Dei delitti, delle pene e di Salvini

Da un articolo del Fatto Quotidiano dell’8 aprile scorso.

Secondo il salvini “pensiero” se a maroni, quando fu condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e a lui stesso quando si è beccato un mese per aver tirato uova a d’alema qualche poliziotto avesse fatto “sbucciare il ginocchio” sarebbe stata una cosa buona e giusta.
Invece maroni, condannato in via definitiva a otto mesi poi ridotti a quattro, nel paese sottosopra è potuto diventare addirittura ministro dell’interno.

Siccome c’è una percentuale di rom che rubano salvini parla con disprezzo di tutti e vuole passare sopra a tutti con le ruspe [se non hanno una casa sono cazzi loro].
Siccome c’è una parte di migranti che una volta arrivati in Italia delinquono, salvini li rimanderebbe tutti “a casa” anche ributtandoli e lasciandoli in mare [se muoiono sono cazzi loro].
Siccome ci sono poliziotti e carabinieri [non sono tutti ma nemmeno le poche mele marce e le quattro schegge impazzite come vogliono farci credere] che usano metodi violenti di coercizione abusando del loro potere “per colpa di uno non possono pagare tutti” [se il delinquente, vero o presunto si fa male sono cazzi suoi].
Il poveretto che rivaluta la responsabilità personale che poi è proprio il fondamento basilare del diritto solo nei riguardi del braccio armato dello stato rivendicando la libertà di azione della polizia anche quando picchia, insulta e ammazza non capisce che l’introduzione del reato di tortura garantisce soprattutto quelle forze dell’ordine che svolgono il loro lavoro responsabilmente: è fatto proprio per evitare che per colpa di uno, due, cinque, dieci, TUTTI paghino in termini di sfiducia e discredito.
Ma il problema come sempre non è salvini che si fa interprete nel modo peggiore, volgare e ipocrita del malessere generale: sono tutti quelli che anche intimamente, forse vergognandosene un po’, pensano che lui sia la soluzione, lo scandalo è lo spazio mediatico concesso a questo ignorante cialtrone razzista anche per fargli dire che il massacro alla Diaz e Bolzaneto, gli omicidi di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Riccardo Magherini – l’elenco delle persone che sono morte mentre erano sotto la tutela dello stato purtroppo non finisce qui – sono paragonabili alla sbucciatura di un ginocchio.
Sei morto perché la polizia ha abusato di te e del suo potere? Sono cazzi tuoi.
Parole da vero leader.

Potenzialmente pericolosi

Servire lo stato non è accompagnare ancora su e giù per l’Italia un delinquente da galera. Tanto scandalo per gli spingitori di carrelli della Finocchiaro ma tutto tace sulla vergogna di uno stato che fa pagare ai cittadini la scorta di un pregiudicato, delle sue residenze, e non per proteggere noi da lui.

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Alfano, che sembra Alfano e qualche volta spesso è proprio Alfano ha capito che non gli conviene mettersi contro il braccio armato dello stato e del potere, ecco perché nel merito della “minaccia” di sciopero della polizia parla di richieste giuste e legittime ma fatte con toni “inaccettabili”.
Non gli passa neanche per l’anticamera del cervello dire che è un ricatto l’ipotesi di uno sciopero delle forze dell’ordine – che sarebbe il primo della storia di questo paese perché gli appartenenti alle forze di polizia militari e civili non possono scioperare, altrimenti fra le altre e tante cose di cui si occupa la polizia di stato non potrebbe garantire la scorta a un delinquente pregiudicato condannato.
Ma come parla il presidente del consiglio?
Lo sciopero, un diritto conquistato in anni di lotta, lacrime e sangue che diventa un ricatto, così come l’articolo 18 è stato trasformato in totem e feticcio per fargli perdere anche il significato morale. Così intanto la gente si abitua.

E comunque se parliamo di adeguare il salario, lo stipendio ai rischi dei cosiddetti servitori dello stato   quanto dovrebbe guadagnare l’operaio che tutti i giorni sale su un ponteggio? I comparti definiti sensibili perché svolgono mansioni indispensabili per la tenuta civile di un paese e verso i quali lo stato dovrebbe avere un occhio – ma anche tutti e due –  di riguardo sono tanti: medici, infermieri, vigili del fuoco, gente che solitamente salva e accudisce le vite, non le toglie “accidentalmente”. Persone qualificate e con responsabilità altissime malpagate, costrette a turni e orari massacranti. Gli insegnanti che devono formare la società prossima ventura e che lavorano in condizioni inenarrabili. Fare il poliziotto, il carabiniere è una scelta personale, se c’è chi pensa di non ricevere il giusto trattamento dallo stato perché non si licenzia e va a vedere come si sta ai “poggi più giù?” Magari in qualche cooperativa dove la gente viene pagata un mese sì e tre no e ad ogni rata del mutuo e qualsiasi extra può capitare in una famiglia bisogna organizzare la colletta fra i parenti per recuperare i soldi necessari.

