La carretta dei senatori

Che differenza c’è fra la pagina del Corriere della sera con cui si esprime solidarietà e vicinanza a dell’utri, collaboratore stretto della mafia e per questo condannato a sette anni di carcere, e la maglia di Genny la famosa “carogna” della serata tragica che è costata la vita a Ciro Esposito, dove, con una frase si faceva lo stesso nei confronti di un condannato per omicidio dopo un processo piuttosto ambiguo? 
Spero nessuna, anche per i moralisti tout court che si sono indignati per la maglia e per Genny che almeno il capoclan lo fa coi suoi pari, non ha messo su un partito politico su richiesta della mafia, non è stato il tramite fra la mafia e un ex presidente del consiglio per almeno diciotto anni.  Se domani qualcuno volesse comprare una pagina di giornale per Riina e Provenzano, o per mandare saluti al latitante Messina Denaro che farà il Corriere, si venderà anche a loro, per soldi?

 Quando a qualcuno verrà in mente di ritirare fuori la solita storiella degli italiani che sono privi di valori, che gli piacciono i delinquenti perché vorrebbero essere come loro e per questo si meritano quello che hanno, ricordategli questa pagina di giornale, che è quello di cui parlava Berlinguer a proposito della questione morale, quando diceva che non si doveva permettere che il Corriere della sera finisse nelle mani e nella proprietà sbagliate. Ecco, ricordate chi è stato e chi è che lavora senza sosta per la distruzione dei valori e dei principi morali che poi diventano quell’etica che dovrebbe suggerire i giusti comportamenti a tutti. Anche ad un direttore di un quotidiano che di fronte a una richiesta simile e alla relativa offerta in soldi avrebbe dovuto dire: “no, in questo giornale non si fa solidarietà ai mafiosi”.

 

Preambolo: SENATORI IN MUTANDE, di Diego Cugia, alias Jack Folla

Siamo stati eliminati a morsi, ci hanno fatti a “prandelli” e ce lo siamo meritati. 
Il calcio come la politica, gli spettacoli televisivi e la produzione industriale, è lo specchio di una nazione. I ragazzi che hanno perso contro l’Uruguay erano ombre tremule di quello stesso specchio. Importiamo dall’estero format televisivi e goleador a bizzeffe, ci ingozziamo di idee e di sogni altrui, siamo fatalmente dipendenti dalle fonti energetiche di altri paesi, produciamo una classe politica scadente, campiamo sulle vecchie glorie: della moda, dello spettacolo, del calcio. Dobbiamo cambiare, più che sistema di gioco, schema mentale. Chiederci: perché i campioni nascono nelle favelas? Rottamare non l’età, ma il circo vip, la grancassa mediatica, il velleitarismo e la boria ingiustificata di una nazione che non è più nobile e antica, ma solo spendacciona, corrotta e mentalmente sorpassata. Anche noi abbiamo le nostre favelas. Ed è qui che dobbiamo cercare. Nelle favelas geografiche ed esistenziali sorte sui disastri della “finanza creativa” e dell’ingordigia collettiva. Le eccellenze, in campo artistico, industriale, sportivo, nascono nelle avversità. Si diventa campioni dal basso e non l’inverso.
Ieri sera, nella conferenza stampa dopo la batosta, il portiere della nazionale si è parzialmente giustificato: «Solo i senatori hanno tirato la carretta». Ecco, un calciatore che si autodefinisce “senatore” è lo specchio di un paese che elegge senatore un Dell’Utri.

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Il senso di una fine (CONCITA DE GREGORIO)

Brava Concita.
Solo una piccola nota che l’informazione ha dimenticato di citare: il contratto di Abete era in scadenza, alla fine di questo mese, il che riduce di molto il valore del bel gesto delle dimissioni.

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Sottotitolo: a proposito di senatori: La pagina comprata sul Corriere della Sera con messaggi di incoraggiamento per Marcello Dell’Utri  Ma ovviamente pecunia non olet nemmeno per il quotidiano dell’alta borghesia italica, non si può dire no a chi chiede una pagina di giornale per solidarizzare con un MAFIOSO, no? Poi magari dalle stesse pagine di quel giornale si legge la morale agli italiani fatta da Battista, Cazzullo e loro compagnia. 

