Il presidente multitasking, ovvero la tragedia che diventa farsa e propaganda politica

Non c’era bisogno che qualcuno rivelasse che del patto fra Renzi e berlusconi esisteva anche la versione scritta. Bastano e avanzano i risultati già ottenuti dal delinquente pregiudicato – per tacere di quelli che verranno se l’oscenità verrà messa per legge – per capire ciò che si erano semplicemente detti in quella orale, al riparo da occhi indiscreti.

Seriamente: tutti quelli che da mesi insistono con la litania di Renzi che è stato votato dagli italiani per fare le riforme e non è vero, vale sempre la pena di ricordare agli smemorati per scelta, per caso o perché gli conviene e perché l’informazione cosiddetta si guarda bene dal ripeterlo anche tutti i giorni – magari al posto di incensare ogni minchiata detta e fatta dal MatteOne – che questo paese è ostaggio di un parlamento di voluti da nessuno che si sono ritrovati dove sono grazie ad una legge fasulla, invalidata perché illegittima che hanno fatto in modo che alla presidenza del consiglio andasse Renzi voluto solo da qualcuno, sono così sicuri che quella parte di italiani desiderasse proprio quello che Renzi ha deciso di fare?

Tutti sicuri che quegli italiani se avessero saputo che nelle intenzioni di Renzi c’era il patto con un pregiudicato anziché quel “game over” e delle riforme vere, che cambiassero davvero verso a questo paese, ovvero le menzogne con cui il cazzaro jr ha sedotto la gente in campagna elettorale durante le sue primarie, quando già sapeva che avrebbe mentito facendo il contrario, avrebbero fatto la fila, speso due euro e tolto tempo alla vita per andare a votare Renzi alle primarie?

Perché mai l’altra parte di italiani, quella che ha fiutato da subito l’inganno rappresentato dalla persona di Renzi dovrebbero fidarsi di uno che pensa di fare un patto politico con l’altro che, essendo un pregiudicato condannato, ha dimostrato di non voler rispettare nemmeno la legge?
La politica non è un’esclusiva di chi la fa, la Costituzione non è il giocattolino fatto coi Lego da montare e smontare a piacimento e convenienza personale di chi pensa di poter stare meglio solo se diminuiscono le regole, solo perché quelle regole danno fastidio anche a un delinquente incallito.

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Il naufragio della Costa Concordia è accaduto per l’imperizia, la superficialità criminosa di chi compie  un’azione qual è questo “inchino” che tutti sapevano essere pericoloso ma nessuno ha mai vietato di far fare con una regola, una legge che impedisse questa manovra, tant’è che le navi che toccano le coste italiane continuano ad avvicinarsi troppo nonostante la triste esperienza. A Venezia manca poco che le navi da crociera salgano su piazza San Marco fra l’indignazione della gente e la consueta indifferenza degli organi preposti al controllo e ad evitare altri incidenti. Renzi andando a presenziare al rientro della carcassa della nave che verrà demolita non ha fatto altro che rappresentare l’Italia cialtrona e irresponsabile, quella che si gira dall’altra parte quando viene messa sull’avviso di un pericolo,  Renzi rappresenta degnamente, tanto quanto sapeva farlo berlusconi che andava sui luoghi dei disastri a raccontare barzellette  la politica ipocrita,  interventista solo per i cazzi suoi che tutto fa meno fronteggiare le vere emergenze e occuparsi di quell’irrisolto che poi trasforma in emergenze le normali necessità dei cittadini che non pensano che il miglioramento sociale e la dignità di un paese passino per delle riforme concordate con un delinquente da galera.

Già: se lo avesse fatto berlusconi chissà cos’avremmo letto sui giornali, anche su Repubblica eh?

  Nel paese normale ad attendere la Concordia avrebbe dovrebbe esserci Schettino al posto di Renzi che ha furbescamente e nuovamente approfittato di un’occasione, e chissà quanto mancherà alla promessa di più dentiere per tutti, visto che ottanta euro non bastano nemmeno per un’otturazione o una cura canalare..
Speriamo poco, così la gggente capisce.
Schettino che avrebbe dovuto essere già pronto per collaborare alla rottamazione della nave ovviamente a titolo gratuito, altroché in giro per l’Italia a fare vita da vip con trentadue morti sulla coscienza e un paese ridicolizzato di fronte al mondo anche per colpa sua.

