… perfino in Guatemala

Accolto il ricorso del Quirinale. 
Stato – Mafia: 2 fisso.
[forum spinoza.it]

Il fatto che Scalfari abbia definito “fascisti di sinistra” tutti quelli che i Magistrati li preferiscono vivi e attivi sul nostro territorio ché ce n’è tanto bisogno e non in esilio forzato altrove in modo tale da poterli anche criticare se lo meritano, è consolante, dà la giusta misura del perché questo paese è ridotto così male per quel che riguarda l’informazione libera. 
E chissà  perché si chiede continuamente il rinnovamento in tutti gli ambiti della società cosiddetta civile e poi si deve sopportare il quasi novantenne voltagabbana di Largo Fochetti – uno che di fascismo fra l’altro se ne intende eccome per averci avuto a che fare direttamente e che per questo farebbe meglio ad evitare certi esempi/paragoni – che ormai da mesi ci allieta tutti i giorni coi suoi deliri pro-stato a tutti i costi e pro certi suoi rappresentanti che, evidentemente, non si possono nemmeno criticare, se lo meritano.

Tutt’altro da quel che faceva quando al centro della scena c’era berlusconi, per lui valeva tutto, la critica, le campagne contro tutti i bavagli per la libertà di sapere e d’informare, le domande, i post-it.

Ingroia: “Legittimo criticare
la Consulta. La sentenza
è un pasticcio politico”

[Antonio Ingroia]

 “Provavo a spiegare ieri il “nostro” conflitto di attribuzioni ad un alto magistrato dell’America Centrale. Ebbene, perfino in Guatemala è ben chiara la differenza fra le intercettazioni dirette nei confronti di una persona, quando cioè si mette sotto controllo un suo telefono (ovviamente vietato nei confronti del presidente della Repubblica), e le intercettazioni accidentali, quando cioè sotto controllo è il telefono di altra persona che, appunto, accidentalmente telefona al Capo dello Stato. In Guatemala la distinzione è chiarissima, in Italia no. Povera Italia…”

Quel che scrive il dottor Ingroia sono più o meno le stesse cose  che  prova a spiegare Travaglio da anni riguardo le intercettazioni dell’assediato [da chi?],  ma si sa, Travaglio ormai ha la nomina di bastonatore fascista quindi non è credibile nemmeno quando dice, giustamente perché è così e non bisogna essere giornalisti d’inchiesta né Magistrati per capirlo e saperlo, che non era lui ad essere intercettato ma la quantità di gente dai comportamenti non sempre e non troppo, anzi per niente  ortodossi dalla quale ama farsi circondare.

Il problema è farlo capire a certi giornalisti fondatori di quotidiani che ormai si sono lanciati nella difesa sperticata dello stato in tutte le sue forme definendo fascista di sinistra chi non invece non lo fa.

Povera Italia scrive Ingroia, sì: povera, poverissima Italia e poveri tutti quegli italiani che sacrificano la loro indipendenza intellettuale non provando nemmeno a capire quello che gli succede intorno pensando che non sia cosa loro.

Da Presidente a Monarca

di Franco Cordero

[Anche Cordero è un fascista di sinistra? PIETA’]

Qualche telefonata di troppo. Una procura dall’orecchio attento. L’ordine di distruggere i nastri. Magistrati accusati di ordire un colpo di Stato. Sofismi e argomenti tautologici e infondati. Uno scontro tra magistratura e capo dello Stato senza precedenti nella storia della Repubblica. Una vicenda [e una sentenza] che stravolge la nostra democrazia, nell’analisi lucida e imparziale di uno dei più grandi giuristi.

