Articolo 59 della Costituzione ITALIANA

Sottotitolo: Tutto sommato è divertente assistere alle cazziate quotidiane di Monti a Bersani.
Chissà come si sente il segretario a vedere ricambiata così la sua lealtà incondizionata, senza se e senza ma…e chissà come si sente Re Giorgio, ex comunista [ah ah], sarà orgoglioso di averci appioppato ‘sta piattola a vita.
Sarebbe carino se Bersani dicesse a Monti di silenziare i suoi, chessò, il vaticano, la Trilaterale, Goldman Sachs, oppure Bilderberg. Così, giusto per vedere che succede. Essì, era proprio necessario il governo tecnico ma soprattutto sobrio. Un reazionario della risma di Monti non si vedeva in questo paese dal ventennio fascista. Ma il pericolo sono i movimenti, Grillo, Ingroia e la gente perbene.

 

“È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”

Qualche costituzionalista dovrebbe spiegare la dinamica che ha portato alla nomina di senatore a vita di Monti, visto che lo stipendio glielo paghiamo noi.

Ci vorrebbe, ma davvero, una commissione d’inchiesta per scoprire quali meriti – altissimi, per giunta – sociali, artistici, scientifici e letterari abbia avuto Mario Monti per meritarsi la nomina per direttissima a senatore a vita da Napolitano il quale era senatore a vita già prima di diventare presidente di questa repubblica sciagurata.

Sfregi alla Costituzione come se piovesse, tanto, chi se ne accorge? 

Tutt’al più, quelli che se ne accorgono possono sempre essere insultati, accusati di essere degli eversori antistato, di avere scarse qualità intellettive, di essere dei malpensanti. Che problema c’è?
Certe cose possono succedere perché troppa gente non conosce la Costituzione e  non le  interessa niente salvare quello che va protetto e difeso, salvo poi mettersi di traverso davanti alla persona fisica che rappresenta l’istituzione; Napolitano e Monti sono considerati  due grandi statisti nonostante e malgrado i loro errori vistosi che hanno danneggiato proprio lo stato.

Le persone però passano, gli sfregi purtroppo no, e creano il precedente.

E, mentre berlusconi si riprende il centro della scena, inutile la richiesta implorante di NON parlare h24 delle sue puttanate a getto continuo, intorno succede il tutto e l’oltre:

Per Camera e Senato
un ambulatorio da
2 milioni all’anno

Con una nuova delibera datata 18 dicembre, Palazzo Madama punta a rafforzare ulteriormente il presidio di cardiologi e infermieri interni (già 60 i medici sotto contratto): aperte le selezioni per altri cinque cardiologi e altrettanti tra anestesisti e rianimatori. [Il Fatto Quotidiano]

 Sempre la Costituzione recita all’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

E dove sarebbe questa uguaglianza se c’è chi si cura gratis e chi no, chi mangia e chi no, chi può studiare e chi no, chi si prende i diritti anche quando non sono tali attraverso leggi apposite fatte da loro stessi e dai loro pari e chi invece è costretto a rispettare anche quelle ingiuste, inique, quelle che creano nei fatti la disuguaglianza?  dov’è l’uguaglianza se gli stessi diritti di cui godono le varie caste e sottocaste sono poi negati ai cittadini? sarebbe questa la democrazia in politica?

Ricordiamoci anche di questo, a febbraio.
Di chi accorcia e taglia per noi con la benedizione della lealtà, dei senza se e senza ma [anche] per aumentare i propri privilegi, fra i quali quello di essere curati gratuitamente e direttamente sul posto di “lavoro”.

Mentre i cittadini italiani, i residenti sul sacro suolo italico devono aspettare mesi per una tac, una mammografia, un’ecografia, mentre un letto d’ospedale diventa un lusso, un caso fortuito quanto un terno al lotto, e nel frattempo che nei reparti hospice, quelli destinati ai malati terminali viene a mancare la terapia del dolore il parlamento tutto intero si assicura – coi soldi dei contribuenti –  il presidio medico fisso direttamente sul posto.

Ricordiamoceli tutti, questi infami traditori dello stato e del loro mandato che a nulla vogliono e sanno rinunciare per se stessi ma a tutto vogliono che rinunciamo noi che li manteniamo a vita.

Vigliacchi parassiti.

Il grande deserto dei diritti 

STEFANO RODOTÀ

Si può avere una agenda politica che ricacci sullo sfondo, o ignori del tutto, i diritti fondamentali? Dare una risposta a questa domanda richiede memoria del passato e considerazione dei programmi per il futuro.

