Pantaloni rosa e camicie nere

Il prefetto di Roma: “Camera e Senato saranno inviolabili”.

Fra Camera e Senato dunque nel Parlamento tutto intero trovano residenza un centinaio e forse più di pregiudicati per piccoli e grandi reati, alcuni con sentenze già passate in giudicato.
Altri in attesa di processo, altri indagati, altri prescritti perché era finito il tempo regolamentare e in qualche caso anche il reato.
Ripeto la domanda: dov’è il corto circuito se si vieta a dei normali cittadini, perlopiù onesti e con la fedina penale pulita di potersi avvicinare ai palazzi delle istituzioni anche e solo dall’esterno mentre i delinquenti veri, i corruttori, i corrotti, i conniventi con le mafie, i ladri sono dentro?

Sottotitolo: oggi è la giornata della colletta alimentare.
Alle compagnie delle opere, ai memores domini e alle comunioni e fatturazioni nemmeno un pacco di pasta coi vermi e un barattolo di fagioli scaduto.

Con quello che hanno rubato ci si potrebbero nutrire e sfamare i tre quarti dell’orbe terracqueo.

Preambolo: invece di monitare, indignarsi ed esprimere solidarietà pelosa e d’accatto all’Arcigay Napolitano dovrebbe ricordare ai suoi amatissimi parlamentari tradizionali che l’omofobia non è ancora un reato solo nei paesi retrogradi e incivili come il nostro.
Ed estendere il messaggio anche al suo pari grado in terra straniera al quale però è consentito di collaborare attivamente al regresso culturale e civile di questo sciagurato paese [nel presepe il bue e l’asinello non c’erano, chi mette il preservativo bestemmia contro dio e altre menate di questo spessore].
E magari spiegare perché non ha alzato un sopracciglio quando qualche settimana fa la legge è stata bocciata in parlamento.

L’ITALIA VIOLENTA SCANDALO D’EUROPA – Il Times di Londra: “Roma è la città più pericolosa”. Tutta la stampa inglese contro “il comportamento incredibile della polizia italiana” dopo l’assalto antisemita di Campo de’ Fiori. Polemica fra comunità ebraica e prefetto alla vigilia dei cortei contrapposti nella Capitale [Il Fatto Quotidiano]

Ecco, fatelo sapere alla versione in gonnella dell’ ex azzannapolpacci [di poliziotto] leghista, e anche al capo della polizia più pagato al mondo. Noi non vi paghiamo per farci fare figure di merda planetarie né per farci massacrare i figli a manganellate.

Pantaloni rosa e camicie nere – Rita Pani, 23 novembre

L’ho vista anche io una scritta su un muro, a caratteri di memoria fascista che diceva: “Froci nel forno”. La guardi e pensi alla portata della stupidità. Poi, mentre te ne stai seduta davanti a un carabiniere, col tuo avvocato accanto e alcune carte in mano, mentre le loro voci cantilenano diciture burocratiche cacofoniche e noiose, leggi il proclama sulla razza ariana che vorresti lanciare dalla finestra aperta, che guarda altre finestre aperte, come in un film di Kubrick.
 
Leggi ancora le farneticazioni di un ragazzo e ti domandi: “Chissà che vita ha avuto, cosa gli hanno raccontato. Chissà se ha letto questo o quello, se mai gli hanno raccontato il rumore che fanno le ossa che si rompono in un corpo troppo magro.”
 
Poi il carabiniere ti rivolge la domanda, posi le carte sopra il tavolo, e non hai alcuna smania di spiegare, di difenderti, di urlare. Perché le ragioni ormai ti sembrano rimbombare nella mente, senza più senso, ribadite per iscritto su pagine e pagine di carta virtuale, o durante gli interminabili percorsi della vita, camminati con diverse compagnie fatte di gente di mille colori e di mille pensieri. Tutte cose già dette, tutte cose già lette. Sempre le stesse a ripercorrere una storia che seppellimmo troppo in superficie e riesumata quando si è reso necessario, rigettarci all’inferno.
 
Oggi piangiamo un bambino che ha preferito morire, immagino perché troppo brutto il futuro che riusciva a immaginare, vivendo in questo presente. Piangiamo lacrime sperando che queste possano restituirci alla nostra umanità, cercando fortemente un colpevole per l’assurdità di una morte, che possa in qualche modo assolverci, e condanniamo a pagare un’intera generazione di studenti o compagni di scuola nel quale si può trovare un capro espiatorio che ci lasci liberi nel dolore.
 
