrico Letta e Angelino Alfano. Letta jr. vent’anni fa non era in fasce, e nemmeno fuori dalla politica: anzi nel ’91 il nipote di suo zio era già presidente dei Giovani democristiani europei, nel ’96 diventava dirigente del ministero del Tesoro, nel ’97 vicesegretario nazionale del Ppi, nel ’98 ministro del governo D’Alema, nel 2000 del governo Amato e via poltroneggiando. Idem Alfano: dopo un passaggio nella Dc, nel ’94 si iscrisse a Forza Italia, nel ’96 divenne deputato regionale in Sicilia e nel 2001 entrò in Parlamento votando tutte le leggi vergogna del suo padrone e firmando personalmente alcune fra le più incostituzionali come ministro della Giustizia. Il fatto che il Pdl sia diviso fra governisti e antigovernisti non cambia la sostanza delle cose, visto che l’idea dei gruppi parlamentari separati è già tramontata e che fra i governisti pascolano dinosauri come Cicchitto, Giovanardi e Formigoni, in politica rispettivamente dal 1960, dal 1969 e dal 1975. Ma soprattutto le leggi vergogna del ventennio sono tutte in vigore, dal falso in bilancio alla Gasparri, dalla Cirielli alla Fini-Giovanardi (ah già), dalla Bossi-Fini al reato di clandestinità che sta portando all’incriminazione dei sopravvissuti alla strage di Lampedusa. Per non parlare delle mancate leggi antitrust e contro i conflitti d’interessi. E delle leggi-papello fatte da destra e da sinistra in ossequio alla trattativa Stato-mafia (giustamente Giovanna Maggiani Chelli, presidente dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, ricorda che “non è vero che il ventennio fatto di lacrime e sangue è finito. La richiesta di abolizione dell’ergastolo anche per i mafiosi rei delle stragi del 1993, invocata da più parti e avviata sulle vie referendarie e attraverso progetti di leggi, è la riprova che non si riesce di voltare pagina. I nostri figli sono stati messi nelle mani della mafia 20 anni fa attraverso trattative impronunciabili e i processi alla mafia stragista del 1993 sono monchi della verità fino in fondo, quindi in Italia non è cambiato nulla, è solo la politica che si veste di trionfalismi per continuare a nascondere cose indicibili”). Anziché tromboneggiare sulla fine del ventennio, Letta potrebbe fare qualcosa per cancellare quegli obbrobri, se non è troppo disturbo e se lo zio è d’accordo.

2) Non è vero neppure che Berlusconi non è riuscito a far cadere il governo “perché il Parlamento in sintonia con il Paese ha voluto che si continuasse”. Intanto il governo rappresenta appena un terzo del Paese, visto che quasi la metà degli italiani non vota e dell’altra metà solo il 60% vota Pd-Pdl-Scelta civica. Eppoi i governisti del Pd sostengono il governo per conservare la poltrona e per paura di perderla tornando a votare.

3)Non è vero che Letta jr. ha “preso un rischio” per aver “accettato mediazioni”. Il rischio era zero, perché aveva già in mano i numeri dei governisti pronti a votargli la fiducia. E le mediazioni le ha accettate eccome, altrimenti non avrebbe incontrato continuamente lo zio Gianni, che andava a veniva fra il Quirinale e Palazzo Chigi. E non avrebbe fatto aperture sulla giustizia nei suoi discorsi alle Camere. E, quando B. ha cambiato idea votando sì dopo aver annunciato il no, avrebbe ripreso la parola per dire che rifiutava i suoi voti. Ma non poteva farlo, altrimenti B. gli avrebbe ricordato chi è stato a sceglierlo come premier (B., non Alfano) e a imporre la rielezione di Napolitano che gli ha dato l’incarico (B., non Alfano). E magari gli avrebbe pure rammentato qualche protocollo segreto dell’inciucione di fine aprile, rimasto finora occulto.

4) Non è vero, infine, che “Alfano ha assunto una leadership molto forte e ha vinto la partita”. Altrimenti sarebbe il primo a chiedere il congresso e le primarie del Pdl, invece di accontentarsi dei giochetti e delle trame di palazzo. Tutti sanno che questo noto frequentatore di se stesso è un desertificatore di urne, non avendo mai vinto un’elezione in vita sua. La Sicilia del 61 a zero, opera di Micciché, ora è saldamente nelle mani del centrosinistra, dopo l’epocale sconfitta degli alfanidi alle ultime regionali. Sconfitta divenuta catastrofe nella natia Agrigento, dove Alfano lo conoscono, dunque lo evitano: lì il suo candidato, tal Pennica (nomen omen), sostenuto da un’amplissima coalizione dal Pdl a Grande Sud, dall’Mpa di Lombardo a Fli, ha raccolto appena il 25%, contro il 75 di Zambuto, appoggiato solo dall’Udc (poi trasvolato nel Pd al seguito di Renzi). Del resto, quando un anno fa il Cainano annunciò il ritiro dalla politica e lanciò Angelino Jolie, il Pdl sprofondò nei sondaggi sotto il 15%, e solo il ritorno del Puzzone lo riportò al 22. Sarà un caso, ma appena mercoledì Alfano ha rialzato il capino implume, il Pdl è riprecipitato dal 28 al 20. Fra qualche mese ci sono le elezioni europee, con proporzionale e preferenze: vedremo se questo trascinatore di folle farà da solo, o chiederà aiuto a nonno Silvio in qualche comunità di recupero. Col rischio di esservi trattenuto.

C’è la faremo [copyright sallusti]

https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/68614_4194548694706_1812812014_n.jpg[…] prima di tutto, un messaggio ai giornalisti inglesi di sinistra e agli intellettuali in genere: ricordate che disonestà e viltà si pagano sempre. Non pensate di potervi comportare per anni da propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime, e di ritornare improvvisamente alla dignità intellettuale.

Chi si prostituisce una volta, si prostituisce per sempre.

[George Orwell – La fattoria degli animali]

Sottotitolo: «La polizia in redazione sa di regime odioso ma l’arresto di Sallusti, la sua evasione e di nuovo il suo arresto, sia pure ai domiciliari, sono una commedia atroce perché la vittima, che senza tentennamenti noi non vogliamo in prigione, è stato il gendarme del peggiore giornalismo illiberale italiano, uno dei cani da guardia di quel Silvio Berlusconi che per venti anni ha seminato la peste della diffamazione, ben oltre l’articolo scritto ma non firmato da Renato Farina che ha infangato il giudice Cocilovo e che ancora oggi Sallusti rivendica come un’opinione forte e non come un’infamia. E Sallusti, nel difendersi, non usa il linguaggio del detenuto che noi vorremmo liberare ma del carceriere della libertà: non ha mai chiesto scusa a Cocilovo e, nella conferenza stampa, ha mitragliato le parole “cazzo” e “palle” al posto dei ragionamenti» [Francesco Merlo – La Repubblica].

