Il Monitore

Sottotitolo: il Monitore era una speciale nave corazzata, adatta ad azioni nei fiumi o contro costa, ma assolutamente inadatta per velocità e qualità nautiche come unità di squadra [da wikipedia].

Il molto intelligente sindaco di Torino Piero Fassino, quello più lungimirante che magro e viceversa, ha affermato – restando serio – che la candidatura di Rodotà era irricevibile perché marchiata dal punto G, che non è quel luogo ricercato dalla notte dei tempi nel quale risiederebbe l’apice del piacere femminile ma la G di Grillo.
Mentre tutti sanno che la proposta di Marino, uno dei realizzatori della bicamerale superaccessoriata concessa a berlusconi quale garanzia sempiterna di una legittimazione politica che non gli sarebbe spettata per legge era, e come no, scevra da qualsiasi condizionamento e interesse.
Per non parlare di quanto lo sia stata la ri_proposta di Napolitano che ha il vantaggio di non dover nemmeno dimostrare quali sono gli interessi che gli sono sempre stati e gli stanno molto a cuore.

Il PD, dopo aver legittimato un governo abusivo e aver contribuito allo sfascio sociale votando tutte le leggi Monti – Fornero e compagnia devastante ha posto la questione di principio, un principio che vale meno di un cazzo ma che loro hanno considerato tale al punto di non permettere che questo paese avesse un presidente degno quanto Pertini, sulla candidatura di un galantuomo come Rodotà.

Anche questa è una cosa da NON dimenticare, mai.

Se non si può dire che è un golpe, un colpo di stato, si può almeno dire che è una schifosissima congiura di palazzo? sì che si può dire.

Purtroppo il professor Rodotà è stato costretto a non sbilanciarsi dal suo ruolo di costituzionalista, da conoscitore rispettoso della Carta qual è non poteva  dire che quello che è accaduto ieri si chiama furto di democrazia, in parole povere che qualcuno, per gli interessi di qualcun altro ha svenduto per l’ennesima volta la possibilità di un rilancio di questo paese, di un riscatto morale e civile, io però sì, lo posso dire. E’ nel mio diritto dirlo, eccome.

E penso che più di qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma anche due o tre, quelli ad esempio che hanno accusato di essere antidemocratici, antistato, sovversivi ed eversivi, persone che non hanno a cuore le sorti del paese quei cittadini che alle recenti elezioni hanno rivolto il loro sguardo altrove preferendo un movimento di popolo ai cosiddetti partiti tradizionali, quelli che in questi giorni hanno offerto a noi italiani e al mondo uno spettacolo indegno.

Che hanno barattato la loro dignità che forse ancora si poteva salvare con quella di una persona a cui la dignità non interessa né è mai interessata.

E forse meriterebbe le scuse anche Franco Battiato, cacciato con disonore per aver detto una parola forte, ma che però rende perfettamente l’idea, da chi ieri si sbellicava dalle risate ascoltando le battute dell’abusivo impunito.

Ormai non è più un discorso di destra e sinistra, di persone, di idee, stando così le cose è la politica tutta ad aver perso anche l’ultimo residuo di importanza, significato e valore.
Perché quando la politica tutta rinuncia al suo ruolo in funzione degli interessi di qualcuno, e lo fa in modo così vistoso, sfacciato, arrogante, quando, sempre per motivi di interesse perlopiù occulto si lega non alle sorti di quel popolo che sceglie, o perlomeno crede di farlo, i suoi rappresentanti per mezzo di una legge truffa ma a quelle di un partito, di una persona, vuol dire che la politica sta dicendo a quel popolo che non le interessa più il suo bene ma la sua priorità è tutelare solo ed esclusivamente gli interessi e le sorti di qualcuno.
Che, per una strana ironia del destino è sempre lo stesso qualcuno.

E, finché non ci sarà una legge che permetterà ai cittadini di scegliersi i propri candidati/referenti politici per nome e cognome su una scheda elettorale e non, invece, con questa  che li costringe a farlo per mezzo di una croce su un simbolo che poi rimanda ai nomi e cognomi che scelgono le segreterie di partito, nessuno, NESSUNO, dovrebbe permettersi di dire che quel che avviene in parlamento, alla camera e al senato [di nuovo minuscoli per festeggiare il lieto evento] è il risultato democratico di una volontà popolare.
Io non c’entro nulla con quelli che hanno rimandato Napolitano al Quirinale.

Funeral Party
Marco Travaglio, 21 aprile

La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell’horror, roba da far impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere putrefatto e maleodorante di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall’interno per non far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission impossible di ricomporre la decomposizione. E sceglie un becchino a sua immagine e somiglianza: un presidente coetaneo di Mugabe, voltagabbana (fino all’altroieri giurava che mai si sarebbe ricandidato) e potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche quando verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati, tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l’inciucio (prima con Craxi, poi con B.) e finalmente l’ha ottenuto. E con una votazione dal sapore vagamente mafioso (ogni scheda rigorosamente segnata e firmata, nella miglior tradizione corleonese). Pur di non mandare al Quirinale un uomo onesto, progressista, libero, non ricattabile e non controllabile, il Pd che giurava agli elettori “mai al governo con B.” va al governo con B., ufficializzando l’inciucio che dura sottobanco da vent’anni. Per non darla vinta ai 5Stelle, s’infila nelle fauci del Caimano e si condanna all’estinzione, regalando proprio a Grillo l’esclusiva del cambiamento e la bandiera di quel che resta della sinistra (con tanti saluti ai “rottamatori” più decrepiti di chi volevano rottamare). La cosa potrebbe non essere un dramma, se non fosse che trasforma la Repubblica italiana in una monarchia assoluta e la consegna a un governo di mummie, con i dieci saggi promossi ministri e il loro programma Ancien Régime a completare la Restaurazione. Viene in mente il ritorno dei codini nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, con la differenza che qui non c’è stata rivoluzione né s’è visto un Napoleone.
Ma il richiamo storico più appropriato è Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a Hitler. Qui per fortuna non c’è alcun Hitler all’orizzonte. 
Però c’è B., che fino all’altroieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle appena Re Giorgio abdicherà. A meno che non resti abbarbicato al trono fino a 95 anni, imbalsamato e impagliato come certi autocrati, dagli iberici Salazar e Franco ai sovietici Andropov e Cernenko, tenuti in vita artificialmente con raffinate tecniche di ibernazione e ostesi in pubblico con marchingegni alle braccia per simulare un qualche stato motorio. Ieri, dall’unione dei necrofili di sinistra e del pedofilo di destra, è nato un regime ancor più plumbeo di quello berlusconiano e più blindato di quello montiano, perché è l’ultima trincea della banda larga che comanda e saccheggia l’Italia da decenni, prima della Caporetto finale. Prepariamoci al pensiero unico di stampa e tv, alla canzone mononota a reti ed edicole unificate. Ne abbiamo avuto i primi assaggi nelle dirette tv, con la staffetta dei signorini grandi firme che magnificavano l’estremo sacrificio dell’Uomo della Provvidenza e del Salvatore della Patria, con lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati delle solite cariatidi. Le famose pompe funebri.
Ps. Da oggi Grillo ha una responsabilità infinitamente superiore a quella di ieri. Non è più solo il leader del suo movimento, ma il punto di riferimento di quei milioni di cittadini (di centrosinistra, ma non solo) che non si rassegnano al ritorno dei morti morenti e rappresentano un quarto del Parlamento. A costo di far violenza a se stesso, dovrà parlare a tutti con un linguaggio nuovo. Senza rinunciare a chiamare le cose col loro nome. Ma senza prestare il fianco alle provocazioni di un regime fondato sulla disperazione, quindi capace di tutto.

L’Italia è caduta in prescrizione [oltre il conato di vomito, reloaded]

Sottotitolo: “Ho dato tutto quello che avevo da dare. 
Una mia elezione sarebbe una non soluzione. Tornare indietro sarebbe ai limiti del ridicolo” 

[Giorgio Napolitano, 14 aprile 2013]

Un altro che mente sapendo di smentire.

