I Signori della Corte

Sottotitolo: quando, molto prima di adesso scrivevo che in una società normalmente
civile i diritti vengono prima dell’economia molti non erano d’accordo con
me.
Come dire, ad esempio, che il riconoscimento dei diritti agli omosessuali si
può benissimo sacrificare all’impegno – vario ed eventuale – del governo
circa le questioni relative ad economia e finanza, come se una cosa ne escludesse altre.
Oggi non solo lo penso ancora,  penso che con meno soldi si sta male ma
senza diritti si sta peggio, fra l’altro in un paese dove lo stato privilegia com’è giusto i diritti diventa più difficile anche rimanere senza lavoro e senza soldi, ma spero che anche altri si convincano di questo alla luce della sentenza della Consulta che ha negato il diritto dei lavoratori a non essere derubati dallo stato, ha soccorso e perdonato lo stato per una mera questione di soldi: 35 miliardi in un paese dove, senza disturbare privilegi, benefit e il costo della casta se ne contano più di cento solo di evasione fiscale.

Quando si sacrificano, si negano i diritti ai cittadini per dare la priorità ai soldi, al salvataggio e alla copertura della politica incapace è la fine, irreversibile, della democrazia.

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Non si capisce perché quando dobbiamo pagare noi non frega un cazzo a nessuno se possiamo, non possiamo, se per una cartella equitalia dobbiamo venderci l’oro di famiglia mentre quando è lo stato il debitore arrivano tutte le garanzie possibili e immaginabili, persino una sentenza della Consulta che dice sì, lo stato deve dei soldi ai dipendenti pubblici ma siccome non ce li ha, forse non gliene diamo abbastanza, abbiamo scherzato arrivederci e grazie.
Oppure quando per colpa dei delinquenti incapaci che non fanno le leggi, o quando le fanno sono sistematicamente sbagliate, non si applicano e arrivano le sanzioni europee: una a caso quella dei dieci milioni di euro che abbiamo pagato perché per non fare un dispetto a berlusconi retequattro non è andata sul satellite come avrebbe dovuto, nessuno ci ha chiesto se eravamo d’accordo a pagare oppure se potevamo pagare.
Chissà perché la Consulta‬ non è così rigorosa, non mette al primo posto le priorità di bilancio quando i lor signori in parlamento si aggiustano stipendi e privilegi, quando li rendono intoccabili grazie ad automatismi resi possibili da leggi che la politica stessa fa per garantire i suoi diritti.  Per non parlare dei magistrati, l’esercito dei signori della corte al quale non si possono toccare nemmeno le ferie e figuriamoci i soldi.

Qualcuno dovrebbe spiegare a noi poveri illusi che ci fidavamo ancora dell’istituzione ultima, quella che se vuole può sovvertire qualsiasi decisione presa dai governi quando è sbagliata, perché l’applicazione dell’articolo 81 che vigila sui conti dello stato è possibile quando i conti non tornano a sfavore dei cittadini mentre quando è lo stato che sperpera miliardi di euro in cose inutili il suddetto articolo non viene mai nemmeno menzionato.
Perché quando c’è da “pareggiare” il bilancio si interviene sempre a svantaggio dei cittadini: nel caso delle pensioni e dei contratti statali con un vero e proprio furto legalizzato e giustificato dalla crisi che però non tocca mai le spesucce che i governi affrontano disinvoltamente senza chiedere il permesso a nessuno e figuriamoci alla Consulta, ché tanto qualcuno che paga si trova di sicuro.
Lo stato in tempi di crisi può imporre sacrifici ai cittadini ma non c’è crisi quando si comprano gli aeroplanini da guerra, quando si investono enormi quantità di denaro pubblico in grandi opere buone solo per arricchire la solita compagnia di giro mafiopolitica, non c’è crisi quando non si toccano gli stipendi dei manager, stipendi,  vitalizi e le superpensioni dei politici ma improvvisamente la crisi torna in modo così dirompente da disturbare un articolo della Costituzione che non viene mai tirato in ballo rispetto ad altre situazioni, ad esempio quando lo stato deve dei soldi che non avrebbe dovuto nemmeno togliere ai legittimi creditori.

Quando ci sarebbe da sostenere i cittadini e salvare un po’ la faccia a questo paese sciagurato la politica fa pressioni sui giudici che devono processare poliziotti assassini, frodatori fiscali spacciati per statisti affinché le sentenze vadano in una certa direzione che non sia troppo sfavorevole a quel tipo di imputati.
La ‪‎Consulta‬ chiamata a decidere su un’illegalità di stato opta per il solito calcio in culo ai cittadini/lavoratori ché tanto sono abituati ricordandosi dell’articolo 81 della Costituzione per fare un favore al governo che la Costituzione l’ha dimenticata tutta.
La legge è uguale per tutti, sì, certo: per tutti i poveri disgraziati che non hanno ruoli di spicco nella politica, nell’establishment che conta, cognomi illustri o conoscenze eccellenti da poter disturbare quando serve il favore: quelli che le cause le perdono anche quando le vincono.

Size matter – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital

I giudici della Consulta avrebbero dovuto essere eroi come quel pugno di professori universitari che non si iscrissero al partito fascista, perdendo così la loro cattedra, per dichiarare retroattiva la illegittimità del provvedimento di blocco degli stipendi della pubblica amministrazione. Dopo quella sulle pensioni erano stati sottoposti da governo e grande stampa ad uno stalking continuato fino a ieri, e i nostri giudici non sono nominati a vita come quelli americani. Quindi già aver demolito anche il secondo grande pilastro dell’austerità italiana è un atto politicamente dirompente. Che testimonia, illumina, scolpisce nel marmo il fatto che i diritti costituzionali sono stati ignorati e stravolti dai governi che si sono succeduti sotto l’ala protettiva di Giorgio Napolitano. E che solo l’improvvida elevazione a rango costituzionale della norma sul pareggio di bilancio ottenuta sulla pavida resa dei Bersani di turno e su istigazione dei tecnocrati di Francoforte sta tra voi e la restituzione di quei quasi 50 miliardi che vi sono stati rubati dallo stato, tra stipendi e pensioni.

Ma voi continuate pure a parlare degli zingari che vi fregano dieci euro dal portafoglio.

Il vulnus

 Signori miei: io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono, è un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”. [Matteo Renzi, 11 Gennaio 2011]
“Referendum? Voterò “no” all’abolizione della remunerazione sull’acqua”. [Matteo Renzi, 4 Giugno 2011]
“TAV in Val di Susa? Quando le amministrazioni decidono, ci sono le garanzie ambientali e tutti i passaggi democratici, ad un certo punto bisogna fare le cose, altrimenti diventiamo il Paese dei ritardi, o come nel Monopoli, dove si pesca ‘tornate al vicolo corto’, e si ricomincia da capo”. [Matteo Renzi, 4 Luglio 2011]
“Sbaglia il PD ad aderire allo sciopero della CGIL”. [Matteo Renzi, 30 Agosto 2011]
“Mi ritrovo nella lettera della BCE. Sì all’aumento dell’età pensionabile”.[Matteo Renzi, 26 Ottobre 2011]
“A me dell’articolo 18, usando un tecnicismo giuridico, non me ne po’ frega’ de meno”. [Matteo Renzi, 27 marzo 2012]

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Molte delle cose che Renzi pensa di voler trasformare in leggi dello stato le aveva dette prima di vincere le primarie del suo partito.  Chi vota uno che si dice di sinistra e poi dice certe cose è imbecille, ed è doppiamente imbecille chi lo ha votato senza sapere che le aveva dette.

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LA COSTITUZIONALISTA CARLASSARE: “POLITICI ALLA CONSULTA? COSI’ DIAMO RAGIONE A BERLUSCONI”

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Sottotitolo: la divisione dei poteri dello stato serve perché ci sia l’istituzione indipendente dalla politica in grado di correggere anche gli errori della politica.
Se nell’istituzione terza, quella separata dal potere politico ci si mettono i politici, chi controllerà poi gli errori della politica?
La Consulta è fondamentale per la difesa di quei diritti che spesso e volentieri la politica dimentica, ignora o volutamente calpesta ed è stata determinante per redimere e risolvere i grandi errori della politica, tipo quella legge elettorale che ha riempito il parlamento di abusivi.
Proviamo a pensare un attimo alla sentenza che ha messo fuorilegge la porcata di Calderoli: se a capo di quella Corte ci fosse già stato Donato Bruno, senatore di forza Italia e vicinissimo al delinquente impunito che era al governo da presidente del consiglio quando è stata fatta quella non legge la sentenza sarebbe stata la stessa?
berlusconi in questi anni si è sempre lagnato che la Consulta fosse un organo politicizzato e in parte lo è, visto che non si può pretendere che quei giudici non abbiano un loro orientamento, ma se dentro ci si mette direttamente il politico nudo e crudo che ha svolto solo il mestiere della politica e non magari un professore costituzionalista che dà più garanzie del politico che della Costituzione se ne frega spesso e anche volentieri sarà meglio o peggio poi l’istituzione “terza”? Sarà ancora in grado di correggere gli errori della politica, cancellare le leggi sbagliate che fa la politica come la legge elettorale e quelle sulle droghe e la fecondazione assistita?

