E’ ufficialmente primavera

“Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. 
Ci sono entrato per caso. 
E poi ci sono rimasto per un problema morale. 
La gente mi moriva attorno.” 

[Paolo Borsellino]

 

Sottotitolo: L’Italia è un paese che soffoca nella verità negata. E uno stato che nega la verità sui morti di mafia, di stragi fasciste, di situazioni mai chiarite, non dimentichiamoci che se non fosse stato per la pervicacia della madre di Federico Aldrovandi  la questione sarebbe stata risolta con un suicidio per atti di autolesionismo, stessa cosa per Stefano Cucchi il cui caso è salito all’attenzione dei media grazie al coraggio della famiglia che ha permesso che si pubblicassero le foto del ragazzo “morto di fame”, non è uno stato giusto.

E non tutti se la sentono di rispettare a senso unico.

Bisogna togliere alla politica il controllo di tutto ciò che fa la politica, perché la polizia opera secondo la legge che fa la politica, esattamente come la magistratura; il loro agire è determinato da quello della politica, delle leggi che fa il parlamento. E quando il poliziotto pesta a sangue qualcuno fino ad ammazzarlo e poi gli autori delle violenze non vengono puniti come qualsiasi altro cittadino che commettesse le stesse violenze vuol dire che la politica, dunque lo stato, mette in preventivo che questo si possa fare. Che legittima l’agire violento, gli abusi delle forze dell’ordine.
Dunque ci vogliono dei supervisori al di sopra di ogni sospetto  perché come diceva qualcuno “lo stato non può processare se stesso”.

Ad esempio al Copasir che non è il circolo della bocciofila né l’ente statale che si può affidare nelle mani del solito raccomandato carrierista ma il comitato che si occupa della sicurezza del paese,  e che invece viene affidato alla politica che a proposito di Costituzione non ha sempre le idee chiare.

Senza verità non c’è mai giustizia. Antonio Manganelli era il vice di De Gennaro al g8 di Genova, ed era assente perché in vacanza.

E resta difficile comprendere  perché  un vice capo della polizia decida di andare in vacanza proprio durante lo svolgimento di un evento così importante. E comunque l’unico modo di chiedere scusa per uomini e donne dello stato, politici e funzionari è dare le dimissioni.

Ed eventualmente chiedere scusa dopo.

 

Preambolo: morire di una brutta malattia è un destino infame ma che comunque fa parte della fatalità e dei casi della vita.
Morire di botte per mano di poliziotti, dunque funzionari dello stato che poi vengono perdonati dallo stato che non li punisce, non li condanna concedendogli TUTTE le attenuanti e per farlo s’inventa perfino reati inesistenti, gli conserva perfino il posto di lavoro no, non è proprio la stessa cosa.
Non ci somiglia nemmeno.
Purtroppo non tutti disponiamo della grandezza d’animo dimostrata da Patrizia Moretti,  mamma di Federico Aldrovandi, se fossimo però capaci di toglierci il velo dell’ipocrisia e del perbenismo a tutti i costi forse sarebbe meglio, più costruttivo dei facili commenti a proposito di chi oltre alla pietas umana non riesce a provare, quando muore un uomo dello stato, di questo stato.

Che deve fare qualcuno per farsi almeno criticare [ché la morte non lava via proprio nulla] più che rappresentare chi  ha ammazzato un ragazzino a calci e a botte riprendendosi in casa i suoi assassini come se niente fosse accaduto? per aver ordinato i pestaggi e i maltrattamenti ai NOTAV, donne incinte comprese, a manifestanti di piazza che non fanno niente di male ma  chiedono il riconoscimento dei diritti,  la loro messa in pratica e il rispetto che si deve ai cittadini, a studenti che protestano per difendersi la scuola e il loro diritto allo studio sancito dalla Costituzione? non so.

Antonio Manganelli verrà  ricordato dai più  come il funzionario più pagato del mondo, perfino più del presidente americano che è stato a capo di una polizia troppo spesso indegna di uno stato civile, soprattutto grazie ai suoi dirigenti a cui piace il metodo della violenza e dell’abuso.

Mi fanno piuttosto schifo  quelli che gioiscono davanti alla morte di qualcuno, mi limito solo a considerare l’ipocrisia che circola ogni volta che muore un uomo dello stato, di questo stato.

