Ladri più di ieri e meno di domani

RENZI CHIAMA IL PM ANTI CAMORRA A SORVEGLIARE GLI APPALTI EXPO

Il magistrato antimafia, chiamato dal premier Matteo Renzi a seguire i lavori della rassegna internazionale del 2015, in un’intervista al Mattino spiega: “I partiti sono ancora in preda del malcostume. E l’opinione pubblica è spesso distratta.

Cantone neo-commissario a Expo 2015
“Tangentopoli non ha insegnato nulla”

Il magistrato anti-mafia collega i casi Berlusconi, Scajola Dell’Utri e mazzette a Milano: “Politica
non ha fatto passi avanti. I partiti hanno responsabilità, non si sono dotati di regole trasparenti”.

Ecco.
Bisogna avvertire Scalfari, Ezio Mauro e tutto l’esercito dei meravigliati del mainstream de noantri, quelli che “ma com’è possibile che i criminali di oggi sono gli stessi di vent’anni fa”. E domandare che hanno fatto di bello e di utile in questi vent’anni per evitarlo.

 

Certo che può parlare di esilio anche Matacena e Dell’Utri può dire di essere un perseguitato da vent’anni se ancora oggi si parla del Craxi esule costretto a chiedere asilo politico come chi fugge dai regimi. Gli esempi contano, e forse conterebbero meno se il presidente della repubblica evitasse di partecipare alle varie commemorazioni in onore di un corrotto, un pregiudicato latitante, un vigliacco che si è sottratto a una giusta condanna. 
E se si evitasse di citare Craxi infilandolo nel pantheon di sinistra come ha fatto Fassino senza ripercorrere la fase che lo ha trasformato da statista a cittadino indegno. 
Tutti martiri dell’onestà in questo paese.

Se berlusconi, dell’utri, matacena, forse pure scajola a sua insaputa sono prigionieri politici, perseguitati dalla giustizia noi che siamo? 

Perché qua mi pare che i veri prigionieri politici, gli unici ad avere il diritto alla definizione siamo proprio e solo noi, veri ostaggi di una politica, di un governo, di istituzioni che nessuno ha scelto e che ci tocca subire. Questa gentaccia andrebbe incriminata, oltre che per i suoi reati anche per terrorismo semantico. Per abuso indiscriminato di parole che hanno un significato preciso, che vengono buttate nel frullatore mediatico senza che ci sia nessuno poi che spiega perché berlusconi, Dell’Utri e Matacena sono tutt’altro che vittime. 
Le vittime siamo noi, questo non va dimenticato.

L’assenza dello Stato e il sentimento di vendetta – Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano

La stampa e l’informazione che oggi cadono dal pero, si meravigliano, si scandalizzano come Scalfari nell’editoriale di ieri ed Ezio Mauro in quello di oggi che i criminali di oggi sono gli stessi di vent’anni fa dovrebbero dare il giusto risalto a queste cose, così come lo fanno rispetto a qualsiasi scemenza, falsità, menzogna, diffamazione che esce dalle bocche di questi criminali. Quello che avrebbero dovuto fare in questi vent’anni, quelli di berlusconi impostore, abusivo della politica, delle leggi ad personam, della cancellazione dei reati per agevolare la collusione fra la politica e la criminalità. Se ad un condannato per una frode fiscale da 300 milioni di euro invece di una condanna gli si dà un premio, si annulla di fatto la sentenza che lo ha reso un cittadino non avente più diritto ai diritti di tutti, di chi non ruba allo stato e non si mette fuori dallo stato e dalla legge  è inutile poi lagnarsi, indignarsi che i protagonisti dei ladrocini siano sempre gli stessi, la stessa cricca ispirata anche dalle teorie del più ladro di tutti, ovvero l’abuso dello stato per l’interesse e l’arricchimento personali. Come fa notare anche Gherardo Colombo la politica anziché attivarsi per contrastare la delinquenza dentro la politica ha contribuito all’esaltazione del crimine, non ha modificato di una virgola quello che berlusconi e un parlamento complice hanno stravolto. Non ha lavorato né si è impegnata per ridare a questo paese una parvenza di decenza salvo poi gridare al lupo al lupo tutti insieme, informazione e politica, quando è arrivato il buffone a rovesciare il tavolo dell’immoralità.
Col risultato che noi cittadini oggi  non abbiamo più nessuna tutela né un punto di riferimento sano in un momento drammatico in cui ce n’è un estremo bisogno.

