Alla Fornero piace la riforma del lavoro di #Renzi. E se piace a lei non può per ovvi motivi piacere a noi #JobAct

Ma come può venire in mente a qualcuno che la Rai, Raiuno poi, possa raccontare la Storia di questo paese per com’è andata. Come quelli che si sono stupiti perché nelle fiction di mafia mandate da mediaset mancavano dei tasselli importanti, quelli che mediaset per un evidente conflitto di interessi con l’argomento non può raccontare. In un paese dove la Storia si sta togliendo pezzo pezzo dalla scuola solo degli illusi possono pensare che la racconti poi la televisione. Sono anni che non guardo più le fiction di Raiuno, perché le storie vengono stravolte a beneficio della propaganda.

Gli anni spezzati, la frase che manca

Il film-tv di Graziano Diana, dedicato al commissario Calabresi, riscrive un periodo del nostro paese senza né storia né verità. Le bugie dello Stato, le montature contro gli anarchici, il buio che ancora avvolge la morte di Pinelli, scompaiono come in una foto sbianchettata. [Dal Manifesto]

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Chi fa politica o sindacato deve vivere come le persone che rappresenta. Oggi la gente è rassegnata, non ha neppure più la forza di incazzarsi. Se tocchi un ricco è capace di incazzarsi, la maggioranza di chi sta male si rassegna e non si incazza più. [Maurizio Landini, Servizio Pubblico, 9 gennaio]

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A Santoro voglio pure bene, e so che se chiama brunetta un motivo ci sarà. Ma sentir parlare brunetta, uno che campa di stato da quarant’anni, senz’aver cambiato di una virgola le questioni relative alla sua esperienza professionale di problemi del lavoro mi fa sentire male. Non è più possibile pensare che la causa del male possa essere anche la soluzione. Siamo pieni di economisti, giuslavoristi, gente che non ha mai svolto un lavoro vero in vita sua: per informazioni citofonare Ichino, il padre della figlia, qualcuno ci dovrà spiegare che cos’hanno fatto in tutto questo tempo. Chi l’ha fatta una politica economica in Italia: Tremonti?  Il problema è sempre lo stesso. La distanza abissale fra cittadini e politica. Chi i problemi non li conosce non li può risolvere. Non li sente su di sé come chi ha fatto una gavetta, ha vissuto una parte di vita nelle stesse difficoltà che oggi è chiamato a risolvere, o almeno a provarci. Gente che vive di politica da venti, trenta, quaranta, sessant’anni ma che ne può sapere, questi non sanno nemmeno quanto costa un litro di latte e un chilo di pane perché è una vita che qualcuno li compra per loro. Sono tutti componenti di un’élite di ricchi e benestanti da sempre che di povertà, sacrifici, lavoro duro, rinunce, non sanno niente, e non si possono immedesimare in chi pur lavorando non arriva nemmeno a potersi permettere il necessario. E non solo non lo sanno fare, non lo vogliono fare, non intendono rinunciare ad uno solo dei privilegi che la carriera politica in questo paese consente di ottenere ma ci mettono anche quell’arroganza che è impossibile poi che non susciti sentimenti negativi. Questo regimetto alla mangino brioches non si può più francamente sopportare. E non si spiega che razza di stabilità possa garantire gente così.
Per quale motivo dovremmo stare tranquilli a lasciar fare a persone così, e non trovo un aggettivo perché non vorrei sembrare una violenta portatrice d’odio.
Ché ormai l’odio è la prima e l’ultima fermata come nella peggiore delle vie crucis.
Dobbiamo imparare a detestare senza detestare. 

 

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La ministra Cancellieri lascia il posto al direttore del carcere di Marassi dove si danno permessi premio ai serial killer. Al posto del trasferimento un semplice provvedimento disciplinare: due sculacciate e via. Il messaggio che arriva è sempre lo stesso: c’è gente che si può permettere di ignorare perfino il concetto di assunzione di responsabilità, perché la responsabilità in quanto tale è stata resa già inoffensiva ed è già praticamente inesistente. 