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La vera emergenza da risolvere è smettere di considerare Napoli la città dove tutto può succedere per poi giustificare le contromisure dello stato, che non c’è quando ci deve stare ma quando non ci dovrebbe stare è ben presente e a mano armata.
Altroché la tbc.
Napoli è la zingara d’Italia, insultata, sbeffeggiata, presa a calci da tutti, abbandonata e di cui ci si ricorda solo in circostanze tragiche, non per fare in modo che certe cose non succedano più o ne succedano meno ma per insultarla un altro po’.
Chissà perché le forze dell’ordine non vanno a far rispettare la legge e le regole a mezzogiorno a Montecitorio, invece di essere così solerti a Napoli alle tre  di notte. Mai sentito che un poliziotto o carabiniere insegua sparando l’imprenditore che va a depositare il tesoretto oltre confine.

Immagino il pericolo che potevano causare tre stronzi senza casco su un motorino alle tre di notte.
E’ che la notte si sta bene a casa, e allora chi deve lavorare poi diventa nervoso.

Se i nostri “tutori dell’ordine” hanno 22 anni immagino il livello di preparazione che hanno raggiunto, visto che per laurearsi ce ne vogliono almeno 23. Se lo stato mette un’arma in mano a dei ragazzini che poi dovranno tutelare l’ordine  bisogna mandare via i figli da qui.
Da un paese pericoloso dove lo stato arma le mani a persone immature e impreparate, quindi potenzialmente pericolose.

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Si chiamano ragazzate proprio perché le fanno i ragazzi.
Le persone adulte fanno le grandi cazzate.
Quelle spesso irreversibili.
Strano poi che 17 anni siano pochi per essere considerati adulti mentre diventano improvvisamente un’età in cui si deve sapere quel che si fa quando quello che si fa è sbagliato.
Provo pietà per la sicumera di chi giudica un fatto grave arrogandosi l’autorità di dire quello che è giusto e sbagliato dimenticandosi probabilmente di quando era giovane; mai fumato una canna, mai preso una sbronza, mai alzato il volume dello stereo, mai guidato una macchina senza patente, mai fatto a pugni con l’amico.
Bravi, non sapete quello che vi siete persi.
Provo pena per chi giustifica un omicidio che si poteva e si doveva evitare poi magari va nei social a mettere i suoi manifesti contro la guerra, i terrorismi e condanna tutte le violenze purché stiano a debita distanza dal suo culo.
Perché è più facile condannare la violenza quando è lontana, quando c’è la sicurezza di non doverla subire di persona.
Quando il pericolo è più vicino spaventa, e quindi va bene prevenirlo anche con l’extrema ratio: uccidendo un ragazzino.
E sono sinceramente preoccupata per gli eventuali figli di gente così: cresceranno nel terrore di non deludere le aspettative dei loro genitori che li vogliono perfetti, lindi e pinti col dieci e lode sui quaderni per poi ritrovarsi adulti e andarsi a cercare l’emozione trasgressiva chissà come e dove.
Perché ci sono cose che o si fanno prima, quando è il momento, o si cercano dopo, e per conto mio preferirei più avere per casa il diciassettenne “disadattato” che l’adulto che pensa che si può ammazzare per “legittima difesa” da un pericolo che non c’era.

Napoli -1 – stato italiano 0

Sottotitolo: nella “policy” del sito del @fattoquotidiano non è specificato che replicare a qualcuno “stai zitta” [e magari fosse solo questo] è offensivo ma in compenso si può scrivere, in assoluta serenità accumulando anche un discreto numero di likes, che la morte di una persona è da derubricare alla “selezione naturale”, perché tanto se Davide non era ancora un delinquente lo sarebbe diventato di sicuro.
Il metodo Lombroso applicato alla conversazione via web e anche al pensiero della feccia immonda che straripa in quel sito e che viene lasciata libera di insultare i vivi e i morti.

Nella vita tutto può succedere, trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, fare la cazzata, incontrare il pazzoide che ti ammazza con un machete, che su questa terra siamo troppi ce lo ricordano tutti i giorni i fatti di cronaca. 

A stare stretti poi si deve sgomitare per farsi spazio, altroché le campagne per incentivare la natalità.
Quello che però mi colpisce sempre, mi rattrista e mi preoccupa sono le reazioni qui alle cose che succedono.
Più i fatti sono seri e andrebbero sollevati col dovuto rispetto specialmente quando si tratta di vita e di morte e più tanta gente si scatena sfoderando tutto il suo becerume, la vigliaccheria spicciola da web.
Per strada non c’è la violenza che si legge qui, io con la gente ci parlo.
Qui è tutto esasperato, elevato al massimo del peggio.
A me questo non piace, non mi adeguo e non mi abituo. Ho letto delle cose che non si dovrebbero far passare come semplici opinioni. Il pensiero violento non è mai opinione. E se non si combatte la violenza nel pensiero è inutile fare tutto il resto per cercare di trasformare questo in un paese un po’ meno malato, di cattiveria, ignoranza, egoismi e malvagità.