In una società normale, equilibrata dove si rispettano i ruoli e dove occorre anche le gerarchie è altrettanto normale che i “vecchi” siano investiti da responsabilità maggiori e che servano poi a dare l’esempio alle generazioni successive, quelle che si stanno formando.
Il problema è quando la morale sulle responsabilità viene fatta da gente come Buffon che può essere qualsiasi cosa e rappresentarne altre mille per chi apprezza lo sportivo e vuole bene alla persona ma non può certo essere l’esempio per i giovani.
“Con i miei soldi faccio quello che voglio”, disse quando fu scoperto il giro di scommesse a cui partecipava anche lui che nel “quello che voleva” aveva investito un milione e mezzo di euro malgrado la regola della Figc che vieta espressamente ai tesserati di partecipare a questo tipo di attività. E per me uno che se ne frega delle regole che gli impone il mestiere non è diverso dal politico che se ne frega della Costituzione. Quindi di quali esempi si parla non lo so.
Ma il nostro è il paese dalle mille contraddizioni, quello che non si perdona al politico né al vicino di casa viene tranquillamente concesso all’idolo sportivo e alla squadra del cuore in virtù del fatto che il calcio è solo un gioco, la valvola di sfogo per le frustrazioni, il divertissement dopo una giornata, settimana di lavoro e allora guai a scrivere, provocatoriamente è chiaro, si scrive sempre per suscitare delle reazioni, di essere contenta che l’Italia abbia perso, prima di tutto perché non meritava di vincere e poi perché in questo paese ogni occasione è buona per distrarsi e distrarre come ha fatto Giovanna Cosenza [
Perché sono felice che l’Italia abbia perso] che è stata inondata di insulti probabilmente dalle stesse persone che poi partono lancia in resta contro la politica quando non dà il buon esempio e non fa il suo lavoro.

Per favore, non mordermi sul collo – Marco Travaglio

La palla è rotonda, però…

Vincere, e vinceremo! “Caro Prandelli, cari ragazzi, in questi anni la Nazionale ha dato tante soddisfazioni agli italiani, quello che vi chiediamo è di giocare con intelligenza, dignità e onore, sempre nel rispetto dei valori dello sport. Mettetecela tutta, mettiamocela tutta! Nel 2006 ero a Berlino con la squadra di Marcello Lippi a soffrire in tribuna e poi a festeggiare negli spogliatoi la vittoria del Mondiale. Due anni fa ho visto a Danzica i ragazzi di Cesare Prandelli debuttare nell’Europeo in una bellissima partita con la Spagna fino ad arrivare con pieno merito alla finale. Ho potuto apprezzare lo spirito di sacrificio e l’amore di Patria che vi uniscono. I risultati da voi conseguiti dimostrano come traguardi in partenza difficili possono essere raggiunti se si lavora insieme, con spirito di squadra, per un obiettivo comune. Il vostro impegno ha rappresentato l’immagine più bella del calcio italiano” (messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Nazionale Italiana, 12-6). 

  Pronti, via. “Siamo pronti a sorprendere. Ci siamo preparati bene fisicamente e mentalmente. Le prime partite non sono decisive, ma vincere dà una forza straordinaria” (Cesare Prandelli alla vigilia di Italia-Inghilterra, Repubblica, 14-6).

   Da Maracanà a Oronzo Canà. “Pirlo all’ultimo show: ‘Prima la finale al Maracanà poi lascio la Nazionale’” (La Stampa, 12-6).

   La perfida Albione. “Fa piacere mandare a fare… gli inglesi, boriosi e coglioni” (Maurizio Gasparri, Twitter dopo il 2-1 con l’Inghilterra, 15-6).

   Cesare e i Britanni. “Quella con l’Inghilterra è stata una partita epica, la ricorderemo per tutta la vita” (Cesare Prandelli dopo la prima e unica vittoria al Mondiale contro gli inglesi, 15-6).

   Brrr che fresco. “La dieta anti-calore. Papaia e frutta secca. L’Italia vince a tavola” (Libero, 18-6). Che tesori. “Il tesoretto. Prandelli cambia, ecco un’Italia più esperta. Buffon si tuffa, è l’ora di Abate e Bonucci”(Corriere, 19-6).

   Panettone Motta. “Il momento di Thiago Motta, la stella che preferì l’Italia: ‘Io non mi sento brasiliano’” (Repubblica, 19-6). “Motta a centrocampo, Cesare lancia il brasiliano che servirebbe a Scolari” (Libero, 19-6). “Thiago vuol dire sicurezza: ‘Se tocca a me io sono pronto’” (Corriere, 19-6).

   Palpami il popò. “Bonolis, non vada via senza essersi fatto dare una palpatina al popò, che porta bene” (Marco Mazzocchi, Notti Mondiali, Rai1, 19-6).

   Baciami il Balo. “Se battiamo la Costa Rica voglio un bacio, ovviamente sulla guancia, dalla regina d’Inghilterra” (Mario Balotelli, Twitter, 20-6)

   Sogno o son desto. “Riprovaci, Italia. Col Costa Rica voglia di sognare” (Repubblica, 20-6). In o a fondo? “Non voglio essere una star, ma un Campione del mondo. In Brasile è scattato qualcosa in me. Guardo le altre gare per divertirmi, non mi interessa chi può andare in fondo: conta solo che in finale ci sia l’Italia” (Mario Balotelli, Repubblica, 20-6).

   Colpa del caldo. “Scoperto il vero nemico: ‘Il caldo complica le cose’” (La Stampa, 21-6). L’arguto Johnny Renzotta. “L’ufficialità del disastro è venuta alle 19:20 quando ‘nomfup’, nome twitter di Filippo Sensi, arguto portavoce del presidente del Consiglio Matteo Renzi, ammette sconsolato: ‘Quei momenti in cui non ti senti neanche CT ma resti appeso lì a una sgomenta speranza’. Se il braccio destro del premier della sesta potenza industriale al mondo (saremmo l’ottava, ma fa lo stesso, ndr), presto capo dell’Unione europea, si sentiva così, figuratevi noi… Un’Italia viva è utile al look fresco, giovane, pimpante di Renzi, gli azzurri rottamati dalla Costa Rica non fanno bene all’immagine del Paese” (Gianni Riotta, La Stampa, 21-6).

