Al referendum io voto e voto SI

L’astensionismo è sì un diritto riconosciuto dalla Costituzione, ma il fatto che venga promosso e incentivato da un governo “democratico” che dovrebbe tifare per la partecipazione alla democrazia dovrebbe far preoccupare e indignare tutti quelli che si ritengono cittadini a pieno titolo.

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Non considero Napolitano uno statista né, tanto meno, quel padre della patria disegnato da cameriere e maggiordomi del regime.
Non penso che abbia salvato l’Italia nel suo momento più drammatico, anzi sono sempre più convinta, e i fatti mi danno ragione, che l’abbia infilata in un incubo dal quale sarà complicatissimo svegliarsi.

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astLa legge vieta la propaganda all’astensione da parte del pubblico ufficiale che poi, da cittadino fa quello che gli pare: vota e/o non vota, ma non dice ai cittadini che il referendum è una bufala pretestuosa.
Ci vorrebbe un po’ di stalinismo per ristabilire un po’ di regole.

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Legittimo o illegittimo, legale o non legale, opportuno o non opportuno solo le parole “schifo” e “vergogna” dovrebbero spiegare il perché nel paese normalmente civile l’istituzione qual è ancora Giorgio Napolitano, visto che gli paghiamo ancora un ufficio e la stampa dei servi pensa che sia ancora il caso di doverlo interpellare, la politica che sarebbe il pd e il capo del governo che purtroppo e malgrado il volere dei cittadini è Matteo Renzi non ostacolano l’esecuzione di un’espressione democratica come il referendum.
A difesa della democrazia è dovuta intervenire non la prima, non la seconda, non la terza né la quarta carica dello stato ma addirittura la quinta nella persona del Presidente della Corte Costituzionale.
 Nessuno dovrebbe più parlare dei populismi e dell’antipolitica delle opposizioni: il populismo e l’antipolitica oggi sono rappresentati egregiamente da chi ha governato e governa lo stato.

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 Voterei pure con Satana se servisse per mandare a casa un antidemocratico reazionario che impone le sue regole, pensa di poter stravolgere lo stato e non sa rispettare quella democrazia che ha permesso anche a lui, sebbene con qualche fantasiosa variazione di stampo napolitano di poter stare dov’è.
Matteo Renzi continua a violare la legge che impone ai pubblici ufficiali di non promuovere l’astensione dal voto e non è successo ancora niente.
Se il referendum fosse una bufala Renzi non avrebbe fatto sprecare 300 milioni di soldi pubblici per non unirlo alle elezioni di giugno.
Renzi teme l’unica cosa che lo dovrebbe legittimare: quel giudizio del popolo che avviene per mezzo delle elezioni, ma non c’è sempre un Napolitano a regalare governi e parlamenti, prima o poi dovrà succedere.
Renzi inizi a farsene una ragione e la smetta di mancare di rispetto ai cittadini che sentono il dovere di andare a votare.

Eppure è facile: non spetta al presidente del consiglio licenziare i sindaci

Visto che resta difficile mettere la cocaina in tasca a chi non fa uso di droghe arriva, provvidenziale, la notizia dell’avviso di garanzia a ‪‎Marino‬ il giorno dopo la decisione di rinunciare alle dimissioni.
Ringraziamo La Repubblica sempre sulla notizia.
Guarda caso la notizia dell’avviso di garanzia a Marino arriva proprio oggi da Repubblica, il quotidiano che del sostegno a Renzi ha fatto una questione di vita o di morte. Ci sarà da ridere se qualcuno nel pd che fa le riforme con un condannato per frode, un cinque volte rinviato a giudizio per truffa e bancarotta, ha negato l’arresto per quel galantuomo di Azzollini, si tiene Vincenzo De Luca condannato, userà l’avviso di garanzia quale pretesto per calunniare ancora ‪‎Marino‬.

Marino ha fatto benissimo a costringere la dirigenza del pd ad umiliarsi con la richiesta di sfiducia.
La battaglia di Marino va oltre la questione degli scontrini e di tutta la sporcizia e le accuse ingiuste che gli hanno rovesciato addosso: la sua è una rivendicazione assolutamente legittima e civile.
A questo pd bisogna insegnare le regole di una vera democrazia, dove i non eletti da nessuno non cacciano gli eletti da qualcuno.
Gli arrivisti, i furbi come Renzi pensano che la politica sia un mezzo per ottenere potere e dei vantaggi personali.
Le persone perbene come ‎Marino‬, non ancora contaminato dai veleni della politica pensano che esistano delle battaglie da fare anche se si possono perdere, per questioni non meno importanti di un’amministrazione comunale, un governo che si possono mantenere o far cadere comprando senatori un tanto al chilo o facendo dimettere consiglieri per ordini imposti dall’alto con l’arma del ricatto.
Come diceva Pertini: “nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza”.
C’è da dire comunque che il pd non espelle nessuno: agevola soltanto l’uscita prima col mobbing, poi con le minacce e infine tenendo la porta aperta.
Lo sanno bene Marino, Civati, Mineo.
Una volta almeno il PCI, i Ds, avevano il buon gusto di buttare fuori gente decidendolo nelle segrete stanze.
Oggi fanno tutto alla luce del sole.
Manca poco che ‪Marino‬ venga accusato anche dell’omicidio di Giulio Cesare.

Ci vorrebbe qualche giornalista di buona volontà, magari uno di quelli più servi dei servi che decida finalmente di pentirsi, uno di quelli che hanno abbindolato e lobotomizzato il paese ripetendo che “meglio di così non potevamo stare”, che “Renzi è perfettamente legittimato a fare quello che fa”, che “il pd è l’unica alternativa al disastro” che spieghi, non solo ai romani ma a tutti gli italiani se è legittimo che un presidente di partito ordini a dei consiglieri regolarmente eletti di dimettersi per mandare a casa il sindaco Marino che, diversamente da Renzi che non è stato mandato in parlamento col metodo tradizionale è perfettamente autorizzato a rispettare il mandato per cui è stato votato. Che dica finalmente che i colpevoli dello scempio politico sono Napolitano che ha imposto non uno ma tre governi a sua immagine e somiglianza invece di rispettare l’ordine delle cose creando questo crash nella democrazia, la profonda sfiducia nel patto fra lo stato e i cittadini permettendo che il segretario di un partito che fa anche il presidente del consiglio controlli, comandi, imponga chi può stare,  chi deve andare e chi si è prestato ai golpettini in sequenza, gente come Monti, Letta e Renzi mandata in parlamento senza la necessaria autorizzazione dei cittadini che votano, permettono che si formi il parlamento che poi eleggerà un presidente del consiglio a immagine e somiglianza del popolo, non di qualche funzionario che risponde ad altri interessi nei quali si divertono, sguazzano e guadagnano anche quelli che dovrebbero controllare il potere ma invece lo costruiscono, lo fortificano, contribuiscono al suo mantenimento perché quello esistente è l’unico sistema che garantisce la sopravvivenza dei guastatori, dei devastatori dello stato di diritto.