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Aridatece i puzzoni – Anna Lombroso per il Siumplicissimus

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Se in questo paese tanta gente fosse stata e fosse così rigorosa coi politici quanto lo è coi suoi simili forse questo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Non ci si sveglierebbe al mattino col conato già in dirittura d’arrivo pensando a cos’altro si dovrà sopportare della e dalla politica.
Invece no: il politico delinquente piace ed è piaciuto anche a quelli che “non si va in tre sul motorino”, e non fa poi così tanto schifo l’alleanza col delinquente a quelli che “agli alt ci si deve fermare”.
A loro tutto si giustifica, si contestualizza e si perdona.
E il bello è che qualcuno ancora se la racconta con l’esempio che deve arrivare dal basso, così mentre quelli del “basso” si affannano a dare gli esempi quelli che stanno in alto possono continuare a farsi i cazzi e gli stracazzi loro.

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Renzi: “Non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica”.
“Questo governo è il primo che ha detto che noi non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica e imprenditoriale di una persona”
Ma a quanto pare nemmeno una condanna definitiva costituisce il vulnus per Renzi che, a parte i sedotti e imbecilli non incanta nessuno su questo tema, visto che non ha nessuna difficoltà a permettere che un pregiudicato condannato in via definitiva, interdetto dai palazzi nei quali però ancora può entrare dalla porta principale, privato per sentenza dei diritti civili possa essere ancora parte in causa negli affari di stato e di governo.
Un delinquente col quale Renzi si incontra regolarmente non per discutere dei fatti suoi ma di riforme costituzionali. 

Il diritto alla politica in questo paese è negato solo agli onesti e agli incensurati.

E naturalmente ai gufi e rosiconi che non possono e non devono nemmeno criticare la politica.
L’idea che il politico indagato si possa mettere in standby e che, ad esempio una gara d’appalto si possa dare all’imprenditore che non è passato per un tribunale è irricevibile per la politica di tutti gli schieramenti di uno dei paesi più corrotti d’Europa e del mondo.
Renzi risponde alla necessità di ripulire questo paese dai ladri, dai corrotti e corruttori che lo hanno ridotto in macerie dicendo che si tiene gli indagati, perché sennò c’è il vulnus.

Dunque secondo il teppista in parlamento, termine appropriatissimo all’atteggiamento di Renzi, l’avviso di garanzia non deve diventare il vulnus per l’attività politica e imprenditoriale, ovvero non bisogna limitare o togliere i medesimi diritti di prima a chi viene informato che la giustizia lo sta attenzionando perché ritiene che abbia commesso un reato. Quel vulnus può invece tranquillamente riguardare il normale lavoratore che viene licenziato non necessariamente per scarso rendimento ma magari perché ha uno stile di vita in contrasto col datore di lavoro.

Ad esempio un qualsiasi dipendente potrebbe essere licenziato per il suo orientamento sessuale, il datore di lavoro omofobo [che in Italia non è affatto un’eccezione né una rarità] può decidere che non gli va più di tenersi l’impiegato, il commesso, l’operaio omosessuale e il dipendente non potrà più avvalersi di quell’articolo 18 – già ampiamente danneggiato dalla riforma Fornero – che invece garantisce al lavoratore il diritto di non essere licenziato senza giusta causa.  

Mentre si tenta in tutti i modi di estendere alle caste indecenti il diritto di delinquere e di farla franca stravolgendo la Costituzione e facendo perdere autorevolezza e indipendenza alla Consulta che andrà a finire nelle mani di chi ha collaborato al disastro e allo scempio, al piano basso del paese si limitano fino ad annullarli quei diritti che fino ad ora hanno consentito ai lavoratori a stipendio e salario di avere delle garanzie di solidità.
E, siccome sento dire che l’articolo 18 in fin dei conti riguarda solo una minima parte dei lavoratori, mi chiedevo che ci stavano a fare tre milioni di persone in piazza con Cofferati a difenderlo. Tutti fannulloni?

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Grattini d’autore – Marco Travaglio

La foto di Maria Elena Boschi che consola il previtiano Donato Bruno, candidato di B. alla Consulta, per l’ennesima trombatura con un dolce grattino alla schiena non è uno scandalo: è un reperto d’epoca, un disvelamento della corrispondenza di amorosi sensi ormai esplosa all’aria aperta, senza più gl’incontri furtivi e clandestini del passato, nel Partito Unico Renzusconi che ha sostituito le vecchie e superate sigle di Pd e Forza Italia. Se n’era già avuta prova l’8 agosto, quando Maria Consolatrice degli Afflitti e Rifugio dei Peccatori festeggiò la schiforma del Senato baciando a uno a uno i berluscones in processione. Si piacciono, si annusano, si strusciano, si palpano, si limonano, presto si sposeranno: al cuore non si comanda. Ieri, in Parlamento, Renzi ha fatto il grattino all’Ad dell’Eni Claudio Descalzi da lui nominato e difeso dopo l’indagine sulla maxitangente di 200 milioni di dollari alla Nigeria: “Noi non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale della Nazione. Chiamatela svolta per un Paese civile”. Grattino anche a Stefano Bonaccini, indagato per peculato, ergo candidato Pd a governatore dell’Emilia Romagna per rimpiazzare degnamente il condannato Vasco Errani: “L’avviso di garanzia non sia un vulnus della carriera politica”.

Oggi la stampa al seguito non mancherà di celebrare la “svolta garantista”. Che naturalmente non esiste. Mai, dalla notte dei tempi, gli avvisi di garanzia hanno rappresentato un vulnus per le carriere politiche, e nemmeno le condanne. Anzi, hanno sempre fatto curriculum. A destra, al centro e a sinistra. Il Pd ha sempre candidato, mandato in Parlamento, al governo, nelle partecipate, nei servizi, nelle forze dell’ordine e nella burocrazia fior di pregiudicati, imputati e inquisiti. Renzi si crede il primo, invece è arrivato ultimo. E denota pure un’ignoranza sesquipedale sui fatti che dovrebbe conoscere: la notizia di Descalzi indagato non è stata “citofonata sui giornali”, semplicemente è contenuta nel provvedimento di sequestro della maxitangente Eni in Svizzera disposto dai giudici di Milano, che il premier farebbe bene a leggersi o a farsi spiegare da uno che ci capisca.   Anche l’idea che le indagini giudiziarie danneggino la politica industriale, oltre a essere una sublime cazzata (è la corruzione che rovina l’economia, non le inchieste sulla corruzione, peraltro condotte in tutte le democrazie del mondo senza che i politici mettano becco), è tutt’altro che nuova. L’ha strombazzata per vent’anni il suo padre putativo Silvio. Il quale peraltro l’aveva mutuata dal suo spirito guida Bettino Craxi, che il 10 luglio 1981, in pieno scandalo P2 e subito dopo l’arresto di Roberto Calvi, presidente e distruttore del Banco Ambrosiano, responsabile del più grave crac della storia d’Europa con decine di migliaia di famiglie sul lastrico e suo finanziatore occulto, scandì alla Camera queste parole: “Non c’è più grande male per un’azione di moralizzazione e di giustizia che la strumentalizzazione volgare, l’uso politico delle carte e delle iniziative giudiziarie e di parte: un fattore di inquinamento, intossicazione e distorsione della vita democratica”. Sulla P2 “si è andati oltre misura con una campagna che ha cominciato a puzzare di maccartismo”. E l’arresto di Calvi “ripropone con forza il problema di un clima inquietante, di lotte di potere condotte in modo intimidatorio contro il quale bisogna agire per ristabilire la normalità dei rapporti tra Stato e cittadini, la fiducia nella giustizia, la correttezza nei rapporti tra potere economico, gruppi editoriali, potere politico. La crisi della Borsa ha molti responsabili, comprese talune azioni giudiziarie che presentano aspetti scriteriati. Quando si mettono le manette, senza alcun obbligo di legge o senza ricorrere a istituti di cautela che pure la legge prevede, a finanzieri che rappresentano la metà del listino, è difficile non prevedere incontrollabili reazioni psicologiche”. Basta sostituire Ambrosiano con Eni, Calvi con Descalzi e Craxi con Renzi. Matteo, ormai hai 39 anni: è tempo che tu sappia di chi sei figlio.

