Di proteste e proposte

 

In questo mare è annegata anche l’ultima speranza di un cambiamento moderno, riformista, liberale, democratico davvero. Questa Europa, per come l’hanno costruita e in funzione di cosa è un tragico bluff, un circolo vizioso, una dannazione. E non ce ne potremo liberare.

Il  risultato francese è la risposta, forte e chiara, a tutti quelli che “destra e sinistra non contano”. 
Quelli che vanno “oltre le ideologie”.
Quelli che “non contano i partiti, contano le persone”, le idee. E che idee.
A Strasburgo andrà un eurodeputato nazista tedesco: in momenti e periodi di crisi i popoli si spostano sempre verso la politica più dura, fascista, anche oltre il fascismo pensando che sia quella che poi restituirà una serenità sociale.
“Oltre” è una parola molto bella, sa di eternità, di panorami sconfinati, di libertà senza limiti.
Ma non tutti gli oltre sono uguali, perché ci sono ambiti in cui il confine deve essere netto e ben marcato, quello che chiude a tutte le forme autoritarie già conosciute e sperimentate qual è, appunto, la politica fascista, anche oltre il fascismo, come quella di Marina Le Pen, che non ha mai risolto un solo problema sociale ma ha creato solo disordine, repressione, violenza, assenza di libertà e di qualsiasi forma di serenità.

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Se il pd ha stravinto sui 5stelle nonostante l’alleanza con berlusconi, la vigliaccata di Renzi fatta subire a Letta, la profonda sintonia col criminale, le balle di Renzi e Renzi è perché o la gente ha scelto  di nuovo quello che pensava fosse il male minore o  perché si è spaventata pensando che il nuovo non fosse poi così affidabile.

Nel paese normale la lega di salvini che in Europa viene trattata – giustamente – a calci nel culo veri e non metaforici non prenderebbe più voti della lista di Tsipras. La Grecia si è ripresa la sua polis, gli altri paesi, compresa l’Italia, fanno schifo al cazzo. E meritano di sprofondare.

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Spero vivamente che la batosta inflitta al movimento sia utile a far capire quello che in questi mesi, modestamente, cercavo di spiegare anch’io. 
E l’ho continuato a fare anche mentre la mia lista facebook si assottigliava, mentre leggevo le bacheche dei cosiddetti amici che lanciavano anatemi offensivi, accuse miserabili verso tutti quelli che cercavano di dire ai movimentisti vinciamonoisti che la filosofia della volgarità, dell’insulto, della minaccia, dell’io sono meglio di te senza dimostrarlo nei fatti alla conta che conta non paga. Stamattina di sfuggita ho letto in una bacheca fb  cinquestellata che Rodotà e Zagrebelsky sono dei coglioni perché hanno votato la lista di Tsipras.  A tutto c’è un limite.
E  non basta essere onesti, che la svolta culturale di cui ha parlato Di Battista non passa per una campagna elettorale modulata sul tono di voce più alto, sull’eccesso, sull’iperbole esagerata e violenta; in questo modo non passa nessun messaggio positivo e convincente.
Un movimento di gente fatto dalla gente non potrà mai sfondare se quella gente continua a difendere il modus operandi di chi lo rappresenta anche quando è oggettivamente ed evidentemente indifendibile.
Se non si mette in testa che la politica è anche, e come no, una questione di linguaggio, che i cori da stadio vanno bene allo stadio.
Un movimento di gente fatto dalla gente avrebbe dovuto essere più intransigente con chi andava in piazza a urlare epiteti, trivialità che soddisfano forse le pance ma non saziano le menti, soprattutto quelle di chi forse ci avrebbe voluto provare a dare fiducia alla politica fatta dalla gente per la gente.
E questa sconfitta dispiace soprattutto a chi crede nella democrazia fatta di alternanze, di voci diverse, di persone che si attivano per dare un contributo utile alla causa di tutti.
Perché io ho gioito quando i 5stelle alle passate elezioni hanno raggiunto un risultato inimmaginabile per dei non professionisti della politica, mi dicevo che la politica, quella tradizionale, napolitana, da quel momento in poi avrebbe sentito il fiato sul collo di chi controllava il suo operato, e che forse per la prima volta nella storia di questo paese maggioranza e opposizione avrebbero potuto rendersi un favore reciproco: la maggioranza lavorando meglio perché sotto controllo e l’opposizione crescendo in base a quello che la gente le avrebbe chiesto di fare: alle esigenze e alle necessità vere di un paese allo stremo psicologico, prim’ancora che economico e sociale.
Invece è stata una delusione continua, un’innalzare sguaiatamente e inutilmente i toni, senza fare nulla di veramente politico per dare un senso al consenso, allontanando quella gente che non per dispetto ma per una voglia sincera di trasformazione e cambiamento nella politica avrebbe fatto un passo verso la novità.
Invece così non succederà niente e le voci che in molti abbiamo cercato di contrastare, quelle della propaganda spicciola, della stampa serva e inchinata alla politica che si dimentica della gente ma si ricorda molto bene di se stessa da ora in poi avranno altri argomenti e li useranno, anzi, già lo stanno facendo, e quando ri_parleranno i vecchi tromboni che in tutti questi mesi ci hanno allietato da quotidiani, talk show, dalla solita radio non potremo andare a nasconderci da nessuna parte.
Tutto questo perché non è stato usato l’unico ingrediente necessario a condire la battaglia politica che è l’intelligenza, quella – appunto – che non basta dire: noi siamo meglio di loro senza dimostrarlo poi nei fatti e nelle azioni.