Lo piango anche io, e lo piango a modo mio, con l’amarezza che mi porto dentro da giorni e che non riesco a lasciar andare. Lo piango, pensando che forse non ho fatto abbastanza, che forse questo mio cocciuto modo di strillare la scomodità della realtà è stato inutile. Non piango la sua morte, ma piango la sua vita di bambino domandandomi quale sia stato il terrore che deve aver provato del domani, per scegliere di non arrivarci mai. Non mi importa di sapere quanto crudele può essere un ragazzo, semmai mi domando dove fossero quei genitori che non hanno avuto modo di accorgersi come si stavano costruendo i loro figli.
 
Piangere per una vita è puro esercizio di stile, se non ci rendiamo disponibili a salvare la prossima. Rifugiarci nell’assurdità di un fatto è solo alimento per la nostra buona coscienza, se renderemo possibile il prossimo nefasto accadimento.
 
Un bambino è stato ucciso da tutti coloro che non hanno avuto il tempo, che si son girati dall’altra parte, che hanno pensato bene di non iniziare nemmeno a combattere una lotta impari contro il sistema, contro l’ignoranza, contro il Golia che è questo nuovo fascismo lasciato libero di emergere e radicarsi ancora nel letto di miseria culturale appositamente creato per tenerci tutti al giogo, sottomessi e impotenti. Un bambino è stato ucciso dalla solitudine che si prova, quando ci si ostina ad alzare la testa, e si vede che tutto intorno il mondo è a capo chino.
 
Possiamo metterci i pantaloni rosa tutti i giorni, e tutti i giorni mostrarcene fieri e orgogliosi, ma non servirà a nulla, se non strapperemo le camicie nere.
 
Rita Pani (APOLIDE)

Foreign affairs (e non solo)

 

Son proprio forti gli americani…spostano l’Air Force One per una gitarella di tre ore.

Obama promette giustizia ai familiari delle vittime di Denver.

Però la legge sul possesso scellerato e indiscriminato di armi no, quella non si cambia. Nel frattempo le stesse persone che non vogliono l’abolizione di quell’abominio sono le stesse che poi organizzano fiaccolate di cordoglio ad ogni strage “della follia”. L’apoteosi dell’ipocrisia.

Come dice il mio amico Gianni, un paese che organizza party alle esecuzioni capitali, spara a chi getta una cicca, cura solo i ricchi non lo fa solo per selvaggi spiriti giovanili.
E se i 2/3 della popolazione americana non vogliono l’abolizione del permesso di uccidere allora ci facessero la cortesia di ammazzarsi quanto e quando vogliono ma in silenzio, possibilmente.

Ibrahimovich, a quanto pare, guadagnerà 90 volte di più del presidente Hollande e 1000 più di un lavoratore a stipendio/salario normale. Possibile che il calcio rincoglionisca così tanto un po’ ovunque? L’Europa qui non dice niente, chessò, una regoletta, un tetto, niente?
I soldi sono dello sceicco? non importa, lo sceicco si adegui alle regole di un occidente in crisi economica se vuole, altrimenti restasse a fare lo spiritoso a casa sua.  Certi compensi sono eticamente immorali, di questi tempi.

  Io sono sempre favorevole ad un tariffario: quanto guadagna un professionista, medico, avvocato eccetera? ecco, lo stipendio base deve essere quello anche per un calciatore, poi se va a guadagnarsi altro coi marchi, la pubblicità sono fatti suoi, se ci paga le tasse,  fermo restando che il calciatore, l’attricetta, il bonazzo  fanno lievitare i costi dei prodotti che reclamizzano  e dunque alla fine hanno un costo che ricade sulla collettività.

TUTTO ha dei costi che ricadono sulla collettività.

berlusconi disse, a proposito di Nesta, che era immorale spendere tanti soldi per un calciatore solo però, lo disse quando l’aveva già comprato.