Ci sono categorie dove tutti possono fare tutto e pensare che tanto dopo non succede niente.

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De Girolamo, ecco il contratto d’affitto
che prova il favore del ministro allo zio

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Il fatto che la De Girolamo sia potuta diventare un ministro della repubblica dovrebbe essere un motivo di speranza per tutt*. Nel senso che, se c’è riuscita lei chiunque può riuscire praticamente in tutto. Dovrebbe trovarsi proprio tutte le porte spalancate anche se non fa parte di nessuna categoria di eccellenze. Mentre e invece è proprio il contrario: il fatto che gente come la De Girolamo abbia avuto la possibilità di occupare un posto da ministro è il segno, il sintomo, della malattia incurabile che affligge questo paese e solo questo sarebbe un ottimo motivo per scappare dall’Italia senza fare nemmeno le valigie.

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CRITICA, VILIPENDIO E LESA MAESTÀ (Bruno Tinti)

[…] Bene l’aveva capito il Re di un piccolo pianeta dove era finito il Piccolo Principe nel suo vagabondare (Le Petit Prince, Antoine de Saint Exupéry) e che affermava di regnare su tutto, perfino sulle stelle. Poi però si era affrettato a precisare: “L’autorità riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, farà la rivoluzione. Ho il diritto di esigere l’ubbidienza perché i miei ordini sono ragionevoli”. Ecco, quando Napolitano terrà comportamenti ragionevoli (per esempio non si affretterà a stringere la mano ai marò che hanno ammazzato due poveri pescatori) sarà così autorevole da poter esser considerato autorità non criticabile.

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Casa al Colosseo, chiesti tre anni
per l’ex ministro Claudio Scajola

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Scajoletta
Marco Travaglio, 10 gennaio

In un paese normale, e persino nell’Italia di qualche anno fa, il governo Letta sarebbe caduto da un pezzo. A fine anno Matteo Renzi, cioè il segretario del principale (per non dire l’unico) partito che sostiene in governo, l’ha accusato di fare “marchette”. Anziché trarne le conseguenze e salire al Colle per rassegnare le dimissioni, il premier Nipote si è detto “amareggiato”, poi ha esaltato la “svolta dei quarantenni”, infine è partito fischiettando per le ferie in Slovenia. Intanto l’Europa bocciava la legge di Stabilità e il Quirinale il decreto di fine anno, quello delle marchette. E si scopriva che l’Imu, più volte data per abolita, è sempre viva e lotta insieme a noi: il 24 gennaio pagheremo la mini-Imu, mentre alla maxi hanno cambiato nome, e già che c’erano l’hanno pure alzata. Un tempo detta Invim e Ilor, poi Isi, Ici e Imu, l’imposta sulla casa ora si chiama Trise, a sua volta suddivisa in Tari, Tuc e Tasi; ma Trise non suona tanto bene e l’hanno ribattezzata Iuc. Nessuno ha ancora capito chi la paga, come e in quante rate. Però si sa che i contribuenti, oltreché del commercialista, dovranno munirsi di un enigmista e di un esorcista. 

Il ministro Saccomanni ha le visioni: a ottobre ha visto la ripresa, a novembre ha notato la luce in fondo al tunnel e l’altro giorno ha avvistato una categoria di privilegiati spudorati che si permettono di guadagnare la bellezza di 1.300 euro mensili: gli insegnanti. 

Così ha pensato bene di rapinarli a botte di 150 euro al mese. Purtroppo quelli se ne sono accorti, allora è andata in scena la solita commedia all’italiana: Renzi protesta, Letta rincula, Saccomanni dice che è colpa della Carrozza che sapeva tutto, la Carrozza dice che non sapeva niente ed è colpa di Saccomanni, poi Saccomanni corregge il tiro (un piccolo “difetto di comunicazione”) e così pure la Carrozza (“a volte i ministri non sanno nulla”), quindi non è colpa di nessuno. Scajola docet. Risultato: Renzi, segretario del primo (e quasi unico) partito che sostiene il governo, fa un figurone perché tutti lo credono il capo dell’opposizione e sale un altro po’ nei sondaggi. Così è stato per i casi di Alfano e della Cancellieri in Ligresti. Così sarà in futuro non appena anche Renzi, dopo i 5Stelle, si accorgerà di quel che sta facendo Lupi con l’Expo, il Tap e il Tav, e di quel che ha fatto la De Girolamo. 