Per non dimenticare chi comanda, in Italia.
La Cei “Napolitano prenda in mano la situazione”
Bersani: “risultato eccellente. Grazie Napolitano”

E grazie pure a voi, branco d’incapaci disonesti.
A giudicare dall’espressione anche berlusconi, come Bersani, pensa che il risultato sia stato eccellente.
Ci vuole solo una gran faccia come il culo a continuare a dire che è Grillo che istiga la rivolta.
Perché Grillo fino ad ora ha fatto proprio e solo il contrario, l’ha evitata, altrimenti troppe albe dorate si sarebbero formate.
Mentre invece l’unica alba dorata è proprio quella legittimata dalla politica e dal parlamento nell’espressione della lega nord.
La malafede è sempre una pessima ispiratrice.
L’articolo 87 della Costituzione [buonanima] ordina ai governi della repubblica italiana  di tutelare e difendere l’unità nazionale, non al presidente della repubblica di difendere e tutelare chi – ad esempio –  incentiva politiche razziste al fine di promuovere la secessione.
E nemmeno chiede di difendere e tutelare chi è “sceso in campo” in spregio a quella Carta, per tutelare le sue imprese e se stesso.

NAPOLITANO RIELETTO PRESIDENTE
Così la partitocrazia si chiude nel bunker

Pd-Pdl-Lega e Scelta civica lo implorano di restare e lui dice: “Non mi posso sottrarre”. E’ il primo
capo dello Stato confermato nella storia della Repubblica. E la Casta si affida a lui (di P. Gomez)

TRATTATIVA AVANZATA SUL GOVERNO DELL’INCIUCIO: IN POLE POSITION AMATO ED ENRICO LETTA
MONITI INASCOLTATI E LEGGI VERGOGNA: IL PRIMO SETTENNATO DI NAPOLITANO (di T. Mackinson)

Perfino  il tanto dileggiato Crimi è riuscito ad essere impeccabile nel ragionamento: la politica ha rifiutato un presidente della repubblica acclamato e voluto dai cittadini per mere questioni di interessi personali interne alle dinamiche della politica e dei partiti, ovvero il salvataggio a tutti i costi dell’abusivo impunito.

Cerchiamo di non dimenticarcele mai più queste cose, mica per noi, per queste creature che stanno nascendo e crescendo adesso, catapultate per caso in questo paese sciagurato.

Quando pensi che peggio di così non si può, c’è sempre un Napolitano che ti ricorda che il peggio, come dice il proverbio, non è mai morto.
E non ne ha la benché minima intenzione.

 Raccontatemi un po’ quella della “libertà che è partecipazione”?

Perché io, illustrissime testedicazzo che in parlamento vi siete sperticate dalla gioia per aver riconfermato uno dei peggiori presidenti della repubblica che questo paese abbia mai avuto, il mio dovere nei vostri confronti l’ho sempre fatto, anche quando non l’avreste meritato.
Mi piacerebbe sapere quand’è che voi inizierete a fare il vostro, quello per cui siete pagati da me e da una sessantina di milioni di altri italiani.
Oggi, non basta nemmeno la vergogna; non vorrei mai più sentire che “la colpa è della gente”, e nemmeno di Grillo.

Rinnovo l’invito che avevo fatto tempo fa: chi vuole bene ai suoi figli li mandasse via da qui.

Non è un bel posto per far nascere e crescere i figli l’Italia: è diseducativo.
Nuoce gravemente alla formazione di buone coscienze da cittadini consapevoli.
Non pensavo fosse così doloroso dover abbandonare per sempre l’idea che anche questo potesse diventare finalmente un paese normale, un po’.
Sano, almeno.

Un plebiscito per Napolitano, praticamente.
Oh, fatta eccezione che per i 5S si sono fidati tutti…magari il presidente di tutti ce l’avevamo e non lo sapevamo.
Siamo proprio degl’ingrati.

Se non è colpo di stato questo allora, quando? io capisco il professor Rodotà e lo ringrazio, lui non lo può dire, noi però sì.

Ragion di stato

Dice b., mentendo more solito, che con Prodi al Quirinale se ne andrebbero lui e tutti quelli come lui, essai che perdita.
Con D’Alema invece, dovremmo andarcene noi, e tutti quelli come noi.

E’ inconcepibile quello che sta succedendo, ci vorrebbero gli osservatori dell’OCSE a vigilare.

Questo paese va commissariato

Quando il ciarlatano impostore abusivo dice che una cosa non gli va bene, l’ha già preferita. E comprata.
Ad esempio quando disse che non avrebbe mai preso Nesta al Milan perché era “immorale” spendere così tanti soldi per un calciatore o quando, di recente ha arruolato Balotelli dopo aver detto di lui che è una mela marcia che nuoce al gruppo.
Quindi, se dice che Prodi non gli piace, al contrario gli va benissimo anche lui. 
Come diceva Montanelli, che lo conosceva bene: “berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre, anche a se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne”.

Mi affascina molto il tenore dell’analisi politica del Pd su Rodotà.

Ovvero: “Rodotà è bravo, è nostro, sarebbe bello. Però lo ha proposto Grillo. Quindi niente”. Neanche all’asilo una roba così.

[Andrea Scanzi]

Preambolo: “per questo, se il segretario nelle prossime ore muoverà altri passi verso l’assassinio del suo partito, o ammette di essere uno stupido, o annuncia finalmente agli elettori che c’è qualcosa che non sanno. Che tra i vertici del Pd [nelle loro varie forme] e quelli del Pdl [nella loro unica forma] c’è almeno un patto, un ricatto, un accordo magari ventennale.

Un qualcosa che possa rendere, non diciamo accettabile, ma almeno ragionevole questa follia.” [Peter Gomez]

Sottotitolo: il centrosinistra in questo paese sarà destinato a restare nello stanzino delle scope e degli stracci – da eterno perdente – perché è arrogante, si ammanta di una superiorità che le è appartenuta ma in altri tempi: quando si chiamava sinistra senza il centro.
E in più, oggi, si è aggiunta anche questa incredibile e a noi inspiegabile ma evidentemente non a loro – fascinazione per un personaggio che gente normale si vergognerebbe ad avere per vicino di casa, non ci prenderebbe un aperitivo, ma del quale, invece, la maggior parte di questi strateghi della politica, a cui non affiderei nemmeno il mio cane da portare ai giardinetti se ne avessi uno, non possono  fare a meno.

Il fatto che la figura di Rodotà venga definita “divisiva” la dice lunga su quali siano le aspettative della politica rispetto al presidente della repubblica.
Alla politica non interessa la competenza, la conoscenza, la serietà.
E ancor meno interessa che il capo dello stato faccia da garante allo stato; la politica vuole una garanzia per sé, quindi un presidente disposto a chiudere un occhio e a non farla tanto lunga in presenza di irregolarità anticostituzionali.
Ecco Perché Stefano Rodotà non va bene alla politica ma a Grillo, il populista, lo sfascista qualunquista sì.

Grillo che “non vuole salvare il culo di b”  lo dice: Bersani quando lo dice? e D’Alema, Veltroni, Violante e compagnia pessima e perdente quando lo hanno detto? alla fine quel che resta sono come sempre i fatti, e mi pare che più chiaro di così, non si può.

Grillo li ha  smascherati definitivamente. Ha fatto in modo che si potesse eliminare anche l’ultimo dubbio su questa relazione perversa che dura ininterrottamente da diciotto anni. E, quante altre volte dovremo ripeterci che se la politica avesse fatto il suo Grillo avrebbe fatto altrettanto? dunque di chi è la responsabilità maggiore?

Per fortuna almeno nessuno stavolta  avrà il coraggio di trovare il colpevole terzo, quello a cui addossare la responsabilità di un fallimento annunciato.

Quelli che in tutti questi anni hanno avuto il coraggio di pensare dire e  scrivere che la colpa di tutto è di  Guzzanti [chi? il fratello, la sorella, il padre? ah, saperlo…], Crozza, Grillo, Vauro, e, che lo dico a fare? di Travaglio e Santoro.