 Basta poco. “Adesso dobbiamo solo recuperare le energie: non sono enormi i nostri problemi, la qualificazione non è a rischio” (Prandelli dopo la sconfitta con la Costa Rica, La Stampa, 21-6).

   Basta il pari. “Tutto da rifare, ma per gli ottavi basta un pareggio con l’Uruguay” (La Stampa, 21-6). “Con l’Uruguay basta l’X. Ma poi c’è la Colombia” (Libero, 21-6). “Abbiamo due risultati su tre” (Gianluigi Buffon, il Giornale, 21-6) L’amuleto. “La sola nota positiva è che dopo la maledizione della seconda partita, viene la terza… Martedì a Natal, assicura Thiago Motta, tra Italia e Uruguay ‘passerà chi avrà più voglia’” (Aldo Cazzullo, Corriere, 21-6).

   Il portafortuna. “L’Italia vincerà il Mondiale” (Mick Jagger, 22-6).

   Tutto bene. “Conta la testa, non le gambe. Ma stavolta andrà bene, non faranno la nostra fine. Siamo più squadra dell’Uruguay e non abbiamo tutti gli infortunati che avevo io. Il blocco Juve e il modulo a tre non tradiranno” (Marcello Lippi, Repubblica, 23-6).

   Affogato al Buffon. “Contro l’Uruguay servono cuore caldo e testa fredda. La bravura di Prandelli è che, nonostante le assenze, trova sempre un equilibrio… Ora serve autostima. C’è la giusta preoccupazione, ma più la posta in palio è alta e meglio rispondiamo: lo dice la Storia” (Gianluigi Buffon, La Stampa e Repubblica, 23-6).

   Mission. “Balotelli&Immobile, la missione della coppia più nuova del mondo” (Repubblica, 23-6).

   La Patria chiamò. “Ricordiamoci che giochiamo anche per la Patria, perché noi qui rappresentiamo l’Italia, la Nazione” (Cesare Prandelli, 23-6). Fattore G, come gomme. “Suarez fa paura, ma l’Uruguay non è perfetto. Il centrocampo ha poca qualità e Godin ha le gomme sgonfie” (Corriere della Sera, 23-6. L’indomani l’Italia sarà sconfitta ed eliminata dall’Uruguay con un gol di Godin a 9 minuti dalla fine).

   Li mejo. “Siamo più forti noi dell’Uruguay” (Paolo Rossi, Corriere della Sera, 24-6).

   Italia proletaria e renzista, in piedi! “L’Italia ha un vantaggio sull’Uruguay e su un’altra decina di squadreediPaesi:neimomentidifficiliècapacedi reazioni impreviste. Non ha il passo lungo della costanza e del metodo… Ma talora ha avuto, non solo nel calcio, uno scatto che l’ha portata a superare ostacoli più impervi anche della coppia Suarez-Cavani… Pure nel calcio ci sono segni che qualcosa nella coscienza del Paese è cambiata (sic, ndr). Oggi l’inno lo cantano pure i calciatori di origine argentina come Paletta o brasiliana come Motta. Se i simboli sono importanti, oggi l’Italia ha più consapevolezza di se stessa anche nel calcio” (Aldo Cazzullo, “Orgoglio e giudizio”, Corriere della Sera, 24-6).

   Per aspera ad astra. “Solonelle asperità riusciamo a dare il meglio di noi. Mescolare sport e politica è talora fuorviante, ma questo non è un fatto solo calcistico, fa parte della mentalità nazionale… Il ‘particulare’ di cui parlava già Guicciardini prevale quasi sempre sul generale. Fino a quando non scatta una scintilla che si può chiamare orgoglio, senso del dovere, talento finalmente all’altezza di se stesso. Nel calcio è più facile… La maglia azzurra è una cosa seria, e la speranza non è l’ultimo dei mali” (Cazzullo, ibidem).

   Gli Insonni. “Nessun dorma”, “SuperMario sa già come si fa”, “La generazione X è più serena dei senatori” (Corriere della Sera, 24-6).

   Siam pronti alla morte/1. “L’Italia chiamò”, “Balo-Immobile, l’Italia tira fuori il coraggio” (Libero, 24-6).

   Siam pronti alla morte/2. “Si fa l’Italia o si muore” (Il Giornale, 24-6).

   L’uomo della Provvidenza. “Finalmente Immobile. Tocca all’uomo del destino. Re dei marcatori in A, è il più in forma” (La Stampa, 24-6).

