Il vizio della memoria

Sottotitolo: che destino può avere un paese dove si bluffa, si improvvisa perfino sulle previsioni del tempo? Secondo gli illustri previsori preventivi, quelli che non prevedono ma ormai sono costretti ad ipotizzare per rispondere alla richiesta di un’utenza sempre più numerosa, quella  che non si accontenta di sapere che tempo farà domani ma vuole sapere se fra due settimane dovrà uscire con l’ombrello o lo spolverino, oggi a Roma sarebbe dovuto nevicare, mentre la temperatura esterna alle otto di stamattina era di dodici gradi. Le previsioni possono intercettare le perturbazioni e avere quindi un’attendibilità attendibile al massimo nei due, tre giorni prossimi venturi, oltre questo periodo è fantasiosa creatività. La realtà è che ci trattano come vogliamo essere trattati, in politica come in tutti gli ambiti. Perché non ce ne dovrebbe fregare nulla di che tempo farà fra dieci giorni, anche se abbiamo programmato una cosa particolare e importante. Perché nulla si può fare per impedire l’evento inevitabile.Nella politica però non esiste l’inevitabile: tutto si sarebbe potuto, e dovuto evitare. Anche berlusconi.

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Come faceva giustamente notare Oliviero Beha l’altra sera da Paragone, la vergogna non passa per le sentenze di un tribunale.
Così come non dovrebbero passarci la dignità e il senso personale della decenza. Paolo Borsellino diceva che conoscere persone disoneste, ancorché mafiose non costituisce di per sé un reato, ma se a conoscerle, frequentarle, avere rapporti stretti con loro, farci affari insieme e magari anche un partito politico, mettersele in casa in qualità di “stallieri eroi” è un politico dovrebbe essere un motivo più che sufficiente a rendere quel politico non solo inaffidabile “professionalmente” ma proprio umanamente. Nel paese del garantismo tout court, invece, quello dove non si è colpevoli nemmeno dopo un terzo grado di giudizio che non c’è in nessun altro paese al mondo, dove il desiderio di uguaglianza e di una giustizia uguale per tutti viene definito giustizialismo, essere stati raccomandati e accompagnati nella carriera politica dal frequentatore di mafiosi fa curriculum. E il risultato sono le persone come la De Girolamo che, invece di incassare il suo fallimento cerca un’assoluzione per un comportamento che non costituisce di per sé un reato ma che la rende di sicuro inaffidabile.

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Mauro Biani - The great biutifullLe larghe intese che Renzi rinfaccia oggi al pd che gli rinfaccia di andare a parlare con l'”evasore fiscale” berlusconi che poi è un frodatore, reato ben più grave dell’evasione, piacevano anche a Renzi, anzi, le auspicava.
Questo è un paese senza memoria, ecco perché vincono i berlusconi e i Renzi.
“Matteo Renzi, ospite di Ballarò, ammette che secondo lui in un altro paese che non sia l’Italia, PD e PDL avrebbero già trovato un accordo per governare.” [5 marzo 2013]

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La cosa importante che va ribadita e ripetuta è che l’indignazione del pd, nemmeno tutto verso Renzi che va a parlare con berlusconi è una paraculata ipocrita per prendere in giro i loro elettori che adesso vedono quelli che s’indignano ma non si ricordano, per amnesia vera o per opportunismo, del passato, quello meno recente e quello più attuale. 
Ha ragione Travaglio sulla memoria dei pesci rossi. 
Sembrano tutti i nati ieri che si stupiscono, si meravigliano e poi votano Renzi dopo vent’anni di berlusconi: come se non fosse stato sufficiente il sopportato subito e i pazzi, gli antipolitici siamo noi che invece abbiamo il vizio della memoria.

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Il ruolo dell’intellettuale, del filosofo, della persona in possesso di una cultura superiore all’interno delle società è sempre stato quello di indurre al ragionamento, alla riflessione profonda, di spiegare attraverso il suo grado di conoscenza quello che accade, i cambiamenti, aiutare la gente semplice, quella che non “ci arriva” per una cultura insufficiente o quella che si arrocca sulle sue certezze pensando che non esista un diverso modo di vedere, quindi di comprendere le cose. 

Più o meno la stessa funzione che hanno i libri, la letteratura, che hanno la capacità di aprirci la mente verso nuovi orizzonti, spiegandoci che non ci si deve fermare all’evidenza ma andare sempre oltre, perfino oltre quel che si vede e si legge. 