Sallusti, arrestato, invia un tweet: “C’è la faremo”. Ecco perché gli articoli glieli scriveva Dreyfus. [forum spinoza.it]

Emilio Fede ha detto che silvio si è dimenticato di lui, Vittorio Feltri lacrima che il centro destra ha abbandonato sallusti.

Questa è la fine che fanno i SERVI quando non sono più utili al padrone.

Miserabili convinti che il disonesto impostore al quale hanno svenduto molto più della dignità gli potesse o gli dovesse dimostrare poi una riconoscenza dopo averli pagati a peso d’oro per raccontare balle, disinformare, calunniare e diffamare tutti quelli che non erano funzionali al progetto di un abusivo fuori legge che voleva trasformare l’Italia in una delle sue aziende.
Ragione di più per far vergognare tutti quelli che hanno difeso, sostenuto sallusti anche con una finta solidarietà che si potevano e dovevano risparmiare, quelli, giornalismo, politica, parlamento e Napolitano –  il quale  ha ritenuto opportuno doversi occupare anche del martire sallusti e chissà perché –  che hanno costretto un paese intero a seguire le vicissitudini di un ignobile personaggio, un delinquente comune come ce ne sono a migliaia, come se il problema della giustizia italiana fosse il carcere sì o no a sallusti e non ad esempio le migliaia di detenuti, gente che in galera non ci doveva proprio entrare ma  che invece  ci sta e ci resta  grazie alle leggi fasciste liberticide sulle quali un disinvolto presidente della repubblica ha messo la sua firma ma della quale chissà perché, a nessuno frega niente.
 Leggi come  la Bossi-Fini sull’immigrazione [approvata nel 2002], la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva [approvate tra il 2005 e il 2006] che trasformano in delinquenti quelli che delinquenti non sono.
Per quelle non c’è stata la levata di scudi di nessuno nonostante siano proprio queste che fanno riempire le carceri oltremodo.

Altro che gl’indulti e le amnistie per salvare i ladri di polli ma che poi servono ai massacratori di stato, ai ladri di stato,  ai corruttori e ai diffamatori che hanno vilipeso e sfinito questo paese per il solo fatto di esistere.

farina sallustiUno su mille c’è la fa
Marco Travaglio, 2 dicembre

Torna a grande richiesta la commedia all’italiana, nel solco della tradizione dei film a episodi con Sordi, Tognazzi, Gassmann, Manfredi, Vianello, Tina Pica e Walter Chiari. La pellicola, ancora in lavorazione, uscirà nelle sale a Natale. Siamo entrati in possesso della sceneggiatura dei primi quattro episodi.
Sballottaggio. Il leader di un partito chiamato Democratico organizza le primarie in linea con la ragione sociale, vince il primo round, esalta “la grande giornata di democrazia” e la strepitosa affluenza, ma poi scatena la guerra atomica per far sì che al ballottaggio voti il minor numero di persone possibile. Chi vuol partecipare deve inventarsi una scusa per l’assenza al primo turno. Quelle usate dai ragazzi a scuola (raffreddore, zia malata, cagnetta in calore, autobus in anticipo, allergia ai quaderni) non sono valide. Meglio optare per quelle dei Blues Brothers: “Avevo una gomma a terra, avevo finito la benzina, non avevo soldi per il taxi, la tintoria non ha portato il vestito, c’era il funerale di mia madre, l’inondazione, e poi le cavallette”.

L’onorevole Angelino. Un tizio di nome Angelino, convinto – non si sa bene da chi e perché – di essere il leader del centrodestra, organizza anche lui le primarie. Fissa date, detta regole, recluta candidati, intreccia alleanze, poi il suo padrone lo richiama all’ordine. Lui si dibatte un po’, dice addirittura che non vuole inquisiti, poi riceve una lettera di Dell’Utri in siciliano stretto: “Le tue primarie non servono a una minchia”. Vistosi perduto, va a Canossa, cioè ad Arcore, camminando in ginocchio sui ceci. Lo fanno entrare dall’ingresso della servitù, lo lasciano sei ore in anticamera, appoggiato a un panchetto, poi finalmente viene ricevuto. “Scusi Sire, non volevo, sono stato frainteso, non lo faccio più”. Il Nano Supremo, magnanimo, gli rimette la livrea a righine, gli restituisce il piumino e gli consente di spolverare.

Il conte di Montecribbio. Il direttore di un coso chiamato Il Giornale, dunque convinto di essere un giornalista, diffama questo e quello, finché si busca una condanna in appello per diffamazione. Vivo stupore dell’interessato. Il diffamato, impietosito, propone di ritirargli la querela in cambio delle scuse e del risarcimento. Ma il diffamatore, per misteriosi motivi, tiene tantissimo ad andare in galera e rincara la dose. La Cassazione conferma la condanna. I giudici, pietosamente, lo mandano ai domiciliari. Lui non sente ragioni e s’incazza: o galera o niente. Convoca la stampa per denunciare lo scandalo della magistratura politicizzata che rifiuta di arrestarlo. Si barrica in ufficio, pernotta nel cassetto della fotocopiatrice, poi la polizia lo preleva e lo traduce a casa sua. Lui twitta “C’è la faremo”, diffamando anche la lingua italiana. Poi, impavido, evade sul pianerottolo. Lo beccano subito: tribunale, processo per direttissima. Lui gongola: finalmente vado in galera. Ma niente da fare: ci vuol altro che un’evasione, in Italia, per finire dentro. Il giudice, inesorabile, lo rispedisce a casa. Lui giura: non evado più. Tanto è inutile.

I ragazzi irresistibili. Un’allegra brigata di vecchietti, convinti di essere dei tecnici, occupano Palazzo Chigi e improvvisano dei consigli dei ministri.

Uno si alza e s’inventa un decreto per consentire a un’acciaieria inquinante di continuare ad ammazzare la gente.