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A me l’effetto “cada Sansone con tutti i Filistei” applicato alla politica ha sempre intrigato, molto.
Non c’è nulla di più salutare per il ripristino delle regole democratiche del dissolvimento di un partito che si è sempre creduto grande ma soprattutto di sinistra mentre è stato sempre pieno di gente vigliacca, ipocritamente timorata di Dio in cerca di potere e quattrini, con nessuna intenzione di lavorare al bene sociale, che ha dimostrato di non saper governare né di fare opposizione, che durante il ventennio di berlusconi non si è mai distinta con qualche azione efficace di vero contrasto al dominio di un delinquente seriale ad esempio con una legge contro i conflitti di interesse ma anzi, ha sempre favorito la continuità di quel dominio.
Un partito che si dice di sinistra ma poi balbetta di fronte all’esigenza non più rimandabile di estendere i diritti civili per paura di turbare le anime “candide” dei cattolici, che si dice onesto e poi per opportunismi politici si tira dentro la feccia proprio come faceva berlusconi e mette al sicuro i delinquenti nella politica come ha fatto berlusconi.
Non c’è anti-politica nella speranza che il partito democratico venga relegato nell’armadio dei brutti ricordi della storia italiana, anzi, c’è proprio il desiderio che in questo paese qualcuno cominci a fare politica per tutti, non quella che diventa il mezzo e lo strumento per esercitare il potere espresso dalla piccola élite degli abusivi raccomandati. Con una politica che fa politica anche la malavita ha meno voce in capitolo. Mentre da più di venti anni assistiamo allo scempio di partiti che fanno finta di essere avversari ma che hanno invece come unico scopo aumentare potere a dismisura. Il che dalla destra uno se lo aspetta,  dalla sinistra no. Ma la sinistra di questi ultimi due decenni è stata sempre concentrata a guardarsi l’ombelico, alla ricerca del leader, e i congressi e le primarie e, e, e…
Ecco perché della situazione politica disastrosa non solo romana ma nazionale è la sinistra a dover pagare il conto almeno alla storia.
La politica in Italia è una cosa sporca, andrebbe vietata ai minori.

Loro ad Atene, fanno così

In Spagna, già piegata dalla crisi, i cittadini sono andati a votare e non risulta che la Spagna oggi stia peggio di altri paesi del resto d’Europa.
In Grecia, letteralmente stremata dalla crisi i cittadini oggi stanno scegliendo autonomamente chi dovrà governare il loro paese. Non l’ha fatto qualcuno per loro.
Qui, a novembre del 2011 ci hanno detto che non si poteva tornare a votare, ci hanno detto che l’unica possibilità erano i governi tecnici, di emergenza, di larghe intese.E qualcuno ne sta approfittando.
Cerchiamo di non dimenticarlo, se e quando ci rimanderanno a votare, come da Costituzione e da democrazia.

In Grecia la sinistra si è unita, rafforzata così tanto che rischia di diventare l’espressione della maggioranza degli elettori e di andare al governo da sola, tutto questo per dare un’altra possibilità al paese e forse riuscire anche a squadernare i piani criminali dell’Europa liberticida.
In Italia la “sinistra” si è unita alla destra, quella peggiore, quella dei corrotti, corruttori, truffatori, ladri e amici della mafia per dare altre possibilità a un delinquente da galera.
Il progetto politico di Tsipras è rimettere la persona e i suoi diritti davanti e sopra agli interessi economici, quello di Renzi è ridare ad una sola persona la possibilità di tutelare i suoi interessi economici e restituirle una dignità sociale, politica, che ha perso per sua scelta.
La Grecia, in piena crisi, una crisi che è peggiorata anche per colpa di cattive politiche che hanno portato il paese alla fame e alla disperazione è riuscita ancora una volta a dare una lezione di democrazia a tutto il mondo.
In Italia, invece, abbiamo le grandi e larghe intese napolitane, un parlamento, un governo e un presidente del consiglio illegittimi.

Dovremmo ringraziare la Grecia. È l’Occidente che ha un debito nei suoi confronti. La filosofia, la democrazia, la tragedia. Si dimentica sempre il legame tra tragedia e democrazia… Tutto il mondo deve dei soldi alla Grecia oggi. Potrebbe domandare mille miliardi di diritti d’autore al mondo contemporaneo e sarebbe logico che le venissero dati. [Jean – Luc Godard]

Qui ad Atene noi facciamo così – Pericle – Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.

 Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

 Qui ad Atene noi facciamo così.

 Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

 Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

 Qui ad Atene noi facciamo così.

 La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

 Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

 Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

 Qui ad Atene noi facciamo così.

 Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

 E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

 Qui ad Atene noi facciamo così.

 Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica,  tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

 Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

 Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

 Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

 Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Il condannato significativo, e definitivo

 

Mentre scrivevo questo post è  arrivata la richiesta di arresto per Luigi Cesaro, ex presidente della provincia di Napoli che segue di poche ore l’arresto di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto votato ieri dal parlamento ed eseguito in serata.  Entrambi sono di casa nel partito di quello che ieri Napolitano ha definito l’interlocutore significativo, ovvero il pregiudicato delinquente col quale Renzi vuole scassinare la Costituzione con la benedizione, anzi, il sollecito, di Napolitano.