Colpevoli niente meno che di essere i principali sostenitori di berlusconi.
Per non parlare di quei due mascalzoni di Rizzo e Stella che hanno osato scoperchiare il pentolone delle indecenze: qualcuno avrebbe applicato volentieri alle ruberie e agli sprechi di stato la teoria dell’occhio non vede cuore non duole, aspettare la bancarotta in serenità mentre i ladri si godevano la loro refurtiva.
Mentre, e invece, i migliori alleati di berlusconi sono stati e sono quelli che  hanno proposto marini al quirinale.
Gli altri, giornalisti, scrittori, comici, quelli che molti nominano e considerano con disprezzo sono vent’anni che mettono in guardia gli italiani, che invitano la politica seria, responsabile, a prendere le distanze dal delinquente impostore. 
Mentre la base, quella democratica s’intende, mangiava e beveva tutto senza fare un fiato, guai a chi tocca d’alema, violante, il segretario, perfino quel deficiente del nipote dello zio. 
Ecco perché spero che da oggi in poi facciano tutti tesoro di questa squallida esperienza le cui conseguenze pagheremo TUTTI, e che la smettano una volta e per sempre di andare a cercare i colpevoli fuori, che imparassero a guardarsi in casa e se proprio se la devono e vogliono prendere con qualcuno potrebbero iniziare cacciando a calci in culo i 221 traditori che hanno votato a favore di Marini.

Quindi, per la regola che mi sono imposta rispetto alla politica, almeno fintantoché la politica in Italia non tornerà, o per meglio dire inizierà ad essere qualcosa di serio, e cioè quella di pensare un po’ quel cazzo che voglio visto che la politica fa quel cazzo che vuole lei, voglio esprimere, dopo aver letto e ascoltato l’ennesima orazione civile di Marco Travaglio, tutto il mio disprezzo per tutti quelli che in questi anni hanno sempre e sistematicamente remato contro quei quattro gatti che 
avvertivano, informavano, dicevano agli italiani: “state attenti che qua finisce male”.
Per tutti quelli che “non si demonizza l’avversario”, quelli che “parlare male di b., fa il gioco di b”., come se raccontare la verità dei fatti fosse solo chiacchiericcio, pettegolezzo, anziché cronaca e informazione.
Per tutti quelli che hanno individuato il nemico della democrazia, l’alleato di berlusconi nel giornalista, il comico, lo scrittore mentre, e invece, i nemici della democrazia, della Costituzione e i migliori alleati di berlusconi erano e sono seduti comodamente in parlamento, al Quirinale e, alla luce di quello che sta succedendo in queste ore, non hanno la benché minima intenzione di cambiare registro.

Quello che si sta preparando in queste ore mascherato da elezione del presidente della repubblica è, dopo la bicamerale del genietto alle cime di rapa e la nomina del governo cosiddetto tecnico di Napolitano,  il più grande, grave e inaccettabile furto della democrazia e dei diritti degli italiani mai avvenuto da che esiste questa repubblica.

Che le manovre di palazzo prevedano accordi non sempre trasparenti in virtù di quella fantomatica “ragion di stato” è un fatto, che certi compromessi siano sempre stati fatti è cosa purtroppo nota a tutti, ma la sfacciataggine con cui la politica sta operando in queste ore rifiutando una persona limpida come Stefano Rodotà continuando a proporre personaggi dal passato oscuro, gente che ha sempre lavorato a braccetto – in pubblico ma soprattutto in privato – per fare il gioco di silvio berlusconi e consentirgli di potersi sottrarre dalle sue responsabilità giudiziarie e politiche, o, come ha appena fatto Bersani riproponendo Prodi, un politico di lungo corso ma che non è il segnale di quel rinnovamento di cui questo paese ha un disperato bisogno somiglia molto ad un colpo di stato.  

E se anche il MoVimento penserà che tutto sommato Prodi andrebbe bene, che sia davvero lui il famoso presidente di tutti, quello delle larghe intese, della condivisione a tutti i costi vuol dire che davvero non ci potremo più fidare di nessuno.
Perché Prodi è proprio l’antitesi di tutte le teorie dei 5s: europeista, amico delle banche, un rappresentante perfetto della vecchia politica.

Perché
Marco Travaglio – 19 aprile

Quello che accade lo vedono tutti. Ma a molti sfugge il perché. Il gruppetto dirigente del centrosinistra, sempre lo stesso che da vent’anni non ne azzecca una e salva sempre B. che garantisce la reciproca sopravvivenza, cerca ancora una volta di salvare se stesso (e dunque B.) mandando al Quirinale un uomo controllabile e ricattabile, anche in vista di un governo di largo inciucio. Ma la parola inciucio è riduttiva, perché non siamo di fronte a un accordo momentaneo, provvisorio. Ma a un patto permanente e strategico che regge dal 1994, a una Bicamerale sempre aperta, anche se mascherata qua e là con finti scontri per abbindolare gli elettori e trascinarli alle urne agitando gli speculari spauracchi dei “comunisti” e del “Cavaliere nero”. Se la memoria degl’italiani non fosse quella dei pesci rossi, che dura al massimo tre mesi, i contestatori in piazza o nel web contro Marini e chi l’ha scelto ricorderebbero che sono vent’anni che manifestiamo per la stessa cosa. Dal popolo dei fax ai girotondi, dal Palavobis al popolo viola, da 5Stelle alle altre emersioni del fenomeno carsico che Ginsborg chiama “ceto medio riflessivo”, l’obiettivo è sempre il compromesso al ribasso destra-sinistra contro la Costituzione, la legalità, la magistratura indipendentee la libera informazione. È ora di cambiare slogan e prendere atto della realtà: urlare “Perché lo fate?” o “Non fatelo!” è troppo ingenuo per bastare.
Perché l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E non perché si sbaglino ogni volta. Non si può sbagliare sempre, ininterrottamente, per vent’anni. Se uno, rincasando ogni sera, trova la moglie a letto con un altro, sempre lo stesso, deve rassegnarsi al suo status di cornuto e al fatto che la signora e il signore si piacciono. Perciò le domande da porre al Pd sono altre. Perché nel ’94 avete “garantito a B. e Letta che non gli sarebbero state toccate le televisioni” (Violante dixit)? Perché per cinque legislature avete sempre votato per l’eleggibilità di B., ineleggibile in base alla legge 361/1957? Perché nel ’96 D’Alema andò a Mediaset a definirla “una grande risorsa del Paese”? Perché nel ’96 avete resuscitato lo sconfitto B. promuovendolo a padre costituente per riformare la Costituzione e la giustizia? Perché nel 1996-2001 e nel 2006-2008 non avete fatto la legge sul conflitto d’interessi? Perché avete demonizzato i Girotondi, accusandoli di fare il gioco di B.? Perché non avete spento Rete4, priva di concessione, passando le frequenze a Europa7 che la concessione l’aveva vinta? Perché nel 1996-2001 avete depenalizzato l’abuso d’ufficio, abolito l’ergastolo, depotenziato i pentiti, chiuso le supercarceri del 41-bis a Pianosa e Asinara? Perché, negli otto anni in cui avete governato da soli, non avete mai cancellato una sola legge vergogna di B.? Perché le vostre assenze hanno garantito l’approvazione di molte leggi vergogna, dallo scudo fiscale in giù, che non sarebbero passate a causa delle assenze nel centrodestra? Perché nel 1999 una parte di voi salvò Dell’Utri dall’arresto? Perché nel 2006 i dalemiani chiesero a Confalonieri, Dell’Utri e Letta i voti per D’Alema al Quirinale? Perché nel 2006 faceste un indulto esteso ai reati di corruzione, finanziari, fiscali e al voto di scambio politico-mafioso? Perché nel 1998 e nel 2008 avete affossato i due governi Prodi? Perché nel 2011, anziché mandarci a votare, avete scelto di governare con B., salvandolo da sicura sconfitta, all’ombra di Monti? Perché preferite accordarvi al buio con B. per Marini, D’Alema, Amato sul Colle, anziché scegliere Rodotà e dialogare con i 5Stelle per il nuovo governo, come vi chiedono i vostri elettori?
Tante domande, una sola risposta: o siete coglioni, o siete complici. Tertium non datur.