I servi sciocchi

Fecondazione assistita, Consulta: “Divieto di eterologa è incostituzionale”

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta. [Il Fatto Quotidiano]

La Consulta oggi ha ribadito che negli ultimi dieci anni – e per tacere su quelli precedenti – a fare leggi in parlamento c’era un manipolo di estranei al mestiere della politica, gente che evidentemente non conosce le norme costituzionali e ha sfornato, con una certa frequenza, leggi che poi si sono rivelate carta straccia. Tre domande: perché ci vogliono dieci anni per stabilire che una legge non è buona? E perché bisogna affidarsi sempre alla pervicacia di privati cittadini, come l’avvocato che ha mandato in frantumi la legittimità delle ultime tornate elettorali o di quei cittadini che provano sulla loro pelle l’incostituzionalità di una legge? Non si potrebbero controllare prima che facciano danni, queste leggi? 
Per sistemare in parte i danni prodotti da questa politica incapace, serva della chiesa, che non legifera per risolvere problemi né preoccupandosi delle esigenze della gente ma lo fa istruita dall’ideologia e dalla paura di turbare gl’invasori d’oltretevere ci vogliono otto, dieci anni. Un frattempo nel quale tanta gente è stata danneggiata da quelle leggi sbagliate. A partire da quella elettorale, la bossi – fini e questa sulla fecondazione che hanno prodotto disastri e dolore personale. Una devastazione che non verrà addebitata a nessuno. Nessuno insorgerà chiedendo la responsabilità civile e ancorché penale del politico che pensa obbrobri incostituzionali, illegittimi perché privi perfino del semplice buon senso né quella di un presidente della repubblica che ci mette la firma. E finché nessuno pagherà in solido i danni che produce, anche col licenziamento così come avviene in qualsiasi contesto lavorativo qual è anche il parlamento, non ne usciremo. “Loro” continueranno a fare i danni e noi a subirli senza nemmeno poter dire che non siamo d’accordo, che così non può funzionare.

Io penso proprio a dare la responsabilità a chi danneggia lo stato. E lo devono fare i diretti interessati, così come dovrebbero farlo col politico delinquente, la politica si può sistemare e riformare anche da dentro, prima di  arrivare alle elezioni. Chi  fa  leggi e chi le ha approva malgrado e nonostante sappia di sbagliare, di non rispettare la Costituzione quale unico riferimento al quale guardare quando si pensa una legge deve andare via dalle istituzioni, perché non offre le garanzie necessarie. E’ gente di cui non ci si può fidare.

Colgo l’occasione per ricordare che il referendum sulla legge 40 fu osteggiato, ignorato dai media e il vaticano fece una campagna violenta e vergognosa per invitare la gente a disertare le urne.  A votare ai referendum si va, anche quando la questione non rientra nei nostri interessi personali, i referendum sono uno strumento democratico, forse anche di più delle elezioni, perché chiedono direttamente ai cittadini se sono d’accordo o meno su una legge che poi, se a decidere sono l’assenteismo e il menefreghismo saranno chiamati a rispettare anche se non va bene, se non è utile, se è dannosa come lo era la legge 40 alla quale però si poteva e si doveva dire no, non servivano dieci anni di attesa.  E’ più difficile fare strame di un paese quando i cittadini dimostrano di essere maturi, consapevoli, quando si informano, quando si mettono anche un po’ nei panni degli altri pensando a come sarebbe se qualcosa mancasse, non si potesse fare pur rientrando nel proprio diritto a farla, e avere un figlio, un figlio sano quando si desidera deve essere considerato un diritto, non una fortunata coincidenza. Questo paese va liberato da una classe dirigente  bigotta, retriva,  che fa subire a noi cittadini l’influenza, l’invadenza e l’ingerenza della chiesa negli affari di stato con tutte le conseguenze, che si chiamano negazione dei diritti civili,  per una mera questione di opportunismo politico. 

Truffatori, con viva & vibrante soddisfazione

L’avvocato Aldo Bozzi ha seppellito il Porcellum in punta di diritto. Con altri venticinque cittadini, il nipote dell’omonimo leader liberale ha scardinato il sistema elettorale più impopolare della storia repubblicana. Fino al trionfo.

«SEPPELLIRE LA PORCATA MI È COSTATO DIECIMILA EURO» 

Auguriamo lunga vita ai magistrati.
Senza il loro intervento, necessario, non ho idea di quello che sarebbe questo paese da sempre nelle mani di perfetti incapaci, e in più disonesti fino al midollo ai quali serve sempre l’insegnante di sostegno e poi si lamentano pure perché i giudici interferiscono nella politica.
Ma dove doveva andare, se non verso il giusto fallimento, un paese dove si affida la responsabilità di fare la legge elettorale a calderoli? 
Se il parlamento fosse un’azienda oggi tutti i dipendenti troverebbero la lettera di licenziamento sulla loro scrivania. Ci sono voluti otto anni e l’impegno CIVILE di un privato cittadino per stabilire l’illegittimità della legge denominata porcata dal suo stesso ideatore che per primo oggi si meraviglia che la questione sia stata trascinata fino ad oggi: sono soddisfazioni. Una cosa che tutti sapevano ma che faceva molto comodo che restasse com’era. Leggi, finanziarie, provvedimenti “eccezionali”, leggi ad personam a tutela di un delinquente pregiudicato regolarmente firmate dal presidente illegittimo: tutto fuorilegge, illegale. Una truffa a getto continuo spacciata per esercizio della democrazia.

La sentenza che dichiara illegale e illegittima la legge elettorale è stata possibile solo grazie a quella Costituzione sulla quale un parlamento di abusivi ha già messo le mani. 

Questa sentenza ha restituito in parte la sovranità al popolo scippata da un manipolo di gente voluta da nessuno ma che si è messa in testa di modificare il paese di tutti a sua immagine e somiglianza, quelle di chi agisce nell’illegalità e di conseguenza costringe noi a vivere secondo la sua idea di illegalità. 

Chi in tutto questo tempo ha parlato di oligarchia, di regime, di dittatura mascherata, di azioni al limite del colpo di stato è stato bollato come populista, demagogo, antistato e qualunquista anche dal presidente della repubblica clandestino, illegittimo, quello che non aveva sentito il “boom”e ha continuato a fare finta di niente, a non vedere un paese stanco di una politica chiusa nel fortino che di tutto si interessa fuorché della politica, che ha firmato una legge illegittima che chiede, pretende anzi, riforme a tutto tondo, compresa quella della Costituzione, senza nessuna autorità per poterlo fare.


I FUORILEGGE – Marco Travaglio, 5 dicembre

Volete prima la notizia buona o quella cattiva? Ma sì, dài, cominciamo con quella buona: nell’ottavo compleanno del Porcellum, voluto nel dicembre 2005 dall’Udc di Casini, scritto da Calderoli, approvato da tutto il centrodestra e poi conservato anche dal centrosinistra, la Corte costituzionale ha finalmente stabilito che quella legge non è soltanto una porcata: è anche incostituzionale in almeno due punti, il premio di maggioranza del 55% dei seggi alla Camera per la coalizione più votata (senz’alcun tetto) e le liste bloccate con i candidati nominati dai partiti. Ne discende che sono, se non giuridicamente, almeno moralmente incostituzionali tutti i parlamenti eletti con quel sistema: quello del 2006 (maggioranza Unione), quello del 2008 (maggioranza Pdl-Lega) e soprattutto quello attuale, uscito dalle elezioni del 24-25 febbraio.

Dunque sono incostituzionali anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rieletto dai parlamentari incostituzionali, e con molti più voti del dovuto (quelli dei deputati Pd-Sel eletti dal premio di maggioranza ora cassato). E lo è anche il governo di Letta jr., che a Montecitorio gode di una vasta maggioranza dopata da quel premio ora caduto: decenza vorrebbe che i deputati in sovrappiù decadessero e andassero a casa. Insomma, tutto il sistema è fuorilegge. E, se avesse un minimo di dignità, procederebbe a una rapida eutanasia per riportarci al più presto alle urne con una legge elettorale finalmente legittima: una nuova, se mai riusciranno a trovare uno straccio di accordo (che sarebbe comunque frutto di un Parlamento illegittimo); o quella disegnata ieri dalla Corte con una sentenza formalmente “caducatoria” (cancella premio e liste bloccate), ma sostanzialmente “additiva” e “paralegislativa” (disegna un sistema elettorale alternativo al Porcellum, che sarà valido al deposito delle motivazioni, visto che il Paese non può restare senza legge elettorale neppure un istante).

Naturalmente lo sapevano tutti che il Porcellum era incostituzionale. Ma si comportavano come se fosse legittimo. Fino alla suprema protervia di pretendere, dal Colle in giù, che un Parlamento e un governo porcellizzati riscrivessero la Costituzione. Con la complicità di decine di presunti “saggi”, anch’essi incostituzionali per contagio, che hanno screditato se stessi e l’intera categoria prestandosi alla controriforma. Ora almeno quella minaccia pare sventata. Ma sia chiaro che qualunque altra “riforma” (tipo quella della giustizia) sarebbe viziata dallo stesso peccato originale: quindi si spera che lorsignori ci risparmino altre porcate.