Spero che tutti si ricordino del caso Lentini, quello fu il principio della fine del calcio.
Lo sceicco si adegua alle regole europee e noi qui potremmo impedire con leggi serie – tipo quella sul conflitto di interessi – che un presidente del consiglio sia anche il proprietario di squadre di calcio.
Ma più che altro viceversa in  modo tale che una cosa non interferisca con altre che non c’entrano niente.
Leggevo che lo stesso sceicco ha acquistato l’intera ‘maison’ di Valentino per la modica cifra di 700 (settecento) milioni di euro. L’alta moda  di Valentino non è alla portata di tutti, ma chi ha tanti soldi da buttare in abiti che costano anche qualche migliaio di euro forse li investirebbe più volentieri per acquistare prodotti prestigiosi italiani piuttosto che per far  arricchire lo sceicco del Qatar.

***

Le sentenze del G8 e di Federico hanno fatto scuola, sono state educative per tutti: maroni si è subito preoccupato di consigliare il governo di avere la mano più dura coi manifestanti NOTAV, lui se non ci scappa il morto non si diverte.

Da Aldrovandi alla Diaz: una firma contro la tortura

 

***

I dispetti alla Merkel glieli sappiamo fare solo in uno stadio e su un circuito di Formula uno…peccato che in altre e ben più importanti sedi non ci riesce nessuno, nemmeno Cybermario.

Un paese dove i lavoratori dipendenti, quelli che le tasse le pagano tutte e in anticipo, visto che gli vengono sottratte direttamente in busta paga e che in dodici anni hanno ricevuto, udite udite, ben 29 euro di aumenti complessivi è un paese morto.

Nel 2000 gli operai stavano meglio di oggi.

Questo dovrebbe significare qualcosa;  gli adeguamenti ci sono stati solo sulle grandi cifre, e cioè un parlamentare che prima guadagnava 16 milioni al mese (di base) oggi guadagna 16.000 euro e non è la stessa cosa, un operaio e un impiegato che guadagnavano un milione e duecentomila lire al mese oggi NON guadagnano 2400 euro ma 1200 euro, e non è la stessa cosa.

Hollande attua politiche di sinistra, al confronto di Bersani pare Che Guevara e lo spread scende, qui con le famose politiche del rigore e dei sacrifici (a senso unico, quello dei lavoratori) lo spread è tornato ai bei tempi di quando c’era lui, e allora a cosa è servito il massacro sociale non lo sappiamo, e nessuno ce lo spiega.
Finché non si capirà che la ripresa può avvenire soltanto attuando una politica di redistribuzione delle risorse non ne usciamo.

Gli imprenditori vogliono il rinforzino dallo stato ma poi se quello che producono la gente non lo può comprare a che serve dare sempre e tutto a loro e niente a noi?

Qual è il senso  di impoverire chi già faceva fatica prima, sempre,  e lasciare tutto in mano ai pochi e ignobili soliti noti?

E Monti ha pure il coraggio di citare De Gasperi, lui che ha già annullato anche le generazioni che devono ancora nascere?

 

Combattenti antimafia

Sottotitolo: Falcone? Un comico, un guitto, che può gareggiare coi comici del sabato sera. Uno che sciorina sentenze in tivù ma fa parte del carrozzone televisivo.
[Sandro Viola, Repubblica, 9 gennaio 1992]
Lo stesso quotidiano oggi mette in edicola un commosso tributo in DVD al prezzo di 12,90 Euro.

Sandro Viola, autore dell’articolo, non è mai stato rimosso dal suo incarico di editorialista di Repubblica. Ad essere rimosso, invece, incredibile coincidenza, è l’articolo. Se cercate sul sito de la Repubblica potete facilmente notare che è recuperabile ogni articolo tranne quello del 9 gennaio. Fortunatamente ci pensa il Popolo della Rete e se su google inserite le parole “Falcone 9 gennaio 1992 la Repubblica” troverete facilmente che molti siti e associazioni contro la mafia, riportano quell’articolo.
(Grazie ad Aldo Vincent)

Monti: “Verità è unica ragione di

Stato”

Vent’anni fa la strage di Capaci. Da tempo dicevano di Falcone che fosse un “morto che cammina”. Aveva portato un vento nuovo dopo gli assassini di Terranova, Costa e Chinnici. Istruì il più grande processo alla mafia che si ricordi. Obbligò il mondo a decidere da che parte stare. Poi arrivarono i morti e le stragi (leggi l’articolo di Nando Dalla Chiesa). Oggi come allora, le inchieste sulla mafia sono una questione di metodo. Il metodo di Falcone, l’idea del famoso “pool”, invenzione che attinge direttamente dalla lotta alle Br (leggi l’articolo di Marco Travaglio).