 

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 Massimo rispetto per chi nelle forze dell’ordine e i carabinieri si impegna tutti i giorni sul territorio per garantire la sicurezza, esercitare davvero la tutela dei cittadini, e lo fa in condizioni/situazioni impossibili grazie a questo stato che spreca soldi per comprare aeroplanini da guerra, per costruire inutili e devastanti opere, pubbliche solo per chi paga ma poi privatissime per chi ci guadagna e poi taglia sulle necessità primarie dei cittadini e di chi deve garantire i servizi. Ma questo è anche il paese dove le forze dell’ordine hanno abusato spesso del loro ruolo, basta pensare al G8 di Genova, a Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e a tutti i morti di stato. Ecco perché parlare di rispetto delle regole diventa difficile se si pensa che gli autori, i responsabili e i mandanti di massacri e morte, in divisa e in giacca e cravatta non hanno mai ricevuto un’adeguata sanzione.

Mi chiedo, mentre in queste ore centinaia di persone in giro per la Rete si congratulano e si complimentano col carabiniere che ha ucciso, che razza di paese sia diventato questo, a quale livello di devastazione morale si può essere arrivati per applaudire un carabiniere che spara per ammazzare invece di pretendere, tutti insieme, di vivere in un paese dove nessuno muore per l’eccesso di zelo di un tutore dell’ordine.

E’ troppo pretendere di vivere in un paese dove non si rischia di essere ammazzati in modo accidentale?
E il pericolo sarebbero i migranti, la tbc e l’ebola?

Pietà.

Altroché la Grande Guerra, “prima me spari e poi dici chi va là”.

Qui per soddisfare la sete di giustizia, applicata solo al pianterreno perché per l’attico e il mezzanino si chiude un occhio e pure tutti e due, arriveremo agli squadroni della morte applauditi dalle folle festanti. 

La criminalità è insita nel fattore umano, appunto le società hanno previsto che la si dovesse contrastare usando l’arma del diritto, non ammazzando gente a casaccio sparando con un’arma vera.
Fra chi ha un’arma e chi non ce l’ha il torto e la ragione non sono mai divisi equamente. Mai.
Tutti bravi ad applaudire le forze dell’ordine quando ci liberano da pericolosissimi delinquenti in motorino che non si fermano all’alt, ad invocare ed esaltare il rispetto della legge, chissà poi se le stesse cose le pensano anche quando vanno a votare gente che non spara ma deruba diritti e soldi anche a chi si ferma agli stop.
Ammazzare ragazzini disarmati, per quanto possano essere indisciplinati e irrispettosi delle regole significa contrastare la delinquenza? 

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Rabbia a Napoli, un carabiniere ha ucciso un diciassettenne

E’ accaduto nella notte. Andavano in tre sul motorino, la gazzella li avrebbe speronati. Lo sparo, dice la prima versione, sarebbe partito accidentalmente. Le manette dopo lo sparo.

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Come fu per le notizie che riguardavano l’alleanza europea tra i 5stelle e Farage Il Fatto Quotidiano ha abilmente glissato sulla polemica circa l’allarme tbc lanciato dal blog di Grillo, nonostante nel frattempo siano arrivate diverse smentite da ambienti molto più autorevoli, ad esempio il sito di MSF Italia.
Non intendo riaprire il dibattito e la polemica sulle dichiarazioni fatte nel blog perché sono abbastanza nauseata da chi non si arrende nemmeno di fronte alle evidenze, da chi non sa e non vuole ammettere che una cazzata resta tale indipendentemente da chi la fa o la dice e che giustificare le cazzate o, peggio ancora volerle tradurre in qualcosa di buono non produce nulla di utile.
Sulla qualità dell’informazione cosiddetta indipendente del Fatto però sì: voglio polemizzare. Perché io Il Fatto lo compro, ho iniziato a comprarlo e leggerlo da quando è nato proprio perché mi aveva promesso di voler essere e restare indipendente: da tutti.
Ed essere indipendente da tutti non significa poi fare delle critiche all’acqua di rose, in salsa un calcio al cerchio e uno alla botte solo quando non se ne può fare a meno. I titoloni cubitali nel sito che poi raccolgono migliaia di commenti bisogna farli anche quando si deve andare un po’ contro le proprie simpatie.
Quindi, cari direttori #Gomez, #Padellaro e #Travaglio, siccome ci aspetta un periodo faticoso e un inverno più freddo del solito, capiamoci: un giornale indipendente è quello che dice, non quello che manda in seconda e in terza quello che dà fastidio ai supporters cinque stelle.

