Quella “tentazione” di trasformare la protesta sociale in questione di ordine pubblico

Sottotitolo: la notizia è che a Roma e nel resto d’Italia i facinorosi, scesi in piazza per spaccare la testa ai poliziotti fossero i soliti tre o quattrocento per città dei centri sociali. E che le decine di migliaia di ragazzi, genitori, lavoratori e disoccupati che stavano loro attorno fossero, ancora una volta, allegri, ironici, disperati, ma tranquilli. Niente a che vedere con i greci di piazza Syntagma o con gli spagnoli di puerta del sol. E’ il segno che in Italia c’è ancora la fiducia di poter sopravvivere a questa crisi che si trascina da 5 anni e di cui solo Mario Monti, neppure più Francesco Giavazzi, vede la fine. Per questo non le legittime cariche della polizia contro chi inalbera scudi e caschi ma la solita caccia all’uomo successiva, nell’epoca dei telefonini e dei social network, sono un macroscopico errore politico. I cortei in 23 paesi europei di ieri non si vedevano dai tempi del movimento contro le guerre di Bush, quando qualcuno esagerando parlò dell’opinione pubblica come superpotenza mondiale. E sono anche questi cortei contro la guerra al modello sociale europeo che, grazie alla crisi è stata dichiarata e che i popoli europei stanno perdendo. Bloccare la valvola della protesta rischia solo di far esplodere la pentola. [Massimo Rocca]

Un ministro dell’interno che solidarizza ed esprime ammirazione per le forze dell’ordine anche dopo le immagini  delle guerriglie avvenute in varie città italiane e che insieme a quelle delle manifestazioni negli altri 22 paesi aderenti all’euro  – e dunque vittime dell’austerity dovuta ad una crisi di cui non è certo responsabile la gente che scende in strada a prendersi le botte –  immagini che hanno fatto il giro del mondo non è soltanto una chiacchierona inopportuna; un bel tacer non fu mai detto, ma in un paese dove polizia e carabinieri  sprangano, manganellano ad cazzum, in un paese dove ogni tanto ci scappa il morto ‘per caso,  per sbaglio e per eccesso’, in un paese dove i responsabili di quelle morti per sbaglio per caso e per eccesso  non pagano mai il giusto tributo per il loro agire ma al contrario vengono perfino promossi con avanzamenti di grado, incarichi politici prestigiosi, nel peggiore dei casi gli può capitare di non perdere nemmeno il posto di lavoro è perfino pericolosa.
Non si solidarizza né si esprime ammirazione per chi esercita violenza, brutale, immotivata, gratuita verso gente disarmata, ragazzini, gente che rivendica solo il suo diritto di avere un posto in questa società ingiusta, settaria, oligarchica dove sono i pochi a gestire le vite e il destino dei molti.
In un paese dove lo stato funziona non c’è bisogno di scioperi, di manifestazioni né si assisterebbe a scene dove due ministri sono costretti a scappare in elicottero perché non sono in grado di dare risposte a chi ha perso tutto ma non vuole rinunciare alla sua dignità.

E nei periodi di difficoltà dovrebbero essere proprio i rappresentanti dello stato a dare l’esempio, a rinunciare loro per primi ad una parte dei privilegi che il ruolo gli permette di avere.

Chiedere sempre non può produrre niente di buono.

Specialmente se mentre si chiede si toglie.

Uno stato dove la politica ordina di picchiare i  suoi figli, ragazzi che chiedono solo di potersi istruire, di avere un lavoro che gli consenta di avere una vita un po’ decente non merita di essere chiamato stato e non può essere rispettato da nessuno.

Alla violenza si dice no, sempre, in un paese civile.
Anche se si fa il ministro dell’interno, anzi, soprattutto.

Sempre sangue niente fragole, Massimo Rocca per Radio Capital


Chissà se un giorno il post di Beppe Grillo, Soldato blu, sarà ricordato come l’immagine speculare delle parole di Pasolini su Valle Giulia. Oggi come allora, la nostra polizia ha molto da farsi perdonare. E’ la polizia di Genova, della Diaz, depurata dei suoi capi, che sui pestaggi costruirono la loro carriera, solo grazie all’azione della magistratura, certo non dei

 nostri ministri degli interni, politici o tecnici che fossero. E’ per questo che, al netto della più che legittima autodifesa, non la vorremmo mai più vedere manganellare gente ormai inerme a terra, o cercare di assassinarla colpendo alle spalle, alla base del cranio, un ragazzo che cammina apparentemente pacifico. Anche perchè questo paese ha sopportato e sopporta l’insopportabile con una tranquillità che, paragonata alle altre capitali del malessere europeo, qualcuno potrebbe perfino definire rassegnazione. Non è momento di cariche. Ci vuole niente a trasformare quei poliziotti e i ragazzi che hanno fronteggiato in votanti di Alba dorata. Cito: Soldato blu, ci hanno messi uno contro l’altro, non lo capisci?
Da un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, 
22 ottobre 2008
(audio: Cruciani, La Zanzara, Radio24)”Maroni dovrebbe fare quello che feci io quando ero ministro dell’Interno. 
In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perche’ pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito…””Lasciar fare gli universitari. 
Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città””Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri”

”Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale”

“Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano”. 

”Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì.
Francesco Cossiga