Oggi Palermo ricorda Falcone e il suo sacrificio. E il premier pronuncia parole che, nel pieno delle indagini sulla trattativa tra Stato e mafia, sembrano non essere casuali: “Non c’è ragione di Stato che possa impedire la ricerca della verità”.

Oggi Google lo avremmo preferito così. Visto che i solerti e solitamente fantasiosi e creativi grafici del motore di ricerca non ci hanno pensato, ce lo siamo fatto da soli.

                                     Vogliono combattere la mafia, le mafie,  e non riescono a mettersi d’accordo su una fottutissima legge anticorruzione; una legge che esiste e viene fatta rispettare in ogni democrazia degna di questo nome. E che fra l’altro l’Europa ci sta chiedendo da oltre dieci anni: è stato più facile ridurre i tre quarti degli italiani sul lastrico in due settimane  che fare una legge civile e necessaria, nel paese più corrotto del mondo, evidentemente.

I combattenti antimafia sono quelli che poi quando devono decidere se un mafioso prestato alla politica deve andare in carcere votano compattamente per il no. Quelli che commemorano Falcone, Borsellino e tutti i morti di stato ma salvano Cosentino.
Quelli che parlano di berlusconi e andreotti definendoli statisti. Quelli che festeggiano le prescrizioni come fossero assoluzioni, solo in questo paese è possibile essere mafiosi da un certo periodo a un altro, né un attimo prima né uno dopo.
Sono anni che lo dico: quando fra due secoli o tre  qualcuno tornerà per sbaglio a leggere la storia di questa Italia sciagurata non  so che penserà, se si chiederà come è stato possibile che certe cose siano esistite davvero, che siano accadute sul serio.

Dalla maggioranza della gente di questo paese so di non potermi aspettare niente.

Gente che si è fatta infatuare dalle chiacchiere di un venditore di pelli di serpente disonesto e cialtrone non la vorrei nemmeno per vicina di casa.
Dalla politica però sì, mi sarei aspettata anche dei gesti simbolici che avessero messo un punto fermo su una prescrizione per mafia, sulle condanne, per mafia, dell’utri è ancora senatore, andreotti è senatore a vita, berlusconi è ancora cavaliere.
Per dire.
O ci mettiamo in testa tutti quanti che la politica deve essere migliore dei cittadini che governa o non ne usciamo.

A me questo fatto che ce li meritiamo, che rispecchiano il paese non va giù, perché anche se ci fossero dieci, cento mille cittadini migliori di certi politici – ma sono molti di più –  hanno il diritto di non essere paragonati e accomunati a gentaglia che sta in parlamento non si sa bene per quali meriti.

Ed ecco spiegato tutto il veleno per il movimento dei cinque stelle, perché queste persone stanno entrando in parlamento senza chiedere permesso.
Un ‘permesso’ per fare politica che spesso si traduce in tutto quello che sappiamo, e anche, anzi soprattutto e specialmente in certe zone,  nelle collusioni e connivenze con le mafie.

L’esercizio del male non necessita di gente dotata di particolari qualità: durante il nazismo ad esempio bastarono dei semplici burocrati, funzionari, medici di famiglia, come fu per la strage di Ausmerzen, che si resero complici dello sterminio dei disabili nell’indifferenza pressoché totale della gente.
Gli esecutori del male sono e sono stati dunque sempre persone normali, insospettabili, con buona pace della teoria lombrosiana che li voleva brutti, storti e fatti male.
L’olocausto è stato un orrore dell’uomo moderno che è potuto accadere anche grazie all’indifferenza, alla noncuranza, all’individualismo e all’egoismo.
Allo stesso modo la mafia è potuta proliferare soprattutto grazie all’indifferenza, alla noncuranza, all’individualismo e all’egoismo.
Se Falcone,  Borsellino, e tutti gli altri morti di mafia fossero stati meno soli, appoggiati, sostenuti, PROTETTI da chi aveva il dovere di farlo forse oggi parleremmo di un 23 maggio che sembra novembre e non avremmo nulla da ricordare e commemorare.

