I tavoli di Renzi

 

 

Il 40,8 del 50%, ovvero degli elettori che sono andati a votare fa più o meno il solito 20%:  uguale a quello di Bersani. Di quel 20 una sostanziosa parte sono i mentecatti che applaudivano la Boschi ieri sera su Raitre.
  La maggioranza Renzi e il suo pd ce l’hanno forse a casa loro ma non in Italia.
Raccontatelo, spiegatelo anche ai vostri figli bambini, perché questa propaganda del 41% è diventata intollerabile.
Ancora ieri sera Fazio a Che tempo che fa  si è guardato bene dal fare questa doverosa precisazione con la Boschi che ripeteva questo ritornello come una Carfagna qualsiasi, addestrate entrambe per la propaganda da talk show.

Continuare con questa leggenda del 40% di una quantitá irrisoria di gente che è andata a votare, che non fa proprio per niente la maggioranza degli italiani e che è il risultato di elezioni europee che non danno al pd nessuna autorizzazione per sabotare le fondamenta di questo paese è schizofrenia, un crimine costruito per la propaganda con cui si uccide la verità. Se Renzi fosse un amministratore di condominio con quella percentuale di millesimi non potrebbe scegliere nemmeno il colore delle tende da sole del palazzo. Questo andrebbe ripetuto come un mantra, se solo avessimo un’informazione che fa il suo dovere. Un’informazione che fa il suo dovere porterebbe la gente a riflettere se il pd avrebbe ottenuto lo stesso quel misero 40,8% della metà degli elettori se Renzi in campagna elettorale avesse detto che nelle sue intenzioni c’era l’accordo, anzi, il patto col delinquente che porta i voti:  anche quelli della mafia,   e che la sua rottamazione significava meno diritti, tutele e garanzie per i cittadini e per i lavoratori,  anziché essere applicata  alla vecchia politica di cui Renzi è figlio naturale.  

***

Solo nell’Europa degli imbecilli e ignoranti le difficoltà sociali spostano il consenso politico a destra. Dove i regimi di destra se li ricordano bene no, non succede.
Grande lezione del Brasile che anche se per poco non è caduto nel tranello del conservatorismo di destra ma ha scelto di nuovo Dilma Rousseff, presidente di sinistra, dei lavoratori, non quello della marchetta da ottanta euro.

***

“Il posto fisso non esiste più”, disse quello che se lo è garantito a vita e che sarà mantenuto anche con le tasse di chi il posto fisso non l’ha mai avuto.
Vigliacco, e vigliacchi, miserabili senza nessuna possibilità di perdono quelli che hanno mandato al potere un pericoloso reazionario che non rispetta il paese, lo stato di diritto e i cittadini. La Costituzione? Un intralcio da riformare: con un delinquente da galera. Via l’articolo 18: per modernizzare il paese. Mai più posto fisso, l’importante che gli unici ad averlo garantito a vita continuino ad essere  loro, quelli che si adoperano per togliere i diritti ai cittadini.  Mai più governi che si faranno condizionare dalla piazza:  la democrazia che consente a Renzi di stare dov’è è nata anche nelle piazze, ma questo è un dettaglio insignificante. Lo sciopero? un inutile orpello che fa perdere tempo e appuntamenti di lavoro al finanziere amico intimo di Renzi.  Che altro ci vuole, che per il bene del paese e perché lo chiede l’Europa il governo mandi qualcuno a svaligiarci l’appartamento? Chiedo.

***

Presumo e suppongo che dopo la giornata di domenica quelle e quelli del pd che erano con la piazza e non con la Leopolda smetteranno di votare tutte le fiducie al governo del Napoleone all’amatriciana.
Che smetteranno di giustificare con il gesto di responsabilità verso il paese tutte le porcherie volute da Renzi e dalla Boschi che ha tenuto a precisare che servono altre modifiche costituzionali: qualcuno dovrebbe avvertire Madonna di Nostra Forma e Riforma che le modifiche alla Costituzione non sono il cambio di stagione negli armadi.
Ché per passare alla Storia bisogna fare cose importanti, non assecondare per brama di potere i desiderata di uno che pensa di poter fare dell’Italia una cosa di sua proprietà, proprio come quello di prima, il delinquente con cui Renzi sta devastando lo stato di diritto e quello sociale.