 Sappiamo tutti che se la polizia usa certi sistemi è perché qualcuno ordina di farlo.

Ma veramente bastano le scuse del capo della polizia di stato per annullare tutte le violenze perpetrate a gente innocente, inerme in nome dello stato? magari, bastassero le scuse.

‘sta guerra fra bande di bloggers che difendono se stessi e giornalisti che devono occuparsi di quel che fanno i bloggers, delle loro cazzate tipo che l’aids è una leggenda metropolitana e dispensare i loro consigli anche a quelli eletti da nonsisabenechi a “coordinatori di comunicazione di portavoce” ufficiali di partito e che poi decidono di fare i  coordinatori dei portavoce senza voce di un partito che fa le conferenze stampa senza rispondere alla stampa  ha sinceramente rotto le palle, anche a chi non ne possiede.
Fatevi una telefonata, mandatevi una mail, regolate i vostri contenziosi a botte ma disoccupate la zona informativa per favore.
Non c’interessano le vostre beghe personali, molto spesso frutto di antichi rancori mai sopiti.

I portasilenzio
Marco Travaglio, 21 marzo

Nel ’94, per metter fine alla cacofonia dei suoi ministri che parevano usciti da Prova d’orchestra di Fellini, il Cainano nominò portavoce del suo primo governo Giuliano Ferrara. Che, come ministro dei Rapporti col Parlamento, aveva già instaurato col Parlamento i peggiori rapporti della storia repubblicana. L’uomo giusto al posto giusto. Anche come portavoce comunque non fu niente male: appena aprì bocca, accusò Borrelli di parlare “come un capomandamento mafioso” innescando una guerra termonucleare col Quirinale (c’era Scalfaro, non Mister Monito) e con la magistratura. Assediato da tutti i fronti, B. tolse la voce al portavoce, sospirando: “Qui ci vorrebbe un portasilenzi”. Da allora Ferrara portò solo se stesso, che comunque era già un bell’impegno. Qualcosa di simile, mutatis mutandis, accade da due giorni al M5S, dopo la geniale trovata di Casaleggio di spedire a Roma due noti blogger, Messora e Martinelli, come portavoce dei gruppi parlamentari. Messora è noto per le sue posizioni complottiste, espresse con foga in alcuni programmi tv, soprattutto L’ultima parola di Paragone. Martinelli è noto in rete per aver seguito come inviato, per i blog di Grillo e Di Pietro, alcuni processi dimenticati dalla stampa di regime (tipo Dell’Utri). Ma il blogger è per sua natura un cane sciolto, un solista dall’individualità molto spiccata, perché deve districarsi nella web-jungla con una trovata originale al giorno. Altrimenti sparisce. Una figura totalmente incompatibile con quella del portavoce, che deve annullare la propria personalità fino a diventare lo specchio dell’immagine altrui, il megafono delle decisioni altrui. In questo caso, dei gruppi di M5S alla Camera e al Senato. Ma soprattutto il portavoce dei gruppi parlamentari deve confrontarsi ogni giorno con la stampa parlamentare, che lavora prevalentemente per giornali e tv. Con i molti difetti e i pochi pregi ben noti, ma che non spetta a un portavoce stigmatizzare. Il tragicomico equivoco ha subito prodotto effetti esilaranti. Martinelli ha esordito mettendo in guardia i 5Stelle dall'”ingenuità” che li porta a “cadere nelle trappole di chi vuole sputtanarli”. Senonché subito dopo è caduto nella trappola da lui stesso fabbricata, dichiarando a La Zanzara (ottima idea, andare a La Zanzara) che l’euro fu “la mossa massonica di un gruppo di banchieri”. Il che, per carità, può anche essere, ma non pare il primo punto all’ordine del giorno di M5S, che chiede al Parlamento di varare subito i tagli alla casta e qualche misura per il rilancio dell’economia. Messora intanto spiegava di essere lì per costruire un “team” che “armonizzi le posizioni” dopo “il casino”. Il guaio è che al casino ha subito contribuito lui: anziché spiegare ai capigruppo che non si convoca una conferenza stampa senza domande, ha insultato su Facebook i giornalisti “pseudo-omuncoli” e “spalamerda”. Che, per carità, esistono: l’assalto quotidiano ai grilli per strappar loro un sì alla solita domanda che raccoglie solo no, “Voterete la fiducia al governo Bersani?”, è un caso di stalking umiliante che tradisce il servaggio di molti cronisti al regime dei partiti. Ma non spetta a un portavoce denunciarlo: il suo compito è rispondere a tutti, anche a chi non gli garba, magari per comunicare le iniziative che sono la vera forza di M5S: spulciare, chieder conto di tutto, costringere i partiti a seguirlo su terreni mai praticati come la sobrietà, i risparmi, la guerra ai privilegi, ai conflitti d’interessi, l’ineleggibilità dei condannati, la difesa dei deboli, dell’ambiente e degli altri beni comuni. Invece i nostri eroi fanno gli offesi perché “parlavamo a titolo personale” e i giornalisti non li hanno capiti (ma un portavoce non parla mai a titolo personale o, se vuole farlo, si dimette da portavoce). Il risultato è da ammazzarsi dalle risate: i portavoce, da ieri, sono in silenzio stampa.

