Happy birthday, mr president!

Sottotitolo: io, che non bastava il tacco 5 lo scrivevo anche un anno fa.

Preambolo: perché non possiamo avere nel parlamento una persona splendida come Maurizio Landini? perché quando si parla di esperti non si pensa mai a chi esperto lo è davvero, sa quello che dice per esperienza e non per averlo studiato nelle sofisticatissime aule di una università privata? adoro quell’uomo, sono affascinata dalla sua competenza, dalle cose che dice, che spiega con parole semplicissime.

Sarebbe perfetto, ecco perché non lo vedremo mai ministro né sottosegretario.
 De Gennaro invece è competente, espertissimo, altroché.
In un paese normale e con una sinistra decente al governo, Landini sarebbe ministro del lavoro, un eccellente ministro del lavoro.

TEPPISTI E POLIZIOTTI

http://libernazione.it/teppisti-e-poliziotti/

D’accordo, ministro Cancellieri: facciamole vedere tutte, le foto.
Ma non dimentichiamo, per cortesia, che in uno stato di diritto la foto di un teppista che mena un poliziotto non ha, non può avere, un peso anche minimamente paragonabile alla foto di un poliziotto che compie un abuso: per la semplice, ovvia ma troppo spesso dimenticata ragione che un teppista è un teppista, mentre un poliziotto è un poliziotto; il che equivale a dire che dai teppisti, per universale e condivisa percezione, ci si deve difendere, mentre dai poliziotti, che non a caso indossano un’apposita divisa per essere riconosciuti, si dovrebbe essere protetti.
Credo sia per questa ragione -semplice, ovvia ma troppo spesso dimenticata- che i giornali tendono ad enfatizzare le foto dei poliziotti che compiono abusi rispetto a quelle dei teppisti che li menano: perché un teppista che fa il teppista non è propriamente una notizia sconcertante, mentre un poliziotto che si comporta come un teppista sì.
Ne consegue, ministro Cancellieri, che le foto possiamo pure mostrarle tutte: ma ai fini di questo discorso, per come la vedo io, non dimostrerebbero un bel niente.
Ciò detto, se le fa piacere, partiamo pure con la fotogallery.

Un paese in cui si lanciano lacrimogeni, da un ministero, su ragazzi inermi, non é piú, semmai lo sia stato,  un paese civile, é uno stato di polizia, una dittatura.

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Un ministro dell’interno che si complimenta del lavoro svolto dalle forze dell’ordine  senza visionare le immagini nella sua interezza, facendo una patetica e ancorché miserabile  considerazione su un casco rotto in testa ad un poliziotto come se fosse uguale ad una testa, un braccio, una gamba spaccati da funzionari dello stato preposti a tutelare i cittadini, non a prenderli a calci quando sono a terra, disarmati, inoffensivi e inermi.
Un ministro cosiddetto del lavoro che in un anno, ebbene sì, per chi se lo fosse dimenticato oggi è un anno esatto dall’insediamento del governissimochefabenissimo, non ne ha azzeccata una, in compenso ci ha allietati con le sue stupide contumelie quotidiane verso tutti, perfino su un malato incurabile di sla dal quale è stata elegantemente compatita.
Un ministro dello sviluppo economico indagato per un reato strettamente collegato all’economia nazionale che può fare il ministro riverito e rispettato come se niente fosse perché il suo reato, dice, non compromette l’attività governativa [neanche andare a mignotte se si pagano con soldi propri e non con ministeri e posti in regione,  se è per questo, però, insomma, eh?].
Un ministro della giustizia che si vanta di una legge anti corruzione deprivata di tutto quello che servirebbe per renderla davvero efficiente ammettendo che, farla bene significa poi non poterla mettere in pratica.