La cattiva notizia è che, a causa dell’insipienza dei partiti e del loro Lord Protettore e Imbalsamatore, la Consulta riporta le lancette dell’orologio indietro di vent’anni, riesumando l’ultima legge elettorale della Prima Repubblica: quella con cui si votò nel 1992, il proporzionale puro con preferenza unica (a parte lo sbarramento al 4% per l’accesso alla Camera e all’8 per l’accesso al Senato dei partiti non coalizzati). Quella sonoramente bocciata dall’82,7% degli italiani il 18-19 aprile ’93 nel referendum di Segni&C. che introdusse il maggioritario (poi in parte recepito e in parte no dal “Mattarellum”).

Le forbici della Consulta proprio questo fanno: trasformano il Porcellum da legge maggioritaria in legge proporzionale spianando la strada ai nemici del bipolarismo. Napolitano, Letta, Alfano e Casini in testa: i nostalgici dei governi che non nascevano delle urne, ma dagli accordi aumma aumma nelle segrete stanze dei partiti e del Quirinale. Se, come dicono, Renzi e i 5Stelle vogliono difendere il bipolarismo (“Morto il nano, ce la giocheremo noi e il Pd, e ne resterà solo uno”, tuonava Grillo), possono rendere un grande servigio al Paese: scrivendo insieme una nuova legge elettorale, col ritorno al Mattarellum o col doppio turno alla francese, che salvi il bipolarismo. Se invece ci faranno votare con la legge della Consulta, ci condanneranno a un futuro terrificante: quello dell’Inciucio Eterno.

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Operazione Casta Concordia

Mauro Biani

PASSA LA LINEA MORBIDA. SCHIFANI: “B. COMANDERA’ LONTANO DAL PARLAMENTO”  – Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano

 Gli arresti domiciliari non sono una specie di convalescenza, di vacanza, di periodo di aspettativa. Sono – appunto – arresti domiciliari durante i quali ai delinquenti comuni viene inibito ogni contatto con l’esterno.
berlusconi politica non l’ha mai fatta nemmeno in parlamento e nei suoi domicili faceva altro, ad esempio le famose cene eleganti; ma basta con queste prese per il culo a getto continuo. Se la linea “morbida” è quella che consente al pregiudicato amico e pagatore di mafiosi di poter mettere ancora bocca e becco nella politica, il modo è ancora tutto da studiare, bisognerà pure inventarsi qualcosa per spiegare agli italiani ma soprattutto a chi dagli arresti domiciliari o comunque in una condizione di persona condannata a quattro anni di galera da scontare in comode rate e in un luogo a scelta del condannato non può e in nessun modo comunicare con l’esterno e figuriamoci con un parlamento della repubblica, non oso immaginare a quale sarebbe stata quella dura.

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Chissà perché a Repubblica e al Corriere della sera non interessa che l’appena nominato alla Consulta Giuliano Amato abbia avuto in passato dei comportamenti che non fanno di lui quell’esempio di moralità e imparzialità indispensabile per far parte, esserne addirittura responsabile, dell’ultimo tribunale, il più alto, la Consulta, quello preposto a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato nel merito di decisioni importantissime che riguardano tutto il paese?

Non dovrebbe essere un dovere del giornalismo “indipendente” quale si vantano di essere i due suddetti quotidiani contribuire ad informare i cittadini?
Nascondere al grande pubblico i fatti che riguardano Giuliano Amato, seri, gravi e che costituiscono molto più di un precedente per fare del dottor Sottile il meno adatto a ricoprire una carica così importante, lasciare che sia il solito Fatto Quotidiano a fare i lavori sporchi, tipo chiedere le dimissioni dell’inadeguato Amato per accusarlo poi di essere il giornale dei giustizialisti, dei manettari non è la più infame e vigliacca delle azioni?

In un paese che cade a pezzi, dove le istituzioni e la politica non trovano, perché non possono e non vogliono, il modo di buttare fuori dal parlamento il pregiudicato delinquente berlusconi e un presidente della repubblica si rende complice di questa oscena operazione di salvataggio a tutti i costi fino a nominare Giuliano Amato alla Consulta, quello stesso Amato che per ben due volte il centro destra di berlusconi avrebbe voluto al Quirinale, la notizia più importante con cui aprire giornali e telegiornali può mai essere lo spostamento della nave incagliata all’isola del Giglio?

Una domanda a questi cosiddetti grandi organi di stampa e informazione: “ma per chi ci avete preso? pensate davvero di poter continuare ancora per molto a rendervi complici di questo scandalo denominato governo delle larghe intese in funzione del quale bisogna tacere su ogni nefandezza per non disturbare il progetto di pacificazione nazionale, ovvero l’annullamento della sentenza che condanna il più delinquente di tutti?”

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Il silenzio che salvò Amato dal crollo di Craxi – Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano

[VIDEO] Giuliano Amato alla vedova del senatore Psi: “Zitta coi giudici, non fare una frittata”

In una chiamata del 1990 l’allora vice del Psi di Craxi, oggi alla Consulta, chiede
alla vedova di un senatore di non parlare dei protagonisti di una mazzetta: “Tirati fuori dalla storia”.

Giuliano Amato alla Consulta, orgasmo da Rotterdam

I consigli di Amato alla vedova di un socialista: “Zitta coi giudici, niente nomi”

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MORRA: “AMATO SI DIMETTA, DA M5S INTERROGAZIONE URGENTE”

E pensare che [se questo fosse un paese normale] queste dimissioni  le avrebbe dovute chiedere il piddì.
E non solo le sue ma anche quelle del cosiddetto garante della Costituzione.
Ma purtroppo è solo l’italietta, della politica e delle istituzioni marce e corrotte, quella della politica bella  degli inciuci, delle pastette sotto e sopra il banco.

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Dimissioni di Amato per non trascinare nel fango Consulta e Quirinale – [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

Giuliano Amato ha un’unica strada per evitare di trascinare in un colpo solo nel fango la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale: rinunciare al suo incarico di giudice della Consulta.

Qualunque persona di buon senso e in buona fede dopo aver ascoltato il nastro del suo colloquio telefonico con la vedova del senatore socialista, Paolo Barsacchi, scovato dal nostro valente collega Emiliano Liuzzi, non può arrivare a conclusioni diverse. Invitare una testimone in un processo per tangenti a non fare nomi per tenere fuori da uno scandalo i vertici del proprio partito è un comportamento incompatibile con la funzione di giudice costituzionale.

L’obiezione secondo cui il colloquio, registrato dalla signora Barsacchi, è molto antico (risale al 1990), non vale. Nella carriera dell’ex vicesegretario del Psi, due presidenze del Consiglio e più volte ministro, ci sono altri episodi del genere. Storie spesso diverse tra loro che dimostrano però come il caso Barsacchi, per Amato, non sia stato un incidente di percorso, ma la regola.

Bettino Craxi, infatti, utilizzò Amato per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90 per tentare di arginare (leggi insabbiare) il crescente numero di inchieste che coinvolgevano gli amministratori del Garofano. Non per niente l’ex sindaco di Torino, Diego Novelli, durante la bufera scatenata dalla scoperta delle mazzette versate nel suo comune a Dc, Psi e Pci, fu rimproverato proprio dal neo giudice costituzionale per aver portato in Procura il faccendiere-testimone d’accusa Adriano Zampini “anziché risolvere politicamente la questione”. E nel 1992, quando il dottor Sottiledivenne per la prima volta premier, fu proprio il suo governo a spingere il Sismi e il Sisde a raccogliere dossier sui magistrati di Mani Pulite che stavano scoperchiando l’enorme rete di corruttele che aveva messo in ginocchio il Paese.

Lo si legge nella relazione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di sicurezzadel 6 marzo del ’96 e lo racconta nel suo libro, Sorci Verdi, l’ex ministro dell’Ambiente del governo Amato, Carlo Ripa di Meana: “Giuliano mi riproverò: disse che l’azione giudiziaria di Mani Pulite – come indicavano i servizi e il capo della Polizia Vincenzo Parisi – era un pericolo per le istituzioni”. Una considerazione significativa che dimostra come nella testa del neo giudice costituzionale alberghi da sempre un singolare ragionamento: il problema in Italia non sono i ladri e le ruberie, ma chi li scopre.

Anche per questo, ma non solo, oggi le istituzioni sono di nuovo in pericolo. Quale fiducia potranno avere d’ora in poi i cittadini nelle decisioni della Consulta, visto che tra loro siede un giudice che giustifica e anzi consiglia ai testimoni di essere reticenti? Cosa penseranno delle scelte del Quirinale gli italiani quando sentiranno Giorgio Napolitano ripetere le parole da lui stesso utilizzate un anno fa, il 25 settembre del 2012: “Chi si preoccupa dell’antipolitica deve risanare la politica” perché “far vincere la legge si può come avvenne contro la mafia, come dimostrano Falcone e Borsellino”?