Solidarietà d’accatto

Sottotitolo: un normalissimo capoufficio risponde in prima persona, sempre, dell’operato dei suoi sottoposti.
Ma in questo paese più si sale di grado e meno è richiesta, anzi, pretesa  l’assunzione di responsabilità.
Questo non è solo sbagliato e ingiusto ma proprio pericoloso.
Il capo è tenuto ad assumersi le responsabilità di ciò che commettono i suoi subalterni. SEMPRE. E in casi come quelli di cui si parla, il minimo che fa è scusarsi e dimettersi,  soprattutto in relazione alla pervicace e protratta attuazione di depistaggi e minacce ai testi, il capo è professionalmente responsabile.
La solidarietà ai condannati sarebbe sufficiente a costringere il capo del governo a cacciarlo.
E comunque, nei paesi normali, le dimissioni sono la prassi in casi di questa gravità all’apertura del procedimento, senza neanche considerare le motivazioni relative alla possibilità che ha un poliziotto mantenuto in servizio di inquinare le prove.

Se un sottosegretario di governo può solidarizzare con la parte [purtroppo minima] dei criminali che hanno ordinato e fatto eseguire i massacri al G8 nella notte della repubblica bis di questo paese, durante la quale ci fu la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese dal dopoguerra in poi secondo la stima [moderata] di Amnesty International significa che da ieri in poi ognuno di noi è legittimato a solidarizzare con chi vuole, anche con chi, eventualmente, si ribella a questo stato ridicolo gestito da gente altrettanto ridicola quanto pericolosa dove leggi e giustizia vengono applicate e fatte rispettare ad cazzum, e a certe solidarizzazioni d’accatto.
Io, ho già iniziato.

La madre di Aldrovandi: “Accetto le scuse, ma non riesco a perdonare”

Dopo la richiesta d’incontro del capo della polizia Manganelli e del ministro Cancellieri, Patrizia Moretti scrive sul suo blog: “Accetto volentieri, non ho mai provato rancore per la polizia, ma per me Federico è ancora lì, su quell’asfalto, mentre invoca aiuto e supplica coloro che lo bastonano di smetterla”.

[Troppo buona questa madre, io non avrei accettato nemmeno le scuse]

Diaz, De Gennaro: “Le sentenze vanno rispettate anche quando assolvono”

“Nelle parole dell’ex capo della polizia non c’è nemmeno l’ombra delle scuse che, se pur solo formalmente, ha chiesto il suo successore Manganelli”. “De Gennaro – aggiunge – con arroganza rivendica ogni cosa e, sfottendo i giudici, osa addirittura affermare che tutto si è svolto secondo la Costituzione, lui che a Genova nel 2001 era il capo della polizia e quindi il responsabile della gestione dell’ordine pubblico”. “Nemmeno una critica – sottolinea Agnoletto – verso i dirigenti di polizia condannati per reati estremamente gravi, ai quali va anzi la sua solidarietà. La stessa solidarietà in nome della quale per undici anni i vertici della polizia hanno cercato di impedire l’azione dei pubblici ministeri e di bloccare i processi. Per tutti gli altri resta solo un generico dolore; nemmeno un accenno alle vittime della violenza provocata dai suoi sottoposti”. “In qualunque altro Paese europeo De Gennaro sarebbe stato sospeso dall’incarico già nel 2001; è inaccettabile – conclude Agnoletto – che resti al governo nel silenzio colpevole di tutto il parlamento”. [Vittorio Agnoletto]

