Quella porta va chiusa

portaaporta5apSe do le mie chiavi di casa a qualcuno lo faccio con la consapevolezza che la mia casa verrà frequentata dal qualcuno che potrà usare i miei servizi igienici, la mia biancheria, dormire nel mio letto.
La stessa cosa fa Bruno ‪‎Vespa‬ con la Rai‬: siccome da dipendente è diventato il padrone, anzi uno dei padroni, sa che può fare quello che gli pare col servizio pubblico dei contribuenti, costretti a pagare una tassa non solo per finanziare la propaganda a tutti i regimi ma anche per dare a Vespa la possibilità di invitare nel porcilaio più sontuoso della televisione di stato i figli di Casamonica e quello di Riina‬.

Enzo Biagi, che era un giornalista vero, intervistò Liggio, Cutolo e Buscetta ma fu lui ad andare da loro, non li invitò in uno studio della Rai.
Dopo il revisionismo della storia, la ripulitura del fascismo attraverso film e fiction che non raccontano tutta la verità, nella Rai del nuovo corso renziano va in onda, grazie a Bruno Vespa, alla sua egemonia conquistata nella tivù di stato per la sua abilità e predisposizione nell’essere servo di tutti i padroni che lo ripagano generosamente la riabilitazione mediatica e sociale della mafia, si fa dire al figlio del capomafia mandante di stragi, a sua volta mafioso, già condannato e impedito a tornare a vivere nella sua terra che “non è d’accordo con l’arresto di suo padre”, che un padre così gli ha insegnato i valori del rispetto.
Mattarella, che ha avuto un fratello ammazzato dalla mafia nemmeno stavolta pensa di dover dire qualcosa?
A ristabilire la par condicio fra stato e mafia basterà la puntata “riparatrice?”

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Vespa, vietato ai minori di 18 anni

 

Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro sono stati cacciati dalla Rai su richiesta di un delinquente seriale più che amico della mafia per aver fatto un “uso criminoso” del servizio pubblico della Rai: giornalisti, attori, comici sono stati interdetti dalla tivù di stato per aver fatto semplicemente il loro lavoro, chi di cronaca, chi di satira che ridicolizza il potere.
Molte trasmissioni sono state chiuse perché non gradite al potere, Raiot di Sabina Guzzanti addirittura dopo la prima puntata perché raccontava nel dettaglio l’abominevole conflitto di interessi di berlusconi e l’allora presidente di garanzia Annunziata non mosse un dito per impedirlo.
Solo poche settimane fa Presa Diretta di Riccardo Iacona ha subito la censura della seconda, quasi terza serata perché si occupava di educazione sentimentale e sessuale utile a contrastare il bullismo nelle scuole.
Bruno Vespa utilizza il servizio pubblico della Rai non solo per mera propaganda alla politica che poi lo ripaga per interposti presidenti del consiglio che vanno a presentare i suoi libri come se fosse un Dante Alighieri dei giorni nostri, ma anche per intervistare figli e parenti Casamonica che non è una famiglia di filantropi benefattori, scienziati e letterati ma un’associazione criminale che opera nel Lazio e non solo e per far promuovere un libro di esaltazione della famiglia mafiosa al diretto erede del boss.
Nel mezzo c’è l’indimenticabile ospitata al padre di un assassino, i vari plastici, le serate dedicate a casi di cronaca con processi ancora in corso, la prescrizione di Andreotti trasformata in assoluzione.
Questo non è servizio pubblico, non è informazione: Porta a porta, un programma tossico, nocivo per contenuti e argomenti va chiuso, non per censura ma per questioni di igiene ambientale e di tutela della salute intellettuale degli italiani.

Il servizio pubblico della Rai ha il compito e il dovere di promuovere la cultura e la buona informazione, dunque non può ospitare l’esaltazione di mafie e criminalità oltraggiando le vittime. Il servizio pubblico radiotelevisivo pagato coi soldi di tutti deve assolvere al suo compito con dignità e competenza, non ricercare lo share a tutti i costi.

Bruno Vespa sta al giornalismo come la diffamazione e la calunnia stanno alla libertà di espressione

Nel 2009 vauro fu sospeso dall’allora direttore della Rai Masi per una vignetta mostrata ad Annozero giudicata “gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la missione del servizio pubblico”.
Evidentemente per il cosiddetto servizio pubblico ci sono morti di serie A, di serie B e anche di serie C: le vittime della criminalità comune e mafiosa dei Casamonica non valgono una sospensione per Vespa bensì la puntata “riparatrice” di Porta a Porta.

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LA RIDICOLA CANEA DEL PD CONTRO VESPA PER L’INTERVISTA AI CASAMONICAS  Sergio Scandura per Gli Stati Generali

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Quanto è facile dire “perché in televisione ci sono andati tutti e perché no i Casamonica”.
Così domani qualcuno potrà dire che, perché in televisione ci sono andati i Casamonica, perché no il serial killer, il pedofilo, lo stupratore.
Peccato che Pacciani e la saponificatrice di Correggio sono morti, altrimenti perché no un’ospitata al talk show anche per loro.
A qualcuno poteva interessare sapere qualcosa della loro vita e carriera, se mamma e papà facevano i regalini anche a loro a natale.
E chi se ne frega dei messaggi che veicolano i media che poi diventano opinione e cultura, perché quello che non si vede in televisione non c’è e non esiste, giusto?
Per sapere quello che esiste o per far esistere quello che non c’è bisogna che qualcuno ce lo faccia vedere.
Proprio quello che ha pensato berlusconi quando si è comprato metà degli italiani con le televisioni.
Ma tanto non s’impara, non c’è niente da fare.

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Non basta essere incensurati per essere onesti.
Sempre a rompere i coglioni e dare del disonesto senza se e senza ma a chi evade anche piccole cifre magari per cercare di sopravvivere, pagare lo stipendio ai dipendenti invece di licenziarli perché toglie il pezzo di strada, il banco di scuola, la prestazione sanitaria a chi paga tutte le tasse poi però si portano in televisione due che campano coi proventi dello spaccio di droga, del racket della prostituzione e dell’estorsione, di furti e rapine che tolgono molto più del banco di scuola e dell’analisi del sangue ai cittadini per mezzo dei quali il bravo papà regala champagne ai figli e qualcuno ha pure il coraggio di dire che sono incensurati, onesti e quindi si meritano la ribalta di Vespa.
Se Vespa può portare i Casamonica in televisione è anche perché c’è gente che “ragiona” in questo modo, in un paese dove la gente sappia fare semplicemente 2+2 uno come Vespa avrebbe dovuto fare altro nella sua vita, lontano dalle telecamere e dai teleschermi.

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Dopo “e allora le foibe” e “allora i marò” prepariamoci ad un’ondata di “e allora Enzo Biagi che ha intervistato Sindona”.

Nella piccola e sempre più insignificante espressione geografica che è l’Italia c’è sempre qualcuno che trova la pertinenza tra un fatto e un altro per difenderne altri peggiori.
Enzo Biagi intervistò Sindona in carcere, non in uno studio televisivo, Sindona, come Buscetta, Cutolo e Luciano Liggio avevano cose molto più interessanti da dire di quelle dei Casamonica, non solo dal punto di vista dell’informazione ma proprio della storia che ha costruito il paese sciagurato che è l’Italia di oggi.
I familiari di Sindona, Cutolo, Buscetta e Liggio non hanno mandato i ringraziamenti a Enzo Biagi come ha fatto il nipote di Vittorio Casamonica affidando niente meno che ad un’agenzia i complimenti a “Bruno”.
Enzo Biagi fu cacciato dalla Rai per volere di un delinquente amico della mafia di Buscetta, Cutolo e Liggio.
Chi oggi non ha ancora capito perché non si portano i Casamonica in uno studio televisivo del servizio pubblico e continua a fare paragoni stronzi eviti di citare Falcone e Borsellino, due galantuomini sulla bocca di tanti che li usano per farsi belli non ricordandosi evidentemente nulla di cosa dicevano e del perché sono morti.
Bruno Vespa che nessuno ha cacciato né lo farà invece di paragonarsi a Enzo Biagi dovrebbe infilare la sua linguaccia nell’acido muriatico e sparire dalla circolazione per il resto della sua vita. Enzo Biagi intervistò Sindona, Liggio, Cutolo, Buscetta ma fu lui ad andare da loro, non li ha invitati nel salottino “buono” della Rai.   Vespa lasci in pace la memoria di una persona degna come Enzo Biagi che non faceva i figli e i figliastri quando si trovava davanti l’intervistato di turno.
Non usava la tv per soddisfare un ego ipertrofico, il suo narcisismo, per assolvere prescritti, per raccogliere false promesse dai politici né, soprattutto, aveva amici di famiglia fra gli stessi potenti che un vero giornalista dovrebbe controllare per mestiere.
In questo paese la maggior parte della gente non ha la minima idea di cosa è e cosa significa la professione del giornalista, di quali sono i doveri del giornalista.