Un presidente del consiglio che continua ad essere ottimista nonostante dati e numeri di tutto quest’anno trascorso abbiano detto e dicano tutt’altro a poposito della crisi, Monti solo pochi giorni fa si vantava, in perfetto stile british, che in Italia non si fossero ancora manifestati episodi di malcontento, effettivamente noi italiani saremo anche un po’ coglioni ma in quanto a pazienza non ci frega nessuno, quando proprio non si sopporta più si prende una corda e una pistola e si chiude lì, senza fare troppa confusione: sono stati più di cinquanta i suicidi di quest’anno che avevano alla base problemi economici, mentre  in altri paesi la gente è in piazza tutti i giorni da mesi, altro che gli scioperelli di tre, quattro ore che organizzano i nostri gloriosi sindacati, nemmeno tutti poi, qui.
Solo pochi esempi, i più recenti, che denotano, semmai ce ne fosse ancora l’esigenza, la distanza fra politica e realtà, e quanto questa distanza sia pericolosa perché quando non si capiscono i problemi della gente non si ha nemmeno la capacità di risolverli anche da un punto di vista umano, non solo pratico – logistico.
Come scrivevo esattamente un anno fa “non ci vuole  monsieur de la Palisse per dire che, se paragonato a berlusconi TUTTO è meglio di lui e dell’operato del suo governo […].

Ma io non mi sono seduta dalla parte dei “menopeggisti” come han fatto altri, quelli che oggi al solo sentire pronunciare il nome di Monti abbassano le palpebre in segno di rispetto per la paura che dopo o senza di lui sarà il diluvio. Salvatori  “aggratis” in Italia non ne abbiamo mai avuti. E nessuno ha mai fatto cose per la gloria e il prestigio.
L’Italia ha sempre pagato un prezzo altissimo a chi l’ha tolta dai guai. E la prima cifra di quella somma è stata ed è la limitazione della libertà. Una cosa che si ripete da 65 anni ormai.
Perché con Monti tutto sarà meno che una festa.

E infatti oggi non abbiamo niente da festeggiare.

Servizio Pubblico, Travaglio: “Elsa Fornero non sbaglia mai”

Petraeus e le cene eleganti
Marco Travaglio, 16 novembre

Da giorni il generale Petraeus occupa le prime pagine dei giornali, ma siamo ancora in attesa di un illuminante commento di uno dei nostri esperti di intercettazioni, privacy, presunzione d’innocenza e giustizialismo sullo strano caso del capo della Cia intercettato dall’Fbi e perciò costretto alle dimissioni. Quelli, per intenderci, che da 15 anni raccontano che solo in Italia si fanno tante intercettazioni (6 mila su 60 milioni di abitanti contro le centinaia di migliaia degli Usa, per giunta incoltrollate perchè gestite aumma aumma dai servizi e dalle varie polizie, come ha spiegato bene Bruno Tinti),che non si può più telefonare in santa pace, che siamo uno Stato di polizia e che per lasciare una carica pubblica ci vuole prima una condanna definitiva. Dove sono i Polito, i Panebianco, i Galli della Loggia, i Battista, i Ferrara, ora che il loro paradiso terrestre manda a casa il capo della Cia che tradiva la moglie con la sua biografa? L’unico temerario che ha osato pronunciarsi è quel kamikaze di Piero Ostellino: gli altri, colti da improvvisa afasia, l’hanno rimasto solo. Ostellino, peraltro, non coglie il nocciolo del problema, infatti riduce il caso Petraeus che sta terremotando l’intelligence della prima potenza mondiale e lambisce il presidente Obama, a una storiella di corna. Sorvolando su un piccolo dettaglio: decine di migliaia di telefonate, sms e mail intercettate (30 mila solo quelle fra il generale Allen e Jill Kelley, amica di Petraeus), su cui la stampa e le tv di tutto il mondo si stanno avventando come piranhas, senza risparmiare alcun dettaglio, nemmeno il sesso sotto la scrivania. Infatti Ostellino, affranto e inconsolabile per le dimissioni del generale, scrive che s’è fatto inopinatamente “condizionare dalle convenzioni sociali di una società puritana che ha trasformato l’etica individuale in etica collettiva, contravvenendo alla separazione fra peccato e reato, fra Stato e Chiesa, fra sfera privata e sfera collettiva”. Insomma, doveva tener duro: “Chi glielo ha fatto fare” di dimettersi? “Il senso di colpa, e di relativa oppressione, che l’adultero deve aver provato di fronte alla prospettiva della riprovazione generale che avrebbe suscitato la sua infrazione al codice coniugale”. Una “manifestazione di bigottismo sociale tutt’altro che esemplare”, che Ostellino ha ritrovato solo “in Cina”: ecco, stiano attenti gli americani, perchè stanno diventando tutti comunisti. Il fatto che per mesi e mesi una signora, per giunta giornalista e scrittrice, abbia avuto accesso ai segreti più reconditi di Petraeus, e dunque della Cia, abbia maneggiato documenti riservatissimi e classificati, nell’oggettiva condizione di poter ricattare uno degli uomini più potenti d’America, non sfiora nemmeno il povero Ostellino.Eppure è proprio la ricattabilità,non certo il bigottismo del capo della Cia che, una volta scoperta dall’Fbi, l’ha condotto all’unico passo che poteva liberarlo da quella spada di Damocle.