In un paese normale (reloaded)

In un paese normale una persona che avesse lo stesso curriculum penale/giudiziario di  berlusconi sarebbe a marcire in una galera da almeno vent’anni, dimenticato da tutti, e quei pochi che si ricorderebbero di lui lo farebbero con un moto di repulsione, orrore, schifo, chiedendosi ogni giorno come è stato possibile permettere ad un uomo solo di stravolgere e deformare un paese a sua immagine e somiglianza e a chi è convenuto tutto questo; orrore, repulsione e schifo nei suoi confronti e verso tutta quella gente che MAI si è opposta seriamente e per il bene dello stato alle azioni di un delinquente, un impostore, un abusivo della politica, dopo, quando avrebbe dovuto come minimo tentare di porre rimedio al danno compiuto, evitabilissimo se si fossero rispettate le leggi che c’erano, né,  prima, quando non gli ha impedito di poter occupare un posto che non gli spettava per legge, anzi lo ha favorito confezionandone una, la bicamerale,  su misura per lui:  la prima di una lunga serie.
Un’azione politica forte seria che in Italia non c’è mai stata e che sarebbe bastato suggellare con una semplicissima legge sul conflitto di interessi ma che però non è mai interessato a nessuno fare probabilmente, anzi sicuramente perché più che i conflitti sono gl’interessi a riguardare un po’ tutta la politica e la dirigenza “alta” di questo paese: non solo berlusconi.
L’antipolitica più feroce la fa Napolitano quando difende partiti  che dovrebbero essere chiusi per manifesta indegnità e i suoi rappresentanti  cacciati e processati per alto tradimento: basta pensare ai 314 parlamentari capitanati dal molto onorevole Paniz che giurarono in Parlamento, dunque in nome del popolo italiano,  che Ruby era la nipote di Mubarak;  l’ha fatta Monti – sempre col beneplacito di Napolitano,  nominando Gianni De Gennaro sottosegretario nonostante il suo fardello di responsabilità circa “la più grave sospensione della democrazia di un paese dal dopoguerra in poi (i massacri del G8 di Genova)”  che non si è certamente alleggerito con la sua assoluzione; la fa la Cancellieri accusando nientemeno che di terrorismo (salvo poi rimangiarsi la parola) un movimento di gente non violenta e perbene come  i NOTAV che sta solo difendendo il suo diritto a non veder usurpata la sua terra e di conseguenza se medesima;  e l’ha fatta il procuratore antimafia Grasso elevando berlusconi a uomo di stato,  meritevole addirittura di un premio speciale, uno che mai come altri, più di tutti, invece, è sempre stato CONTRO lo stato, apertamente, senza pudore, vantandosene, anche,  e in modo indecente.
Vergogne senza fine.
E sono tutte italiane.

Tu dai una poltrona a me
 Marco Travaglio – 15 maggio

La proposta di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, di premiare Berlusconi “per la lotta alla mafia” ha scatenato le più svariate illazioni su un suo prossimo ingresso in politica: chi dice come aspirante presidente della Regione Sicilia al posto di Raffaele Lombardo, inquisito per mafia; chi come candidato del “patito dei tecnici” di Passera, Montezemolo e Casini. Voci alimentate anche dalla sua rinuncia alla Procura di Roma, da un accenno di Gasparri alla sua “prossima campagna elettorale” e da una frase dello stesso Grasso su La Stampa di ieri (“anch’io ho il mio progetto, nel 2013 scade il mio incarico”). Ma, al momento, sono solo processi alle intenzioni.

Ciò che stupisce è che, per spiegare la sorprendente uscita di
Grasso pro B. (sorprendente persino per B.), ci si concentri sul suo eventuale futuro anziché sul suo sicuro passato. Nel 2005 Grasso diventa superprocuratore nel concorso più controverso della storia giudiziaria italiana: quello bandito dal Csm nell’ottobre 2004 per sostituire Piero Luigi Vigna, che scade nel gennaio 2005. Candidati favoriti: Caselli, più anziano, e Grasso. Il 1° dicembre la Banda B. approva il nuovo ordinamento giudiziario Castelli, con due strani codicilli: uno proroga Vigna “sino al compimento dei 72 anni di età” (cioè fino al 1° agosto 2005); l’altro taglia fuori dagli incarichi
direttivi i magistrati con più di 66 anni. Che senso hanno? La risposta è nella carta d’identità di Caselli, che compirà 66 anni il 9 maggio 2005.
Se Vigna lascia alla scadenza naturale, Caselli non ha ancora 66 anni.  Se Vigna viene prorogato, Caselli è fuori gioco e l’altro pretendente, Grasso, ha partita vinta.

Insomma i giochi per Grasso sembrano fatti.