Il parlamento italiano si riunisce per decidere l’arresto di qualcuno con una frequenza impressionante.
Un qualcuno che, nel peggiore dei casi, tutto quello che gli può capitare è restare in una cella il tempo necessario [ore] ai suoi avvocati per inoltrare la fatidica richiesta di concessione dei domiciliari che verrà puntualmente accolta.
In questo paese i cittadini sono costretti ad assistere alle assemblee di persone pagate per fare altro, per occuparsi dei problemi della gente e non dei loro, che devono decidere se è il caso o meno che un cittadino, eletto e dunque soggetto al rispetto di quella Costituzione che pretende che il cittadino a cui vengono affidate funzioni pubbliche adempia ad esse con disciplina ed onore, debba o meno continuare a far parte degli eletti, restare una persona libera oppure no anche quando tradisce il suo mandato e la legge.  Personalmente non mi fido di gente che, secondo coscienza, la sua, ha votato per ben due volte no all’arresto di cosentino nonostante la sua liaison con la camorra fosse un fatto ormai acclarato.
Mi piacerebbe vivere in un paese dove al politico non fosse riconosciuto lo status di privilegiato anche quando commette dei reati.
Abbiamo un articolo della Costituzione che ORDINA al funzionario di stato, quale che sia il suo ruolo e livello, di adempiere alla sua funzione con disciplina e onore. Se i politici presenti nei vari parlamenti da svariati decenni ad ora avessero dovuto essere giudicati in base al semplicissimo dogma che chi si deve occupare delle cose degli altri deve essere meglio degli altri, il parlamento sarebbe rimasto deserto.
Nessuno ha mai avuto i titoli corrispondenti a ciò che chiede la Costituzione. Non solo per disonestà ma anche per aver approfittato della carica politica per favorire parenti, amici e conoscenti. Ed ecco che anche in questo caso vengono a mancare sia la disciplina che l’onore, quel disinteresse onesto col quale approcciarsi alla politica.
Il politico che viene indagato o accusato deve tornare ad essere un cittadino come gli altri, farsi da parte e risolvere le sue beghe, in caso di innocenza, tornerà, ma basta con questa sceneggiata della seduta parlamentare per decidere l’arresto che ormai ha una cadenza fissa e anche piuttosto frequente.

 

Non date retta a Napolitano, gli spettri ci sono eccome, e ce ne sono tanti.
Firmate e fate firmare l’appello del fatto Quotidiano, non servirà ma almeno ci togliamo la soddisfazione di far sapere al presidente della repubblica che è anche un bugiardo, perché i governi di “emergenza” e di larghe intese, non eletti da nessuno non si occupano di riforme costituzionali.

Le riforme costituzionali le fanno i parlamenti scelti dai cittadini con elezioni regolari e NAZIONALI per mezzo delle quali si ottiene una maggioranza vera, non un minicaravanserraglio di incapaci e bugiardi anche loro come quello di Renzi che in forza dei dieci milioni di persone che lo hanno votato alle europee pensa di poter stravolgere le regole di un paese.

Napolitano ha imposto agli italiani Monti, nominato senatore a vita in fretta e furia senza le prerogative che prevede la Costituzione, proprio come fu nominato Napolitano a sua volta da Ciampi, ufficialmente per tirare fuori l’Italia dal disastro economico col risultato che Monti e i suoi ministri sobri, eleganti, quelli davanti ai quali la stessa informazione che oggi incensa Renzi e ieri lo faceva con Letta jr si è prodotta in orgasmi multipli e ripetuti sono riusciti solo a distruggere quel poco di stato sociale su cui potevamo ancora fare affidamento nonostante berlusconi.

Dopodiché Napolitano ha imposto le larghe intese e il governo di Letta ufficialmente per garantire una governabilità ma soprattutto perché il parlamento lavorasse ad una legge elettorale per permettere ai cittadini di potersi scegliere un parlamento e un governo ai quali delegare ANCHE, eventualmente, le riforme costituzionali.

Naturalmente, come ben sappiamo anche il governo di Letta non ha prodotto nulla di utile ma tutti, comprese le meteore sconosciute nominate ministri e sottosegretari sono state pagate e strapagate e lo saranno ancora e a vita come se avessero lavorato davvero per il bene del paese.

Ora abbiamo Renzi che ha praticamente tolto la poltrona sotto al culo di Letta pensando di averne i titoli solo perché aveva vinto le primarie del suo partito che, vale la pena di ricordare, non hanno nessuna valenza istituzionale: a nessun amministratore di condominio eletto anche col plebiscito dai residenti nel palazzo si affiderebbe la gestione di un paese.

E il governo di Renzi si sta forse impegnando a quella legge elettorale necessaria per far tornare i cittadini a votare? Ovviamente no, se ha rimesso in mano la discussione e la relazione della nuova legge anche all’autore di quella giudicata incostituzionale dalla Consulta, una contraddizione talmente enorme che ha costretto anche calderoli a riconoscerla.

Nel frattempo però Renzi si sta dando molto fare per quelle cose che lui ritiene siano necessarie a far ripartire il paese: forse lavorare per il lavoro? Ri_ovviamente no, le cose necessarie per ridare fiducia agli italiani, quelle impellenti e non più rimandabili sono l’abolizione del senato, restituire quell’immunità parlamentare a cui gli italiani avevano già detto no con un referendum, e immancabilmente quella riforma della giustizia invocata da Napolitano al quale non va giù che l’Interlocutore Significativo, quello necessario alle riforme e ben accolto nei palazzi sia diventato nel frattempo un pregiudicato, condannato in via definitiva.
Napolitano sta imponendo agli italiani delle riforme da fare con un delinquente da galera senza che nessuno provi un po’ di vergogna, i cosiddetti democratici, quelli che al delinquente si sarebbero dovuti opporre ma non l’hanno mai fatto e naturalmente la stampa a 90 che continua a descrivere l’operato di Renzi e l’appoggio incondizionato del presidente della repubblica, che invece si comporta e agisce come un capo di partito, come la miglior cosa che ci potesse capitare.  Se ancora non fosse chiara la questione, ha detto Napolitano, presidente della repubblica e capo supremo della Magistratura nonché garante della Costituzione, che Renzi può riformare la Costituzione e la  giustizia con un condannato alla galera.

 

Pertini all’età di Napolitano ha smesso il mandato e si è ritirato a vita privata.    Se la figura del presidente della repubblica restasse simbolica come dovrebbe essere secondo Costituzione andrebbe bene anche l’età avanzata, specialmente se è il giusto coronamento ad una carriera politica meritevole, mentre Napolitano non è affatto simbolico, lui ordina, interviene, suggerisce e ottiene. Per il bene del paese, s’intende. Di Napolitano inoltre non si ricorda nulla di significativo: cos’ha fatto di bello Napolitano? Per quali motivi importanti i ragazzini di domani dovranno leggerlo sui libri di Storia? Sono queste le domande,  a cui però è difficile dare una risposta.