Chi ha fatto della comunicazione diretta il suo cavallo di battaglia ha dimostrato di non capire nulla di come poi va usata. E se i 5stelle hanno perso tre milioni di voti invece di guadagnarne ancora malgrado i fatti che nel frattempo erano e sono  accaduti, arresti, vicende di corruzione, l’Expo, significa che l’idea di una democrazia liquida, orizzontale, che parte da quel basso che dovrebbe pretendere il meglio ma poi si accontenta dei vaffanculo in piazza, non affascina. Grillo quel patrimonio ottenuto alle elezioni passate non l’ha fatto fruttare, in tutto questo tempo ci ha giocato al più bello del reame, la gente se n’è accorta e l’ha punito.
E sarebbe bello sapere con chi avrebbero lavorato i 5stelle in Europa, loro che hanno sempre rifiutato anche il minimo contatto, quegli accordi che in politica sono necessari per produrre qualche risultato utile. Se la proposta è solo protesta non si vince.
Alla protesta vanno aggiunte azioni propositive, produttive, insomma, essere pro è molto più utile che essere contro a prescindere.
Non si vincono le elezioni ipotizzando tabule rase, processi e tribunali di piazza.

Gli sputi non vanno mai bene, sia reali che virtuali.
E se Grillo fosse onesto fino in fondo oggi il processo dovrebbe farlo solo a se stesso.

 

 

 

 

 

 

Berlinguer a quelli che parlano di tribunali del popolo avrebbe dato un calcio in culo

Altroché usare una figura specchiata come la sua per legittimare un’azione politica molto spesso oscena, violenta e volgare, che non ha nulla, ma proprio nulla di quella sinistra che caratterizzava Enrico Berlinguer e il suo modo di intendere la politica. Bisognerebbe smetterla di  usare gente che non può rispondere per farle dire cose che non avrebbe nemmeno mai pensato.

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“Il voto alle europee non è un test sul governo in carica…”

