Cambiare, si può

Sottotitolo: non c’è niente di più populista della solita retorica d’ordinanza e d’accatto espressa dalla politica e dal presidente vivo e vibrante ogni volta che un aereo militare riporta a casa un morto per la pace. Ipocriti sempre al servizio di qualcuno e che pretendono anche il rispetto per il loro ruolo e per una bandiera che nel corso della storia nessuno di quelli che l’ha rappresentata ha mai esitato a svendere al miglior offerente.

Peggio di Alemanno non c’è nessuno

Antonello Caporale, Il Fatto Quotidiano

Liberiamo Roma

Marino ha votato per Rodotà presidente e NON ha votato la fiducia a Letta. Non scegliere tra lui e Alemanno è follia, un regalo ai fascisti. 
PELLIZZETTI Amministrative: il genius loci inascoltato  DON FARINELLAVotate Marino per fermare fascisti e clericali  GIULIETTI Dieci e più ragioni per scegliere Marino  CATTOLICI DI BASE Appello contro Alemanno
[Micromega]

La scelta di non andare a votare è legittima quanto quella di farlo.

Ho scritto diverse volte perché lo penso che, secondo me, la gente ha tutto il diritto di non andare a votare se la politica non offre un’alternativa il più possibile vicina alle idee di tutti i cittadini e che sappia poi dare risposte concrete.

 I cittadini hanno non solo il diritto ma anche il dovere morale di avercela con la politica quando diventa arrogante, si ammanta di autoreferenzialità non tenendo minimamente conto di quali sono le esigenze, le urgenze, le necessità dei cittadini e davanti a queste mette le sue, la sua sopravvivenza a tutti i costi e, come è accaduto dopo le elezioni nazionali si permette di non considerare le scelte democratiche espresse alle elezioni in virtù di un’emergenza che evidentemente non c’era se a distanza di un mese non è stato reso operativo nessun provvedimento per contrastarla. 

E hanno il diritto e il dovere di avercela anche con lo stato se il suo più alto rappresentante dimostra di non garantire per i cittadini ma esclusivamente per quella politica che è la stessa che ha trascinato questo paese in questa condizione di anormalità antidemocratica e anticostituzionale.

E non è nemmeno vero come pensano e dicono in tanti che chi non va a votare poi non si deve lamentare; quel diritto ce l’ha eccome finché la politica non offrirà una giusta alternativa ma soprattutto quelle risposte che la politica non è tenuta ma OBBLIGATA a dare, ché se un ristorante propone sempre la stessa pietanza, disgustosa peraltro,  il suo proprietario poi non se la può prendere con nessuno oltre a se stesso se il suo locale poi  va in fallimento.

In questo paese non è la politica ad aver stancato la gente ma QUESTA politica, chi lo capisce e lo ha capito, è brav*, chi no, vada a ripassare le lezioni che la politica ha dato, per tacere per decenza di quelli antecedenti,  anche e solo in questi ultimi diciotto anni.

MA

Quando i cittadini hanno la possibilità di sovvertire questo stato di cose e non lo fanno per questioni di orgoglio, di difesa di chissà quale principio, perché pensano che tanto le cose poi non cambiano sono degli irresponsabili, esattamente come quei romani che non sono andati a votare e che non andranno a votare per mandare a casa l’indecente alemanno.

L’alternativa stavolta a Roma c’è,  si chiama Ignazio Marino, che non ha condiviso le scelte del suo partito coi fatti votando Rodotà, dimettendosi da senatore prima di sapere l’esito di queste elezioni e non votando a favore del governo delle larghe intese:  che altro doveva fare per dire alla gente “guardate che io non sono come loro, come tutti?”

Negli anni ottanta Gianni Alemanno era a capo del Fronte della gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano. Venti anni dopo, diventato sindaco di Roma, non ha dimenticato nessuno dei suoi vecchi amici camerati, neanche quelli condannati o finiti in galera per pestaggi o atti terroristici durante gli anni di piombo. A loro il primo cittadino della capitale ha riservato cariche politiche, consulenze e posti di tutto rispetto nelle società controllate dal Comune.