Un presidente così multitasking non s’era mai visto. Quell’altro almeno faceva una cosa per volta: l’operaio, il capostazione, più spesso il malavitoso, che è effettivamente il ruolo che più gli si confá, gli viene naturale. Renzi no. Lui fa tutto e accoglie tutti: la rifugiata, la nave naufragata ma soprattutto il malavitoso.

Sempre nel solito paese normale i media non avrebbero dato così tanto spazio all’ultimo viaggio della Concordia che altro non è che una delle tante dimostrazioni di un fallimento disastroso, una tragedia che ha causato perdite umane. 
Tutto questo non va dimenticato anche al di là dell’ingegno poi profuso per rimediare ai danni che fra l’altro non è neanche un’esclusiva made in Italy – quindi non si capisce di che ci dovremmo vantare – quanto lo è invece chi ha provocato quei danni, quell’ex capitan Schettino che viene accolto come una rock star ovunque metta piede e, come se non bastasse c’è gente che non trova nulla di strano nel farsi ritrarre nella foto ricordo con lui, un po’ come succedeva davanti alla villetta di Cogne e al garage di Avetrana.
Tanti italiani hanno questo gusto dell’orrido, il dramma è che poi lo mettono in pratica anche in cabina elettorale.
Questa spettacolarizzazione dell’ultimo viaggio è stata un’altra di quelle famose armi di distrazione di massa con cui i media rincoglioniscono e telerincoglioniscono gli italiani affinché non pensino ai guai dell’immediato presente. Dovrebbe essere facile quindi immaginare il perché Matteo Renzi è andato a Genova con famigliola al seguito  a presenziare all’evento.
Ad esempio, nell’immediato presente c’è un partito politico che si vanta di essere il più amato dagli italiani che insorge e s’indigna per una frase tanto banale quanto di cattivo gusto [anche basta co’ ‘ste banane che non sono un cibo esclusivo dei neri] che, certo, si può e si deve criticare ma se chi lo fa poi non insorge e non s’indigna col capo di quel partito politico, casualmente anche presidente del consiglio, che si allea con un criminale e con questo vuole scardinare le fondamenta democratiche di questo paese beh, quella critica perde automaticamente tutta la sua forza e il suo valore.
La credibilità è una cosa seria per persone serie, non è roba per i frequentatori abituali di un ladro, corruttore e amico dei mafiosi.

Niente avversari e arbitro amico, che bello vincere (Ferruccio Sansa)