***

A Davide Serra, l’amichetto finanziere del presidente del consiglio “di sinistra” piace la Leopolda “perché non è di destra né di sinistra”.
E di nuovo torna nel dibattito politico questo ritornello con cui puntualmente si rimbecilliscono le masse – che ci cascano sempre – facendo credere che il male sia nell’avere un pensiero preciso circa la politica: un orientamento dal quale poi scaturisce l’azione politica O di destra O di sinistra.
Perché quando non è di nessuna delle due cose di solito l’orientamento ce l’ha ed è fascista.
Serra poi, dal pulpito di quelli che vogliono bene all’Italia aggiunge che bisognerebbe limitare il diritto di sciopero ai lavoratori pubblici che, spiace per Serra ma sono costretti a limitarselo da soli perché perdere una giornata intera di paga non piace a nessuno.
Perché se il dipendente guadagna ad esempio sessanta euro al giorno quando manca causa sciopero non perde quelle sessanta euro ma quasi il doppio, perché dalla giornata di paga gli vengono scalate le indennità, la presenza, il buono pasto se c’è e tutta quella serie di aggiunte che non fanno il guadagno cash del dipendente ma se gli vengono tolte perde lo stesso una cifra che in questo periodo diventa difficile sacrificare anche alla più giusta delle cause.
L’amico di Renzi dicendo che il governo dovrebbe limitare il diritto di sciopero ad una precisa categoria di lavoratori, quelli che per stipendi miserabili mandano avanti da sempre la baracca Italia ha serenamente sferrato un attacco alla Costituzione che prevede lo sciopero come diritto, ma va tutto bene, anche perché nessuno dirà che uno dei personaggi dell’entourage di Renzi più vicino a Renzi piacciono le cose che non sono di destra né di sinistra e per questo sono fasciste.

 

 

 

“Stay hungry, stay choosy”

Sottotitolo: ci sono cose che molta gente non potrà mai arrivare a capire, non si può capire la vita reale vivendone una sempre in un attico al settecentesimo piano del cielo.
Quello che succede nelle cantine, lo sanno solo i topi. Non sarà mai abbastanza ripetere che la distanza fra gli amministratori e gli amministrati non si può misurare in anni luce.

Le persone come la Fornero bisognerebbe condannarle alla vita, quella di chi se ne deve inventare una tutti i giorni.  

Quanti figli di operai, impiegati, precari, cassintegrati e disoccupati pur avendo intelligenza e voglia di applicarsi quante ne ha avute la sua possono permettersi di andare a studiare ad Harvard e trovarsi il posticino bell’e pronto nell’università dove, guarda caso, lavorano mamma e papà? risponda a questa domanda, invece di dire sempre le solite cazzate e per giunta offensive per un’intera generazione che è in condizioni disperate anche, anzi soprattutto perché prima c’è stata quella della Fornero e di quell* come lei.
E’ con queste premesse che la ministra vuole andare in piazza?

Ai partiti che, secondo loro e l’ottimo Napolitano che ne fa l’elogio tutti i giorni ricordandoci quanto siano pericolosi i populismi e la demagogia noi dovremmo votare, pd compreso che si vanta ogni giorno di aver sostenuto e di sostenere questo governo tutto questo va bene? linguaggio compreso?

Bene, poi non si lamentassero se la gente sceglie “il buffone qualunquista”.

A me dispiace citare spesso, anzi sempre i paesi normali; è diventata una nenia insopportabile ma purtroppo per il nostro, esistono: normale non significa perfetto; anche in tempi di crisi profonda ci sono paesi in cui il rispetto per il ruolo che si rappresenta non è stato dimenticato, paesi in cui chi ha un incarico pubblico non c’è bisogno che conti fino a dieci prima di dire qualcosa, paesi in cui un politico, che sia un presidente del consiglio, un ministro, l’equivalente di un presidente di regione e di un prefetto se e quando sbagliano non c’è bisogno che qualcuno dica loro:”hai esagerato”, lo sanno da soli, errare è umano, ma dovrebbe esserlo anche prendersi la responsabilità dei propri errori, dopo, dunque si prende atto con onestà di aver fatto qualcosa che non si addice alla buona politica, che non rientra nelle funzioni di chi è chiamato ad occuparsi delle cose degli altri con rispetto e si fa l’unica cosa che deve fare un politico quando si dimostra inadeguato: chiedere scusa ai cittadini e dimettersi.

