Il vulnus Renzi ce l’aveva in casa. Chi l’avrebbe mai detto

Sottotitolo: un lato positivo nel referendum sull’indipendenza della Scozia c’è: quei deficienti dei leghisti, buzzurri, cialtroni, ignoranti, razzisti e violenti hanno finalmente imparato che né Amburgo né Strasburgo si trovano in Scozia.
Non tutto il male…eccetera, eccetera.

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LA CASSA DI FAMIGLIA, GLI STRILLONI DEL PERÙ E IL TFR DI MATTEO (Marco Lillo)

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LA BANCAROTTA DI CASA RENZI (Ferruccio Sansa e Davide Vecchi)

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Il padre di Renzi si dice così preoccupato da non aver ancora nemmeno nominato un avvocato.
Se le colpe dei padri non ricadono sui figli in questo caso l’arroganza sicuramente sì.

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La natura di “tutti” gli italiani non è quella di frodare lo stato, mafiare, gestire malamente i soldi degli altri per guadagnare in proprio, prendere le cose dove sono e continuare a campare onestamente.
E’ una tradizione che contraddistingue e riguarda un certo ceto sociale fatto di gente che, senz’alcun merito, con aiutini di vario genere dalla mafia alla politica e viceversa ha potuto raggiungere posizioni sociali elevate che hanno consentito ad intere famiglie di prendere possesso di questo paese fatto a fette e diviso in base a chi offriva di più ANCHE alla politica.
La politica che nel tempo ha chiuso gli occhi per convenienze reciproche agevolando attività non sempre legali, perché quando il potente dà una mano si crea quel circolo vizioso entro il quale le parole “non posso” sono bandite.

E’ vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ci mancherebbe, ma qui si parla di qualcosa di cui il figlio del padre era perfettamente a conoscenza. Il padre di Matteo Renzi è recidivo, l’avviso di garanzia di ieri non è la sua prima esperienza in materia di violazione della legge. Ecco perché è perfettamente legittimo avere qualche sospetto circa l’intesa di Renzi col pregiudicato interdetto e condannato il cui clou è, manco a dirlo, quella riforma della giustizia che sta molto a cuore anche a Napolitano, così tanto da averla sollecitata anche in due occasioni precise, subito dopo la sentenza che ha condannato berlusconi e immediatamente dopo la sua “assoluzione” nel processo per sfruttamento della prostituzione minorile. Quindi è chiaro a tutti, meno agli interessati e a quelli in malafede che esiste un problema di sopravvivenza della politica messa a rischio da chi chiede semplicemente che si rispettino le regole e la legge come da Costituzione, quella che Renzi vuole sabotare insieme a berlusconi. Problema che se si guarda a chi ha rappresentato e rappresenta la politica di questi ultimi due decenni entra in modo dirompente nella vita personale di alcuni rappresentanti della politica. Inutile ricordare che con una legge seria sul conflitto di interessi né berlusconi né Renzi avrebbero potuto intraprendere la carriera politica senza abbandonare prima quelle precedenti. Ecco perché risolvere i conflitti di interessi che soffocano questo paese è un tema che non interessa a Renzi come non interessava ai governi precedenti. L’imprenditore, il titolare d’azienda nel paese normale non fa politica. Qui invece non esiste una figura politica di quelle che contano che non abbia le mani in pasta ovunque ci sia da realizzare un guadagno che in molti casi viene agevolato proprio dalla politica. Il conflitto di interessi non è solo quello di berlusconi ma è quello dietro al quale si sono riparati tutti gli altri.

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Un po’ di storia.
Il padre di berlusconi ha fatto carriera alla banca Rasini in cui è entrato da usciere uscendone da funzionario e dove appoggiavano i loro conti correnti personaggi del calibro di Pippo Calò, Totò Riina, Bernardo Provenzano.
I meriti del fu Luigi a cui la FIGC ha intitolato anche un torneo ufficiale di calcio [perché i meriti sono meriti], sono tutti nella fatidica domanda a cui berlusconi non ha mai voluto rispondere: “cavaliere, dove ha preso i soldi?”
Il padre del berlusconi in scala ridotta è un affarista che ha fatto carriera e soldi entrando nella Democrazia Cristiana e trovando dunque chi lo finanziava col denaro dei contribuenti grazie alla politica. Matteo Renzi ha continuato a percepire i contributi pagati dallo stato, dai cittadini, grazie all’azienda di suo padre dove era stato assunto dieci giorni prima di correre per l’elezione da presidente della provincia.
Contributi che gli sono stati pagati per dieci anni finché Il Fatto Quotidiano non si è occupato di questa vicenda ignobile.
Cosa che forse fa molto Italia ma non fa TUTTA l’Italia.
Fa quell’Italia che non ammetterà mai che in questo paese da cinquant’anni spadroneggia la classe politica più disonesta del mondo, ma non è colpa di tutti, di “noi” se c’è chi vende i suoi voti al mafioso e al camorrista, non è colpa dei “noi” e di tutti, di chi votava quelli che promettevano di cambiare le cose e di mandare a casa i disonesti se poi ci hanno fatto accordi sopra e sotto ai tavoli e oggi perfino alla luce del sole benedetti dal presidente della repubblica.