De Gennaro assolto. Ma solo in tribunale

Noi popolo, gente comune, normale, dunque esente da privilegi e immunità nell’eventualità dovessimo commettere qualche reato non siamo praticamente nessuno per impedire che i politici abbiano, amicizie come dire, più che discutibili con delinquenti, mafiosi et similia.
Però da popolo, da gente che in linea di massima certa gente non la frequenta, non l’ammira né la considera ‘eroe’ non dovremmo considerare normale che quei politici esprimano pubblicamente, ad esempio da presidente della camera la loro solidarietà ad un condannato per mafia come fece casini appena si concluse il processo a totò – cuffaro – vasa vasa.

E come fanno puntualmente onorevoli, senatori, deputati di ogni schieramento ogni volta – quasi mai, dunque – che un politico deve passare per il giudizio di un tribunale.
E non dovremmo considerare normale che un sottosegretario, Gianni De Gennaro, fresco di nomina [per decisione di Mario Monti che non è lì per fare politica, s’intende, e chissà che farebbe se la potesse/dovesse fare] perché scampato, grazie all’iniquità della giustizia italiana ad una condanna sacrosanta a proposito della sua responsabilità sui massacri del G8 di Genova – visto che all’epoca era lui il capo della polizia dunque proprio il primo responsabile dell’operato dei suoi uomini e donne – si dispiaccia ed esprima altrettanto pubblicamente solidarietà e affetto a quegli uomini così “duramente colpiti” perché nonostante tutti i tentativi degli apparati dello stato di fare in modo che non si arrivasse mai ad un processo né ad una sentenza non sono riusciti a scampare ad una condanna, benché ipotetica e virtuale dal momento che la vita di queste persone non cambierà né è cambiata in questi undici lunghissimi anni. Tanto infatti c’è voluto per stabilire che l’assassino stavolta, era proprio e solo il maggiordomo.

Anzi, è perfino migliorata.

Gente che ha fatto carriera sulla pelle altrui e non per modo di dire ma per modo di fare.
 In un paese normale ci si dimette per molto meno di atteggiamenti e dichiarazioni di questo tipo, qualcuno, magari Napolitano,  lo dica a De Gennaro.

Si può essere solidali da privati cittadini, ma quando si rappresenta lo stato sarebbe meglio dimostrare di essere dalla parte dello stato, dunque quella della gente onesta, che non abusa del suo ruolo, che non ordina massacri né li esegue,  che non ammazza ragazzini a manganellate e a calci, che non si mette mafiosi in casa mascherati da stallieri, non li frequenta né si dispiace quando vengono  condannati né si duole quando, raramente, lo stato riesce a processare  chi invece, proprio grazie al suo ruolo ha commesso crimini che una persona qualunque  avrebbe pagato con anni ed anni di carcere.

Chi rappresenta lo stato si mette dalla parte delle vittime senza se e senza ma, non certo  da quella dei carnefici.

Una legge contro le torture [di stato] servirebbe anche a dare sicurezza a chi vuole manifestare pacificamente, ovvio che poi, chi rompe paga, ma in un paese normale non si possono rischiare 15 anni di galera per devastazioni e, di contro, condonare con l’indulto tre miseri anni  per omicidio  volontario [altro che colposo] e praticamente niente grazie alle prescrizioni chi massacra di botte decine di persone inermi, indifese e disarmate causando danni permanenti che non sono stati mai nemmeno risarciti.

L’altra verità politica nel merito  di questo episodio disgustoso, degno dei peggiori regimi sudamericani, nazisti, inaccettabile per una società che vuole dirsi civile è che tutto sommato alle istituzioni repubblicane, democratiche, va bene che un ex capo della polizia abbia un precedente grave e mai sanzionato  come quello di aver comandato la polizia di stato anche quando bastonava e massacrava. Così bene da averlo elevato di grado nominandolo nientemeno che sottosegretario alla sicurezza del governo.
Promosso perché incapace quindi innocuo o perché ha eseguito bene gli ordini ai tempi, quindi capace ma con comportamento e mentalità criminale, dunque inadatto a ricoprire qualsiasi carica che abbia a che fare con uno stato democratico?

E Napolitano, il presidente di tutti [?], come di solito fa quando invece ci sarebbe molto da dire, tace.