Da qualche giorno, in beata solitudine, il Fatto racconta le gesta beneventane della ministra dell’Agricoltura, paracadutata dal Cainano perché appassionata di giardinaggio. Dalle sue conversazioni registrate di nascosto da un dirigente Asl, ora indagato, s’è scoperto che la futura ministra premeva su un ente religioso che controlla l’ospedale Fatebenefratelli perché affittasse il bar del nosocomio a suo zio Franco Liguori, togliendolo al di lui fratello (di lei nemico) Maurizio. E, per accelerare l’operazione, intimava al direttore generale dell’Asl: “Al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo… Mandagli i controlli e vaffanculo!”. Poi i controlli (dei Nas) arrivarono, il bar del Liguori sbagliato fu chiuso e riaprì con il Liguori giusto. Ma quando certe cose le facevano Mastella & famiglia, ne parlavano e scrivevano tutti. Ora invece tutti zitti. A parte la ministra che spiega al Tempo: “Riunivo i vertici dell’Asl a casa mia perché dovevo allattare mia figlia”. Come se fosse normale che una deputata convochi i dirigenti di un’Asl (non importa dove) per parlare di bar e appalti. 

Se questa è la svolta dei quarantenni, tanto valeva tenersi Mastella. Ma mai come oggi il silenzio è d’oro. Se qualcuno parlasse, dovrebbe chiedere le dimissioni della De Girolamo. Che a sua volta dovrebbe chiedere quelle della Cancellieri. Che dovrebbe chiedere quelle di Alfano. Che, se non fosse dello stesso partito, dovrebbe chiedere quelle di Lupi. Che dovrebbe chiedere quelle della Carrozza. Che dovrebbe chiedere quelle di Saccomanni. Alla fine resterebbero Letta e Napolitano, che hanno nominato tutta questa bella gente. Dunque non c’entrano. Scajola, tesoro, dove sei?

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” Saccomanni spiega, testuale: “C’è stato un problema di comunicazione, il ministero dell’Economia è un mero esecutore, aspettavamo istruzioni che non sono pervenute”. Da chi dovevano pervenire? Dalla Carrozza, che sapeva tutto dal 9 dicembre. Ma lei spiega: spesso i ministri non sanno nulla. Alfano ha confermato: “È vero, anch’io non so mai un cazzo”. Viene in mente la vignetta di Altan: “Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che dico”.

“Dopo aver tentato di vendere le caserme non si sa bene a chi, e poi le spiagge e gli ombrelloni, Saccomanni passa all’accattonaggio molesto: chiede 150 euro al mese agli insegnanti che ne guadagnano già addirittura 1300, se no poi con tutti quei soldi gli gira la testa e chissà dove vanno a folleggiare”.

Marco Travaglio

Italia: uno stato “ne me quitte pas”

Giulia Maria [Ligresti] è un po’ come la Giulia Sofia di Crozza – Montezemolo: a differenza della seconda però, di cui non si conoscono il cognome e il volto e che è un’esperta di aragostate lei è lo è delle paraculate. Che non sono per niente charmantes.