Per la stessa ragione, fin dall’inizio dei casi Noemi, D’Addario e Ruby, qualche voce sparuta in Italia aveva osato chiedere a B. di lasciare Palazzo Chigi: non per le sue cene eleganti, ma perchè le continue forniture di decine e decine di ragazze di cui nemmeno sapeva il nome lo ponevano in una condizione insostenibile. Quella che ancor oggi lo costringe a mantenerle tutte, a botte di 2500 euro al mese, come se non bastassero i milioni che di tanto in tanto “deve “versare a Dell’Utri e a chissà quanti altri. Ma le vestali della privacy fingevano di non capire, anzi dicevano che il vero problema sono le intercettazioni. E invocavano la legge bavaglio, che vaga ancora per il Parlamento con tanto di ministri tecnici che ogni tanto vorrebbero riesumarla perchè “il problema esiste”. 
Per questo nessuno trae le necessarie conseguenze dal caso Petraeus: troppi bugiardi dovrebbero ammettere di aver raccontato agli italiani un sacco di balle.

Autorità [di controllati e controllori]

Sottotitolo: «La Bbc non mi piace ma non ci posso fare niente» (Margareth Thatcher)

Preambolo:  secondo la legge i commissari delle varie autorità  devono essere autonomi e indipendenti.  E, soprattutto, competenti.

Morale: dopo ogni puntata di Report viene voglia di espatriare, senza fare nemmeno le valigie,  per non portarsi via nemmeno un granello di polvere proveniente da questo paese.

Report – I Garanti del 07/10/2012

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Le authority sono gli organi indipendenti che regolano il mercato.

Come stanno vigilando sulla più grande operazione europea di fusione tra due compagnie di assicurazione, Fondiaria Sai di Ligresti e Unipol di LegaCoop?

I segretari comunali in Italia sono circa 3.000. Dai piccoli comuni alle grandi città tutti devono averne uno. Sono i più importanti dirigenti comunali e il loro ruolo principale è controllare che i provvedimenti varati dalla giunta siano conformi alle leggi. Il loro stipendio è a carico del comune e in molti casi raggiunge cifre così sproporzionate da farli apparire una vera e propria casta. A Camugnano, un piccolo paese di duemila abitanti in provincia di Bologna sommando stipendio base, indennità e rimborsi, il segretario comunale alla fine costa quasi 110 mila euro all’anno. E simile è la situazione in tanti altri comuni. Fino a raggiungere cifre da capogiro, come a Como: il suo segretario nel 2011 ha dichiarato 234mila euro, il doppio dello stipendio base del capo dell’FBI. In tutto gli stipendi dei segretari costano all’amministrazione ogni anno tra i 150 e i 200 milioni di euro, mentre l’agenzia che gestisce il loro albo, sebbene soppressa, continua a costare ogni anni decine di milioni allo Stato.

In Inghilterra  l’interferenza dei governi, e dunque della politica sulla scelta delle varie authority di controllo  significherebbe “un grave danno di immagine”.