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“Come ai tempi di Mani Pulite colpa delle leggi ad personam”  Liana Milella – La Repubblica

Tutto «come vent’anni fa». I magistrati hanno raccolto «una serie quasi infinita di prove», ma le leggi ad personam e la prescrizione hanno falcidiato i processi. L’ex pm di Milano Gherardo Colombo è convinto che la svolta «non arriverà in tempi brevi». Un primo passo è sicuramente quello di «allontanare dal suo ufficio chi sbaglia la prima volta». Quanto alla politica, anche della sinistra, il giudizio è netto: «Non vedo da tempo interventi utili a prevenire la corruzione ».
Tangentopoli Due, Dell’Utri condannato, Scajola arrestato. Che succede in Italia?
«Tenuta ferma la presunzione di innocenza fino al giudizio definitivo, non c’è bisogno di queste notizie per avere la forte impressione che non sia cambiato molto dai tempi di Mani pulite. Forse sono diverse le modalità e, al momento, pare che non si riscontri quel coinvolgimento dei partiti politici che si era verificato allora. Ma l’impressione è che esista comunque una corruzione particolarmente diffusa nel nostro Paese».
Il sottosegretario Del Rio dice che bisogna cambiare l’etica pubblica. Come se fosse facile, visto che in Italia pare che il Dna dell’onestà sia carente.
Siamo condannati a veder riprodotti all’infinito questi comportamenti?
«È una questione che non riguarda solo l’etica pubblica, ma anche quella privata, perché quando si verifica un fatto di corruzione, oltre a una parte pubblica, è sempre coinvolto un soggetto privato, impresa o persona fisica che sia. A livello di vertice, la corruzione può essere un fenomeno costante solo se esiste una pratica diffusa in qualsiasi altro livello della società. Se non si promuovono cambiamenti che riguardano il rispetto delle regole per tutti, è difficile, se non impossibile, marginalizzare la corruzione anche ai livelli più alti».
Nella famosa intervista che dette a D’Avanzo 20 anni fa lei indicava nella politica e nel patto della Bicamerale una responsabilità determinante. Oggi la colpa su chi ricade?
«Non credo sia importante stabilire di chi sia la colpa, quanto cercare le cause. E allora mi chiedo: quali modelli di comportamento sono stati promossi in questi anni? Quali punti di riferimento sono stati indicati? Considero un equivoco pensare che un problema così generalizzato si possa risolvere a livello giudiziario, attraverso le inchieste, i processi e le sentenze. Proprio l’esito delle indagini degli anni Novanta costituisce un riscontro inconfutabile. La raccolta di una serie quasi infinita di prove, attraverso le quali venivano individuate le responsabilità di un gran numero di persone, non ha quasi avuto seguito a livello giudiziario ».
Non è troppo pessimista?
«I processi spesso si sono conclusi per prescrizione o per assoluzioni dipendenti da incisive modifiche della legislazione processuale e sostanziale, che hanno ridotto l’efficacia probatoria di alcune emergenze, hanno accorciato i termini di prescrizione e hanno ridimensionato reati come il falso in bilancio. Tutto ciò non ha impedito che la corruzione continuasse a mantenere livelli molto elevati. Da tempo sono convinto che incidere sulla corruzione sia necessario intervenire soprattutto a livello educativo e preventivo».
Non le viene il dubbio che così, tra 50 anni, ci troveremo con gli stessi fatti criminali?
«Se consideriamo che il fenomeno è così esteso, di certo la soluzione non potrà intervenire in tempi particolarmente brevi. Essa potrà essere tanto più rapida, quanto più l’educazione e la prevenzione saranno agite in modo tempestivo, organico e profondo».
Com’è possibile che nel mercato degli appalti trattino e facciano mediazioni personaggi come Frigerio e Greganti?
«In tanti casi persone ritenute responsabili di corruzione o che avevano patteggiato per questi reati sono state lasciate a svolgere le stesse funzioni. La questione coinvolge la responsabilità di chi ha il compito di applicare la legge e di fare scelte di gestione, e cioè scelte politiche».
Governo Prodi nel 2006, governo Renzi nel 2014. Le leggi di Berlusconi sono sempre in vigore. Non c’è una responsabilità della sinistra nell’ostacolare la riconquista della legalità?
«Da tempo, non ho visto interventi legislativi che cercassero di incrementare effettivamente, al di là delle parole, una maggiore capacità di intervento sia a livello educativo che a livello preventivo».
Cantone, un ex pm, è il nuovo commissario anti-corruzione e Renzi l’ha appena coinvolto da Renzi per Expo. I suoi consigli?
«Non credo di potergliene dare su come gestire il suo ufficio, ma è necessario che gli vengano dati gli strumenti e i mezzi per poter svolgere un’efficace attività di controllo in posizione assolutamente indipendente».

Minima & [Im]moralia [riflessioni sulla vita offesa]

 

Dell’Utri che per almeno diciotto anni si fa premura di garantire l’armonia fra berlusconi e la mafia si prende sette anni e berlusconi, l’utilizzatore finale [anche] di Dell’Utri, il beneficiario dell’intesa, non c’entra niente? E, chiedo al rottam’attore: bisogna ancora fare accordi politici e magari riscrivere la Costituzione col partito di un condannato per mafia e uno per frode allo stato? 

 

E’ normale che berlusconi consideri assurdo l’arresto di un favoreggiatore di latitanti così tanto da sentirsene addolorato. Lui non ha la benché minima idea del rapporto fra i cittadini che non si chiamano berlusconi e la legge, la giustizia italiane. E ignora che in questo paese si può essere arrestati anche per il furto di piccole cose, condannati a processi che durano anni per la sottrazione di un ovetto kinder al supermercato o per aver strappato un fiore ai giardini pubblici. Ecco perché per i delinquenti inside come lui non è sufficiente la misura alternativa al carcere ma ci sarebbe voluto proprio il carcere.
Quello sì che lo avrebbe educato.