Stato di rovescio

Marco Travaglio, 6 dicembre

Gli storici e i giuristi del futuro che dovranno raccontare la decisione della Consulta sul caso Napolitano-Procura di Palermo potranno farsi un’idea, dai commenti dei politici e degli opinionisti al seguito, di come fosse ridotta l’Italia del 2012. Un paese dove un potere politico screditato e marcio dalle fondamenta aveva sequestrato e asservito tutti i residui spazi di libertà e tutti gli organi di controllo “terzo”, dalla televisione alla stampa agli intellettuali su su fino alla Corte costituzionale. Naturalmente ciascuno, sulla sentenza che accoglie il conflitto di attribuzioni del Quirinale, è libero di pensarla come vuole. Ma il trasporto mistico e l’afflato estatico con cui tutta la grande stampa corre in soccorso del vincitore senza neppure accorgersi dell’effetto grottesco di certe espressioni, oltreché di certe palesi menzogne e violenze alla logica, costituiscono un imperdibile reperto d’epoca.
La ragione del più forte. La Stampa, nel breve volgere di due pagine, riesce a infilare titoli come “La Consulta: ha ragione Napolitano”, “Una sentenza che cancella i veleni”, “Successo del Colle su tutta la linea”, “La Consulta dà ragione al Colle”. Strepitoso il titolo del Corriere: “Il distacco del Presidente: ‘Ora aspetto le motivazioni’. La speranza di sterilizzare lo scontro con i pm siciliani”. Distacco? Da giugno, quando si seppe delle sue telefonate con Mancino, Napolitano è intervenuto pubblicamente decine di volte sul tema. Sterilizzare lo scontro? Ma il conflitto l’ha sollevato Napolitano, mica i pm siciliani. E ora che la Consulta, nel comunicato ufficiale, copia addirittura parola per parola la memoria difensiva del Quirinale, il Presidente fa il distaccato? Il Messaggero parla di “equilibrio ristabilito”, di “difesa della Costituzione” [senza spiegare dove mai la Costituzione dica che è vietato intercettare un privato cittadino coinvolto in un’indagine quando parla col capo dello Stato”] e intervista Violante che accusa i pm di aver “perso il senso del limite” [e dove sta scritto quel limite?]. Anche Il Foglio, naturalmente, assieme a tutta la stampa berlusconiana, esulta per la sconfitta della Procura di Palermo, bestia nera di B. e della sua banda, in una soave corrispondenza di amorosi sensi che affratella gli house organ di B. e quelli “de sinistra”, dall’Unità a Repubblica. Ferrara ha almeno il merito di essere conseguente: se ha ragione il Colle, vuol dire che la Procura di Palermo s’è macchiata di una specie di golpe, un reato da corte marziale o almeno una gravissima infrazione disciplinare, infatti “il Colle aspetta di leggere le motivazioni per decidere gli ulteriori passi da compiere anche davanti al Csm”: altro che “sterilizzare lo scontro”. Mai, nella storia, la magistratura antimafia di Palermo era stata così isolata [da Quirinale, governo, politici di destra, centro e sinistra, Consulta, Csm, Anm, tv, stampa e intellighenzia]. Nemmeno ai tempi di Falcone e Borsellino.
Non spettava di omettere. Nessuno nota neppure l’imbarazzato e imbarazzante eloquio del comunicato della Corte là dove scrive, copiando paro paro dalla memoria dell’Avvocatura dello Stato, che “non spettava alla Procura di Palermo di omettere di chiedere al giudice l’immediata distruzione” delle quattro telefonate incriminate. Perché i supremi giudici non hanno scritto che “spettava alla Procura di Palermo chiedere al giudice l’immediata distruzione”? Forse perché sanno benissimo anche loro che non esiste alcuna norma, ordinaria o costituzionale, che lo preveda. Chi agisce male, pensa male e scrive anche peggio. Che cosa penserebbe una ragazza se il suo fidanzato, anziché “ti amo”, le dicesse “non spetta a me omettere di amarti”?
De Siervo vostro.L’emerito Ugo De Siervo, sulla Stampa, insinua che intercettazioni [4 su 9.295 telefonate di Mancino] non fossero “casuali”. Cioè che si sia intercettato Mancino per intercettare Napolitano. Quindi, seguendo il suo sragiona-mento, era prevedibile che un ex politico coinvolto nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia parlasse con Napolitano, dunque che anche Napolitano avesse qualcosa da nascondere su quella vicenda. Ma l’insinuazione è smentita dalle carte, che naturalmente De Siervo non ha letto: i pm non rinnovarono il decreto di intercettazione su un’utenza telefonica di Mancino, non perchè fosse “muta”, ma perché era stata usata una sola volta, e proprio per parlare con Napolitano: infatti, sulla stessa utenza, risultò poi dai tabulati un’altra conversazione col Quirinale, che non fu più registrata e che i pm [ma non Mancino] ignorano. Codex Scalfarianum. Eugenio Scalfari, su Repubblica, attacca a testa bassa chi non è d’accordo con lui. Ma, ancora una volta, dimostra di non conoscere le norme più elementari del diritto. Art. 111 della