E quindi, semplicemente, non interferiscono per non danneggiare – appunto – la loro immagine.
Perché da noi no?
Perché da noi la politica, tutta, e i governi, tutti, non solo interferiscono ma scelgono e propongono ma più che altro impongono direttamente chi dovrà occuparsi di garanzie ed essere quindi imparziale ma che per ovvii motivi di conflitto di interessi [parlando con pardon] non potrà mai essere né garante e né imparziale?

Dopo aver visto l’ennesima puntata voltastomaco di Report ci vorrà un coraggio da leoni alle prossime elezioni [eventuali, ormai siamo nell’ambito infinito delle ipotesi anche per quel che riguarda proprio l’abc della democrazia] a votare per questa politica amica o conoscente assai stretta delle varie cricche che poi infila in ogni dove,  di amici, parenti e conoscenti o semplicemente di persone funzionali al progetto di chi non vuole civilizzare l’Italia né renderla un paese semplicemente normale,  gente  che poi va, per volere della politica, dunque non potendo poi  fare gli interessi dei cittadini che dovrebbero essere tutelati,  a comporre gli istituti di controllo di tutto quello che è proprio e invece il fondamento della democrazia quali sono appunto gli organi che poi devono, dovrebbero anzi, occuparsi di come viene regolato il cosiddetto ‘mercato’, persone chiamate a ideare e realizzare  le regole e che poi devono vigilare affinché vengano poi rispettate in un mercato che dovrebbe, anzi deve essere trasparente, non qualcosa entro cui nascondere e tutelare invece  gl’interessi  privati di chi gestisce quel mercato.

C’è un interrogativo che dovrebbe battere in testa a tutti come un’ossessione, qualcosa che tutti dovremmo ripeterci tutti i giorni come un mantra: perché tutto quello che in altri paesi è semplicemente un’operazione di civiltà democratica qui da noi diventa invece e puntualmente un esercizio di malaffare, di inciuci sottobanco ma che poi mostrano irregolarità così manifeste e palesi  che dovrebbero far resuscitare pure i morti dall’indignazione,  incentivati, promossi, approvati e condivisi perché VOLUTI da chi dovrebbe fare in modo che accada l’esatto contrario ma che invece lavora attivamente affinché lo schifo rimanga schifo e anche un po’ di più.
Per dirla con un esempio che capirebbe anche un bambino di cinque anni, come fa la moglie di Bruno Vespa, dottoressa Iannini di professione magistrato nominata nientemeno che garante della privacy dal governissimo che fa benissimo, a sorvegliare sulle trasmissioni di suo marito?  come fa a controllare che suo marito durante ogni puntata di porta a porta rispetti davvero le regole, così come vorrebbero le regole?
 Perché tutto quello che oltre gl’italici confini è semplicemente normale e quindi si fa, qui da noi è invece impossibile e dunque NON si fa?
E chissà per quale motivo il molto onorevole indagato Corrado Passera si è rifiutato di rispondere alla Gabanelli sebbene lui fosse il ministro più interessato di tutti rispetto all’argomento di cui trattava Report ieri sera.
Per quale motivo in un paese democratico [?] un ministro si può sottrarre, rifiutarsi  di rispondere alle domande di una trasmissione d’inchiesta ben fatta, che non racconta balle, che fa davvero servizio pubblico [incredibilmente proprio nella tv pubblica, quella pagata coi soldi di tutti, non quindi la dependance di una classe politica inguardabile e indecente] e che quindi merita rispetto.
Lo stesso rispetto che poi esigono e pretendono quelle che qualcuno definisce inopinatamente “istituzioni”.
Di cosa e chi non è dato sapere.
27 aprile 2012:  dicono che i partiti sono morti ma dall’appettito che hanno sembrano vivissimi come nel racconto di Edgar Allan Poe dove il cadavere apparente gratta da dentro la bara. Infatti continuano a lottizzare tutto, perfino le Autorità indipendenti che essendo indipendenti non dovrebbero avere niente a che fare con i partiti. Tanto tutti li credono morti e si preparano alla prossima abbuffata.
Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti.
Michele Santoro racconta Antonio Martusciello.