Dai, raccontateci ancora la storiella del voto utile…

…com’era, che me la so’ scordata?

E raccontateci un po’ pure quella che il piddì è democratico e i 5S no.
Ho dimenticato pure quella, in mezzo a tutto ‘sto casino.
Perché loro fanno le primarie, si scelgono il LIDER, sono sempre alla ricerca del LIDER.
Ne trovassero uno, almeno, sarebbe già mezza penitenza.

Meno male che posso sempre contare sul mio provvidenziale disincanto. Lo applico alla vita e figuriamoci alla politica.

Servi, tutti servi dello stesso padrone, chi vuole salvarsi deve scappare da quello schifo di partito.

Sono almeno quindici anni che penso dico e scrivo che la sinistra prima e il centrosinistra adesso sono stati e sono il miglior alleato di berlusconi.

Di questo i referenti politici di centrosinistra  risponderanno purtroppo solo  davanti alla Storia, perché non esiste un tribunale adatto a giudicare un simile scempio di civiltà e democrazia studiato, progettato e realizzato fin nei minimi particolari  per motivi che nessuno deve sapere.

In nessun paese al mondo potrebbe succedere una cosa del genere.

La mia solidarietà a chi ha votato Il Pd+Marini perché “l’imperativo è sconfiggere Berlusconi”. Cercatevi un analista. Bravo. Parecchio.

Ricordatevi (per sempre) queste facce. Questi nomi. La faccia dei Boccia, usciti dalla riunione-guerriglia di stasera (quella in cui è morto il Pd e forse anche il paese) con l’espressione arrogante e tronfia dei fedeli-alla-linea che hanno appena avallato una scelta abominevole. La faccia delle Chiarageloni, quella del “Lo smacchiamo, lo smacchiamo!” (le vostre sinapsi, maybe), che twittava frasi meravigliose («Marini uno di noi», «sarà un grande successo politico»). La faccia dei Fassina, secondo cui «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese» (aiutatelo: ne ha tanto bisogno). E le facce dei tanti, troppi piddini che “è tutta colpa di Grillo e di chi l’ha votato”. Ricordatevele. Sono le facce del peggiore centrosinistra del mondo. Le facce di burocrati senza talento, di polli di allevamento supponenti e imperdonabili. Le facce di mediani correi che hanno contribuito ad ammazzare un paese. Provo simpatia umana, e solidarietà profonda, per chi ha votato Pd in buona fede (ho detto “Pd” e non “Sel”: i secondi li capivo e capisco, ora più di prima). Ma mi sarei anche un po’ rotto i coglioni di tutti questi “buonafede” che da 20 anni si ostinano a credere che Babbo Natale esiste (ed è pure di sinistra). E’ ora di svegliarvi, compagne (de che?) e compagni (di cosa?). Di abbassare la cresta. E di capire che, come in Ecce Bombo, avete aspettato l’alba invano.

[Andrea Scanzi]

Bersani candida Marini. E il Pd esplode

L’assemblea del PD ha votato sulla proposta, avanzata dal segretario Bersani, di votare Franco Marini come presidente della Repubblica: 221 favorevoli, 90 contrari, 30 astenuti. 
I 221 a favore li considero traditori dello stato tanto quanto i 314 che “Ruby è la nipote di Mubarak”. In altri tempi li avrebbero processati.

Ci vorrebbe un’altra Norimberga per questi.

Dunque il candidato forte sarebbe Marini?
Non basta nemmeno la metafora della montagna che ha partorito il topolino, per una simile schifezza.
Dico ma…chi vi credete di essere? I compromessi nella politica ci stanno, ci sono pure fra marito e moglie, figuriamoci, ma non così, il compromesso va bene quando serve al raggiungimento di un obiettivo comune, positivo, quando interrompe tensioni che danneggiano una relazione, un rapporto.

Qui no, questo non è un compromesso ma il tentativo disperato di fare ANCORA dei favori a berlusconi, tutelarlo più di quanto non sia stato fatto fino ad ora.
E allora no, non può essere: non si può fare.
Non più.

La parte buona del pd  si dovrebbe organizzare per fare un partito non dico di sinistra ma di un centrosinistra che non sia l’ennesima vergogna nazionale di una politica che ha dimostrato di non aver capito nulla e pure meno, di non saper rinunciare alla tattica del magheggio, dell’accordo occulto col “nemico”.

Amedeo Nazzari è morto – Marco Travaglio, 18 aprile

In una delle sue gag più memorabili, Corrado Guzzanti impersona Veltroni che passa in rassegna con Livia Turco i candidati da mandare a perdere le elezioni del2001. “Raul Bova ha rifiutato: teme di perdere pubblico. Paola e Chiara hanno la tournée. I Fichi d’India – lo dico per tutti i compagni della mozione “Fichi d’india” – hanno il film: avevamo anche pensato di rinviare le elezioni, ma dopo fanno Fazio… E pazienza, è andata così… Batistuta? Non ha il passaporto italiano, non facciamo a tempo… DiCaprio – lo dico perché so che esiste una corrente DiCaprio contro di me – ha rifiutato: dice che dopo Titanic non vuole fossilizzarsi nella parte di quello che affonda. Amedeo Nazzari – lo dico a tutti i compagni della mozione “A. Nazzari” – è morto! E porca miseria, era perfetto, ma è morto: ho pensato di candidarlo anche da morto, ma non è possibile, bisognava fare una riforma… C’era pure Heidi, ma il nonno vota a destra. Topo Gigio? Ci ha i diritti Mediaset, non ce lo danno. L’unico era Napo Orso Capo…”. Lo sketch s’interrompeva qui, perché Corrado scoppiava a ridere. Ieri la scena s’è ripetuta nella sede del Pd, dove Bersani e gli altri strateghi del nulla sfornavano un nome per il Quirinale ogni mezz’ora. Ma a nessuno, purtroppo, è scappato da ridere. Sfumata la Finocchiaro, portata via su un carrello Ikea, sembrava fatta per Amato (ex Psi). Poi è ricicciato D’Alema (ex Pci). Poi è sbucato Marini (ex Dc, clan Andreotti). Poi s’è parlato di Ignazio Visco (Bankitalia). Poi è saltata fuori Fernanda Contri (ex Psi). Poi hanno riesumato Mattarella (ex Dc, corrente De Mita). Senza dimenticare il similnapolitano Sabino Cassese (ex Lottomatica, Autostrade, Generali, Cassa di Risparmio calabro-lucana, Banco di Sicilia, Consulta, Quirinale). Più che una rosa, un crisantemo. Più che una dirigenza, un ossario. Parlare di “corsa al Quirinale” pare eccessivo: se questi riescono a camminare è già un miracolo, essendo seduti sulle poltrone da un’eternità, con l’unico sforzo di muoversi ogni tanto per balzare da una cadrega all’altra senza mai toccare terra. Infatti non si esclude il Napolitano- bis, previ trattamenti di imbalsamazione, ibernazione e impagliatura, per un paio d’anni. Il problema non è l’età anagrafica, ma quella castale. Mai come ora i cittadini chiedono un Presidente estraneo alla banda larga che soffoca il Paese da tempo immemorabile. Perciò Milena Gabanelli, a prescindere dalla sua nobile rinuncia (“la frase “faccio la giornalista” è bellissima), non poteva passare. E nemmeno Gino Strada. E neppure Stefano Rodotà. Perché non sono controllabili né ricattabili. A un uomo libero come Rodotà non basta neppure aver fatto quattro volte il deputato nella sinistra e il presidente Pds per piacere al Pd. O meglio, alle care salme che ne sequestrano i vertici, senz’alcun rapporto con gli elettori (che invece Rodotà lo voterebbero al volo, e cantando per la gioia). Basti pensare che non vogliono neppure Prodi, che ha il grave torto di aver battuto due volte B., mentre gli altri hanno perso tutte le elezioni, infatti sono ancora lì. Ora Bersani si accinge all’ultimo capolavoro: se davvero oggi i suoi voteranno Marini o un’altra mummia insieme a Pdl e Monti, priverà l’Italia del miglior Presidente dai tempi di Pertini. Taglierà i ponti con i 5Stelle in vista del nuovo governo. Confesserà che il dialogo con loro era una truffa per giustificare l’inciucio deciso fin dall’inizio. Sfascerà il partito e il centrosinistra, visto che Renzi e Vendola non vogliono neppure vedere Marini e simili. E si consegnerà un’altra volta nelle grinfie del Caimano che, dopo essersi scelto il capo dello Stato, detterà legge di qui alle elezioni e naturalmente le vincerà a mani basse. A meno che stanotte gli elettori sommergano il Pd di mail, sms, fax, tweet e segnali di fumo anti-inciucio. A meno che oggi, a Montecitorio, vinca il Franco giusto: non Marini, ma Tiratore.