Domande retoriche. Alle quali in qualsiasi Paese del mondo non si risponde con il silenzio imbarazzato dei partiti delle larghe intese di queste ore, ma con una lettera d’immediate dimissioni. La firmerà Amato? Alla luce dell’esperienza pensiamo di no. Ma per una volta ci piacerebbe essere smentiti. Vedere l’ex vice-segretario Psi picconare con la sua presenza ciò che resta della credibilità di Consulta e Quirinale è un brutto spettacolo.  È una di quelle  scene di cui l’Italia non ha davvero più  bisogno.

Amato, da chi?

 

Come dice un mio caro amico è vero che in Italia abbiamo un problema culturale enorme da cui scaturiscono limiti intellettuali altrettanto enormi, ma la colpa non è solo nostra, della gggente, è soprattutto di chi da pulpiti autorevoli, da ribalte pubbliche, maggiormente nella politica e nelle istituzioni stimola certe reazioni, riflessioni.
C’è un sacco di gente, me compresa, che quando si alza al mattino vorrebbe pensare ad altro, occuparsi serenamente delle sue cose, ma non ce lo fanno fare.
Nel dibattito pubblico non cambia una virgola da vent’anni; berlusconi, i reati di berlusconi, le condanne di berlusconi, i salvataggi in extremis di berlusconi, i papi, gli anatemi sulla famiglia uomo + donna = figli, la negazione dei diritti civili, la politica che non si occupa più di niente se non di stessa, chiusa nella sua autorefenzialità di casta e inginocchiata davanti a poteri più dannosi e devastanti di quanto possa esserlo la politica stessa.

L’Italia è un paese per schizofrenici, non per persone normali, sane, che vogliono essere libere di vivere, respirare e farlo possibilmente in un un paese sano, non corrotto, non nelle mani dei soliti ignobili personaggi.

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Nuovo ricatto dei Riva “Dopo sequestro di ieri chiudiamo le aziende” 

In un paese normale una volta stabilito che un imprenditore è un criminale gli si toglie la possibilità di nuocere ancora, come anche al politico criminale.
Qui no, si preferisce il sadomaso.
Ce piace soffrì.

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Se una gigantessa come Barbara Spinelli scrive che un’eventuale caduta di governo non comporterebbe nessun’aggiunta alla catastrofe in corso da una ventina d’anni [per tacere sui precedenti] io le credo: istintivamente sono più propensa ad avere fiducia in lei che in Napolitano, Letta e in tutti quelli che dalle loro tribune, specialmente quelle “repubblicane” [ogni riferimento a Scalfari non è puramente casuale] minacciano miseria, terrore e morte se il capolavoro napoletano delle larghe intese dovesse si dovesse guastare.

Barbara Spinelli: “Lo stravolgimento dell’art.138 è un colpo di mano”

“Si parla di deroga, ma la parola giusta è violazione della Costituzione: finché non è modificato, l’articolo 138 è legge da osservare. Tanto più è un colpo di mano se pensiamo alla presente congiuntura storica: un Parlamento di nominati, un governo di larghe intese che gli elettori non volevano e che distorce la democrazia”.

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Papa Francesco: “Fecondità dalla differenza. Matrimonio uomo-donna nella Costituzione”.

Ennò, purtroppo non c’è.
Quegli sbadati dei padri costituenti hanno dimenticato di precisare che il matrimonio è quello previsto solo fra donne e uomini. L’articolo 29 parla genericamente di CONIUGI ma non specifica che debbano essere specificamente moglie e marito, ovvero ‘n omo e ‘na donna [cit. Carlo Verdone].

Perché il papa non va a dire a Francia e Inghilterra che hanno appena approvato la legge sui matrimoni omosessuali che “la fecondità sta nella differenza”?

E chi non vuole figli? chi non li può avere? 

Ma basta con questa storiaccia che l’unico matrimonio è quello finalizzato a far nascere dei figli.

 

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Quando è stata approvata la legge che trasforma gli arresti domiciliari in un specie di telelavoro, uno di quelli che si facevano una volta da casa  tipo fare le collanine, imbustare documenti eccetera?

Perché sentir ripetere la storiella che berlusconi non avrebbe problemi a lasciare il parlamento perché potrebbe poi continuare a fare politica “da fuori” a me pare l’ennesima presa per i fondelli in quanto berlusconi più che avere la possibilità di fare politica da fuori dovrebbe smettere di farla, semmai l’abbia mai fatta, in quanto il suo posto sarebbe “dentro”.

I cosiddetti ladri di polli quando sono ai domiciliari devono rispettare anche il confine fra la porta di casa e il pianerottolo, se si azzardano a superarlo e li beccano li riportano direttamente in galera per evasione, qui invece abbiamo avuto alessandro sallusti che in qualità di detenuto ai domiciliari, sebbene per poche ore, ha avuto la possibilità di usare un computer, connettersi alla rete e twittare tutta la sua disperazione di persona deprivata ingiustamente della libertà di poter diffamare ancora e ancora, tant’è che Napolitano alla fine si è commosso e lo ha messo nella condizione di poter continuare a farlo da persona libera.

Perché finché certe cose le dicono i soliti, quelli che sulle balle, sulla disinformazione hanno creato la loro fortuna e il loro potere è una cosa, ma se una minchiata come la politica svolta per videoconferenza mentre si scontano gli arresti domiciliari la dice anche Cacciari in televisione la questione diventa seria.

Avere a disposizione un computer per connettersi ad internet è molto di più che avere la possibilità di uscire di casa, significa poter continuare a comunicare con l’esterno con chi si vuole e quando si vuole, qualcosa che ai detenuti normali, sia che scontino la pena in carcere o a casa non è concessa.

Avvertite Cacciari.

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Napolitano piazza Amato alla Consulta

L’ennesima poltrona per il signore della Casta, Giorgio Meletti

 

Napolitano ha nominato Giuliano Amato giudice della Corte costituzionale

Presidente del Consiglio, ministro della Repubblica in tre diversi governi (Goria, Prodi, D’Alema), già senatore e deputato, giurista e docente universitario. Con questo curriculum l’ex socialista (e braccio destro di Craxi) e poi democratico diventa nuovo componente della Consulta. Il centrodestra lo ha candidato due volte al Quirinale.

AMATO, PIÙ POLTRONE DI DIVANI&DIVANI (DI M. TRAVAGLIO)


BOBO CRAXI DISSE: “PAPÀ CAPO DEI LADRI? AMATO ERA IL VICE” 

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Se il centrodestra che è di berlusconi come un sacco di altre cose, pure troppe, ha candidato due volte Giuliano Amato al Quirinale sarà legittimo dubitare della sua imparzialità quando la Consulta sarà chiamata a decidere su questioni che riguardano berlusconi? io penso di sì.

Fino ad oggi avevamo l’ultimo appiglio, l’ultima speranza che che gli errori, chiamiamoli così, fatti dalla politica trovassero poi una giusta correzione, che i giudici della Corte Costituzionale rendessero nulle le decisioni che la politica prende non in funzione degli interessi di tutti come dovrebbe essere ma solo di qualcuno, spesso solo di uno, il noto pregiudicato delinquente.

E’ grazie alla Consulta che sono state rigettate quelle leggi su cui Napolitano metteva frettolosamente la sua firma senz’accorgersi  che non andavano bene, che non erano in linea con quella Carta che dovrebbe essere il faro nella nebbia della politica e non un fastidioso orpello di cui liberarsi.

Oggi questa certezza non l’abbiamo più, e non perché Giuliano Amato non abbia le competenze per occupare quel ruolo ma perché è un uomo della politica, di quella politica che ha trascinato l’Italia nel baratro, e come scrive Marco Travaglio nel fondo di oggi se a capo di quella Corte così importante, fondamentale per la stabilità della democrazia Napolitano avesse messo una persona “terza” sarebbe stato molto meglio, avrebbe rassicurato tutti circa quell’imparzialità indispensabile con la quale è chiamata a decidere la Consulta.

Invece io ho la sensazione che questa nomina sia  il vero scacco matto alla democrazia, un altro duro colpo inferto alla Costituzione dal bravo presidente, quel garante di tutti ma che in realtà, proprio nei fatti, ha dimostrato di voler garantire solo qualcuno.

Se Amato è il migliore che c’è sulla piazza, e contando gli incarichi che ha avuto, la sua pensione milionaria pare proprio di sì, forse è la risposta del perché questo è un paese da buttare, da radere al suolo e spargerci su il sale, come dopo la battaglia di Cartagine.

E pensare che avere una seconda occupazione per tentare almeno di sopravvivere qui è un reato.
E’ lavoro considerato nero; una truffa allo stato.

E chissà perché chi fa le leggi poi può permettere ai soliti noti di  avere sette, otto, dieci, trenta incarichi tutti pagati [per informazioni citofonare Befera, Abete, Montezemolo, Mastrapasqua, Amato and so on], di fare tutto ciò che vuole tranquillamente, alla luce del sole, lontani dal nero della miseria e della povertà in cui sta sprofondando l’Italia.