Ma il 16 dicembre Ciampi respinge la Castelli perché incostituzionale. Caselli rientra in partita. Ma la prospettiva che torni a occuparsi di mafia turba i sonni dei berluscones, noti partigiani antimafia. Così il 30 dicembre, mentre gli italiani preparano il cenone di Capodanno, il governo infila nel decreto Milleproroghe tre righe che prorogano Vigna, affogate in una giungla di norme sulla Croce Rossa, l’autotrasporto merci e gli spettacoli circensi. Seconda norma ad personam, anzi contro Caselli. Mille magistrati si appellano a Vigna perché si dimetta subito, impedendo al governo di interferire in una nomina che spetta solo al Csm.
Ma Vigna non ci sente. Alla Camera però, in sede di conversione del decreto, le assenze nel centrodestra regalano all’opposizione un’occasione d’oro per approvare un emendamento Ds che spazza via la norma-vergogna. Ma Rifondazione si astiene e l’emendamento viene respinto: il solito soccorso rosso ai berluscones. Però per eliminare Caselli occorre approvare la Castelli-bis che impone il limite di età a 66 anni: una legge delega che va a rilento ed entrerà in vigore solo con i decreti attuativi. Intanto il Csm potrebbe nominare Caselli con le vecchie regole. Ma ecco pronto un emendamento di Luigi Bobbio, magistrato eletto in An, che prevede l’immediata entrata in vigore dei nuovi limiti di età. “Certo — confessa spudorato Bobbio — l’emendamento serve a escludere Caselli: non merita la Superprocura”.
È la terza norma anti-Caselli, ma soprattutto pro-Grasso. Viene
approvata a fine luglio e firmata da Ciampi: Caselli è
definitivamente fuori gioco. Il Csm denuncia l’incostituzionalità della norma, ma non può che ratificare la nomina del candidato superstite: Grasso, primo procuratore della storia repubblicana nominato da un governo (e che governo). Lui però non ci pensa neppure a ritirarsi dal concorso truccato. Nel 2007 la Consulta dichiarerà incostituzionale la norma anti-Caselli. Tra i primi a felicitarsene — con appena due anni di ritardo — sarà proprio Grasso: “Sono contento, è una legge che non ho condiviso”. L’ha semplicemente usata. All’epoca qualche ingenuo si domandò perché mai B. preferisse Grasso a Caselli?
La risposta, forse, è appena arrivata.

Quello che (non) ho: Marco Travaglio e Gad Lerner sulla politica italiana (14/05/12)

 

Il paradigma

Sottotitolo: Adesso anche al comune di Salemi sanno quello che penso di Sgarbi.
Bene, anzi, benissimo. Tutt’al più posso rimetterci un altro blog, ma vuoi mettere la soddisfazione?

Il ministero dell’Interno: “Responsabilità di Sgarbi nell’infiltrazione mafiosa a Salemi”

La relazione sullo scioglimento del comune siciliano, firmata dal ministro Cancellieri, accusa il critico-politico: “Non ha arginato le interferenze dell’onorevole Giammarinaro”, già sorvegliato speciale. Sottolineati i “vincoli criminali” del vicesindaco Favuzza. E l’amministrazione del polemista televisivo faceva soltanto “antimafia di facciata” (Il Fatto Quotidiano)

Sgarbi è uno che sta alla cultura  come Fede al giornalismo.
In un paese normale uno come lui verrebbe usato come paradigma per tutto quel che una persona non dovrebbe mai essere né diventare.
Qui invece, grazie a gente a cui io non darei la licenza elementare e quindi figuriamoci il diritto di voto ha potuto spacciarsi per decenni come uno che la sa lunga su arte, cultura, politica.
Mentre invece è solo uno che ha collezionato più condanne che figure di merda: diffamazione, assenteismo e produzione di documenti falsi, ingiurie, una in via definitiva per truffa aggravata allo stato;  che altro ci voleva per convincere i siciliani di Salemi che uno così non va votato?
Un truffatore seriale nato a Ferrara perché mai dovrebbe poter fare il sindaco in Sicilia?
Se non ci fossero stati berlusconi, le sue tv, Maurizio Costanzo (tessera P2 1819) che lo ha sdoganato come opinionista e critico d’arte autorevole e quindi degno di una ribalta pubblica Sgarbi avrebbe fatto la fame, non sarebbe mai potuto diventare ciò che è, e invece è uno che continueremo a mantenere vita natural durante,  uno che va in giro con una scorta pagata dagl’italiani non per proteggere gl’italiani da lui ma per il motivo contrario.