Costituzione: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti…”. Dunque come può Scalfari affermare che, quando c’è di mezzo The Voice, “la Procura non ha titolo per dare alcun giudizio sul testo intercettato: deve… immediatamente consegnare le intercettazioni al Gip affinché siano distrutte senza alcuna comunicazione alle parti”? L’art. 271 del Codice di procedura, citato a vanvera dalla Consulta visto che riguarda i medici che parlano coi pazienti, gli avvocati che parlano coi clienti, i confessori che parlano coi penitenti e gli altri professionisti tutelati dal “segreto professionale”, non i Napolitano che parlano con i Mancino, prevede che il giudice distrugga le conversazioni dopo averle valutate [infatti non può distruggerle se costituiscono “corpo del reato”]. Per Scalfari i pm avrebbero dovuto equiparare Napolitano ad avvocati, medici e confessori “per logica deduzione”: peccato che Napolitano non sia depositario di alcun segreto professionale. O forse è l’avvocato difensore di Mancino? E peccato che in passato altre Procure abbiano indirettamente intercettato altri presidenti – Milano con Scalfaro, Firenze con lo stesso Napolitano – e nessuna Consulta intervenne, e nessuno Scalfari suggerì logiche deduzioni. “Il ricorso di Napolitano alla Consulta – aggiunge il fondatore di Repubblica – non intaccava in alcun modo il lavoro della Procura sull’inchiesta riguardante i rapporti eventuali [sic, ndr] tra lo Stato e la mafia”. Poi però si contraddice: “Il Gup di Palermo, con correttezza professionale, ha deciso di attendere la decisione della Consulta prima di prendere le sue decisioni”. Ma, se le 4 intercettazioni erano irrilevanti [come ha stabilito la Procura , dopo averle valutate, per sindacare la condotta non di Napolitano, ma di Mancino], perché mai il Gup avrebbe dovuto attendere la Consulta? Infatti il Gup non l’ha affatto attesa: l’udienza preliminare procede a prescindere.
In malafede sarà lei. Dopo questa bella serie di sfondoni, Scalfari denuncia “l’indebito clamore che alcune forze politiche [una: Di Pietro, ndr] e alcuni giornali [uno: il Fatto Quotidiano, ndr] hanno montato… lanciando accuse roventi, ripetute immotivatamente contro il Capo dello Stato. Se fossero in buona fede sarebbe il momento di chiedere pubblicamente scusa per l’errore, ma siamo certi che non lo faranno”. Chissà se Scalfari ce l’ha anche con Zagrebelsky, Cordero e Barbara Spinelli, autorevolissimi editorialisti di Repubblica, che, come noi, hanno sostenuto la totale infondatezza del conflitto. O agli eccellenti cronisti di Repubblica Bolzoni e Palazzolo che, conoscendo le carte, hanno scritto: “Le telefonate intercettate stanno scoprendo un eccessivo attivismo al Quirinale sulla delicata inchiesta di Palermo e sfiorano più di una volta il nome di Napolitano”. Ancora ieri Bolzoni scriveva che il Quirinale trescava con Mancino tramite i vertici togati “per far avocare l’inchiesta a Palermo”. Accuse in malafede? Forse Scalfari dovrebbe leggere almeno il suo giornale. Quel che ha fatto il Quirinale contro l’indagine sulla trattativa non è oggetto del conflitto di attribuzione né del verdetto della Consulta, e comunque nessuna sentenza potrà mai cancellarlo, perchè è indelebilmente impresso nelle carte. Quindi le scuse di chi ha raccontato i fatti e ne ha tratto le conseguenze sull’indecente condotta del Colle, Scalfari se le sogna. Sono gli italiani che attendono le scuse di Napolitano e dei suoi corazzieri.
Fascisti su Marte. “Quello di alcune forze politiche e mediatiche–conclude Scalfari–non è un errore in buona fede ma una consapevole quanto irresponsabile posizione faziosa ed eversiva che mira a disgregare lo Stato e le sue istituzioni. Sembra quasi un fascismo di sinistra”. Qui non si capisce bene se l’insulto più sanguinoso sia “fascismo” o “di sinistra”. E poi il fascismo è proprio l’atteggiamento tipico di chi, come Scalfari, si fa megafono degli “ipse dixit” del potere, a prescindere dai fatti. Il 24 settembre 1942, su “Roma fascista”, un giovane studente del Guf scriveva: “Un impero del genere è tenuto insieme da un fattore principale e necessario: la volontà di potenza quale elemento di costruzione sociale, la razza quale elemento etnico, sintesi di motivi etici e biologici che determina la superiorità storica dello Stato nucleo e giustifica la sua dichiarata volontà di potenza”. Non spetta a noi omettere di ricordare che l’autore era Eugenio Scalfari.
Inutile sforzarsi o illudersi,questo paese con il gigantesco livello di corruzione.gli insabbiamenti e le impunità su tutte le stragi di stato non lo si potrà mai definire democratico,prendiamone atto sperando che si potrà almeno nel futuro svolgere ancora informazione,cronaca e critica,considerato che i lacchè del potere sono un battaglione invincibile,e sino ad ora qualche voce stonata fuori dal coro la sopportano “splendidamente”.