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Orgasmo da Rotterdam, Marco Travaglio, 13 settembre

Un giorno o l’altro, magari da qualche casuale intercettazione o ritrovamento di elenchi o liste, scopriremo le doti nascoste di Giuliano Amato, l’uomo che non doveva pensionarsi mai, la salamandra che passava indenne tra le fiamme, il dinosauro sopravvissuto alle glaciazioni, il “sederinodoro” (come diceva Montanelli) che riusciva a occupare contemporaneamente mezza dozzina di cadreghe alla volta. I collezionisti di poltrone e pensioni troveranno a pagina 3 l’elenco completo delle sue. Ma qui c’è di più e di peggio: in un Paese dove nessuno riconosce più alcun arbitro imparziale, figura terza, autorità indipendente, non si sentiva proprio il bisogno di trapiantare un vecchio arnese della politica in quello che dovrebbe essere il massimo presidio della legalità costituzionale: la Consulta. Già negli ultimi anni, spesso a torto e qualche volta a ragione, la Corte è finita nella rissa politica per sentenze o decisioni che puzzavano di compromesso col potere. Specie da quando l’arbitro supremo che sta sul Colle ha smesso la giacchetta nera e s’è messo a giocare le sue partite politiche trasformando la Repubblica in sultanato (vedi bocciatura del referendum elettorale e verdetto sul caso Mancino).

Lo vede anche un bambino che di questi tempi la Consulta e gli altri organi di garanzia hanno bisogno di un surplus di indipendenza e di terzietà. Invece che t’inventa Re Giorgio? Prende un suo amico, ex braccio destro di Craxi, deputato e vicesegretario Psi, vicepremier, due volte premier, ministro del Tesoro (due volte), dell’Interno, delle Riforme, degli Esteri, senatore dell’Ulivo e deputato dell’Unione, candidato al Quirinale nel ’99, nel 2006 e nel 2013, “vicino” (si dice così?) al Montepaschi, consulente Deutsche Bank, insomma ex tutto, e lo promuove giudice costituzionale. Possibile che Napolitano non conosca un giurista meno incistato nel potere politico e finanziario di lui? Gli dicono nulla nomi come Pace, Carlassare, Cordero? Già la Corte è piena di politicanti camuffati da giureconsulti e nominati dal Parlamento, cioè dai partiti. Almeno il Quirinale avrebbe potuto, anzi dovuto scegliere una figura indipendente, fuori dai giochi, magari sotto i 50 anni (e, se non è troppo, donna): invece ha voluto il Poltronissimo. Nonostante certi suoi trascorsi, o forse proprio per quelli.

Nel 1983, spedito da Craxi e commissariare il Psi travolto dallo scandalo Zampini, Amato rimproverò al sindaco Novelli di aver portato il testimone d’accusa in Procura anziché “risolvere politicamente la questione” (tipo insabbiarla). Nell’84-85 ispirò i vergognosi decreti Berlusconi – le prime leggi ad personam di una lunga serie – donati da Craxi all’amico Silvio quando tre pretori sequestrarono le antenne Fininvest fuorilegge. Infatti nel ’94 il Cavaliere riconoscente lo issò all’Antitrust, dove Amato non si accorse mai del monumentale trust berlusconiano sul mercato della tv e della pubblicità (in compenso sbaragliò impavido un temibile trust nel ramo fiammiferi e accendini). Non riportiamo qui, per carità di patria, i fax di Bettino da Hammamet sul “professionista a contratto” che in tante campagne elettorali non s’era mai accorto delle tangenti al Psi. Molto più interessante è la sua intervista del 2009 a Report. Bernardo Iovene gli ricorda che il decreto Craxi-Berlusconi del-l’85 era “provvisorio” e doveva durare solo 6 mesi, in attesa della legge di sistema sulle tv; ma lui s’inventò che era solo “transitorio”, quindi non andava neppure rinnovato una volta scaduto. Anziché arrossire e nascondersi sotto il tavolo, Amato s’illumina d’incenso: “Sa, noi giuristi viviamo di queste finezze: la distinzione fra transitorio e provvisorio è quasi da orgasmo per un giurista… Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”. Ora che dovrà esaminare la legittimità delle leggi firmate dall’amico Giorgio, sarà tutto un orgasmo. Provvisorio e tendenziale.

No, non era legittimo

Legittimo impedimento, la Consulta respinge il ricorso di Berlusconi

Il conflitto di attribuzione era stato sollevato dalla presidenza del Consiglio contro il Tribunale di Milano per un’udienza del processo Mediaset, nel quale l’ex premier è stato condannato in appello a quattro anni per frode fiscale. Per i giudici, fu il Cavaliere a “fissare un impegno politico” in concomitanza con il dibattimento, “senza offrire alternative”.

Processo Mediaset, no al ricorso di Berlusconi
Il Cavaliere: “Confermo sostegno a governo”

Video – Pdl, minaccia di dimissioni di massa

Chi come berlusconi colleziona assenze in parlamento al ritmo dei suoi capi di imputazione e reati commessi non ha diritto a nessun impedimento, tanto meno legittimo.

 

Il cittadino silvio berlusconi imparasse a regolare la sua agenda secondo gli impegni presi coi  tribunali, non in base alle sue ormai note esigenze, ovvero darsela a gambe di fronte ai giudici,  imparasse a rispettare gli appuntamenti e non cercare il salvataggio in calcio d’angolo organizzando consigli dei ministri utili solo a lui per scampare ai tribunali,  perché  per una persona  normale  non sarebbe così facile farsi beffe di leggi e regole. 

E noi avremmo sempre un articolo 3 di una Costituzione che vuole i cittadini tutti uguali davanti alla legge: non c’è nessuna postilla che parla di legittimi impedimenti.

Lui è quello che è e lo sappiamo tutti, ma quelli che gli hanno concesso il tutto e l’oltre sono complici, sono loro i veri nemici di questo paese, gente che avrebbe potuto fare, dovuto, anzi, e non ha fatto nulla per sbarazzarsi  – democraticamente, s’intende, il sistema c’era – di uno così.

“Cercavi giustizia, trovasti la legge” [a volte]

Sottotitolo: all’Ilva è tutto a posto, dunque a Taranto si può continuare a lavorare e morire e non necessariamente in questo ordine. Chi l’ha detto che le leggi in Italia non funzionano e non si rispettano? un paese dove la gente deve scegliere se lavorare o morire di cancro è come uno nel quale  bisogna difendere  un Magistrato coi mitra e un delinquente con la presidenza del consiglio.
Uguale, pare anzi  e addirittura lo stesso paese.

“Legge salva-Ilva è costituzionale”
Consulta respinge ricorso Procura

Articolo 32 della Costituzione Italiana

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. 
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

La nomina dei membri della Corte Costituzionale è per due terzi politica, quindi è perfettamente inutile aspettarsi sentenze che rovescino le decisioni dei Magistrati, quando di mezzo ci sono grandi interessi come a proposito dell’Ilva di Taranto.
Un organo istituzionale ci ha fatto sapere ieri che “la robba” è più importante della vita autorizzando e legittimando gli avvelenatori a continuare a farlo in virtù di interessi economici.
E, siccome la Corte Costituzionale non si può privatizzare, affidarla ad un’istituzione diversa dalla politica e che sia davvero di garanzia, se non si cambia la politica non cambieranno mai le conseguenze delle azioni politiche.
E finché a decidere per noi, per la nostra salute, sicurezza, istruzione, diritti, lavoro, saranno sempre le stesse persone che non hanno – perché lo hanno dimostrato più e più volte – come obiettivo primario i nostri interessi ma quelli di qualcun altro che talvolta coincidono coi loro questo paese non potrà mai essere migliore di quello che è.

Non capisco perché dovrebbe essere inutile andare avanti sulla questione dell’ineleggibilità di b.
Semmai è stato non inutile ma dannoso e devastante non averci pensato fino ad ora.
Esiste una legge, non c’è nemmeno bisogno di pensarla perché qualcuno molto più saggio e lungimirante di questi geni della politica del terzo millennio ma il cui cervello è rimasto al secondo, in qualche caso ancora più indietro nel tempo ci aveva già pensato, non vedo quale sarebbe e dove il problema nel renderla finalmente operativa.
O il pacchetto salvasilvio, oltre alle leggi prêt-à-porter fatte apposta per lui, quelle à la carte messe a disposizione sempre per lui, prevede che una legge già esistente e ignorata volutamente possa passare di moda come un oggetto vintage?