   Tutti giù dal carro. “Di nuovo bella e di successo. Riecco l’Italia che sa stupire. Il fisico risponde, la preparazione ha funzionato. Il centrocampo fa la differenza. Candreva con Darmian: l’intesa che sorprende. Balotelli c’è, se osa può segnare di più” (La Stampa, 16-6). “Quanto vale l’Italia? Solo la Germania ha un altro passo. Brasile e Olanda si sono ridimensionati. Il borsino azzurro aspettando la Costa Rica. Brasile? Il divario si è ridotto. Argentina? Noi siamo una squadra, loro Messi più dieci. L’Olanda? Avremmo delle chance contro la difesa friabile. Francia? Benzema uomo chiave ma abbiamo l’antidoto” (La Stampa, 19-6). “Pessima prestazione, azzurri a pezzi”, “Il fallimento di Cesare”, “Crolla il nostro calcio”, “Italia azzerata. Si chiude un ciclo” (La Stampa, 25-6).

   Belli, no brutti. “La bella Italia si gode gli applausi. Tutti ci invidiano Balotelli e Pirlo”, “Nuovo stile Italia, addio catenaccio e contropiede” (Repubblica, 16-6). “La resa di Cesare, l’uomo che ha perso tradendo se stesso”, Un gruppo mediocre” (Repubblica, 25-6).

   Patrioti, anzi traditori. “Una partita per tutto il Paese. I nostri patrioti siete voi” (Il Giornale, 24-6). “Disastro mondiale”, “Fuori per giusta causa”, “Fallimento Italia, tradimento Balo”, “La solita mancanza di voglia e di coraggio” (il Giornale, 25-6).

   Ciak si gira, anzi no. “È una squadra che ‘gira’. Ecco perchè Cesare insiste con l’unica punta Ba-lo” (Libero, 18-6). “Prandelli fallisce e dà la colpa a Libero”, “Balo traditore azzurro scappa dalla sconfitta”, ”Addio al Ct senza coraggio e fantasia” (Libero, 25-6).

   I meglio, anzi i peggio. “Noi siamo più forti, favoriti da maggiori possibilità matematiche (due risultati su tre) e da una superiore completezza… Un pronostico: 3-1 Italia, si va agli ottavi come primi nel girone (l’Inghilterra batte la Costa Rica)” (l’Unità, 24-6. Finirà 0-1 con l’Italia fuori, mentre l’Inghilterra pareggerà 0-0 con la Costa Rica). “Traditi da Cesare”, “L’8 settembre del nostro calcio” (l’Unità, 25-6).

   Ci azzecca, no sbaglia tutto. “La lezione del calcio europeo”, “Marchio di fabbrica. Prandelli ha azzeccato gli uomini e il modulo. Ora guarda avanti: ‘Tutto bene, ma è solo l’inizio’”, “L’Italia trasformata in un diesel che resiste a ogni stress ambientale”, “Balotelli ambasciatore di una bella Nazionale che sa farsi voler bene” (Corriere della Sera, 16-6). “Fuori dai Mondiali, un caso nazionale”, “Stessa disfatta di 4 anni fa”, “Perché fallisce il nostro calcio”, “Il crollo del sistema-calcio”, “Basta alibi, è un calcio da cambiare” (Corriere della Sera, 25-6).

   W Immobile, anzi abbasso. “Hai un centravanti sopravvalutato, che ha segnato poco e parlato troppo ovunque sia stato… Come tutti i sopravvalutati, il pacco azzurro è un asso nel vendersi e nell’incantare gli innamorati dei luoghi comuni. Diventa il simbolo della squadra e segna un gol all’esordio contro una difesa di paracarri. Tutti sanno che a ogni suo rarissimo acuto seguono mesi di catalessi, eppure tanto basta per farne un titolare inamovibile. Hai un altro centravanti che ha segnato 22 gol negli ultimi sei mesi ed è circonfuso di grazia celeste: corre come un satanasso dietro a qualsiasi cosa si muova e ogni palla che lo sfiora si trasforma in una carambola imprendibile. È un bravo ragazzo del Sud, serio e lavoratore, si diceva una volta. Giovane e dalle prospettive illimitate, però forte e perbene, quindi poco spendibile sul mercato della panna montata… Hai questi due centravanti e, poiché sei italiano, preferisci il bluff patinato al benedetto dal destino. Ti meriti di perdere: la partita e Immobile. E di tenerti Balotelli” (Massimo Gramellini, La Stampa, 21-6). “Persino il mio Immobile, che in Italia si era aggirato per le aree di rigore come un lupo mannaro, sembrava un barboncino al guinzaglio della difesa uruguagia” (Massimo Gramellini, La Stampa, 25-6).