Populismi

Sottotitolo: Ricominciare, certo, ma da dove? penso a quella gente che è venuta a Roma sperando di essere ascoltata, considerata, cose che non accadranno perché come ci ha detto il molto onorevole indagato ministro Passera non ci sono i soldi per poter consentire alla gente di mantenere il proprio posto di lavoro e sono sempre più convinta che sia tutto inutile anche quello che molti, me compresa,  fanno in Rete.

Preambolo: Ma quanto mi piacciono quelli che accusano di teppismo gente che NON STA commettendo alcun reato ma cerca semplicemente di difendere il suo lavoro, e lo fanno al riparo delle loro sicurezze. Chi sono i veri teppisti, quelli che si difendono o quelli che nel tempo, sobriamente e non hanno deprivato e privato questo paese del benché minimo diritto ai diritti? Li vorrei vedere, in situazioni estreme, se non farebbero come e peggio di chi ha avuto l’ardire di pensare che un governo [uno qualsiasi] serva per garantire diritti e sicurezza, non certo per ordinare l’ennesimo pestaggio. Chissà se la Cancellieri avrà già pronto il commento pro forze dell’ordine.

Qualcuno che sia dalla parte dei cittadini, specialmente di quelli offesi e vilipesi e non solo a chiacchiere ci sarà rimasto in questo paese?

Protesti per tentare di salvare il futuro dei tuoi figli e ti menano.
Protesti per non far invadere la TUA terra da scempi architettonici che a nulla servono se non a far guadagnare altri soldi alle solite cricche di malavitosi e ti menano.

Protesti pacificamente, ti ignorano e ti menano. Butti due bombe carta, ti menano e ti dicono che stai dalla parte del torto [ma se ammazzi ragazzini a calci e botte oppure ordini massacri per conto terzi e cioè dello stato che chiede di eseguirli indossando una divisa hai il bonus della scelta della pena da scontare e nessuno ti licenzia dal posto di lavoro;  e comunque c’è sempre una prescrizione che annulla la pena da scontare e un ministro che esprime la sua solidarietà].

Lanci un estintore, ti menano e ti danno tre anni di galera quando non ti sparano.

Protesti per il diritto a respirare aria pulita e ti menano.
Protesti per il diritto laico sacro e santo di voler vivere in un paese dove la legge è uguale per tutti, dove i primi a rispettare la Costituzione dovrebbero essere [ma non lo fanno] quelli che OBBLIGANO per mezzo di regole spesso ingiuste, inique, inesatte, a comportarci come piace a loro e non a noi e ti menano.

Protesti per difendere il tuo lavoro, quel lavoro che la nostra Costituzione onora e celebra al PRIMO articolo della Costituzione e ti menano. Ma il pericolo è il populismo.

 Populismo:  il male assoluto. La parolina magica con la quale terrorizzare la gente che non sa, non capisce, si spaventa.

 Volevano la guerra fra poveri, fra padri e figli e l’hanno ottenuta.

Cos’altro vorranno per radere al suolo anche l’ultimo dei diritti non è dato sapere.

Quando la politica smette di fare gli interessi della gente un sano populismo, un’energica e rumorosa ribellione al dominio asfissiante del potere che annienta, toglie lavoro, diritti, possibilità e speranza sono strumenti di legittima difesa, altroché un pericolo.

Senza le ribellioni dei popoli saremmo ancora all’età della pietra.

Alcoa, scontri tra operai e polizia. “L’azienda chiuderà, ma vuole trattare”

Alta tensione al corteo dei lavoratori davanti al ministero dello Sviluppo a Roma, dove è in corso un vertice tra governo e sindacati: forze dell’ordine e lavoratori sono venuti più volte a contatto, petardi e bombe carta contro gli agenti. Per il momento si contano 6 feriti. Contestato Fassina.

500 operai a Roma

Un paio di candelotti falsi sotto un traliccio non servono a salvare il lavoro.