Intanto il 25 aprile ci toccherà ancora il discorso del grande statista in dirittura d’arrivo.
Se l’anno scorso ci ha ammorbato con la filippica sui pericoli del populismo non oso pensare alla trama di quello di quest’anno se l’ispirazione gli viene da quel “fanatismo moralizzatore” di cui vaneggia.
In uno dei paesi più corrotti del mondo, con una classe politica/dirigente che in gran parte ha dimostrato come ha potuto di essere collusa, connivente con le mafie, corrotta e corruttibile a livelli insopportabili, dove la gente onesta è costretta a farsi carico del tributo di dover mantenere caste e sottocaste di privilegiati, disonesti, profitattori, parassiti, nell’unico paese democratico al mondo dove è stato possibile che un imprenditore fallito  imputato, indagato, inquisito, condannato e prescritto abbia potuto ottenere un ruolo politico di spicco e cavarsela grazie a leggi fatte su misura e legittimate da quello che dovrebbe essere garante di tutti e non di uno solo, di se stesso o di qualcuno e ancora oggi che è praticamente nessuno consentirgli di essere ancora determinante per la politica, quell’ago della bilancia da cui un paese intero deve ancora dipendere, sottostare ai suoi ricatti c’era proprio la necessità di un presidente della repubblica che esprimesse un’opinione così volgare, che definisse la voglia di pulizia e trasparenza all’interno della politica come una specie di capriccio e non un’urgenza, non foss’altro perché è soprattutto grazie all’immoralità della classe politica se oggi questo paese è ridotto così male.
 Io mi sento offesa, defraudata del mio diritto di vivere in un paese gestito da gente normalmente onesta, che anteponga sempre e davanti a tutto gli interessi di tutti così come il ruolo le impone e  non quindi i suoi,  quelli degli amici, e degli amici degli amici, un paese la cui anormalità è stata istituzionalizzata e legalizzata proprio da chi avrebbe dovuto opporsi  all’illegalità, alla disuguaglianza e alle ingiustizie con tutti i mezzi che la democrazia mette a disposizione.

Madonna Bonino
Marco Travaglio, 10 aprile

Quando ho scritto “Si fa presto a dire Bonino”, la sapevo apprezzata da molti italiani per le caratteristiche che illustravo nelle prime righe: donna, competente, onesta, impegnata per i diritti civili, umani e politici in tutto il mondo. Non la sospettavo, però, circondata di persone adoranti che la guardano con gli occhi che dovevano avere i pastorelli di Fatima davanti alla Madonna. A questi innamorati che non sentono ragioni, anzi preferiscono non conoscere o non ricordare le zone d’ombra (solo politiche, lo ripeto) della sua lunghissima carriera politica, non so che dire: al cuore non si comanda. Rispondo invece alle cortesi obiezioni del segretario radicale Mario Staderini, il quale — diversamente da me — la ritiene il presidente della Repubblica ideale. E, per nobilitarla e dipingerla come antropoligicamente estranea al berlusconismo, cita alcuni suoi imbarazzanti avversari (Ferrara, Gasparri, Libero ). Potrei rispondere che invece Mara Carfagna la vuole al Quirinale, ma preferisco concentrarmi sulla biografia della Bonino. Chi auspica un Presidente estraneo alla casta, tipo Zagrebelsky, Settis, Gabanelli, Caselli, Guariniello, Strada e altri, non può certo sostenere la Bonino, 8 volte parlamentare italiana e 3 volte europea. I suoi amici la raffigurano come un’outsider estranea all’establishment. Che però non è d’accordo: altrimenti la Bonino non sarebbe stata invitata a una riunione del gruppo Bilderberg, o almeno non ci sarebbe andata. Sulla sua vicinanza, “fra alti e bassi”, al Polo berlusconiano dal 1994 (quando fu eletta con Forza Italia fino al ’96, senza dire una parola contro le prime violenze alla Giustizia e alla Costituzione) al 2006, ci sono tonnellate di articoli di giornale, lanci di agenzia, esternazioni, vertici, incontri, tavoli, inseguimenti, corteggiamenti, ammuine. Il tutto mentre il Caimano ne combinava di tutti i colori, nel silenzio-assenso della Bonino (che ancora nel 2004 veniva proposta da Pannella per un posto di ministro; e nel 2005 dichiarava: “Con Berlusconi abbiamo iniziato un lavoro molto serio… apprezziamo ciò che sta facendo come premier, ma la posizione degli alleati è nota”: insomma cercava disperatamente l’alleanza con lui, che alla fine la scaricò per non inimicarsi “gli alleati” e il Vaticano). Poi la Emma passò armi e bagagli col centrosinistra e cambiò musica. Un po’ tardi, a mio modesto avviso. Ma neppure in seguito, sulle questioni cruciali del berlusconismo (leggi vergogna, rapporti con la mafia, corruzioni, attacchi ai magistrati e alla Costituzione, conflitti d’interessi, editti bulgari e postbulgari), risulta un solo monosillabo della Bonino. Forse perchè, pur con motivi molto diversi, sulla giustizia B&B hanno sempre convenuto: separazione delle carriere, abolizione dell’azione penale obbligatoria (altro che difesa della “Costituzione più bella del mondo”, caro Staderini), per non parlare dell’idea intimidatoria e pericolosa della responsabilità civile dei magistrati che non esiste in nessun’altra democrazia. La corrispondenza di amorosi sensi con B. si estende al No radicale all’arresto di Cosentino perchè “siamo contro l’immunità parlamentare, però esiste”. Al fastidio per i sindacati, definiti in blocco “barbari, oscurantisti e retrogradi” (Ansa, 22-1-2000). E alla lettura dell’inchiesta Mani Pulite come operazione politica filocomunista: per la Bonino le tangenti di Craxi furono solo “errori” e occorre “una rivisitazione seria di cosa è successo dal ’90 in poi: la mia analisi è che indubbiamente, soprattutto nel ’92, si è cercato di risolvere alcuni problemi politici per vie giudiziarie, un po’ orientate perché poi se n’è salvato uno solo di partito” (Ansa, 19.11.99). Per non parlare dello scandalo delle frequenze negate per dieci anni a Europa7 per non disturbare Rete4 che le occupava abusivamente. Il 1° aprile 2007, ministro delle Politiche europee del governo Prodi-2, la Bonino porta in Consiglio dei ministri tutte le sentenze della Corte di giustizia europea per darne finalmente attuazione. Tutte, tranne una: quella che dà ragione a Europa7 e torto al gruppo B. Una cronista le chiede il perchè, e lei risponde che non c’è alcuna urgenza (in effetti Europa7 attende le frequenze negate solo dal 1999, quando vinse la concessione e Rete4 la perse).
C’è poi il bilancio di Commissario europeo dal 1994 al ’99 su nomina di B,. quando insieme a battaglie sacrosante la Bonino sponsorizza i cibi OGM senza etichettatura.
E soprattutto sostiene l’insensata sospensione degli aiuti all’Afghanistan, dopo la sforunata missione a Kabul in cui è stata fermata dalla polizia religiosa perché i suoi collaboratori fotograno e filmano il volto delle donne in barba alla legge islamica. Durante la guerra in Afghanistan – da lei appoggiata come quelle nell’ex Jugoslavia e in Iraq (“io credo che non ci fosse alternativa per sconvolgere la rete terroristica:se mandiamo il messaggio che dopo le torri di New York possono bombardare, senza colpo ferire, anche il Colosseo e la torre Eiffel, non ci dà sicurezza”) la Bonino si oppone alla sospensione dei bombardamenti per aprire un corridoio umanitario agli aiuti ai profughi (servirebbe solo ai talebani per riorganizzarsi, Ansa 2-11-2001).
Nel 2007, poi, durante il sequestri Mastrogiacomo non trova di meglio che prendersela con Gino Strada accusandolo di trescare con i talebani col suo “atteggiamento ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualsiasi illazione” perché “scientemente o incoscientemente – che sarebbe ancora peggio finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo fra torturati e torturatori. Quando uno si mette a praticare una linea così ambigua, così poco limpida, si presta a qualsiasi gioco altrui. Nell’illusione di tirare lui le fila finisce che il burattinaio non è lui” Ansa, 9-4-2007).
A proposito di ambiguità fra torturati e torturatori, ho cercato disperatamente nell’archivio Ansa una parola della Bonino su Abu Ghraib e Guantanamo.
Risultato: non pervenuta.

Passer(à) anche questo [speriamo]

Sottotitolo: “Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent’anni fa” .
Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io.” { Licio Gelli, 28 settembre 2003 }

In questo paese anche il concetto di “turn over” si applica ad personam.
Per smantellare la procura di Palermo e rendere ancora più complicata l’azione antimafia è buono, per fare un repulisti come si deve in parlamento, no.
Nell’unico ambito in cui un ricambio è necessario, igienico e salutare al turn over, chissà perché, non ci ha pensato mai nessuno.
Evviva, come sempre, l’Italia.

Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover

Preambolo: c’è trattativa e trattativa.
Con le BR no, con tanti saluti ad Aldo Moro, con la mafia sì.
Sarebbe carino se sul sito del Governo pubblicassero un elenco dei possibili interlocutori, così poi ci  si regola.