Non è una questione affatto marginale quella di Grillo e degli extracomunitari, migranti o chiunque arrivi qui da paesi in cui è impossibile vivere. Non è affatto una casualità che Grillo ogni tanto si lanci in voli pindarici pericolosi straparlando di immigrazione, sulla quale il movimento 5stelle non ha mai preso una posizione che sia davvero politica, che unisca la logistica al fattore umano, visto che si parla di persone e non di alberi di mele.
Perché lui lo sa bene che la questione immigrazione è uno dei tasti dolenti di questo paese, quello che riscuote sempre un certo successo, se se ne parla in forma negativa facendo credere che il pericolo, la malattia, la criminalità arrivano da lontano, da fuori.
Ammettendo anche che il problema sia quello che riporta Grillo, che ci sia davvero un pericolo di epidemia, una persona che fa politica anche se non è un politico di professione e che ha un seguito di gente che gli crede e che ha riposto fiducia in lui non ha forse il dovere di affrontare un problema in maniera diversa dalle annunciazioni urbi et orbi che poi scatenano l’inevitabile e infinito dibattito fra chi gli dà torto e chi si sente in dovere di giustificarlo perché, poverino, lui che di comunicazione non sa niente, sbaglia sempre la forma?
Non avrebbe dovuto consultare lui degli specialisti, esperti del settore dai quali farsi affiancare per poi informare la gente nel modo giusto?
Sarà mai possibile in questo paese uscire dalla logica del sensazionalismo da prima pagina e anche da quella patetica del “che faresti tu” e del “se capitasse a te”, visto che la maggior parte di noi fa un altro mestiere e non ha scelto di occuparsi della risoluzione dei problemi della politica, direttamente, da professionista?
Il razzismo è legato a doppio filo alla questione dei diritti: umani e civili, e il rispetto dei diritti [umani e civili] è più importante di qualsiasi altra questione, perfino dell’economia.
Chi non lo capisce, non capisce niente, ha qualcosa in meno, anzi molto meno rispetto a chi razzista non è, non solo sul piano intellettuale e culturale ma proprio umano.
Ognuno ha il diritto di avere le sue antipatie, di non sopportare qualcuno in particolare ma il razzismo è qualcosa di peggio, significa voler negare a quel qualcuno anche la possibilità di esistere. Significa individuare il pericolo solo nel “diverso” da sé, per orientamento sessuale, nazionalità, etnia eccetera, mentre nella maggior parte dei casi i pericoli li costruiscono proprio quelli uguali a noi.

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Dalla soave boccuccia di Marianna Madia, in riferimento al blocco degli stipendi degli statali, apprendiamo che chi guadagna 26.000 euro l’anno [lordi, in ogni senso] è da collocare nella categoria dei più fortunati. 26.000 diviso dodici fa poco più di 2.100 euro al mese che non è affatto lo stipendio base di uno statale.
Perché un dipendente statale da quadro ordinario a duemila euro non ci arriva nemmeno se rimane chiuso al ministero anche di notte.
Quindi sarebbe il caso che chi 26.000 euro li porta a casa immeritatamente in un mese evitasse di offendere chi paga a lei e agli incapaci come lei stipendi, che non vengono mai ridotti né bloccati, in cambio della fortuna e del privilegio di poter ancora mettere a tavola il pranzo e la cena nella stessa giornata.

Immagino che saranno molto soddisfatti i dipendenti della pubblica amministrazione che hanno votato Renzi perché gli ha messo la mancetta in busta paga e che adesso per bocca della Madia gli fa sapere che non ci sono i soldi per l’adeguamento dei loro stipendi che è fermo al 2010. Renzi poco più di due settimane fa, dopo averlo anticipato già lo scorso aprile, diceva che “il blocco salariale per i dipendenti pubblici è solo una chiacchiera estiva”.
Se Sciascia fosse ancora vivo probabilmente aumenterebbe di qualche unità le categorie in cui ha diviso l’umanità: ai mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà aggiungerebbe senz’altro i cazzari, i bugiardi per mestiere e tutti quelli che ancora oggi, in tempi ben lontani da quel giorno della civetta, si fanno fregare da persone come Renzi.
Quelli che dopo vent’anni di berlusconi non hanno saputo fiutare e intuire l’inganno e la truffa e prendere le opportune distanze dai bugiardi e cazzari per mestiere.

Servizi di stato

#PresaDiretta è ancora il primo hashtag di twitter insieme a #mortidistato.
A dimostrazione che la gente, anche quella in Rete, si interessa eccome alle cose importanti e trascura volentieri le scemenze di regime.
Basta fargliele sapere.

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Sottotitolo: A tutti quelli che scrivono che sulla Rete ci sono i “cattivi”

Dopo aver visto Presa Diretta di ieri risulta un po’ più complicato valutare come violenza quella scritta in Rete. 
Verrebbe da derubricarla a semplice cattivo gusto e maleducazione. 
E’ molto complicato restare coerenti in Italia. 
Saper dare la giusta considerazione alle cose. 
Ed è alquanto fastidioso leggere oggi i soliti professionisti della carta stampata, dell’informazione dare tanto spazio ad una cosa piuttosto che averla data a quelle che condizionano e complicano la vita reale di tanta gente. 
E che probabilmente, sicuramente, sono la causa di tanta aggressività.

E’ impossibile anche una discussione pacifica in famiglia ormai. 
Ma questo “loro” lo sanno, solo fa più comodo dare la colpa a Internet.
Con mio marito discuto più per la politica che per i fatti nostri.

Certi strilli che non ve li racconto.

Ma non glielo spieghiamo a Toni Jop dell’Unità e a Michele Serra che magari la Rete chiudesse adesso. Non capirebbero.