L’età quindi diventa un problema quando come nel caso di Napolitano, unico nella storia di questa repubblica, non solo perché rieletto una seconda volta, evidentemente alla politica serviva proprio lui, non rappresenta un simbolo ma si pone oltre quelle prerogative previste dalla Costituzione che lui dovrebbe garantire, non contribuire al suo smantellamento.
Napolitano decide, interviene, comanda con la SUA visione delle cose, che è quella di una persona di novant’anni.
Nulla da obiettare sull’anziano che fa altri mestieri: Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Andrea Camilleri, Dario Fo, persone rispettabilissime che hanno fatto il loro con onore. E’ proprio la figura del capo dello stato che mal si attaglia ad una persona di quella età che essendo vecchia impedisce un progresso moderno.

Il problema è che a 89 anni non te ne frega un cazzo di spenderti per un paese migliore, specialmente se i tuoi figli, e i figli dei loro figli hanno e avranno un futuro assicurato, niente da temere. 

A quell’età non interessa il futuro ma si vive molto attorcigliati nel proprio passato.
Quella è l’età in cui tutti gli argomenti e le situazioni sono uguali.
Non esiste più una priorità né la paura di fare brutte figure, di rovinarsi la reputazione anche per quell’assurda teoria che l’anziano va rispettato in virtù della sua età.
Nemmeno per idea, il rispetto è qualcosa che si può eventualmente raccogliere dopo averlo dato e dimostrato.  A qualsiasi età.
E l’età avanzata, lo abbiamo imparato proprio dai politici, quasi mai coincide con la saggezza.
Non c’è più niente che sia così importante, da dover difendere quando una manciata di mesi separa dalla morte.
E’ per questo che a novant’anni una persona che ha pure la fortuna di esserci arrivata in buone condizioni di salute, non foss’altro perché da più di sessanta c’è chi lavora per lei, non dovrebbe avere nessun diritto di ricoprire un ruolo così importante nello stato.
Il tetto non ci vorrebbe solo sui compensi ma anche sull’età.
A novant’anni stai a casa tua a fare altro, quello che fanno tutti i privilegiati che ci arrivano, altroché il presidente della repubblica.

 

 

FEDE SU B. “MAFIA, SOLDI, MAFIA” (Davide Milosa) [L’interlocutore significativo]

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Il raglio del Ventaglio – Marco Travaglio

Erano alcuni giorni che Giorgio Napolitano non interferiva nei lavori parlamentari e non s’impicciava in quel che resta della libera stampa, ma ieri alla cerimonia del Ventaglio ha recuperato su entrambi i fronti in una botta sola. Non contento della maggioranza più bulgara dai tempi della Cortina di Ferro e anzi allarmato dalla sopravvivenza a Palazzo Madama e nell’opinione pubblica di alcuni vagiti di opposizione al pensiero unico renzusconiano, ha pensato bene di dare una legnata a quei quattro gatti che osano sottolineare gli aspetti duceschi e castali della presunta “riforma del Senato”: “Non si agitino spettri di insidie e macchinazioni di autoritarismo”. Ce l’aveva con l’appello del Fatto, che ha superato le 150 mila firme, con i 5Stelle, con Sel e con la sparuta pattuglia di dissidenti nel Pd, nei vari centrini e nel centrodestra. Noi, per parte nostra, possiamo assicurargli che il suo monito irrituale e illegittimo ci fa un baffo: continueremo ad agitare gli spettri di autoritarismo di due controriforme che – secondo i migliori costituzionalisti – concentrano molti poteri e aboliscono molti controlli sulla figura mostruosa di un premier-padrone che fa il bello e il cattivo tempo e impediscono ai cittadini di scegliersi i deputati e addirittura di eleggere i senatori.

Non è vero – come afferma il presidente – che “la discussione sulle riforme è stata libera”: di quale discussione va cianciando? Tra chi e con chi? I cittadini sono totalmente esclusi dal processo riformatore, visto che non hanno mai votato per questa maggioranza e questo governo, non hanno mai eletto questo premier (se non a sindaco di Firenze) e l’ultima volta che andarono alle urne per il Parlamento (febbraio 2013) nessun partito sottopose loro l’idea di abolire le elezioni per il Senato e confermare le liste bloccate per la Camera. Anzi tutti i partiti promisero di abolire il Porcellum per restituire agli elettori il sacrosanto diritto di scegliersi i parlamentari, non per farne un altro chiamato Italicum. Napolitano sostiene che le critiche alle “riforme” “pregiudicherebbero ancora una volta l’esito della riforma della seconda parte della Costituzione” e il superamento del “bicameralismo paritario, un’anomalia tutta italiana, un’incongruenza costituzionale sempre più indifendibile e fonte di gravi distorsioni del processo legislativo, quasi idoleggiato come un perno del sistema di garanzie costituzionali”. E purtroppo anche qui mente: i senatori dissidenti, i costituzionalisti critici e anche noi del Fatto abbiamo avanzato fior di proposte per differenziare poteri e funzioni di Camera e Senato, quindi è falso che vogliamo conservare il bicameralismo paritario: vogliamo semplicemente un Senato elettivo, con ruoli diversi da quelli attuali, ma non degradato a dopolavoro part time per sindaci e consiglieri regionali nominati dalla Casta e coperti da immunità full time. Ed è una balla che il processo legislativo sia bloccato o distorto dal bicameralismo, come dimostrano le peggiori porcate approvate in meno di un mese. In ogni caso non spetta né al Colle né al governo, ma al Parlamento stabilire se e come la Costituzione vada cambiata: non s’è mai visto un governo cambiare la Carta fondamentale a tappe forzate, con la complicità del Quirinale. Non foss’altro perché il capo dello Stato e i membri del governo giurano sulla Costituzione esistente e si impegnano a difenderla, non a smantellarla. Senza contare che il governo sta in piedi solo grazie a un premio di maggioranza che non dovrebbe esistere, e invece gli consente di impedire – con i due terzi estrogenati – ai cittadini di esprimersi nel referendum confermativo. Non manca, e ti pareva, un monitino alla stampa: Sua Altezza intima ai giornalisti – che peraltro obbediscono in gran parte col pilota automatico – di astenersi “dal gioco sterile delle ipotesi sull’ulteriore svolgimento delle mie funzioni da presidente: una valutazione che appartiene solo a me stesso”. In realtà appartiene alla Costituzione, che fissa in 7 anni il mandato presidenziale, e pure ai cittadini, che hanno il sacrosanto diritto di sapere se e quando se ne va  Il finale è da manuale: sotto con la “riforma della giustizia”, ovviamente “condivisa”. Con chi? Con il pregiudicato, ça va sans dire. 