   Cesare imperatore, anzi pippa. “A Cesare Prandelli sta accadendo quel che accade in Italia alle persone perbene, che non alzano la voce, non insultano, rispettano il prossimo. La loro correttezza viene scambiata per accondiscendenza. E alla prima difficoltà viene ritorta contro di loro. Il processo che si è aperto anzitempo contro il ct, più che ingeneroso, è grottesco. Quando mai si è visto un allenatore della Nazionale costretto a giustificarsi per non aver convocato un calciatore? Prandelli ha preso in mano una Nazionale umiliata in Sudafrica e fischiata in qualsiasi stadio si presentasse. L’ha avvicinata all’Italia profonda, portandola sui campi di provincia, sulle terre sequestrate alla mafia, nelle città provate dal terremoto… Ha riconciliato il Paese con la sua squadra di calcio… In un calcio che spesso premia la furbizia e l’italica arte di arrangiarsi, quando non la tracotanza e la violenza, Prandelli ha ripristinato le regole e la responsabilità… L’operazione è riuscita, perché i valori che Prandelli ha appreso sono quelli degli ambienti in cui è cresciuto… Che Prandelli abbia spessore tecnico e sostanza etica, questo è difficile da negare. Gli scaramantici ricordano che quando tutto va bene i Mondiali riescono malissimo, e quando si parte tra le polemiche si finisce alla grande. Ma questa non è una ragione valida per cominciare il tiro al bersaglio contro un italiano perbene” (Aldo Cazzullo, Corriere, 5-6). “Alla fine l’esito e la sostanza del nostro Mondiale confermano la mediocrità del nostro calcio… che non esprime una propria cultura calcistica e un proprio modulo tattico come in passato. E finisce inevitabilmente per rispecchiare il momento difficile di un Paese che sembra aver perso la fiducia in se stesso fino all’autodenigrazione. Prandelli paga per tutti. Ma non è un capro espiatorio. Ha le sue responsabilità, ovviamente. Anche il ct esce ridimensionato dal disastro complessivo” (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 25-6).

   Riottocrazia. “È l’era del demerito. All’italiana non si vince più. Dai salvataggi aziendali allo sviluppo in Europa. Per il successo servono genio e lavoro, non furbizia” (Gianni Riotta, La Stampa, 25-6). Basta con questi scrittori allergici alla meritocrazia che si fanno finanziare i romanzi dal Consorzio del Mose.

   Partito e partente. “Prima di Renzi ho votato a destra, al centro e a sinistra. Ho sempre guardato l’uomo. Da ragazzo mi piaceva Zaccagnini. All’inizio ho creduto in Berlusconi. Poi ho guardato con interesse a Fini. In Veltroni ho trovato passione sportiva e spessore morale” (Cesare Prandelli intervistato da Aldo Cazzullo, Sette, 6-6). “Dopo il rinnovo del contratto ci hanno trattati come un partito” (Cesare Prandelli dopo l’eliminazione, 24-6).

   Prendelli. “Non ho mai rubato soldi dei contribuenti” (Cesare Prandelli, Agenzia Esticazzi, 24-6).

   Agenzia delle Uscite “Ho sempre pagato le tasse” (Cesare Prandelli, Agenzia Esticazzi, 24-6).

Chi insulta ha sempre torto

Mauro Biani

“Tra l’avallare l’operato di una presidente della camera e augurarle uno stupro di massa, ci sono diverse sfumature, anche più di cinquanta, financo per coloro che hanno le suddette sfumature come unica lettura nell’ultima decade, e parlo della copertina, ovviamente.” Fabio

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Che in Rete si debba dare la parola a tutti e che non si possa togliere a chi ne fa un uso improprio, sconsiderato e violento è una leggenda metropolitana. Perché in Rete valgono le stesse regole del quotidiano reale, come ha spiegato benissimo il professor Rodotà. E a nessuno penso fa piacere essere preso a sberle e sputi in faccia appena apre la porta di casa per uscire. Perché la sensazione che vive sulla pelle, e in modo nient’affatto virtuale l’insultat* sistematicamente, puntualmente, quello che io chiamo il bersaglio grosso è esattamente questa. A Grillo nessuno augura che sua moglie venga stuprata e che i suoi figli vengano picchiati, gli si muovono critiche sull’operato spesso sbagliato, su un linguaggio spesso esagerato, e su questi temi si dovrebbe limitare la critica, la replica. Non andare oltre diventando poi più grave e pesante di quello che si vuole sottolineare ed evidenziare. Oggi esistono tutti i mezzi e i sistemi per tutelare i propri spazi web, strano che chi ha fatto di un blog il centro nevralgico della sua azione politica non ne abbia trovato nemmeno uno.

Rispetto all’imbecillità  di chi pensa che si possano portare avanti delle istanze serie riempiendo pagine web e social network di insulti, molti dei quali pesantissimi, a carattere sessista, minacciosi, coi quali si augura la morte violenta a qualcuno, si  riempie di parole indecenti una donna che avrà pure tanti difetti ma insomma, non è che si possono ammazzare tutti quelli antipatici o che agiscono in contrasto al nostro sentire, non basta il rimprovero bonario, la dissociazione o, come si fa coi bambini estorcere la promessa di non farlo più. E invece di stare ore a ripetere i ritornelli difensivi su chi c’entra e chi non c’entra, perché qualcuno c’entra ed è proprio Grillo che ha sciolto i cani e non ha nessuna intenzione di rimetterli a cuccia, sarebbe meglio per chi sta dentro il movimento, impegnarsi da dentro. Il mio obiettivo è e resta quello di far capire che, sebbene con modalità diverse tollerare, appropriarsi di un’inciviltà anche verbale significa non lottare ma mettersi al fianco di chi più o meno direttamente ha motivato certe reazioni. E in momenti come questi bisogna usare tutto il nostro equilibrio. Non pensare che in fin dei conti la parola è poca cosa rispetto all’affronto. Sono la prima a riconoscere che fra un gesto violento e la parolaccia c’è una differenza, ma questo non vuol dire approvare chi fa un uso sbagliato, pessimo delle parole.