Singolare poi che quelli che dicono dal pulpito di ignorare e isolare i violenti siano poi gli stessi che corrono dietro ai giovanardi, alle santanchè che in quanto a pensieri violenti non hanno niente da invidiare all’ultimo utente diseredato dei social. Per non parlare delle dichiarazioni/affermazioni del delinquente latitante sui giudici, i cancri, i comunisti che vede solo lui e tutto il resto dell’orribile repertorio che vengono spalmate ovunque PROPRIO perché se ne parli. Ma chi vogliono prendere in giro? Cominciassero loro, giornalisti, opinionisti e intellettuali ad occuparsi delle cose importanti. Il resto poi, verrebbe da sé.

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Riccardo Iacona e Milena Gabanelli in un paese normale sarebbero il direttore e il presidente della Rai. E la gente il canone lo pagherebbe volentieri, invece di considerarlo la tassa più iniqua perché relativa al possesso di un oggetto e non ai contenuti di quell’oggetto.

Guardare Presa Diretta ieri sera mi ha provocato lo stesso dolore di quando ho visto Diaz, che benché sia un film riporta fedelmente i fatti accaduti nella notte degli orrori al G8 di Genova. 

Storie tragiche, di violenza gratuita che spaccano il cuore di tutti, meno però di quelli che avrebbero dovuto e devono restituire giustizia. Non è possibile che indossare una divisa da poliziotto in Italia significhi impunità certa. Tutti prescritti, prosciolti, indultati. Funzionari di stato che ammazzano e massacrano per la vita gente innocente e poi tornano tranquillamente ad indossare la divisa.

Fare il poliziotto e il carabiniere non deve essere l’ultima scelta dettata dalla disperazione di non avere alternative nella vita. Deve diventare una professione, chi sceglie di servire lo stato nelle forze dell’ordine deve avere tutti i requisiti adatti, essere ben pagato, controllato periodicamente e quando sbaglia pagare non come tutti, di meno o per niente ma di più. Proprio perché rappresenta lo stato in qualità di tutore della sicurezza dei cittadini.

I violenti non sono poche mele marce, qualche scheggia impazzita. Perché da una parte ci sono i violenti e dall’altra gli omertosi, e quando qualcuno di loro  ha il coraggio di denunciare paga lui, non il violento e l’omertoso che sapeva ed ha taciuto. Amnesty International ritiene l’Italia un paese “inadempiente” [da 24 anni!] perché non ha mai risposto all’esigenza di istituire il reato di tortura così come ha chiesto anche l’Europa. Ed è proprio per l’assenza di quel reato e grazie ai dispositivi straordinari come l’indulto che i processi che hanno riguardato i funzionari dello stato violenti, mandanti ed esecutori, non si sono conclusi con una sentenza adeguata. Nel paese delle “mele marce” e delle “schegge impazzite” i cittadini non possono avvalersi di un’opportuna tutela legale né ricevere giustizia quando l’assassino non è il maggiordomo ma lo stato.

Anche per quanto riguarda le forze dell’ordine violente un bel po’ di responsabilità ce l’ha, che lo dico a fare, l’informazione. 
In un paese dove la struttura portante, cioè lo stato, sa di avere sempre il fiato sul collo di chi vigila e rende pubblico quel che la gente deve sapere certi orrori non potrebbero succedere. 
Una trasmissione come Presa diretta di ieri sera lascia senza fiato perché qui non siamo abituati ad essere informati così, senza il filtro di quello che è opportuno che la gente non sappia. Invece la gente deve sapere, perché quelle sono cose che possono succedere a tutti. 
E la ministra Cancellieri che pensa ad istituire un nuovo reato per chi ammazza qualcuno quando è alla guida di un’automobile, quando penserà a dei nuovi reati, possibilmente veri e non virtuali, per la polizia violenta che ammazza e dopo non succede niente?

Omicidio colposo quello di chi uccide un ragazzino a calci in testa, sul torace fino a spaccargli il cuore? 
E come può essere normale un paese dove bisogna fare una guerra per riuscire a portare in tribunale degli assassini solo perché indossano una divisa da poliziotto o carabiniere? lo non so se ce l’avrei fatta, al posto di quelle madri, sorelle. No. E’ terribile. Impossibile che cose come quelle possano accadere in una democrazia occidentale.

Perché in quale paese democratico occidentale ad un assassino in divisa oltre a non vedersi mai applicare una sentenza anche quando è ridicola come quella che condanna degli assassini a tre anni e sei mesi – cifra con cui è stata quantificata la vita di Federico Aldrovandi, un ragazzo di diciotto anni – viene permesso di tornare al suo posto di lavoro come se non fosse successo niente? Questi sono argomenti dei quali un’informazione seria si dovrebbe occupare tutti i giorni, invece di star sempre lì a magnificare l’azione di chi arma le mani a degli assassini e poi permette che restino impuniti.

In un paese civile i cittadini hanno il diritto di potersi fidare dello stato e di chi lo rappresenta: da politico e da funzionario qual è un poliziotto. 
In un paese civile non dovrebbe esserci nessuna ragione per temere lo stato e i suoi funzionari. 
In Italia ce le abbiamo TUTTE.