Ma meno male che ci pensano i nostri grandi statisti a ricordarci che la corruzione non è un’esclusiva italiana, bravo Napolitano che, sentendo puzza di bruciato [come se fosse una cosa nuova] dentro ai partiti che gli piacciono tanto ha subito messo in guardia per la milletrecentesima volta, contata per difetto, sui pericoli del populismo che nel linguaggio di Napolitano ha la forma di una stella ripetuta per cinque volte.
Ci fosse mai una volta che il presidente prenda il toro per le corna, che miri ai bersagli giusti. Che se la prenda coi ladri, i corrotti, i criminali.
Condannano berlusconi e chiede la riforma della giustizia, i magistrati fanno inchieste anche sui potenti e lui li avvisa, gli chiede di non essere troppo intransigenti.
Arrestano un ex ministro già colpito da diversi procedimenti giudiziari, dai quali è potuto uscire indenne solo grazie al fatto di vivere in questo paese dove a chi non è mai capitato di trovare 900.000 euro sul comò coi quali acquistare lussuosi appartamenti vista Colosseo?
Arrestano una manciata di persone vicine ma più che altro dentro ai partiti di tutti gli schieramenti e sempre per corruzione, uno dei cancri di questo paese e lui che fa? ri_avvisa, non monitando sul vizio endemico della politica di mettersi in casa delinquenti e disonesti di ogni ordine e grado e di farci affari insieme ma di stare attenti all’unico partito, movimento, che avrà pure un leader pregiudicato ma che almeno ha avuto il buon gusto di non candidarsi. 

Gli arrestati di Milano non sono alieni arrivati da un altro pianeta, è gente che è stata sempre ben presente intorno alle istituzioni, dentro la politica, vicina ad altra gente che si professa e si proclama onesta ma che poi non prova nessun disagio a frequentare e farsi frequentare da persone così, già accusate in passato di reati, fatte oggetto di provvedimenti giudiziari per gli stessi motivi, lo stesso reato, probabilmente a causa di quella catena degli affetti che non si può interrompere. Il problema non è chiedersi perché non si riesce a combattere la corruzione in Italia ma perché, malgrado ce lo chieda anche l’Europa che per altre cose viene prontamente ascoltata e accontentata, in questo paese non c’è una legge seria sulla corruzione e perché  nessuno pensa a regolare i conflitti di interesse che sono molteplici e non riguardano solo berlusconi.  E un altro problema è che in questi vent’anni sono stati troppo pochi quelli che hanno ricordato, anche a costo di sembrare noiosi, che berlusconi è il risultato di scelte politiche e di manovre di palazzo.   Altroché dare sempre la colpa alla gggente che poi, anche ignorantemente va a votare.

 

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ExpoMazzette2015
Marco Travaglio, 10 maggio