L’estate scorsa, dopo la condanna di B. per frode fiscale, il presidente annunciò che era venuto il gran momento; ora, dopo l’assoluzione di B. per il caso Ruby, ribadisce (con notevole coerenza) che è giunta l’ora. Cos’è cambiato? Roba forte: “È arrivato il riconoscimento espresso da interlocutori significativi per ‘l’equilibrio e il rigore ammirevoli’ che caratterizzano il silenzioso ruolo della grande maggioranza dei magistrati”. E chi sarà mai l’“interlocutore significativo”? Ma il pregiudicato B., naturalmente: il fatto che insulti i giudici che lo condannano ed esalti quelli che lo assolvono (anche perché al primo insulto finisce al gabbio) è un evento epocale, meraviglioso, balsamico che – svela il monarca – “conferma quello che ho sempre asserito”: anche Napolitano, come il Caimano, pensa che “la grande maggioranza dei magistrati fa il proprio lavoro silenziosamente, con equilibrio e rigore ammirevoli”. Viva i magistrati muti che assolvono i potenti aumma aumma. A dire il vero, ci sarebbe l’ultimo ritrattino dell’Interlocutore Significativo per la riforma della Costituzione e della Giustizia, tracciato dall’amico Emilio Fede: quattro parole icastiche, “Mafia soldi soldi mafia” col contorno di Dell’Utri & famiglia Mangano. Ma che sarà mai. Fortuna che Totò Riina non ha ancora chiesto udienza al Quirinale, a Palazzo Chigi e al Nazareno per proporsi come Interlocutore Significativo. A questo punto sarebbe difficile dirgli di no. E soprattutto spiegargli il perché.

 

 

2 giugno: festa di che?

Sottotitolo: la parata militare non è inopportuna perché c’è la crisi: è inopportuna e basta.
Ed è sempre mancata la volontà di opporsi fino a farne a meno, alla sfilata delle armi in un paese che ripudia la guerra per legge, altrimenti da quel dì che sarebbe stata abolita. Non basta tagliare  il rinfresco e il passaggio delle frecce tricolore per ridare dignità a questo paese.

Il Quirinale costa agli italiani il quadruplo di Buckingham Palace e il doppio della Casa Bianca.
Ma il Re magnanimo oggi rinuncia al rinfreschino…niente brioches per loro così non sono obbligati a darne neanche a noi.

Più che la festa della repubblica a me pare, oggi più che mai, una festa “alla” repubblica.

Non vedo come si possa celebrare questa festa in assenza di quell’ospite d’onore che manca ormai da un sacco di tempo in questo paese e che si chiama democrazia; il convitato indispensabile se si parla di una repubblica, appunto, democratica.
In un paese dove in parlamento non c’è una rappresentanza di popolo scelta dal popolo non si può celebrare né festeggiare proprio niente.
Questa giornata andrebbe messa in standby finché non verrà ripristinato il minimo indispensabile delle condizioni per riparlare di Italia repubblica democratica.

Un colle solo al comando 
Antonio Padellaro, 2 giugno

Ieri, all’ora di pranzo, sui teleschermi degli italiani è apparso sua maestà Giorgio Napolitano. In occasione del 2 giugno, festa della Repubblica, con tono perentorio ha letto, anzi dettato, le disposizioni ai partiti. Sulla legge elettorale, sulle misure contro la crisi. E ha perfino impartito ordini sull’orizzonte temporale dell’attuale governo: entro il 2 giugno dell’anno prossimo l’Italia dovrà darsi “una nuova prospettiva politica”. E così sia (“Vigilerò”). Sembrava perfino ringiovanito, molto diverso da quel Napolitano sofferente che camminando quasi si appoggiava ai suoi collaboratori. Ma questo avveniva prima della rielezione, che deve avere agito sulle giunture presidenziali come un unguento miracoloso. Spero di non rischiare il vilipendio se dico (con vera ammirazione) che ci ha messi nel sacco tutti quanti. A cominciare da chi scrive, convintissimo che ai reiterati e sdegnosi rifiuti di ricandidarsi egli avrebbe tenuto fede da uomo di parola, poffarbacco. Eravamo tutti così sicuri che la sua ultima ora al Quirinale fosse scoccata che alla presentazione del libro L’ultimo comunista , con l’autore Pasquale Chessa e Filippo Ceccarelli, ci divertimmo a rivangare un episodio che già aveva provocato le fulminanti smentite del Colle: il Napolitano poeta, autore – con lo pseudonimo di Tommaso Pignatelli – di ispiratissime liriche in dialetto napoletano. Non sapevamo che nel frattempo il partito della conservazione stava andando a dama attraverso una serie di mosse, ancora tutte da ricostruire. Infatti, due giorni dopo, i sorrisetti si spensero insieme alle speranze di Bersani, di Marini, di Prodi e dei tanti che avevano fatto i conti senza l’oste. Da allora nell’osteria non si sente più volare una mosca. Letta a Palazzo Chigi lo ha imposto lui. Berlusconi non fiata, ossessionato com’è dalle sentenze. Il Pd sembra un collegio di orfanelli. Mentre la speranza sollevata da Grillo rischia d’impantanarsi nell’irrilevanza e nel risentimento. Tutti i giornali (meno uno) sono sull’attenti e non si muove foglia che lui non voglia, a cominciare dalla nomina del nuovo capo della Polizia. Nell’intervista a Silvia Truzzi, Andrea Camilleri parla di “Costituzione mandata in vacca” dopo il Napolitano bis. Ma c’è qualcosa di peggio: un Paese immobile, paralizzato dalla paura di cambiare, che cerca le poche certezze in un passato che non passa mai.

Non bastava lo schifo dell’utilizzatore finale: ci voleva pure quello dell’assaggiatore iniziale.

Ma, l’importante è che l’organizzatore totale abbia potuto partecipare alla delicata fase politica.

I diritti prima di tutto.