Ma bilanci e previsioni, in questo momento, mostrano un’Italia che ha perduto il filo dei diritti e, qui come altrove, è caduta prigioniera di una profonda regressione culturale e politica. Le conferme di una valutazione così pessimistica possono essere cercate nel disastro della cosiddetta Seconda Repubblica e nelle ambiguità dell’Agenda per eccellenza, quella che porta il nome di Mario Monti. Solo uno sguardo realistico può consentire una riflessione che prepari una nuova stagione dei diritti. Vent’anni di Seconda Repubblica assomigliano a un vero deserto dei diritti (eccezion fatta per la legge sulla privacy, peraltro pesantemente maltrattata negli ultimi anni, e alla recentissima legge sui diritti dei figli nati fuori del matrimonio). Abbiamo assistito ad una serie di attentati alle libertà, testimoniati da leggi sciagurate come quelle sulla procreazione assistita, sull’immigrazione, sul proibizionismo in materia di droghe, e dal rifiuto di innovazioni modeste in materia di diritto di famiglia, di contrasto all’omofobia. La tutela dei diritti si è spostata fuori del campo della politica, ha trovato i suoi protagonisti nelle corti italiane e internazionali, che hanno smantellato le parti più odiose di quelle leggi grazie al riferimento alla Costituzione, che ha così confermato la sua vitalità, e a norme europee di cui troppo spesso si sottovaluta l’importanza.

La considerazione dei diritti permette di andare più a fondo nella valutazione comparata tra Seconda e Prima Repubblica, oggi rappresentata come luogo di totale inefficienza. Alcuni dati. Nel 1970 vengono approvate le leggi sull’ordinamento regionale, sul referendum, il divorzio, lo statuto dei lavoratori, sulla carcerazione preventiva. In un solo anno si realizza così una profonda innovazione istituzionale, sociale, culturale. E negli anni successivi verranno le leggi sul diritto del difensore di assistere all’interrogatorio dell’imputato e sulla concessione della libertà provvisoria, sulla delega per il nuovo codice di procedura penale, sull’ordinamento penitenziario; sul nuovo processo del lavoro, sui diritti delle lavoratrici madri, sulla parità tra donne e uomini nei luoghi di lavoro; sulla segretezza e la libertà delle comunicazioni; sulla riforma del diritto di famiglia e la fissazione a 18 anni della maggiore età; sulla disciplina dei suoli; sulla chiusura dei manicomi, l’interruzione della gravidanza, l’istituzione del servizio sanitario nazionale. La rivoluzione dei diritti attraversa tutti gli anni ’70, e ci consegna un’Italia più civile.

Non fu un miracolo, e tutto questo avvenne in un tempo in cui il percorso parlamentare delle leggi era ancor più accidentato di oggi. Ma la politica era forte e consapevole, attenta alla società e alla cultura, e dunque capace di non levare steccati, di sfuggire ai fondamentalismi. Esattamente l’opposto di quel che è avvenuto nell’ultimo ventennio, dove un bipolarismo sciagurato ha trasformato l’avversario in nemico, ha negato il negoziato come sale della democrazia, si è arresa ai fondamentalismi. È stata così costruita un’Italia profondamente incivile, razzista, omofoba, preda dell’illegalità, ostile all’altro, a qualsiasi altro. Questo è il lascito della Seconda Repubblica, sulle cui ragioni non si è riflettuto abbastanza.

Le proposte per il futuro, l’eterna chiacchiera su una “legislatura costituente” consentono di sperare che quel tempo sia finito? Divenuta riferimento obbligato, l’Agenda Monti può offrire un punto di partenza della discussione. Nelle sue venticinque pagine, i diritti compaiono quasi sempre in maniera indiretta, nel bozzolo di una pervasiva dimensione economica, sì che gli stessi diritti fondamentali finiscono con l’apparire come una semplice variabile dipendente dell’economia. Si dirà che in tempi difficili questa è una via obbligata, che solo il risanamento dei conti pubblici può fornire le risorse necessarie per l’attuazione dei diritti, e che comunque sono significative le parole dedicate all’istruzione e alla cultura, all’ambiente, alla corruzione, a un reddito di sostentamento minimo. Ma, prima di valutare le questioni specifiche, è il contesto a dover essere considerato.