[gek60.altervista.org]

C’è la faremo [copyright sallusti]

https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/68614_4194548694706_1812812014_n.jpg[…] prima di tutto, un messaggio ai giornalisti inglesi di sinistra e agli intellettuali in genere: ricordate che disonestà e viltà si pagano sempre. Non pensate di potervi comportare per anni da propagandisti leccapiedi del regime sovietico, o di qualsiasi altro regime, e di ritornare improvvisamente alla dignità intellettuale.

Chi si prostituisce una volta, si prostituisce per sempre.

[George Orwell – La fattoria degli animali]

Sottotitolo: «La polizia in redazione sa di regime odioso ma l’arresto di Sallusti, la sua evasione e di nuovo il suo arresto, sia pure ai domiciliari, sono una commedia atroce perché la vittima, che senza tentennamenti noi non vogliamo in prigione, è stato il gendarme del peggiore giornalismo illiberale italiano, uno dei cani da guardia di quel Silvio Berlusconi che per venti anni ha seminato la peste della diffamazione, ben oltre l’articolo scritto ma non firmato da Renato Farina che ha infangato il giudice Cocilovo e che ancora oggi Sallusti rivendica come un’opinione forte e non come un’infamia. E Sallusti, nel difendersi, non usa il linguaggio del detenuto che noi vorremmo liberare ma del carceriere della libertà: non ha mai chiesto scusa a Cocilovo e, nella conferenza stampa, ha mitragliato le parole “cazzo” e “palle” al posto dei ragionamenti» [Francesco Merlo – La Repubblica].

Sallusti, arrestato, invia un tweet: “C’è la faremo”. Ecco perché gli articoli glieli scriveva Dreyfus. [forum spinoza.it]

Emilio Fede ha detto che silvio si è dimenticato di lui, Vittorio Feltri lacrima che il centro destra ha abbandonato sallusti.

Questa è la fine che fanno i SERVI quando non sono più utili al padrone.

Miserabili convinti che il disonesto impostore al quale hanno svenduto molto più della dignità gli potesse o gli dovesse dimostrare poi una riconoscenza dopo averli pagati a peso d’oro per raccontare balle, disinformare, calunniare e diffamare tutti quelli che non erano funzionali al progetto di un abusivo fuori legge che voleva trasformare l’Italia in una delle sue aziende.
Ragione di più per far vergognare tutti quelli che hanno difeso, sostenuto sallusti anche con una finta solidarietà che si potevano e dovevano risparmiare, quelli, giornalismo, politica, parlamento e Napolitano –  il quale  ha ritenuto opportuno doversi occupare anche del martire sallusti e chissà perché –  che hanno costretto un paese intero a seguire le vicissitudini di un ignobile personaggio, un delinquente comune come ce ne sono a migliaia, come se il problema della giustizia italiana fosse il carcere sì o no a sallusti e non ad esempio le migliaia di detenuti, gente che in galera non ci doveva proprio entrare ma  che invece  ci sta e ci resta  grazie alle leggi fasciste liberticide sulle quali un disinvolto presidente della repubblica ha messo la sua firma ma della quale chissà perché, a nessuno frega niente.
 Leggi come  la Bossi-Fini sull’immigrazione [approvata nel 2002], la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva [approvate tra il 2005 e il 2006] che trasformano in delinquenti quelli che delinquenti non sono.
Per quelle non c’è stata la levata di scudi di nessuno nonostante siano proprio queste che fanno riempire le carceri oltremodo.

Altro che gl’indulti e le amnistie per salvare i ladri di polli ma che poi servono ai massacratori di stato, ai ladri di stato,  ai corruttori e ai diffamatori che hanno vilipeso e sfinito questo paese per il solo fatto di esistere.

farina sallustiUno su mille c’è la fa
Marco Travaglio, 2 dicembre

Torna a grande richiesta la commedia all’italiana, nel solco della tradizione dei film a episodi con Sordi, Tognazzi, Gassmann, Manfredi, Vianello, Tina Pica e Walter Chiari. La pellicola, ancora in lavorazione, uscirà nelle sale a Natale. Siamo entrati in possesso della sceneggiatura dei primi quattro episodi.
Sballottaggio. Il leader di un partito chiamato Democratico organizza le primarie in linea con la ragione sociale, vince il primo round, esalta “la grande giornata di democrazia” e la strepitosa affluenza, ma poi scatena la guerra atomica per far sì che al ballottaggio voti il minor numero di persone possibile. Chi vuol partecipare deve inventarsi una scusa per l’assenza al primo turno. Quelle usate dai ragazzi a scuola (raffreddore, zia malata, cagnetta in calore, autobus in anticipo, allergia ai quaderni) non sono valide. Meglio optare per quelle dei Blues Brothers: “Avevo una gomma a terra, avevo finito la benzina, non avevo soldi per il taxi, la tintoria non ha portato il vestito, c’era il funerale di mia madre, l’inondazione, e poi le cavallette”.