Chiunque sia stato a dedicare l’Expo Milano 2015 alla mancanza di cibo in vaste zone del mondo dev’essere un genio, dotato per giunta di un sopraffino sense of humour. Come dimostrano le carte della retata, i politici, i costruttori e i faccendieri intenti a costruirlo avevano una fame da lupi e mangiavano a quattro palmenti. Una fame atavica, abbondantemente soddisfatta grazie a zanne e ganasce collaudate fin dai tempi di Tangentopoli. Il fatto stesso che se ne occupassero i Frigerio e i Grillo (Luigi, per la destra) e i Greganti (per la sinistra), tangentisti di provata fede ed esperienza, dimostra che la corruzione è ormai considerata una variabile indipendente della politica e dell’economia. La mazzetta simpaticamente lubrifica, agevola, risolve. Guai se non ci fosse. E pazienza se poi le opere costano il doppio o il triplo che negli altri paesi: i costruttori sono contenti, i politici anche, i mediatori-professionisti-consulenti pure. Ci rimettono solo i cittadini, con tasse sempre più alte e servizi sempre più scadenti, ma a distrarli e a trascinarli alle urne ci pensano i giornaloni e le tv a colpi di annunci e di slide. La corruzione ci ruba 60 miliardi di euro all’anno e l’evasione 180, però su eBay abbiamo venduto sei auto blu per 57 mila euro, mica bruscolini: basta venderne un altro milione e siamo a cavallo. La reazione dei politici agli arresti fa rimpiangere Genny ‘a Carogna, che avrebbe trovato parole più adeguate. Napolitano, per gli amici Giorgio ‘o Gnorri, apre la sua consueta campagna elettorale invitando gli italiani a evitare “il populismo” (cioè Grillo) e a non farsi influenzare dalle retate: “Non tirerei in ballo le Europee su vicende che sono strettamente italiane”. Il fatto che in Italia si rubi più che in tutto il resto d’Europa e che lui sia il presidente strettamente italiano e non di un altro paese, non lo tange (scusi il termine). Anzi, “il superamento di fenomeni di corruzione, che non sono esclusivi del nostro Paese, sono legati molto alla creazione di un impegno e di regole comuni in Europa”. Ecco: tutto il mondo è paese, così fan tutti. E, per combattere la corruzione, non bisogna smettere di rubare né emarginare i ladri, ma creare un impegno e regole comuni europee. Il conte Mascetti, con le supercazzole, era un dilettante.
Si rifà vivo anche D’Alema, che al nome “Greganti” salta su come la rana di Galvani. Nel 1993, appena finì dentro il Compagno G, Max attaccò il pool Mani Pulite chiamandolo “il soviet dei golpisti”, mentre l’amico Amato e l’amico Conso preparavano il colpo di spugna. Ora che il Compagno G torna dentro, la Volpe del Tavoliere filosofeggia: “Non è la riedizione di Tangentopoli e comunque la corruzione non è un fatto legato ai partiti, ma è endemico della società italiana”. Ah, meno male, chissà che credevamo. Poi aggiunge: “Io resto un garantista e ho preso una certa prudenza in materia: ho calcolato che il 40-45% degli accusati vengono poi prosciolti”. Forse dovrebbe cambiare pallottoliere: solo il 5% degli imputati di Tangentopoli furono dichiarati innocenti; gli altri “prosciolti” erano colpevoli e spesso rei confessi, anche se poi furono salvati da leggi che cambiavano i reati o cestinavano le prove, e dalla solita prescrizione (che fra l’altro salvò anche lui). Nemmeno una parola sulle mazzette accertate, filmate e fotografate dagl’inquirenti: sono “endemiche”. Ora però – intima il Foglio – Renzi deve “cambiare i poteri della magistratura”: in effetti fu un grave errore affidare ai giudici il potere di arrestare i ladri, bisogna rimediare. “Questa roba non fa bene”, commenta il renziano Matteo Richetti, anche se il Matteo supremo ha invitato a “non commentare”. “La cosa è preoccupante, potrebbe essere il grimaldello per scardinare tutto”, conferma Quagliariello (Ncd). E la “roba” che non fa bene, la “cosa” che li preoccupa non è la corruzione che, vista la notorietà dell’Expo, fa il giro del mondo qualificando l’Italia per quello che è; bensì il fatto che – come intonano a una sola voce Sallusti, Belpietro, Ferrara, Berlusconi (centrodestra), Cicchitto (Ncd) e Pisicchio (centrosinistra) – “gli arresti portano voti a Grillo”, dunque è “giustizia a orologeria” (Toti). Ora, per essere giusti, i giudici devono arrestare qualche grillino a caso, anche se non ruba.

Inconsapevole un cazzo

Sottotitolo:  un ringraziamento ai giudici che non si arrendono, che lavorano per superare l’insormontabile della vergogna, delle leggi monnezza, dello stato che quando si esprime per bocca del suo alto rappresentante non lo fa per complimentarsi con chi riesce anche a fermare il potente quando è delinquente ma solo e soltanto per dire a loro di mettersi da parte, di non rendersi protagonisti, di lavorare con lentezza per non dare troppo fastidio. Fino ad un anno fa definire berlusconi “delinquente” poteva costare anche una denuncia per diffamazione, oggi no. Si può serenamente chiamare delinquente un delinquente vero e questo solo grazie ai giudici, non a quell’accozzaglia cialtrona che lo doveva battere e fermare politicamente.

 

Chi nella politica ha retto il sacco in tutti questi anni di corruzione, ruberie, favoritismi,  favoreggiamenti, appalti truccati, soldi pubblici spesi perfino per comprare vibratori, coperture anche per mezzo di leggi dello stato  non è migliore di chi ha materialmente commesso i reati. Se la politica proteggesse e tutelasse i cittadini – che poi sarebbe l’unica cosa che dovrebbe fare –  quanto lo ha fatto e lo fa – ancora – coi criminali che si è sempre messa in casa questo sarebbe un paese perfetto. Il più bello del mondo. Non siamo noi i manettari forcaioli: sono loro i delinquenti. E non smettono.

L’immagine dell’Italia la guastano le fiction di mafia e camorra e la condanna di berlusconi. Per non parlare dell’arresto di Scajola, già ministro dell’interno [quello  che al G8 di Genova, dopo la morte di Carlo Giuliani, diede l’ordine di sparare contro chiunque avesse provato a violare la zona rossa], ovvero il delegato alla sicurezza nazionale a cui però stava più a cuore quella di un ‘ndranghetista latitante. Bisogna leggere chi è Matacena, cos’ha fatto e come sia possibile che in questo paese i politici, i ministri, attuali ed ex [vero Nonna Pina Cancellieri?] debbano avere rapporti stretti con gente che persone normali si vergognerebbero di conoscere di vista.
Non, invece, uno stato che con la mafia e la camorra e tutte le loro derivazioni si è messo sottobraccio e ha coronato questo rassemblement, questo gioioso trait d’union, questa liaison che dura da centocinquant’anni fra lo stato e la malavita permettendo a berlusconi l’amico della mafia, di dell’utri il fondatore di forza Italia, quello che si teneva in casa Mangano  a fare da governante ai figli, di mettersi a capotavola del banchetto e che continua a servirgli le pietanze per primo così come si fa con l’ospite d’onore
.#Gomorra non è solo Napoli, Gomorra è l’Italia, da Bolzano a Palermo.