Ci lamentavamo che berlusconi non avesse nessuno pronto a dargli il colpetto sulla spalla, il calcio sotto al tavolo ogni volta che apriva bocca per esternare, offendere, raccontare la barzelletta sconcia, ma per offendere non servono l’insulto e la barzelletta, basta anche ricordare di continuo la distanza siderale fra chi amministra e chi deve subire l’amministrazione anche suo malgrado. 

Perché per carità, signora Fornero, nessuno vuole insinuare che sua figlia e quelli dei suoi pari rango non abbiano avuto anche dei meriti se ora non devono porsi neanche il problema se essere o meno “choosy”, ma sarà d’accordo con me che una strada libera, asfaltata e con una “lieve” discesa che ne facilita il percorso sia meglio di una intasata. 
Perché vede, non so se gliel’hanno detto, se se ne è accorta da sola ma qui, dalle nostre parti, c’è sempre un traffico della madonna.
Ma basta, ma basta! – Massimo Rocca, Il contropelo di Radio Capital

Pijura nen, come si dice dalle parti mie e sue, oppure don’t cry.

Un giorno si farà una fenomenologia di Elsa Fornero, così come si è fatta quella di Mike Bongiorno. Per capire la psicologia di questo strano ministro sempre pronto ad irridere dall’alto di un esibito self comfort e così poco pronto a mantenere il self control. Ma benedetta donna, come pensi di essere accolta in giro per l’Italia, tu che hai inventato gli esodati e adesso che dici che i giovani devono essere meno choosy, meno schizzinosi nel cercarsi il lavoro. Nello stesso giorno in cui le statistiche europee dicono che ci sono 15 milioni di ragazzi in che non lavorano, non studiano, non si formano, sapendo che in Spagna e Grecia i disoccupati giovani toccano il 50%, sapendo quale abisso di disperazione c’è da noi nelle vane ricerche di lavoro di laureati spesso super formati, una dice “choosy”.
E poi piange anche per i fischi.

Liber* tutt*

La mia solidarietà totale ad Alberto Musy, consigliere comunale di Torino dell’Udc ferito in un agguato.

Sottotitolo: Noi abbiamo deciso di introdurre il contratto universalistico.
Se non vi piace, potete sempre cambiare pianeta.
Non è un accordo sociale, qui di sociale non c’è niente.
Pensate che le banconote abbiano un anima?
Se ci stai sul cazzo perché pensi che il lavoro sia un diritto
pagheremo la tua emarginazione.
Se credi che sul posto di lavoro
si mangia, si va al bagno, si parla di politica
non la si dà al capo e si vorrebbe anche l’aumento
e magari anche il riposo la domenica,
forse non hai letto la scritta
sul cancello della tua fabbrica:
ARBEIT MACHT FREI.

(NOI)

IL LAVORO RENDE LIBERI. CAPITO?

MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”

FORNERO: “E’ UNA BUONA RIFORMA”

Finalmente in Italia i lavoratori potranno essere licenziati arbitrariamente, ma con molta sobrietà ed eleganza, il che è tutta un’altra cosa.

Ci si sente meglio se a dircelo è una distinta signora ben vestita, col tacco 5 e la parure adatta ad ogni occasione.
C’è qualcuno, oltre ai padroni, ai tecnici (sobrii) che si stanno occupando del salvataggio della ‘robba’ e di chi se la divide da sempre in questo sciagurato paese, e al presidente della repubblica,  qualcuno che può ancora dire che si tratta di un fatto di civiltà, che è giusto passare con un caterpillar sulla pelle dei lavoratori perché ce lo chiede l’Europa (che ci chiederebbe anche altro come faceva notare ieri su La Stampa quel sovversivo qualunquista di Zagrebelsky ma di questo altro politici, sindacati e tecnici se ne fregano alla grandissima)? Almeno il 90% della gente che vive in Italia  non capisce nulla di quel che le accade attorno,  non si informa, ha altro da fare e altro a cui pensare,   perché se lo facesse avrebbe capito subito che la crisi non è un dramma per la popolazione ma un efficacissimo strumento creato e favorito dal potere per realizzare rapidamente cose che in una situazione normale e realmente democratica non si possono fare. Fa parte della dottrina di  Milton Friedman,  con la quale Monti si è nutrito.

