Sottotitolo: quando, molto prima di adesso scrivevo che in una società normalmente
civile i diritti vengono prima dell’economia molti non erano d’accordo con
me.
Come dire, ad esempio, che il riconoscimento dei diritti agli omosessuali si
può benissimo sacrificare all’impegno – vario ed eventuale – del governo
circa le questioni relative ad economia e finanza, come se una cosa ne escludesse altre.
Oggi non solo lo penso ancora, penso che con meno soldi si sta male ma
senza diritti si sta peggio, fra l’altro in un paese dove lo stato privilegia com’è giusto i diritti diventa più difficile anche rimanere senza lavoro e senza soldi, ma spero che anche altri si convincano di questo alla luce della sentenza della Consulta che ha negato il diritto dei lavoratori a non essere derubati dallo stato, ha soccorso e perdonato lo stato per una mera questione di soldi: 35 miliardi in un paese dove, senza disturbare privilegi, benefit e il costo della casta se ne contano più di cento solo di evasione fiscale.
Quando si sacrificano, si negano i diritti ai cittadini per dare la priorità ai soldi, al salvataggio e alla copertura della politica incapace è la fine, irreversibile, della democrazia.
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Non si capisce perché quando dobbiamo pagare noi non frega un cazzo a nessuno se possiamo, non possiamo, se per una cartella equitalia dobbiamo venderci l’oro di famiglia mentre quando è lo stato il debitore arrivano tutte le garanzie possibili e immaginabili, persino una sentenza della Consulta che dice sì, lo stato deve dei soldi ai dipendenti pubblici ma siccome non ce li ha, forse non gliene diamo abbastanza, abbiamo scherzato arrivederci e grazie.
Oppure quando per colpa dei delinquenti incapaci che non fanno le leggi, o quando le fanno sono sistematicamente sbagliate, non si applicano e arrivano le sanzioni europee: una a caso quella dei dieci milioni di euro che abbiamo pagato perché per non fare un dispetto a berlusconi retequattro non è andata sul satellite come avrebbe dovuto, nessuno ci ha chiesto se eravamo d’accordo a pagare oppure se potevamo pagare.
Chissà perché la Consulta non è così rigorosa, non mette al primo posto le priorità di bilancio quando i lor signori in parlamento si aggiustano stipendi e privilegi, quando li rendono intoccabili grazie ad automatismi resi possibili da leggi che la politica stessa fa per garantire i suoi diritti. Per non parlare dei magistrati, l’esercito dei signori della corte al quale non si possono toccare nemmeno le ferie e figuriamoci i soldi.
Qualcuno dovrebbe spiegare a noi poveri illusi che ci fidavamo ancora dell’istituzione ultima, quella che se vuole può sovvertire qualsiasi decisione presa dai governi quando è sbagliata, perché l’applicazione dell’articolo 81 che vigila sui conti dello stato è possibile quando i conti non tornano a sfavore dei cittadini mentre quando è lo stato che sperpera miliardi di euro in cose inutili il suddetto articolo non viene mai nemmeno menzionato.
Perché quando c’è da “pareggiare” il bilancio si interviene sempre a svantaggio dei cittadini: nel caso delle pensioni e dei contratti statali con un vero e proprio furto legalizzato e giustificato dalla crisi che però non tocca mai le spesucce che i governi affrontano disinvoltamente senza chiedere il permesso a nessuno e figuriamoci alla Consulta, ché tanto qualcuno che paga si trova di sicuro.
Lo stato in tempi di crisi può imporre sacrifici ai cittadini ma non c’è crisi quando si comprano gli aeroplanini da guerra, quando si investono enormi quantità di denaro pubblico in grandi opere buone solo per arricchire la solita compagnia di giro mafiopolitica, non c’è crisi quando non si toccano gli stipendi dei manager, stipendi, vitalizi e le superpensioni dei politici ma improvvisamente la crisi torna in modo così dirompente da disturbare un articolo della Costituzione che non viene mai tirato in ballo rispetto ad altre situazioni, ad esempio quando lo stato deve dei soldi che non avrebbe dovuto nemmeno togliere ai legittimi creditori.
Quando ci sarebbe da sostenere i cittadini e salvare un po’ la faccia a questo paese sciagurato la politica fa pressioni sui giudici che devono processare poliziotti assassini, frodatori fiscali spacciati per statisti affinché le sentenze vadano in una certa direzione che non sia troppo sfavorevole a quel tipo di imputati.
La Consulta chiamata a decidere su un’illegalità di stato opta per il solito calcio in culo ai cittadini/lavoratori ché tanto sono abituati ricordandosi dell’articolo 81 della Costituzione per fare un favore al governo che la Costituzione l’ha dimenticata tutta.
La legge è uguale per tutti, sì, certo: per tutti i poveri disgraziati che non hanno ruoli di spicco nella politica, nell’establishment che conta, cognomi illustri o conoscenze eccellenti da poter disturbare quando serve il favore: quelli che le cause le perdono anche quando le vincono.
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Size matter – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital
I giudici della Consulta avrebbero dovuto essere eroi come quel pugno di professori universitari che non si iscrissero al partito fascista, perdendo così la loro cattedra, per dichiarare retroattiva la illegittimità del provvedimento di blocco degli stipendi della pubblica amministrazione. Dopo quella sulle pensioni erano stati sottoposti da governo e grande stampa ad uno stalking continuato fino a ieri, e i nostri giudici non sono nominati a vita come quelli americani. Quindi già aver demolito anche il secondo grande pilastro dell’austerità italiana è un atto politicamente dirompente. Che testimonia, illumina, scolpisce nel marmo il fatto che i diritti costituzionali sono stati ignorati e stravolti dai governi che si sono succeduti sotto l’ala protettiva di Giorgio Napolitano. E che solo l’improvvida elevazione a rango costituzionale della norma sul pareggio di bilancio ottenuta sulla pavida resa dei Bersani di turno e su istigazione dei tecnocrati di Francoforte sta tra voi e la restituzione di quei quasi 50 miliardi che vi sono stati rubati dallo stato, tra stipendi e pensioni.
Ma voi continuate pure a parlare degli zingari che vi fregano dieci euro dal portafoglio.