Ai fini della comunicazione anche il contesto è importante, saper prevedere l’impatto che avrà quell’incontro con i telespettatori, il luogo in cui avviene la conversazione e soprattutto il motivo per il quale il servizio pubblico pensa che un’intervista debba poi interessare la pubblica opinione.
Si vergognino quelli che difendono un servizio pubblico indecente che legittima un clan mafioso e criminale offrendo la ribalta mediatica ai suoi componenti e invece di chiedere scusa all’Italia rivendicano la scelta di averlo fatto truccando il tutto col diritto/dovere di cronaca.

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Marino, per non dire che la responsabilità maggiore di quest’altra ed ennesima vergogna ce l’hanno tutti quelli che potendolo fare non hanno voluto evitare la pagliacciata farsesca la butta sul mistico: “guardare Porta a Porta è peccato e bisognerebbe confessarsi, dopo”.
Ecco come dirottare la riflessione altrove dal problema, che non è certo il peccato di chi guarda Porta a Porta ma quello di un’intera classe dirigente a cui fa comodo il “giornalismo” alla Vespa quando offre la poltrona per la propaganda, per le assoluzioni non dai peccati ma dai reati, per enunciare false promesse e che adesso si indigna e si sdegna perché l’ospitata dei Casamonica ha finalmente tolto il velo ad un servizio pubblico e informativo indecente, indegno di un paese civile composto di gente altrettanto indegna che se avesse svolto davvero il suo lavoro come si vanta di aver fatto Vespa, se invece di ossequiare e far sentire la cattiva politica a proprio agio, a casa sua, in uno studio televisivo come fra le pagine dei giornali, se i politici si fossero sentiti meno liberi di agire nel loro interesse anziché quello dei cittadini oggi questo sarebbe un altro paese dove la mafia e la criminalità non si mischiano con la politica per fare affari insieme contro i cittadini e dove nessun prete farebbe il funerale sfarzoso al capoclan alla cui famiglia nessuno può dire no. Nemmeno Vespa. Ci sono giornalisti che per fare davvero servizio pubblico sono dovuti andare via dalla Rai, non solo perché cacciati dal proprietario della tv ‘concorrente’. Perché Lirio Abbate, uno dei tanti minacciati dalle mafie e dalla criminalità non può avere una trasmissione alla Rai?  Perché non potrebbe dire le stesse cose che scrive su libri e giornali. Perché l’informazione e il servizio pubblico sono perennemente al servizio dei potenti, prepotenti e delinquenti.
Dov’erano i piddignados quando dal servizio pubblico sparivano i Guzzanti, Daniele Luttazzi, Michele Santoro, il giornalista più maltrattato e mobbizzato dalla Rai di tutti, di destra e di “sinistra”, Enzo Biagi, quando vauro fu sospeso per una vignetta di satira?
Ad aprire la porta per farli uscire, scommetto.

A proposito di talk show: quando la tivù è diseducazione violenta

Sottotitolo: la questione è seria, non si tratta solo di comunicazione distorta, la gravità sta nel messaggio che arriva nelle case ma soprattutto nella testa della gente.
Perché se l’attore protagonista diventa il carnefice, il criminale, il satrapo che approfitta di ragazzine minorenni a pagamento e lo si invita in qualità di vittima perseguitata, inevitabilmente le vere vittime e le conseguenze sociali delle azioni dei carnefici assumono un’importanza secondaria.
Mentre è a queste e solo a queste che si deve dare la priorità.
La maggior parte della gente che ha capito della vicenda dei Casamonica?
Riassumendo che è gente che ha un sacco di soldi, guadagnati anche illegalmente ma nel paese dove tutti lo fanno e come ci ha insegnato anche la buonanima di craxi che male c’è, che li hanno spesi per onorare il morto di casa e chi non lo farebbe, chi avendo la possibilità non farebbe piovere petali di rose sulla bara del nonno con tanto di fanfara ad allietare l’ultimo viaggio del caro estinto, che comunque se qualcuno li invita in televisione significa che non hanno fatto niente di male.
Del resto è proprio a Porta a Porta che la prescrizione di Andreotti fu trasformata in assoluzione con tanto di scritta gigantesca sul maxischermo che ne ribadiva quell’innocenza che non c’è mai stata.
Porta a Porta non va chiusa perché fa cattiva informazione ma per questioni di igiene ambientale, perché è una di quelle macchine infernali che trasforma gli orchi in principi azzurri e le streghe cattive nelle fatine dei miracoli, la qual cosa nel paese dei telerincoglioniti è molto peggio della cattiva informazione.

E mi raccomando, stasera tutti a guardare la puntata “riparatrice” di ‪‎Porta a Porta‬, fate fare a ‪‎Bruno Vespa‬ il pieno dell’audience, non aspettate di rivederla domani. Chissà come campano gli sciacalli mediatici.

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Preambolo: giovanardi può decidere di non fare una legge, può essere l’ostacolo al raggiungimento di un obiettivo semplicemente civile.Sono anni che provo a dire di non ridere di giovanardi, che è lo stesso che insulta i morti di stato, le loro famiglie, che va in radio e televisione a straparlare di cose che non sa perché qualcuno ci tiene a sapere cosa passa nella testa di giovanardi e vuole farlo sapere anche a noi. giovanardi che è lo stesso della legge  dichiarata incostituzionale sulle droghe fatta insieme a quell’altro sant’uomo di fini che se non ci fosse stata oggi forse Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo.  giovanardi è uno fra quelli che si oppone anche alla legge contro le torture. Dopo aver insultato le famiglie Aldrovandi, Cucchi, Magherini e chiunque abbia avuto una storia di violenze e morte subite dallo stato giovanardi si oppone all’unica legge che potrebbe ridurre di molto il contenuto della cesta delle “poche mele marce”.

Sono anni che ripeto che giovanardi non è lo scemo del villaggio ma un politico che mette la firma sulle leggi, che partecipa alle decisioni importanti e sono anni che quando si parla di giovanardi leggo sempre rispostine ironiche, piuttosto a cazzo: giovanardi, chi? Questo, se non vi basta, finalizzate a sminuire la pericolosità di giovanardi, che è lo stesso al quale stava benissimo l’unione di berlusconi con la mafia di dell’utri ma vuole impedire – la tragedia è che lo può fare – l’unione di persone che semplicemente si vogliono bene e vogliono avere gli stessi diritti che ho io e, purtroppo, anche giovanardi.

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Non ho guardato tutto ‪#‎Ballarò‬ ma dopo aver visto un film ho fatto in tempo a non perdermi  l’intervista di Giannini a Bagnasco, vera guest star del programma che rende perfettamente l’idea di cosa sarà la Rai di Renzi il quale, dopo l’inevitabile discorso retorico e ipocrita sull’accoglienza ai profughi: se oggi nella politica c’è chi soffia sul fuoco dell’intolleranza razzista una buona parte di responsabilità è proprio del vaticano che ha sempre coccolato la peggiore politica purché tenesse ben aperti i rubinetti, è stato interpellato sul richiamo della Ue all’Italia riguardo le unioni civili.
Domanda a cui Bagnasco ha risposto più o meno che sì, l’Europa, insomma va bene, il parlamento europeo dice che c’è un problema da risolvere ma non è che sia così importante poi dar retta a quello che chiede l’Europa in materia di diritti perché alla fine chi decide sono gli stati membri.
Dichiarazione che Giannini ha incassato senza fare un plissé, senza rivendicare il diritto di un paese democratico ad avere delle leggi semplicemente civili che mettano tutti i cittadini allo stesso livello indipendentemente dai loro orientamenti sessuali e scelte di vita personali. Giannini non ricorda a Bagnasco che il parlamento europeo è composto da persone votate dai cittadini di tutti quegli stati membri che hanno delegato a quel parlamento le decisioni sulle cose importanti che fanno di un continente una vera comunità moderna ed evoluta: non hanno chiesto al vaticano di farlo.
A margine di questo, giovanardi è quello che è e che abbiamo purtroppo imparato a conoscere, ma se dalla parte opposta di giovanardi ci fosse stata una politica forte, determinata nel riconoscimento dei diritti, anziché gente che nei fatti concreti non la pensa poi così diversamente da lui, la legge sulle unioni civili sarebbe già da tempo una realtà e il partito di giovanardi non sarebbe così determinante nelle scelte che farebbero di questo un paese appena più civile come e da tempo ci chiede l’Europa non solo riguardo le unioni civili.

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Casamonica e non solo: la scalata dei clan sinti
Latina, strana amicizia tra lo ‘zingaro’ e il ‘nero’

Il gruppo dei celebri funerali show parte di una costellazione criminale alleata con ‘ndrangheta e camorra
Nel Pontino i Ciarelli-Di Silvio: omicidi e debitori immersi nel letame. E il rapporto con un deputato Fdi

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Chi comanda alla #Rai, direttamente i #Casamonica? Dov’è la Boldrini che censura la réclame del mulino bianco e dei detersivi perché offensiva per le donne? E dove sono le parlamentari piddine che vogliono vietare i cartelloni con le modelle scosciate?

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Art. 21 della Costituzione
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni CONTRARIE AL BUON COSTUME. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.