Bisognerebbe ricordarselo ogni volta che qualcuno ci vuole convincere – come moltissimi hanno fatto fin’ora –  che le televisioni non hanno avuto nessun potere sugli orientamenti della gente, non hanno condizionato il percorso storico e politico italiano di questi ultimi vent’anni, non sono state la causa dello stravolgimento etico e morale di questo paese.

Di interni ed esterni (non sono complementi d’arredo, purtroppo)

Sottotitolo:  La domanda è “Pisapia lo sa?” e se lo sa perché non interviene?
Bastano cinque minuti per risolvere questa faccenda. Non c’è bisogno di nessuna riforma condivisa né dello stravolgimento della Costituzione; basterebbe che il sindaco chiedesse immediatamente spiegazioni ai responsabili, a chi ha rilasciato questi “permessi” e perché. E un secondo dopo facesse carta straccia di questo provvedimento ( io lo farei anche coi contratti di lavoro dei suddetti responsabili, ma solo perché sono moderata, ecco). Non sono solo le grandi cose a fare la civiltà, ma sono proprio le tante “piccole” inciviltà quotidiane a fare di questo paese una burletta internazionale, a prescindere da chi lo rappresenta.

 Milano, pass facili per utenti “vip”in corsia preferenziale

Sottotitolo 2:  Chissà perché Veltroni non interrogava (né SI interrogava) quando era sindaco di Roma. Un benefattore è un benefattore, e chi se ne frega da dove arrivano quei soldi.  I familiari non si opporrebbero ad un eventuale spostamento della tomba di codesto galantuomo: uno che per trovare spazio fra santi e papi deve aver fatto nella sua vita cose indubbiamente migliori. Il metro di giudizio della chiesa cattolica è: “fuori Piergiorgio Welby e dentro Pinochet e Renatino De Pedis”.

Questo, ci ha detto la chiesa.

E questo dovrebbe bastare e avanzare per disertare in massa chiesa e religione cattolica.

Chi era Enrico, detto “Renatino” De Pedis

Cancellieri: “Il permesso di seppellire De Pedis in S. Apollinare? Arrivò dalla Cei”
Il ministro dell’Interno risponde con una lettera all’interrogazione di Walter Veltroni che chiedeva conto della sepoltura del capo della banda della Magliana nella basilica. “Fu il cardinal Poletti a firmare l’autorizzazione”. I nuovi documenti trasmessi all’autorità giudiziaria. L’avvocato della famiglia del boss della Magliana: “I familiari non si opporrebbero a un eventuale spostamento della tomba”

La propaganda spicciola, d’accatto, non è mai una buona cosa, nemmeno quella tesa ad esaltare capacità e bravura che, se fossero realmente tali non avrebbero bisogno della scia di bava (giornalistica) che insegue il governo di Monti da quasi cinque mesi. Scrivere una cazzata, una cosa non vera sui giornali nell’era di internet è quanto di più patetico possa fare un professionista dell’informazione che sa perfettamente che c’è chi lo smentirà un quarto d’ora dopo e coi fatti, non con chiacchiere inventate per fare il gioco di chi comanda. Quando una cosa è davvero ben fatta non ha bisogno di chi la descrive in ogni modo possibile e, nel frattempo, tagliuzza, omette e tace su quello che, invece, non è bello né buono, e nemmeno di chi in tutto questo tempo ha pensato  di farci credere che Cristo sia morto davvero di freddo.

Che meglio di così non si poteva né si potrebbe fare.

Un giornale, dei giornalisti non sono bravi quando accomodano, aggiustano, e, peggio ancora, tacciono o inventano, specie poi se sono gli stessi giornali (e giornalisti) che per mesi, anni, hanno imbastito vere e proprie campagne mediatiche contro berlusconi, la qual cosa, intendiamoci, andava fatta perché berlusconi doveva essere controllato a vista, ma serietà e coerenza  vorrebbero che lo stesso rigore, la stessa attenzione venissero rivolti nei confronti di chiunque sieda ai posti di comando.

Anche se si chiama Mario Monti, ché di intoccabili in questo paese non se ne può davvero più.