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Nella mia bacheca di facebook ogni giorno discuto con qualcuno di quelli della critica tout court ai 5stelle, perché la critica pubblica, quali che siano le ragioni e il contesto in cui si fa bisogna che abbia delle basi concrete, altrimenti quelle critiche appaiono, come spesso sono, solo il pretesto per aprire polemiche, per rovesciare altri insulti, altre parole sbagliate, esagerate nella pubblica piazza della Rete. E siccome a me più della politica, di chi ha torto o ragione interessano le questioni di principio, che quando sono giuste devono valere anche per il mio peggior nemico, vorrei poter continuare a sostenere le cose che ritengo importanti senza dovermi sentire una complice di chi avalla e minimizza gli imbecilli che insultano e minacciano. Vorrei non dovermi pentire di essermi impegnata a restare coerente con le mie idee e non prendere mai le parti di nessuno ma di aver criticato solo quello che bisognava criticare. Di non aver interpretato come una mission contro questo o contro quello la mia presenza nei social network e nella Rete tutta.

Perché non è sbagliato dire che nei confronti dei 5stelle c’è stato un attacco arrivato da più fronti, soprattutto dall’informazione cosiddetta ufficiale, quella che dovrebbe permettere alla gente di potersi formare un’opinione il più possibile sana e riferita a fatti realmente accaduti ma che invece, data la sua non indipendenza dalla politica non può assolvere alla sua funzione ma deve, come si usa dire “attaccare l’asino dove vuole il padrone”.

Alla politica nel suo momento peggiore fa paura un movimento di gente estranea alla politica ma che finalmente parla con un linguaggio comprensibile e molte delle iniziative che si propone di rendere concrete sono quelle che la politica non ha mai affrontato. E siccome molte delle iniziative che i parlamentari 5stelle portano avanti sono giuste, una su tutte denunciare pubblicamente ciò che avviene in parlamento, sarebbe opportuno che si dissociassero dagli imbecilli anche quei sostenitori/elettori che coi delinquenti da tastiera non hanno niente a che fare. Che si emarginasse chi usa la Rete come un cesso pubblico.

E nemmeno è sbagliato dire che non sono stati Grillo e i 5stelle il motivo dell’innalzamento dei toni ma una situazione/condizione diventata nel tempo insostenibile, soprattutto per colpa di una politica scellerata che non ha mai risposto alle esigenze dei cittadini ma si è trasformata in quella macchina del potere citata da Enrico Berlinguer nella ormai leggendaria e purtroppo dimenticata intervista sulla questione morale. E lo ha fatto senza distinzioni fra destra, sinistra e centro.

Tutti i partiti, con modalità differenti ma uniti dal comune denominatore del mantenimento e della crescita del potere hanno fatto cose che noi cittadini non abbiamo gradito per il semplice motivo che ci hanno danneggiato. E non è sbagliato dire che in presenza di un’altra politica, seria e composta di gente seria in questo paese non ci sarebbero stati berlusconi [che non poteva proprio starci: per legge] né il movimento 5stelle in parlamento.

E non è sbagliato ricordare ciclicamente quali sono stati gli errori della politica.

MA

Tutto questo non giustifica nulla di quello che è avvenuto e avviene tutti i giorni fra le pagine di social media, siti on line dei quotidiani dove, in virtù di una presunta libertà di espressione c’è una stragrande quantità di persone che pensa che sia lecito trasformare la sua rabbia in violenza verso chi ritiene sia il responsabile del suo disagio, pensa che sia più costruttivo l’insulto che un’argomentazione pensata. Si convince, perché spalleggiata da altra gente, che l’insulto sistematico sia utile, che possa produrre chissà quale risultato positivo.

E non mi unisco al coro di chi pensa che  non si debba dare troppa importanza a quello che si scrive in Rete, che in fin dei conti che sarà mai, son parole e nei social network non bisogna prendersi troppo sul serio.

Io prendo TUTTO sul serio invece, a maggior ragione quando so di avere una responsabilità PROPRIO perché so che quello che scrivo sarà poi letto da altra gente che si farà poi un giudizio su di me prim’ancora che sulle cose che scrivo.

E a me non va  di essere accomunata all’imbecillità dilagante, quella che viene poi descritta da “autorevoli” opinionisti/giornalisti che criticano una cosa dimenticandosene altre diecimila, oppure quella che presta il fianco alla politica quando ogni tanto, ciclicamente s’inventa l’idea di di regole nuove che vogliono limitare la libertà di esprimersi nel web.

Perché poi in mezzo alla melma poi ci andiamo a finire tutti. Quando poi i giornaloni e le televisioni riportano le dichiarazioni indignate di quelli lì che fanno accordi col delinquente ma poi vengono a farci la morale e ce la impongono per legge non fanno il distinguo.