Ora se invece di parlare tutti di liberismo,  di Friedman o di crisi si andasse a leggere davvero non ci sarebbe nessuna sorpresa nello scoprire lo smantellamento del welfare, la riduzione in schiavitù economica – la riduzione del lavoro al solo fine del sostentamento e dell’indebitamento da estendere a più generazioni.

Quindi tutti, ma proprio tutti, perfino berlusconi c’è riuscito, possono far bere quel cazzo che vogliono a tutti facendolo passare per priorità, urgenza, impegni inderogabili e necessari.

Anche quando è tutt’altro da ciò.

Il finto tonto

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 21 marzo

Ma davvero il presidente della Repubblica ha il potere di intimare alle parti sociali di rinunciare a “qualsiasi interesse o calcolo particolare”, cioè di non rappresentare più le categorie che dovrebbero rappresentare, per inchinarsi alla cosiddetta riforma dell’articolo 18 unilateralmente imposta dal governo del prof. Monti e della sig.ra Fornero con l’inedita formula del “prendere o prendere”? Ma dove sta scritto che quella cosiddetta riforma è buona? Ma chi l’ha stabilito che risolverà “i problemi del mondo del lavoro e dei nostri giovani”? Ma chi l’ha detto che “sarebbe grave la mancanza di un accordo con le parti sociali”? Ma, se “sarebbe grave la mancanza di
un accordo”, perché il capo dello Stato non dice al governo di ritirare la sua proposta che non trova l’accordo delle parti sociali, anziché dire alle parti sociali di appecoronarsi alla proposta del governo in nome di un accordo purchessia? E che c’entra la commemorazione del prof. Biagi con l’art. 18? Non si era detto che la flessibilità avrebbe moltiplicato i posti di lavoro? Ora che ha sortito l’effetto opposto, anziché ridurla, si vuole aumentarla? E perché mai un lavoratore licenziato senza giusta causa dovrebbe rinunciare ad appellarsi al giudice perché valuti la discriminatorietà del suo licenziamento? E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere, come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati?
Per tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché
nessuno sia più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più facile uscirne? E chi l’ha stabilito che la trattativa deve chiudersi il 22 marzo, non un giorno di più? E che libera trattativa è quella in cui il capo dello Stato getta la sua spada su uno dei piatti della bilancia, quello del governo, per farlo prevalere sull’altro? E che senso ha la frase della sig.ra Fornero: “Non si può discutere all’infinito, indietro non si torna”? Infinito in che senso, dopo un solo mese di negoziati? Indietro rispetto a cosa? E il Parlamento? Esiste ancora un Parlamento libero di approvare o bocciare le proposte del governo, o è stato abolito a nostra insaputa?
E perché mai il Parlamento ha potuto svuotare a suon di emendamenti il decreto liberalizzazioni, snaturarne un altro con l’emendamento Pini contro i magistrati, mentre l’abolizione dell’art. 18 sarebbe sacra e inviolabile? È per caso un dogma di fede? Siamo proprio sicuri che l’insistenza del governo e del Quirinale sull’art. 18 risponda a motivazioni economiche e non al progetto tutto politico di isolare le voci stonate dal pensiero unico, tipo Fiom, Idv, Sel e movimenti della società civile e di cementare l’inciucio Pdl-Pd-Terzo Polo? Se il governo gode nei sondaggi della fiducia del 60% degli italiani e tutti se ne felicitano, perché ignorare il fatto che lo stesso 60% degli italiani è contro qualunque “riforma” dell’art. 18?
È proprio ininfluente la maggioranza degl’italiani sulla scelta di un governo che nessuno ha eletto, anzi di cui nessuno, alle ultime elezioni, sospettava la nascita? E perché mai gli unici che devono rinunciare a rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono all’asta perchè B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione apparsa ieri sul Foglio , secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della “stabilità del governo”?
Ma, se il Parlamento deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?