L’uomo che non sapeva nulla
Marco Travaglio, 2 giugno

Chissà se la Procura di Milano se ne farà una ragione: a Pigi Battista non è piaciuta la requisitoria al processo Ruby-bis. I pm Forno e Sangermano hanno usato brutte parole, senza nemmeno concordarle con lui. Poi han chiesto 7 anni per Mora, Fede e Minetti, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dagli incarichi scolastici: troppo. Se nemmeno tre eventuali condannati per induzione e favoreggiamento della prostituzione, minorile e non, possono diventare deputati o premier o capi dello Stato, né dirigenti o insegnanti in scuole e asili, dove andremo a finire, signora mia. Cose che càpitano quando i pm si ostinano a pronunciare requisitorie senza consultare il noto giureconsulto del Corriere , che nessuno ha mai visto a un processo, ma li conosce tutti come le sue tasche. Mesi fa Lele Mora era in carcere per bancarotta e lui tuonò: “Sei mesi di galera preventiva per bancarotta appaiono una punizione leggermente esagerata prima ancora di una sentenza”; “i pm usano la galera per indurre l’indagato a conformarsi alla loro versione”; roba da “tortura”, colpa della “ferocia diffusa che chiede provvedimenti esemplari contro l”antipatico’, l’eticamente discutibile ed esteticamente impresentabile, il flaccido malfattore (presunto)”. Poi si scoprì che il malfattore era talmente “presunto” e “in attesa di sentenza” da aver appena patteggiato 4 anni e 3 mesi per la bancarotta da 8,4 milioni della sua LM Management, al cui fallimento aveva sottratto i 2,8 milioni regalati da B. per comprarsi una Mercedes e dirottare il resto su un conto svizzero. Subito sbugiardato, il Battista non batté ciglio. Anzi, passò subito ad assolvere l’altro suo imputato prediletto, Ottaviano Del Turco, ripubblicando per l’ennesima volta il pezzo che scrive dal 2008, quando l’allora governatore d’Abruzzo fu arrestato per tangenti. L’altro giorno ha scritto che: il pover’uomo è ancora “nell’attesa di un processo ancora ai primi passi” (non avendolo mai seguito, non sa che è alle ultime battute); le “prove schiaccianti” (tipo la confessione del corruttore, che ha addirittura fotografato le mazzette prima di consegnarle a Del Turco) annunciate dai pm “non esistono”; e la Procura “non aveva nemmeno controllato le date delle foto scattate dall’accusatore e dei pedaggi autostradali”. Purtroppo l’altroieri il perito del Tribunale ha confermato che le foto delle mazzette collimano con le date dei viaggi in autostrada del presunto corruttore verso casa Del Turco. Ma questa notizia l’ha data solo il Fatto. Battista no: con agile balzo, era tornato ad assolvere l’altro imputato prediletto, Lele Mora. Che, a suo dire, viene processato con Fede e Minetti non per dei reati, ma per “un peccato”, “uno stile di vita”. E viene offeso dai pm con un “linguaggio” sconveniente che “smarrisce il senso delle proporzioni”. In effetti è bizzarro che in un processo per prostituzione l’accusa parli di prostituzione con espressioni come “sistema complesso di prostituzione”, “soddisfacimento del piacere di una persona”, “atti sessuali retribuiti”, e dipinga i presunti papponi “come sentina di ogni vizio, espressione di ogni nefandezza” a fini di “degradazione morale”, anziché elogiarne le virtù etiche e civiche (in fondo il lenocinio è uno “stile di vita” come un altro). Invece quelli di Milano sparano la richiesta “severissima” di condannarli a 7 anni più le interdizioni: la prova che vogliono “una condanna morale”, non “giudiziaria”, una “pena esemplare” e quindi non “giusta”. Non sa, il giureconsulto, che non la Procura, ma il Codice penale, grazie anche alle leggi dei governi Berlusconi del 2006 e del 2008, prevede per questi reati da 6 a 8 anni di carcere con automatica interdizione perpetua dai pubblici uffici e dagl’incarichi scolastici: nemmeno volendo i pm avrebbero potuto chiedere di meno. 
Ma Battista, rispetto ai giornalisti, gode di un privilegio invidiabile: non sapendo nulla, può scrivere di tutto.

Demo_Crazia

 

 

 

Preambolo: L’italiota è piccino, si nutre di cose semplici.
Sempre disposto a denunciare il vicino di casa se il suo cane gli piscia lo zerbino ma davanti alle cose di cui si dovrebbe preoccupare non si pronuncia, non le vede, non ci fa caso.

Non le capisce.

Pertini non ha mai sbagliato una dichiarazione, da Presidente della Repubblica, non c’è stata una sola volta in cui abbia detto qualcosa da criticare, da cui prendere le distanze, della quale vergognarsi per lui.
Se Napolitano avesse esternato con la stessa veemenza (viva & vibrante) mentre berlusconi sfasciava e demoliva lo stato sociale, la giustizia e anche e solo un’idea di etica e moralità, di democrazia,  tanto quanto lo sta facendo in questo ultimo periodo per sostenere l’insostenibile ora probabilmente sarebbe più credibile.

Il Contropelo di Massimo Rocca per Radio Capital

Io la storia che il 25 aprile dovrebbe essere una festa condivisa non sono mai riuscito a capirla. Capisco benissimo perché quelli che appendono i manifesti delle brigate nere e dei torturatori non la condividano. E’ la festa della loro sconfitta. E’ come se un Borbone di Francia ballasse la carmagnola il 14 luglio. E’ come se le SS, superstiti o di complemento, festeggiassero il giorno della sentenza di Norimberga. O come se nel sud degli Stati Uniti il ku klux klan festeggiasse suonando dixie e con i cappucci bianchi sulla testa l’anniversario di Appomatox. Ben che vada dovrebbero stare zitti a rosicare, come si dice nella capitale.
Invece quello che abbiamo lentamente progressivamente fatto a furia di moniti a condividere, cioè in sostanza a dire va beh eravate pure voi giovani e belli, magari solo un po’ pirla, è stata la colossale mistificazione di un avvenimento che fu profondamente, eternamente, divisivo. Proprio una di quelle divisioni, così rare nella nostra storia collosa, che altrove fondano gli stati e le democrazie.

Su una cosa però Napolitano ha ragione: i partiti, servono.
Quello che non serve, anzi è proprio dannosa, è tutta l’accozzaglia partitica presente nella politica italiana, o, per meglio dire a qualcosa serve, a sperperare more solito i soldi di tutti, a creare nepotismi e clientelismi, cricche e sottocricche, tutto quel mare magnum di porcherie nel quale questo paese annega ogni giorno di più; tutte cose che invece è indispensabile eliminare dal panorama italiano non solo politico, visto che poi il danno come abbiamo potuto imparare ma più che altro subìre  si spalma anche in altri settori del paese quali imprese, industrie eccetera, dunque inevitabilmente anche sulla vita di tutti noi.