Non servirebbero nemmeno quelli veri, in realtà; ci vorrebbe altro, meno pericoloso, meno cruento, forse persino più bello da vedere. 500 operai dell’Alcoa in questo momento saltano e strillano, incazzati a Roma.

Sono là – recitano i giornali con enfasi – per seguire la trattativa. Quale trattativa? Quella che stabilirà di che morte devono morire, in base ad accordi in precedenza assunti con la proprietà della fabbrica.

 

Se oggi, in Italia, nemmeno l’ultima fabbrica di chiodi fosse stata aperta, se fuori da ogni cancello di ogni fabbrica piccola o grande, ci fossero stati gli operai a simboleggiare la solidarietà con gli operai dell’Alcoa, forse …

Se oggi per le strade fossero rimasti fermi i TIR che trasportano le merci in entrata o in uscita dalle fabbriche, a simboleggiare la solidarietà fattiva con un mondo destinato all’estinzione …

Forse se in questa sfida all’ultimo sangue si invertissero le parti, facendo sì che a condurre il gioco fossero gli ultimi, le cose potrebbero cambiare.

 

So da me di aver scritto delle idiozie, delle cose che odorano di antico; quei concetti superati dalla nuova visione politica delle cose, che stranamente ha dovuto inventarsi un mondo “globalizzato” per insegnare ai cittadini dello stesso mondo a diventare individualisti o settari. La classe operaia è stata abolita a suon di decreti avvallati dai sindacati, che a loro volta sono stati sostituiti da gruppi collaborazionisti asserviti ai padroni, e non più impegnati a tutelare il lavoratore e la sua dignità. Così siamo arrivati alla battaglia finale, quella di uno che vale uno che è contro uno, che pensa globalizzato, ma è pronto a salvare sé stesso pur sapendo che il suo salvataggio lo renderà schiavo.

 

500 operai dell’Alcoa sono a Roma. Sul web corre la solidarietà un tanto al chilo. C’è persino la diretta TV su Web che ognuno di noi potrà guardare con occhi diversi: chi pronto ad esultare ai primi tafferugli, chi pronto a sbraitare quando la Polizia dovesse attaccare  chi, alla fine elogerà la dignità di queste persone che pure incazzate, non hanno arrecato né danni, né disturbo alla città.

 

Poi riprenderanno la nave con una mezza promessa che li condurrà a Natale, o forse nemmeno quella, perché ormai è chiaro che anche l’industria in Italia debba finire di esistere. Staranno in piedi i camini della Marcegaglia, o di quelli come lei. Quelli che poi si incontreranno ancora a Cernobbio per il pranzo di gala. C’è di buono che tutto intorno, in quest’Italia solidale, si puliranno i cieli e nei campi nascerà ancora la cicoria.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Passer(à) anche questo [speriamo]

Sottotitolo: “Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent’anni fa” .
Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io.” { Licio Gelli, 28 settembre 2003 }

In questo paese anche il concetto di “turn over” si applica ad personam.
Per smantellare la procura di Palermo e rendere ancora più complicata l’azione antimafia è buono, per fare un repulisti come si deve in parlamento, no.
Nell’unico ambito in cui un ricambio è necessario, igienico e salutare al turn over, chissà perché, non ci ha pensato mai nessuno.
Evviva, come sempre, l’Italia.

Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover

Preambolo: c’è trattativa e trattativa.
Con le BR no, con tanti saluti ad Aldo Moro, con la mafia sì.
Sarebbe carino se sul sito del Governo pubblicassero un elenco dei possibili interlocutori, così poi ci  si regola.

Strepitoso  Travaglio che in una pagina e mezza di giornale ieri  ha smontato tutta la commedia degna del  peggior Teatro de’ servi sceneggiata e prodotta dalla premiatissima ditta «Eugenio Scalfari: un uomo molti perché».

Dal primo all’ultimo {speriamo} atto.

Non riesco a capire perché “La Repubblica” non sia stata  abbandonata da quelle firme che hanno ancora un’idea degna del giornalismo.