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Sottotitolo: “in uno stato davvero democratico vige il principio che tutti sono sostituibili, specie se è in gioco il prestigio delle istituzioni, per un principio di responsabilità. Ma noi siamo uno stato “Ne me quitte pas”: Cancellieri, Napolitano, Amato, non ci lasciate altrimenti non sappiamo che fare. Noi non siamo uno stato davvero democratico. [Michele Santoro]

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I renziani sono critici, poi votano sempre con la maggioranza. Visto che qui c’è una mozione di sfiducia individuale, non al governo, perché – oltre a criticare la Cancellieri – non le votano anche contro? Sono rottamatori o manutentori?”[Marco Travaglio]

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Per tutti quelli che “la Cancellieri ha fatto bene”.
E se trovano un po’ di vergogna da qualche parte, la usassero pure senza parsimonia.

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“In qualunque altro paese, la Cancellieri sarebbe già a casa. Qui invece è finita con 29 secondi di standing ovation al Senato e 18 alla Camera.” Marco Travaglio, nel suo editoriale, analizza punto per punto il discorso in aula del Ministro della Giustizia sul “caso Ligresti”.

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Se quelle di Letta sono palle d’acciaio non oso pensare di che materiale siano quelle dei romani che hanno scoperto che da tredici anni pagavano biglietti dell’autobus usati. Clonati. E magari qualcuno è stato pure sanzionato perché non l’aveva fatto senza sapere che il suo era già stato pagato da un altro incolpevole utente Atac. Ma ovviamente l’amministrazione capitolina per tredici anni si è dovuta occupare di altre urgenze, tipo chessò, tappare le buche, evitare che Roma si trasformi nella Venezia del centro Italia dopo appena qualche ora di pioggia. Non fare nulla affinché la criminalità organizzata e la mafia prendessero possesso della Capitale d’Italia litorale compreso o risistemare le periferie. Cose così, ecco.

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Verrebbe da chiedersi come mai Renzi tutte quelle belle cose a proposito delle dimissioni della Cancellieri non le abbia dette in tempo utile affinché entrassero nel dibattito prima dell’inutile “riferirò” della ministra in parlamento. 

In politica non basta pensare le cose: bisognerebbe dirle e poi farle. E quello che è inacettabile è che un leader, candidato a guidare un partito e nel suo immaginario anche un governo dica delle cose mentre il partito di cui fa parte, anche i suoi, i cosiddetti “renziani” ne fanno altre tipo la standing ovation alla ministra bugiarda. 

Certo che è un bel tipo Matteo Renzi, uno con la scritta “sòla” in fronte ma che in questo paese di irriducibili romantici passa davvero per il rinnovatore che non è. 
Renzi che vuole cambiare la politica di centrosinistra tirandosi dentro tutto il vecchio e sudicio che lo sta rappresentando e lo ha rappresentato fino ad ora.

Se Renzi vuole essere credibile  faccia votare ai suoi la mozione di sfiducia alla ministra salvalavitamasoloseèligresti, insieme a Sel e ai 5stelle, altrimenti la smetta di andare in televisione a bocce, anzi, a palle d’acciao ferme a prendere in giro gli italiani. 
Ché questo è un film già visto e replicato troppe volte.

E, a proposito di Renzi, signora e permesso zona traffico limitato:  questi non si spostano sulle automobili di servizio [o in bicicletta quando sanno che c’è una telecamera a riprenderli] che il permesso ce l’hanno incorporato? gliene serve uno ulteriore anche per l’auto di famiglia? e per quale motivo? c’è gente che paga centinaia di euro l’anno per poter accedere alle ZTL per lavoro, non sono sindaci né onorevoli e senatori. E questi che già hanno tutto pure quello devono avere gratis?

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HENRY PALLE DI ACCIAIO (Marco Travaglio)

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GLI SCANDALI DEL PAESE E IL CERVELLO DEGLI ITALIANI (Bruno Tinti)

Vero: i politici di casa nostra hanno una faccia di bronzo che potrebbe essere usata per lo scampanìo di Pasqua. Ma è anche vero che i cittadini italiani soffrono di amnesia per gli eventi che non li toccano personalmente: un p o’ di indignazione, due o tre giorni di proteste e poi ricominciano a lamentarsi dell’eccessivo peso fiscale.