…disse quello che solo per aver vinto le primarie di partito pretese ed ottenne la cacciata di Letta per fregargli il posto. 
Perché se non sono un test le elezioni europee figurarsi se lo può essere un’iniziativa di partito che non riguarda tutti i cittadini e non ha alcuna valenza istituzionale. 
Non bisognerebbe dimenticare che Renzi sta lì solo grazie al risultato delle primarie del pd, diversamente Enrico avrebbe potuto restare sereno per chissà quanto ancora.
Ma nel paese dalla memoria del pesce rosso Renzi può dire quello che vuole: una volta che le elezioni non legittimano e un’altra invece che lo fanno. E il fatto che lui non sia stato legittimato da nessuno, oltre ai voti ottenuti alle primarie passa in second’ordine.
Renzi cerca i voti dei delusi dai 5stelle, invece di pensare ai delusi del suo partito che sono tanti, berlusconi idem ma questa è la sua ultima spiaggia e va capito: è un pover’uomo.
Grillo cerca i suoi e li avrà perché fra i tre è, che piaccia o meno, l’unico che ha mantenuto la coerenza: un leader di partito non va a caccia dei voti degli altri ma li cerca fra la gente che condivide la sua linea politica, esattamente come fa Tsipras che non parla degli altri in modo compulsivo, trasformando la campagna elettorale in un test su se stesso ma di quello che vuole fare lui che ha già dimostrato di saperlo fare.

Cerchiamo di favoleggiare poco di percentuali e di influenza nella politica centrale a proposito della lista di Tsipras, perché questo è lo stesso giochino che ha sempre fatto e continua a fare la politica, quella brutta di sistema e dei partiti quando elemosina il cosiddetto voto “utile”, in qualche caso necessario come ci ha ricordato anche l’ottimo Scalfari domenica scorsa e damigella Moretti, pd [tutti, perfino forza Italia e Ncd ma non i 5stelle].
Un’utilità che fin’ora ha sempre premiato la politica e mai i cittadini.
Per me l’unica utilità è andare a votare secondo il mio pensiero, non in base a quello che potrebbe succedere se…
Diversamente vado al mare, in questa stagione si sta d’incanto.

In un momento in cui sta diminuendo sensibilmente la considerazione per quella volontà del popolo che caratterizza ogni democrazia regolare io, che di politica capisco poco e niente, credo che l’unico modo per riprendersela sia spostarsi più a sinistra che si può.
Perché gli interessi del popolo storicamente non li hanno fatti altrove.
Poi ognuno è libero di convincersi, se gli fa piacere, che non sia così, io però siccome mi ricordo che c’è stato un tempo in cui era così e anche con fatica, con quella lotta dimenticata una manciata di diritti a questo paese non l’ha data la destra non mi sono mai fatta sedurre da chi ha provato a convincermi che non è così.
Che mi devo adeguare all’urgenza. 

Chi è convinto della sua scelta non si deve agitare cercando di convincere che ci sono voti giusti o sbagliati.
Perché c’è chi il suo giusto se lo costruisce anche con fatica fino a trasformarlo in una questione di principio, di coscienza, prim’ancora che di coerenza: l’unica cosa che si può sempre rimodulare rispetto al presente che ci riguarda.

Difficilmente mi è capitato di non aggiornare il blog per più di un giorno, due ma sono in una fase di rigetto comunicativo, nel senso che mi sembra di aver scritto tutto quello che si poteva, che, continuando a scrivere più o meno degli stessi argomenti si rischia di somigliare a quelli che tutti i giorni e tutto il giorno sono ovunque, in radio, nelle televisioni, a vendere i loro progetti di speranza, ché a parole si fa presto.

E non mi piace la violenza, non mi piace chi, a tre giorni da un voto importante vaneggia di processi popolari, di tribunali del popolo per infiammare un dibattito che non ha bisogno di ulteriori escandescenze.
Non mi piace chi dice che non se ne andrà quali che siano le decisioni del popolo, cosa che invece non pensava quando qualcun altro è stato costretto ad andarsene non dopo una scelta di popolo ma di chi ha pagato due euro per votare un segretario di partito, non il nuovo presidente del consiglio. 
Non mi piace accendere il televisore e trovare la faccia di Renzi ovunque, in diretta, in differita, registrata dall’ultima trasmissione a cui ha partecipato.
C’è una buona parte dell’informazione che non va processata ma educata sì, perché anche se coi toni sbagliati ha ragione chi dà la responsabilità di questo Matrix a ciclo continuo a chi usa in modo sconsiderato un mezzo importantissimo che dovrebbe servire a responsabilizzare l’opinione pubblica, non dividerla in opposte fazioni sempre in guerra. 
E non ci si può difendere se anche mentre si cerca semplicemente un film passando nel menù di Sky bisogna trovare la faccia di Renzi, di Grillo e di berlusconi. Questa non è una campagna elettorale, è accattonaggio molesto, stalking. Andrebbero denunciati tutti per disturbo alla quiete pubblica. E visto che quello è un palinsesto obbligato, è impossibile sottrarsi a questa violenza è però possibile rallentare il passo almeno qui, guardare oltre quello che ci obbligano a vedere. 