Strepitoso  Travaglio che in una pagina e mezza di giornale ieri  ha smontato tutta la commedia degna del  peggior Teatro de’ servi sceneggiata e prodotta dalla premiatissima ditta «Eugenio Scalfari: un uomo molti perché».

Dal primo all’ultimo {speriamo} atto.

Non riesco a capire perché “La Repubblica” non sia stata  abbandonata da quelle firme che hanno ancora un’idea degna del giornalismo.

Povero D’Avanzo, che delle inchieste di mafia aveva fatto una delle sue ragioni di vita.

Troppo facile, per un quotidiano che vuole definirsi prestigioso  scrivere per settimane, mesi, per anni  quasi esclusivamente del mignottificio di Hardcore.

Allora valeva tutto, domande,  post-it, dossier, “speciali” mandati in onda in diretta  e in replica dalle radio associate al Gruppo Espresso.

Per SM Re Giorgio, invece,  su qualcosa si puó sorvolare e dimenticarsi del proprio professionismo.

Ragion di stato: “robba forte”.

“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia

Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone.

Famiglia Cristiana attacca il Meeting: “Cl applaude soltanto i potenti”

Dalle colonne del settimanale cattolico l’attacco alla kermesse ciellina che fa più male: “Cossiga, Andreotti, Craxi, Formigoni: applausi per tutti a prescindere da ciò che dicono. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. Non c’è senso critico, ma omologazione”.

Corrado Passerella
Marco Travaglio, 22 agosto

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro “tutta la classe dirigente italiana” che “non risolve i problemi della gente” e “suscita indignazione”. Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l’ha mai negato a nessuno, anch’essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi). Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all’affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L’altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che “l’uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare”. Altrimenti l’uscita è lontana.  Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D’Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni). Il “nuovo Passera” uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che “bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse,  una vera zavorra, fra le più alte al mondo”. In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: “Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?”. Lì invece l’hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un “decreto per la crescita” che avrebbe addirittura “mobilitato risorse fino a 80 miliardi”, ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto “sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata”. Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l’ha invitato agl’imminenti, imperdibili “Stati generali del Nord” in programma a Torino, ha aggiunto: “Dobbiamo riprendere il federalismo”. Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché “il Meeting porta fortuna” e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene “improbabile” un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno. Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l’incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l’accento).

Il Partito della Costituzione

Mi piacerebbe sapere qual è il ruolo della politica in questo paese se la politica non si fa garante nemmeno della salute dei cittadini anteponendo – more solito – la logica del profitto alla logica e basta che dovrebbe essere quella per cui nessuno deve scegliere fra morire di cancro e morire di disoccupazione [i famosi motivi “ignoti” per i quali la gente s’impicca, si spara, si dà fuoco, ecco…].

E ancora qualcuno ha il coraggio di parlare di Magistratura politicizzata? ben venga, se la Magistratura è stata fino ad ora l’unica Istituzione che ha dimostrato di voler lavorare davvero per il bene comune. 
Quando la politica non fa la politica è ridicolo che la stessa accusi poi altri di volersi sostituire a chi dovrebbe occuparsi di risolvere i problemi.

Vale per “il buffone” e anche per quei giudici che tentano da anni, disperatamente, di ripristinare il vero senso dello stato, visto che la politica NON lo fa, non lo vuole fare salvo poi sragionare su presunte “ragioni di stato” che impediscono ad uno stato di essere tale.

Spero che la Consulta ridicolizzi questa gentaglia che parla di ‘futuro compromesso’ dalla chiusura di una fabbrica che il futuro non si limita solo a comprometterlo ma lo ammazza proprio.

Ricordiamoceli bene e tutti, i politici che lavorano per il bene “comune”, quando e se ci rimanderanno a votare.

100.000 FIRME. UN ALTRO GIUDICE NEL MIRINO, SE L’ILVA UCCIDE E’ COLPA SUA 
Boom di adesioni per i pm siciliani. Intanto a Taranto migliaia di persone muoiono per i veleni della fabbrica. E ora che la magistratura vuole porre fine alla strage e costringere i proprietari alla bonifica, governo e Pdl-Udc-Pd, dopo aver permesso lo scempio, trascinano il gip Anna Todisco davanti alla Consulta [Il Fatto Quotidiano]

[Tra gli oltre 90 mila che hanno firmato la sottoscrizione del Fatto per i magistrati di Palermo ecco quelli ci stanno e perché. Sulla guerra dichiarata a questi magistrati impegnati sulla trincea più rischiosa, tacciono perfino i vertici dell’Anm con l’eccezione di quello palermitano (firma la petizione)]

Ilva, Catricalà: “Faremo ricorso alla Consulta” e Clini: “Eutanasia non è cura”

Taranto, cittadini in piazza a difesa del Gip “Salviamo la città e i nostri figli dall’Ilva”

Il Partito della Costituzione – Marco Travaglio, 14 agosto 2012

 

Dobbiamo prepararci a difenderne tanti, di magistrati aggrediti e isolati dal potere. I 100 mila che in quattro giorni han firmato l’appello del Fatto per i pm siciliani si tengano pronti: presto dovremo richiamarli a raccolta per altre battaglie in difesa della Giustizia, nella speranza che nasca un Partito della Costituzione che contrasti questo schifo. Fino all’altroieri ci si domandava cosa accomuni l’allegra ammucchiata Pdl-Udc-Pd che non solo sostiene il governo Monti con la benedizione apostolica del Colle, ma ha una gran voglia di stabilizzare il ménage à trois nella prossima legislatura. Ma ora la risposta è arrivata: il mastice che tiene insieme la più arlecchinesca Armata Brancaleone mai vista dai tempi del film di Monicelli è la sete di vendetta contro la magistratura, almeno quella che prende sul serio la propria indipendenza da ogni altro potere per garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini. In una parola, l’odio per la Costituzione. Prima il presidente Napolitano e poi il governo Monti hanno trascinato alla Consulta magistrati che disturbano il potere: i pm di Palermo che indagano su chi trattò con la mafia e il gip di Taranto Anna Todisco che sequestra gli impianti omicidi dell’Ilva. In entrambi i casi il potere politico accusa il giudiziario d’invasione di campo, come se non spettasse alla magistratura decidere se e quando distruggere un’intercettazione e fermare una strage in corso da anni nell’indifferenza dei governi incapaci e/o complici in Puglia e a Roma. Ma a questo siamo: quando c’è di mezzo il potere, politico o industriale, la legge non è più uguale per tutti. I magistrati devono voltarsi dall’altra parte, od obbedire al potere. Se no, peggio per loro. 
A sindacare i loro insindacabili provvedimenti provvedono Quirinale, Pg della Cassazione, partiti, governo, addirittura il ministro della Giustizia che acquisisce le ordinanze del gip non si sa bene a che titolo, ma con sicuro effetto intimidatorio (anche sul Riesame, che sta ancora scrivendo la motivazione). Mentre noi comuni mortali, per contestare una sentenza sgradita, non abbiamo altra arma che impugnarla in appello e in Cassazione, lorsignori si rivolgono direttamente alla Corte costituzionale, cioè a giudici nominati dalla politica: oseranno mai dare torto al Presidente e al Governo, innescando gravi “scontri istituzionali”? La giustizia domestica regola e sistema tutto nelle segrete stanze. 
E tutti i magistrati impegnati in inchieste delicate sono avvertiti: non s’azzardino a dare torto al potere. Colpirne due o tre per educarli tutti. È il trionfo dell’abuso e del conflitto d’interessi.Napolitano ha un interesse personale nel conflitto aperto con i pm di Palermo (mettere la sordina alle sue telefonate con Mancino). E così vari ministri del governo Monti che aggredisce il gip di Taranto sono pappa e ciccia con l’Ilva e i suoi padroni (per esempio i due Corradi: Passera, a Banca Intesa, era socio di Riva nella Cai, ed era pure l’advisor che lo chiamò nella compagnia; Clini, dalle intercettazioni, è descritto come la quinta colonna dell’Ilva al ministero dell’Ambiente). E così il Pd col suo ex candidato Ferrante, per non parlare dei soldi di Riva a Bersani e Forza Italia. Spudoratamente sull’Unità Giovanni Pellegrino esprime tutto il suo “rimpianto per la magistratura degli anni 60, che riteneva che nell’applicazione della legge l’interesse generale dovesse prevalere”. Ah quei begli insabbiatori di una volta! Quella magistratura forte coi deboli e debole coi forti, che lasciava intonso mezzo Codice penale per non disturbare i manovratori, infatti non indagava mai su tangenti, collusioni e inquinamenti. Questo si vuole. Viva la faccia, almeno è tutto chiaro. Nel caso Ilva non si può nemmeno sventolare la solita scusa delle toghe che parlano troppo e “fanno politica”: nessuno sa come la pensi la gip Todisco, né che voce abbia. Eppure la colpiscono lo stesso. Come dice Davigo, “non ce l’hanno con noi per quello che diciamo, ma per quello che facciamo”.