Il guappo di cartone
Marco Travaglio, 27 luglio
Tredici anni fa l’Italia salutava il suo più grande giornalista di sempre: Indro Montanelli. Mentre ancora si discute se fosse di destra o di sinistra, suscitando – da qualche parte Lassù – le sue sonore risate, si dimentica la sua maggior virtù, oltre alla prosa e alla libertà: avendo studiato e narrato la storia d’Italia, Montanelli conosceva e raccontava gli italiani come nessun altro. E, quando giudicava un politico, si metteva nei panni della gente per studiare come lo guardava. Berlusconi gli stava simpatico. Ma ciò che subito lo allarmò, non appena nell’estate ‘93 quello gli preannunciò la sua “discesa in campo”, fu la miscela esplosiva che sarebbe nata fra i tratti caratteriali del suo ex editore e la voglia di padrone che alberga nella pancia di una certa Italia. Quella che aveva fatto dire a un altro rabdomante, Mussolini: “Come si fa a non diventare padroni in un paese di servi?”. Fra il Duce e il Cavaliere ci fu un altro politico italiano che provò a diventare padrone, e per un po’ ci riuscì: Craxi. Nel 1983, quando andò al governo, Montanelli sul Giornale lo salutò così: “Come uomo di partito, Craxi ha certamente grossi numeri. Come uomo di Stato, è tutto da scoprire… È arrogante, un po’ guappesco e sembra avere del potere un concetto alquanto padronale… Craxi ha una spiccata – e funesta – propensione a considerare nemici tutti coloro che non si rassegnano a fargli da servitori. Sono pochi, intendiamoci, i politici immuni da questo vizio. Ma alcuni sanno almeno mascherarlo. Craxi è di quelli che l’ostentano sino a esporsi all’accusa di ‘culto della personalità’… che potrebbe procurargli guai seri. Non perché a noi italiani certi atteggiamenti dispiacciano, anzi. Ma perché in fatto di guappi siamo diventati, dopo Mussolini, molto più esigenti: quelli di cartone li annusiamo subito”. E così fu: alla protervia di Craxi, che eccitava gl’intellettuali, gli italiani preferivano il grigio e molliccio understatement dei democristiani, che sapevano gestire il potere senza quasi farsene accorgere. Soltanto B., grazie al fascino del denaro, del successo e delle tv, riuscì a far digerire per vent’anni il suo guappismo molesto. Chissà cosa direbbe Montanelli oggi del suo quasi concittadino Renzi, rara avis di democristiano che posa un po’ da Craxi e un po’ da B. Certo, il ritratto di Bettino gli calza a pennello. Tranne forse la profezia finale: a giudicare dalle Europee, si direbbe che ne vogliamo un altro, di guappo di cartone. Renzi ne è convinto e ci marcia.
Ma esagera.
Nel bene e nel male, non è B.: gli mancano i soldi, le tv, l’aura di successo e i crimini. Finché non è entrato a Palazzo Chigi, non ha sbagliato una mossa. Da quando è al governo, non ne ha più azzeccata una: gli 80 euro, con il loro effetto nullo sui consumi, sono già evaporati; le riforme su cui s’intestardisce –Senato e titolo V–non interessano a nessuno e, anche se riuscisse a condurle in porto, non migliorerebbero la vita a nessuno (salvo che a lui), mentre quelle che potrebbero cambiare il Paese in meglio segnano il passo o sono lettera morta. Eppure, con un così magro bottino di risultati, specie a fronte delle promesse fatte e delle aspettative create, continua a svolazzare come se il consenso fosse eterno. E cade nell’errore fatale di confondere il presenzialismo con il presidenzialismo: non basta baciare bambini, fare selfie con le fan, ingravidare madame con un’occhiata, twittare e messaggiare a ogni ora del giorno e della notte, imbucarsi nelle feste altrui tipo la partita del cuore o l’arrivo degli orfani dal Congo o della povera Meriam, ri-varare la fu Costa Concordia come la contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare e poi volare a Parigi truccato da Miss Tour de France per calzare la maglia gialla di Nibali, insomma travestirsi da sposa ai matrimoni e da salma ai funerali, per avere in pugno l’Italia. Complice la crisi, data prematuramente per scomparsa, gli italiani potrebbero stufarsi di lui molto prima di quanto sospetti. E rottamare anche l’ultimo guappo di cartone, con largo anticipo sui predecessori.

Operazione Casta Concordia

Mauro Biani

PASSA LA LINEA MORBIDA. SCHIFANI: “B. COMANDERA’ LONTANO DAL PARLAMENTO”  – Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano

 Gli arresti domiciliari non sono una specie di convalescenza, di vacanza, di periodo di aspettativa. Sono – appunto – arresti domiciliari durante i quali ai delinquenti comuni viene inibito ogni contatto con l’esterno.
berlusconi politica non l’ha mai fatta nemmeno in parlamento e nei suoi domicili faceva altro, ad esempio le famose cene eleganti; ma basta con queste prese per il culo a getto continuo. Se la linea “morbida” è quella che consente al pregiudicato amico e pagatore di mafiosi di poter mettere ancora bocca e becco nella politica, il modo è ancora tutto da studiare, bisognerà pure inventarsi qualcosa per spiegare agli italiani ma soprattutto a chi dagli arresti domiciliari o comunque in una condizione di persona condannata a quattro anni di galera da scontare in comode rate e in un luogo a scelta del condannato non può e in nessun modo comunicare con l’esterno e figuriamoci con un parlamento della repubblica, non oso immaginare a quale sarebbe stata quella dura.

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Chissà perché a Repubblica e al Corriere della sera non interessa che l’appena nominato alla Consulta Giuliano Amato abbia avuto in passato dei comportamenti che non fanno di lui quell’esempio di moralità e imparzialità indispensabile per far parte, esserne addirittura responsabile, dell’ultimo tribunale, il più alto, la Consulta, quello preposto a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato nel merito di decisioni importantissime che riguardano tutto il paese?