Ed è quello che ho deciso di fare in attesa di questo ipotetico Armageddon che avverrà.

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Il maggiordomo – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital

Io ve l’ho detto che siamo ai confini della realtà. “Svelate le mire di Grillo e Casaleggio vogliono fare i ministri”, tuonano dal Pd. Invece Renzi e la Madia vogliono servire il popolo e Berlusconi e Brunetta fanno politica perché si annoiano. Ma va bè. Volevo invece ricordarvi perché i governi tecnici o del presidente sono un male. Tra tre giorni voteremo anche per giudicare il nostro passato. E non potremo attribuire le colpe, perché spero siamo d’accordo che colpe nel come siamo messi ce ne sono. Chi è il colpevole? Berlusconi certo, ma non oltre il novembre 2011. Oppure no, anche dopo, visto che è stato in maggioranza fino all’ottobre scorso. Il Pd, sicuramente non fino al 2011, ma dopo? In maggioranza da tre anni e al governo da 15 mesi. Renzi? fino a febbraio no, ma adesso uno zero virgola di meriti e colpe spetta anche a lui. Dunque hanno governato tutti e non possiamo presentare il conto a nessuno. Oddio a pensarci bene un colpevole di quello che ho detto però c’è. Vivo e vibrante.

 

 

Dietro il pallone, tutto

Sottotitolo: una nota riservata e particolare la meritano tutti gli imbecilli che ieri hanno insultato Gino Strada, uno dei candidati 5stelle alla presidenza della repubblica insieme a Rodotà, bersaglio anche lui degli anatemi di chi – evidentemente per limiti propri – è incapace di accettare un parere diverso, un’opinione altra. Così, tanto per ribadire l’indifendibilità di idioti manovrati pronti a sputare veleno anche sulle loro madri solo se qualcuno osa ragionare in proprio e non per conto di qualcuno.

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A quanto pare in Italia è più conveniente essere condannati per frode fiscale che fare l’attore. Perché il condannato – da una sentenza vera trasformata in pura goliardia – può apparire in televisione ogni volta che vuole, mentre l’attore della fiction, incensurato e di sinistra no per non disattendere alla regola della par condicio.

E quando in un paese succede una cosa del genere è impossibile non vedere l’anomalia, la malattia, l’anormalità. 
Stasera berlusconi dovrebbe partecipare a Porta a Porta dove troverà Bruno Vespa condannato in via definitiva per diffamazione. 
Gli obblighi derivanti dalla sua finta condanna gli impediscono di incontrare altri condannati: tutti meno Bruno Vespa? E’ stata fatta una deroga speciale, la solita regola ad personas per consentirgli di incontrare il suo vecchio amico, nonché suo editore?

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Ivano tagliato – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

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 La par condicio si applica soltanto alle trasmissioni che non trattano di politica, proprio per evitare l’eccesso di presenza dei politici  nei media nei periodi pre elettorali fuori da quegli ambiti in cui si tratta esclusivamente di politica.

Forse vale la pena ricordare che la par condicio esiste perché esiste berlusconi.
Nei paesi normali, dove il politico fa solo il politico, non possiede mezzi di comunicazione non serve una legge sulla par condicio.
E risolvendo il conflitto di interessi non ci sarebbe stato bisogno di una legge per vietare al politico che ha giornali, televisioni, case editrici di poter eccedere in presenze nelle televisioni, sue e quelle che controlla in virtù del ruolo politico,  durante i periodi pre – elettorali, a danno e svantaggio di quei politici che non hanno le loro tv, i loro giornali e le loro case editrici, semplicemente perché nei paesi normali l’editore, l’imprenditore non fa il politico e viceversa. 