Paghiamo il canone alla RAI che invita la figlia, il nipote di Vittorio Casamonica e  l’avvocato dei Casamonica. La descrizione del funerale, la storia della famiglia Casamonica, le loro attività illecite, la difesa dei Casamonica in un programma del servizio pubblico mentre è in corso l’inchiesta di #mafiacapitale.

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Il bel “parterre-de-puah” di #portaaporta: come scrivono i ragazzi di Arsenale K peccato che Riina sia al 41bis, altrimenti Vespa un’ospitata non l’avrebbe negata neanche a lui.

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“Abbiamo cacciato i nazisti, cacceremo anche i mafiosi”, ha detto giorni fa il sindaco Marino durante la manifestazione contro le mafie organizzata dal pd che la mafia se la teneva in casa,  tanto a recuperarli poi ci pensa Bruno Vespa che invita i Casamonica a Porta a Porta.  Vespa che conduce un programma che si paga con una tassa pagata dai cittadini che non rubano, non mafiano, non fanno profitti con le estorsioni e il racket della prostituzione porti in televisione le vittime della criminalità dei Casamonica in combutta con lo stato, la chiesa e la politica che per i soliti opportunismi hanno chiuso gli occhi su più di mille persone che coordinano e gestiscono il malaffare di Roma e provincia.
Racconti le loro storie invece di rendere la mafia e la criminalità una questioncina da talk show sorridente.

Dove sono oggi tutti quelli che strepitano contro la commissione di vigilanza Rai, specialmente ora che alla presidenza ci sono i 5stelle, ogni volta che un programma solleva polemiche relative alla mancanza di contraddittorio? Chi ha fatto da contraddittorio ai Casamonica che dopo lo spettacolo osceno del funerale mafia style hanno minacciato pesantemente anche i giornalisti? Lo sa Vespa che altri suoi colleghi come Lirio Abbate sono sotto scorta perché minacciati di morte proprio per aver indagato anche sui Casamonica?
Vespa chieda scusa a chi gli paga lo stipendio: gli italiani non pagano le tasse per stare a sentire i Casamonica e i loro deliri.  Se vuole parlare coi Casamonica, gradisce la loro compagnia, li invitasse a casa sua.

Dietro il pallone, tutto

Sottotitolo: una nota riservata e particolare la meritano tutti gli imbecilli che ieri hanno insultato Gino Strada, uno dei candidati 5stelle alla presidenza della repubblica insieme a Rodotà, bersaglio anche lui degli anatemi di chi – evidentemente per limiti propri – è incapace di accettare un parere diverso, un’opinione altra. Così, tanto per ribadire l’indifendibilità di idioti manovrati pronti a sputare veleno anche sulle loro madri solo se qualcuno osa ragionare in proprio e non per conto di qualcuno.

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A quanto pare in Italia è più conveniente essere condannati per frode fiscale che fare l’attore. Perché il condannato – da una sentenza vera trasformata in pura goliardia – può apparire in televisione ogni volta che vuole, mentre l’attore della fiction, incensurato e di sinistra no per non disattendere alla regola della par condicio.

E quando in un paese succede una cosa del genere è impossibile non vedere l’anomalia, la malattia, l’anormalità. 
Stasera berlusconi dovrebbe partecipare a Porta a Porta dove troverà Bruno Vespa condannato in via definitiva per diffamazione. 
Gli obblighi derivanti dalla sua finta condanna gli impediscono di incontrare altri condannati: tutti meno Bruno Vespa? E’ stata fatta una deroga speciale, la solita regola ad personas per consentirgli di incontrare il suo vecchio amico, nonché suo editore?

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Ivano tagliato – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

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 La par condicio si applica soltanto alle trasmissioni che non trattano di politica, proprio per evitare l’eccesso di presenza dei politici  nei media nei periodi pre elettorali fuori da quegli ambiti in cui si tratta esclusivamente di politica.

Forse vale la pena ricordare che la par condicio esiste perché esiste berlusconi.
Nei paesi normali, dove il politico fa solo il politico, non possiede mezzi di comunicazione non serve una legge sulla par condicio.
E risolvendo il conflitto di interessi non ci sarebbe stato bisogno di una legge per vietare al politico che ha giornali, televisioni, case editrici di poter eccedere in presenze nelle televisioni, sue e quelle che controlla in virtù del ruolo politico,  durante i periodi pre – elettorali, a danno e svantaggio di quei politici che non hanno le loro tv, i loro giornali e le loro case editrici, semplicemente perché nei paesi normali l’editore, l’imprenditore non fa il politico e viceversa. 

In un paese dove da vent’anni è la televisione a orientare pensieri, parole e opinioni grazie a chi ne ha fatto la propria arma di distruzione/distrazione di massa, e, orientando i pensieri condiziona anche le scelte importanti qual è il voto tutto può destabilizzare un già inesistente equilibrio. Perché poi a votare ci vanno tutti, telerincoglioniti compresi con le conseguenze che purtroppo conosciamo bene. Smettiamo di raccontarcela. E’ chiaro che Gino Strada non si mette a fare la polemica sterile su Renzi e la partita del cuore, semplicemente perché non tocca a lui fare da spartiacque, sarebbe toccato al buon senso di chi sta imponendo oltremodo la sua presenza nei media. L’Agcom ci fa sapere di aver avvertito Mentana per eccesso di Renzi nei Tg de la7 a danno e discapito di chi Renzi non è. 

In un paese dove la politica restasse fuori da ambiti che non le competono non servirebbe la par condicio, sarebbero i politici stessi se fossero persone serie a tirarsi fuori, rifiutandosi di andare a fare i buffoni cucinando risotti a Porta a Porta, ad esempio.

Il problema comunque non è Renzi né la partita.
E’ un paese piccino fatto di gente facilmente seducibile.
Perché alle persone che usano la testa, non si fanno incantare dalle chiacchiere, dai sorrisi e dalla performance mediatica dell’incantatore di turno non succede nulla nemmeno se lo vedono fuori dal seggio elettorale un minuto prima di votare. 
Se ci trattano come “alunni di seconda media e nemmeno troppo preparati” [cit. il noto delinquente], è perché sanno di poterlo fare.

 

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IL PALLONE SGONFIATO – Antonio Padellaro

Per carità, umanamente molto si comprende Matteo Renzi che quella dolce serata allo stadio Franchi di Firenze, scrigno dell’amatissima Viola, chissà quanto l’aveva sognata: farsi passare la palla da Baggio, triangolare con Antognoni e magari insaccarla sotto la traversa, il boato della folla, il primo presidente del Consiglio che corre a esultare sotto la curva, ganzissimo. Del resto, vanitas vanitatum, neppure sarebbe stato il primo leader di multiforme ingegno a esibirsi per l’ammirazione delle masse. Dopo Berlusconi cantautore e poeta, Veltroni romanziere e regista, D’Alema navigatore, cuoco e viticoltore, perché no un capo del governo giovane e prestante, dal tocco fino come non se ne vedevano, sia detto senza ingiuria, dai tempi del duce cavallerizzo, spadaccino e calciatore di caviglia forte? E poi tutto per la giusta causa di Emergency con il plauso di Gino Strada.

E se per una volta si accantonano le divisioni su F-35 e Afghanistan per raccogliere quanti più fondi possibile per curare i bimbi del Sudan, e se la diretta di RaiUno trasforma l’audience in una pioggia benefica di messaggini da 2 euro, che male c’è, meschini che non siete altro? Umanamente comprensibile, ma politicamente molto meno, perché quando si fa notare che la Partita del Cuore disputata a sei giorni dalle Europee (proprio non si poteva rinviare di qualche settimana?) costituisce di fatto un gigantesco spot elettorale, il giocoso Matteo mostra i dentini. E infatti, visto che a dire no alla diretta tv è stato il presidente M5S della Vigilanza Fico, il premier si scatena contro “la rabbia e la paura grillina” verso chi “vuole cambiare l’Italia, restituire speranza, cambiare la protesta in proposta”. Ma in questo modo Renzi conferma che siamo in piena campagna elettorale e che i cuori battono, ma i voti contano. Temiamo tuttavia che lo spirito del tempo soffi dalla sua parte poiché, certo, ci sono le regole da rispettare, ma in Italia chi buca il pallone non è mai simpatico.

 

 

La sai l’ultima? quella di un delinquente condannato ancora a piede libero?

Sottotitolo: da 98 giorni un pregiudicato, condannato con sentenza definitiva a quattro anni per frode fiscale  è ancora a piede libero da senatore della repubblica.

Quel condannato si chiama silvio berlusconi.

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Pensavo: dopo le barzellette sull’olocausto, e mussolini che ha fatto cose buone berlusconi  non dovrebbe avere un’idea così pessima del regime di hitler. Perché i suoi figli dovrebbero temere qualcosa da un regime che, in fin dei conti sempre secondo il suo cervello bacato mandava solo gente in vacanza, a cambiare aria?

Il padre spirituale delle larghe intese ha detto qualcosa di vivo e vibrante a proposito di senso della misura, lui che lo esige perfino dai magistrati col vizio di condannare i criminali ma non lo pretende mai dai criminali? Niente monito sennò cade il governo?