Non dovrebbe essere un dovere del giornalismo “indipendente” quale si vantano di essere i due suddetti quotidiani contribuire ad informare i cittadini?
Nascondere al grande pubblico i fatti che riguardano Giuliano Amato, seri, gravi e che costituiscono molto più di un precedente per fare del dottor Sottile il meno adatto a ricoprire una carica così importante, lasciare che sia il solito Fatto Quotidiano a fare i lavori sporchi, tipo chiedere le dimissioni dell’inadeguato Amato per accusarlo poi di essere il giornale dei giustizialisti, dei manettari non è la più infame e vigliacca delle azioni?

In un paese che cade a pezzi, dove le istituzioni e la politica non trovano, perché non possono e non vogliono, il modo di buttare fuori dal parlamento il pregiudicato delinquente berlusconi e un presidente della repubblica si rende complice di questa oscena operazione di salvataggio a tutti i costi fino a nominare Giuliano Amato alla Consulta, quello stesso Amato che per ben due volte il centro destra di berlusconi avrebbe voluto al Quirinale, la notizia più importante con cui aprire giornali e telegiornali può mai essere lo spostamento della nave incagliata all’isola del Giglio?

Una domanda a questi cosiddetti grandi organi di stampa e informazione: “ma per chi ci avete preso? pensate davvero di poter continuare ancora per molto a rendervi complici di questo scandalo denominato governo delle larghe intese in funzione del quale bisogna tacere su ogni nefandezza per non disturbare il progetto di pacificazione nazionale, ovvero l’annullamento della sentenza che condanna il più delinquente di tutti?”

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Il silenzio che salvò Amato dal crollo di Craxi – Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano

[VIDEO] Giuliano Amato alla vedova del senatore Psi: “Zitta coi giudici, non fare una frittata”

In una chiamata del 1990 l’allora vice del Psi di Craxi, oggi alla Consulta, chiede
alla vedova di un senatore di non parlare dei protagonisti di una mazzetta: “Tirati fuori dalla storia”.

Giuliano Amato alla Consulta, orgasmo da Rotterdam

I consigli di Amato alla vedova di un socialista: “Zitta coi giudici, niente nomi”

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MORRA: “AMATO SI DIMETTA, DA M5S INTERROGAZIONE URGENTE”

E pensare che [se questo fosse un paese normale] queste dimissioni  le avrebbe dovute chiedere il piddì.
E non solo le sue ma anche quelle del cosiddetto garante della Costituzione.
Ma purtroppo è solo l’italietta, della politica e delle istituzioni marce e corrotte, quella della politica bella  degli inciuci, delle pastette sotto e sopra il banco.

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Dimissioni di Amato per non trascinare nel fango Consulta e Quirinale – [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

Giuliano Amato ha un’unica strada per evitare di trascinare in un colpo solo nel fango la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale: rinunciare al suo incarico di giudice della Consulta.

Qualunque persona di buon senso e in buona fede dopo aver ascoltato il nastro del suo colloquio telefonico con la vedova del senatore socialista, Paolo Barsacchi, scovato dal nostro valente collega Emiliano Liuzzi, non può arrivare a conclusioni diverse. Invitare una testimone in un processo per tangenti a non fare nomi per tenere fuori da uno scandalo i vertici del proprio partito è un comportamento incompatibile con la funzione di giudice costituzionale.

L’obiezione secondo cui il colloquio, registrato dalla signora Barsacchi, è molto antico (risale al 1990), non vale. Nella carriera dell’ex vicesegretario del Psi, due presidenze del Consiglio e più volte ministro, ci sono altri episodi del genere. Storie spesso diverse tra loro che dimostrano però come il caso Barsacchi, per Amato, non sia stato un incidente di percorso, ma la regola.