Solo in questo modo si può sviluppare quel senso critico che non si ferma al semplice giudizio sommario ma che si fonda su delle argomentazioni solide.

Cacciari, che viene invitato ovunque proprio in virtù del suo ruolo di filosofo ieri sera da Santoro, davanti a Salvini, ha detto che la lega non è razzista, che si muove e agisce secondo quello spirito che ha sempre animato quel movimento, dunque è legittimo pensare che faccia parte di quello spirito non violento, secondo il Cacciari pensiero, anche lo stalking reiterato, gli insulti, aver paragonato ad un orango il ministro Kyenge, averle lanciato banane su un palco. 
Episodi, ormai praticamente quotidiani, che non dovrebbero far preoccupare nessuno. 
Cacciari, da filosofo, divulgatore delle belle teorie, quelle che dovrebbero aiutare nella comprensione, invece di contrastare il pensiero leghista mettendo in evidenza lo spirito della lega, quello violento e discriminante gli riconosce una sua dignità e da oggi in poi Salvini e tutti quelli come lui potranno avvalersi, oltre che del loro spirito “animato” anche dell’autorevole parere di Cacciari – il filosofo intellettuale – per giustificare tutte le loro porcherie razziste.

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LA VOGLIA D’INCIUCIO (Curzio Maltese)

La parte del Pd che ha governato per due anni e fino all’altro giorno con Berlusconi si scandalizza se il nuovo segretario Matteo Renzi vuole discutere con il capo della destra la legge elettorale. All’improvviso i bersaniani, i dalemiani e altri correntisti del Pd hanno scoperto dopo vent’anni che Berlusconi è inaffidabile, ha un sacco di problemi con la giustizia, processi in corso, condanne, e insomma non è una persona con cui trattare. Cristianamente, si dovrebbe festeggiare questo ritorno a casa dei figlioli prodighi uccidendo il vitello grasso. È dai tempi della Bicamerale che scriviamo questo su Repubblica, spesso accusati dai vertici del centrosinistra di antiberlusconismo viscerale, estremismo ideologico e impolitico. Ora si sono convinti: evviva. Ma sui pentiti della sinistra è lecito avere qualche sospetto.

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LA RESURREZIONE DI LAZZARO – Marco Travaglio, 17 gennaio

Per la serie “senti chi parla”, ovvero “il bue che dà del cornuto all’asino”, va in scena la pantomima della sinistra Pd che chiede a Renzi di non incontrare B. “perché è un evasore fiscale”. A parte il fatto che è molto peggio di un evasore (la condanna è per frode fiscale), il nostro ometto ha una sfilza di sentenze di prescrizione e amnistia che lo dichiarano corruttore di giudici, pagatore occulto di politici, falsificatore di bilanci, testimone mendace e così via. Eppure questi sepolcri imbiancati, pur conoscendone il curriculum penale, o forse proprio per questo, ci han fatto insieme una Bicamerale, vari inciuci su tv, giustizia e conflitto d’interessi, un governo tecnico (Monti) e un governo politico (Letta), dopo avergli servito sul piatto d’argento le teste mozzate di Prodi e Rodotà, fatto scegliere il “nuovo” presidente della Repubblica (Napolitano) e il nuovo premier (il nipote di zio Gianni) in nome della “pacificazione” dopo la “guerra civile dei 20 anni”, tentato di “riformare” con lui la giustizia e la Costituzione.

Se le ultime porcate non sono andate in porto non è merito del Pd, che ci ha provato fino all’ultimo, tentando per mesi di trattenere B.. È merito (involontario, si capisce) di B., che s’è divincolato dai loro appiccicosi abbracci e li ha mollati perché non hanno mantenuto le promesse di pacificazione e, incalzati dagli elettori inferociti e dai 5Stelle, non gli hanno garantito il salvacondotto nonostante i generosi tentativi di Violante & C. Se alla sinistra Pd faceva schifo il pregiudicato, il 1° agosto – giorno della condanna – poteva cacciarlo. Invece i ministri bersaniani e dalemiani sono rimasti a pie’ fermo sulle poltrone di combattimento, del governo e della maggioranza, fino a due mesi fa quando, fuggito e decaduto il Cainano, hanno preso a fingere di non averlo mai conosciuto. E subito han digerito, senza l’ombra di un ruttino, la compagnia dei poltronisti dell’Ncd, da Alfano a Schifani, da Cicchitto a Quagliariello, da Formigoni a Lupi, da De Girolamo ad Azzollini, da Bonsignore a D’Alì, che avevano sempre difeso il condannato e continuano a difenderlo, anche perché vantano una percentuale di inquisiti da far impallidire Forza Italia.