Spero che questa nuova sortita  di berlusconi sia d’aiuto a quanti credono che tutto si possa inserire nella libera espressione dei pensieri. 

Specialmente a quelli che si difendono dietro l’idiozia voltariana, mai pronunciata dal filosofo che era un illuminista, mica uno sprovveduto coglione,   ma che tutti si cuciono addosso in base alle proprie esigenze e alle stronzate che di volta in volta si vogliono dire, circa il morire per consentire a tutti di esprimere le loro opinioni. 

Perché li vorrei proprio conoscere quelli che morirebbero per far parlare berlusconi, non solo lui ma tutti quelli che ci allietano quotidianamente con le loro follie deliranti stile giovanardi ma anche santanchè e miserabilità simili.  Non chiamiamola censura ma più che altro eleganza nell’espressione dei pensieri, il che non vuol dire rinunciare al linguaggio colorito e ci mancherebbe, sarei rovinata pure io, ma eleganza nei concetti. Evitare di far sapere al mondo che si ha la merda nel cervello.

E spero che serva a scoraggiare anche quelli che pensano, ancora e tutt’ora, che certa gente è meglio farla parlare per conoscerla. 
Come se per conoscere berlusconi servisse questa ulteriore odiosità da lui pronunciata di cui si parlerà per settimane e che servirà come da copione a mandare al piano di sotto le altre cose.

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Mauro Biani

Secondo la teoria del tanto – quanto, visto che i libri di vespa che escono sempre sotto natale si cominciano a reclamizzare già a ferragosto, quanta gente c’è che poi li compra? evitando di finanziare la Mondadori di berlusconi da lui ottenuta coi mezzi che sappiamo e che sono gli unici che conosce e cioè il furto previa corruzione, non si fa nessun torto alla cultura. 

Su berlusconi non bisogna ironizzare dopo ogni sua uscita e la relativa e puntuale smentita d’ordinanza: bisogna intervenire nell’unico ambito che gli interessa, e cioè il suo patrimonio. 

berlusconi sembra scemo, uno da interdire e fin qui ci si possono anche fare le battute, ma lui sa sempre quello che dice e perché lo dice e quando va detto, soprattutto. 

In un paese normale il presidente della repubblica ieri sarebbe andato in televisione a reti unificate cinque minuti dopo l’ennesima uscita di quello a cui proprio lui per primo ha offerto garanzie, sostegno, accoglienza e la possibilità di partecipare alla politica e dunque quella di poter ricattare e minacciare lo stato a chiedere scusa agli italiani per aver imposto un governo pensato soprattutto per allungare i tempi di applicazione della sentenza che condanna il delinquente frodatore; si dovrebbe leggere questo oggi sui giornali, non l’ennesimo riassunto delle “gaffes” del criminale. 
Ma ovviamente, nel paese normale non ci sarebbero berlusconi, o, quanto meno non ci sarebbe da cittadino libero nonostante una condanna definitiva, né Napolitano a fare il presidente della repubblica e delle larghe intese con un delinquente pregiudicato.

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LA SOLUZIONE FINALE – Marco Travaglio, 7 novembre

Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”. Parola dell’architetto Rambaldo Melandri in Amici miei atto II di Mario Monicelli. Anche Berlusconi però non scherza. Dal 13 agosto Napolitano non vede l’ora di dargli la grazia, gli spiega come fare, lo prega almeno di chiedergliela, poi basta che sconti un giorno di servizi sociali ed è fatta. Intanto la maggioranza di larghe intese, ma soprattutto di lunghe attese, ha trasformato il voto sulla decadenza in una telenovela talmente noiosa e a tratti odiosa (vedi il cambio delle regole sul voto palese) che qualcuno potrebbe financo scambiarlo per un perseguitato politico. Insomma, ci eravamo quasi. Poi gli piomba in casa Bruno Vespa per raccogliere le sue ultime volontà da stampare nel nuovo (si fa per dire) libro, che come di consueto esce quotidianamente sui giornali per mesi e mesi, a rate, in ghiotte dispense dette “anticipazioni”. E lui se ne esce con quello strepitoso paragone fra i suoi figli e “le famiglie ebree durante il regime di Hitler”. Così s’incazzano tutti e non se ne fa più nulla. Va detto, a parziale discolpa, che l’uomo dai sette nei ci ha messo del suo, profittando della demenza senile del pover’ometto.

Le cose potrebbero essersi svolte così. Il Cainano, davanti all’insetto, attacca la solita pippa sulla persecuzione e si paragona un’altra volta a Tortora. Vespa fa notare che l’ha già detto mille volte: è un déja vu, non fa notizia, non dà scandalo, nessuno lo riprende. E il libro bisogna pur che qualcuno lo compri: lo vuole lui, ma pure la Mondadori. Ci vorrebbe qualcosa di più forte. “E se paragonassi i miei processi alla Shoah e i miei figli agli ebrei nei forni crematori?”. “Ecco, così va meglio, però sa, presidente, non vorrei che i suoi figli se ne avessero a male”. “Ma figurati, Bruno, sono vent’anni che giuro sulle loro teste certe cazzate da fargli venire la dissenteria cronica. Tranquillo, se dicono qualcosa li diseredo. Allora siamo d’accordo: i giudici come Hitler, il Pd come i nazisti, Marina e Piersilvio come gli ebrei nei lager. Mettila giù bene. Così giornali e tv abboccano, e magari pure qualche lettore. Naturalmente i miei diranno che ho ragione io, che il paragone regge, anzi sono stato troppo buono. E, se qualcuno si dovesse offendere (ma non credo: gli ebrei li hanno gasati tutti, no? ahah), faccio la solita smentita e dico che mi hanno frainteso, così se ne parla due volte e le vendite schizzano”. Cos’è il genio? Appunto.

La scena ne ricorda un’altra, subito dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, mentre l’Occidente preparava l’attacco all’Afghanistan. Per rassicurare gli arabi che non ce l’aveva con l’Islam, ma solo con al Qaeda, Bush abbracciava due o tre imam al giorno e visitava a tappeto tutte le moschee d’America. Poi intervenne il nostro. Il 26 settembre, in visita a Berlino, sparò davanti alle telecamere di tutto il mondo: “Noi dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà, che ha dato luogo al benessere e al rispetto dei diritti umani, religiosi e politici. Un rispetto che certamente non esiste nei paesi del-l’Islam. Dobbiamo evitare di mettere le due civiltà, quella islamica e quella nostra, sullo stesso piano. La libertà non è patrimonio della civiltà islamica… La nostra civiltà deve estendere a chi è fermo ad almeno 1400 anni fa i benefìci e le conquiste che l’Occidente conosce… L’Occidente è destinato a occidentalizzare e a conquistare i popoli. L’ha fatto con il mondo comunista e l’ha fatto con una parte del mondo islamico”. Nel giro di cinque minuti presero le distanze tutti i Paesi occidentali, la Lega Araba e tutti i governi islamici dell’orbe terracqueo chiesero le scuse dell’Italia. Fu allora che Stefano Disegni, in una vignetta memorabile, ritrasse la fine del mondo con un paesaggio di rovine fumanti e due soli sopravvissuti: un mostriciattolo verde con due trombe al posto del naso, e il figlio. “Papà, ma come finì il pianeta Terra?”. “Niente, Bin Laden stava trattando, poi Berlusconi per sdrammatizzare raccontò quella dell’araba pompinara…”.

Svalutation

 Sottotitolo: al Coisp, l’indegno sindacato di quella polizia di Stato che offre solidarietà a quattro assassini oltraggiando una famiglia e tutta l’Italia onesta andrebbero messi dei sigilli, per questioni d’igiene ambientale e di sicurezza pubblica. Che è un concetto diverso dalla pubblica sicurezza.

Un abbraccio affettuoso ai ragazzacci di Anonymous che sono riusciti a zittire per un po’ almeno virtualmente i cialtroni sostenitori di quattro delinquenti oscurando i loro spazi web.  

ANONYMOUS DALLA PARTE DI FEDERICO

In Italia il concetto di giustizia “ad personam” è molto di più che una semplice opinione o sensazione. E’ una realtà applicata ai fatti e anche alle persone;  vorrei sapere in quale altro paese democratico la vita di una persona vale tre anni e sei mesi – condonati –  di quella miserabile di chi gliela toglie a calci e botte.

Preambolo: non guardo Porta a Porta, proprio non mi passa nemmeno per la mente di guardare una trasmissione al solo scopo di criticarla e di poterne sparlare, insultando, nelle pagine dei social network. 
Posso fare al massimo qualche battuta sul sentito dire o quel che leggo sui giornali. 
E veramente faccio fatica a capire come invece tanta gente si sottoponga all’inutile tortura di mettersi ogni giovedì sera davanti alla televisione a guardare Servizio Pubblico per fare solo questo: sparlarne insultando.

Non giudico una cosa nel complesso ma per quel che mi dà.

E se Patrizia Moretti va da Santoro invece che da Vespa mentre Bersani e Monti vanno da Vespa e non da Santoro qualche ragione ci sarà.

