Ancora sugl’impresentabili

Preambolo: è ufficiale.  Il Dio di Obama è migliore di quello dei nostri ipocriti e vergognosi politici italiani.
Perché è vero che il presidente americano giura sulla bibbia di impegnarsi “con l’aiuto di Dio” ma poi non si limita a recitare il rosario, dice cose importanti e in parte  le fa. Non usa Dio per nascondersi, per inventarsi assurde questioni di coscienza che impediscono il progresso come invece fanno gli indegni rappresentanti dello stato italiano.

Usa, Obama giura e parla al popolo
“Pieni diritti per gay e lesbiche”

Sottotitolo: Bersani su Ingroia a “Lo Spoglio”;  “Che sinistra è quella che rischia di far vincere la destra? Questo è il punto, mi faccia un Twitter…”

Ingroia su Twitter: “La tua”.  ^_^

Se facessi la giornalista sarei onorata di essere denunciata da uno come crisafulli, un indecente rappresentante di un partito, il pd, che invece di incassare e battere in ritirata alza il tiro incolpando un giornale di scorrettezza per aver informato i suoi lettori circa le credenziali di chi avrebbe preteso di essere inserito nella coalizione di chi dovrà, dovrebbe, vorrebbe governare questo paese. Tutti con la querela, la denuncia, la richiesta di risarcimento in tasca, ma di fare le persone serie non se ne parla proprio. Occhio che se cominciamo a chiederli noi i risarcimenti non vi basterà nemmeno la prossima vita per pagare.

Tutti a dare addosso a Di Pietro per aver dato residenza a gente del calibro di scilipoti, de gregorio e razzi ma nessuno che abbia fatto lo stesso nei confronti di chi ha offerto la stessa possibilità a gentaglia che messa di fronte alle sue responsabilità invece di tacere chiede perfino il risarcimento. 
I miei complimenti al Fatto Quotidiano per tutte le volte che, grazie alle sue inchieste, è riuscito a smascherare pubblicamente tutto quello che la politica ci teneva, invece, a nascondere, a non far sapere in giro. 

Ad uno che usa i soldi pubblici per farsi pavimentare la strada comunale che porta a casa sua dovrebbe essere impedito di fare anche semplicemente il rappresentante di classe nella scuola dei figli, altroché candidarsi nella politica locale e nazionale. Cominciamo a a ripristinarlo sul serio questo senso della legalità tanto invocato, senza strizzare l’occhio all’estortore perché ricattare il calciatore miliardario è senz’altro meno grave che sciogliere bambini nell’acido. La pena per l’estortore, il boss assassino e il politico che compie il reato di malversazione [negli States li buttano in galera e si perdono le chiavi, per dire] dovrebbe deciderla un giudice, non il comune sentire di chi non riesce ad abituarsi all’idea che la legge anche in Italia deve essere uguale per tutti.

Crisafulli vs Il Fatto
“Io fuori, colpa vostra”

Pdl in Campania “sacrifica” Cosentino
E in Sicilia fa il pieno di impresentabili

Liste pulite

[Alessandro Gilioli – Piovono rane]

Quindi, dopo aver risolto il caso Cosentino, hanno in lista solo Verdini, Cesaro, Farina, Razzi, Scilipoti, Polverini, Formigoni, Angelucci, Cicchitto, Capezzone, più Minzolini e il potente cognato di Previti, Gianni Sammarco.

Onestamente, il bar di Guerre Stellari continua a fargli una pippa.

Nick ‘o ‘mericano

Nicola Cosentino nel settembre 2008 venne pubblicamente accusato di aver avuto un ruolo di spicco nell’ambito del riciclaggio abusivo di rifiuti tossici attraverso la società per lo smaltimento dei rifiuti Eco4 come emerse dalle rivelazioni di Gaetano Vassallo, un imprenditore reo confesso di aver smaltito abusivamente rifiuti tossici in Campania attraverso la corruzione di politici e funzionari. 
Quando Vassallo si presenta ai magistrati dell’Antimafia di Napoli è il primo aprile. Mancano due settimane alle elezioni.
Due mesi dopo, Michele Orsi, uno dei protagonisti delle rivelazioni fu assassinato da un commando di killer casalesi. 42 giorni dopo Nicola Cosentino, il più importante parlamentare da lui chiamato in causa, diventa sottosegretario del governo berlusconi.
Il 12 gennaio del 2012 il parlamento vota per la seconda volta no all’arresto del parlamentare in odor di camorra. Decisivi al suo salvataggio – che lo dico a fare – i radicali che in sei avevano espresso la loro contrarietà e la lega del miglior ministro dell’interno maroni, quello che tanto si è prodigato alla lotta antimafia da commuovere financo l’ex superprocuratore Grasso appena assunto nel piddì di Bersani che aveva pensato ad un premio speciale per il governo di b proprio per il suo ottimo contributo alla lotta antimafia.