E ora questi stomaci di ghisa e queste facce di bronzo intimano a Renzi di non parlare con B. di legge elettorale e l’accusano di resuscitarlo, sfoderando una questione morale messa sotto i tacchi per vent’anni? Sentite Danilo Leva, il geniale responsabile Giustizia di Bersani che fino a due mesi fa voleva riformare la giustizia col pregiudicato: “Un conto è Forza Italia, un conto è Berlusconi condannato in via definitiva. Non vorrei una sua riabilitazione attraverso gratuiti atti simbolici”. Sentite il capogruppo bersaniano Roberto Speranza, che dirigeva alla Camera la truppa alleata di B. fino a due mesi fa: “È poco opportuno il confronto con un condannato in terzo grado”.

Se questi tartufi avessero davvero a cuore la questione morale, si potrebbe almeno starli a sentire. Invece è chiarissimo quel che temono, in sintonia con l’impiccione del Colle: che Renzi trovi i numeri per cambiare la legge elettorale con una maggioranza diversa da quella di governo, mettendo ai margini i partitucoli e in crisi il Napoletta. Ma una legge elettorale decente non potrà mai nascere accontentando alfanidi, montiani e casinisti, noti frequentatori di se stessi. Per farla occorre un accordo fra il Pd e uno dei due partiti maggiori: o M5S o FI. Renzi s’è rivolto anzitutto a Grillo, che però s’è chiamato fuori, rinunciando a influenzare la riforma elettorale e rinviando tutto al web-referendum di fine febbraio, troppo tardi. A questo punto a Renzi non resta che FI, talmente mal messa da accettare qualunque diktat pur di rientrare in gioco. Se però B. tornerà in partita, la colpa andrà attribuita a chi ci ha sprofondati in questo incubo. Non l’altroieri: l’anno scorso, quando i pidini che ora gridano alla resurrezione di Lazzaro seppellirono Prodi e Rodotà e riesumarono la salma di B. dalle urne. Anzi, dall’urna.

Alla Fornero piace la riforma del lavoro di #Renzi. E se piace a lei non può per ovvi motivi piacere a noi #JobAct

Ma come può venire in mente a qualcuno che la Rai, Raiuno poi, possa raccontare la Storia di questo paese per com’è andata. Come quelli che si sono stupiti perché nelle fiction di mafia mandate da mediaset mancavano dei tasselli importanti, quelli che mediaset per un evidente conflitto di interessi con l’argomento non può raccontare. In un paese dove la Storia si sta togliendo pezzo pezzo dalla scuola solo degli illusi possono pensare che la racconti poi la televisione. Sono anni che non guardo più le fiction di Raiuno, perché le storie vengono stravolte a beneficio della propaganda.

Gli anni spezzati, la frase che manca

Il film-tv di Graziano Diana, dedicato al commissario Calabresi, riscrive un periodo del nostro paese senza né storia né verità. Le bugie dello Stato, le montature contro gli anarchici, il buio che ancora avvolge la morte di Pinelli, scompaiono come in una foto sbianchettata. [Dal Manifesto]

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Chi fa politica o sindacato deve vivere come le persone che rappresenta. Oggi la gente è rassegnata, non ha neppure più la forza di incazzarsi. Se tocchi un ricco è capace di incazzarsi, la maggioranza di chi sta male si rassegna e non si incazza più. [Maurizio Landini, Servizio Pubblico, 9 gennaio]