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SCAJOLA ARRESTATO DALL’ANTIMAFIA – Avrebbe favorito la latitanza dell’ex Pdl Matacena. Berlusconi si dice “addolorato”  

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Nuova tangentopoli sugli appalti Expo Arrestati Paris, Frigerio e Primo Greganti 

Per i pm è un’associazione a delinquere per pilotare i bandi: “Ci sono intercettazioni clamorose”
In carcere anche ex senatore Pdl Grillo. “Cene ad Arcore con Berlusconi e contatti con Cesare Previti” [Il Fatto Quotidiano]

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E, a proposito dell’intervista mattutina di berlusconi a Radio Capital che, essendo un network nazionale qualcuno avrà avuto modo di ascoltare,  io posso anche sforzarmi di capire questa esigenza di intervistare anche berlusconi se qualcuno ai piani alti lo ha permesso. Ormai ‘sta croce ce la dobbiamo portare fino all’ultimo. Ma quello che mi rifiuto di capire sono i toni cordiali, amichevoli, è questo parlarci come se niente fosse, è permettergli di fare ancora e ancora la parte della vittima che non è. E’ parlargli d’altro e farlo parlare d’altro e non degli stracazzacci suoi che sono tantissimi. E’ chiamarlo presidente con riverenza. E’ questa sottospecie di giornalismo, il più pericoloso perché svolto all’interno di una radio apparentemente leggera e che viene ascoltata da tanta gente e per mezzo della quale, escluso il breve sipario dell’ottimo Massimo Rocca [che ringrazio] viene fatta ormai da tempo la propaganda più strisciante pro tutto fuorché pro chi si oppone a quel tutto che viene presentato invece come il mostro cattivo. Mentre col mostro cattivo, quello vero, ci si parla simpaticamente così come si fa coi vecchi amici.

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SILVIO ’O MARIUOLO  – Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano 

Sentite questa. Martedi sera, a Roma, la senatrice pd Anna Finocchiaro si batte accanto al soave ministro Boschi per ottenere il primo via libera della commissione alla riforma del Senato che giunge grazie al sì di Silvio Berlusconi a sua volta convinto da una telefonata di Renzi. È la stessa senatrice pd Anna Finocchiaro che mercoledì mattina, a Napoli, nell’aula del processo per la compravendita dei senatori testimonia contro lo stesso Berlusconi confermando, prove alla mano, il tentativo di corruzione messo in atto dall’ex Cavaliere nel 2008 per far cadere il governo Prodi. Nella patria della trattativa stadio-mafia nulla dovrebbe più sorprendere, ma qui siamo di fronte a qualcosa di mai visto se non a teatro, nelle pochade con i mariti cornuti che quando trovano l’amante della moglie dentro l’armadio prima l’invitano a cena e poi chiamano i gendarmi. Che Berlusconi sia stato l’amante di una certa sinistra pragmatica e riformista è noto fin dai tempi della bicamerale dalemiana: prodigo di regalini il sultano di Arcore, ma anche incline ai tradimenti. La stessa attrazione fatale che ha sedotto Matteo Renzi quando a gennaio s’incontrò con il leader di Forza Italia al Nazareno per sugellare insieme il famoso patto sulle riforme. A nulla valsero le proteste: ma è un pregiudicato per reati gravissimi, ma è stato cacciato dal Parlamento, ma è Berlusconi! Niente, all’amor non si comanda. Anche l’altra sera, solo dopo una struggente telefonata, il premier ha convinto il condannato ai servizi sociali a concedere i suoi preziosi voti. Perché meravigliarsi se poi costui, tra una visita e l’altra a Cesano Boscone, si pavoneggia in tv definendosi “padre della patria”? Che poi qualche anno fa abbia cercato di corrompere qualche senatore pd, poco male. Lui è un po’ il Genny ‘a Carogna della politica. Delinque, ma a fin di bene. Sempre sotto gli occhi di Renzi, s’intende.

 

“Se votare servisse a qualcosa, non ce lo farebbero fare”

Sottotitolo: l’Italia è diventata un tourbillon di autodifese e autoassoluzioni. Più la fanno grossa e più alzano il tiro. Roba che perfino un bambino prima o poi si arrende e ammette di essersi comportato male. Questi mai, che si chiamino alfano, Cancellieri, De Girolamo, scajola o Mastrapasqua o non sanno, o non volevano o non c’era niente di male.

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“Dietro ogni grande fortuna c’è un crimine” [Honoré De Balzac]

La delocalizzazione deve diventare un reato. A chi porta via le aziende dovrebbe essere inibita la possibilità di far tornare merci e prodotti qui, nel paese dal quale scappano non per necessità ma per guadagnare di più. E la gente deve imparare a punire con l’indifferenza chi impoverisce lo stato dunque tutti noi, l’evasore come l’imprenditore disonesto. Non si comprano i prodotti di chi porta via il lavoro da qui, non si contribuisce a far guadagnare chi evade le tasse. Questa è gente che capisce solo il linguaggio dei soldi, ed è lì che va punita: facendole guadagnare meno soldi. 