Se

Sottotitolo:  domani Alemanno, in previsione delle previsioni [del tempo]  che fa, “chiama esercito?”
Voglio dire, il capo della protezione civile invece di chiedere ai cittadini prudenza e di restare a casa dovrebbe chiedere ai loro datori di lavoro di dire ai dipendenti che possono stare a casa.

Il ministero dell’interno si attivasse e ognuno si prenda le sue responsabilità.
Perché immagino che la giustificazione “me l’ha detto Gabrielli al tiggìuno” non sia sufficiente a far perdere soldi a chi a casa proprio non ci può restare nemmeno se sta male.

Figurarsi quando piove o nevica.
Bisognerebbe un po’ smetterla di delegare sempre tutto al senso di responsabilità dei privati perché il pubblico, quello che dovrebbe garantire sicurezza anche quando piove e nevica non è all’altezza delle situazioni.

E non lo è perché i soldi che si dovrebbero investire  nella sicurezza,  sulla quale proprio Alemanno ha imbastito tutta la sua campagna elettorale coi risultati che sappiamo, vengono spesi poi anche per  i due Suv, la X5 Bmw e la Jeep Cherokee dal “batman” di turno, oltreché per le  famose ostriche e lo champagne.

Primarie, sul web vince Renzi
E contro Berlusconi un milione di no

Ricerca di Reputation Manager per ilfattoquotidiano.it (qui i dati)

  Il sindaco di Firenze “mobilita” 
blog e social network, Bersani presente ma “immobile”.

Stop di massa a un ritorno del Cavaliere

[altre due parole del volpino del Tavoliere  su Renzi e lo fanno presidente della repubblica per direttissima… ]

Se Napolitano avesse usato la stessa pervicacia, la stessa ostinazione coi traditori dello stato, quelli che “ruby è la nipote di mubarak” così come sta facendo con la Magistratura siciliana, se avesse lanciato anche allora un bel conato di monito per dire agli italiani che in parlamento ci sono i traditori dello stato così come praticamente da sei, sette mesi ci annoia praticamente tutti i giorni con la retorica del populismo e delle demagogie;  se un certo giornalismo qualche volta, per una volta, anziché ribadire l’orrendo concetto che “gli italiani hanno quello che si meritano” perché  “sono come chi li rappresenta” [Michele Serra sì, ce l’ho anche con te], così come si è permesso di dire ieri  anche l’ottimo procuratore antimafia Grasso, quello che voleva premiare berlusconi per il suo impegno nella lotta antimafia, dicesse che non siamo noi ad avere quello che ci meritiamo, visto che non abbiamo nemmeno la possibilità di scegliere quello che vogliamo ma è Napolitano a rappresentare e difendere la classe politica che, per disonestà è riuscita a surclassare perfino quella dei tempi di tangentopoli, questo forse sarebbe un paese meno ridicolo. 