Oltre il giardino – Il contropelo di Radio Capital – Massimo Rocca

Allora adesso lo sappiamo. Politicamente parlando Bersani, come direbbe Flaiano, è un cretino con lampi di imbecillità. Ripescare dalla casa di riposo dove lo hanno inviato gli elettori il trombato delle elezioni presidenziali del 1999, per realizzare un accordo mortale con Berlusconi, dando ragione contemporaneamente a Grillo, perchè davvero da oggi è giusto chiamarlo pdmenoelle, e a Renzi. Perchè sembra proprio il candidato di Origene, Marini. Uno dei due che il sindaco di Firenze aveva esplicitamente bocciato. Ah si mo ti faccio vedere chi ha le palle in questo partito qui. e Zac eccole servite sul piatto, belle trifolate per esser cucinate dal cuoco Michele. E mentre Bersani contempla soddisfatto il piatto in cottura, la sua coalizione si sfascia, il suo partito si sbriciola, i suoi elettori si disperano. E trionfa la terza legge di Carlo Cipolla “Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno”.

E’ morto di stupidità – Alessandro Gilioli – Piovono rane

Il Pd, almeno questo Pd, è morto stanotte in un teatro a due passi da Montecitorio da cui Bersani non è apparentemente mai uscito – e se lo ha fatto, è stato da una porta posteriore.

E’ morto di stupidità, soprattutto, più ancora che di linea politica: e infatti Renzi, che forse è moderato ma non sciocco, non ne ha avallato l’eutanasia.

E’ morto con le facce irridenti e perfino spavalde di quelli che uscivano dal Capranica – i Boccia, i Misiani – che probabilmente neppure capivano la follia che avevano appena commesso e quanto questa – fra non molto – impatterà sulla loro ‘ditta’.

E’ morto con Chiara Geloni, la pupilla del segretario, che twittava frasi surreali tipo «Marini uno di noi» o «sarà un grande successo politico».

E’ morto con Stefano Fassina – sì, quello che lì dentro faceva la parte del poliziotto buono – che si schierava con Marini perché «mia cognata che lavora alla posta e mio cognato che fa l’elettrauto non sanno chi è Rodotà», mentre «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese». Sentimentale, capito?

E’ morto in modo goffo, soprattutto: goffo Bersani un mese fa nelle sue profferte al M5S, ancora più goffi oggi lui e i suoi 222 nell’arroccarsi su un emblema del più chiuso establishment, sperando di autoperpetuarsi ancora un po’ e chissenfrega degli elettori, del Quirinale, del Paese.

E’ morto di stupidita, dopo una vita nemmeno tanto lunga né gloriosa. Dispiace per quelli che ci hanno creduto, non per quelli che l’hanno posseduto.

P_residenza della Repubblica [staquaqua]

Poche balle, grazie

Massimo Rocca – Il contropelo di Radio Capital

Napolitano fu eletto al quarto scrutinio con 543 voti su 990, Francesco Cossiga al primo con 752 su 977. Questo per far giustizia della leggenda metropolitana sulla necessità che il capo dello stato teorico rappresentante dell’unità nazionale debba godere di un elezione plebiscitaria alle camere. Difficile immaginare, infatti, due percorsi tanto contrastanti nelle premesse e nelle conseguenze. Quindi i discorsi numerici come si dice stanno a zero. Inoltre, in via teorica dalla quarta votazione, ma forse anche prima, se Milena Gabanelli si tirerà indietro, Stefano Rodotà potrebbe essere votato, contando solo centrosinistra e 5 stelle da 660 elettori ad un soffio dal quorum dei due terzi. Espressione di oltre 18 milioni e settecentomila voti popolari , il doppio di quelli del centrodestra. Non esiste quindi nessuna motivazione di legittimità rappresentativa che possa sbarrare la strada all’ex presidente dei democratici di sinistra. Solo motivazioni politiche. Solo scelte di strategia politica. Noi si sta qui e si aspetta.

Sottotitolo: dopo aver consegnato l’Italia all’imputato impunito, avergli permesso, in spregio e sfregio della legge che glielo vieta [non vietaVA: una legge non scade come la mozzarella] di poter occupare il parlamento da abusivo, averlo fatto in modo rigorosamente e politicamente trasversale, non aver poi fatto nulla per riparare al danno per quasi vent’anni la  politica si permette di avanzare dubbi su una persona come Rodotà ma anche come Zagrebelsky che per me è perfino meglio del professore, non foss’altro perché non ha mai ricoperto nessun ruolo politico?

Preambolo: secondo me Milena Gabanelli deve restare a fare quello che fa perché lo fa benissimo, poi nulla vieta che in un governo moderno ed efficiente possa avere un ruolo e dare un contributo in qualità di cittadina della società civile.

Che quest’anno sarebbe scaduto il mandato del presidente della repubblica la politica lo sa da da sette anni.
Lo avevano dimenticato anche tutti quelli che oggi si coccolano il povero piddì massacrato dai 5S e dalla resurrezione, l’ennesima [soprattutto grazie al piddì che se l’è tenuto ben da conto per diciotto anni] dell’abusivo delinquente?
Se il piddì invece di concentrarsi sulla ricerca del leader, sulle primarie, sulla guerra intestina contro Matteo Renzi e chiunque ostacolasse il progetto di un rinnovamento vero, su una spartizione di poltrone iniziata prim’ancora che si raggiungessero quelle poltrone [e infatti alla fine le poltrone so’ svampate], avesse speso un decimo delle energie per stilare un elenco di presentabili alla presidenza della repubblica che non fossero le solite cariatidi, i soliti che hanno contribuito allo sfascio, i soliti ambiziosi carrieristi che proprio non vogliono mollare mai, le solite e inguardabili facce ma che però rappresentano alla perfezione l’intenzione della politica di restare arroccata su se stessa, sulla sua arrogante autoreferenzialità e i suoi privilegi, su tutte le sue impunità, oggi forse staremmo tutti parlando d’altro.

Rodotà è così antipatico? non si capisce perché Bersani deve andare a cercarsi fuori il candidato terzo o ripiegare sull’orribile Amato, i candidati ci sono, tutti ottimi, una pole position d’eccellenza, un rifiuto verrebbe prima di tutto non compreso dalla maggior parte degli italiani, anche quelli che si disinteressano dell’argomento ma che comunque ne sentono parlare, e poi starebbe solo a significare che alla politica NON interessa un presidente imparziale e difensore della Costituzione ma uno che, come quello in dirittura d’arrivo ogni tanto – spesso – si dimentichi del suo ruolo, la qual cosa se a farla fosse berlusconi si potrebbe anche capire visti i benefici e le garanzie [altroché imparzialità] che ha potuto ottenere grazie a Napolitano, ed ecco perché resta difficile pensare che lo debba fare anche il piddì a cui certe garanzie non dovrebbero servire.