Ma dovrebbe essere criminalizzato anche uno stato dove diventa sempre più difficile essere imprenditori onesti fino in fondo. Dove chi ha un’azienda è costretto a dover scegliere fra pagare le tasse o gli stipendi; dove mettere in regola i lavoratori anziché essere un vantaggio diventa remissione, per i dipendenti che vengono pagati meno di quanto vale il loro lavoro e per chi li assume che, anziché essere premiato deve pagare la marchetta allo stato. Un dipendente in regola in Italia costa al suo datore di lavoro il doppio dello stipendio che prende. È normale, giusto, legale? A me pare l’ennesimo furto con destrezza di uno stato che prende ma poi non restituisce; uno stato che poi quando serve la visita, la prestazione medica specialistica bisogna pagarsele di tasca propria, i libri della scuola dell’obbligo si pagano e molto altro di quello che lo stato dovrebbe garantire a chi paga le sue tasse lo si può ottenere solo pagandoselo. Quel 16% di italiani che  vive con meno di settemilacinquecento euro l’anno deve rinunciare anche a curarsi. 

Conosco personalmente piccoli imprenditori che al momento ci stanno rimettendo in solido per non mandare via il personale. Persone che potrebbero chiudere e ritirarsi a vita privata vivendo di quel che hanno messo da parte in tanti anni di lavoro ma che non lo fanno per non mandare padri e madri di famiglia in mezzo ad una strada. Lavoratori onesti ai quali lo stato non ha mai risposto come invece fa quando concede benefici e condoni ai grandi ladri a cui una mano non la nega mai. Noi viviamo in un paese dove chi ha un’attività in proprio tutti i giorni si alza e va a lavorare portandosi dietro la zavorra invisibile di uno stato che esige la metà di quello che guadagna. Senza fare né dare un cazzo. Il lavoratore dipendente invece non può nemmeno decidere se il socio occulto si merita una parte del suo stipendio perché gli viene sottratto in busta paga. Entrambi poi, quando sono in difficoltà, non c’è lo stato, la zavorra, il socio occulto che gli dà una mano. E questo dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Anche di quelli che mettono sempre tutti nello stesso calderone. In italia c’è gente che lavora e altra gente che dà lavoro. Gente a cui lo stato non ha dato niente ma ha tolto, toglie per favorire i disonesti che servono allo stato, come Mastrapasqua. Qui meno si dà fastidio alo stato e più lo stato infastidisce. Ti compri una casa, senza chiedere l’aiutino al comune e lo stato, perché sei stato bravo te la tassa, ti dice che “fa reddito”. Poi come te la sei comprata e con quanti e quali sacrifici non è un problema dello stato. Tutt’al più la banca se non paghi il mutuo te la leva. Hai un’attività tua, messa in piedi con difficoltà, perché credi al lavoro e invece di incentivare questa passione lo stato infierisce. Il contribuito dei cittadini è giusto e sacrosanto, ma lo stato deve corrispondere, non deve estorcere, deve essere collaborativo proprio come farebbe un socio in affari.

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“METÀ SALARI PER TUTTI” È LA CURA ELECTROLUX (Carlo Di Foggia).

LA RICETTA “POLACCA” DELLA MULTINAZIONALE: COMPENSI RIDOTTI DA 1.400 A 700 EURO NEI SUOI 4 STABILIMENTI. I SINDACATI: IRRICEVIBILE.

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Nel febbraio 2010 Ruby era maggiorenne, oh, l’ha detto il ministro marocchino e quindi si vede che è vero. L’esclusiva dei ministri che raccontano balle è la nostra e guai a chi ci togliesse il primato.

Come se fosse una questione di leggi.
Come se non sapessimo tutti che oggi le ragazzine sono sessualmente precoci e come se non sapessimo tutti che quando sentono il richiamo irresistibile della trasgressione non pensano certamente a guardare la carta d’identità. 
Ma penso che anche i cervellini più pigri siano riusciti a capire che nel caso di specie c’è qualcosa che va molto oltre la sfera legale. 
Il problema è sempre lo stesso, comunque, e cioè che un delinquente già condannato e sotto processo per altri reati abbia avuto la possibilità di agire in libertà e dunque anche di corrompere il funzionario di un altro stato affinché gli reggesse il gioco, quello sporco della menzogna al quale berlusconi è avvezzo. 
berlusconi non è uno con cui fare accordi politici: è uno che deve essere messo in condizioni di non nuocere, perché quando lo fa, è sempre pericoloso.

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Sono mesi che sento parlare del rapporto di Bankitalia che ripete la filastrocca di quel 10% di italiani che si è preso la quasi totalità del patrimonio nazionale. Non sento però parlare di interventi, non sento Renzi parlare di una patrimoniale a questo punto necessaria, e nemmeno di una seria lotta all’evasione. A Renzi non piace nemmeno la legge contro il conflitto di interessi. E allora non capisco come si fa e che senso abbia parlare ancora di politica.

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Innocente a sua insaputa (Marco Travaglio).

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A furia di pensare e purtroppo dire che “il problema non era quello”, cento, mille, diecimila problemi che invece erano proprio quelli si sono accumulati fino a formare la valanga che sta travolgendo tutti.

