[…] prima di tutto, un messaggio ai giornalisti inglesi di sinistra e agli intellettuali in genere: ricordate che disonestà e viltà si pagano sempre. Non pensate di potervi comportare per anni da propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime, e di ritornare improvvisamente alla dignità intellettuale.
Chi si prostituisce una volta, si prostituisce per sempre.
[George Orwell – La fattoria degli animali]
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Sottotitolo: «La polizia in redazione sa di regime odioso ma l’arresto di Sallusti, la sua evasione e di nuovo il suo arresto, sia pure ai domiciliari, sono una commedia atroce perché la vittima, che senza tentennamenti noi non vogliamo in prigione, è stato il gendarme del peggiore giornalismo illiberale italiano, uno dei cani da guardia di quel Silvio Berlusconi che per venti anni ha seminato la peste della diffamazione, ben oltre l’articolo scritto ma non firmato da Renato Farina che ha infangato il giudice Cocilovo e che ancora oggi Sallusti rivendica come un’opinione forte e non come un’infamia. E Sallusti, nel difendersi, non usa il linguaggio del detenuto che noi vorremmo liberare ma del carceriere della libertà: non ha mai chiesto scusa a Cocilovo e, nella conferenza stampa, ha mitragliato le parole “cazzo” e “palle” al posto dei ragionamenti» [Francesco Merlo – La Repubblica].
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Sallusti, arrestato, invia un tweet: “C’è la faremo”. Ecco perché gli articoli glieli scriveva Dreyfus. [forum spinoza.it]
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Emilio Fede ha detto che silvio si è dimenticato di lui, Vittorio Feltri lacrima che il centro destra ha abbandonato sallusti.
Questa è la fine che fanno i SERVI quando non sono più utili al padrone.
Miserabili convinti che il disonesto impostore al quale hanno svenduto molto più della dignità gli potesse o gli dovesse dimostrare poi una riconoscenza dopo averli pagati a peso d’oro per raccontare balle, disinformare, calunniare e diffamare tutti quelli che non erano funzionali al progetto di un abusivo fuori legge che voleva trasformare l’Italia in una delle sue aziende.
Ragione di più per far vergognare tutti quelli che hanno difeso, sostenuto sallusti anche con una finta solidarietà che si potevano e dovevano risparmiare, quelli, giornalismo, politica, parlamento e Napolitano – il quale ha ritenuto opportuno doversi occupare anche del martire sallusti e chissà perché – che hanno costretto un paese intero a seguire le vicissitudini di un ignobile personaggio, un delinquente comune come ce ne sono a migliaia, come se il problema della giustizia italiana fosse il carcere sì o no a sallusti e non ad esempio le migliaia di detenuti, gente che in galera non ci doveva proprio entrare ma che invece ci sta e ci resta grazie alle leggi fasciste liberticide sulle quali un disinvolto presidente della repubblica ha messo la sua firma ma della quale chissà perché, a nessuno frega niente.
Leggi come la Bossi-Fini sull’immigrazione [approvata nel 2002], la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva [approvate tra il 2005 e il 2006] che trasformano in delinquenti quelli che delinquenti non sono.
Per quelle non c’è stata la levata di scudi di nessuno nonostante siano proprio queste che fanno riempire le carceri oltremodo.
Altro che gl’indulti e le amnistie per salvare i ladri di polli ma che poi servono ai massacratori di stato, ai ladri di stato, ai corruttori e ai diffamatori che hanno vilipeso e sfinito questo paese per il solo fatto di esistere.
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Uno su mille c’è la fa
Marco Travaglio, 2 dicembre
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Torna a grande richiesta la commedia all’italiana, nel solco della tradizione dei film a episodi con Sordi, Tognazzi, Gassmann, Manfredi, Vianello, Tina Pica e Walter Chiari. La pellicola, ancora in lavorazione, uscirà nelle sale a Natale. Siamo entrati in possesso della sceneggiatura dei primi quattro episodi.
