Preambolo, per non dimenticare: “Fu sproporzionatamente violenta e repressiva, l’azione dei quattro poliziotti che, il 25 settembre del 2005, uccisero a botte, calci e manganellate [fino a schiacciargli il cuore] lo studente ferrarese diciottenne Federico Aldrovandi.”
Lo sottolinea la Cassazione nelle 43 pagine di motivazione della sentenza con la quale è stata confermata la condanna a tre anni e sei mesi senza attenuanti per Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri che hanno anche intralciato le indagini.
L’eccesso colposo [dell’omicidio colposo: colposo?] era un reato non presente nel nostro codice penale, è stato INVENTATO appositamente per gli assassini di Federico.
Non è mai giusto generalizzare, ciò non toglie che le forze dell’ordine abbiano spesso atteggiamenti al limite della umana tolleranza, molte volte quel limite viene superato quando il loro agire tracima in violenza gratuita e immotivata senza che ci sia un ragionevole motivo per farlo come hanno confermato le motivazioni della sentenza sul massacro alla Diaz e come in precedenza ci aveva già detto la sentenza sul pestaggio mortale in cui morì, di botte e di stato Federico Aldrovandi.
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SIT IN DI SOLIDARIETA’ ALLA FAMIGLIA ALDROVANDI
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L’insulto al morto – specialmente se di morte violenta e per mano di chi dovrebbe tutelare le persone da vive, non oltraggiarle da morte dopo averle uccise – viene, in un’ipotetica classifica, molto dopo il punto di non ritorno.
Quel luogo in cui tutto ciò che era, non è e non sarà mai più.
Vado a memoria ma non ricordo nessuno più insultato di Carlo Giuliani e Federico Aldrovandi.
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Meno male che la dignità del parlamento è salva, mai più figuracce, specie in sede europea, ma chi si crede di essere Battiato, borghezio per caso?
E meno male anche che le istituzioni ci tengono sempre a far sapere di stare dalla parte dei cittadini, specie quando per bocca del ministro Cancellieri ci dicono che i poliziotti di ieri, quelli che sono andati ad oltraggiare la memoria di un ragazzino morto ammazzato dai loro colleghi, la sua famiglia e tutta l’Italia onesta, hanno commesso un atto gravissimo, una vergogna, che non rappresentano l’Italia, “ma non ci sarà nessuna sanzione”.
Probabilmente se al posto di srotolare quello striscione con su scritto che i criminali sono fuori e i poliziotti in galera [ma dove, ma quando?] avessero detto che la madre di Federico è una troia dopo averle già detto che è “una stronza che ha allevato un maiale”, allora sì, una punizione esemplare l’avrebbero meritata.
Camera e Senato si scusano con la signora Moretti, bel gesto, significativo, probabilmente i presidenti che c’erano prima non l’avrebbero fatto, ma ai gesti e alle belle parole bisognerebbe anche dare un significato nel concreto. Se una gaffe costa la cacciata di un assessore perché mai la vigliaccata infame di funzionari dello stato non deve e non può produrre lo stesso risultato? Domanda retorica, in un paese dove l’omicidio di un ragazzino viene derubricato a reato minore e quantificato in tre anni e sei mesi di carcere condonati dall’indulto. Quindi per me le istituzioni saranno diverse e migliori solo quando ad un gesto simbolico verrà dato un seguito tangibile e visibile. Per insegnare ai cittadini di un paese che la consapevolezza, la maturità e la civiltà si acquisiscono anche per mezzo dell’assunzione di responsabilità.
Il cambiamento va anche un po’ forzato, culturalmente, soprattutto, e dove non arriva il comune sentire devono arrivare gli esempi, e lo stop incondizionato alla concessione tout court come quella che si offre ai privilegiati del e dal potere a cui è stata data la possibilità di essere più uguali degli altri.
Ma siccome il grande dramma di questo paese è una giustizia sempre più ‘ad personam’ e non ‘ad paesem’, o meglio ancora ‘ad Costituzione’ come dovrebbe essere, dubito che questo diventerà mai un paese non dico civile ma almeno normale.
E infine, meno male che c’è quel vigliacco di Travaglio che mette le cose a posto e spiega.
Forse è per questo che sta sui coglioni di tutti, tutti quelli che sono allergici alla verità. E alla memoria.