Il problema non erano gli sprechi della politica, non erano i privilegi della politica, non erano le ladrate della politica. 
Non era la politica collusa con la mafia e la criminalità, non era una politica che in Italia ha sempre lavorato per se stessa e non per mettersi al servizio dei cittadini. 
Il problema non era la politica che per mezzo di leggi ad hoc ha sempre favorito l’imprenditoria disonesta, quella dei manager che oggi possono ricattare i loro dipendenti con la minaccia di portarsi via il pallone, e quando invece non lo hanno fatto ma hanno serenamente fatto fallire le aziende di stato sono stati anche premiati con le buone uscite miliardarie pagate coi soldi di tutti, anche di quelli che hanno perso il lavoro grazie a loro. 
Il problema non è Mastrapasqua coi suoi 25 incarichi di cui ci si accorge solo perché gli arriva l’avviso di garanzia, non è Scajola che trova 900.000 euro sul comò e tutto va bene, non c’è il reato, non è berlusconi ancora a piede libero dopo la condanna. 
Il problema non è Renzi e la legge fatta con berlusconi che metterà anche la faccia della santanchè su una scheda elettorale.
Il problema non è Napolitano che protegge tutto questo sotto la sua ala amorevole perché “o così o sarà catastrofe”.

Di cazzate, cazzari e kazake

Secondo Laura Boldrini solo il 2% delle donne trova spazio in televisione per parlare.

L’1, 99 se lo prende lei dicendo, fra cose di buon senso anche un mucchio di sciocchezze, ad esempio quando dice di rallegrarsi perché la Rai ha eliminato dal palinsesto Miss Italia come se la scelta dell’azienda fosse stata dettata da chissà quale rivoluzione culturale o magari perché in Rai qualcuno abbia improvvisamente riscoperto il significato di fare servizio pubblico. 

Niente di più falso: l’azienda ha semplicemente eliminato una zavorra che costava molto e rendeva niente, non c’entra niente la questione di genere e del rispetto per le donne. 

In tutto il mondo si fanno concorsi e sfilate di bellezza che non entrano nel dibattito politico ma rimangono negli ambiti in cui devono restare, sarebbe il caso di smetterla di usare questi argomenti come paradigma della condizione delle donne in Italia per rispolverare un puritanesimo di facciata di cui nessuno ha nostalgia.

Il fatto che in questo paese le donne non abbiano gli stessi riconoscimenti, posizioni sociali degli uomini non è un problema legato ai concorsi di bellezza o alla scelta spontanea di quelle donne e ragazze di sfruttare la loro bellezza per guadagnarsi da vivere con le pubblicità ad esempio. Il problema è esclusivamente POLITICO, e visto che adesso la signora Boldrini fa parte delle istituzioni e della politica dovrebbe smettere di condurre quest’assurda battaglia sui centimetri di pelle che le donne hanno voglia di scoprire e attivarsi per collaborare al raggiungimento di quegli obiettivi che in altri paesi sono già e da tempo  solide realtà.

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Kazakistan, Scajola: “A sua insaputa?
No, Alfano non poteva non saperne nulla”

L’ex ministro dell’Interno: “Vedevo tre volte al giorno il mio capo gabinetto e mi aggiornava
su qualsiasi cosa. Procaccini era il vice”. E sul caso Ablyazov: “L’Eni ha tanti interessi nel Paese”.

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LETTA: “CHI HA SBAGLIATO PAGHI”. RISCHIANO QUATTRO FUNZIONARI (DI MARCO LILLO)
L’UNIONE SARDA RIVELA: “INCONTRO BERLUSCONI-NAZARBAYEV IN SARDEGNA A INIZIO LUGLIO”

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Ma fra quei “vertici” [se questi sono i migliori m’immagino chi c’è dopo] della polizia che rischiano il posto per salvare quello di alfano ci sarà qualcuno a cui non va di fare la figura del pirla a beneficio dell’accozzaglia indegnamente definita governo?

Qualcuno che smentisca tutti questi sterili annunci a base di “io non sapevo” e “io non volevo” dicendo una volta e per tutte come si sono svolti i fatti?

E ci sarà in questo paese un Magistrato che abbia voglia di fare un po’ di chiarezza circa le amicizie pericolose di silvio berlusconi con dittatori di tutte le risme – coi quali lui non s’intrattiene solo a livello personale ma ci fa affari e per il buon esito di quegli affari è disposto a fare qualsiasi cosa e la fa a discapito non della sua sicurezza, quella dei suoi figli ma della nostra e di tutta l’Italia?

E il presidente Napolitano quando si sarà riavuto dallo choc calderoliano ce la farà a dire due parole su una delle vicende più scandalose accadute sotto il suo patrocinato in questo paese RIDICOLO che è l’Italia?

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Kazaki & cazzari  – Marco Travaglio, 16 luglio

Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato. Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno. Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo. Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta. Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante). Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua. Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev, Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.