Comunque, un consiglio a Santoro: per le riabilitazioni esistono cliniche apposite, non serve proporre un personaggio squallido come Sgarbi una settimana sì e l’altra pure.

Sono stufa, nauseata e disgustata di chi dà la colpa dei fallimenti della politica a tutto il mondo meno che ai veri responsabili.

Di chi deve trovarsi sempre il capro espiatorio pur di rinnegare la verità.

Solo in un paese a maggioranza di idioti può fare paura un giornalista, l’unico a fronte di centinaia di servi e damerini più o meno accomodanti che pensano che il loro lavoro consista nel non imbarazzare i potenti prepotenti. Di essere opportuni.

Poi si può discutere quanto vogliamo sull’utilità di una polemica, ma per evitarla bastava che Grasso non telefonasse a Santoro col tono della zitella stizzita e Formigli non organizzasse quell’indegno teatrino servile permettendo ad un ex magistrato procuratore antimafia ora assurto alla presidenza del Senato di poter insultare i suoi ex colleghi dicendo FALSITA’ protetto da quell’immunità che i suoi ex colleghi non hanno e non possono per questo rispondergli alla pari né trovare giornalisti accomodanti, disponibili e disposti a lasciarli parlare in libertà. 
Ecco perché Caselli è stato costretto a chiedere tutela al CSM e non a Formigli. 
E non si capisce perché l’onore di una persona deve valere più di quello di un’altra. Marco Travaglio aveva e ha il diritto di difendersi da chi gli dà del vile e del vigliacco, da chi da vent’anni lo accusa di essere uno sfascista disfattista solo perché sa fare il suo mestiere, a differenza di molti suoi “colleghi” ritenuti affidabili perché col potere non si sono mai scontrati, esattamente come Grasso, simpatico a dell’utri sia come procuratore antimafia che nella nuova veste di presidente del Senato [e io qui qualche domanda me la farei, invece di insultare un giornalista] si prende la libertà di poter dire che ad una carica ottenuta sulla base del sospetto, di leggi contro qualcuno e a favore di qualcun altro non si potesse proprio dire di no.

Italiano Celentano
Marco Travaglio, 29 marzo

Naturalmente Celentano è liberissimo di pensare — e di scrivere su Repubblica — che un giornalista deve “fermare la lingua”, “azzerare il passato” e “soprassedere”, rinunciando a dire ciò che sa del nuovo presidente del Senato, perché siamo in un “momento così delicato”. Se invece non lo fa, anzi insiste a raccontare in perfetta solitudine la biografia della seconda carica dello Stato, non è perché il mestiere di giornalista consiste appunto nel dare notizie vere e documentate; ma “per sminuire l’ascesa di Grasso alla presidenza del Senato” e per “appesantire l’aria”. A suo dire, “Travaglio deve aver pensato: perché lasciare intatta la credibilità del nuovo presidente del Senato, che potrebbe fare qualcosa di buono e dopo noi ci intristiamo?”. Ora, se queste scemenze appartenessero solo al nostro amico Adriano, che purtroppo s’informa poco e nulla sa di Grasso né del perché è arrivato fin lì, anche se potrebbe con poco sforzo informarsi, pazienza. In fondo dev’essere dura per un grande artista nazionalpopolare restare confinato troppo a lungo nel campetto degli outsider: due anni all’opposizione, con le battaglie per i referendum del 2011, poi per i nuovi sindaci, poi per 5Stelle, sono forse troppi per lui. È ora di tirare i remi in barca, rientrare nei ranghi e tornare all’ovile. All’insegna dello scurdammoce ‘o passato “in tutti i settori, anche nel campo della giustizia” (ma sì, regaliamo a B. una bella amnistia o un bel salvacondotto e non parliamo più della sua ineleggibilità, come fanno Flores d’Arcais e centinaia di migliaia di cittadini, perché “è una stronzata”, “una cazzata”, “una scorrettezza elettorale”, bisognava pensarci prima; e pazienza se Flores ci aveva pensato fin dal ’94, quando Celentano votava B.). Ma Italiano Celentano dà voce alla pancia di molti cittadini che, complici il suicidio di Bersani e certe mattane autistiche di Grillo e dei 5Stelle, si sono già spaventati del cambiamento che un mese fa hanno innescato nelle urne. E ora vivono le stesse paure che li attanagliarono a fine 2011 quando, esaurita rapidamente l’euforia per le dimissioni di Berlusconi, si aggrapparono acriticamente alla zattera dei tecnici. E tremavano se qualcuno, in perfetta solitudine, scriveva che era meglio andare a votare subito, che forse SuperMario Monti e i suoi supertecnici non erano quei geniali salvatori della patria che stampa e tv unificate accreditavano, anche perché la maggioranza l’aveva sempre il centrodestra, almeno in Parlamento, non certo nel Paese. Per qualche mese restammo soli a scrivere queste cose, beccandoci le letteracce di molti lettori. Oggi sparare su SuperMario e i supertecnici che non han salvato niente e nessuno è come picchiare un bambino che fa la cacca sul vasetto: troppo facile, anche perché lo fanno tutti. Anzi i supertecnici si sparano fra loro sul caso dei marò che sparavano ai pescatori scambiandoli per pirati: un po’ come molti soloni della politica e dell’informazione che speravano nei tecnici scambiandoli per Cavour, De Gasperi ed Einaudi. Gira e rigira, si torna sempre all’Abc di questo oggetto misterioso (per molti) che si chiama democrazia: gli elettori votano, chi vince governa, chi perde si oppone, la stampa e la magistratura controllano, i cittadini vigilano, gli intellettuali pensano e aiutano gli altri a pensare. E non c’è emergenza che possa indurre un giornale o un programma libero a “fermare la lingua”, “azzerare il passato” e “soprassedere”. Sarebbe un tradimento del nostro mestiere e dei nostri lettori, oltreché un piccolo ulteriore arretramento dalla nostra democrazia. E poi lo fanno già in troppi. Chi vuole giornalisti cantori che suonano la viola del pensiero sotto il balcone dei potenti può cambiare giornale, e canale. Noi continueremo a raccontare e a criticare chi lo merita. E, se è il caso, a disturbare i manovratori.

Vuole che me ne vada? me ne vado? la prossima volta mi alzo e me ne vado

MATTEO PUCCIARELLI – Ingroia, come se ci fosse qualcosa di cui giustificarsi

E  questo va dedicato “cordialmente” a tutti quelli che “la politica deve rimanere nelle mani dei professionisti”; praticamente di quelli che hanno condotto allegramente un paese intero alla bancarotta economica, allo sfascio etico e alla distruzione morale.

Quelli che “Monti è stato bravo a restituire una buona reputazione all’Italia”. 
Che poi l’abbia immiserita nella sua già miseria, violata, defraudata nei diritti non è stato un grande problema, del resto lui stesso disse che i suicidi erano semplicemente delle “conseguenze dolorose”, qualcosa evidentemente già messo in preventivo, un fenomeno da accantonare e dimenticare a beneficio della faccia ritrovata, del prestigio internazionale, poi è poca cosa forse ricordare quante volte anche questi signori professori sobri abbiano offeso la gente perbene, l’abbiano considerata e giudicata con fare sprezzante, un intralcio al loro progetto di salvare tutto fuorché quello che si sarebbe dovuto salvare.

Preambolo: Monti in conferenza stampa  – a reti praticamente unificate come i messaggi urbi et orbi del papa – prima di pranzo, berlusconi nel pomeriggio “per le famiglie” di Raiuno, e, per finire in bellezza, lo skipper alle cime di rapa da Fazio su Raitre nel dopo cena: ma non s’era detto “a natale niente politici in tv?”

Sottotitolo: Monti ha in mente un memorandum per un’agenda politica di centro.
Adesso ci vorrebbe uno bravo che spiegasse agli italiani che la politica di centro è una non politica, che non esiste in nessuna democrazia,  nei paesi normalmente civili e moderni ci sono i laburisti e i conservatori, i repubblicani e i democratici, i centristi, quelli alla casini per dire, no, la loro funzione è come ha spiegato benissimo Crozza tempo fa, di  posizionarsi a metà del tavolo per arraffare quello che si passano destra e [centro]sinistra. 
In questo paese i cittadini mantengono un esercito di profittatori, di sanguisughe, di parassiti che non sono funzionali a nessun progetto politico ma che  ci tengono eccome a far parte del carrozzone dei privilegiati. 
Gente inutile, una zavorra di cui un paese normalmente civile dovrebbe sapersi liberare.

ALFANO RISPONDE AL PROFESSORE: “CON LUI PRECLUSA OGNI COLLABORAZIONE” 

Angelino si è offeso.
Bisogna capirli, i berlusclowns, fanno una vita impossibile, non sono proprio abituati a rapportarsi con chi parla una lingua normale fatta di concetti normali.
Monti, se avesse voluto avrebbe potuto demolire berlusconi e il pdl con quattro parole, e invece ha voluto fare simpaticamente dell’ironia sui difetti congeniti di chi proprio più oltre di un tot [molto limitato] non può andare.
Non ce la fa.
Bersani, invece, come al solito si adegua: ci tiene proprio, a far parte della famosa agenda.