Ci vorrebbe una chiromante, uno sciamano per scoprire perché una persona come  Stefano Rodotà che non deve dimostrare proprio niente in fatto di pulizia, onestà, intellettuale e non, conoscenza della Costituzione e di come dovrebbe essere applicata dovrebbe spaccare un partito di centrosinistra i cui punti di riferimento, principi e valori dovrebbero essere gli stessi del professore.

Due piccioni con una Gaba
Marco Travaglio, 17 aprile

Da un mese e mezzo, cioè dalla sera delle elezioni, si attendeva che il primo partito, il Pd, dopo aver detto giustamente di voler dialogare con i 5Stelle, facesse loro la classica proposta che non si può rifiutare: cioè il nome di un premier estraneo ai partiti, che fosse gradito sia al popolo grillino sia a quello del centrosinistra (due popoli molto meno distanti dei rispettivi vertici). Invece sono arrivate soltanto proposte che si devono rifiutare: votare la fiducia a un governo Bersani, uscire dall’aula tutti o in parte per abbassare il quorum al Senato, prestare alla causa qualche dissidente in libera uscita. Il festival delle occasioni mancate: Bersani che ha anteposto la sua persona agli interessi del Paese, insistendo su un’autocandidatura senza numeri e senza speranze; e i grilli che alla seconda chiamata al Colle si sono lasciati frenare dal niet di Napoletano a un premier extra-partiti, rinunciando a fare i nomi che pure avevano pensato e fornendo un formidabile alibi al partito dell’inciucio, ansioso di affibbiare a loro la responsabilità (anzi l’irresponsabilità) dell’impasse. Il Corriere dell’Inciucio, col contorno di Sole 24 Ore, house organ arcoriani e banda larga Pdl, già esultavano per l’ineluttabilità del governissimo. Ma ieri la proposta che non si può (o almeno non si dovrebbe) rifiutare l’ha fatta Grillo: le “Quirinarie” hanno partorito un risultato spettacolare, con una Top Ten di persone perbene che al ballottaggio s’è ridotta al magnifico quartetto Gabanelli-Strada-Rodotà- Zagrebelsky. Vedremo se, dei quattro, qualcuno rinuncerà nelle prossime ore, dicendosi indisponibile a salire sul Colle in caso di elezione e dunque rendendo vano il voto per sé. Ma, anche se la Gabanelli lo facesse, si passerebbe a Strada. E, se Strada lo facesse, si passerebbe a Rodotà. E poi, eventualmente, a Zagrebelsky. Quattro nomi, per motivi diversi, apprezzati da tutti gli italiani onesti (ben oltre il recinto di Pd, Sel e 5Stelle). Non perché non abbiano ciascuno le proprie idee, ma perché hanno dimostrato, nelle rispettive professioni, un’assoluta indipendenza da ogni partito. Che è poi la vera imparzialità che si chiede a un capo dello Stato. Da non confondere con la neutralità, che è la virtù dei morti. A questo punto, a 24 ore dalla partenza della corsa al Quirinale, una sola cosa è certa: la Gabanelli (o Strada, o Rodotà, o Zagrebelsky) parte con 163 voti sicuri al primo scrutinio: quelli degli eletti di M5S. Se Pd e Sel vi aggiungessero subito i loro, il Presidente verrebbe eletto al primo colpo e alla luce del sole, senza inciuci né giochetti. E godrebbe di una popolarità e di una credibilità smisurate, anche superiori a quelle dei presidenti più amati del recente passato. Il centrosinistra farebbe una splendida figura dinanzi ai propri elettori, che han già dovuto inghiottire troppo fiele e non meritano l’ennesima frustrazione di un Amato, un Marini, un D’Alema, un Grasso, magari un Cassese. Isolerebbe Berlusconi, riducendolo finalmente all’irrilevanza. E ritroverebbe l’unità interna, che invece sarebbe compromessa se continuasse la guerra civile fra correnti. Ma soprattutto — ed è la vera novità di ieri — si prenderebbero due piccioni con una Milena. Nel senso che andrebbe a soluzione non solo il rebus del Quirinale, ma anche quello di Palazzo Chigi. Se Grillo non era ubriaco quando ha scritto il post sul suo blog, la sua proposta a Bersani è chiara: tu vota Gabanelli e poi si può collaborare per il governo (“Cominciamo da lì. Poi vedremo: rimborsi elettorali, legge anticorruzione, incandidabilità di B. Magari troveremo una convergenza.
Se non con lei, con i giovani del Pd”). E, se anche era ubriaco, è il caso di cogliere la palla al balzo prima che torni sobrio e rientri nel suo dorato isolamento. Milena o Gino for President e Stefano o Gustavo for premier: dove sarebbe l’errore?

Dammi solo un minuto, anzi no, quindici

Preambolo: per anni ci hanno massacrato le meningi e non solo dicendo che berlusconi non andava sconfitto grazie alla magistratura ma politicamente, nemmeno adesso è  un politicamente sconfitto? e quanto lo sarebbe stato di più se Napolitano non gli avesse offerto la possibilità di potersi comprare senatori un tanto al chilo in quel 14 dicembre rinominato “scilipoti day”?  per quale motivo si devono offrire a berlusconi ancora così tante possibilità? posso pensare quello che mi pare, anche che tutti questi tentativi di salvare  berlusconi ad ogni costo, anche ridicolizzando la Costituzione, la democrazia e noi tutti  servono a salvare e a rendere dei favori  anche ad altra gente? sì che lo penso.

Sulla figura di Napolitano, oltre alle tante ombre di cui si è voluto circondare, per chissà quali ragioni “di stato”, peserà per sempre la responsabilità storica di non aver permesso che si andasse ad elezioni nel momento di maggior debolezza di silvio berlusconi; di aver imposto un governo tecnico da lui selezionato e scelto in virtù di un’emergenza che si sarebbe potuta affrontare anche con un governo regolare scelto ed eletto democraticamente, se la Costituzione ha ancora un significato o se invece serve solo come argomento da pour parler.

 Se l’idea che serpeggia nei palazzi delle istituzioni  è quella di lasciare il paese in mano a berlusconi in virtù di chissà quale  diritto anche quando perde, ma soprattutto di rovescio grazie al conflitto di interessi  per mezzo del quale può controllare settori importanti dell’apparato dello stato è inutile poi lagnarsi se la gente non riesce proprio ad innamorarsi della politica.

Possibile che nessuno sappia dire a silvio berlusconi che non spetta a chi arriva ultimo alle elezioni decidere un mandato che dovrà durare sette anni? hanno tutti lo stesso quoziente intellettivo della biancofiore?

Sottotitolo: se brunetta è esteticamente incompatibile con Venezia, per la legge del contrappasso si può dire che berlusconi è incompatibile, e non solo esteticamente, con la democrazia?  ho sentito Gino Strada in diretta l’altro ieri, e solo dei deficienti avrebbero potuto equivocare sul senso di quell’ “esteticamente incompatibile con Venezia”.
Ma purtroppo o impariamo a rassegnarci all’imbecillità o non ne usciremo mai.
 Gino Strada non deve scusarsi proprio con nessuno.
Il mio più cordiale vaffanculo al politicamente e ipocritamente corretto e a chi lo pretende anche in una conversazione informale come quelle che si fanno a “Un giorno da pecora” ma poi sorvola sulle apologie razziste, fasciste e omofobe che si fanno a “La zanzara”  degl’istigatori  Cruciani e Parenzi.