L’azione sinergica del bronzo e dell’assenza di memoria fa sì che la classe politica italiana sia, giustappunto, quella che Renzi vuole rottamare (va detto: senza convincenti sostituzioni e senza garanzie che, al posto del bronzo, ci sia solo più una grottesca maschera veneziana). Tutti sanno che il problema è resistere (lo aveva già detto Borrelli): qualche giorno, un paio di settimane, nei casi gravi un mesetto; e poi – come un’oca che sbuca dall’acqua più asciutta di prima – niente dimissioni, si ricomincia.

Abbiamo un presidente della Repubblica che manteneva frequenti rapporti con un imputato di falsa testimonianza in un processo che, se l’accusa fosse fondata, ferirebbe a morte i sopravvissuti della classe dirigente dell’epoca, tutta gente saldamente ancorata alla roccia del potere. Attenzione: che l’accusa sia fondata o no non ha nessuna importanza; un presidente della Repubblica non può avere amicizia con indagati, imputati, condannati; men che meno per reati quali quello ascritto a Mancino.

Abbiamo un ministro dell’Interno che ha permesso (perché ha collaborato attivamente, perché ha omesso di intervenire, perché ha trascurato di sorvegliare quello che succedeva nel suo ministero; non importa, è lo stesso) un sequestro di persona eseguito sul territorio italiano da emissari di una potenza straniera (come si dice nei film di spionaggio) e organizzato da un ambasciatore impadronitosi dei locali e delle strutture del ministero.

Abbiamo un ministro della Giustizia che mantiene rapporti di stretta amicizia con una famiglia di imprenditori il cui patriarca è stato condannato (nel 1992; erano già amici) a 2 anni e 4 mesi di prigione per il reato di corruzione. Che è arrestato insieme ai figli per un colossale falso in bilancio. Che, invece di spiegare ai suoi amici (magari con tristezza) che un pubblico funzionario (nel 1992 era prefetto) ovvero un ministro (come è ora) non può mantenere rapporti con persone che hanno problemi (gravissimi, non si tratta di una guida senza patente) con la giustizia, si mette a disposizione per “tutto quello che può fare”. Che qualcosa (non penalmente rilevante allo stato della legislazione attuale) effettivamente fa. E che si giustifica dicendo che non ha mai fatto pressioni sulla magistratura. Che dunque non si rende conto che il problema non sono le pressioni non fatte (ci mancherebbe altro) ma la deviazione dei pubblici poteri di cui è investita.

Di Napolitano e di Alfano non si parla più. Napolitano è stato eletto una seconda volta presidente ed è osannato come salvatore della Patria. Alfano si prepara a incassare il consenso degli pseudo moderati che, con B. al potere, erano onorati di fargli da tappetino della doccia. Di Cancellieri, tra un mese, nessuno ricorderà gli abusi commessi. Sicché c’è poco da scandalizzarsi: la mutua assistenza tra le facce di bronzo riposa sull’impunità garantita dall’amnesia dei cittadini.

Alla fine provo un po’ di pena per B. Di lui si continua a ricordare tutto. Un capro espiatorio per ripulire la coscienza del popolo. Che, come ai tempi delle indulgenze plenarie (ma ci sono ancora?), è pronto a ricominciare. Nel nostro caso, a dimenticare.

 

Arrendiamoci, siamo circondati

Sottotitolo:  “Che faremo con B?” L’imbarazzo del Pd. 

Beh, effettivamente c’è da farsela questa domanda.
Oggi.

In caso di condanna perde l’Italia, dice il segretario traghettatore.

Come se in tutti questi anni l’Italia avesse guadagnato qualcosa, ma probabilmente Epifani parlava per sé, per la classe dirigente di cui fa parte, per l’Italia degli interessi da difendere a tutti i costi.

Epifani come Renzi teme il contraccolpo negativo per il paese, che invece avrebbe solo da guadagnarci se condannassero berlusconi: qualcosa non torna, c’è chi proprio non si vuole rassegnare. 