Parlano dei social network pieni solo di gente ignorante e pericolosa. Gente da fermare e impedire, e io non voglio essere impedita né fermata da questi imbecilli che pensano di essere bravi perché vengono a postare insulti in Rete. E gente più imbecille di loro pensa davvero che lo siano. Non mi va di essere associata a quelli che ritengo dei veri criminali che ogni giorno si connettono alla Rete scegliendosi il proprio bersaglio e su quello rovesciano la loro subumanità, inciviltà, andando a impiastrare pagine dove il fine non è discutere ma esclusivamente quello di unirsi in un’orda di barbari incivili che sono tutto il giorno e tutti i giorni a prendere di mira qualcuno, soprattutto una, in modo volgare, al limite – ma spesso anche oltre – della denuncia penale [che in qualche caso, anzi molti, sarebbe bene che arrivasse almeno qualcuno la pianta], pensando di fare qualcosa di utile o, peggio ancora divertente.

Perché questa non è più libertà: è violenza. 

 

La questione immorale

Sottotitolo: la mia solidarietà e la mia vicinanza affettuosa  alla famiglia di Stefano Cucchi, senza l’obbrobrio della legge che porta il nome di fini e giovanardi Stefano sarebbe ancora vivo, nessuno lo avrebbe mai arrestato per una manciata di fumo, e non sarebbe mai morto di botte, di fame e di stato.

Ilaria Cucchi: Tutti condannati. Anche Stefano

Caso Cucchi, stai a vedere che è colpa di Stefano

Incredibile requisitoria al processo per la morte del detenuto. Insinuazioni su di lui e i familiari. Chieste pene lievi.

Nel frattempo, a Palermo si va in giro così, non per colpa delle banane, e nemmeno del traffico.
Un paese che difende i suoi figli migliori col mitra e quelli peggiori con un posto in parlamento assicurandogli immunità e impunità è un paese da buttare.

Napolitano sponsorizza le larghe intese
E attacca le “campagne moralizzatrici”

Oggi gli eversori sono quelli che difendono la Costituzione, la giustizia, la legalità e l’onestà, anche quella intellettuale.

Tutti gli altri sono statisti moderati, comunisti pentiti, gente che ha prodotto solo disastri per opportunismo politico o perché sotto il ricatto di qualcuno che ha avuto evidentemente ottimi argomenti per tenere sotto scacco lo stato e le sue istituzioni.

Io oggi mi sento legittimata e autorizzata a pensare quello che voglio della politica di questo paese, del suo agire, e a fare tutte le ipotesi che lo stato delle cose suggerisce.
Che si vergognino, e anche molto, tutti quelli che in questi lunghissimi mesi di caos hanno cercato di convincere gli italiani che Napolitano stava lavorando bene, che lo hanno difeso quando firmava, quando taceva invece di parlare e quando faceva il contrario per portare acqua al mulino di qualcuno, una volta era Monti, un’altra berlusconi, un’altra ancora i partiti politici ma mai, MAI una per quel popolo che avrebbe dovuto garantire e tutelare.
Mancano le parole per descrivere lo sgomento che si prova a rendersi conto di essere stati lasciati soli, in balia di politici disonesti, di uno stato sempre assente ma che in compenso dai cittadini onesti, da quelli in difficoltà, dai poveri ha preteso tutto.

Un presidente della repubblica che ha ostacolato varie volte – non solo ieri ma in tutto il suo settennato legittimando un abusivo impostore, favorendogli il cammino nell’illegalità firmando leggi apposite per renderlo “più uguale degli altri” e quindi non soggetto al rispetto delle leggi e delle regole – l’opera di moralizzazione nella politica che in questo paese non è solo opportuna ma proprio necessaria, che promuove, dopo quasi due decenni di accordi sottobanco che hanno generato il caos, il disastro etico e morale di questo paese, un’intesa a cielo aperto fra un partito di sgarrupati incapaci e quello di proprietà del primo delinquente d’Italia.

Una richiesta spacciata per compromesso storico, per un’azione politica utile al bene del paese; una conciliazione necessaria, e che importa poi se per raggiungere l’obiettivo si calpesta la Storia, si offende la memoria di due galantuomini per far passare l’idea che sì, in fin dei conti si può fare perché berlusconi e Bersani sono uguali ad Enrico Berlinguer e Aldo Moro, si tace sulle conseguenze di quel compromesso del ’76 che ha prodotto  bettino craxi, silvio berlusconi e i governi della p2.

Tutto questo per far finta che in questo paese non sia successo niente, per  delegittimare i cinque stelle che, con buona pace di chi non si rassegna sono stati votati dalla gente e come scrivevo all’inizio della loro avventura tutti coloro che sono scelti dalla gente per mezzo del voto hanno il diritto di esprimersi come tutti gli altri, quelli che c’erano prima e che ci hanno portato fino a qui.  Mi sono sempre tenuta fuori dalla guerriglia contro i 5S anche per questo motivo, per essere libera di dare ragione o torto quando bisogna farlo, senza farmi condizionare da nessuno.