L’onorevole Angelino. Un tizio di nome Angelino, convinto – non si sa bene da chi e perché – di essere il leader del centrodestra, organizza anche lui le primarie. Fissa date, detta regole, recluta candidati, intreccia alleanze, poi il suo padrone lo richiama all’ordine. Lui si dibatte un po’, dice addirittura che non vuole inquisiti, poi riceve una lettera di Dell’Utri in siciliano stretto: “Le tue primarie non servono a una minchia”. Vistosi perduto, va a Canossa, cioè ad Arcore, camminando in ginocchio sui ceci. Lo fanno entrare dall’ingresso della servitù, lo lasciano sei ore in anticamera, appoggiato a un panchetto, poi finalmente viene ricevuto. “Scusi Sire, non volevo, sono stato frainteso, non lo faccio più”. Il Nano Supremo, magnanimo, gli rimette la livrea a righine, gli restituisce il piumino e gli consente di spolverare.

Il conte di Montecribbio. Il direttore di un coso chiamato Il Giornale, dunque convinto di essere un giornalista, diffama questo e quello, finché si busca una condanna in appello per diffamazione. Vivo stupore dell’interessato. Il diffamato, impietosito, propone di ritirargli la querela in cambio delle scuse e del risarcimento. Ma il diffamatore, per misteriosi motivi, tiene tantissimo ad andare in galera e rincara la dose. La Cassazione conferma la condanna. I giudici, pietosamente, lo mandano ai domiciliari. Lui non sente ragioni e s’incazza: o galera o niente. Convoca la stampa per denunciare lo scandalo della magistratura politicizzata che rifiuta di arrestarlo. Si barrica in ufficio, pernotta nel cassetto della fotocopiatrice, poi la polizia lo preleva e lo traduce a casa sua. Lui twitta “C’è la faremo”, diffamando anche la lingua italiana. Poi, impavido, evade sul pianerottolo. Lo beccano subito: tribunale, processo per direttissima. Lui gongola: finalmente vado in galera. Ma niente da fare: ci vuol altro che un’evasione, in Italia, per finire dentro. Il giudice, inesorabile, lo rispedisce a casa. Lui giura: non evado più. Tanto è inutile.

I ragazzi irresistibili. Un’allegra brigata di vecchietti, convinti di essere dei tecnici, occupano Palazzo Chigi e improvvisano dei consigli dei ministri.

Uno si alza e s’inventa un decreto per consentire a un’acciaieria inquinante di continuare ad ammazzare la gente.

Un altro propone una legge draconiana per vietare di candidarsi ai condannati sopra i 4 anni. A nulla vale l’obiezione che 20 dei 21 onorevoli pregiudicati hanno condanne inferiori ai 4 anni [per superare detta soglia occorre mettersi a sparare].

Vivo disappunto del gobbo del Quarticciolo, della saponificatrice di Correggio, del Canaro della Magliana e dei mostri di Martinelle e di Dusseldorf, che resterebbero esclusi per un soffio dalle prossime elezioni.

Ottime chances invece per Sallusti, se smette.

Il ballottaggio

Sottotitolo: non mi preoccupano le iperbole di Grillo, parole che lasciano il tempo che trovano non essendo lui candidato a fare alcunché nemmeno se il movimento prendesse il 90% alle prossime elezioni. Mi preoccupano molto, e invece, le reali intenzioni di chi voce in capitolo ce l’ha e ce l’ha sempre avuta. A sinistra, ops, pardon, “a centrosinistra” come a destra.