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Tutto quello che mi viene in mente stamattina è racchiuso nella parola “tradimento”. Dell’azione “politica” di berlusconi ormai non c’è più niente da dire, ma almeno lui non ha mai fatto finta di volere altro dalla salvezza del suo patrimonio: coglioni e disonesti quanto lui quelli che hanno creduto all’uomo dei miracoli trascinando tutto il paese nella palude maleodorante [ma non abbastanza per Napolitano e Renzi] in cui il delinquente ha fatto affondare l’Italia.
Ma quelli che sono arrivati dopo avranno la stessa responsabilità di chi ha permesso che si arrivasse a questo punto.
Ovvero quelli che hanno spalancato le porte a berlusconi.
Perché sono quelli che fanno finta di tenerci, di volere il bene dello stato ma poi per opportunismo politico e per convenienza si piegano alle logiche sudicie delle manovre del palazzo e per la loro sopravvivenza politica mettono in pericolo la nostra di cittadini del paese reale tradendo tutti quei principi che facevano dell’Italia una repubblica fondata sul lavoro e il paese dove i cittadini erano tutti uguali. Dunque tradiscono quella Costituzione che è sempre stata un punto di riferimento e l’ancora di salvataggio mentre oggi è diventata l’intralcio che impedisce alla politica di demolire anche i diritti minimi di chi non ha gli stessi privilegi dei devastatori dello stato.
Non una cosa è stata fatta per giustificare i governi di emergenza, di larghe intese, quelli che Napolitano ha imposto per il bene del paese.
Nemmeno una.

Il vulnus

 Signori miei: io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono, è un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”. [Matteo Renzi, 11 Gennaio 2011]
“Referendum? Voterò “no” all’abolizione della remunerazione sull’acqua”. [Matteo Renzi, 4 Giugno 2011]
“TAV in Val di Susa? Quando le amministrazioni decidono, ci sono le garanzie ambientali e tutti i passaggi democratici, ad un certo punto bisogna fare le cose, altrimenti diventiamo il Paese dei ritardi, o come nel Monopoli, dove si pesca ‘tornate al vicolo corto’, e si ricomincia da capo”. [Matteo Renzi, 4 Luglio 2011]
“Sbaglia il PD ad aderire allo sciopero della CGIL”. [Matteo Renzi, 30 Agosto 2011]
“Mi ritrovo nella lettera della BCE. Sì all’aumento dell’età pensionabile”.[Matteo Renzi, 26 Ottobre 2011]
“A me dell’articolo 18, usando un tecnicismo giuridico, non me ne po’ frega’ de meno”. [Matteo Renzi, 27 marzo 2012]

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Molte delle cose che Renzi pensa di voler trasformare in leggi dello stato le aveva dette prima di vincere le primarie del suo partito.  Chi vota uno che si dice di sinistra e poi dice certe cose è imbecille, ed è doppiamente imbecille chi lo ha votato senza sapere che le aveva dette.

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LA COSTITUZIONALISTA CARLASSARE: “POLITICI ALLA CONSULTA? COSI’ DIAMO RAGIONE A BERLUSCONI”

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Sottotitolo: la divisione dei poteri dello stato serve perché ci sia l’istituzione indipendente dalla politica in grado di correggere anche gli errori della politica.
Se nell’istituzione terza, quella separata dal potere politico ci si mettono i politici, chi controllerà poi gli errori della politica?
La Consulta è fondamentale per la difesa di quei diritti che spesso e volentieri la politica dimentica, ignora o volutamente calpesta ed è stata determinante per redimere e risolvere i grandi errori della politica, tipo quella legge elettorale che ha riempito il parlamento di abusivi.
Proviamo a pensare un attimo alla sentenza che ha messo fuorilegge la porcata di Calderoli: se a capo di quella Corte ci fosse già stato Donato Bruno, senatore di forza Italia e vicinissimo al delinquente impunito che era al governo da presidente del consiglio quando è stata fatta quella non legge la sentenza sarebbe stata la stessa?
berlusconi in questi anni si è sempre lagnato che la Consulta fosse un organo politicizzato e in parte lo è, visto che non si può pretendere che quei giudici non abbiano un loro orientamento, ma se dentro ci si mette direttamente il politico nudo e crudo che ha svolto solo il mestiere della politica e non magari un professore costituzionalista che dà più garanzie del politico che della Costituzione se ne frega spesso e anche volentieri sarà meglio o peggio poi l’istituzione “terza”? Sarà ancora in grado di correggere gli errori della politica, cancellare le leggi sbagliate che fa la politica come la legge elettorale e quelle sulle droghe e la fecondazione assistita?