Ecco, ad esempio Cosentino era uno di cui non si doveva più parlare ma non in qualità di incandidabile perché impresentabile, non si doveva parlare di lui proprio come persona che ha problemi con la legge e quindi estranea al dibattito politico. In un paese normale chi ha problemi con la legge si fa da parte quando si presentano i problemi, non quando gli torna utile [tipo quando ha la valigia pronta come l’altro:  il ‘senatore’]. Ma noi abbiamo un parlamento pieno di coscienze variegate, sarebbe stato troppo normale votare sì all’arresto non dico la prima volta ma almeno la seconda. A quest’ora probabilmente quello che doveva dire lo avrebbe detto e ci saremmo già alleggeriti pure di qualche altro pezzo. A me piacerebbe tanto sapere a chi conviene ed è convenuta  la presenza di questi farabutti mascalzoni in parlamento; chi andrà a governare dovrebbe prendersi la responsabilità di spiegarlo agli italiani.

E, per concludere trovo indecente la quantità di sostegno offerto all’estortore latitante Fabrizio Corona  sulla sua pagina di facebook di cui si è tanto parlato in questi giorni.
C’è gente che pensa che il ricatto, l’estorsione siano reati di serie b, così come deve averlo pensato Napolitano a proposito della diffamazione quando ha praticamente graziato con un buffetto da 15.000 euro il recidivo sallusti.
Questo è un paese eticamente alla rovina non certo SOLO  per colpa di berlusconi che ha trovato la strada bella, pronta e spianata ma perché è la stragrande maggioranza della gente ad aver perso il senso delle cose e della misura,  ad essere proprio allergica al rispetto delle regole, anche quelle che riguardano la legalità e che sono necessarie per una convivenza il più possibile civile. 