 

Sono sempre andata a votare, non ho mai saltato un appuntamento col seggio, siamo una famiglia che ai valori ci crede, mio padre si faceva portare al seggio anche quando non camminava più, su una sedia a rotelle, quindi, alla luce dell’esito di queste primarie non accetto lezioni di educazione civica relative ad elezioni  organizzate in modo tale che dovessero andare a finire in un certo modo, primarie a cui poteva partecipare solo chi accettava di essere inserito nella categoria degli elettori di centro sinistra.

Io non sono un’elettrice di centro sinistra.

In questo paese la massima espressione della sinistra ha come punto di riferimento un cardinale. Il segretario vincente, del partito dei “ma anche [no]”, un papa.

Vendola, di famiglia comunista e cattolica sarebbe stato il meno peggio, ma Vendola vuole il matrimonio per gli omosessuali e il pd no, Vendola è l’unico che ha parlato di uguaglianza e di diritti civili applicati, il pd questo non lo può fare perché dentro c’ha la Bindi e Fioroni che piuttosto di lavorare per rendere questo paese più civile si farebbero arrostire su una pira.

 A me preoccupa proprio per un fatto culturale che Renzi sia stato preferito a Vendola. L’ha spiegato molto bene Freccero ieri sera, perché Renzi è un vincente. Perché parla una lingua nuova rispetto a quella della politica tradizionale.

Questa è l’epoca della comunicazione veloce, e Renzi può piacere o no ma ha azzeccato benissimo l’approccio comunicativo.

L’affabulazione romantica non convince, la maggioranza degli italiani non è culturalmente preparata a comprendere il linguaggio di Vendola.

Queste primarie sono davvero una sconfitta, al primo turno vince uno che fa parte del parlamento e che ha appoggiato tutti i provvedimenti che hanno ridotto gli italiani sul lastrico. Nel 2012 ancora si parla  ancora di destra e sinistra, di fascisti e comunisti, un modo di guardare alla politica dannoso e che sta  portando il nostro paese allo scatafascio, ci si accontenta di dare il voto a chi rappresenta in modo ideologico un partito pur sapendo che non può farcela piuttosto che puntare su un voto di opinione, innovazione, cambiamento, di Pertini, ce n’è stato solo uno.

Gente che ha votato Vendola scrive che pur di non veder vincere Renzi voterà Bersani, lo stesso che pubblicamente ha detto che tra i due preferisce il rottamatore, liberi tutti  di farlo ma poi ad aprile non ci lamentiamo se al governo vedremo ancora i signori di destra.


Capitolo due euro: democrazia partecipata non significa consegnare soldi alla politica e ai partiti per poi lasciare che partiti e politica facciano un po’ quello che vogliono, dunque quel che hanno sempre fatto.

L’obolo preteso significa dare alla politica ancora potere economico, che invece è quello che andrebbe senz’altro diminuito, visto l’uso sconsiderato che fa la politica coi soldi dei cittadini.  I due euro avrebbero avuto un senso se i partiti  non prendessero già  i rimborsi, allora ci poteva stare il discorso sui costi dell’organizzazione, ma loro i soldi ce li hanno, nonostante un referendum che ha detto, che aveva stabilito che gli italiani non vogliono più finanziare i partiti politici, visto l’uso sconsiderato che poi fanno con quei finanziamenti.
Chi ha votato Vendola come farà a votare Bersani al ballottaggio per non far vincere Renzi? E’ un trip pazzesco. Siamo di nuovo al voto con la molletta al naso perché parliamoci chiaro, chi è di sinistra e ha votato Vendola, a mettere la crocetta su Bersani non ce la dovrebbe fare.
Bersani aveva già anticipato che se avesse vinto lui si sarebbe portato Renzi e non Vendola, perché Renzi è del pd e Vendola no. Ieri sera la Bindi ha promesso il regolamento di conti interno al congresso perché a lei Renzi proprio non va giù. 
E’ questa la politica? è ancora questa, la politica?