Bettino Craxi, infatti, utilizzò Amato per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90 per tentare di arginare (leggi insabbiare) il crescente numero di inchieste che coinvolgevano gli amministratori del Garofano. Non per niente l’ex sindaco di Torino, Diego Novelli, durante la bufera scatenata dalla scoperta delle mazzette versate nel suo comune a Dc, Psi e Pci, fu rimproverato proprio dal neo giudice costituzionale per aver portato in Procura il faccendiere-testimone d’accusa Adriano Zampini “anziché risolvere politicamente la questione”. E nel 1992, quando il dottor Sottiledivenne per la prima volta premier, fu proprio il suo governo a spingere il Sismi e il Sisde a raccogliere dossier sui magistrati di Mani Pulite che stavano scoperchiando l’enorme rete di corruttele che aveva messo in ginocchio il Paese.

Lo si legge nella relazione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di sicurezzadel 6 marzo del ’96 e lo racconta nel suo libro, Sorci Verdi, l’ex ministro dell’Ambiente del governo Amato, Carlo Ripa di Meana: “Giuliano mi riproverò: disse che l’azione giudiziaria di Mani Pulite – come indicavano i servizi e il capo della Polizia Vincenzo Parisi – era un pericolo per le istituzioni”. Una considerazione significativa che dimostra come nella testa del neo giudice costituzionale alberghi da sempre un singolare ragionamento: il problema in Italia non sono i ladri e le ruberie, ma chi li scopre.

Anche per questo, ma non solo, oggi le istituzioni sono di nuovo in pericolo. Quale fiducia potranno avere d’ora in poi i cittadini nelle decisioni della Consulta, visto che tra loro siede un giudice che giustifica e anzi consiglia ai testimoni di essere reticenti? Cosa penseranno delle scelte del Quirinale gli italiani quando sentiranno Giorgio Napolitano ripetere le parole da lui stesso utilizzate un anno fa, il 25 settembre del 2012: “Chi si preoccupa dell’antipolitica deve risanare la politica” perché “far vincere la legge si può come avvenne contro la mafia, come dimostrano Falcone e Borsellino”?

Domande retoriche. Alle quali in qualsiasi Paese del mondo non si risponde con il silenzio imbarazzato dei partiti delle larghe intese di queste ore, ma con una lettera d’immediate dimissioni. La firmerà Amato? Alla luce dell’esperienza pensiamo di no. Ma per una volta ci piacerebbe essere smentiti. Vedere l’ex vice-segretario Psi picconare con la sua presenza ciò che resta della credibilità di Consulta e Quirinale è un brutto spettacolo.  È una di quelle  scene di cui l’Italia non ha davvero più  bisogno.

Milleproroghe

Preambolo:

A Porta a Porta compare il plastico della Concordia. Spero che un giorno Rocco Siffredi faccia una strage in una piazza armato del suo solo cazzo. Voglio vedere Vespa che modellino si inventa.

Sottotitolo:
       Lega, sindaco di Adro contro Napolitano
‘Una vergogna averla come Presidente’

Il primo cittadino del paese bresciano contro il Capo dello Stato colpevole di aver nominato Cavaliere l’imprenditore che pagò la mensa scolastica a quei bambini esclusi perché i genitori erano morosi.

Una tassa (un’altra!) sulle sigarette per pagare le pensioni dei lavoratori precoci; valà che fantasia, ci volevano gl’ingegneri della moneta per partorire questa genialata inserita in quel casino chiamato milleproroghe nel quale tutti i governi di tutti i colori, tecnici e non, infilano tutte le porcate possibili e anche quelle impossibili e inenarrabili.

Fra un po’ metteranno le stelle gialle sulle porte di casa dei fumatori, come facevano i nazisti con gli ebrei, in America ci sono proprietari che non ti danno nemmeno un appartamento in affitto se sei un fumatore, poi magari sei uno stupratore seriale di bambini ma a loro non frega un cazzo; il fumo fa male puntoebbasta.

Quanto ancora lo stato riterrà opportuno guadagnare su quello che poi vieta, sconsiglia e aumenta di prezzo con la stessa frequenza con cui si cambiano le mutande? (e spero che la maggioranza della gente le cambi tutti i giorni almeno una volta). Questo governo ha già aumentato il tabacco trinciato che molta gente usa proprio per risparmiare, evidentemente quello che fa risparmiare nuoce alla salute più dell’alcool per esempio; in Grecia è successo lo stesso: quando le autorità si sono accorte che la gente per risparmiare non usava più il gas ma l’elettricità hanno aumentato il costo dell’elettricità, cornuti e mazziati, insomma, e senza nemmeno poter scegliere come farsi eventualmente del male. Il fumo è un vizio e non una priorità? bene: mi devo sentire in colpa perché fumo? e poi di quanto altro devo sentirmi in colpa per cose che non ho contribuito io a rovinare? la mia priorità è anche quella di essere trattata da cittadina che paga le tasse, rispetta la legge, quelli che non fumano e vorrebbe anche poter continuare a fare ogni tanto quello che le piace, non soltanto quello che deve. 