Presa Diretta di ieri sera è un programma che va visto e rivisto, insieme ai figli; per dire ai figli di stare attenti quando escono non solo la sera ma sempre. Non attenti all’uomo “nero”, allo “zingaro” allo spauracchio che viene usato per terrorizzare i figli già da bambini ma all’uomo, e alla donna, in divisa. E mi auguro che anche Alfano e la Cancellieri lo abbiano visto.

Il vilipendio allo Stato e ai Magistrati, sì, ma le tette proprio no

Fotografare il voto in cabina elettorale non è una goliardata o un’azione da compatire perché chi la fa dimostra di possedere un QI intellettivo pari a quello di una tartaruga in letargo: è qualcosa per cui si può rischiare anche una denuncia, specialmente se i volponi che la fanno poi mettono la foto on line corredata di nome e cognome. 

Della serie: “mamma famme bello, ché a diventà stronzo ce penzo da me”

Provocazione:  se basta scoprire le tette per avere tutta questa attenzione da parte delle forze dell’ordine, le donne maltrattate e che dalle istituzioni preposte dovrebbero essere difese invece che ignorate forse hanno trovato un sistema. Quando i vostri uomini vi picchiano e vi maltrattano, non denunciateli, uscite per strada con le tette bene in vista. Sicuramente qualcuno si occuperà di voi.

I seni nudi delle Femen e l’ipocrisia dell’Italia

Da 30 anni su 5 reti vanno in onda riprese ginecologiche che, ci ricorda il Censis, non hanno uguali in alcun Paese europeo per povertà di contenuti e quantità. Ad ogni ora bambini e bambine guardano sederi, seni cosce ripresi come in un film porno. E dunque cosa ci indigna guardando i seni nudi delle Femen esposti nella loro verità e senza intenzione pruriginosa come nelle immagini tv? L’unica differenza è che in tv i corpi servono uno scopo mercantile.
Paese ipocrita il nostro, che ancora rimane ancorato ad una rappresentazione dei corpi peccaminosa, con la telecamera che funge da buco della serratura come nei b movies degli anni sessanta.

Agenti e violenza. Una richiesta al prossimo governo

 Dal 2008 le Femen compiono blitz in giro per il mondo usando il loro corpo (spesso giovane ed esteticamente apprezzabile) come strumento di lotta e denuncia politica. Scelgono luoghi simbolici per protestare contro la Chiesa e lo strapotere di Vladimir Putin in Russia, a favore dei diritti delle minoranze, donne e omosessuali compresi. Nell’opinione pubblica suscitano sentimenti contrastanti, ma mai, almeno in Italia si era arrivati a un livello di violenza così smaccato contro di loro. E per di più da parte degli uomini delle forze dell’ordine. Al massimo si era arrivati a qualche ombrellata, come nel caso dell’anziana signora impellicciata che in piazza San Pietro lo scorso 13 gennaio aveva brandito l’ombrello contro una biondissima Femen

[Il Fatto Quotidiano]

Le nostre forze dell’ordine non si smentiscono mai.
Tre uomini per fermare ragazzine  di quaranta chili armate solo delle loro tette e di una voce per gridare.
Evviva le Femen, che la protesta la scrivono sul loro corpo prim’ancora che esprimerla a parole.
Una donna il suo corpo lo può usare come vuole,  per reclamizzare  tubetti di silicone, orologi, profumi, chi per il sollazzo a pagamento di un vecchio pervertito e chi invece per dire che i vecchi pervertiti che usano il loro potere in modo anomalo, criminale, non le piacciono.
Io preferisco le seconde, ma sono strana, stranissima.
Ogni sistema di dissenso non violento mi va bene, anche se la Storia ci ha insegnato che spesso non sono stati sufficienti; se qualcuno prende a calci in bocca mio figlio, i miei cari, i miei amici, il mio paese non sono certo io quella che porge l’altra guancia.

Gli unici violenti sono stati, more solito, i cosiddetti tutori dell’ordine che hanno trattato le ragazze come fossero pericolosi kamikaze, e sempre per la consueta tradizione italica la critica alla fine è ricaduta sulle ragazze anziché su chi abusa abitualmente del suo potere.

Tutto come al solito, insomma.
E chissà mai i nostri solerti tutori del [dis]ordine non hanno preso provvedimenti analoghi a quelli adottati contro le pericolosissime Femen quando berlusconi praticamente solo qualche ora fa, ha violato fra le altre migliaia di cui si è fatto beffe sotto protezione dello stato nella sua prestigiosa carriera di “naturalmente preposto a delinquere” quelle leggi  che regolano il silenzio elettorale e il vilipendio agli organi istituzionali, nella fattispecie la Magistratura.
Non c’è  un solo  particolare di quel che ha costellato e contraddistinto la vita di questo abusivo della civiltà,  non c’è  una sola azione che abbia compiuto, una sola frase che abbia detto che non contenga il disprezzo, la violazione, il reato contro quella democrazia che purtroppo sta garantendo anche a lui un’impunità che non gli spetta, ma non c’è stato NESSUNO in tutti questi anni che lo abbia bloccato, perseguito penalmente e costretto a rispondere delle sue azioni davanti alla legge e a quel popolo che offende tutti i giorni per il solo fatto di esistere.
Tutti bravi,  invece, a chiedere il rispetto della legge in questo paese, a scandalizzarsi e indignarsi per un paio di tette scoperte volontariamente e gratis, soprattutto.