In un documento che insiste assai sull’Europa, era lecito attendersi che la giusta attenzione per la necessità di procedere verso una vera Unione politica fosse accompagnata dalla sottolineatura esplicita che non si vuole costruire soltanto una più efficiente Europa dei mercati ma, insieme una più forte Europa dei diritti. Al Consiglio europeo di Colonia, nel giugno del 1999, si era detto che solo l’esplicito riconoscimento dei diritti avrebbe potuto dare all’Unione la piena legittimazione democratica, e per questo si imboccò la strada che avrebbe portato alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Questa ha oggi lo stesso valore giuridico dei trattati, sì che diviene una indebita amputazione del quadro istituzionale europeo la riduzione degli obblighi provenienti da Bruxelles a quelli soltanto che riguardano l’economia. Solo nei diritti i cittadini possono cogliere il “valore aggiunto” dell’Europa.

Inquieta, poi, l’accenno alle riforme della nostra Costituzione che sembra dare per scontato che la via da seguire possa esser quella che ha già portato alla manipolazione dell’articolo 41, acrobaticamente salvata dalla Corte costituzionale, e alla “dissoluzione in ambito privatistico” del diritto del lavoro grazie all’articolo 8 della manovra dell’agosto 2011. Ricordo quest’ultimo articolo perché si è proposto di abrogarlo con un referendum, unico modo per ritornare alla legalità costituzionale e non bieco disegno del terribile Vendola. Un’agenda che riguardi il lavoro, oggi, ha due necessari punti di riferimento: la legge sulla rappresentanza sindacale, essenziale strumento di democrazia; e il reddito minimo universale, considerato però nella dimensione dei diritti di cittadinanza. E i diritti sociali, la salute in primo luogo, non sono lussi, ma vincoli alla distribuzione delle risorse.Colpisce il silenzio sui diritti civili. Si insiste sulla famiglia, ma non v’è parola sul divorzio breve e sulle unioni di fatto. Non si fa alcun accenno alle questioni della procreazione e del fine vita: una manifestazione di sobrietà, che annuncia un legislatore rispettoso dell’autodeterminazione delle persone, o piuttosto un’astuzia per non misurarsi con le cosiddette questioni “eticamente sensibili”, per le quali il ressemblement montiano rischia la subalternità alle linee della gerarchia vaticana, ribadite con sospetta durezza proprio in questi giorni? Si sfugge la questione dei beni comuni, per i quali si cade in un rivelatore lapsus istituzionale: si dice che, per i servizi pubblici locali, si rispetteranno “i paletti posti dalla sentenza della Corte costituzionale”, trascurando il fatto che quei paletti li hanno piantati ventisette milioni di italiani con il voto referendario del 2011.

Queste prime osservazioni non ci dicono soltanto che una agenda politica ambiziosa ha bisogno di orizzonti più larghi, di maggior respiro. Mostrano come un vero cambio di passo non possa venire da una politica ad una dimensione, quella dell’economia. Serve un ritorno alla politica “costituzionale”, quella che ha fondato le vere stagioni riformatrici.

 

Un pasito pa’ delante, un pasito para atras

Preambolo:  poi magari un giorno qualcuno, bravo possibilmente, ci spiegherà perché la presentazione dei libri di un mediocre, del giornalista più servo di tutti perché  non ha problemi a piegarsi davanti ai politici di destra, sinistra e centro a differenza di quelli che almeno un orientamento ce l’hanno, deve diventare un evento al quale tutta la cosiddetta intellighenzia fa a gara per presenziare.

Sottotitolo:  in Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare.

[ELSA MORANTE 1945 – Lettera su Benito Mussolini]

” Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”. [Miriam Raffaella Bartolini, in arte Veronica Lario – 3 maggio 2009]

Anche Hitler, con i Russi che avanzavano nelle strade di Berlino, delirava nel suo bunker di inesistenti divisioni da opporre ad essi.

“Regina, reginella, quanti passi devo
fare per arrivare al tuo castello
con la fede e con l’anello
con la punta del coltello?”.

luanaBerlusconi: “Mi candido, anzi no”. E fornisce cinque  versioni diverse in un’ora. [Il Fatto Quotidiano]

Ormai le apparizioni pubbliche di Berlusconi incuriosiscono solo per le stupefacenti metamorfosi del suo aspetto fisico [Gad Lerner]