Il fatto che un delinquente impunito possa dettare l’agenda politica a proposito dell’elezione del presidente della repubblica, pretendere da ultimo arrivato alle elezioni di avere voce in capitolo sulle decisioni importanti non è solo assurdo ma proprio indegno e incivile.
E altrettanto lo è che la scelta del presidente della repubblica debba prescindere, dipendere, essere fatta sulla base di quanto potrà poi garantire il delinquente impunito, essergli utile quando gli serviranno le solite garanzie e la solita tutela per i suoi problemi giudiziari che pare non gli si possano proprio negare.
Questa non è democrazia né realpolitik, in nessuna democrazia chi perde può pretendere di avere lo stesso potere decisionale: è complicità a cui nessuno nella bella politica tradizionale, quella che secondo Napolitano non ha bisogno di nessuna strigliata moralizzatrice ma va lasciata così com’è, si è mai voluto sottrarre, al contrario tutti hanno sempre fatto a gara per accontentare i capricci di chi non ha più bisogno di offrire nessuna dimostrazione circa il fatto che a lui lo stato è servito e serve solo come scudo per proteggersi dai suoi guai con la legge nonostante la legge e quella Costituzione che un presidente della repubblica come si deve deve poi saper garantire.
Io non mi fido di chi si chiude in una stanza con silvio berlusconi per non far sapere cosa gli chiede silvio berlusconi e perché glielo può chiedere, soprattutto.

E noi, chi ci garantisce?
Marco Travaglio, 11 aprile

Nella non sempre nobile, anzi quasi sempre ignobile, battaglia per il Quirinale, in questi primi 67 anni di storia repubblicana, s’è visto di tutto. Pugnali, veleni, franchi tiratori e franchissimi traditori, inciuci, lacrime, sangue, merda. Ma non s’era ancora visto un presidente della Repubblica scelto da chi ha perso le elezioni. Ma, siccome c’è sempre una prima volta, pare che sia proprio questo lo scenario che la sorte potrebbe riservarci di qui a una settimana, quando le Camere riunite cominceranno a votare per il nuovo capo dello Stato. Quaranta e rotti giorni fa gli elettori hanno issato sul podio tre partiti minoritari, in quest’ordine: Pd, M5S, Pdl. Ora il leader del primo, che ha perso 3,5 milioni di voti in cinque anni, ha deciso di chiedere al terzo, che ne ha persi 6,5, di concordare insieme una rosa di nomi fra i quali eleggere un nuovo capo dello Stato “condiviso”.
Un modo elegante per riconoscere al terzo partito il diritto di veto sui nomi sgraditi al suo capo, il noto B. Il tutto è avvenuto di nascosto, tra il lusco e il brusco, in una location predisposta da Denis Verdini (quello che ha più processi che capelli in testa, ed è un noto capellone), in una stanzetta attigua alla presidenza della commissione Trasporti della Camera, al quinto piano di Montecitorio. Roba da far venire la nostalgia dello streaming. Ber&Ber erano affiancati dai rispettivi vice, Enrico Letta e Angelino Alfano, che però a un certo punto sono usciti in corridoio perché il tête- à- tête non avesse testimoni e nulla trapelasse della “rosa”. Ma non servono microspie né palle di vetro per immaginarla, tanto la conoscono tutti a memoria: Severino, Bonino, Cancellieri, Finocchiaro, Marini, Amato, Violante, D’Alema, Grasso e — secondo alcuni — pure De Rita. A prescindere dall’età e dal sesso, il minimo comune denominatore è che B. si fida di loro, avendone sperimentata l’assoluta affidabilità nei momenti difficili. Siccome però non si può dire, ecco le formule politichesi alla vaselina: “personalità non divisive”, “soluzioni condivise”, “figure di garanzia”. Non divisive da B. Condivise con B. Di garanzia per B. Contro chi e cosa? Contro i giudici e i processi. Insomma, garanzia fa rima con amnistia. Perciò sono esclusi tutti i personaggi della società civile, da Zagrebelsky a Rodotà, pericolosamente sbilanciati dalla parte della Costituzione. Non va bene neppure Prodi: divisivo, non condiviso e non di garanzia perché non ha mai trattato con B. Pare di leggere l’ultimo pizzino mafioso: “Mai al potere comici e froci”. Per nobilitare l’ignobile operazione, c’è chi ha colto al balzo il monito di Napolitano a un nuovo compromesso storico, come se si potessero paragonare Moro e Berlinguer con B&B, ma soprattutto due situazioni storiche totalmente diverse: 35 anni fa si trattava di includere un partito popolare di massa come il Pci nell’area di governo dopo 30 anni di conventio ad escludendum; qui di mantenere nella stanza dei bottoni un vecchio puttaniere che non ne è mai uscito, avendo governato 11 anni su 19. Restano poi da chiarire un paio di particolari. 1) Che senso ha ripetere ogni due per tre, come fa Bersani, “mai al governo con Berlusconi” e poi fargli scegliere il capo dello Stato? Se B. — giustamente — non deve neppure toccare un governo che può durare anche mezza giornata, a maggior ragione dovrebbe restare a debita distanza dal Presidente, che durerà certamente sette anni.
2) Che senso ha insistere col dialogo con i 5Stelle (che, detto per inciso, sono passati da zero voti a 8 e più milioni) per il governo e tagliarli fuori dal Quirinale? Piaccia o no, sono gli unici che han scelto un metodo trasparente per scegliere il proprio candidato al Colle: la consultazione online tra i loro iscritti. Si spera che esca un nome che piaccia anche agli elettori del Pd e metta in imbarazzo gli eletti. Un presidente che garantisca la Costituzione e la legalità. Quindi non B. Ma tutti noi.

 

“Cercavi giustizia, trovasti la legge” [a volte]

Sottotitolo: all’Ilva è tutto a posto, dunque a Taranto si può continuare a lavorare e morire e non necessariamente in questo ordine. Chi l’ha detto che le leggi in Italia non funzionano e non si rispettano? un paese dove la gente deve scegliere se lavorare o morire di cancro è come uno nel quale  bisogna difendere  un Magistrato coi mitra e un delinquente con la presidenza del consiglio.
Uguale, pare anzi  e addirittura lo stesso paese.

“Legge salva-Ilva è costituzionale”
Consulta respinge ricorso Procura

Articolo 32 della Costituzione Italiana

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. 
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

La nomina dei membri della Corte Costituzionale è per due terzi politica, quindi è perfettamente inutile aspettarsi sentenze che rovescino le decisioni dei Magistrati, quando di mezzo ci sono grandi interessi come a proposito dell’Ilva di Taranto.
Un organo istituzionale ci ha fatto sapere ieri che “la robba” è più importante della vita autorizzando e legittimando gli avvelenatori a continuare a farlo in virtù di interessi economici.
E, siccome la Corte Costituzionale non si può privatizzare, affidarla ad un’istituzione diversa dalla politica e che sia davvero di garanzia, se non si cambia la politica non cambieranno mai le conseguenze delle azioni politiche.
E finché a decidere per noi, per la nostra salute, sicurezza, istruzione, diritti, lavoro, saranno sempre le stesse persone che non hanno – perché lo hanno dimostrato più e più volte – come obiettivo primario i nostri interessi ma quelli di qualcun altro che talvolta coincidono coi loro questo paese non potrà mai essere migliore di quello che è.

Non capisco perché dovrebbe essere inutile andare avanti sulla questione dell’ineleggibilità di b.
Semmai è stato non inutile ma dannoso e devastante non averci pensato fino ad ora.
Esiste una legge, non c’è nemmeno bisogno di pensarla perché qualcuno molto più saggio e lungimirante di questi geni della politica del terzo millennio ma il cui cervello è rimasto al secondo, in qualche caso ancora più indietro nel tempo ci aveva già pensato, non vedo quale sarebbe e dove il problema nel renderla finalmente operativa.
O il pacchetto salvasilvio, oltre alle leggi prêt-à-porter fatte apposta per lui, quelle à la carte messe a disposizione sempre per lui, prevede che una legge già esistente e ignorata volutamente possa passare di moda come un oggetto vintage?