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Aridatece i puzzoni – Anna Lombroso per il Siumplicissimus

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Se in questo paese tanta gente fosse stata e fosse così rigorosa coi politici quanto lo è coi suoi simili forse questo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Non ci si sveglierebbe al mattino col conato già in dirittura d’arrivo pensando a cos’altro si dovrà sopportare della e dalla politica.
Invece no: il politico delinquente piace ed è piaciuto anche a quelli che “non si va in tre sul motorino”, e non fa poi così tanto schifo l’alleanza col delinquente a quelli che “agli alt ci si deve fermare”.
A loro tutto si giustifica, si contestualizza e si perdona.
E il bello è che qualcuno ancora se la racconta con l’esempio che deve arrivare dal basso, così mentre quelli del “basso” si affannano a dare gli esempi quelli che stanno in alto possono continuare a farsi i cazzi e gli stracazzi loro.

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Renzi: “Non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica”.
“Questo governo è il primo che ha detto che noi non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica e imprenditoriale di una persona”
Ma a quanto pare nemmeno una condanna definitiva costituisce il vulnus per Renzi che, a parte i sedotti e imbecilli non incanta nessuno su questo tema, visto che non ha nessuna difficoltà a permettere che un pregiudicato condannato in via definitiva, interdetto dai palazzi nei quali però ancora può entrare dalla porta principale, privato per sentenza dei diritti civili possa essere ancora parte in causa negli affari di stato e di governo.
Un delinquente col quale Renzi si incontra regolarmente non per discutere dei fatti suoi ma di riforme costituzionali. 

Il diritto alla politica in questo paese è negato solo agli onesti e agli incensurati.

E naturalmente ai gufi e rosiconi che non possono e non devono nemmeno criticare la politica.
L’idea che il politico indagato si possa mettere in standby e che, ad esempio una gara d’appalto si possa dare all’imprenditore che non è passato per un tribunale è irricevibile per la politica di tutti gli schieramenti di uno dei paesi più corrotti d’Europa e del mondo.
Renzi risponde alla necessità di ripulire questo paese dai ladri, dai corrotti e corruttori che lo hanno ridotto in macerie dicendo che si tiene gli indagati, perché sennò c’è il vulnus.

Dunque secondo il teppista in parlamento, termine appropriatissimo all’atteggiamento di Renzi, l’avviso di garanzia non deve diventare il vulnus per l’attività politica e imprenditoriale, ovvero non bisogna limitare o togliere i medesimi diritti di prima a chi viene informato che la giustizia lo sta attenzionando perché ritiene che abbia commesso un reato. Quel vulnus può invece tranquillamente riguardare il normale lavoratore che viene licenziato non necessariamente per scarso rendimento ma magari perché ha uno stile di vita in contrasto col datore di lavoro.

Ad esempio un qualsiasi dipendente potrebbe essere licenziato per il suo orientamento sessuale, il datore di lavoro omofobo [che in Italia non è affatto un’eccezione né una rarità] può decidere che non gli va più di tenersi l’impiegato, il commesso, l’operaio omosessuale e il dipendente non potrà più avvalersi di quell’articolo 18 – già ampiamente danneggiato dalla riforma Fornero – che invece garantisce al lavoratore il diritto di non essere licenziato senza giusta causa.  

Mentre si tenta in tutti i modi di estendere alle caste indecenti il diritto di delinquere e di farla franca stravolgendo la Costituzione e facendo perdere autorevolezza e indipendenza alla Consulta che andrà a finire nelle mani di chi ha collaborato al disastro e allo scempio, al piano basso del paese si limitano fino ad annullarli quei diritti che fino ad ora hanno consentito ai lavoratori a stipendio e salario di avere delle garanzie di solidità.
E, siccome sento dire che l’articolo 18 in fin dei conti riguarda solo una minima parte dei lavoratori, mi chiedevo che ci stavano a fare tre milioni di persone in piazza con Cofferati a difenderlo. Tutti fannulloni?