Povero D’Avanzo, che delle inchieste di mafia aveva fatto una delle sue ragioni di vita.

Troppo facile, per un quotidiano che vuole definirsi prestigioso  scrivere per settimane, mesi, per anni  quasi esclusivamente del mignottificio di Hardcore.

Allora valeva tutto, domande,  post-it, dossier, “speciali” mandati in onda in diretta  e in replica dalle radio associate al Gruppo Espresso.

Per SM Re Giorgio, invece,  su qualcosa si puó sorvolare e dimenticarsi del proprio professionismo.

Ragion di stato: “robba forte”.

“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia

Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone.

Famiglia Cristiana attacca il Meeting: “Cl applaude soltanto i potenti”

Dalle colonne del settimanale cattolico l’attacco alla kermesse ciellina che fa più male: “Cossiga, Andreotti, Craxi, Formigoni: applausi per tutti a prescindere da ciò che dicono. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. Non c’è senso critico, ma omologazione”.

Corrado Passerella
Marco Travaglio, 22 agosto

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro “tutta la classe dirigente italiana” che “non risolve i problemi della gente” e “suscita indignazione”. Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l’ha mai negato a nessuno, anch’essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi). Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all’affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L’altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che “l’uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare”. Altrimenti l’uscita è lontana.  Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D’Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni). Il “nuovo Passera” uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che “bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse,  una vera zavorra, fra le più alte al mondo”. In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: “Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?”. Lì invece l’hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un “decreto per la crescita” che avrebbe addirittura “mobilitato risorse fino a 80 miliardi”, ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto “sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata”. Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l’ha invitato agl’imminenti, imperdibili “Stati generali del Nord” in programma a Torino, ha aggiunto: “Dobbiamo riprendere il federalismo”. Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché “il Meeting porta fortuna” e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene “improbabile” un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno. Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l’incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l’accento).

Liber* tutt*

La mia solidarietà totale ad Alberto Musy, consigliere comunale di Torino dell’Udc ferito in un agguato.

Sottotitolo: Noi abbiamo deciso di introdurre il contratto universalistico.
Se non vi piace, potete sempre cambiare pianeta.
Non è un accordo sociale, qui di sociale non c’è niente.
Pensate che le banconote abbiano un anima?
Se ci stai sul cazzo perché pensi che il lavoro sia un diritto
pagheremo la tua emarginazione.
Se credi che sul posto di lavoro
si mangia, si va al bagno, si parla di politica
non la si dà al capo e si vorrebbe anche l’aumento
e magari anche il riposo la domenica,
forse non hai letto la scritta
sul cancello della tua fabbrica:
ARBEIT MACHT FREI.

(NOI)

IL LAVORO RENDE LIBERI. CAPITO?

MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”

FORNERO: “E’ UNA BUONA RIFORMA”

Finalmente in Italia i lavoratori potranno essere licenziati arbitrariamente, ma con molta sobrietà ed eleganza, il che è tutta un’altra cosa.

Ci si sente meglio se a dircelo è una distinta signora ben vestita, col tacco 5 e la parure adatta ad ogni occasione.
C’è qualcuno, oltre ai padroni, ai tecnici (sobrii) che si stanno occupando del salvataggio della ‘robba’ e di chi se la divide da sempre in questo sciagurato paese, e al presidente della repubblica,  qualcuno che può ancora dire che si tratta di un fatto di civiltà, che è giusto passare con un caterpillar sulla pelle dei lavoratori perché ce lo chiede l’Europa (che ci chiederebbe anche altro come faceva notare ieri su La Stampa quel sovversivo qualunquista di Zagrebelsky ma di questo altro politici, sindacati e tecnici se ne fregano alla grandissima)? Almeno il 90% della gente che vive in Italia  non capisce nulla di quel che le accade attorno,  non si informa, ha altro da fare e altro a cui pensare,   perché se lo facesse avrebbe capito subito che la crisi non è un dramma per la popolazione ma un efficacissimo strumento creato e favorito dal potere per realizzare rapidamente cose che in una situazione normale e realmente democratica non si possono fare. Fa parte della dottrina di  Milton Friedman,  con la quale Monti si è nutrito.