Tiritiritu? Marco Travaglio, 22 gennaio

Il guaio non è il concetto, è la parola: “impresentabile”. Che fa impazzire il partito più impresentabile dell’universo e scatena il coro delle voci bianche, anzi marron: “Impresentabile a me? E tu allora? E lui? E voi?”. È tutta una catena, che nessuno ha mai tirato: appena scopri un impresentabile, quello ne scopre subito un altro più impresentabile di te. Il problema si aggrava se, a pretendere liste presentabili, è il più impresentabile di tutti: quello che spolvera le sedie degli altri sperando che nessuno spolveri la sua. Pagheremmo qualunque cifra per assistere in diretta, nascosti dietro la statua di Priapo, al vortice dei vertici diurni e notturni convocati a Palazzo Grazioli — già sede dei bungabunga, anzi delle cene eleganti con gare di burlesque — per ripulire le liste del Pdl. I Mastrolindo ufficiali sono B. (dall’alto dei suoi 26 processi, 7 prescrizioni, 2 amnistie, 3 insufficienze di prove, 3 reati depenalizzati da lui stesso, 1 condanna in primo grado per frode fiscale), e l’on. avv. Ghedini, che ieri tomo tomo cacchio cacchio ha confessato al Tribunale di Milano: “Devo scegliere fra il ruolo di difensore del Cavaliere e quello di candidato in campagna elettorale”. Le tre giudicesse comuniste e femministe lo guardavano strano: “E lo vieni a dire a noi?” Intanto il Cainano spiegava a Scajola: “Guarda caro, purtroppo i sondaggi della Ghisleri parlano chiaro: senza impresentabili guadagniamo 2 punti e 1 milione di voti”. Al che Sciaboletta, indagato soltanto per finanziamento illecito per la casa pagata da un altro a sua insaputa, faceva: “Quindi ti ritiri tu?”. E l’altro: “No, tiritiritu”. “Uno scioglilingua?”. “No, un ordine”. Comprensibilmente prostrato dall’esser giudicato impresentabile dal più impresentabile di tutti, che fra l’altro si presenta, Scajola cadeva in uno stato di profonda prostrazione. Una larva umana. Specie quando scopriva che al suo posto, in Liguria, entra Minzolingua, imputato per peculato perché usava la carta di credito Rai per fare il giro del mondo mentre risultava in ufficio al Tg1, dunque molto presentabile. Lui però giura che non è vero niente. A Marrakech, per esempio, era in missione top secret per incontrare una fonte riservatissima, che ovviamente non può rivelare: “un agente dei servizi che mi svelò le infiltrazioni jihadiste in Marocco”. O magari un nipote di Mubarak che cercava la sorella. In un’altra stanza s’incontravano Al Fano, quello del Partito degli Onesti, e per contrappasso Nicola Cosentino in arte Nick o’ Mericano. Alle parole “passo indietro” di Angelino, Nick tentava di mettergli le mani addosso, anche perché l’amico coindagato Luigi Cesaro, detto Giggino a’ Purpett, dalle liste non lo smuove nessuno. Nick, mollata per un attimo la giugulare di Angelino Jolie, chiedeva di parlare col principale, che intanto pontificava a Sky: “Cosentino è sub judice “. Il che, detto a uno con un piede in tribunale e uno in galera, insomma più sub judice così si muore, non è per nulla carino. Quando poi, a pranzo, il Cainano gli ha garantito “farò di tutto per tenerti dentro”, si è temuto per la sua vita. “Dentro” in che senso? Da due giorni e due notti, frattanto, campeggia all’addiaccio sotto Palazzo Grazioli il povero Alfonso Papa, che “dentro” ci è già stato per tre mesi e vorrebbe evitare di tornarci, ma nessuno lo riceve e quelli che escono fanno finta di non conoscerlo. Vagli a spiegare che lui è impresentabile mentre Fitto, per cui ieri il pm ha chiesto 6 anni e mezzo per corruzione, peculato, illecito finanziamento e due abusi, è presentabilissimo. Anzi è lui che fa le liste del Partito degli Onesti con Verdini, un altro che ha più processi che capelli in testa. 
A un certo punto un improvviso spostamento d’aria faceva tremare il palazzo: era Nick o’ Mericano che fuggiva con le liste e le firme del Pdl campano, destinazione ignota. Noi, per quel che può valere, siamo con lui.

Vuole che me ne vada? me ne vado? la prossima volta mi alzo e me ne vado

MATTEO PUCCIARELLI – Ingroia, come se ci fosse qualcosa di cui giustificarsi

E  questo va dedicato “cordialmente” a tutti quelli che “la politica deve rimanere nelle mani dei professionisti”; praticamente di quelli che hanno condotto allegramente un paese intero alla bancarotta economica, allo sfascio etico e alla distruzione morale.

Quelli che “Monti è stato bravo a restituire una buona reputazione all’Italia”. 
Che poi l’abbia immiserita nella sua già miseria, violata, defraudata nei diritti non è stato un grande problema, del resto lui stesso disse che i suicidi erano semplicemente delle “conseguenze dolorose”, qualcosa evidentemente già messo in preventivo, un fenomeno da accantonare e dimenticare a beneficio della faccia ritrovata, del prestigio internazionale, poi è poca cosa forse ricordare quante volte anche questi signori professori sobri abbiano offeso la gente perbene, l’abbiano considerata e giudicata con fare sprezzante, un intralcio al loro progetto di salvare tutto fuorché quello che si sarebbe dovuto salvare.

Preambolo: Monti in conferenza stampa  – a reti praticamente unificate come i messaggi urbi et orbi del papa – prima di pranzo, berlusconi nel pomeriggio “per le famiglie” di Raiuno, e, per finire in bellezza, lo skipper alle cime di rapa da Fazio su Raitre nel dopo cena: ma non s’era detto “a natale niente politici in tv?”