Sballottaggio. Il leader di un partito chiamato Democratico organizza le primarie in linea con la ragione sociale, vince il primo round, esalta “la grande giornata di democrazia” e la strepitosa affluenza, ma poi scatena la guerra atomica per far sì che al ballottaggio voti il minor numero di persone possibile. Chi vuol partecipare deve inventarsi una scusa per l’assenza al primo turno. Quelle usate dai ragazzi a scuola (raffreddore, zia malata, cagnetta in calore, autobus in anticipo, allergia ai quaderni) non sono valide. Meglio optare per quelle dei Blues Brothers: “Avevo una gomma a terra, avevo finito la benzina, non avevo soldi per il taxi, la tintoria non ha portato il vestito, c’era il funerale di mia madre, l’inondazione, e poi le cavallette”.
L’onorevole Angelino. Un tizio di nome Angelino, convinto – non si sa bene da chi e perché – di essere il leader del centrodestra, organizza anche lui le primarie. Fissa date, detta regole, recluta candidati, intreccia alleanze, poi il suo padrone lo richiama all’ordine. Lui si dibatte un po’, dice addirittura che non vuole inquisiti, poi riceve una lettera di Dell’Utri in siciliano stretto: “Le tue primarie non servono a una minchia”. Vistosi perduto, va a Canossa, cioè ad Arcore, camminando in ginocchio sui ceci. Lo fanno entrare dall’ingresso della servitù, lo lasciano sei ore in anticamera, appoggiato a un panchetto, poi finalmente viene ricevuto. “Scusi Sire, non volevo, sono stato frainteso, non lo faccio più”. Il Nano Supremo, magnanimo, gli rimette la livrea a righine, gli restituisce il piumino e gli consente di spolverare.
Il conte di Montecribbio. Il direttore di un coso chiamato Il Giornale, dunque convinto di essere un giornalista, diffama questo e quello, finché si busca una condanna in appello per diffamazione. Vivo stupore dell’interessato. Il diffamato, impietosito, propone di ritirargli la querela in cambio delle scuse e del risarcimento. Ma il diffamatore, per misteriosi motivi, tiene tantissimo ad andare in galera e rincara la dose. La Cassazione conferma la condanna. I giudici, pietosamente, lo mandano ai domiciliari. Lui non sente ragioni e s’incazza: o galera o niente. Convoca la stampa per denunciare lo scandalo della magistratura politicizzata che rifiuta di arrestarlo. Si barrica in ufficio, pernotta nel cassetto della fotocopiatrice, poi la polizia lo preleva e lo traduce a casa sua. Lui twitta “C’è la faremo”, diffamando anche la lingua italiana. Poi, impavido, evade sul pianerottolo. Lo beccano subito: tribunale, processo per direttissima. Lui gongola: finalmente vado in galera. Ma niente da fare: ci vuol altro che un’evasione, in Italia, per finire dentro. Il giudice, inesorabile, lo rispedisce a casa. Lui giura: non evado più. Tanto è inutile.
I ragazzi irresistibili. Un’allegra brigata di vecchietti, convinti di essere dei tecnici, occupano Palazzo Chigi e improvvisano dei consigli dei ministri.
Uno si alza e s’inventa un decreto per consentire a un’acciaieria inquinante di continuare ad ammazzare la gente.
Un altro propone una legge draconiana per vietare di candidarsi ai condannati sopra i 4 anni. A nulla vale l’obiezione che 20 dei 21 onorevoli pregiudicati hanno condanne inferiori ai 4 anni [per superare detta soglia occorre mettersi a sparare].
Vivo disappunto del gobbo del Quarticciolo, della saponificatrice di Correggio, del Canaro della Magliana e dei mostri di Martinelle e di Dusseldorf, che resterebbero esclusi per un soffio dalle prossime elezioni.
Ottime chances invece per Sallusti, se smette.