Un altro propone una legge draconiana per vietare di candidarsi ai condannati sopra i 4 anni. A nulla vale l’obiezione che 20 dei 21 onorevoli pregiudicati hanno condanne inferiori ai 4 anni [per superare detta soglia occorre mettersi a sparare].

Vivo disappunto del gobbo del Quarticciolo, della saponificatrice di Correggio, del Canaro della Magliana e dei mostri di Martinelle e di Dusseldorf, che resterebbero esclusi per un soffio dalle prossime elezioni.

Ottime chances invece per Sallusti, se smette.

Commissario “tecnico”

Sottotitolo:  ai tempi di Giordano Bruno non c’erano ancora i bei sistemi di censura democratica che abbiamo oggi. Fosse vissuto in questo bel tempo moderno non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di inchiodargli la mandibola e bruciarlo vivo: bastava una leggina bavaglio.

Non v’è chi non veda che dopo i casi Regione Lombardia, Ilva, Mancino-Quirinale, la priorità della giustizia in Italia è la riforma delle intercettazioni. Ma se qualcuno si fosse distratto, ci ha pensato ieri il commissario tecnico Mario Monti a ricordarlo. Insomma: anziché prevenire gli scandali, si continua a preferire prevenire le indagini sugli scandali. Ovvero: quando fra ammirata tecnica e pessima politica non c’è differenza. [Piero Ricca]

Monti annuncia un intervento del governo sulle intercettazioni. “Il caso Napolitano è grave” (leggi)

Scorte di Stato: una spesa da 250 milioni di euro. Ecco quelle “eterne”

La vicenda delle guardie del corpo di Fini in vacanza ha consentito di riaprire la questione del costo della protezione offerta dallo Stato a circa 600 personalità italiane sotto tutela. Un reparto che impegna circa 4 mila uomini e 2mila macchine.

Giusto per rispondere al professor Monti;  se qualcuno vuole il 50% di quello che guadagno senza fare nulla, senza svegliarsi alle sei di mattina, senza macinare migliaia di chilometri ogni anno, senza salire su un ponteggio sotto la pioggia e con quaranta gradi all’ombra, senza saltare i pasti per non sacrificare tempo al lavoro nel mio linguaggio si chiama magnaccia,  se a farlo è lo stato che poi non restituisce nulla in termini di servizi e strutture ma, al contrario toglie diritti, toglie sicurezza ai lavoratori,  toglie e taglia sulle necessità che i cittadini si pagano anticipatamente proprio con le tasse significa che a gestire lo stato fino ad ora sono stati e sono degli emeriti incapaci, disonesti e delinquenti.

Con una pressione fiscale come quella che hanno sempre imposto i governi di tutti i colori questo paese dovrebbe viaggiare come una barca a vela col vento a favore. Ma è chiaro che se, ad oggi, ancora si spendono 250 milioni di euro solo per le scorte, se i cittadini italiani sono obbligati a sovvenzionare con le loro tasse benefit e privilegi ai politici, alle varie caste e sottocaste  come non si fa in nessun altro paese democratico al mondo, se un sottosegretario italiano guadagna quando il presidente degli Stati Uniti a me pare ridicolo che si dia la colpa di tutto all’evasione fiscale.

Per una questione d’immagine, poi.

E già che ci sono ripropongo la domanda che avevo fatto qualche mese fa aggiornata ai fatti di oggi:  è normale che un governo si debba occupare, in un momento tragico come questo, di intercettazioni, è normale che un presidente della repubblica apra uno scontro feroce con la Magistratura,  è normale un governo di uno stato democratico [si fa per dire] che fa la voce grossa coi cittadini onesti,  è normale imporre ai cittadini di dimostrare la propria innocenza – con un centinaio, contati male,  di pregiudicati presenti in parlamento per i quali non è prevista nessuna legge speciale finalizzata a spazzarli via – utilizzando sistemi fascisti, da comunismo sovietico facendo leva sulla debolezza dell’italiano piccino che è ancora convinto che combattere l’evasione significhi andare a controllare e sanzionare il barista che non rilascia lo scontrino del caffè perché, poverino, non sa o fa finta di non sapere che i grandi evasori, quelli che lo stato e i governi di tutti i colori hanno sempre protetto, hanno sistemato i loro patrimoni in altre sedi altrove da qui e che nessun governo italiano di nessun colore li andrà mai a controllare, disturbare né tanto meno, intimorire

Intercettazioni, quando la politica vuole il bavaglio. Dai ‘furbetti’ alla Trattativa

Da destra a sinistra ogni volta che un politico è stato intercettato si è gridato allo scandalo. Commissioni di inchiesta e disegni di legge, la regolamentazione della questione ha messo sempre d’accordo tutti. Ultimo capitolo: il deposito del capo dello Stato di un ricorso alla Consulta. Ecco una cronologia dai “furbetti del quartierino” a oggi.

ZAGREBELSKY AL COLLE: “NO A CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE, BASTA LA LEGGE”