Sarebbe bello se la Cassazione desse un segnale forte e chiaro per far capire a questi leader da riporto che le cose sono più semplici di quello che sembrano.

Sono alla disperazione ormai, gli ci vuole un tribunale per capire che coi delinquenti alleanze non se ne fanno.

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Preambolo: non mi aspetto nulla. Nulla che cambi in modo sostanziale e concreto le sorti di questo paese sciagurato.  Nel paese alla rovescia, dove un padre che ruba per far mangiare i figli va in galera per direttissima e chi ruba miliardi allo stato la fa franca e può vantare ancora il titolo di cavaliere, può succedere di tutto. Anche che assolvano un delinquente seriale.

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Sentenza Mediaset, quello sconto sull’interdizione è a rigor di legge Bruno Tinti, Il Fatto Quotidiano

Così dovrebbe andare. Ma, sapete com’è, se il diritto fosse semplice basterebbe un computer. Invece servono i giudici che, quando assolvono Berlusconi sono brave persone e quando lo condannano persecutori comunisti.

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Processo Mediaset, il giorno del giudizio
“Che faremo con B?” L’imbarazzo del Pd

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Quello che scrive Bruno Tinti sul Fatto di oggi serve anche come risposta alla figlia del corrotto latitante in quel di Hammamet che accusa la Magistratura di aver formato, in questi anni, dei clan di un contropotere occulto con lo scopo di sovvertire la volontà di quegli elettori a cui piace farsi rappresentare da corrotti, corruttori, amici dei mafiosi.
Mentre la realtà dice chiaramente che mai come in questi anni il parlamento è stato l’approdo naturale di chi aveva dei contenziosi seri da regolare con la legge. 
E che in assenza di politici conniventi col malaffare e che commettono reati in prima persona i Magistrati non sarebbero diventati l’extrema ratio, l’ultima e unica speranza per liberarsi dei politici delinquenti, visto che la politica non lo vuole fare come suggeriva saggiamente Paolo Borsellino quando diceva che forse un politico vicino, troppo vicino a gente poco raccomandabile non sta commettendo nessun reato ma sarebbe meglio tenerlo fuori dagli affari di stato. 
Uno che il boss mafioso se lo teneva in casa negli affari di stato non dovrebbe entrarci nemmeno.

Secondo la santanchè, quella che “non gliel’avrebbe mai data”, nessuno deve toccare silvio, secondo i molti altri a libro paga del boss nessuno lo dovrebbe nemmeno giudicare. 

Può stare tranquilla la garnero ex santanchè, alle persone normalmente oneste fa ribrezzo anche e solo l’idea di farsi non dico toccare ma semplicemente sfiorare o dividerci un metro quadro di suolo pubblico con uno così.

Lasciamo volentieri a quelle e quelli come lui, nonché ai suoi complici più o meno occulti la soddisfazione di averlo fatto, di avergli aperto le porte invece di serrarle a doppia mandata, di avergli stretto la mano, di averci mangiato insieme, di averlo ricevuto a palazzo come uno statista vero e non il miserabile millantatore disonesto che è, la soddisfazione di aver dedicato tempo ed energie in spregio della propria dignità per cercare di restituirne una mai posseduta ad un delinquente per natura.

Uno che in un contesto normale, in una società normale fatta di gente sana non sarebbe mai diventato quello che è, nessuno gli avrebbe dato la possibilità di deformare un paese a sua immagine e somiglianza, nessuno lo avrebbe seguito, sostenuto, considerato un interlocutore politico da prendere seriamente e al quale dare la possibilità di stravolgere le fondamenta della democrazia.

Uno da cui tenersi alla larga indipendentemente dalle sentenze di un tribunale che devono stabilire su un documento scritto quello che è davanti agli occhi di tutti: anche di quelli che lo difendono.