Questa scrutatrice deve essere una donna  strana come me, visto che non lo guarda nemmeno in faccia. E si capisce benissimo che nasconde il viso apposta, non è una gestualità normale, quella.

Forca Italia

Preambolo (che non c’entra niente col post): Due schiaffoni li meriterebbe anche chi ieri ha fatto circolare la notizia falsissima del figlio disabile di Delio Rossi che non c’è e non c’è mai stato. Io sono sempre favorevole al patentino per un uso consapevole della Rete. Bisognerebbe smetterla di usare il web ed ogni suo spazio come il cesso personale di chiunque ci voglia vomitare dentro tutto l’inutile, il futile, il volgare ma soprattutto il FALSO, perché così non si fa altro che prestare il fianco a chi vorrebbe controllare politicamente internet.
E controllo politico significa censura: chi non capisce questo dovrebbe limitarsi ad usare un computer per farci al massimo un solitario, o, come si faceva una volta, per masturbarsi davanti ad un sito porno; ché almeno questo non danneggia nessuno.

Sottotitolo: tutto è  “bene”, quel che  finisce “bene”.

Però ricordiamocele queste cose, perché ho la sensazione che succederanno ancora.
E ricordiamocele ogni volta che qualche eminenza, grigia e non, vuole farci credere che la colpa è della crisi e solo della crisi.
Perché quand’anche lo fosse, la crisi non si è autogenerata da se medesima. La crisi incombe, una crisi di cui non ha colpa, a quanto pare, nessuno ma che dobbiamo pagare (quasi) tutti.
Ma le colpe bisognerebbe darle a chi se le merita, non distribuirle a cascata su tutti.

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Dunque par di capire che la risoluzione della crisi non si possa in alcun modo umanizzare.
Siamo in regime di “o la borsa o la vita”.
E questo non ha niente a che fare con quell’equità di cui si è parlato tanto e a sproposito, e nemmeno con questa “giustizia” sempre forte coi deboli ma molto, molto selettiva coi potenti: Equitalia non usa gli stessi sistemi con gli evasori ‘eccellenti’, anzi, lo stato spesso e volentieri ha graziato i grandi ladri a dispetto di quanto non abbia fatto e stia facendo coi disperati. Ma un paese non è composto solo dai Dolce e Gabbana: ci sono anche tanti signori Martinelli che avrebbero diritto ad essere trattati con lo stesso rispetto e la stessa considerazione.
A me questo fa molta più paura di eventuali altri gesti di gente che non ha più niente da perdere.
E allora, siccome, come scrive  Gramellini  stamattina siamo in una condizione di emergenza nazionale bisogna scegliere da che parte stare: io ho già deciso.

Ed è singolare che in un momento così drammatico non si dia il giusto  risalto a certe notizie,  ad esempio a quella dell’ avvocato che ha rinunciato alla difesa di Equitalia perché disgustato dai metodi utilizzati per il recupero dei crediti.
Perché c’è una grande differenza, proprio dal punto di vista umano, fra chiedere il pagamento del dovuto e umiliare la gente, spogliarla di tutto fino a togliere la dignità perché i debiti vanno onorati costi quel che costi.
E quando uno stato pretende di più di quanto in realtà una persona possa e debba dare significa che c’è qualcosa che non funziona e che va rivista.

Ecco perché le piccinerie da giustizieri dell’impossibile, quelli che dicono che volenti o nolenti BISOGNA pagare, anche quando quel che lo stato chiede è molto più di quanto gli si debba le lascio ad altri; a quelli che poi dicono che Grillo fa demagogia perché dice, giustamente, che ci sono cose, come la casa, quando è la prima e unica, che devono entrare di diritto nella categoria delle cose intoccabili da chiunque.

Perché se qualcuno venisse a togliermi la mia, anch’io sarei disposta a prendere un  fucile.

Pulizia di Stato

L’onta delle promozioni assegnate ai responsabili della “più grave sospensione dei diritti democratici di un paese dal dopoguerra in poi” come fu giustamente definito da Amnesty International il massacro di Genova al G8 del luglio 2001  non potrà mai essere cancellata.

Guardare “Diaz” è stata una vera prova di forza fra me e le mie emozioni.
E penso che questa sia stata una delle pochissime occasioni in cui ho provato davvero una profonda vergogna per questo paese. Non c’è solo la gravità dei fatti accaduti, la morte di Carlo, c’è soprattutto quel marchio di infamia sulle conseguenze, per un fatto del genere si sarebbe dovuto fermare il mondo, e invece per la giustizia italiana non è successo praticamente niente.

Non penso sia giusto generalizzare, io non sono fra quelli che lo fanno, loro, le forze dell’ordine  però sì, lo hanno fatto, e più della violenza in sé è stata la violenza gratuita verso persone che non avevano nessuna colpa, anche se nulla avrebbe potuto giustificare un trattamento del genere.
Quel film dovrebbe essere inserito nei programmi scolastici delle scuole primarie e secondarie per insegnare a bambini e ragazzi come non si deve mai essere né diventare.
E non perdonerò mai Di Pietro per essersi opposto alla Commissione di inchiesta sui fatti di Genova.