I Monti non tornano –  Marco Travaglio, 18 agosto
Vi eravate mai accorti che “siamo in stato di guerra” contro gli evasori fiscali? No? Ora lo sapete: lo rivela dall’Engadina Mario Monti. Il sospetto è che ci creda poco anche lui, se per l’annuncio ha scelto il settimanale formigoniano Tempi, un modo come un altro per entrare in clandestinità. Sia come sia, il premier ha scoperto che l’evasione “produce un grosso danno”, e sapete perché? Non perché sottrae ogni anno alle casse dello Stato 150 miliardi di euro, costringendo i soliti fessi a pagare al posto di chi non paga. Bensì perché guasta “la percezione del Paese all’estero: la notorietà pubblica del nostro alto tasso di evasione contribuisce molto a indisporre nei confronti dell’Italia quei Paesi da cui potremmo aver bisogno di assistenza finanziaria”, perché “dicono: l’Italia ha un fortissimo debito pubblico che magari richiederà domani di aiutarla a rinnovare; eppure ci sono italiani ricchi o medi che non pagano le tasse”. Cioè: l’evasione non è un male in sé, ma perché si viene a sapere in giro e ci rovina l’immagine. L’importante, comunque, è che ora Monti dichiari “lo stato di guerra” e preannunci “strumenti forti”. À la guerre comme à la guerre. La prima misura draconiana è la conferma di Corrado Passera, indagato per frode fiscale, come ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile. Una cura omeopatica. Di fare una legge che mandi in galera gli evasori fiscali, come in tutti i paesi che sono in guerra contro l’evasione o non lo sono più perché l’hanno vinta, non se ne parla neanche. E tantomeno di approvare la legge anticorruzione, ormai dispersa nei cassetti del Parlamento. L’unica vera guerra dei grandi partiti, e dei tecnici al seguito, è quella ai magistrati. Infatti, sempre al samizdat ciellino, Monti confida un’altra scoperta sensazionale: le intercettazioni indirette di Napolitano sul telefono di Mancino nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia sono “episodi gravi”. Purtroppo non spiega perché “gravi”. Perché uno Stato non tratta con la mafia e, nel caso in cui venga scoperto a trattare, il Capo dello Stato non parla al telefono con chi è coinvolto nelle indagini? Perché Mancino ha trascinato il Quirinale nel fango delle sue beghe processuali? O perché i pm hanno stralciato le telefonate Napolitano-Mancino ritenendole irrilevanti, in attesa che il gip ne decida la distruzione dopo averle fatte ascoltare agli avvocati? Se, come sembra, la risposta giusta è la 3, Monti è fortunato, casca male: propri ieri su Repubblica il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsky ha spiegato che i pm di Palermo hanno applicato la legge e l’unica cosa grave è il conflitto di attribuzioni scatenato dal Quirinale contro di loro. Sfugge comunque il nesso fra tutto ciò e il preannuncio di un'”iniziativa del governo” con “novità legislative” in materia perché “è evidente a tutti che nel fenomeno delle intercettazioni telefoniche si sono verificati e si verificano abusi”.  Ecco, siccome per noi questi “abusi” non sono affatto “evidenti”, gli saremmo grati se ce li volesse illustrare con nomi, cognomi e indirizzi: quali magistrati li hanno commessi, e quando, e dove e perché. Siccome poi chi abusa di intercettazioni commette reato e illecito disciplinare, e il ministro della Giustizia è titolare dell’azione disciplinare, può spiegarci il prof. Monti perché la signora Severino non ne ha avviata alcuna contro i magistrati autori dei presunti abusi? Delle due l’una: o questi abusi non esistono, e allora il premier farà bene a ritirare la sua generica denuncia; oppure esistono, dunque le norme attuali già li prevedono e li sanzionano (altrimenti non sarebbero abusi), e allora che bisogno c’è di una nuova legge per punire ciò che è già punito? È sicuro il premier di sapere quel che dice?  E, se no, perché non tiene la bocca chiusa?
 
 
 

“Indegni” d’Italia

Napolitano: ”L’evasore è indegno della parola Italia” – Video Repubblica – la Repubblica.it

Sottotitolo: “C’è una consonanza tra la vostra attività e la mia funzione di volontario per la messa in sicurezza, assieme a tutto il sistema politico-parlamentare, del Paese” (Mario Monti, 13 aprile 2012)


Ma, mi chiedevo: un volontario non presta la sua opera, il suo aiuto GRATUITAMENTE? uno che si fa pagare, e anche profumatamente, non è un volontario, casomai è un mercenario.
Il problema è che questi ormai possono dire tutto, il contrario di tutto e ricominciare daccapo altre mille volte e nessuno si accorge dell’enormità di stronzate che esce dalle loro bocche.
Un milionario che si definisce volontario come se ci stesse facendo un favore a ridurci sul lastrico, quell’altro che lancia l’ennesimo monito contro i disonesti, ovviamente gli altri, i noi, mica quelli di cui si circonda tutti i giorni per “dovere istituzionale”, quelli a cui stringe la mano e ci si siede a tavola.

Dov’era il Napolitano di ieri quando quello di ieri l’altro firmava tutte le porcherie a vantaggio del primo delinquente d’Italia? lì firmava e non fiatava, il presidente, da quando c’è Monti gli è tornata la parola? 

Quand’è che lo sentiremo scagliarsi con la stessa veemenza (viva e vibrante) contro la corruzione nella politica?
Eppure, una gran parte di “dissociati” di stato, quelli che hanno
approfittato e approfittano dello stato a mani basse la manteniamo in parlamento.
E come mai Napolitano non ha mai lanciato un monito di questo tipo mentre alla presidenza del consiglio c’era il re degli evasori, degli speculatori, quello che poverino, è sceso in campo per il nostro bene e cioè il suo, quadruplicando i suoi guadagni mentre, a tempo perso, faceva il presidente del consiglio, quello che più di tanti altri, in questi ultimi vent’anni,  ha voluto e fatto il male di questo paese? un mistero, davvero, un’amnesia dovuta all’età, probabilmente.

Quando gli storici fra qualche decennio scriveranno dei fatti che hanno riguardato l’Italia degli ultimi trent’anni noi della nostra generazione non ci saremo più; e sarà un vero peccato perché sarebbe interessante capire come tutto quello a cui abbiamo dovuto assistere sia stato possibile, come sia potuto succedere un tale scempio di dignità e intelligenze attraverso la lobotomia di massa, l’inoculazione nelle teste delle persone di stronzate di ogni genere, di ragionamenti indegni perfino del peggior bar di Caracas che hanno ucciso, inibito, impedito ogni capacità critica e ogni potere di analisi, e grazie ai quali una puttana siliconata può essere paragonata ad un gigante della Resistenza e della politica italiana del dopoguerra e dopo non succede praticamente niente.


Io non sopporto più l’idea di vedermi accostare agli italiani quando si vuole descrivere ed evidenziare il loro peggio, non sono più disposta a tollerare (termine e concetto che peraltro odio da sempre perché penso che sia solo l’anticamera del razzismo più bieco), a farmi andar bene cose perché c’è una maggioranza che decide che quelle cose devono andare bene per tutti. Non sopporto più l’idea di dover subire gli effetti del suffragio, del voto concesso a tutti in virtù di un’uguaglianza che non c’è e non ci può stare se poi i risultati sono quelli che vediamo, che subiamo.
Chi si prende la responsabilità di mandare in parlamento gente che poi dovrà fare quelle leggi che TUTTI dobbiamo rispettare bisognerebbe che lo facesse con cognizione, conoscenza, qui va a votare anche chi non conosce nemmeno i primi cinque articoli della Costituzione. Guidare un’automobile non può essere più rischioso di affidare un paese nelle mani sbagliate. Ci sono ragazzini che imparano molto prima dei canonici diciotto anni e ci sono adulti che anche a cinquant’anni non hanno capito, imparato nulla, a proposito di doveri morali e coscienza civile.
E allora se vuoi votare ci vuole l’esamino, perché il mio voto non può essere annullato da un sostenitore della lega, di  scilipoti e della santanché, per esempio.