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Grattini d’autore – Marco Travaglio

La foto di Maria Elena Boschi che consola il previtiano Donato Bruno, candidato di B. alla Consulta, per l’ennesima trombatura con un dolce grattino alla schiena non è uno scandalo: è un reperto d’epoca, un disvelamento della corrispondenza di amorosi sensi ormai esplosa all’aria aperta, senza più gl’incontri furtivi e clandestini del passato, nel Partito Unico Renzusconi che ha sostituito le vecchie e superate sigle di Pd e Forza Italia. Se n’era già avuta prova l’8 agosto, quando Maria Consolatrice degli Afflitti e Rifugio dei Peccatori festeggiò la schiforma del Senato baciando a uno a uno i berluscones in processione. Si piacciono, si annusano, si strusciano, si palpano, si limonano, presto si sposeranno: al cuore non si comanda. Ieri, in Parlamento, Renzi ha fatto il grattino all’Ad dell’Eni Claudio Descalzi da lui nominato e difeso dopo l’indagine sulla maxitangente di 200 milioni di dollari alla Nigeria: “Noi non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale della Nazione. Chiamatela svolta per un Paese civile”. Grattino anche a Stefano Bonaccini, indagato per peculato, ergo candidato Pd a governatore dell’Emilia Romagna per rimpiazzare degnamente il condannato Vasco Errani: “L’avviso di garanzia non sia un vulnus della carriera politica”.

Oggi la stampa al seguito non mancherà di celebrare la “svolta garantista”. Che naturalmente non esiste. Mai, dalla notte dei tempi, gli avvisi di garanzia hanno rappresentato un vulnus per le carriere politiche, e nemmeno le condanne. Anzi, hanno sempre fatto curriculum. A destra, al centro e a sinistra. Il Pd ha sempre candidato, mandato in Parlamento, al governo, nelle partecipate, nei servizi, nelle forze dell’ordine e nella burocrazia fior di pregiudicati, imputati e inquisiti. Renzi si crede il primo, invece è arrivato ultimo. E denota pure un’ignoranza sesquipedale sui fatti che dovrebbe conoscere: la notizia di Descalzi indagato non è stata “citofonata sui giornali”, semplicemente è contenuta nel provvedimento di sequestro della maxitangente Eni in Svizzera disposto dai giudici di Milano, che il premier farebbe bene a leggersi o a farsi spiegare da uno che ci capisca.   Anche l’idea che le indagini giudiziarie danneggino la politica industriale, oltre a essere una sublime cazzata (è la corruzione che rovina l’economia, non le inchieste sulla corruzione, peraltro condotte in tutte le democrazie del mondo senza che i politici mettano becco), è tutt’altro che nuova. L’ha strombazzata per vent’anni il suo padre putativo Silvio. Il quale peraltro l’aveva mutuata dal suo spirito guida Bettino Craxi, che il 10 luglio 1981, in pieno scandalo P2 e subito dopo l’arresto di Roberto Calvi, presidente e distruttore del Banco Ambrosiano, responsabile del più grave crac della storia d’Europa con decine di migliaia di famiglie sul lastrico e suo finanziatore occulto, scandì alla Camera queste parole: “Non c’è più grande male per un’azione di moralizzazione e di giustizia che la strumentalizzazione volgare, l’uso politico delle carte e delle iniziative giudiziarie e di parte: un fattore di inquinamento, intossicazione e distorsione della vita democratica”. Sulla P2 “si è andati oltre misura con una campagna che ha cominciato a puzzare di maccartismo”. E l’arresto di Calvi “ripropone con forza il problema di un clima inquietante, di lotte di potere condotte in modo intimidatorio contro il quale bisogna agire per ristabilire la normalità dei rapporti tra Stato e cittadini, la fiducia nella giustizia, la correttezza nei rapporti tra potere economico, gruppi editoriali, potere politico. La crisi della Borsa ha molti responsabili, comprese talune azioni giudiziarie che presentano aspetti scriteriati. Quando si mettono le manette, senza alcun obbligo di legge o senza ricorrere a istituti di cautela che pure la legge prevede, a finanzieri che rappresentano la metà del listino, è difficile non prevedere incontrollabili reazioni psicologiche”. Basta sostituire Ambrosiano con Eni, Calvi con Descalzi e Craxi con Renzi. Matteo, ormai hai 39 anni: è tempo che tu sappia di chi sei figlio.