Obamonti
 Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 1 aprile

Passano i giorni, ma il giallo dell’elogio di Obama a Monti sul finire del summit mondiale di Seul sulla sicurezza nucleare non accenna a trovare soluzione. In un vortice di indiscrezioni, dichiarazioni, precisazioni, puntualizzazioni, smentite, conferme, rettifiche dell’ampio staff del premier italiano, aggravate dal fuso orario e dal jet lag, due sole cose sono certe: il panegirico non è avvenuto nel discorso ufficiale del presidente Usa, come invece hanno scritto l’Ansa, il Corriere, Repubblica e altri giornali imbeccati dai portavoce di Palazzo Chigi; e sul sito della Casa Bianca le lodi sperticate dal Presidente all'”italian prime minister” non risultano, né in video né in testo.

Non un accenno all’italian, né al prime, né al minister. E neppure sui siti degli oltre 50 governi presenti al vertice. Se Obama ha elogiato il Professore, l’ha fatto all’insaputa degli americani, dell’intero pianeta e forse anche di se stesso.

Eppure i portavoce del premier, dalla mitica Betty Olivi all’ambasciatore Pasquale Terracciano, consigliere diplomatico, giurano che l’elogio c’è stato eccome: il Prof, proprio in quel momento impegnato dietro una tenda in una decisiva telefonata con Cicchitto che l’aveva strappato al tavolo dei relatori, ne ha appresa l’esistenza addirittura “dall’Interpol”.
“È la prova che non ho mangiato funghi allucinogeni”, aggiunge Terracciano, corso al salvamento della Olivi che si stava intorcinando in spiegazioni lambiccate, ai limiti del paranormale (“forse ci siamo fatti prendere dal troppo entusiasmo… nei video del discorso di Obama non si possono vedere tutte le parole”). Dunque il video sarebbe attendibile, ma si riferirebbe al discorso ufficiale, mentre poi Obama ne avrebbe tenuto un altro, a telecamere spente: “Un intervento a braccio, breve, un minuto e mezzo non di più”, sollecitato dal presidente coreano Lee che gli avrebbe chiesto il bis. Come ai matrimoni o alle feste di compleanno: “Di-scor-so! Di-scor-so!”. Ed è lì, nel simpatico bis conviviale, che Obama avrebbe citato estasiato “the italian prime minister”. E perché mai proprio e solo lui, su 50 presenti? “Per la sua politica dei piccoli passi”. Gli altri 49 statisti, infatti, attuano notoriamente la politica dei lunghi passi, mentre l’unico che i passi li fa piccoli è il nostro. Obama, quando gli ha parlato a quattr’occhi, s’è fatta illustrare per filo e per segno la sua politica, poi s’è battuto ripetutamente il palmo della mano sulla fronte: “Ecco dove sbagliamo, noi del resto del mondo! Continuiamo a fare i passi lunghi! Meno male che sei arrivato tu, con i piccoli passi! Ora esco di qua e ti cito. Così tutti gli altri imparano. Ma lo dico alla fine, parlando a braccio, un minuto e mezzo non di più”. Il peana ai piccoli passi montiani è divenuto così il clou del vertice mondiale: dovevate vederli gli altri 49 che prendevano appunti e chiamavano frenetici i rispettivi paesi per impartire disposizioni urgenti: “Ragazzi, d’ora in poi solo piccoli passi: l’ha detto Monti a Obama”. Resta da capire perché nessun sito o giornale mondiale si sia accorto della cosa. Varie ipotesi.

1) Obama ha sussurrato l’elogio all’orecchio dell’ambasciatore italiano, che gli sta simpatico, senza farsi sentire dagli altri.
2) Obama parlava dei Monthy Pyton, ma lo staff di Monti ha capito “Monti”.
3) Obama ha inviato un sms sul cellulare di Monti, ma ha sbagliato numero e il messaggio è arrivato all’Interpol.
4) Obama stava parlando con la sua pedicure di un durone al piede cagionato da una camminata in alta montagna: la callista ha suggerito di scalare i monti con piccoli passi e così è nato l’equivoco.
 5) C’è un sosia di Obama che si diverte a incasinare i vertici mondiali, seminando elogi a questo e a quello con frasi sconnesse, tipo “piccoli passi”: è lo stesso burlone che, travestito da Emilio Fede, avrebbe portato in Svizzera 2,5 milioni in una valigia spacciandosi per lui e facendogli perdere la direzione del Tg4.