Grazie, un’altra volta
Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 14 aprile

Spiace per l’impegno profuso dalla ministra Severino che, dopo il pessimo inizio dell’indultino travestito da svuotacarceri, si sta dando un gran daffare per la legge anti-corruzione. Ma, se il punto di mediazione e di equilibrio fra gli appetiti e le paure del Trio Lescano (Alfano-Bersani-Casini) è l’abortino anticipato dai giornali, è meglio soprassedere e riparlarne un’altra volta: se e quando in Parlamento ci sarà una maggioranza interessata a combattere il malaffare e non a coprirlo. La cronaca politica cioè giudiziaria sforna a ogni minuto ottime ragioni per farla subito, domani anzi ieri, questa benedetta legge anti-corruzione, nel Paese che a ogni delitto fa seguire la prescrizione.
I funzionari di governo chiedono le mazzette (ovviamente tecniche) addirittura nei loro uffici al ministero. Gli amichetti di Formigoni (i famosi “casi isolati”) portano in Svizzera 50 milioni a botta. Persino il rivoluzionario Vendola colleziona un avviso di garanzia al giorno. Non c’è angolo d’Italia, dalla politica alla sanità al pallone, che non sia infestato dall’illegalità (a parte i rari angoli dove la gente perbene si ammazza per mancanza di lavoro). Ma non c’è niente da fare: la cosca dei politici più stupidi (o più compromessi) della terra continua a cincischiare, a parlarsi addosso, a grufolare nella propria inconcludenza. La legge-brodino sui “rimborsi” elettorali non si fa né per decreto né per emendamento, cioè non subito: c’è tempo, campa cavallo. Non si rinuncia nemmeno alla tranche estiva di 180 milioni, perché Pd e Pdl si sono già mangiati tutto: non solo la piccola parte documentata, ma anche il resto che non risulta speso. Se ne deduce che sono peggio amministrati della Lega, che almeno aveva avanzato un sacco di soldi, tanto da spedirli a Cipro e in Tanzania: potrebbero chiedere a Belsito come si fa a
risparmiare. Poi c’è la bozza di legge anti-corruzione, limata e leccata dalla Severino dopo le famose consultazioni separate con gli sherpa del trio ABC. Una barzelletta. I nuovi reati previsti dalla Convenzione di Strasburgo ’99 non ci sono (l’autoriciclaggio, chi l’ha visto?) o, quando ci sono (traffico d’influenze illecite e corruzione tra privati), sono puniti con pene finte: da 1 a 3 anni. Cioè si prescrivono prim’ancora della sentenza di primo grado. Poi c’è la corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, la più grave: la pena massima sale appena da 5 a 7 anni, cioè la prescrizione aumenta da 7 anni e mezzo a 8 anni e 9 mesi, troppo pochi per arrivare a sentenza definitiva. La soluzione è nota: sospendere la prescrizione al rinvio a giudizio. Ma così i processi giungerebbero in fondo e i colpevoli finirebbero dentro: dunque in un Parlamento di condannati, inquisiti, imputati, prescritti e avvocati, è meglio di no. Il falso in bilancio è desaparecido : non se ne può nemmeno parlare. Così come di aumentare le pene per la frode e l’evasione fiscale (così gli evasori, scoperti nei blitz, continueranno a farla franca, a parte il terribile monito di Napolitano che li chiama “indegni della parola Italia”: quando si dice la deterrenza). Infine la concussione, che resta punita fino a 12 anni. Ma tranne quella per induzione, che cambia nome (“indebita induzione a dare e promettere utilità”) e pena massima (non più 12 anni, ma 8, e niente interdizione dai pubblici uffici). Così la prescrizione per B. nel processo Ruby scende da 15 a 10 anni. E il Pdl osa pure protestare, reclamando l’abolizione tout court della concussione “come ci chiede l’Europa ” (che naturalmente non ha mai chiesto una boiata del genere). Le leggi penali durano anni, decenni.
Sarebbe assurdo infilare nel Codice queste norme criminogene che sembrano dire ai tangentari: rubate pure, tanto non vi facciamo niente. Ministra Severino, lasci perdere. Concordare la legge anti-corruzione con questi politici è come se Alfredo
Rocco, quando scrisse il Codice penale, avesse cercato le larghe intese col gobbo del Quarticciolo e la saponificatrice di Correggio.

Una “paccata” di vaffanculi, tanto per cominciare

Sottotitolo: Fornero: «Se uno dice no perché dovremmo mettere lì una paccata di miliardi ?»
Perché prima, vedere cammello. Abbella, ti piace vincere facile, eh?

Sottitolo bis: Dopo aver visto Ballarò ieri sera mi sono intristita, specie quando ho visto minuscole case al mare rimesse in vendita da chi se le era comprate sicuramente dopo una vita di sacrificio (altrimenti si sarebbe comprato il villone sull’Appia e lo avrebbe intestato a società fittizie, oppure cheneso, cinque baite per ospitarci ‘sto cazzo) senz’averci nemmeno dormito una notte. Anni fa ebbi una discussione piuttosto accesa con un amico in un forum perché lui sosteneva che una pizza al sabato sera non può essere un diritto di chi lavora e si sbatte fra mille sacrifici e altre privazioni.
Io invece dicevo, e lo sostengo ancora, di no, che una vita fatta solo di lavoro, privazioni, sacrifici non è più tale, e che un’esistenza per essere definita almeno degna ha bisogno anche di una pizza al sabato sera, di un cinema, di una serata a teatro. Oggi che leggo, vedo persone che devono rinunciare, insieme a molto altro anche all’acquisto di un libro e un giornale in più mi piacerebbe sapere se l’amico forumista pensa ancora quelle cose e se, invece, non pensa che quando la sperequazione fra ricchezze e povertà è così violenta, quando lo spread fra chi può permettersi tutto e chi niente è così insolente e insopportabile non sia il caso di avere, almeno nei confronti del diritto di tutti a poter vivere e non sopravvivere come accade ora e accadrà sempre più di frequente grazie all’opera Pija dei sobri tecnici, un’opinione meno rigida e ideologica.