In un paese dove da vent’anni è la televisione a orientare pensieri, parole e opinioni grazie a chi ne ha fatto la propria arma di distruzione/distrazione di massa, e, orientando i pensieri condiziona anche le scelte importanti qual è il voto tutto può destabilizzare un già inesistente equilibrio. Perché poi a votare ci vanno tutti, telerincoglioniti compresi con le conseguenze che purtroppo conosciamo bene. Smettiamo di raccontarcela. E’ chiaro che Gino Strada non si mette a fare la polemica sterile su Renzi e la partita del cuore, semplicemente perché non tocca a lui fare da spartiacque, sarebbe toccato al buon senso di chi sta imponendo oltremodo la sua presenza nei media. L’Agcom ci fa sapere di aver avvertito Mentana per eccesso di Renzi nei Tg de la7 a danno e discapito di chi Renzi non è. 

In un paese dove la politica restasse fuori da ambiti che non le competono non servirebbe la par condicio, sarebbero i politici stessi se fossero persone serie a tirarsi fuori, rifiutandosi di andare a fare i buffoni cucinando risotti a Porta a Porta, ad esempio.

Il problema comunque non è Renzi né la partita.
E’ un paese piccino fatto di gente facilmente seducibile.
Perché alle persone che usano la testa, non si fanno incantare dalle chiacchiere, dai sorrisi e dalla performance mediatica dell’incantatore di turno non succede nulla nemmeno se lo vedono fuori dal seggio elettorale un minuto prima di votare. 
Se ci trattano come “alunni di seconda media e nemmeno troppo preparati” [cit. il noto delinquente], è perché sanno di poterlo fare.

 

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IL PALLONE SGONFIATO – Antonio Padellaro

Per carità, umanamente molto si comprende Matteo Renzi che quella dolce serata allo stadio Franchi di Firenze, scrigno dell’amatissima Viola, chissà quanto l’aveva sognata: farsi passare la palla da Baggio, triangolare con Antognoni e magari insaccarla sotto la traversa, il boato della folla, il primo presidente del Consiglio che corre a esultare sotto la curva, ganzissimo. Del resto, vanitas vanitatum, neppure sarebbe stato il primo leader di multiforme ingegno a esibirsi per l’ammirazione delle masse. Dopo Berlusconi cantautore e poeta, Veltroni romanziere e regista, D’Alema navigatore, cuoco e viticoltore, perché no un capo del governo giovane e prestante, dal tocco fino come non se ne vedevano, sia detto senza ingiuria, dai tempi del duce cavallerizzo, spadaccino e calciatore di caviglia forte? E poi tutto per la giusta causa di Emergency con il plauso di Gino Strada.

E se per una volta si accantonano le divisioni su F-35 e Afghanistan per raccogliere quanti più fondi possibile per curare i bimbi del Sudan, e se la diretta di RaiUno trasforma l’audience in una pioggia benefica di messaggini da 2 euro, che male c’è, meschini che non siete altro? Umanamente comprensibile, ma politicamente molto meno, perché quando si fa notare che la Partita del Cuore disputata a sei giorni dalle Europee (proprio non si poteva rinviare di qualche settimana?) costituisce di fatto un gigantesco spot elettorale, il giocoso Matteo mostra i dentini. E infatti, visto che a dire no alla diretta tv è stato il presidente M5S della Vigilanza Fico, il premier si scatena contro “la rabbia e la paura grillina” verso chi “vuole cambiare l’Italia, restituire speranza, cambiare la protesta in proposta”. Ma in questo modo Renzi conferma che siamo in piena campagna elettorale e che i cuori battono, ma i voti contano. Temiamo tuttavia che lo spirito del tempo soffi dalla sua parte poiché, certo, ci sono le regole da rispettare, ma in Italia chi buca il pallone non è mai simpatico.