Intanto il 25 aprile ci toccherà ancora il discorso del grande statista in dirittura d’arrivo.
Se l’anno scorso ci ha ammorbato con la filippica sui pericoli del populismo non oso pensare alla trama di quello di quest’anno se l’ispirazione gli viene da quel “fanatismo moralizzatore” di cui vaneggia.
In uno dei paesi più corrotti del mondo, con una classe politica/dirigente che in gran parte ha dimostrato come ha potuto di essere collusa, connivente con le mafie, corrotta e corruttibile a livelli insopportabili, dove la gente onesta è costretta a farsi carico del tributo di dover mantenere caste e sottocaste di privilegiati, disonesti, profitattori, parassiti, nell’unico paese democratico al mondo dove è stato possibile che un imprenditore fallito  imputato, indagato, inquisito, condannato e prescritto abbia potuto ottenere un ruolo politico di spicco e cavarsela grazie a leggi fatte su misura e legittimate da quello che dovrebbe essere garante di tutti e non di uno solo, di se stesso o di qualcuno e ancora oggi che è praticamente nessuno consentirgli di essere ancora determinante per la politica, quell’ago della bilancia da cui un paese intero deve ancora dipendere, sottostare ai suoi ricatti c’era proprio la necessità di un presidente della repubblica che esprimesse un’opinione così volgare, che definisse la voglia di pulizia e trasparenza all’interno della politica come una specie di capriccio e non un’urgenza, non foss’altro perché è soprattutto grazie all’immoralità della classe politica se oggi questo paese è ridotto così male.
 Io mi sento offesa, defraudata del mio diritto di vivere in un paese gestito da gente normalmente onesta, che anteponga sempre e davanti a tutto gli interessi di tutti così come il ruolo le impone e  non quindi i suoi,  quelli degli amici, e degli amici degli amici, un paese la cui anormalità è stata istituzionalizzata e legalizzata proprio da chi avrebbe dovuto opporsi  all’illegalità, alla disuguaglianza e alle ingiustizie con tutti i mezzi che la democrazia mette a disposizione.

Madonna Bonino
Marco Travaglio, 10 aprile

Quando ho scritto “Si fa presto a dire Bonino”, la sapevo apprezzata da molti italiani per le caratteristiche che illustravo nelle prime righe: donna, competente, onesta, impegnata per i diritti civili, umani e politici in tutto il mondo. Non la sospettavo, però, circondata di persone adoranti che la guardano con gli occhi che dovevano avere i pastorelli di Fatima davanti alla Madonna. A questi innamorati che non sentono ragioni, anzi preferiscono non conoscere o non ricordare le zone d’ombra (solo politiche, lo ripeto) della sua lunghissima carriera politica, non so che dire: al cuore non si comanda. Rispondo invece alle cortesi obiezioni del segretario radicale Mario Staderini, il quale — diversamente da me — la ritiene il presidente della Repubblica ideale. E, per nobilitarla e dipingerla come antropoligicamente estranea al berlusconismo, cita alcuni suoi imbarazzanti avversari (Ferrara, Gasparri, Libero ). Potrei rispondere che invece Mara Carfagna la vuole al Quirinale, ma preferisco concentrarmi sulla biografia della Bonino. Chi auspica un Presidente estraneo alla casta, tipo Zagrebelsky, Settis, Gabanelli, Caselli, Guariniello, Strada e altri, non può certo sostenere la Bonino, 8 volte parlamentare italiana e 3 volte europea. I suoi amici la raffigurano come un’outsider estranea all’establishment. Che però non è d’accordo: altrimenti la Bonino non sarebbe stata invitata a una riunione del gruppo Bilderberg, o almeno non ci sarebbe andata. Sulla sua vicinanza, “fra alti e bassi”, al Polo berlusconiano dal 1994 (quando fu eletta con Forza Italia fino al ’96, senza dire una parola contro le prime violenze alla Giustizia e alla Costituzione) al 2006, ci sono tonnellate di articoli di giornale, lanci di agenzia, esternazioni, vertici, incontri, tavoli, inseguimenti, corteggiamenti, ammuine. Il tutto mentre il Caimano ne combinava di tutti i colori, nel silenzio-assenso della Bonino (che ancora nel 2004 veniva proposta da Pannella per un posto di ministro; e nel 2005 dichiarava: “Con Berlusconi abbiamo iniziato un lavoro molto serio… apprezziamo ciò che sta facendo come premier, ma la posizione degli alleati è nota”: insomma cercava disperatamente l’alleanza con lui, che alla fine la scaricò per non inimicarsi “gli alleati” e il Vaticano). Poi la Emma passò armi e bagagli col centrosinistra e cambiò musica. Un po’ tardi, a mio modesto avviso. Ma neppure in seguito, sulle questioni cruciali del berlusconismo (leggi vergogna, rapporti con la mafia, corruzioni, attacchi ai magistrati e alla Costituzione, conflitti d’interessi, editti bulgari e postbulgari), risulta un solo monosillabo della Bonino. Forse perchè, pur con motivi molto diversi, sulla giustizia B&B hanno sempre convenuto: separazione delle carriere, abolizione dell’azione penale obbligatoria (altro che difesa della “Costituzione più bella del mondo”, caro Staderini), per non parlare dell’idea intimidatoria e pericolosa della responsabilità civile dei magistrati che non esiste in nessun’altra democrazia. La corrispondenza di amorosi sensi con B. si estende al No radicale all’arresto di Cosentino perchè “siamo contro l’immunità parlamentare, però esiste”. Al fastidio per i sindacati, definiti in blocco “barbari, oscurantisti e retrogradi” (Ansa, 22-1-2000). E alla lettura dell’inchiesta Mani Pulite come operazione politica filocomunista: per la Bonino le tangenti di Craxi furono solo “errori” e occorre “una rivisitazione seria di cosa è successo dal ’90 in poi: la mia analisi è che indubbiamente, soprattutto nel ’92, si è cercato di risolvere alcuni problemi politici per vie giudiziarie, un po’ orientate perché poi se n’è salvato uno solo di partito” (Ansa, 19.11.99). Per non parlare dello scandalo delle frequenze negate per dieci anni a Europa7 per non disturbare Rete4 che le occupava abusivamente. Il 1° aprile 2007, ministro delle Politiche europee del governo Prodi-2, la Bonino porta in Consiglio dei ministri tutte le sentenze della Corte di giustizia europea per darne finalmente attuazione. Tutte, tranne una: quella che dà ragione a Europa7 e torto al gruppo B. Una cronista le chiede il perchè, e lei risponde che non c’è alcuna urgenza (in effetti Europa7 attende le frequenze negate solo dal 1999, quando vinse la concessione e Rete4 la perse).
C’è poi il bilancio di Commissario europeo dal 1994 al ’99 su nomina di B,. quando insieme a battaglie sacrosante la Bonino sponsorizza i cibi OGM senza etichettatura.
E soprattutto sostiene l’insensata sospensione degli aiuti all’Afghanistan, dopo la sforunata missione a Kabul in cui è stata fermata dalla polizia religiosa perché i suoi collaboratori fotograno e filmano il volto delle donne in barba alla legge islamica. Durante la guerra in Afghanistan – da lei appoggiata come quelle nell’ex Jugoslavia e in Iraq (“io credo che non ci fosse alternativa per sconvolgere la rete terroristica:se mandiamo il messaggio che dopo le torri di New York possono bombardare, senza colpo ferire, anche il Colosseo e la torre Eiffel, non ci dà sicurezza”) la Bonino si oppone alla sospensione dei bombardamenti per aprire un corridoio umanitario agli aiuti ai profughi (servirebbe solo ai talebani per riorganizzarsi, Ansa 2-11-2001).
Nel 2007, poi, durante il sequestri Mastrogiacomo non trova di meglio che prendersela con Gino Strada accusandolo di trescare con i talebani col suo “atteggiamento ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualsiasi illazione” perché “scientemente o incoscientemente – che sarebbe ancora peggio finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo fra torturati e torturatori. Quando uno si mette a praticare una linea così ambigua, così poco limpida, si presta a qualsiasi gioco altrui. Nell’illusione di tirare lui le fila finisce che il burattinaio non è lui” Ansa, 9-4-2007).
A proposito di ambiguità fra torturati e torturatori, ho cercato disperatamente nell’archivio Ansa una parola della Bonino su Abu Ghraib e Guantanamo.
Risultato: non pervenuta.