Fornero: “No a una paccata di miliardi
se i sindacati non accettano la riforma”

Privacy, il garante attacca
i controlli antievasione

Francesco Pizzetti si scaglia contro il nuovo corso delle verifiche fiscali incrociate e della trasparenza. “Sono strappi allo Stato di diritto, controllo sociale spaventoso”

CORTE CONTI: “CARICO FISCALE ECCESSIVO PER ONESTI”

Ora, oggi, mi piacerebbe sapere qual è il pensiero di chi ha fatto i salti  di gioia quando berlusconi ha ceduto il passo – ma non le intenzioni che erano e sono le stesse di entrambi,  l’unica differenza è che Monti ci ha accollato anche il costo della vaselina, prima si faceva tutto nature – al sobrio governo dei tecnici, se tutta quella gente  che accusava chi, me compresa, non si è lasciata sedurre dal manierismo  di facciata, durato peraltro appena il tempo di mettersi comodi sulle  loro poltrone, di questi killer della giustizia sociale pronti a  difendere soldi, privilegi e patrimoni dei loro pari rango con tutti i mezzi che hanno a disposizione. Se a tutta quella gente che accusava di  rimpiangere berlusconi soltanto perché in tanti non ci siamo fidati e non ci fidiamo di un governo imposto – e con viva e vibrante soddisfazione – sembra normale che in un paese che muore economicamente di mafia e corruzione (con una legge EUROPEA contro la corruzione – che dovremmo ratificare OBBLIGATORIAMENTE come hanno fatto gli altri paesi –   chiusa da dieci anni in un cassetto che né destra né sinistra né ‘tecnici’ hanno l’intenzione di aprire) si minaccino continuamente i precari, i disoccupati, i lavoratori a stipendio fisso e fesso, se è normale che di mafia e corruzione non si parli mai quanto invece lo si fa per quel che riguarda diritti che in un paese civile non si dovrebbero nemmeno più  discutere.

Se è normale che un governo faccia la voce grossa coi cittadini onesti, e se è normale imporre ai cittadini di dimostrare ad libitum la propria innocenza utilizzando sistemi fascisti, da comunismo sovietico facendo leva sulla debolezza dell’italiano piccino che è
ancora convinto che combattere l’evasione significhi andare a  controllare e sanzionare il barista che non rilascia lo scontrino del caffè perché, poverino, non sa o fa finta di non sapere che i grandi evasori hanno sistemato i loro patrimoni in altre sedi altrove da qui  e che nessun governo italiano di nessun colore li andrà mai a controllare, disturbare né tanto meno, intimorire.

Liberalizzate_Ci da questa gentaglia

Da: http://www.demopazzia.it/2012/01/17/caro-amico-tassista-notaio-onorevole-farmacista/

(E sarebbe corretto che anche altri che copiano precisassero di aver copiato, invece di postare cose sui propri blog spacciandole per proprie prendendosi pure i complimenti di quelli che ci cascano: la cosa più idiota che si possa fare in internet è questa, ma c’è chi il vizio non riesce proprio a toglierselo).

Caro tassista che dichiari 1000 euro al mese, che non si sa chi te l’ha fatto fare allora di comprarti la licenza a duecentomila e manifesti con questo cartello in mano, e da questo si capisce che testina di cazzo hai e sei forse c’hai pure ragione quando dici che la liberalizzazione dei taxi come la soluzione di tutti i problemi dell’Italia è un’ingiustizia.
Caro onorevole deputato che non arrivi alla fine del mese con i 16.000 euro di indennità, forse pure tu c’hai ragione quando dici che non è abbassandovi lo stipendio di qualche euro che se risolvono i problemi dell’Italia.
Caro farmacista che ti “tocca” ereditare un’attività dei cui servizi in molti vorrebbero poter fare a meno ma nessuno può, forse c’hai ragione pure te quando dici che non è liberalizzando il mercato delle farmacie che si risolvono i problemi dell’Italia.
Caro vescovo, che ti tocca stare una vita senza trombare (almeno ufficialmente), forse c’hai ragione pure te, quando dici che se la chiesa pagasse l’ici non ci farebbe più tutto quel bene che c’ha fatto in millenni di oscurantismo culturale.
Caro benzinaio che vendi la benzina manco fosse chianti, forse c’hai ragione pure te a dire che le liberalizzazioni non  faranno calare il prezzo e ti metteranno pure sul lastrico.
Caro povero possessore di uno yacht da 19 metri e di un Cayenne, lo so che ti tocca fare gli straordinari in miniera per poterti pagare le rate di quell’unica soddisfazione che ti sei potuto concedere in una vita fatta di sacrifici e rinunce, forse c’hai ragione pure te quando dici che se ti ci mettono pure la tassa ti rovinano, te e tutti gli operai che lavorano nei cantieri e nelle fabbriche della Porsche per quel discorso dell’offerta e della domanda.
Caro amico notaio, della cui professione devo ancora riuscire a comprendere l’utilità, c’hai ragione pure tu quando dici che il lavoro è l’unica cosa buona che ti può lasciare tuo padre dopo averti condannato fin dall’infanzia alla certezza che avresti fatto quel mestiere, tanto che apponevi timbro e firma pure sugli scambi delle figurine alle elementari in cambio della merendina, e che non ce la possiamo prendere con voi, che in fondo siete solo 6000, che cosa vuoi che contino 6000 persone su una popolazione di 60 milioni?
Mò che ci penso, stai a vedere che il problema sono proprio io, io che vi sto ancora ad ascoltare invece che di venire in piazza a darvi fuoco uno per uno.
IO mi chiedo dove eravate simpatici amici, quando il governo che voi avete votato, si inventava la flessibilità spazzando via ogni garanzia per chiunque non fosse vostro figlio e noi scendevamo in piazza a prendere manganellate e lacrimogeni?
Dove eravate quando il governo giocava a sudoku con le nostre date di nascita e i contributi versati? Dove eravate quando Fiat, Omsa & Co. licenziavano e trasferivano gli stabilimenti all’estero?
Dove eravate mentre amichevoli poliziotti manganellavano studenti che in piazza chiedevano una scuola e una università più giuste ed efficienti anche per i vostri figli?
Dove eravate, piccole, amorevoli teste di cazzo, quando pur di non controllare i vostri negozi, le vostre attività, si cercava di dare la colpa della crisi a quattro disgraziati di immigrati, per esempio prendendosela con le “frutterie etniche” (sic!), i ristoranti cinesi o i negozi di kebab?
Ecco io non so dove eravate, ma so dove vorrei mandarvi: AFFANCULO, e per sempre.

p.s: non se la prendano quelli di cui mi sono dimenticata.