Il Caimummia
Marco Travaglio, 13 dicembre

Per essere una mummia, il Cainano è piuttosto vispo, e soprattutto mobile. Ieri è riuscito a candidare a premier, nell’ordine: se stesso, Mario Monti e Angelino Alfano (quest’ultimo addirittura “in pole position”). Con qualche minuto in più a disposizione, avrebbe anche aggiunto Flavio Briatore, Giovanni Rana, l’avvocato Marra e Sara Tommasi, ma purtroppo non c’è stato il tempo: lo farà, con calma, nei prossimi giorni. La cornice della memorabile performance era la cosiddetta presentazione del libro di Vespa, ormai un vero e proprio format a se stante, un monumento al servilismo che fa apparire Porta a Porta un programma sbarazzino: l’insetto, nel ruolo di spalla, coadiuvato dai noti anestesisti Massimo Franco e Marcello Sorgi, porgeva timide e tumide domande all’anziano capocomico, tutto pittato, levigato e tirato a lucido dai maestri ebanisti di Arcore, che lo fanno ormai somigliare all’ultimo Michael Jackson, con due occhietti a mandorla da cinese in coma e un nuovo nasino con la punta all’insù davvero civettuolo. Il Sorgi veniva aspramente redarguito da Vespa per essersi permesso un sommesso dissenso sul concetto di magistratura uguale cancro: “Siamo qui per fare domande, non per dissentire dalle risposte”. A quelle parole il Cainano batteva una pacca sulla spalla della spalla e gli strizzava l’occhio, come a dire: “Ben scavato, vecchia talpa”. Anche perché l’insetto aveva appena elogiato il Cainano come un sincero “liberaldemocratico” di scuola einaudiana, mica come quel duce di Grillo che fa scegliere i suoi candidati dagli iscritti sul web. Rintracciare un filo di logica nelle risposte della mummia sarebbe impresa ardua. Non si è ben capito nemmeno come si chiamerà il suo partito, visto che a un certo punto ha ipotizzato di ribattezzarlo Forza Italia, ma di lasciare sulle schede elettorali la scritta “Popolo della Libertà”, tanto per rassicurare gli elettori che si tratta sempre di chi ha rovinato il Paese. Quanto a lui, che pure sarebbe il premier ideale come dimostrano le tre precedenti esperienze, è disposto a fare un passo indietro se si candida Monti. Che lui, non a caso, ha appena sfiduciato e accusato di aver mandato in malora l’Italia, dunque lo stima molto e “ho con lui un eccellente rapporto”, anche se “è stato influenzato dalla sinistra” e dunque gli sta diventando un po’ comunista: infatti non ha abolito le intercettazioni, che sono “incostituzionali”. Per rendergli più facile l’impresa di guidare il “rassemblement dei moderati” alla vittoria, ha anche aggiunto che Monti dovrà avere con sé tutti, dal Pdl o come cazzo si chiama a Montezemolo – Casini-Fini alla Lega Nord (incertezza, per ora, solo sui moderati di Forza Nuova). C’è, è vero, il piccolo dettaglio che la Lega ha sempre votato contro il governo Monti e lo considera un vampiro assetato di sangue, tant’è che B. — lo dice lui stesso — s’è appena accordato con Maroni per Alfano premier. Praticamente, con chiunque parli fa un accordo per un premier diverso. Ma queste sono quisquilie, dai, l’importante è divertirsi un altro po’. A questo punto, i casi sono soltanto due: o B. è fuori come un balcone, oppure si diverte a prendere tutti in giro. Più probabile la seconda ipotesi, vista l’ampia e consolidata disponibilità di politici e giornalisti a farsi prendere in giro. Nelle prossime ore vedremo se si è divertito anche Marcello Dell’Utri, che ieri, a metà pomeriggio, aveva annunciato la sua ricandidatura in quanto perseguitato politico, e nel tardo pomeriggio ha appreso dall’amica mummia che “mi spiace, non possiamo permetterci di ricandidarlo” anche se, beninteso, è un perseguitato politico. Si attende ad horas una dichiarazione di Dell’Utri per spiegare che gli spiace, ma il Caimummia non può permettersi di non ricandidarlo.

Le retour de la momie

“E’ tornato incazzato come un puma con Passera. Perché ha detto che non sarebbe un bene il suo ritorno in politica: una cosa che avrebbero detto tutti, Obama, la Merkel, perfino Al Qaeda. 
E’ che è più forte di lui. Quando vede che il paese ce la fa lui non resiste, deve tornare. Monti ci ha messo tutte ‘ste supposte una per una come le cartucce di una cerbottana, adesso torna berlu e sale lo spread, io, non dico il pudore che è un sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo, no?”.