Perché omettere e negare si può: ma fino a un certo punto.
Chi porta i  fiorito in regione, i lusi, i belsito a gestire i soldi di tutti nel bel modo che abbiamo saputo,  la gente o il  loro partito?  dunque  finché saranno i partiti a sguinzagliare i loro ascari in ogni dove io non la vorrei più sentire questa storia che abbiamo quello che ci meritiamo.
Possibile che formigoni sia ancora lì? possibile che una democrazia  sana non possa e non sappia costruire una legge  che obblighi formigoni e quelli come lui a dimettersi  senza trattativa visto che da solo non lo fa?
 Se il politico che ruba in galera ci va solo se è l’ultima ruota del carro ma, appena sale di livello si fanno leggi apposite per non mandarcelo,  o come per formigoni, non esecutore materiale di ruberie e malaffare [forse, esiste la presunzione di innocenza ma anche quella di colpevolezza, considerato quel che è successo nel cosiddetto Pirellone] ma comunque responsabile del consiglio regionale e – a cascata – anche dei suoi consiglieri gli si consente di dire  “non me ne vado” la gente non capisce niente.
E non riesce a fare più neanche la semplice distinzione fra onestà e disonestà. 
Responsabilità e irresponsabilità: caratteristiche indispensabili per chiunque voglia fare politica.
Se la bindi, d’alema, fassino, fioroni, per dire i primi quattro che mi vengono in mente quando si tratta di discutere di diritti civili pensano come giovanardi e la binetti che la legge sulla regolarizzazione delle coppie di fatto non s’ha da fare la gente, ancora una volta  non capisce niente.
Si trova senza punti di riferimento, poi è inutile lamentarsi quando arriva il santone, il guru, il buffone a riempire i vuoti di una politica che ha fatto harakiri solo per non aver mai voluto  una semplicissima legge sul conflitto di interessi [che, ricordo, non la vuole la destra per ovvi motivi ma non l’ha mai voluta neanche la sinistra] e per aver permesso ad un abusivo di poter accedere al parlamento malgrado e nonostante ci fosse una legge che dice che non ci doveva andare. 
Hanno fatto tutto da soli e adesso dove lo cercano il colpevole, fra la gente? non si può fare.
Gli italiani devono pretendere e ottenere  una legge elettorale  che consenta anche al delinquente di andare a governare, ma solo se quel delinquente è scelto e voluto dalla maggioranza dei cittadini così come democrazia comanda.

C’era una volta un Re

Se immune da ogni responsabilità il Capo dello Stato diventa un sovrano. E’ questa la tesi sostenuta dalla procura di Palermo nella costituzione in giudizio di fronte alla Consulta dopo il conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. “Un”immunità assoluta” – si legge nel testo – può essere ipotizzata per il Capo dello Stato “solo se, contraddicendo i principi dello Stato democratico-costituzionale, gli si riconoscesse una totale irreponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali”. E una tale “irresponsabilità finirebbe per coincidere con la qualifica di ‘inviolabile’ che caratterizza il Sovrano nelle monarchie ancorché limitate” 

IL DOCUMENTO – LA MEMORIA DIFENSIVA DEI PM
VIDEO – 20 ANNI DI TRATTATIVA, LA VIDEO-CRONISTORIA

[Il Fatto Quotidiano]

Spero che questa questione del conflitto di attribuzione vada a finire davvero “a schifio“,  mi piacerebbe tanto che crollasse tutto questo castello di finzioni e bugie.

Se gli italiani avessero voluto mantenere una monarchia non avrebbero scelto la repubblica. Se avessero voluto ancora il fascismo non ci sarebbe stata la Resistenza.

E questo vale, dovrebbe valere anche per Giorgio, “The King”.

Anzi, siccome la storia di questo paese, specialmente quella di questi ultimi diciotto anni ci dice tutt’altro e cioè che i concetti di uguaglianza e di legge uguale per tutti ribaditi dalla Costituzione di cui Napolitano è o dovrebbe essere il garante supremo, l’estremo difensore in questo paese sono rispettati sempre meno, in molti casi per niente [per informazioni citofonare silvio berlusconi] dovrebbe valere SOPRATTUTTO per Napolitano.