Qui chiunque si sveglia al mattino con l’idea di fondare un partito con lo stesso spirito col quale decide la località delle sue vacanze o l’acquisto dell’automobile nuova lo può fare, e questo con la democrazia non c’entra niente, anzi è proprio l’antitesi dell’idea essenziale della democrazia.

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Con Luca e coi NO-TAV

Luca Abbà resta folgorato e cade da 15 metri. E’ grave. VIDEO1: l’arrampicata sul traliccio. VIDEO2: Dopo la caduta (da Servizio Pubblico).

Cortei in molte città. A Roma occupata la stazione Termini 

CRONISTORIA DELLA TORINO-LIONE, VENT’ANNI DI ACCORDI INTERNAZIONALI E PROTESTE

L’obbedienza non è una virtù: è proprio il contrario.

Se tutti i popoli avessero accettato passivamente le decisioni che qualcuno prendeva in loro nome o perché legittimato da un voto popolare oppure perché come nei regimi qualcuno il potere se lo prendeva da sé, non so in che termini oggi si potrebbe parlare di cose giuste e cose che giuste non sono.  
La democrazia può anche imporsi con l’illegittimità.

 Quando la democrazia viene calpestata, insultata ed offesa, difenderla dovrebbe essere l’imperativo di tutti: un dovere non solo morale.
E mi piacerebbe sapere, specialmente da quelli che…”la violenza nonnonnò” in che modo i cittadini di un paese, di una città e di una nazione dovrebbero potersi ribellare a quello che non ritengono giusto che si faccia in casa loro e molto spesso sulla loro pelle.
Come se non fosse violenza il dover sottostare a scelte che non si condividono.
Come se non fosse violenza mandare le forze dell’ordine a picchiare e intossicare illegalmente uomini, donne e bambini.
Sono trent’anni che quella valle viene devastata in nome e per conto del business e del denaro e bene fa la gente a difendere la sua terra.
Opporsi alla costruzione di uno scempio costoso quanto inutile è il gesto più democratico che un popolo attaccato alla sua terra possa fare.
E gli unici facinorosi violenti in questa situazione sono i politici che – more solito – in modo assolutamente bipartisan come ogni volta che c’è da fare qualche porcata –  ne condividono la realizzazione.

Le Grandi Opere in Italia si sono sempre e puntualmente trasformate in occasioni per speculare e gli unici ad averne tratto tutti i vantaggi sono coloro che le hanno ideate e successivamente costruite: se l’opera in sé è stata o è davvero utile (come arrivare in un’ora e mezza da Roma a Milano) i progetti sono sempre stati  ideati e realizzati  dalle varie cricche degli amici degli amici del potente e del politico.

Tutto ciò che è stato fatto in questo paese, strade, autostrade, ferrovie eccetera è diventato sempre, sistematicamente e puntualmente un affare di famiglia con enormi danni al territorio e un altrettanto enorme sperpero di denaro pubblico.

Per le minoranze, cioè per tutti coloro che si trovano a dover subire le scelte spesso scellerate di altri è naturale e giusto NON fidarsi.

Se i professori hanno tanto a cuore il risparmio, così tanto da aver pensato che per risanare il bilancio dello stato fosse giusto saccheggiare pensioni e stipendi della povera gente dicano NO a questo scempio così come hanno detto NO alle Olimpiadi di Roma. Dimostrassero che è vero che l’obiettivo del governo tecnico è quello di aggiustare e non, invece, finire di sfasciare anche quello che in questo paese è riuscito a sfuggire alle grinfie di una politica  disonesta, avida e ingorda.

Non c’è bisogno d’eroi

 

Luca Abbà non è un eroe. Non è nemmeno un “cretinetti” come scrivono quei servi tristi del giornale. Luca Abbà è una vita umana prima di tutto, poi un combattente. Un vero credente. Sì perché questo mondo è cambiato al punto che ormai, i credenti, sono quelli che ancora combattono per un ideale, per qualcosa in cui credono, e non – come hanno insegnato gli ultimi anni di devastazione culturale – quelli che sperano che il loro Dio ci metta una pezza, anche rimondando le coscienze svendute in cambio di danaro.

 

Luca Abbà, semplicemente crede che un territorio non debba essere devastato per favorire l’arricchimento della solita mafia, quella che scava, quella che smaltisce i materiali tossici o inquinanti, quella che gonfia i prezzi dei binari, quella che ricicla vecchi treni da demolire e li vende per nuovi. La mafia del marketing, degli spot da rilanciare nelle televisioni appese nelle stazioni, e tutte le mafie di stato o private, che sulla pelle dei cittadini si arricchiranno ancora. Per credere che tutto questo non debba essere favorito non c’è bisogno di essere eroi; semplicemente bisogna essere possessori di una coscienza, meglio ancora se anche civile.

 

Si è eroi in Italia quando ogni mattina prendi un treno regionale o locale per andare a lavoro. Un treno che si riempie di neve, d’acqua, di polvere e sole, a seconda del tempo che fa. Un treno che ti porta a lavoro – se arriva – con ore di ritardo. O si ferma in mezzo alle campagne innevate d’inverno o assolate d’estate. Si è eroi quando si sceglie di andare dal centro al sud, col treno. O quando scegli di usare il treno per sportati nel sud, o nelle isole – che se vai a piedi, sei sicuro che se non muori almeno arrivi, là dove stai andando.

 

Chi lotta è un eroe per quelli che vorrebbero essere a sinistra, un coglione per quelli di destra. Questa è storia, anche se una volta forse anche a destra si rispettava l’idea dell’ideale. I giornali, anche di destra erano veri giornali, con gente pagata per scrivere. Una volta i giornali di destra avevano giornalisti che non si sono piegati al mafioso, che non lo hanno servito per garantirgli di mangiarsi il paese intero, e le sue valli, e le sue coste, e le bellezze naturali che potrebbero farci ricchi più dei paesi produttori di petrolio, con il vantaggio che nessuno ci avrebbe mai bombardato per potercele rubare.

 

Chi oggi lotta, è una persona. È uno che ha compreso che nonostante tutto si ha il dovere morale e civile di non rendersi complici di questo sistema famelico, che tutto vuole e nulla ridà indietro. Chi lotta è l’unico che continua imperterrito ad andare avanti, guardando al futuro, avendo contezza di ciò che potrebbe diventare se fossimo tutti fermi, idioti e schiavi.

 

La lotta in nome di un ideale, è la base della civiltà. È l’unico modo per uscire dallo stato di imbarbarimento che troppo a lungo abbiamo dovuto sopportare.