In ogni caso quei due, Monti e berlusconi, sono  facce della stessa medaglia, completamente refrattari a qualsiasi cosa che abbia a che fare con il concetto di democrazia applicata.

Berlusconi litiga con Giletti su Raiuno

Se riesce ad andare fuori di testa davanti a Giletti e a Massimo Franco figurarsi cosa potrebbe succedere se andasse davvero a Servizio Pubblico.

Ci fosse mai stato  uno, o una,  che alla minaccia del “me ne vado” di chiunque abbia risposto: “prego si accomodi”.

Dignità, questa sconosciuta. 

Il finto  coraggio dei paraculi ipocriti – quelli alla vespa, funzionali al potere e sempre pronti a salire e scendere dal carro dei vincitori, quali che siano – è un altro squallido aspetto di tutto quel peggio che è stato veicolato in quasi vent’anni  con la definizione di berlusconismo.

 Giusto per tentare di riportare alla ragione quelli che “abbiamo quello che ci meritiamo”.
Perché io non mi merito berlusconi né  Giletti che, se dipendesse da me sarebbe a fare un altro mestiere né verrebbe considerato un giornalista.
Il CDA della Rai, azienda di stato, non viene scelto dai cittadini ma come sempre dai politici di centrosinistra, centroebbasta e destra che, come i ladri di Pisa fanno solo finta di litigare ma quando c’è da spartirsi la refurtiva e operare per il bene comune, cioè il loro,  sono sempre uniti come un sol uomo.

Ed è ovvio e lampante che poi tutti i baciati dalla fortuna di essere scelti a loro volta per condurre trasmissioni, anche quelle fintamente giornalistiche debbano in qualche modo dimostrare la loro riconoscenza, e ci riescono sempre.

Sfinge, Mummia, Scimmia e Volpe – di Marco Travaglio, 24 dicembre

Non so se avete presente Fantozzi quando pianta la tenda nel campeggio, di notte, col ragionier Filini dell’ufficio Sinistri. Filini, cieco come una talpa, gli schiaccia il dito col martello e Fantozzi, per non svegliare i campeggiatori, trattiene le urla per parecchi minuti, liberandole solo quando ha attraversato la foresta.

E’ la citazione più colta che viene in mente per descrivere il minimo comun denominatore di Mario Monti, la Sfinge, e di Silvio Berlusconi, la Mummia, finalmente liberi di sfogarsi dopo tredici mesi di reciproca prigionia.

La Sfinge non poteva dire quel che pensava della Mummia per non gettare la maschera del tecnico “extra partes”, e soprattutto perchè il Pdl gli teneva in piedi la maggioranza. La Mummia non poteva dire quel che pensava della Sfinge perchè gli serviva un anno di decantazione per far risalire i titoli delle sue aziende in Borsa e far dimenticare almeno ai suoi le porcherie del suo ultimo governo. Ieri, finalmente, han potuto dirsi tutto.

La Sfinge considera la Mummia uno squilibrato mentale che dice tutto e il suo contrario.

La Mummia considera la Sfinge un povero professorucolo estraneo alla “trincea del lavoro”, praticamente un fannullone che sta rovinando l’Italia.

La Sfinge aggiunge che non riesce a capire quel che dice la Mummia. Poi l’Annunziata gli dice che non ha capito una mazza di quel che ha detto in conferenza stampa, anche perchè è l’opposto della sua intervista a Scalfari (nel senso che Monti intervistava Scalfari), ma le domande che gli fa in ostrogoto non le capisce nessuno, nemmeno la Sfinge.

Intanto la Mummia va da Giletti e cerca di spiegare perchè mai voleva la Sfinge a capo dei moderati, ma non ci riesce e allora se la prende col timido Massimo Franco (“anche il Corriere fa parte del complotto”) e persino col povero Giletti, che si credeva bastevolmente arrendevole, non sospettando che una domandina ogni tanto costituisce già eversione. “Ma come, torno in tv dopo un anno e lei non mi fa parlare?”.

Non sa, l’ingenuo conduttore, che l’unità di misura del servilismo intervistatorio è cambiata: il sistema nanometrico decimale, un tempo imperniato sul “fede” (una domanda precotta) e sul “vespa” (due domande al massimo, con scrivania di ciliegio incorporata), è ora passato al “d’urso” (solo gridolini di giubilo e squittii di gaudio). Il “giletti” è già terrorismo.

L’altro tratto comune della Sfinge e della Mummia è l’Ego smisurato: si credono entrambi la reincarnazione di De Gasperi. Monti ne parla come di un fratello maggiore, senza naturalmente averlo mai conosciuto, mentre B. lo guarda dall’alto in basso (“sono l’italiano che ha governato di più nella storia, anche più del ricordato De Gasperi”).

Entrambi, poi, sentono le voci.

Monti: “Sento la società civile dirmi: certo, ci tassate molto, ma andate avanti così!”.

Berlusca: “Tutti mi chiedono di tornare in campo per completare la rivoluzione liberale”.

Chissà che gente frequentano: forse club sadomaso.

Monti cita ogni due per tre l’”Agenda Monti” come se parlasse di un altro, con l’aria ispirata che dovevano avere i figli di Aronne quando trasportavano nel deserto l’Arca dell’Alleanza: occhi socchiusi, boccuccia a cul di gallina, respiro trattenuto, quasi che l’Agenda fosse un’antica e sacra iscrizione iniziatica, tipo i Rotoli di Qumran, il Codice di Hammurabi, la Stele di Rosetta. Intanto impiega tre quarti d’ora per dire che si mette all’asta al migliore offerente e non si abbassa a candidarsi a premier: sono gli altri, possibilmente tutti, che devono pregarlo in ginocchio. Si sente tanto Gesù Bambino in attesa dei Magi. E, mentre snocciola i punti dell’ Agenda Purga con la voce briosa di una segreteria telefonica, fra una circonlocuzione di dieci minuti e una freddura che fa ridere solo lui (“l’Agenda è molto pink e molto green”, vedi Ilva), s’ode in sottofondo un inconfondibile “ronf ronf”..

Più pirotecnico l’eloquio della Mummia,che ha imparato a memoria tre o quattro cose e le ripete uguali in tutti i programmi, ma sempre condite con la mossa di Ninì Tirabusciò. Una volta si alza, finge di andarsene e poi si risiede (“Me ne vado? Vuole che me ne vada? Mi siedo per l’ultima volta, ma la prossima mi alzo e me ne vado”).

Un’altra tenta la barzelletta dell’incubo con ”Monti premier, Ingroia alla Giustizia, Di Pietro alla Cultura, Fini era nelle fogne, quello del Sel… come si chiama… alla Famiglia e non le dico cosa faceva la Bindi, ahah”.

Oppure conia neologismi (“pedessiquamente”, “il governo tennico”). O dà della “scimmia” a Beppe Grillo, sperando di esorcizzarlo. Intanto la Scimmia snobba le tv e gira l’Italia a caccia di firme.

In serata, per completare il carrello dei bolliti, si affaccia da Fazio anche Max D’Alema, la Volpe del Tavoliere che s’è fatta fregare, nell’ordine, prima dalla Mummia, poi dalla Sfinge e ora, non c’è il due senza il tre, attende la Scimmia. Dunque, fra i quattro, passa per il più furbo.

Un pasito pa’ delante, un pasito para atras

Preambolo:  poi magari un giorno qualcuno, bravo possibilmente, ci spiegherà perché la presentazione dei libri di un mediocre, del giornalista più servo di tutti perché  non ha problemi a piegarsi davanti ai politici di destra, sinistra e centro a differenza di quelli che almeno un orientamento ce l’hanno, deve diventare un evento al quale tutta la cosiddetta intellighenzia fa a gara per presenziare.

Sottotitolo:  in Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare.

[ELSA MORANTE 1945 – Lettera su Benito Mussolini]

” Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”. [Miriam Raffaella Bartolini, in arte Veronica Lario – 3 maggio 2009]

Anche Hitler, con i Russi che avanzavano nelle strade di Berlino, delirava nel suo bunker di inesistenti divisioni da opporre ad essi.