Che bel paese l’Italia. Da morire

Sottotitolo: la certezza della pena è indispensabile, ma lo deve essere per tutti i tipi di reati e per tutti i tipi di criminali ma, come abbiamo visto, come c’insegna il favoloso stato [di diritto, eh?] italiano, una vetrina vale più della vita di un ragazzino, una carriera più della giusta punizione per chi si macchia di un crimine come la tortura, una vita spezzata di una giovane donna uccisa dall’uomo che diceva di amarla vale pochi anni di galera, con lo stupro, l’apologia di fascismi e razzismi, con le aggressioni xenofobe o verso gli omosessuali si accede di diritto agli arresti domiciliari. Ma per il furto di un ovetto kinder si istruiscono processi che durano tre anni e si concludono con un’ovvia assoluzione che si sarebbe potuta concedere dopo tre minuti. Quindi non c’è speranza: questo paese è refrattario all’idea di giustizia giusta e applicata, e lo è ad iniziare da chi dovrebbe lavorare per metterla in pratica.
La politica, di tutti i colori, è la prima responsabile di tutti i crimini che restano impuniti.

In questa lieta giornata che segue quella in cui l’ennesima ingiustizia da parte dello stato verso i suoi cittadini è stata fatta, rivolgo un saluto cordiale a Gianni De Gennaro nominato di recente  sottosegretario ALLA SICUREZZA da QUESTO GOVERNO.


Video – il regista Vicari: “Alla Diaz fu tortura” (di I. Buscemi)

“400 poliziotti hanno compiuto un reato che in Italia non esiste, la tortura“.

La morale, in uno stato ridicolo qual è il nostro, è che su 400 criminali comandati da delinquenti fascisti  – che ancora occupano le istituzioni – che hanno potuto umiliare, mortificare, massacrare di botte gente incolpevole, che dormiva per terra, uomini, donne, ragazzi e ragazze che volevano solo manifestare pacificamente un dissenso, solo 25 sono andati a processo e la loro vita, dopo averne devastate molte, cambierà, forse, di pochissimo.

E le vittime di questo scempio, di questa sospensione dei diritti democratici e umani,  dopo undici anni non sono state nemmeno risarcite.
Smettiamola di chiamare l’Italia ‘democrazia’ o, addirittura, ‘stato di diritto’.
Perché in una democrazia e in uno stato di diritto queste cose non succedono.

La regia politica dell’operazione rimarrà a disposizione della storia ma non verrà giudicata dalla giustizia. 

Oggi Fini è diventato un amichetto dei  riformatori liberali, della gente dè sinistra, della società civile, è stato lavato e candeggiato a dovere in questi undici anni, quindi nessuno gli chiederà conto di quel che accadde nella cosiddetta cabina di regia quando lui era nientemeno che ministro della difesa di questa repubblica.

Il governo Prodi ha avuto uno dei peggiori ministri della giustizia, Clemente Mastella, che è stato attivissimo sugli indulti  che servivano a berlusconi  e ai suoi compagni di merende ma non ha trovato il tempo di approvare norme decenti sulla tortura: il parlamento non le ha volute, pretese, anzi.

Ricordiamo anche che Di Pietro non volle la commissione di inchiesta sul G8 mentre oggi si spertica nel chiedere quella sulla trattativa stato mafia. Un poliziotto è come un fascista: per sempre.

Con questo combinato di attività, collusioni, menzogne, depistaggi, inciuci, pressioni,  inerzia, mentre nel frattempo i responsabili dei massacri venivano premiati, promossi,  strapagati, nonostante (o forse grazie a) quel che accadde a Bolzaneto e alla Diaz  si è sancita l’impunità, passata e futura, di un gruppo di funzionari in sostanziale continuità con una tradizione fascista non solo tollerata ma proprio incoraggiata.

Da Portella della Ginestra, passando per Piazza Fontana, Bologna, Ustica, continua la tradizione italica di insabbiamento e copertura istituzionale compiute dalle istituzioni stesse che cambiano nome ma non ruolo. Che bel paese, l’Italia. Un paese bello, da morire.

Noi sappiamo, Massimo Rocca per il Contropelo di Radio Capital

Adesso sappiamo quello che sapevamo undici anni fa. Questa maledizione pasoliniana. Sappiamo quello che era sotto gli occhi di tutti. La provocazione di stato. Il tentativo di fare di Genova l’occasione per un sovvertimento della democrazia. Sotto gli occhi delle alte cariche dello stato, con le alte cariche dello stato sul posto. Sappiamo che, tanto pasticcioni e incapaci, quanto crudeli e malintenzionati, come sono sempre stati gli organizzatori delle trame, la fecero così sporca e così stupida da diventare un boomerang. Ma i boomerang italiani sono velocissimi nel colpire, lentissimi nel tornare indietro. Indulti, prescrizioni, tutte le tattiche di difesa che certo non si offrono quando scattano i manganelli e così in galera non finirà nessuno per la Diaz, come per il global forum di Napoli o per Aldrovandi. Salteranno a scoppio ritardato alcune carriere che non avrebbero mai dovuto esser fatte. E allora ricordiamo almeno i nomi dei distratti ministri sotto cui quelle carriere si sono dipanate: Claudio Scajola, Giuseppe Pisanu, Giuliano Amato, Roberto Maroni, Anna Maria Cancellieri.