Napolitano non cede,  proprio non vuole che si sappiano i contenuti “irrilevanti” delle telefonate fra lui e un ex ministro bugiardo e indagato, non ha la benché minima intenzione di farlo e fanno benissimo i Magistrati a tenere la barra dritta e il punto fermo sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, anche se si chiamano Giorgio Napolitano.

Perché, se il Presidente stesso afferma che quelle telefonate non contengono nulla di penalmente e giudiziariamente non corretto non la smette di fare braccio di ferro con la Magistratura di Palermo? perché deve comportarsi come un berlusconi qualunque facendosi scudo del ruolo per pretendere un’immunità che non è prevista da nessuna democrazia?

E’ anche in questi momenti che si sente la mancanza di una guida, di una persona che mai sarebbe caduta nel tranello di dare ascolto ad un ex ministro  indagato per falsa testimonianza.

Sandro Pertini ad uno così non gli avrebbe nemmeno stretto la mano, altro che farselo passare al telefono per sentire i suoi piagnistei.

Prima di dare lezioni su moralità e legalità sarebbe corretto dare un buon esempio, e Napolitano spesso non lo ha dato.

Non lo dico io ma, ad esempio  la Consulta quando stoppava leggi incostituzionali che lui però firmava tranquillamente come se fossero buone  e lo dicono le nomine di due ministri nonostante e malgrado fossero persone con pendenze giudiziarie serie e gravi.

Ci sono cose che un Presidente della Repubblica si può rifiutare, si dovrebbe rifiutare di fare quando mettono in discussione e in pericolo proprio le basi di una democrazia.

Altro che premiarlo e proprio col titolo di King per aver contribuito all’armonizzazione del paese come ha fatto il New York Times. Armonizzare è una parola che evoca cose belle,  fra le quali non rientrano certamente dare copertura agli indagati, nominare ministri dei pregiudicati  o firmare leggi ad personam sempre a beneficio della solita personam.

 
Parte prima –  Il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2012

Romanzo Quirinale, the end
Marco Travaglio, 13 ottobre

[Tanti auguri a Marco Travaglio, e cento, mille, diecimila di questi giorni…]

Finalmente, dopo tre mesi di sanguinose accuse fondate sul nulla, anzi sul falso, la Procura di Palermo può difendersi alla Corte costituzionale dal conflitto di attribuzioni scatenato dal presidente Napolitano. La questione, come i nostri lettori ben sanno, nasce dalle telefonate (quattro, si apprende ora) fra il capo dello Stato e Nicola Mancino, indirettamente e casualmente intercettate sui telefoni di quest’ultimo, coinvolto nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Secondo il Quirinale, incredibilmente spalleggiato dall’Avvocatura dello Stato, la Procura avrebbe dovuto procedere all'”immediata distruzione delle intercettazioni casuali del Presidente” perchè The Voice è inintercettabile e financo inascoltabile. La Procura non le ha fatte trascrivere né utilizzate, giudicandole penalmente irrilevanti, e si è riservata di chiederne la distruzione al gip secondo la legge: cioè in udienza alla presenza degli avvocati dei 12 imputati che possono ascoltarle ed eventualmente chiedere di usarle per esercitare i diritti di difesa. La cosa ha fatto saltare la mosca al naso a Napolitano e ai suoi cattivi consiglieri, terrorizzati dal rischio che un avvocato, dopo averle ascoltate, ne divulgasse il contenuto. Che, per motivi misteriosi (almeno per noi cittadini), deve restare un segreto di Stato. Di qui il conflitto con cui Napolitano, tramite l’Avvocatura, chiede alla Consulta di censurare i pm di Palermo per un delitto da colpo di Stato: “lesione” e “menomazione delle prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica” perpetrata sia con “la valutazione sulla rilevanza delle intercettazioni ai fini della loro eventuale utilizzazione”, sia con “la permanenza delle intercettazioni agli atti del procedimento”, sia con “l’intento di attivare una procedura camerale” regolata dal contraddittorio tra le parti. A lume di Codice, ma soprattutto di logica e di buonsenso, abbiamo più volte scritto che la pretesa del Colle è insensata. Ora l’insensatezza è autorevolmente confermata dalla memoria della Procura, firmata dall’ex presidente dell’Associazione dei costituzionalisti italiani Alessandro Pace e dagli avvocati Serges e Serio. I quali, prim’ancora di avventurarsi nell’interpretazione delle presunte prerogative del Presidente, dimostrano come il Quirinale e l’Avvocatura abbiano sbagliato indirizzo: ammesso e non concesso che le telefonate andassero distrutte subito, non poteva farlo la Procura, visto che quel potere è affidato in esclusiva al giudice. Cioè: eventualmente il conflitto andava sollevato contro il gip. Non solo: se, come ammette la stessa Avvocatura per conto del Colle, le intercettazioni furono “casuali” quindi involontarie, come si può sostenere che erano “vietate”? S’è mai vista una norma che vieta qualcosa di involontario e casuale? Per questi due motivi preliminari il conflitto è “inammissibile”, con buona pace della Consulta che s’è affrettata a dichiararlo ammissibile. Poi è anche infondato, per diversi motivi di merito. 