Sole 24 Ore: Piazza Affari crolla in apertura [-2,30%], lo spread schizza a 350 punti, giù i bancari. Tra i pochi titoli a resistere Campari, Luxottica Snam, e guarda caso, Mediaset.

La Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti e venduti quotidiani tedeschi, posizione liberal, “racconta” così il ritorno di Silvio Berlusconi.

Di nuovo in alto“, sempre per quella storia dell’autorevolezza.

Financial Times: “se B. avesse un po’ di pudore la smetterebbe di giocare con il presente del proprio Paese”.

El Pais: “B. è disposto a morire uccidendo”.

Oscar Giannino a Radio 24: “Berlusconi e il pdl casi clinici: il fascismo ha avuto una fine più dignitosa”.

Sottotitolo: ma se quella di Schicchi [pace all’anima sua che almeno ha contribuito a rasserenare un sacco di gente] era pornografia, quello che si fa in altri ambiti, ad esempio nella politica, cos’è? la fornero che ieri sera  a Report difendeva il suo disastro chiamato riforma permettendosi anche di fare dell’ironia col giornalista che la stava intervistando  è molto più oscena di mille inquadrature hard.  Almeno la pornografia – come tutte le arti – non toglie nulla ma al contrario restituisce in termini di serenità, sebbene temporanea ed effimera: di questi tempi, un lusso.

La prima pagina dell’edizione di oggi del quotidiano francese: ovvero il prestigio internazionale di cui gode berlusconi e che ha sempre fatto fare all’Italia la sua porca figura.

Gianfranco Fini a Che tempo che fa: “berlusconi ha una concezione della dialettica politica un po’ padronale”.
Lui e casini sembrano due estranei, due che hanno fatto solo finta di sostenere i governi dell’irresponsabile delinquente.

Buoni a nulla che hanno rinunciato per opportunismo politico e convenienza personale a costruire una destra liberale e non fascista come ce n’è  in tante democrazie europee.

Berlusconi: “Il tempo dei tecnici è finito”
E ora punta a due ore di show su Raiuno

Ma da uno che prima di dare delle dimissioni virtuali, che non hanno spostato di una virgola la possibilità di avere ancora voce in capitolo, di poter condizionare, naturalmente sempre in negativo, l’andamento politico, uno che mentre l’Italia precipitava ha pensato che la cosa più urgente da fare fosse riunirsi coi figli, il socio in malaffari, il fido mavalà per mettere al sicuro la sua roba – cosa che ha continuato imperterrito a fare anche in questi dodici mesi perché questo è il motivo, l’essenza della sua famosa  “discesa in campo” –  cosa ci si poteva aspettare? la colpa è di chi poi vota uno così o di chi lo ha legittimato fino ad ora? Napolitano gliele ha concesse tutte, Napolitano, il cosiddetto garante della Costituzione e di tutti gli italiani, non di una parte di loro è stato il presidente della repubblica che più di tutti lo ha fatto non mettendosi mai di traverso; è il presidente dalla firma facile e che ancora oggi accoglie a braccia e sorrisi aperti Gianni Letta, l’uomo che ha materialmente creato il politico berlusconi, quello che ha scritto la sua agenda in tutti questi anni; il deus ex machina di tutta l’azione che ha portato alla demolizione, alla distruzione economica, morale ed etica di un paese intero compiuta da  uno che dalla politica doveva stare lontano miliardi di chilometri ma al quale invece TUTTI hanno offerto una prima, una seconda, una terza, una quarta, una quinta e oggi financo una sesta possibilità.

Questo significa solo una cosa, che la strategia politica di chi avrebbe dovuto impedire o perlomeno – a giochi purtroppo fatti – contrastare l’ascesa politica di berlusconi è stata fallimentare; significa non aver capito che non è berlusconi il pericolo ma tutto il sistema che gli ha permesso di arrivare fino ad oggi.

Significa non aver capito che sono stati tutti complici.