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Comunque vada è un complotto
Marco Travaglio, 1 agosto

Ieri ero collegato con La7 per lo speciale di Enrico Mentana sull’imminente sentenza del processo Mediaset in Cassazione. A un certo punto è giunta in studio la notizia di una manifestazione del Pdl fissata per oggi alle ore 17 dinanzi a Palazzo Grazioli, in contemporanea o subito prima o subito dopo la lettura del verdetto. In men che non si dica, l’onorevole Pdl Osvaldo Napoli ha aderito entusiasta all’iniziativa, negando però che si trattasse di un’intimidazione alla Corte chiamata a giudicare il suo capo. Anzi, si trattava di un’innocua “presenza” sotto le finestre dell’Augusto, peraltro improntata al proverbiale “rispetto” che lui e il suo partito nutrono verso la magistratura tutta. Alla manifestazione-presenza ha subito aderito, e non poteva essere altrimenti, il celebre “Esercito di Silvio”, anch’esso noto per la sua devozione verso l’ordine togato. Poi il coordinatore del Pdl Denis Verdini ha comunicato che la notizia della manifestazione-presenza era destituita di ogni fondamento. 

Purtroppo il Napoli si era nel frattempo allontanato, ma siamo certi che avrebbe immantinente preso le distanze da quell’incauto, anzi diciamo pure demenziale annuncio che tanto l’aveva entusiasmato solo pochi minuti prima. Viva le manifestazioni-presenza, ma anche assenza. Vedremo oggi se la notizia vera era l’annuncio o la smentita (probabilmente suggerita dall’avvocato Coppi, che fatica sette camicie a mettere la museruola ai rottweiler berlusconiani, tutti lì schiumanti a mordere il freno dietro la rete). Ma la notizia della manifestazione su una sentenza, convocata al buio, prim’ancora di conoscere la sentenza medesima, è talmente elettrizzante che ci auguriamo fosse autentica. Ci pare di vederli, i rottweiler riuniti nella notte con le pitonesse, i falchi e tutto lo zoo, intenti a preparare con la vernice spray gli striscioni con gli slogan multiuso e le dichiarazioni pret à porter, che vanno bene in caso sia di conferma della condanna sia di annullamento con rinvio sia di annullamento senza rinvio. Insomma, si portano su tutto. In caso di conferma: “È la prova del complotto politico-giudiziario. 

Il disegno eversivo della magistratura golpista iniziato dalle toghe rosse milanesi nel 1994 trova oggi il suo compimento con questa sentenza politica che mira a eliminare dalla scena il leader più amato e votato dagli italiani. Una sentenza ad personam e a orologeria, sintomo di appiattimento dei giudici sulle tesi dei pm nonostante l’evidenza dell’innocenza di Silvio Berlusconi, reincarnazione di Enzo Tortora, che rende ancor più urgente la riforma della giustizia con la separazione delle carriere”. In caso di annullamento con rinvio: “È la prova che c’era un complotto politico-giudiziario. Il disegno eversivo della magistratura golpista iniziato dalle toghe rosse milanesi nel 1994 continua con questa sentenza politica che non ha voluto dare completamente torto alla Procura che ancora mira a eliminare dalla scena il leader più amato e votato dagli italiani. Una sentenza ad personam e a orologeria, sintomo dell’appiattimento dei giudici sulle tesi dei pm nonostante l’evidenza dell’innocenza di Silvio Berlusconi, reincarnazione di Enzo Tortora, che rende ancor più urgente la riforma della giustizia con la separazione delle carriere”. In caso di annullamento senza rinvio: “È la prova che c’era un complotto politico-giudiziario. Finalmente il giudice a Berlino ha smontato definitivamente il disegno eversivo della magistratura golpista iniziato dalle toghe rosse milanesi nel 1994 a colpi di sentenze politiche che miravano a eliminare dalla scena il leader più amato e votato dai cittadini. Le condanne di primo e secondo grado, pronunciate nonostante l’evidenza dell’innocenza di Silvio Berlusconi, reincarnazione di Enzo Tortora, erano un evidente sintomo dell’appiattimento dei giudici sulle tesi dei pm che rende ancor più urgente la riforma della giustizia con la separazione delle carriere”. 
Amen.