Napolitano: il miglior migliorista di tutti, quello che Kissinger definì “il mio comunista preferito”, e adesso sappiamo anche il perché.

Scontri un cazzo

Se un ministro dell’interno può esprimere apprezzamento e solidarizzare con le povere forze dell’ordine costrette loro malgrado ad un eccesso di uso del manganello, ognuno di noi è legittimato a solidarizzare con chi vuole, anche con chi, eventualmente e casualmente è vittima di pestaggi ordinati e voluti da TUTTE le politiche di questo paese.
La polizia e i carabinieri non agiscono come vogliono, ma fanno quello che qualcuno più in alto di loro gli chiede di fare.
Ma nonostante la mattanza di Genova e l’omicidio di Federico Aldrovandi, di Stefano Cucchi e di tutti i morti per caso, per sbaglio, per eccesso della qualunque c’è ancora troppa gente che fa finta di non sapere o, peggio ancora che giustifica chi massacra e uccide  in nome e per conto dello stato.

Scriveva Enrico Berlinguer:

Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e l’ingiustizia.

E ancora, Pasolini: “la Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico – rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c’è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline.”

Tanto per dire, due Totem dimenticati dalla cosiddetta sinistra italiana.

A questi il pantheon non spetta. Non l’hanno meritato.

Video Manganellate in faccia 

Roma, un manifestante racconta: “Colpito alle spalle da agente”. Il video e la foto

Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, ha espresso ”la più ferma condanna” per i gravi episodi di violenza verificatisi oggi in varie città. Ha, inoltre, espresso ”apprezzamento per l’operato delle Forze di polizia”.

C’è modo e modo, certo.
Ma vale per tutti, allora.
Per la politica a cui non si chiede di impoverire un paese, di fare in modo che lo studio e il lavoro siano privilegi riservati ad una élite di fortunati figli di papà e di mamme illustri.
E c’è modo e modo anche per fare in modo che le leggi e la loro applicazione non svantaggino poi chi a quell’impoverimento si ribella, cornuti e mazziati per un po’ si può anche sopportare, pensare però  che possa durare per sempre lo spettacolo di pochi eletti che leccano il gelato e di una platea immensa di chi sta a guardare è un’idea criminale.

Nel mio linguaggio quando qualcuno è disarmato e l’altro no si chiama repressione. Uno scontro prevede che si abbiano a disposizione le stesse armi e la stessa autorità. Se la lingua italiana ha ancora un significato.

 Voglio i numeri di chi ha preso le botte e come, quanti poliziotti e quanti manifestanti contusi sfregiati e feriti.

Poi parliamo di scontri o di sentenze che, perché INUTILI non hanno insegnato niente a certi farabutti in divisa.

E poi nome e numero di matricola, ché io voglio sapere chi è che mi rimanda a casa un figlio con la testa spaccata.

Lo voglio guardare in faccia,  se questo vuole diventare un paese civile, perché ancora non lo è né lo diventerà mai.

 Se tutto questo può accadere ancora e ancora non dipende da chi va alle manifestazioni col casco e il passamontagna, dai cosiddetti infiltrati di cui tutti sanno tutto meno chi è preposto a fermarli prima che facciano confusione,  ma dal fatto che in questo paese indossare una divisa è garanzia di impunità.

Le sentenze,  virtuali,  sulla Diaz e su Federico Aldrovandi ce lo hanno solo confermato.

Questo paese ha urgentemente bisogno di chi faccia in modo che di fronte ad una violazione della legge i cittadini tornino ad essere davvero tutti uguali come vuole l’articolo 3 della Costituzione.

Che chiunque si ponga oltre la legge si spogli immediatamente della sua professione e ruolo.

Sia che faccia il politico connivente con le mafie, il giornalista diffamatore per conto di un “delinquente naturale” o il poliziotto dal manganello facile.

C’è una sentenza che ha detto che l’Italia è stata infamata a livello mondiale dagli ordini di un ex capo della polizia che ha fatto pestare gente innocente, inerme, che dormiva per terra per dispetto e che oggi è sottosegretario alla sicurezza di questo paese. Nominato dal presidente del consiglio sobrio.

E questo dovrebbe bastare e avanzare, credo.

Sicuramente queste manifestazioni non otterranno nulla, ma mi auguro che qualsiasi cosa di positivo dovesse uscir fuori da questa protesta globale non abbia alcun effetto a vantaggio di quelli che ragionano “si può manifestare in un altro modo”.
Egoisti, ignoranti storici che avrebbero detto anche ai Partigiani di restarsene a casa perché ai fascisti non si doveva sparare, ché forse pareva brutto liberare un paese da un regime. 

Ed è a causa di gente così che in questo paese bisogna ridiscutere e ridifendere diritti già acquisiti praticamente tutti i giorni.
Perché la maggior parte di quelli che se li sono ritrovati fra le mani non sanno neanche da dove sono arrivati.
Quindi anche in questo modo, soprattutto in questo modo quando non ce n’è un altro per farsi ascoltare.
La mia stima e solidarietà quindi a chi mette a repentaglio la sua sicurezza e spesso la vita a beneficio del bene comune.
Anche del mio.