Ora se invece di parlare tutti di liberismo,  di Friedman o di crisi si andasse a leggere davvero non ci sarebbe nessuna sorpresa nello scoprire lo smantellamento del welfare, la riduzione in schiavitù economica – la riduzione del lavoro al solo fine del sostentamento e dell’indebitamento da estendere a più generazioni.

Quindi tutti, ma proprio tutti, perfino berlusconi c’è riuscito, possono far bere quel cazzo che vogliono a tutti facendolo passare per priorità, urgenza, impegni inderogabili e necessari.

Anche quando è tutt’altro da ciò.

Il finto tonto

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 21 marzo

Ma davvero il presidente della Repubblica ha il potere di intimare alle parti sociali di rinunciare a “qualsiasi interesse o calcolo particolare”, cioè di non rappresentare più le categorie che dovrebbero rappresentare, per inchinarsi alla cosiddetta riforma dell’articolo 18 unilateralmente imposta dal governo del prof. Monti e della sig.ra Fornero con l’inedita formula del “prendere o prendere”? Ma dove sta scritto che quella cosiddetta riforma è buona? Ma chi l’ha stabilito che risolverà “i problemi del mondo del lavoro e dei nostri giovani”? Ma chi l’ha detto che “sarebbe grave la mancanza di un accordo con le parti sociali”? Ma, se “sarebbe grave la mancanza di
un accordo”, perché il capo dello Stato non dice al governo di ritirare la sua proposta che non trova l’accordo delle parti sociali, anziché dire alle parti sociali di appecoronarsi alla proposta del governo in nome di un accordo purchessia? E che c’entra la commemorazione del prof. Biagi con l’art. 18? Non si era detto che la flessibilità avrebbe moltiplicato i posti di lavoro? Ora che ha sortito l’effetto opposto, anziché ridurla, si vuole aumentarla? E perché mai un lavoratore licenziato senza giusta causa dovrebbe rinunciare ad appellarsi al giudice perché valuti la discriminatorietà del suo licenziamento? E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere, come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati?
Per tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché
nessuno sia più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più facile uscirne? E chi l’ha stabilito che la trattativa deve chiudersi il 22 marzo, non un giorno di più? E che libera trattativa è quella in cui il capo dello Stato getta la sua spada su uno dei piatti della bilancia, quello del governo, per farlo prevalere sull’altro? E che senso ha la frase della sig.ra Fornero: “Non si può discutere all’infinito, indietro non si torna”? Infinito in che senso, dopo un solo mese di negoziati? Indietro rispetto a cosa? E il Parlamento? Esiste ancora un Parlamento libero di approvare o bocciare le proposte del governo, o è stato abolito a nostra insaputa?
E perché mai il Parlamento ha potuto svuotare a suon di emendamenti il decreto liberalizzazioni, snaturarne un altro con l’emendamento Pini contro i magistrati, mentre l’abolizione dell’art. 18 sarebbe sacra e inviolabile? È per caso un dogma di fede? Siamo proprio sicuri che l’insistenza del governo e del Quirinale sull’art. 18 risponda a motivazioni economiche e non al progetto tutto politico di isolare le voci stonate dal pensiero unico, tipo Fiom, Idv, Sel e movimenti della società civile e di cementare l’inciucio Pdl-Pd-Terzo Polo? Se il governo gode nei sondaggi della fiducia del 60% degli italiani e tutti se ne felicitano, perché ignorare il fatto che lo stesso 60% degli italiani è contro qualunque “riforma” dell’art. 18?
È proprio ininfluente la maggioranza degl’italiani sulla scelta di un governo che nessuno ha eletto, anzi di cui nessuno, alle ultime elezioni, sospettava la nascita? E perché mai gli unici che devono rinunciare a rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono all’asta perchè B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione apparsa ieri sul Foglio , secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della “stabilità del governo”?
Ma, se il Parlamento deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?