Moralismi d’accatto

Marcegaglia: “Basta ai sindacati che proteggono gli assenteisti”. Cgil: “Smentisca”

Per la presidente di Confindustria la riforma del lavoro dovrà permettere alle imprese di licenziare “quelli che non fanno bene il loro mestiere”. Il sindacato: ”Affermazioni che offendono. Le smentisca”. Bonanni prende le distanze: “Dica a quale sigla fa riferimento”. Fornero: “L’accordo è possibile” (Il Fatto Quotidiano)

Ha ragione la Marcegaglia a dire che in questo paese ci sono un sacco di fancazzisti a sbafo che campano sulle spalle di chi lavora onestamente e con senso di responsabilità. Giustissimo: cominciassero però i dirigenti che guadagnano stipendi milionari a dare l’esempio, ché questa storiella che a fare le cose perbene si deve cominciare sempre dal basso ha sinceramente fracassato tutto il fracassabile, vista la classe dirigente che ci ritroviamo e che ci ha gioiosamente accompagnato sull’orlo del precipizio. Perché se vanno cacciati gli impiegati , gli operai, i professionisti che truffano lo stato e  le aziende per cui dovrebbero lavorare rubando i loro stipendi e sfruttando così quei colleghi che sono costretti a fare anche la loro parte, si deve fare lo stesso anche coi loro superiori che sono STRApagati anche per fare in modo che questo non succeda.

Ma quelli non li caccia mai nessuno, né per loro c’è una Marcegaglia che invita alla lotta senza quartiere: hanno sempre un santo protettore in parlamento che li assiste e li rassicura.
E pensare che noi donne ci eravamo ridotte a fare il tifo per la Marcegaglia, solo perché, afflitte dall’assenza cronica  femminile nei posti che contano, una donna era arrivata ai piani alti del potere.
Una donna?
Appunto.
E la Camusso la bacia pure una che parla così?
Io no, non la bacerei, ecco.

I disonesti non devono essere difesi mai da nessuno, in nessun ambito, ma ci piacerebbe che a fare la morale su certe questioni non sia una signora che, da industriale figlia di industriali  a questa crisi economica non è affatto estranea e che solo adesso, praticamente da ieri si è scoperta scandalizzata dalle altrui incapacità  che, invece, sono anche le sue. Gli industriali che  delocalizzano e vendono aziende mettendo a repentaglio la sicurezza e spesso la vita dei lavoratori e delle loro famiglie, sono forse più onesti di chi nell’orario di lavoro va a prendersi un caffè un po’ troppo lungo?

Possibile che in questo paese non si riesca mai a parlare del  difetto del singolo senza offendere intere categorie di lavoratori e dunque di persone?

Il Totem e i Tabù

Sottotitolo: la lega andava messa fuori legge sin da subito, altro che considerare i cialtroni razzisti vestiti di verde un simpatico movimento che faceva solo folklore. Nei ghetti bisognerebbe infilarci tutti gli analfabeti ignoranti alla salvini, educarli alla normale e civile convivenza fra esseri umani, soprattutto di quelli che vengono da fuori a fare tutte quelle cose che noi non vogliamo fare più per mancanza di tempo, di voglia, lavori infami pagati qualche spicciolo, perché alle signore che inorridiscono davanti alla povertà e alla miseria si rovinano le mani e il french fatto di fresco.

A tutt’oggi, sono anche gli extracomunitari a garantirci il benessere, accollandosi perfino un debito che non hanno nemmeno fatto in tempo a contrarre.

Mai che se ne buttassero giù altri di totem, nel paesello delle banane (vecchie e nuove). Per le cose importanti, giuste e che renderebbero questo paese un po’ più civile, ma solo un po’, non è mai il momento per abbattere certi tabù, è sempre troppo presto, la gggente non capirebbe.