http://www.demopazzia.it/2012/01/17/caro-amico-tassista-notaio-onorevole-farmacista/

Italici orgoglioni

Forse se la si smettesse di pensare sempre a chi c’era prima per fare il confronto con Monti, si dimostrerebbe anche una maggiore maturità. Possibile che basta così poco, o che ci voglia uno come Monti per sentirsi “orgogliosi di essere italiani”? L’avevo già scritto ieri sera nella mia pagina di Facebook dopo la puntata di ‘Che tempo che fa’: qualcuno dovrebbe dire a Monti che gli italiani non hanno accettato “responsabilmente” proprio niente.
Gli italiani, dopo essere stati terrorizzati perbenino dallo spread che saliva e scendeva (cosa che continua imperterrito a fare nonostante l’eccellenza: è proprio stronzo, ‘sto spread) hanno dovuto subire le scelte di questo signore al quale un altro signore aveva affidato le sorti del paese consultando nient’altro che stesso. E questo, in un momento di ‘emergenza’ ci starebbe pure, quello che non ci sta sono le conseguenze di questo agire. Perché a me sentire gente che dice cinguettando di essere tornata ad essere orgogliosa di essere italiana perché al posto di berlusconi c’è Monti (quindi si può immaginare facilmente che molti si fossero sentiti così quando al posto di Prodi c’è andato berlusconi: siamo italiani mica per niente) fa capire per l’ennesima volta che agli italiani il manganello piace, sia che si tratti dell’oggetto in sé o di altri modi per sedurre e convincere, che siano l’infatuazione mediatica o il creare un esagerato allarme per ottenere consenso e credibilità fa davvero poca differenza.
Piccola considerazione: si sente molto parlare di evasione, di lotta all’evasione, il blitz a Cortina ha eccitato gli italiani più di un film porno: e la corruzione? come mai di corruzione non si parla mai, è stata già liberalizzata a nostra insaputa?


Esportatori di buoni esempi

Si sente ripetere come una sorta di mantra, che ora l’Italia non deve più vergognarsi, e anche che gli altri paesi europei, da noi, dovrebbero prendere esempio. Io resto un po’ così, stupita e dubbiosa. Certo, se consideriamo il nonno che mandiamo in giro a rappresentarci, ora va meglio di prima, almeno dal Professore nessuno si aspetterebbe che possa scorreggiare a tavola, o toccare il culo alla Regina Elisabetta, ma per il resto, davvero, di cosa dovremmo andare fieri ed orgogliosi, e cosa mai potremmo insegnare ad un’altra nazione mediamente civile?

Quale sarebbe l’esempio? Il moltiplicarsi di tasse e balzelli che continuano ad istigare il popolo al suicidio? La desolazione dei negozi che chiudono perché è sempre più difficile trovare soldi da spendere? I vecchi che rovistano nei cassonetti?

C’è di più. Ci sono le nuove vergogne, quelle che provo quando penso all’arroganza tutta italiana che può spingere un tale a veri e propri deliri di propaganda: chiedere alla Merkel di prendere esempio … Quale?

Da giorni, se non da settimane ci sono troupe televisive impegnate in ore e ore di inchieste sugli scontrini a Cortina. Inviati speciali per raccontare ad un popolo che sta esalando l’ultimo respiro, col telecomando sempre in mano, come fosse una Bibbia, gli inghippi, le ripercussioni, le tragedie di una località turistica colpita dalla Guardia di Finanza. Non so, ma non riesco a immaginare la Germania immersa nella stesso scandalo: l’ignominiosa pretesa di emettere scontrino fiscale.

Potremmo forse insegnare – e gli altri stati dovrebbero prendere esempio – a pagare a peso d’oro vecchie glorie del calcio gonfie di vita debosciata, attorucoli in disarmo o ex partecipanti a cene eleganti, per la partecipazione ad una trasmissione televisiva, mentre chi guarda la Bibbia forse non sa che anche non pagare l’aumento del canone della RAI potrebbe far incazzare Equitalia.

Cosa, di grazia, dovrebbe renderci fieri di questo stato? Abbiamo fatto arte della corruzione tanto da essere in grado di far arrossire la Colombia. La gente si ammazza per strada come nel far west, e per la prima volta la politica s’indigna: “Troppe pistole”. Forse dovremmo dare l’esempio agli stati civili, perché come siamo capaci noi a dimenticare, non è capace nessuno. Alemanno, potrebbe insegnare come fare per avere un’amnesia, una selettiva. Anni e anni di battaglie sulla sicurezza, ragazze stuprate per propaganda elettorale, campi rom incendiati in nome della sicurezza, hanno portato alla semplificazione delle pratiche per chiedere ed ottenere il porto d’arma, e ora? Troppe pistole. (Lo ha detto davvero)

L’aumento dell’occupazione in Germania, gli investimenti per la creazione reale di posti di lavoro, la tutela dei salari tedeschi dovrebbero forse insegnare qualcosa al Professore, visto che in tempi non sospetti non ha insegnato nulla al suo predecessore, troppo impegnato a far sì che le puttane non si prostituissero per strada, (in effetti favorendo l’ occupazione femminile). Oggi scopriamo che la situazione del lavoro femminile, in Italia, è assai peggio della Grecia. Non ci dobbiamo più vergognare.

Quindi quale sarebbe l’esempio da esportare? Essere riusciti laddove tutti gli altri hanno fallito: l’Italia è l’unico paese in Europa ad essere riuscita a cedere direttamente “il popolo” alle banche. Che il paese, già lo avevano.
Trovassero la dignità del silenzio, sarebbe più elegante anche la sodomia.

Rita Pani (APOLIDE)

Equi_Taglia

            Tolgono ai più poveri e lo spread cala. Devono togliere ancora ai poveri?