I finti Monti – Marco Travaglio, 10 dicembre

Ora che Monti cade, la tentazione è ripubblicare quello che noi del Fatto, in beatissima solitudine, scrivemmo 13 mesi fa quando Monti nacque. Purtroppo, non c’è da cambiare una virgola: nel prologo era già scritto l’epilogo. E oggi l’unica cosa che stupisce è lo stupore di Napolitano e Monti, che Ferruccio de Bortoli descrive “sbalorditi” e “indignati”, il primo che “non si persuade” e il secondo che “non si capacita”. Ma solo chi, dopo 19 anni, non ha ancora capito niente di B. può meravigliarsi di quel che accade: quelli che s’illudevano che il Caimano si fosse ritirato per il suo alto senso delle istituzioni, rassegnato a un dorato pensionamento in cambio della prescrizione sul caso Mills, della condanna annullata a Dell’Utri e del congelamento dell’asta sulle frequenze tv, e ora vibrano di stupefatto sdegno perchè, al momento buono, ririririridiscende in campo e manda il governo e l’Italia a gambe all’aria. Ma con chi credevano di avere a che fare: con uno statista? Quel che accade è la naturale conseguenza della scelta sciagurata compiuta un anno fa da Napolitano, Bersani e Casini di non andare subito alle urne, cioè di cambiare il governo senza cambiare il Parlamento, consegnando i tecnici a una maggioranza-ammucchiata controllata, anzi ricattata da chi aveva condotto il Paese nel baratro. Il nemico –insegna Machiavelli– va eliminato subito, possibilmente la prima notte. Votando un anno fa, B. sarebbe stato asfaltato dagli elettori. I partiti di opposizione (Pd, Fli, Udc, Pd, Idv), che avevano osteggiato le ultime leggi vergogna e la mozione su Ruby nipote di Mubarak, avrebbero potuto assecondare i mercati e l’Europa indicando Monti come premier di una maggioranza di salute pubblica che in due anni risanasse i conti dello Stato e poi restituisse la parola agli elettori per ripristinare la normale dialettica democratica fra un centrodestra e un centrosinistra finalmente ripuliti e rinnovati. Lo spread si sarebbe placato, B. sarebbe tramontato e un Monti legittimato dal voto popolare e sostenuto da una maggioranza politica avrebbe avuto le mani libere per accollare i costi della crisi a chi ha di più anziché ai soliti noti: draconiana lotta agli evasori, serie leggi anticorruzione, antimafia e anticasta, patrimoniale, liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli netti a spese folli e inutili come il Tav, gli F-35 e i 40 miliardi l’anno di incentivi alle imprese. Invece i “professionisti della politica”, quelli che si credono molto furbi e giocano a Risiko con la democrazia, han pensato di salvare un’altra volta B. mettendogli in mano le chiavi della maggioranza. Lui li ha lasciati fare. Ha profittato dalla quiete sui mercati per risollevare i titoli boccheggianti delle sue aziende, ha incassato tutto l’incassabile su giustizia e tv, ha avuto il tempo di far dimenticare a mezza Italia i disastri e le vergogne dei suoi governi. Ogni due per tre Monti gli lisciava il pelo, dandogli dello “statista”, bloccando l’asta tv, scrivendo finte leggi su corruzione e incandidabilità, esaltando le virtù civiche di quell’altro galantuomo di Letta, sempre incensato pure da King George. Ora Napolitano e i suoi giornaloni cadono dal pero e scoprono che B. antepone i suoi affari alle istituzioni. E Monti confida a de Bortoli le “pressioni sulla giustizia” che lo statista di Milanello gli ha inflitto per mesi (grazie, ma si notavano a occhio nudo dalla politica giudiziaria e televisiva del suo governo). Ma tu guarda:
lo statista bada ai suoi porci comodi, chi l’avrebbe mai detto. Davvero questi finti tonti pensavano che B. si sarebbe accomodato buono buono su una panchina dei giardinetti, mentre sistemavano sulle poltrone che contano Monti, Bersani, Montezemolo, Passera, Casini e Fini, senza dimenticare uno strapuntino per Vendola e uno per Alfano e/o Frattini? La verità è che lui non si accontenta mai: come dice Cecchi Gori, che ci è già passato, “gli dai un dito e lui ti prende il culo”. Deve ancora nascere chi lo mette nel sacco: Bersani, Casini e Fini dovranno difendersi per tutta la campagna elettorale dall’accusa di aver riempito l’Italia di nuove tasse, mentre lui che le ha votate tutte fingerà di essersi opposto da sempre; e avrà buon gioco a gabellare Monti per un criptocomunista, come nel ’95 fece con Dini, affossandone la figura super partes e impallinandolo nella corsa al Quirinale, dove King George l’aveva già destinato in barba agli elettori.
Sono vent’anni che chi pensa di fregarlo col “dialogo” finisce fregato: per informazioni, citofonare D’Alema e Veltroni. E, da ieri, anche Napolitano e Monti. Ben arrivati nel CVB, Club Vittime di Berlusconi