Genoa-Siena, stadio Marassi
a porte chiuse per due turni

I compari del calcio

Fa piacere che il ministro Cancellieri abbia elogiato il comportamento delle forze dell’ordine a proposito dei fatti vergognosi accaduti allo stadio di Genova. Mi auguro che possa fare lo stesso anche quando, anziché fronteggiare un manipolo di delinquenti mascherati da tifosi di calcio le forze dell’ordine verranno chiamate a garantire la stessa sicurezza che è stata assicurata a loro anche a chi partecipa ad eventi ben più importanti di una partita di calcio.

Pulizia di Stato – Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano – 24 aprile

Gentile dottor Antonio Manganelli, come capo della Polizia lei avrà senz’altro visto il bellissimo film Diaz di Daniele Vicari che sta riscuotendo un buon successo di pubblico nelle sale.
L’ho visto anch’io assieme a mio figlio che — posso assicurarle — non è stato educato all’odio contro le forze dell’ordine. Anzi, personalmente ho sempre pensato e detto che, fino a prova contraria, le forze dell’ordine sono dalla parte del giusto.
Eppure, all’uscita dal cinema, mio figlio che ha 17 anni ha commentato: “Mi è venuta una gran voglia di prendermela con i poliziotti”.
Ho cercato di spiegargli che quel che accadde 11 anni fa al G8 di Genova è un unicum, tant’è che ancora se ne parla, al punto da farci un film.
Che non tutti i poliziotti sono come quelli ritratti da Vicari.
Anzi, la maggior parte prova per quelle scene (purtroppo reali, documentate da testimonianze e filmati e atti processuali) lo stesso orrore che proviamo noi.
E ogni giorno migliaia di agenti rischiano la pelle per un misero stipendio, catturando killer della mafia addirittura con le proprie auto, com’è accaduto ancora l’altro giorno in Calabria, visto che le volanti sono spesso senza benzina o arrugginiscono guaste nei garage per i continui tagli al bilancio dell’ordine pubblico.
Ma temo di non averlo convinto. E lo sa perché? Perché alla fine del film una scritta agghiacciante ricorda che decine di quegli agenti e dirigenti violenti e deviati sono stati condannati in primo e secondo grado per le mattanze alla Diaz e a Bolzaneto (a proposito: si spera che la Cassazione si sbrighi a giudicarli, per evitare che la facciano franca per la solita prescrizione), ma nessuno è stato rimosso dal corpo.
Qualcuno anzi ha fatto addirittura carriera.
Come Vincenzo Canterini che, dopo la condanna in primo grado a 4 anni per la Diaz, divenne questore e ufficiale di collegamento dell’Interpol a Bucarest.
O Michelangelo Fournier, quello che al processo parlò di “macelleria messicana”, che dopo la prima condanna a 4 anni e 2 mesi ascese al vertice della Direzione Centrale Antidroga.
O Alessandro Perugini, celebre per aver preso a calci in faccia un ragazzo di 15 anni, condannato in tribunale a 2 anni e 4 mesi per le sevizie di Bolzaneto e a 2 anni e 3 mesi per arresti illegali, e subito dopo promosso capo della Questura di Genova e poi dirigente di quella di Alessandria.
Molti di loro avrebbero subito sanzioni ancor più pesanti se l’Italia avesse recepito il reato di tortura, cosa che non avvenne per la strenua opposizione del Pdl e della Lega, guardacaso al governo nel 2001 e dunque responsabili politici e morali di quel che accadde. Nemmeno il dirigente che portò nella Diaz due molotov ritrovate altrove per giustificare ex post l’ignobile pestaggio di gente inerme fu cacciato dalla polizia.
E nemmeno quello che, come si vede nel film, si ferì da solo per simulare un corpo a corpo con i fantomatici “black bloc” che in quella
scuola, quella notte, non esistevano. Molti altri, nascosti sotto l’anonimato del casco, non sono stati identificati, dunque neppure processati. È difficile non pensare che gli agenti che si sono macchiati di violenze gratuite negli ultimi anni, per esempio in Val di Susa contro i No-Tav, possano essere gli stessi che la passarono liscia per i fatti di Genova, o altri loro emuli, incoraggiati dall’impunità generale. Lei, dottor Manganelli, 11 anni fa non era a Genova e non può essere ritenuto responsabile di quel che accadde. Ma oggi che la verità processuale è sotto gli occhi di tutti, validata dai due gradi di giudizio di merito (la Cassazione deve pronunciarsi solo sulla legittimità delle sentenze) e finalmente immortalata da un film (era già tutto nel documentario Bella ciao di Giusti, Torelli e Freccero, ma la Rai vergognosamente lo censurò), non può chiamarsi fuori. La prego, metta subito alla porta chi si macchiò di quei crimini orrendi.
Ci aiuti a credere ancora nella Polizia di Stato.