Aumentando le sigarette si vuole incidere sul costo sociale di chi poi si ammala a causa del fumo, disincentivare le abitudini dannose? ari_bene, anzi, benissimo: gli incidenti stradali hanno un costo molto maggiore per la società, eppure nessuno vieta alla gente di salire in macchina anche per andarsi a sfracellare sul pilone della tangenziale. Io tasserei gli obesi per esempio, quelli che mangiano più di quanto sia necessario, anche le loro cure le paghiamo noi. E come scrive un amico altrove tasserei quelli che  fanno pagare noi per andare a soccorrerli quando praticano i loro fottuti sport estremi. Perché io devo pagare per chi non si regola a tavola o per quegl’imbecilli che si sentono bene solo se violano una montagna, la foresta, il mare e il cielo?
Però insomma basta, la mia libertà non me la faccio tassare, almeno non senza dire quanto sia ingiusto lasciare tutto a chi lo ha sempre avuto e togliere man mano il molto a chi aveva già poco di suo.
Viviamo in uno stato estortore (equitalia) e biscazziere che ci dice che il fumo uccide però ce lo vende, che bisogna bere poco, e ti vende pure l’alcool, che possiamo giocare d’azzardo per riempire le casse dello stato ma con moderazione, responsabilmente, sapendo benissimo che c’è gente che col giochetto ‘innocente’ dei gratta e vinci dilapida stipendi e pensioni; sono soprattutto gli anziani e le anziane a spendere un sacco di soldi con queste cazzate invece di destinarli ad un uso più utile.
Se non si trattasse dello stato ma di un’associazione a delinquere qualsiasi che fa le stesse e identiche cose  la si potrebbe definire il monopolio dei clienti delle puttane, praticamente, approfittatori che lucrano sulle debolezze e le disgrazie altrui.

Altro che cazzi

Sottotitolo: In Italia i veri privilegiati sono loro: gli operai. Sono gli unici che guadagnano un sacco di soldi pur svolgendo lavoro subordinato, perché – stando a sentire le dichiarazioni dei redditi degli italiani – tassisti, orefici e gioiellieri, ad esempio, guadagnano meno delle tute blu. Ci dev’essere l’inghippo, è chiaro che gli operai rubano ai poveri gioiellieri il pane e il lavoro. (Roberto M.)

 

“Un paese dove i gioiellieri dichiarano mille euro al mese me lo declassi in serie B? Ma un Paese così merita la Champions League”.

Schettino è la perfetta metafora di questo paese! Uno che dice “va tutto bene” mentre la nave affonda, ricorda qualcuno. (Maurizio Crozza  nella copertina di Ballarò)

La chiusura di Crozza di questa sera, rivolta a Bersani, conferma lo stato pietoso in cui è ridotta questa Italia senza una guida politica: “vada a bordo, cazzo”

 

Un notaio dichiara un reddito medio di 280mila euro, un tassista di 14mila, un commerciante di elettrodomestici ne guadagna, per il fisco, 10mila, e un commerciante di scarpe 7mila euro l’anno. Nella lunga strada che separa queste categorie c’è di tutto.

Tutti i numeri delle dichiarazioni in base agli studi di settore

Le dichiarazioni Irap e Ires
di Antonio Criscione e Saverio Fossati – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/uBKAF

Un tassista oggi esponeva un cartello: “non voglio essere espropriato dall’ultimo governo comunista del mondo”. Dunque adesso le liberalizzazioni sono comuniste. Non si capisce più niente se non separando e distinguendo gli idioti da chi ha un po’ di senno. E allora mi chiedo: ma ha ancora senso il suffragio universale? No. Un tassista come quello non può annullare il mio voto. Perché è cretino. Completamente. Non sa. È come un bambino di 12 anni che vuole guidare l’auto senza patente: non può votare. Prima fa un esame. E poi vota. Anche Scilipoti se vuole. Ma prima fa un cazzo d’esame. 