Rosy_coni

Non so se qualcuno l’ha visto ieri sera su Raitre nello speciale di Lucarelli sulla strage di Capaci ma,  Grasso che parlava di Borsellino e Falcone alla luce delle dichiarazioni fatte a proposito del premio da dare a berlusconi circa la sua lotta antimafia mi ha provocato un grandissimo fastidio. Ecco dove cade poi la fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Il procuratore nazionale antimafia non può dire una cosa del genere pensando che non abbia poi delle conseguenze. Però l’ha detta lo stesso.
Quello che hanno fatto a Falcone e Borsellino quando erano  vivi è orribile quanto la loro morte, e io non mi do pace perché sono convinta che con loro molte cose che hanno segnato questo paese in modo irreversibile non sarebbero mai successe. E oggi – a vent’anni da quelle stragi – sentiamo il procuratore antimafia dire che pensa di premiare chi aveva un pluriergastolano assassino  mafioso alle sue dipendenze,  un eroe,  che faceva da baby sitter ai suoi figli e che ogni tanto gli metteva qualche bombetta sul cancello di casa, per simpatia, s’intende.
(Per tutti coloro che dicono che senza finanziamenti pubblici non si può fare politica).

Sottotitolo: Non c’è nessuna ribellione «contro i partiti». C’è una sacrosanta ribellione contro i gruppi dirigenti che da vent’anni occupano i partiti. Che hanno trasformato la politica in una professione redditizia. E che sono inchiodati sulle loro poltrone. Perché il ricambio, in democrazia, non è un optional. [Michele Ainis, costituzionalista]

La ribellione si estende anche a molto altro, Ainis è un gentiluomo e non lo può dire.

Non ha parlato, infatti, di corruzione, di mignottifici e mignottocrazie,  di collusioni con le mafie, di cose e case a loro insaputa, di lauree “ad trotam” e di diamanti,  di tutta una serie di porcherie inenarrabili ma accadute sul serio  che, se questo fosse stato un paese appena appena un po’ normale, non sarebbero mai dovute accadere.

E questi vogliono pure l’applauso invece dei fischi: sacrosanto strumento di dissenso dalla notte dei tempi.

Ergo: giù il sipario.

Qualcuno spiegasse a Bindi &Co. che non esistono gli elettori di centro destra o di centro sinistra, è finita, per fortuna,  l’appartenenza su cui hanno sguazzato per decenni, esistono gli elettori e basta.
E votano come cazzo gli pare.

E nessuno si deve permettere di dire che noi gente comune quando andiamo a votare  facciamo il gioco di qualcuno visto che non riusciamo a fare neppure il nostro.
Con buona pace di chi oggi si sente vincitore, il PD, che vince solo quando si scontra col peggio del peggio. Dove invece si è scontrato con un’alternativa più credibile ha perso.
Evidentemente non è la politica ad essere sgradita ma “certa” politica, se i siciliani di Palermo dopo trent’anni hanno scelto di nuovo Orlando.
E – guardacaso – aveva il PD contro, come era già successo a Napoli con De Magistris.
Occorre quindi ribadire un concetto che sta diventando nauseante: questa classe dirigente ha fallito.
Se ne deve andare a casa.  
Ha fatto (purtroppo) il suo tempo e distrutto tutto quel che si poteva distruggere.
Monti crolla nei sondaggi proprio perché anziché smarcarsi dalla vecchia politica e dai partiti ha fatto l’esatto contrario, e la notizia è che abbia ancora il 35/40% invece di sottozero. Ma piano piano tutti capiranno che anche nel sadomaso bisogna divertirsi (almeno) in due, altrimenti è violenza carnale.
Operare col sostegno di quei partiti che sono stati la causa della crisi (e di molto altro fra cui il rifiuto di questa politica) significa non poter prendere iniziative contrarie al volere di quei partiti.

Monti, anzi, si è proprio accomodato sui partiti, ne ha perpetuato l’azione (vedi costi della politica, privilegi eccetera:  cose che non sono state minimamente toccate mentre si faceva scempio di pensionati e lavoratori a stipendi e salari), ed ecco perché non è credibile.
I cittadini si aspettavano qualcuno che lavorasse per loro, non che continuasse ancora e ancora a tenere in piedi i distruttori della democrazia di questo paese.
Ed evidentemente l’idea di passare dalla politica del bunga bunga a quella del “rigor montis” non è stata gradita.
E meno male.