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A Santoro voglio pure bene, e so che se chiama brunetta un motivo ci sarà. Ma sentir parlare brunetta, uno che campa di stato da quarant’anni, senz’aver cambiato di una virgola le questioni relative alla sua esperienza professionale di problemi del lavoro mi fa sentire male. Non è più possibile pensare che la causa del male possa essere anche la soluzione. Siamo pieni di economisti, giuslavoristi, gente che non ha mai svolto un lavoro vero in vita sua: per informazioni citofonare Ichino, il padre della figlia, qualcuno ci dovrà spiegare che cos’hanno fatto in tutto questo tempo. Chi l’ha fatta una politica economica in Italia: Tremonti?  Il problema è sempre lo stesso. La distanza abissale fra cittadini e politica. Chi i problemi non li conosce non li può risolvere. Non li sente su di sé come chi ha fatto una gavetta, ha vissuto una parte di vita nelle stesse difficoltà che oggi è chiamato a risolvere, o almeno a provarci. Gente che vive di politica da venti, trenta, quaranta, sessant’anni ma che ne può sapere, questi non sanno nemmeno quanto costa un litro di latte e un chilo di pane perché è una vita che qualcuno li compra per loro. Sono tutti componenti di un’élite di ricchi e benestanti da sempre che di povertà, sacrifici, lavoro duro, rinunce, non sanno niente, e non si possono immedesimare in chi pur lavorando non arriva nemmeno a potersi permettere il necessario. E non solo non lo sanno fare, non lo vogliono fare, non intendono rinunciare ad uno solo dei privilegi che la carriera politica in questo paese consente di ottenere ma ci mettono anche quell’arroganza che è impossibile poi che non susciti sentimenti negativi. Questo regimetto alla mangino brioches non si può più francamente sopportare. E non si spiega che razza di stabilità possa garantire gente così.
Per quale motivo dovremmo stare tranquilli a lasciar fare a persone così, e non trovo un aggettivo perché non vorrei sembrare una violenta portatrice d’odio.
Ché ormai l’odio è la prima e l’ultima fermata come nella peggiore delle vie crucis.
Dobbiamo imparare a detestare senza detestare. 

 

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La ministra Cancellieri lascia il posto al direttore del carcere di Marassi dove si danno permessi premio ai serial killer. Al posto del trasferimento un semplice provvedimento disciplinare: due sculacciate e via. Il messaggio che arriva è sempre lo stesso: c’è gente che si può permettere di ignorare perfino il concetto di assunzione di responsabilità, perché la responsabilità in quanto tale è stata resa già inoffensiva ed è già praticamente inesistente. 

Ci sono categorie dove tutti possono fare tutto e pensare che tanto dopo non succede niente.

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De Girolamo, ecco il contratto d’affitto
che prova il favore del ministro allo zio

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Il fatto che la De Girolamo sia potuta diventare un ministro della repubblica dovrebbe essere un motivo di speranza per tutt*. Nel senso che, se c’è riuscita lei chiunque può riuscire praticamente in tutto. Dovrebbe trovarsi proprio tutte le porte spalancate anche se non fa parte di nessuna categoria di eccellenze. Mentre e invece è proprio il contrario: il fatto che gente come la De Girolamo abbia avuto la possibilità di occupare un posto da ministro è il segno, il sintomo, della malattia incurabile che affligge questo paese e solo questo sarebbe un ottimo motivo per scappare dall’Italia senza fare nemmeno le valigie.

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CRITICA, VILIPENDIO E LESA MAESTÀ (Bruno Tinti)

[…] Bene l’aveva capito il Re di un piccolo pianeta dove era finito il Piccolo Principe nel suo vagabondare (Le Petit Prince, Antoine de Saint Exupéry) e che affermava di regnare su tutto, perfino sulle stelle. Poi però si era affrettato a precisare: “L’autorità riposa, prima di tutto, sulla ragione. Se ordini al tuo popolo di andare a gettarsi in mare, farà la rivoluzione. Ho il diritto di esigere l’ubbidienza perché i miei ordini sono ragionevoli”. Ecco, quando Napolitano terrà comportamenti ragionevoli (per esempio non si affretterà a stringere la mano ai marò che hanno ammazzato due poveri pescatori) sarà così autorevole da poter esser considerato autorità non criticabile.

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Casa al Colosseo, chiesti tre anni
per l’ex ministro Claudio Scajola

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Scajoletta
Marco Travaglio, 10 gennaio

In un paese normale, e persino nell’Italia di qualche anno fa, il governo Letta sarebbe caduto da un pezzo. A fine anno Matteo Renzi, cioè il segretario del principale (per non dire l’unico) partito che sostiene in governo, l’ha accusato di fare “marchette”. Anziché trarne le conseguenze e salire al Colle per rassegnare le dimissioni, il premier Nipote si è detto “amareggiato”, poi ha esaltato la “svolta dei quarantenni”, infine è partito fischiettando per le ferie in Slovenia. Intanto l’Europa bocciava la legge di Stabilità e il Quirinale il decreto di fine anno, quello delle marchette. E si scopriva che l’Imu, più volte data per abolita, è sempre viva e lotta insieme a noi: il 24 gennaio pagheremo la mini-Imu, mentre alla maxi hanno cambiato nome, e già che c’erano l’hanno pure alzata. Un tempo detta Invim e Ilor, poi Isi, Ici e Imu, l’imposta sulla casa ora si chiama Trise, a sua volta suddivisa in Tari, Tuc e Tasi; ma Trise non suona tanto bene e l’hanno ribattezzata Iuc. Nessuno ha ancora capito chi la paga, come e in quante rate. Però si sa che i contribuenti, oltreché del commercialista, dovranno munirsi di un enigmista e di un esorcista. 