 

La metafora

 Sottotitolo: La tragedia del Giglio è la più perfetta delle metafore italiane. Onnipotenti al comando che si rivelano codardi incapaci. Dell’equipaggio sbarcano in molti prima di soccorrere. Avranno in premio la vita. Chi resta ad aiutare viene accusato di negligenza. Muoiono i turisti. Ma soprattutto muoiono gli ultimi dell’equipaggio. Gli schiavi. Quelli che lavorano sotto il livello del mare. E mentre la barca è in equilibrio su tre speroni di roccia, ecco giovedì la mareggiata che la inabisserà.

Schettino starebbe bene in parlamento. (D.D.)

 

Naufragio Costa. Da Venezia si leva la protesta contro le grandi navi da Crociera

 la furia dei cervelli: COSTA CONCORDIA: LA “MOVIDA” GALLEGGIANTE

Il naufragio di un Paese

Con la Costa Concordia è naufragato quel poco di reputazione del nostro Paese che ancora ci rimaneva.  

Perché fare tante polemiche sulla sicurezza delle navi proprio ora che c’è una tragedia? Semplice, perché siccome tra poco non fregherà più (quasi) nulla a (quasi) nessuno, forse è l’unica occasione per fare qualcosa per rendere più sicura la navigazione. Della serie: si può chiudere il recinto solo quando i buoi sono scappati, è vero, ma almeno si evita che scappino i prossimi. Pensare di eliminare il fattore pericolo nelle cose che si fanno, si devono fare e affrontare è mera utopia, ma buona parte della sicurezza quando si ha a che fare con la responsabilità di altra e tanta gente è nella gestione dell’emergenza e del rischio; gli incidenti capitano in continuazione ma quando si ha una fabbrica, una nave, un autobus bisogna essere responsabile e sapere di aver fatto tutto il meglio per fronteggiare il rischio. Trovare una situazione sicura è impossibile, ma bisognerebbe trovare una situazione almeno “preparata”,  quando si dipende completamente da strutture su cui non si ha voce in capitolo o da altre persone (in nave, in autobus, in aereo, a scuola, in ufficio, a teatro, allo stadio,  in fabbrica, eccetera…).

 

Catastrofe Italia

Sottotitolo:  La Costa Concordia prima della tragedia all’Isola del Giglio ha avuto una serie di incidenti. Il 4 maggio del 2011, un turista di nazionalità russa di 33 anni cade in mare dal ponte della nave, il corpo verrà ripescato qualche giorno dopo, tra le ipotesi vagliate anche quella del suicidio. Sei mesi dopo una gru mobile al porto di Savona si schianta sulla nave. La gru per fortuna non crea danni, né feriti. Risale invece al 22 novembre 2008 l’incidente al porto di Palermo, quando a causa del forte vento, la nave da crociera ha una collisione contro la banchina del porto siciliano durante la fase di attracco. L’impatto è durissimo, si crea un ampio squarcio tra la prua e la fiancata destra della Concordia, e uno dei portelloni di prua andò distrutto. Per fortuna non si registrarono feriti. Inaugurata solo nel 2 settembre 2005, la Concordia ebbe una battesimo “sfortunato”, durante il varo infatti di fronte ad autorità e pubblico, non si ruppe la bottiglia di champagne con cui vengono battezzate le nuove imbarcazioni che solcheranno il mare. Un brutto presagio, secondo le tradizioni marinare. (Il Fatto Quotidiano)

 La tragedia della Costa Concordia è perfettamente in linea con quello che sta succedendo in Italia. Ogni delirio prima o poi incontra il suo scoglio.