Intanto i pm dovevano valutare quel che diceva Mancino, a meno di regalargli un'”immunità contagiosa” derivante dal fatto che parlava con Napolitano. E poi nessuna norma costituzionale né procedurale ha mai stabilito la non intercettabilità indiretta (e nemmeno, in via assoluta, quella diretta) del capo dello Stato. Che non è un monarca assoluto, infatti è immune solo nell’esercizio delle sue funzioni. Dunque la prerogativa invocata dal Colle non esiste. Ergo i pm non hanno leso alcunchè. Anzi avrebbero violato il principio costituzionale del contraddittorio e i diritti delle difese se avessero obbedito al Colle. A questo siamo: a un presidente della Repubblica (e del Csm) che istiga la magistratura a violare la legge e la Costituzione.
A sua insaputa, si capisce.

Passer(à) anche questo [speriamo]

Sottotitolo: “Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent’anni fa” .
Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io.” { Licio Gelli, 28 settembre 2003 }

In questo paese anche il concetto di “turn over” si applica ad personam.
Per smantellare la procura di Palermo e rendere ancora più complicata l’azione antimafia è buono, per fare un repulisti come si deve in parlamento, no.
Nell’unico ambito in cui un ricambio è necessario, igienico e salutare al turn over, chissà perché, non ci ha pensato mai nessuno.
Evviva, come sempre, l’Italia.

Palermo, azzerata la squadra antimafia. E anche in procura arriva il turnover

Preambolo: c’è trattativa e trattativa.
Con le BR no, con tanti saluti ad Aldo Moro, con la mafia sì.
Sarebbe carino se sul sito del Governo pubblicassero un elenco dei possibili interlocutori, così poi ci  si regola.

Strepitoso  Travaglio che in una pagina e mezza di giornale ieri  ha smontato tutta la commedia degna del  peggior Teatro de’ servi sceneggiata e prodotta dalla premiatissima ditta «Eugenio Scalfari: un uomo molti perché».

Dal primo all’ultimo {speriamo} atto.

Non riesco a capire perché “La Repubblica” non sia stata  abbandonata da quelle firme che hanno ancora un’idea degna del giornalismo.

Povero D’Avanzo, che delle inchieste di mafia aveva fatto una delle sue ragioni di vita.

Troppo facile, per un quotidiano che vuole definirsi prestigioso  scrivere per settimane, mesi, per anni  quasi esclusivamente del mignottificio di Hardcore.

Allora valeva tutto, domande,  post-it, dossier, “speciali” mandati in onda in diretta  e in replica dalle radio associate al Gruppo Espresso.

Per SM Re Giorgio, invece,  su qualcosa si puó sorvolare e dimenticarsi del proprio professionismo.

Ragion di stato: “robba forte”.

“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia

Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone.

Famiglia Cristiana attacca il Meeting: “Cl applaude soltanto i potenti”

Dalle colonne del settimanale cattolico l’attacco alla kermesse ciellina che fa più male: “Cossiga, Andreotti, Craxi, Formigoni: applausi per tutti a prescindere da ciò che dicono. Poco importava se il Paese, intanto, si avviava sull’orlo del baratro. Su cui ancora continuiamo a danzare. Non c’è senso critico, ma omologazione”.