Boom boom boom

 Marco Travaglio, 22 maggio

Che spettacolo, ragazzi. A novembre, alla caduta dei Cainano, i partiti si erano riuniti su un noto Colle di Roma per decidere a tavolino il nostro futuro: se si vota subito, gli elettori ci asfaltano; allora noi li addormentiamo per un anno e mezzo col governo Monti, travestiamo da tecnici un pugno di banchieri e consulenti delle banche, gli facciamo fare il lavoro sporco per non pagare pegno, poi nel 2013 ci presentiamo con una legge elettorale ancor più indecente del Porcellum che non ci costringa ad allearci prima e, chiuse le urne, scopriamo che nessuno ha la maggioranza e dobbiamo ammucchiarci in un bel governissimo per il bene dell’Italia; intanto Alfano illude i suoi che B. non c’è più, Bersani fa finta di essere piovuto da Marte, Piercasinando si nasconde dietro Passera e/o Montezemolo o un altro Gattopardo per far dimenticare Cuffaro, la gente ci casca e la sfanghiamo un’altra volta, lasciando fuori dalla porta i disturbatori alla Grillo, Di Pietro e Vendola in nome del “dialogo “. Purtroppo per lorsignori, il dialogo fa le pentole ma non i coperchi. Gli elettori, tenuti a debita distanza dalle urne nazionali, si son fatti vivi alle amministrative, e guardacaso nei tre maggiori comuni hanno premiato proprio i candidati dei disturbatori: Pizzarotti (M5S) a Parma, Orlando (Idv) a Palermo, Doria (Sel) a Genova. Tre città che più diverse non potrebbero essere, ma con un comune denominatore: vince il candidato più lontano dalla maggioranza ABC che tiene in piedi il governo. Nemmeno il ritorno del terrorismo e dello stragismo a orologeria li hanno spaventati, come sperava qualcuno, inducendoli a stringersi attorno alla partitocrazia per solidarietà nazionale. Parma è un caso di scuola: il centrosinistra, dopo gli scandali e i fallimenti del centrodestra che a furia di ruberie ha indebitato il Comune di 5-600 milioni, era come l’attaccante che tira il rigore a porta vuota. Eppure è riuscito nella difficile impresa di fare autogol. Come? Candidando il presidente della provincia Bernazzoli, che s’è guardato bene dal dimettersi: ha fatto la campagna elettorale per le comunali con la poltrona provinciale attaccata al culo, così se perdeva conservava il posto. Non contento, il genio ha annunciato che avrebbe promosso assessore al Bilancio il vicepresidente di Cariparma. Sempre per la serie: la sinistra dei banchieri, detta anche “abbiamo una banca”.
Se Grillo avesse potuto costruirsi l’avversario con le sue mani, non gli sarebbe venuto così bene. Risultato: 60 a 40 per il grillino Pizzarotti, che ha speso per la campagna elettorale 6 mila euro e ha annunciato una squadra totalmente nuova e alternativa: da Maurizio Pallante a Loretta Napoleoni. Eppure il Pd era sinceramente convinto che Bernazzoli fosse il candidato ideale. E Bersani pensava davvero di sconfiggere il grillino accusandolo di trescare col Pdl, come se oggi, Anno Domini 2012, qualche elettore andasse ancora a votare perché gliel’ha detto B. o Alfano. Si sta verificando quello che avevamo sempre scritto: e cioè che la fine di B. coincide con la fine del Pdl, la fine di Bossi coincide con la fine della Lega, ma chi li ha accompagnati e tenuti in vita con finte opposizioni può sognarsi di prenderne il posto. Pdl, Pd e Udc sono partiti complementari che si tenevano in piedi a vicenda: quando cade uno, cadono anche gli altri due. I quali, non potendo più agitare lo spauracchio di B.&Bossi, dovrebbero offrire agli elettori un motivo positivo per votarli. E non ce l’hanno. Bastava sentirli cinguettare in tv di percentuali, alleanze, alternative di sinistra, rinnovamenti della destra, voti moderati, foto di Vasto, allargamenti all’Udc, per rendersi conto che non capiranno nemmeno questa lezione. Non sono cattivi: non ce la fanno proprio. Cadaveri che sfilano al funerale senz’accorgersi che i morti sono loro. Chissà se stavolta Napolitano ha sentito il boom: in caso contrario, è vivamente consigliata una visitina all’Amplifon .