Resta da capire che ci facesse una nave di quelle dimensioni ancora così sottocosta. La strumentazione può fallire ma dov’erano e che facevano i responsabili?  secondo il comandante quegli scogli non dovevano esserci; un’affermazione assai singolare,  si fabbricano automobili anche di media cilindrata dotate di sensori per il parcheggio e una nave alta come un palazzo di dieci piani non individua uno scoglio?  alle case pagate all’insaputa di chi ci vive, alle vacanze saldate sempre all’insaputa di chi se le è godute ora si aggiunge  un altro nobilissimo esempio della cialtroneria italiota: gli scogli all’insaputa (delle carte nautiche e di chi le dovrebbe saper leggere). Forse è per questo che, a quanto pare, non la pensano così gli inquirenti visto che il comandante è attualmente in stato di fermo. Spero solo che non andrà a finire come al solito: tutti colpevoli, nessun colpevole: a me resta l’orribile certezza che in questo paese le emergenze non si sanno fronteggiare, oltre al timore per quella tendenza diffusa di negare giustizia in situazioni dove solo quella può aiutare a trovare un minimo di rassegnazione.

Comunque, the show must go on:  nessuno ha smesso di volare dopo le grandi tragedie dell’aria e gli incidenti stradali fanno più morti di una guerra.

Ci hanno rubato

Da sempre ci avete rubato. Ci rubavate l’acqua, quando era il tempo della siccità, del razionamento, dei campi che diventavano deserto. C’erano i piani idrici, e le industrie avevano la priorità. Prima l’acqua al polo industriale di Portovesme, poi, se ne restava alle case. Passavano le autobotti per approvvigionare i serbatoi che come funghi decoravano i tetti e i balconi delle case. Tanconi neri di polietilene, o azzurri a deturpare ciò che già aveva l’estetica della miseria operaia.

 

Ci avete rubato la salute, con i fumi neri, con i fanghi rossi, con i metalli pesanti, con quelle polveri che a seconda del vento ricoprivano i tetti, le auto e foderavano i polmoni della gente che, ignara, continuava a respirare. Ci avete rubato il mare, inquinandolo di fanghi rossi, di fuoriuscite di putridume tossico.

Hanno rubato la vita a centinaia di persone, morte o sopravissute alle leucemie, diventati vecchi anzitempo, con le protesi alle ossa, o ai denti corrosi dalle chemioterapie.

 

Siamo sempre stati terra di conquista – ma ammettiamolo – ci siamo anche lasciati conquistare dalla possibilità di avere quel lavoro sicuro, quello che bastava a campare la famiglia, a noi che non avevamo molte pretese, che bastava poter spendere nei negozi che da sempre sono spuntati come funghi.

 

Siamo stati terra di lotte operaie, abbiamo contribuito a creare quelle condizioni di lavoro umano, per scordare il passato ormai dimenticato, della tirannide fascista e della silicosi che svuotava gli uomini dei loro polmoni.

Dopo non era più l’acqua ma l’energia, che le industrie pagavano a cifre irrisorie, dopo aver ricattato lo stato, abbassato i costi di produzione per continuare ad arricchirsi lasciando la speranza agli operai di poter ancora provare a sopravvivere, mentre il tempo cambiava.

 

Il tempo della nuova economia, così vecchia da far paura. Vecchia come l’800 quando si lavorava per mangiare e tenersi in forze per lavorare.

 

Avete rubato la storia di un popolo che ha lottato, e che colpevolmente si è piegato al sogno berlusconiano, delle belle auto che sfrecciano sulle nostre strade inadeguate, il sogno delle barche che da mezzo al mare ci guardano da lontano, come se non volessero sentire il nostro odore.

 

Ci avete rubato le spiagge, le coste con le bombe americane, quelle che giacciono in fondo a quel mare dove a noi è fatto divieto nuotare. Avete testato uranio impoverito e regalato altro cancro, sfruttato le nostre risorse, ed oggi è miseria.

Altri americani se ne vanno chiudendo l’Alcoa, fabbrica che ha chiuso il suo bilancio in attivo. Un migliaio di sognatori resteranno a casa, non vivranno più. Qualcuno forse si ucciderà come si usa fare quando vince la disperazione – e in Sardegna più che in altri luoghi. Qualcuno non avrà nemmeno la pensione, ma erediterà una bella malattia da combattere ancora, come una volta, forse, ha combattuto per conservare il diritto di lavorare e di ammalarsi.

 

Ci hanno rubato tutto, noi lo sapevamo, qualcuno lo gridava, in troppi hanno voluto fingere di non sapere, perché alla fine la vita è quella che spera nel domani. Ma ci hanno rubato anche quello. O forse glielo abbiamo lasciato rubare.

 

Rita Pani (APOLIDE)