Basta far salire lo spread, farlo diventare la prima preoccupazione del parco bovino e macellare i capi in basso, quelli più vicini al tritacarne. E ancora, e ancora, e ancora.
Ha ragione Ascanio Celestini quando dice che un popolo spaventato è come un bambino minacciato: ubbidisce subito.
A me non importa nulla se c’è gente – in Italia tanta – visto che il 10% della popolazione possiede più della metà della ricchezza totale, che sta meglio di me e della percentuale restante dei cittadini. Quello che m’importa, eccome, è sapere se quella gente sta meglio perché se lo è meritato davvero. Io non ho la sindrome della cosiddetta invidia sociale, se uno nella sua vita ha studiato di più, si è impegnato di più, ha lavorato di più, ha rischiato di più è assolutamente giusto che abbia uno stile di vita diverso dallo scansafatiche, io non sono per l’uguaglianza a tutti i costi perché non siamo tutti uguali e tutti meritevoli tout court: nella vita ognuno deve metterci del suo e deve sempre lavorare per migliorarsi senz’aspettarsi la manna dal cielo. Il problema è che in Italia nella maggior parte dei casi chi diventa un cittadino “più” lo fa a discapito della collettività altrimenti questo paese non sarebbe ridotto così male indipendentemente dalla crisi globale. Ieri sentivo feltri dalla Gruber dire che non sarebbe giusto adesso alzare la percentuale dei capitali scudati, che quando lo stato fa un patto coi cittadini poi non può rimangiarsi la parola, come se portarsi i soldi all’estero e non pagarci su le tasse fosse un atto di nobiltà da premiare con lo sconto invece di un reato da punire. Io non ho e non do cifre, però penso che in uno stato di diritto, in una società civile, il minimo dei diritti debba essere garantito, e se in un momento di grave difficoltà chi ha accumulato denaro sufficiente per potersi garantire cheneso, la berlina da 100.000 euro, l’attico in città, il casale in campagna, la barchetta a porto Cervo e l’appartamentino in montagna, chi può spendere per un capo d’abbigliamento quanto una famiglia spende in un mese per mangiare, dovrebbe contribuire (molto) di più rispetto a chi tutte quelle cose non le ha potute avere non per incapacità ma perché magari, è stato solo meno fortunato e meno furbo.
Quando sento dire che in questo paese si è vissuto al di sopra delle possibilità rabbrividisco. Perché so che un sacco di gente il mazzo se lo è fatto, non ha avuto niente di regalato, ora ci chiedono l’ICI sulla prima e unica casa: c’è chi andava a lavorare anche di domenica per pagare il mutuo e per anni ha fatto a meno di tutto per raggiungere quel piccolo obiettivo, e nel frattempo si cresceva anche i figli. Però ci dicono che una casa di proprietà fa reddito ed è giusto pagarci una tassa ignorando che il mantenimento di una casa di proprietà è a carico di chi se l’è comprata, se si rompe la caldaia non si va dall’amministratore di condominio a reclamare, bisogna trovare i soldi per aggiustarla o comprarne una nuova, così per tutte le altre cose.
Mantenere una casa di proprietà è già una tassa di per sé.
E io la voglio anche pagare questa tassa se poi mi torna sottoforma di servizi e strutture, ma so già che non sarà così. Io voglio continuare a pagare tutte le mie tasse, continuare a stare dentro questo stato, ma non voglio essere costretta a mettere mano al portafoglio perché per fare una mammografia in questo paese si devono aspettare anche nove mesi. Dov’è la giustizia sociale, l’EQUITA’,  in un paese dove bisogna rinunciare a curarsi, ad andare dal dentista perché anche curarsi e avere un bel sorriso è diventato qualcosa alla portata di una piccola élite di ricchi e arricchiti?
Il problema non è tanto il fatto, gravissimo, che in questo paese non potremo mai ambire ad una vera equità, ad una lotta seria contro i grandi evasori che qui vengono premiati con lo scudo e i condoni anziché accompagnati nelle patrie galere come avviene nei paesi civili e a una distribuzione giusta delle ricchezze, quella che faccia in modo che non esista un divario così gigantesco fra chi nonostante la crisi continua ad accumulare e ad arricchirsi e chi invece non può garantirsi nemmeno il necessario. Il dramma è che questa concezione è entrata nel comune sentire, ieri da qualche parte ho letto che, “sì vabbè, la manovra è severa ma tanto in questo paese sarà sempre così e più di questo non possiamo pretendere”.
E allora penso che noi italiani siamo ormai avvezzi alla bastonatura perpetua. Questo il potere l’ha capito e si comporta di conseguenza, altrove i banchieri disonesti sono dovuti andare sotto processo, qui i banchieri e basta li hanno messi a governare.

Ma, ha un senso parlare di tutto questo in un paese dove esiste un sistema intero che vive alle spalle degli altri ed è stato tutelato dagli scudi e dai condoni, in un paese dove “il nero” supera il consentito e invece di riportare il maltolto a galla si va a infierire sui pensionati?


NON CE NE LIBEREREMO MAI (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)

Un mese fa i titoli in Borsa delle sue aziende colavano a picco peggio degli ascolti di Minzolingua. Il suo governo, dopo due manovre estive totalmente inutili perché subito bruciate dai crolli quotidiani di Piazza Affari, sfiorava il consenso zero e rischiava di finire sottozero dovendone fare una terza. Gli altri capi di Stato e di governo, appena lo vedevano, scappavano. E, appena lo nominavano, sghignazzavano. In tribunale, poi, un disastro via l’altro, con i giudici che tagliavano i testimoni inutili della difesa per scongiurare la prescrizione. E in Parlamento nessuno, nemmeno la Carlucci e Stracquadanio, era più disposto a votargli quelle sei o sette leggine ad personam che gli occorrevano per scampare a sicura condanna. Un disastro totale: politico, finanziario, aziendale, processuale, sessuale, planetario.

Ora, soltanto un mese dopo, è tutto un paradiso. Del lavoro sporco, tipo piangere in diretta e far piangere gli italiani onesti, s’incarica Monti, avendo cura di non uscire dalla road map indicata dal Cainano: niente patrimoniale, niente Ici alla Chiesa e manco a parlarne di far pagare a Mediaset le nuove frequenze tv. Del resto, il nome di chi ci ha trascinati al fallimento dopo tre anni di sgoverno rimane un mistero doloroso: Monti continua a inchinarsi dinanzi a Letta e a B. (“ringrazio il mio predecessore che sono lieto di salutare in quest’aula”). E così, mentre gli altri piangono, lui fotte. Le aziende risalgono in Borsa. E lui risale nei sondaggi grazie alla proverbiale smemoratezza degl’italiani. Prepara la campagna elettorale travestito da “padre nobile” del Pdl, seminascosto dietro Angelino Jolie, pronto a levarselo dai piedi non appena i consensi faranno ben sperare. Intanto manda in fumo i suoi processi con manovre dilatorie che gridano vendetta, anzi la griderebbero se qualcuno le raccontasse. Invece, siccome dice “non conto più nulla” e tutti ci credono, le cronache dei processi Mills e Mediaset sono relegate in trafiletti da microscopio elettronico.