Il ministro Saccomanni ha le visioni: a ottobre ha visto la ripresa, a novembre ha notato la luce in fondo al tunnel e l’altro giorno ha avvistato una categoria di privilegiati spudorati che si permettono di guadagnare la bellezza di 1.300 euro mensili: gli insegnanti. 

Così ha pensato bene di rapinarli a botte di 150 euro al mese. Purtroppo quelli se ne sono accorti, allora è andata in scena la solita commedia all’italiana: Renzi protesta, Letta rincula, Saccomanni dice che è colpa della Carrozza che sapeva tutto, la Carrozza dice che non sapeva niente ed è colpa di Saccomanni, poi Saccomanni corregge il tiro (un piccolo “difetto di comunicazione”) e così pure la Carrozza (“a volte i ministri non sanno nulla”), quindi non è colpa di nessuno. Scajola docet. Risultato: Renzi, segretario del primo (e quasi unico) partito che sostiene il governo, fa un figurone perché tutti lo credono il capo dell’opposizione e sale un altro po’ nei sondaggi. Così è stato per i casi di Alfano e della Cancellieri in Ligresti. Così sarà in futuro non appena anche Renzi, dopo i 5Stelle, si accorgerà di quel che sta facendo Lupi con l’Expo, il Tap e il Tav, e di quel che ha fatto la De Girolamo. 

Da qualche giorno, in beata solitudine, il Fatto racconta le gesta beneventane della ministra dell’Agricoltura, paracadutata dal Cainano perché appassionata di giardinaggio. Dalle sue conversazioni registrate di nascosto da un dirigente Asl, ora indagato, s’è scoperto che la futura ministra premeva su un ente religioso che controlla l’ospedale Fatebenefratelli perché affittasse il bar del nosocomio a suo zio Franco Liguori, togliendolo al di lui fratello (di lei nemico) Maurizio. E, per accelerare l’operazione, intimava al direttore generale dell’Asl: “Al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo… Mandagli i controlli e vaffanculo!”. Poi i controlli (dei Nas) arrivarono, il bar del Liguori sbagliato fu chiuso e riaprì con il Liguori giusto. Ma quando certe cose le facevano Mastella & famiglia, ne parlavano e scrivevano tutti. Ora invece tutti zitti. A parte la ministra che spiega al Tempo: “Riunivo i vertici dell’Asl a casa mia perché dovevo allattare mia figlia”. Come se fosse normale che una deputata convochi i dirigenti di un’Asl (non importa dove) per parlare di bar e appalti. 

Se questa è la svolta dei quarantenni, tanto valeva tenersi Mastella. Ma mai come oggi il silenzio è d’oro. Se qualcuno parlasse, dovrebbe chiedere le dimissioni della De Girolamo. Che a sua volta dovrebbe chiedere quelle della Cancellieri. Che dovrebbe chiedere quelle di Alfano. Che, se non fosse dello stesso partito, dovrebbe chiedere quelle di Lupi. Che dovrebbe chiedere quelle della Carrozza. Che dovrebbe chiedere quelle di Saccomanni. Alla fine resterebbero Letta e Napolitano, che hanno nominato tutta questa bella gente. Dunque non c’entrano. Scajola, tesoro, dove sei?

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” Saccomanni spiega, testuale: “C’è stato un problema di comunicazione, il ministero dell’Economia è un mero esecutore, aspettavamo istruzioni che non sono pervenute”. Da chi dovevano pervenire? Dalla Carrozza, che sapeva tutto dal 9 dicembre. Ma lei spiega: spesso i ministri non sanno nulla. Alfano ha confermato: “È vero, anch’io non so mai un cazzo”. Viene in mente la vignetta di Altan: “Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che dico”.

“Dopo aver tentato di vendere le caserme non si sa bene a chi, e poi le spiagge e gli ombrelloni, Saccomanni passa all’accattonaggio molesto: chiede 150 euro al mese agli insegnanti che ne guadagnano già addirittura 1300, se no poi con tutti quei soldi gli gira la testa e chissà dove vanno a folleggiare”.

Marco Travaglio