Fa male la ministra Fornero a spaventarsi per quelle cose che ha la possibilità sia di ascoltare ma anche, fortuna sua (noi non ce l’abbiamo, pena dover passare per qualunquisti e, peggio ancora, nostalgici di berlusconi: l’Italia è fantastica perché ad ogni giro di ruota in parlamento si trovano sempre nuovi linguaggi coi quali definire chi si è semplicemente rotto i coglioni di essere manipolato e sfruttato dalla politica, che sia ordinaria o tecnica non fa differenza ) di poter replicare. Dovrebbe preoccuparsi molto di più di quello che dice e pensa chi, ancora una volta, non ha la possibilità di essere ascoltato e nessuna arroganza istituzionale dietro la quale potersi nascondere. Tipo quella mostrata ieri sera a ottoemmezzo dal neo ministro della difesa, l’ammiraglio, mentre glissava sulle domande che gli venivano rivolte come il miglior politico navigato e difendeva a spada tratta le decisioni del ‘precedente governo’ e di quelli ancora più precedenti in quanto, secondo lui, se l’Italia vuole essere all’avanguardia deve avere anche il suo bell’esercito di soldatini superattrezzati.

Io pensavo, ma sono una stupida, evidentemente, una stupida idealista pasionaria di sinistra, che in un paese che per Costituzione è fondato sul lavoro e la guerra la ripudia, le priorità dovessero essere altre.

Ha smesso di piangere, la ministro

Questa volta la Fornero non piange. Non ha più totem né tabù. Ma forse allora non aveva pianto perché comunicava all’Italia tutta, all’Italia che conta e fa i conti, che aveva dato mandato perché fosse fame e carestia. Piangeva per l’emozione di essere ministra tra i ministri, davanti alle telecamere, circondata dal pubblico di giornalisti che arrivavano anche da lontano.
Non deve aver pianto nemmeno per l’operaio che è schiattato in acciaieria, oggi, menzionato da tre scarne righe sui giornali, e presto cancellato da altre cronache di ordinaria follia. Siano esse quelle inerenti le code dei gitanti per lo shopping milanese, che quelle di una madre single (ex zoccoletta di Arcore) in vacanza a Miami.
E’decisa questa volta la ministra, perché l’articolo 18 deve essere cancellato: non sia mai che il lavoratore non si possa licenziare! E la Marcegaglia le fa l’eco, non esistono tabù.
Se ne può discutere, dicono in coro, ma senza ideologie. Eh già, se ne può parlare, perché no? Magari una di queste sere, davanti a una pizza e un’ottima birra, che così il tutto è più conviviale, meno drammatico e meno ideologico.
Per fortuna i sindacati non ci stanno, e annunciano ancora barricate: l’articolo 18 non si tocca. Come se fosse una questione di principio.
Verrebbe da farlo così il sunto delle cronache odierne, quelle che ancora una volta sembrano scritte da uno sceneggiatore nemmeno tanto bravo, che pare aver scordato che, da un pezzo, lo statuto dei lavoratori è carta straccia, e il lavoratore non esiste più.
Potrebbe essere semmai davvero una questione di principio, ma vista al contrario; è il padrone che ormai ha deciso di sancire lo strapotere del governo autoritario del danaro e dell’economia, del capitalismo che non ci sta a morire, e che prima di esalare l’ultimo respiro tenta un colpo di coda, persino simile a una strage.
Sembra una storia scritta per un popolo demente, ormai dimentico del passato recente.
Da giorni ci dicono che tutti i sindacati hanno trovato di nuovo l’unità e che uniti lottano. Cisl e Uil così non sono più gli stessi servi che si vendettero al potere berlusconiano, nemmeno gli stessi che garantirono a Marchionne non solo di stracciare lo statuto dei lavoratori, ma di utilizzarlo come carta da cesso, in un passato così recente da essere proprio qualche giorno fa.
No, non piange la ministra, questa volta non ce la fa. Ha già preso confidenza col potere, con le telecamere, con le parole da dire in un certo modo anziché un altro, quelle scelte per ribadire il concetto che è l’emergenza della crisi quella che impone rigida fermezza. Il sacrificio.
Oggi come oggi temo non piangerebbe nemmeno se dicesse la verità ultima, ossia che il sacrificio che chiede questo potere è il sacrificio umano.

Rita Pani (APOLIDE)