C’è sempre un buon motivo per dispiacersi di essere casualmente nati in questo paese, uno al giorno, praticamente.
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Il Troiellum
Marco Travaglio, 28 marzo
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L’ultima volta che i presidenti di Camera e Senato, a Parlamento unificato, tuonarono assieme contro qualcuno, fu per mettere in riga il pm Gherardo Colombo che si era permesso di definire la Bicamerale “figlia del ricatto”. Allora erano Violante e Mancino, preclare figure. Oggi sono Boldrini e Grasso a strillare come vergini violate contro Franco Battiato che ha avuto l’ardire di dichiarare: “Mi rallegro quando un essere non è così servo dei padroni, come queste troie in giro per il Parlamento che farebbero qualunque cosa, invece di aprirsi un casino”. Apriti cielo! Proteste unanimi da destra, centro e sinistra, mobilitazione generale, emergenza nazionale, manca soltanto la dichiarazione dello stato d’assedio con coprifuoco, cavalli di frisia e sacchi di sabbia alle finestre. Boldrini: “Respingo nel modo più fermo l’insulto alla dignità del Parlamento, stento a credere” ecc. Grasso: “Esprimeremo il nostro disagio al governatore della Sicilia per le frasi dell’assessore Battiato”. Sui cinquanta fra condannati, imputati e inquisiti che infestano il Parlamento, invece, nemmeno un monosillabo. Invece giù fiumi di parole e inchiostro contro il cantautore-assessore che osa chiamare troie le troie. Pronta la mossa conformista del governatore Crocetta, un tempo spiritoso e controcorrente specie sulle questioni di sesso, ora ridotto alla stregua dell’ultimo parruccone politically correct, che mette alla porta il fiore all’occhiello della sua giunta, financo equiparandolo a uno Zichichi qualunque. Si risente pure la Fornero, che è pure ministro delle Pari Opportunità (infatti s’è scordata solo 390 mila esodati). Certo, il linguaggio usato da Battiato è da pugno nello stomaco, tipico dell’intellettuale indignato che vuol “épater” un Paese cloroformizzato. Ed è facile dire che ci si poteva esprimere in termini meno generici, o aggiungere subito e non dopo che la denuncia riguarda anche le troie-maschio, pronte a vendersi al miglior offerente. Ma andiamo al sodo: è vero o non è vero che il Parlamento, anche questo, è pieno di comprati, venduti, ricomprati e rivenduti? È lo spirito losco del Porcellum (nomen omen) che porta alla prostituzione della politica, alla nomina dei servi dei partiti e innesca la corsa sfrenata al servaggio e al leccaggio per un posto al sole. E come li vogliamo chiamare questi servi, che si vendono la prima volta per farsi candidare in cima a una lista e poi magari si rivendono per voltar gabbana a seconda delle convenienze? Passeggiatrici? Lucciole? Mondane? Falene? Peripatetiche? Chi voleva capire ha capito benissimo: accade a tutti di dare della “troia” a chi, maschio o femmina, è disposto a tradire e a tradirsi per un piatto di lenticchie o a vendersi per far carriera. Ma, nel Paese di Tartuffe, che con buona pace di Molière è l’Italia e non la Francia, ci si straccia le vesti appena qualcuno squarcia il velo dell’ipocrisia e dice pane al pane: ieri sui ricatti della Bicamerale, oggi sulla mignottocrazia (copyright Paolo Guzzanti). Battiato è come il bambino che urla “il re è nudo” e la regina è troia. Tutta la corte intorno sa benissimo che è vero, ma arrota la boccuccia a cul di gallina e prorompe in urletti sdegnati. Lo sa tutto il mondo come e perché sono stati/e eletti/e certi/e cosiddetti/e onorevoli. Persino in India, dove la Ford si fa pubblicità con un cartoon che ritrae lo statista di Hardcore col bagagliaio dell’auto pieno di mignotte. I primi a saperlo sono i nostri giornali, che han pubblicato centinaia di intercettazioni sulle favorite del Cainano e sulla compravendita dei parlamentari, e ora menano scandalo perché Battiato, dopo averci scritto una splendida canzone Inneres Auge), li chiama per nome. E non si accorgono neppure che il loro finto sdegno non fa che confermare le parole di Franco. Se uno accenna ad alcune troie e si offendono tutti/e, la gente penserà: “Però, guarda quante sono! Credevo di meno…”
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