“Regina, reginella, quanti passi devo
fare per arrivare al tuo castello
con la fede e con l’anello
con la punta del coltello?”.

luanaBerlusconi: “Mi candido, anzi no”. E fornisce cinque  versioni diverse in un’ora. [Il Fatto Quotidiano]

Ormai le apparizioni pubbliche di Berlusconi incuriosiscono solo per le stupefacenti metamorfosi del suo aspetto fisico [Gad Lerner]

Il Caimummia
Marco Travaglio, 13 dicembre

Per essere una mummia, il Cainano è piuttosto vispo, e soprattutto mobile. Ieri è riuscito a candidare a premier, nell’ordine: se stesso, Mario Monti e Angelino Alfano (quest’ultimo addirittura “in pole position”). Con qualche minuto in più a disposizione, avrebbe anche aggiunto Flavio Briatore, Giovanni Rana, l’avvocato Marra e Sara Tommasi, ma purtroppo non c’è stato il tempo: lo farà, con calma, nei prossimi giorni. La cornice della memorabile performance era la cosiddetta presentazione del libro di Vespa, ormai un vero e proprio format a se stante, un monumento al servilismo che fa apparire Porta a Porta un programma sbarazzino: l’insetto, nel ruolo di spalla, coadiuvato dai noti anestesisti Massimo Franco e Marcello Sorgi, porgeva timide e tumide domande all’anziano capocomico, tutto pittato, levigato e tirato a lucido dai maestri ebanisti di Arcore, che lo fanno ormai somigliare all’ultimo Michael Jackson, con due occhietti a mandorla da cinese in coma e un nuovo nasino con la punta all’insù davvero civettuolo. Il Sorgi veniva aspramente redarguito da Vespa per essersi permesso un sommesso dissenso sul concetto di magistratura uguale cancro: “Siamo qui per fare domande, non per dissentire dalle risposte”. A quelle parole il Cainano batteva una pacca sulla spalla della spalla e gli strizzava l’occhio, come a dire: “Ben scavato, vecchia talpa”. Anche perché l’insetto aveva appena elogiato il Cainano come un sincero “liberaldemocratico” di scuola einaudiana, mica come quel duce di Grillo che fa scegliere i suoi candidati dagli iscritti sul web. Rintracciare un filo di logica nelle risposte della mummia sarebbe impresa ardua. Non si è ben capito nemmeno come si chiamerà il suo partito, visto che a un certo punto ha ipotizzato di ribattezzarlo Forza Italia, ma di lasciare sulle schede elettorali la scritta “Popolo della Libertà”, tanto per rassicurare gli elettori che si tratta sempre di chi ha rovinato il Paese. Quanto a lui, che pure sarebbe il premier ideale come dimostrano le tre precedenti esperienze, è disposto a fare un passo indietro se si candida Monti. Che lui, non a caso, ha appena sfiduciato e accusato di aver mandato in malora l’Italia, dunque lo stima molto e “ho con lui un eccellente rapporto”, anche se “è stato influenzato dalla sinistra” e dunque gli sta diventando un po’ comunista: infatti non ha abolito le intercettazioni, che sono “incostituzionali”. Per rendergli più facile l’impresa di guidare il “rassemblement dei moderati” alla vittoria, ha anche aggiunto che Monti dovrà avere con sé tutti, dal Pdl o come cazzo si chiama a Montezemolo – Casini-Fini alla Lega Nord (incertezza, per ora, solo sui moderati di Forza Nuova). C’è, è vero, il piccolo dettaglio che la Lega ha sempre votato contro il governo Monti e lo considera un vampiro assetato di sangue, tant’è che B. — lo dice lui stesso — s’è appena accordato con Maroni per Alfano premier. Praticamente, con chiunque parli fa un accordo per un premier diverso. Ma queste sono quisquilie, dai, l’importante è divertirsi un altro po’. A questo punto, i casi sono soltanto due: o B. è fuori come un balcone, oppure si diverte a prendere tutti in giro. Più probabile la seconda ipotesi, vista l’ampia e consolidata disponibilità di politici e giornalisti a farsi prendere in giro. Nelle prossime ore vedremo se si è divertito anche Marcello Dell’Utri, che ieri, a metà pomeriggio, aveva annunciato la sua ricandidatura in quanto perseguitato politico, e nel tardo pomeriggio ha appreso dall’amica mummia che “mi spiace, non possiamo permetterci di ricandidarlo” anche se, beninteso, è un perseguitato politico. Si attende ad horas una dichiarazione di Dell’Utri per spiegare che gli spiace, ma il Caimummia non può permettersi di non ricandidarlo.

Autorità [di controllati e controllori]

Sottotitolo: «La Bbc non mi piace ma non ci posso fare niente» (Margareth Thatcher)

Preambolo:  secondo la legge i commissari delle varie autorità  devono essere autonomi e indipendenti.  E, soprattutto, competenti.

Morale: dopo ogni puntata di Report viene voglia di espatriare, senza fare nemmeno le valigie,  per non portarsi via nemmeno un granello di polvere proveniente da questo paese.

Report – I Garanti del 07/10/2012

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Le authority sono gli organi indipendenti che regolano il mercato.

Come stanno vigilando sulla più grande operazione europea di fusione tra due compagnie di assicurazione, Fondiaria Sai di Ligresti e Unipol di LegaCoop?

I segretari comunali in Italia sono circa 3.000. Dai piccoli comuni alle grandi città tutti devono averne uno. Sono i più importanti dirigenti comunali e il loro ruolo principale è controllare che i provvedimenti varati dalla giunta siano conformi alle leggi. Il loro stipendio è a carico del comune e in molti casi raggiunge cifre così sproporzionate da farli apparire una vera e propria casta. A Camugnano, un piccolo paese di duemila abitanti in provincia di Bologna sommando stipendio base, indennità e rimborsi, il segretario comunale alla fine costa quasi 110 mila euro all’anno. E simile è la situazione in tanti altri comuni. Fino a raggiungere cifre da capogiro, come a Como: il suo segretario nel 2011 ha dichiarato 234mila euro, il doppio dello stipendio base del capo dell’FBI. In tutto gli stipendi dei segretari costano all’amministrazione ogni anno tra i 150 e i 200 milioni di euro, mentre l’agenzia che gestisce il loro albo, sebbene soppressa, continua a costare ogni anni decine di milioni allo Stato.

In Inghilterra  l’interferenza dei governi, e dunque della politica sulla scelta delle varie authority di controllo  significherebbe “un grave danno di immagine”.

E quindi, semplicemente, non interferiscono per non danneggiare – appunto – la loro immagine.
Perché da noi no?
Perché da noi la politica, tutta, e i governi, tutti, non solo interferiscono ma scelgono e propongono ma più che altro impongono direttamente chi dovrà occuparsi di garanzie ed essere quindi imparziale ma che per ovvii motivi di conflitto di interessi [parlando con pardon] non potrà mai essere né garante e né imparziale?

Dopo aver visto l’ennesima puntata voltastomaco di Report ci vorrà un coraggio da leoni alle prossime elezioni [eventuali, ormai siamo nell’ambito infinito delle ipotesi anche per quel che riguarda proprio l’abc della democrazia] a votare per questa politica amica o conoscente assai stretta delle varie cricche che poi infila in ogni dove,  di amici, parenti e conoscenti o semplicemente di persone funzionali al progetto di chi non vuole civilizzare l’Italia né renderla un paese semplicemente normale,  gente  che poi va, per volere della politica, dunque non potendo poi  fare gli interessi dei cittadini che dovrebbero essere tutelati,  a comporre gli istituti di controllo di tutto quello che è proprio e invece il fondamento della democrazia quali sono appunto gli organi che poi devono, dovrebbero anzi, occuparsi di come viene regolato il cosiddetto ‘mercato’, persone chiamate a ideare e realizzare  le regole e che poi devono vigilare affinché vengano poi rispettate in un mercato che dovrebbe, anzi deve essere trasparente, non qualcosa entro cui nascondere e tutelare invece  gl’interessi  privati di chi gestisce quel mercato.

C’è un interrogativo che dovrebbe battere in testa a tutti come un’ossessione, qualcosa che tutti dovremmo ripeterci tutti i giorni come un mantra: perché tutto quello che in altri paesi è semplicemente un’operazione di civiltà democratica qui da noi diventa invece e puntualmente un esercizio di malaffare, di inciuci sottobanco ma che poi mostrano irregolarità così manifeste e palesi  che dovrebbero far resuscitare pure i morti dall’indignazione,  incentivati, promossi, approvati e condivisi perché VOLUTI da chi dovrebbe fare in modo che accada l’esatto contrario ma che invece lavora attivamente affinché lo schifo rimanga schifo e anche un po’ di più.
Per dirla con un esempio che capirebbe anche un bambino di cinque anni, come fa la moglie di Bruno Vespa, dottoressa Iannini di professione magistrato nominata nientemeno che garante della privacy dal governissimo che fa benissimo, a sorvegliare sulle trasmissioni di suo marito?  come fa a controllare che suo marito durante ogni puntata di porta a porta rispetti davvero le regole, così come vorrebbero le regole?
 Perché tutto quello che oltre gl’italici confini è semplicemente normale e quindi si fa, qui da noi è invece impossibile e dunque NON si fa?
E chissà per quale motivo il molto onorevole indagato Corrado Passera si è rifiutato di rispondere alla Gabanelli sebbene lui fosse il ministro più interessato di tutti rispetto all’argomento di cui trattava Report ieri sera.
Per quale motivo in un paese democratico [?] un ministro si può sottrarre, rifiutarsi  di rispondere alle domande di una trasmissione d’inchiesta ben fatta, che non racconta balle, che fa davvero servizio pubblico [incredibilmente proprio nella tv pubblica, quella pagata coi soldi di tutti, non quindi la dependance di una classe politica inguardabile e indecente] e che quindi merita rispetto.
Lo stesso rispetto che poi esigono e pretendono quelle che qualcuno definisce inopinatamente “istituzioni”.
Di cosa e chi non è dato sapere.
27 aprile 2012:  dicono che i partiti sono morti ma dall’appettito che hanno sembrano vivissimi come nel racconto di Edgar Allan Poe dove il cadavere apparente gratta da dentro la bara. Infatti continuano a lottizzare tutto, perfino le Autorità indipendenti che essendo indipendenti non dovrebbero avere niente a che fare con i partiti. Tanto tutti li credono morti e si preparano alla prossima abbuffata.
Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti.
Michele Santoro racconta Antonio Martusciello.