Corrado Passerella
Marco Travaglio, 22 agosto

Due estati fa il banchiere Corrado Passera sfilava in passerella al Meeting di Rimini, dove ormai è una rubrica fissa, con una requisitoria contro “tutta la classe dirigente italiana” che “non risolve i problemi della gente” e “suscita indignazione”. Applausi a scena aperta dalla platea di Comunione e Fatturazione, che un applauso non l’ha mai negato a nessuno, anch’essa indignata contro la classe dirigente che non risolve i problemi della gente, ma quelli del Meeting di Cl sì, finanziato negli anni dai migliori esponenti della classe dirigente: Berlusconi, Ciarrapico, Tanzi, Eni, Banca Intesa (cioè Passera coi soldi dei risparmiatori) e Regione Lombardia (cioè Formigoni coi soldi dei lombardi). Il noto marziano naturalmente non aveva nulla a che vedere col Passera che amministrò Olivetti (poi venuta a mancare all’affetto dei suoi dipendenti), Poste Italiane e Intesa, dunque membro della classe dirigente che fa indignare i cittadini. Altrimenti avrebbe dovuto autodenunciarsi e beccarsi bordate di fischi. L’altroieri il Passera è tornato per la decima volta al Meeting, non più in veste di banchiere ma in quella di esaministro (Sviluppo economico, Infrastrutture, Trasporti, Comunicazioni, Industria e Marina mercantile): infatti ha evitato di riprendersela con la classe dirigente. Ha invece annunciato che “l’uscita dalla crisi è vicina, dipenderà molto da quello che si riuscirà a fare”. Altrimenti l’uscita è lontana.  Applausi scroscianti, gli stessi che nel corso degli anni han salutato Andreotti, Sbardella, Martelli, Forlani, Cossiga, D’Alema, Berlusconi, Napolitano, Bersani, persino Tarek Aziz e ieri Betulla Farina, Alfonso Papa e Luciano Violante (se un giorno salisse sul palco una donna delle pulizie o Jack lo Squartatore e si spacciassero per ministri di qualcosa, verrebbero sommersi di ovazioni). Il “nuovo Passera” uscito dal fonte battesimale di Rimini, manco fossero le acque del Giordano o del Gange o dello Yangtze, distinguibile dal vecchio per via delle maniche di camicia al posto della giacca, ha poi distillato altre perle di rara saggezza: essendo indagato per frode fiscale, ha detto che “bisogna trovare le risorse per abbassare le tasse,  una vera zavorra, fra le più alte al mondo”. In qualunque altro posto, gli avrebbero domandato: “Scusi, lo dice a noi che le paghiamo? Ma lei è un ministro o un passante?”. Lì invece l’hanno applaudito. Anche se, in nove mesi da esaministro, non ha toccato palla (leggendario il giorno in cui annunciò un “decreto per la crescita” che avrebbe addirittura “mobilitato risorse fino a 80 miliardi”, ovviamente mai visti manco in cartolina). Poi ha minacciato la platea con un modesto “sappiate che la responsabilità che sentivo verso il vostro mondo nelle vite precedenti, in quella attuale è molto aumentata”. Mecojoni, direbbero a Roma. Applausi. Siccome poi Maroni l’ha invitato agl’imminenti, imperdibili “Stati generali del Nord” in programma a Torino, ha aggiunto: “Dobbiamo riprendere il federalismo”. Ma certo, come no. I retroscenisti dei giornali, chiamati a decrittare il sànscrito dei politici, e ora dei tecnici, sostengono che Passera era a Rimini perché “il Meeting porta fortuna” e lui sogna una Lista Passera, o un Partito dei Tecnici, o una Cosa Bianca, o un Grande Centro, o un centrino, o un centrotavola, insomma qualcosa che lo issi a Palazzo Chigi o al Quirinale, visto che ritiene “improbabile” un suo ritorno a Intesa (e a Intesa condividono). Ormai si crede un leader, un trascinatore di folle, e nessuno ha il cuore di avvertirlo che gli applausi ciellini non han mai portato voti a nessuno. Un banchiere con la faccia da travet, specie di questi tempi, può travestirsi come vuole, farsi fotografare dai rotocalchi sulla spiaggia con la faccia da figaccione, la sua signora e l’incolpevole prole, ma resta sempre un banchiere con la faccia da travet, la cui popolarità fra gli elettori è inversamente proporzionale a quella sui giornali. Passerà (con l’accento).