 

Eroico sarebbe per gente come quella merda di feltri o quell’ebete di belpietro, quel coglione di castelli o un leghista pezzente qualunque, comprendere il senso di quel che ho scritto.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Il golpe bianco

 

 

 

Non vorrei passare per quella che non ha e non dà fiducia, solo però sarei un po’ stanca di vivere in un paese che ha avuto sempre la necessità di farsi prendere per la manina anche per attraversare una strada. Sono sessantasei anni che qualcuno ci dà quella manina per attraversare la strada: siccome nessuno lo ha fatto gratis, per puro spirito di solidarietà, sarebbe ora che imparassimo da soli a farlo.

Ho sempre pensato che dalle mere questioni di soldi in un modo o nell’altro, nel bene e nel male si esca sempre. E’ già successo: è dalla disaffezione per la democrazia e le sue regole che non usciremo più. Io non mi fido più degli italiani, perlomeno di quella maggioranza che ha mandato mignotte e criminali in parlamento con la stessa disinvoltura con cui sceglie un capo d’abbigliamento, l’auto nuova o la destinazione delle vacanze. Ed è per questo che l’Italia non potrà essere credibile finché sarà piena di italiani così, finché non ci sarà un segnale che farà pensare che abbiano cambiato atteggiamento verso la consapevolezza delle cose. Specialmente quando quelle cose li riguardano personalmente. Mi auguro che nessuno dei distruttori della democrazia di questo paese si ripresenti mai più alle elezioni, ma nel caso qualcuno lo facesse e qualcuno li rivotasse, il mondo stenda attorno all’Italia un bel cordone sanitario, nel senso che devono proprio abbandonarci al nostro destino, qualsiasi esso sia. Perché la democrazia non è permettere a un delinquente di salire ai piani alti della politica e consentirgli di sfasciare un paese ma neanche quella per cui ai cittadini viene inibita la possibilità di potersi scegliere i propri referenti politici. Leggendo i commenti in giro, sui giornali e nei SN siamo in tanti a  non sentirci rappresentati in alcun modo. Questo non significa non avere e non dare fiducia alla serietà e alla competenza dopo quel che abbiamo visto per 17 anni, ma chi ha in mente l’idea di una democrazia vera, completa oggi non può esultare. Nel precedente governo due fra i peggiori sono stati proprio i cosiddetti “competenti”, e cioè sacconi e brunetta.
Tre dei nuovi ministri (Lorenzo Ornaghi, neo-ministro dei Beni culturali,  Corrado Passera, Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti e Andrea Riccardi, Cooperazione internazionale e integrazione) sono stati protagonisti del Forum dei cattolici a Todi. Ornaghi e Riccardi sono diretta espressione del mondo cattolico, cioè di quel mondo che vieta a questo paese di essere una vera democrazia, completa, moderna, evoluta e laica dove i diritti di tutti vengono considerati e rispettati. Un paese non è fatto solo di economia ma anche e soprattutto di quei diritti riconosciuti grazie ai quali si vivrebbe meglio anche con meno soldi in tasca.

Dice bene vauro nella vignetta di oggi: “la democrazia? ce l’hanno pignorata le banche”.


Favole a rovescio, di Massimo Rocca per Radio Capital

Adesso che è vero, pensare che Sacconi non potrà più infierire sui lavoratori per vendicare Craxi, che la Gelmini non potrà più arricciare il nasino di fronte alle proteste degli studenti, Frattini non potrà più fare inutili viaggi all’estero pagati da noi. Che Calderoli brucerà al massimo le tessere dei leghisti e Bossi farà il dito medio a Maroni mentre giocano a tresette a via Bellerio. Che non ci saranno più ministri collusi, che Tremonti continuerà a rimanere nel girone infernale degli ignavi e che c’è una marea di altri ministri e sottosegretari di cui già non riesco più a ricordarmi i nomi ma solo l’aspetto improponibile, il lessico inascoltabile, chiazze confuse come i sogni interrotti. Bene, adesso tutto questo mi aiuta. A capire com’è che la vera base politica ed elettorale di questo elegante e competente incrocio tra un Consiglio di amministrazione, un rettorato di università privata e la solita inamovibile pattuglia di amici di Santa Romana Chiesa, sia il popolo di centrosinistra e non, come accadrebbe in tutto il resto del mondo, quello di centrodestra.

Come diceva Woody Allen…

“I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale”.

Ce l’hanno fatta un’altra volta. Ma se 314 parlamentari avrebbero messo tutte e due le mani sul fuoco quando hanno confermato in parlamento, e cioè davanti al popolo italiano, che ruby era davvero la nipote di mubarak restando seri e con la pretesa di essere creduti malgrado e nonostante tutto il mondo ridesse di quella tragicommedia, è anche giusto che sia andata così.

Ebbravi i radicali “liberi”: una volta di qua e un’altra di là e intanto maturano pensioni e vitalizi. Complimenti alla bonino e a pannella che pensa di risolvere i problemi digiunando e smettendo di bere mentre invece basterebbe che i radicali si tenessero a debita distanza dal parlamento almeno quando ci sono cose importanti da fare e da votare. Non per niente capezzone e rutelli sono due bei prodotti del glorioso partito radicale: i migliori direi, considerando l’excursus politico, a rappresentare l’italietta di adesso.
Auspico al più presto un’invasione, che sia un popolo qualsiasi, gli alieni, gli ufo, i pockemon tutto sarebbe meglio di quel che c’è.

Il parlamento peggio del bagaglino, speriamo faccia presto anche la stessa fine, almeno.

Ah, e se qualcuno dovesse incazzarsi davvero domani alle manifestazioni che si terranno in Italia e nel mondo, non diciamo che sono delinquenti, perché i criminali veri sono in tutt’altri luoghi, molti anche nel nostro parlamento.


SI SONO FIDATI

Vittorio Zucconi

E’ andata bene a chi vuole liberarsi sul serio del “morto che cammina” Berlusconi e non vuole dipendere dai giochetti di un ex ministro costretto a dimettersi non una, ma due volte, come Scajola. Più a lungo resta in carica questo governo, più evidenti saranno la sua incapacità e i disastri che provocherà. Mi dispiace per chi si era illuso e per chi pagherà il prezzo della tragedia diretta dai soldi di Verdini e dai quaquaraqua’ alla Scilipoti, ma la amarissima medicina andrà bevuta fino in fondo, perché la malattia e’ stata grave. Nessuno ci salverà se non saremo noi stessi a farlo alle elezioni.