No, non si dimette [neanche lei]

Polverini: “Fui invitata ad una festa da un consigliere ma le foto mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.

Preambolo: Spese dei gruppi consiliari in Lombardia “Non mostriamo le fatture. Cazzi nostri”

al fano: la polverini non si dimetterà perché non ha nessuna responsabilità.”

E allora di chi è la responsabilità? uno o una ce li volete dare o anche questa faccenda rischia di diventare una telenovela come quella di formigoni? 
Perché non l’aboliamo dal dizionario, questa parolaccia visto che non serve più a niente?

Renata Polverini è un prodotto televisivo.

Ringraziamo soprattutto Floris e/o chi per lui che la invitava a “Ballarò” una settimana sì e l’altra pure in qualità di sindacalista UGL: mecojoni!

In questo paese a maggioranza di telerincoglioniti i personaggi acquistano notorietà e, purtroppo un’autorevolezza spesso immeritata anche così. Se una persona si vede spesso in tv significa che è una persona che conta, se quella persona poi si presenta alle elezioni o si propone come presidente del circolo del burraco è chiaro che la gente poi affiderà la sua fiducia al conosciuto piuttosto che a quello mai visto prima. Più del 60% degli italiani vota secondo l’orientamento che gli danno le televisioni.

E  la diseducazione collettiva nasce anche dalle opportunità che si offrono a chi, invece di andare a parlare dei danni prodotti allo stato e cioè a noi   nelle sedi preposte va a farsi intervistare dal conduttore/giornalista di turno perché tutti  sanno che quelle ospitate faranno salire lo share.

Mentre lei era da Formigli su la7 Fiorito detto “er batman” era, ma che lo dico a fare, dall’insetto che striscia a porta a porta .

Chi ruba va in televisione, i condannati per mafia vanno in televisione, perché uno che ruba, un condannato per mafia deve andare in televisione? a quanti di noi verrebbe offerta la possibilità di andare in televisione dopo un avviso di garanzia, una condanna?

Parlano tutti di cambiamento, di riportare la politica al livello che le compete[rebbe] ma poi ancora deve nascere il conduttore/giornalista che chiuda le porte in faccia a questo cialtroname a cui si concede tutto, anche di andare a fare la vittima in televisione sui propri problemi di salute.

Vuole sapere, la polverini, a quanta gente è negata la possibilità di poter sequestrare un intero reparto ospedaliero per farsi operare? e quanta gente è costretta ad aspettare ben oltre i tempi regolamentari che impongono i protocolli? e che questo succede PROPRIO grazie allo sperpero di soldi pubblici? perché la polverini forse non lo sa, ma ogni volta che un politico, o chi per lui/lei ruba toglie a tutti un pezzo di strada, di ospedale, di scuola.

Esattamente la stessa cosa che succede quando non si pagano le tasse, quando quelle tasse non le pagano tutti.

E allora non ci venissero più a dire che le tasse sono bellissime se poi quei soldi vanno a finire in ostriche, champagne, feste di compleanno, cene da settemila euro.

Per il reato di malversazione l’ex governatore dell’Illinois è stato condannato a diverse decine d’anni di galera, e non ha potuto concordare le sue dimissioni con nessuno che avesse nel suo curriculum giudiziario nemmeno uno dei reati attribuiti all’ex tizio.

Che deve fare un presidente di regione oltre a partecipare alle sagre del peperoncino? non ho capito, chi controlla chi in questo stramaledetto paese?

E l’opposizione, parlando con pardon, cosa faceva alla Regione Lazio di bello invece di controllare l’operato della giunta?

In tutti gli ambiti lavorativi, dunque anche nella politica, esistono le gerarchie proprio perché più si va in alto e maggiori sono le responsabilità.

La polverini non se ne deve andare perché è antipatica e fascista ma perché si è dimostrata incapace di controllare cose di cui lei in prima persona aveva la responsabilità.

Nei posti di lavoro minori i licenziamenti scattano per molto meno di furti milionari ai danni di cittadini ignari che pensano di pagare le tasse per il bene comune, non quello del batman e del lusi di turno.

La Regione Lazio covo di ladri e affaristi. Come premio, la governatrice Renata Polverini e il pdl Franco Fiorito ospiti di Piazza Pulita e di Vespa

(Il Fatto Quotidiano)

Polverini di stalle
Marco Travaglio, 21 settembre

“Guardate che me ne vado, eh?”. “Lo sapete che potrei andarmene?”. “Avete capito o no che potrebbe darsi che me ne vada?”. Dopo una settimana trascorsa a minacciare di andarsene, ieri sera si è finalmente capito dov’era diretta Renata Polverini: in televisione. Precisamente a Piazza Pulita (per cambiare un po’: fino all’altroieri era un arredo di Ballarò). Intanto, in stereo, Francone Fiorito in arte Er Batman e il suo avvocato Carlo Taormina facevano il loro ingresso trionfale a Porta a Porta. Per Fiorito, si trattava di una lieta new entry. Per il vecchio Tao, un gradito ritorno, dopo i fasti del delitto di Cogne col contorno di plastico dello chalet e calunnie ai vicini della porta accanto. Mancava soltanto il figlio di Vespa, immortalato nella festa trimalcionica in stile antico romano, con Partenone (che sta in Grecia, ma fa lo stesso) di cartapesta e otri di finta pietra piene di vodka e mojito (tipiche bevande del tardo impero). Si conferma così uno dei tanti spread che dividono l’Italia dal mondo civile: nei paesi seri chi ruba va in galera e poi a casa (o viceversa), in Italia va a Porta a Porta. Che è pur sempre una pena, ma un po’ meno afflittiva. Flaiano diceva: “Mai minacciare le dimissioni: qualcuno potrebbe accettarle”. Ma non è più vero: anche se la Polverini le desse per davvero, nessuno le accetterebbe. Si spiega così l’abissale ritardo con cui la presunta opposizione alla Regione Lazio presenta la mozione di sfiducia contro la giunta Polverini: doveva prima farsi due conti per avere la certezza che fosse respinta. Mettetevi nei panni di un consigliere regionale: due anni fa ha speso magari uno o due milioni per farsi eleggere e guadagna dai 7,5 ai 14 mila euro netti al mese, più rimborsi vari. Per rientrare dei costi della campagna elettorale, e guadagnarci, non gli bastano cinque o sei consiliature complete. Figurarsi un biennio. Dunque, o è un missionario, oppure arrotonda, cioè ruba. E rubare non è solo versare i rimborsi pubblici sul proprio conto, come faceva quel neofita di Fiorito: è anche ingaggiare come consulente o membro dello staff chi ha lavorato alla campagna elettorale; è favorire negli appalti le aziende che l’hanno finanziata, specie nella sanità, magna pars del bilancio regionale; è farsi pagare ferie, viaggi, pranzi, cene, barche, auto, vestiti, squillo; è gonfiare le note spese di rappresentanza o di trasferta o dei convegni; è inventarsi trasvolate diplomatiche; è moltiplicare le commissioni e i comitati, con gettoni di presenza incorporati; è creare gruppi consiliari sempre più piccoli, anche formati da uno solo, per estrogenare i rimborsi. Perciò il ritorno alle urne, con altre spese da far rientrare e il rischio concreto di non essere rieletto è una prospettiva terrificante, per il consigliere medio. Ieri, per dire, un nostro cronista ha chiesto conto ai capigruppo di tutti i partiti in Lombardia sulla destinazione dei rimborsi: qualcuno ha invocato la privacy, altri l’han cacciato in malo modo, mancava poco che lo menassero. E c’è da capirli: il tesoro è talmente appetitoso da esigere una guardia arcigna, impermeabile a qualunque controllo democratico. A cinque anni dal boom de La Casta di Stella e Rizzo e dal V-Day di Grillo, dopo gli scandali Penati, Belsito, Formigoni, Tedesco e migliaia di solenni dichiarazioni, annunci e promesse sui famosi “tagli ai costi della politica”, un consigliere regionale ci costa 750 mila euro l’anno. Solo per mantenerlo, si capisce. Al netto degli arrotondamenti: la tassa occulta degli sprechi e della corruzione, che non si vede ma si paga. I soloni che s’interrogano sul successo tumultuoso di 5 Stelle non hanno ancora capito che molto dipende dal fattore soldi. E non sembra averlo capito nemmeno lo staff di Matteo Renzi, che risponde alle domande del Fatto su chi finanzia il tour delle primarie con imbarazzanti e imbarazzati “vedremo”, “pagheremo”. 

Ma quando? E come? E questa sarebbe la “nuova politica”? Cominciamo bene.