Sottotitolo: Monti ha in mente un memorandum per un’agenda politica di centro.
Adesso ci vorrebbe uno bravo che spiegasse agli italiani che la politica di centro è una non politica, che non esiste in nessuna democrazia,  nei paesi normalmente civili e moderni ci sono i laburisti e i conservatori, i repubblicani e i democratici, i centristi, quelli alla casini per dire, no, la loro funzione è come ha spiegato benissimo Crozza tempo fa, di  posizionarsi a metà del tavolo per arraffare quello che si passano destra e [centro]sinistra. 
In questo paese i cittadini mantengono un esercito di profittatori, di sanguisughe, di parassiti che non sono funzionali a nessun progetto politico ma che  ci tengono eccome a far parte del carrozzone dei privilegiati. 
Gente inutile, una zavorra di cui un paese normalmente civile dovrebbe sapersi liberare.

ALFANO RISPONDE AL PROFESSORE: “CON LUI PRECLUSA OGNI COLLABORAZIONE” 

Angelino si è offeso.
Bisogna capirli, i berlusclowns, fanno una vita impossibile, non sono proprio abituati a rapportarsi con chi parla una lingua normale fatta di concetti normali.
Monti, se avesse voluto avrebbe potuto demolire berlusconi e il pdl con quattro parole, e invece ha voluto fare simpaticamente dell’ironia sui difetti congeniti di chi proprio più oltre di un tot [molto limitato] non può andare.
Non ce la fa.
Bersani, invece, come al solito si adegua: ci tiene proprio, a far parte della famosa agenda.

In ogni caso quei due, Monti e berlusconi, sono  facce della stessa medaglia, completamente refrattari a qualsiasi cosa che abbia a che fare con il concetto di democrazia applicata.

Berlusconi litiga con Giletti su Raiuno

Se riesce ad andare fuori di testa davanti a Giletti e a Massimo Franco figurarsi cosa potrebbe succedere se andasse davvero a Servizio Pubblico.

Ci fosse mai stato  uno, o una,  che alla minaccia del “me ne vado” di chiunque abbia risposto: “prego si accomodi”.

Dignità, questa sconosciuta. 

Il finto  coraggio dei paraculi ipocriti – quelli alla vespa, funzionali al potere e sempre pronti a salire e scendere dal carro dei vincitori, quali che siano – è un altro squallido aspetto di tutto quel peggio che è stato veicolato in quasi vent’anni  con la definizione di berlusconismo.

 Giusto per tentare di riportare alla ragione quelli che “abbiamo quello che ci meritiamo”.
Perché io non mi merito berlusconi né  Giletti che, se dipendesse da me sarebbe a fare un altro mestiere né verrebbe considerato un giornalista.
Il CDA della Rai, azienda di stato, non viene scelto dai cittadini ma come sempre dai politici di centrosinistra, centroebbasta e destra che, come i ladri di Pisa fanno solo finta di litigare ma quando c’è da spartirsi la refurtiva e operare per il bene comune, cioè il loro,  sono sempre uniti come un sol uomo.

Ed è ovvio e lampante che poi tutti i baciati dalla fortuna di essere scelti a loro volta per condurre trasmissioni, anche quelle fintamente giornalistiche debbano in qualche modo dimostrare la loro riconoscenza, e ci riescono sempre.

Sfinge, Mummia, Scimmia e Volpe – di Marco Travaglio, 24 dicembre

Non so se avete presente Fantozzi quando pianta la tenda nel campeggio, di notte, col ragionier Filini dell’ufficio Sinistri. Filini, cieco come una talpa, gli schiaccia il dito col martello e Fantozzi, per non svegliare i campeggiatori, trattiene le urla per parecchi minuti, liberandole solo quando ha attraversato la foresta.

E’ la citazione più colta che viene in mente per descrivere il minimo comun denominatore di Mario Monti, la Sfinge, e di Silvio Berlusconi, la Mummia, finalmente liberi di sfogarsi dopo tredici mesi di reciproca prigionia.

La Sfinge non poteva dire quel che pensava della Mummia per non gettare la maschera del tecnico “extra partes”, e soprattutto perchè il Pdl gli teneva in piedi la maggioranza. La Mummia non poteva dire quel che pensava della Sfinge perchè gli serviva un anno di decantazione per far risalire i titoli delle sue aziende in Borsa e far dimenticare almeno ai suoi le porcherie del suo ultimo governo. Ieri, finalmente, han potuto dirsi tutto.

La Sfinge considera la Mummia uno squilibrato mentale che dice tutto e il suo contrario.

La Mummia considera la Sfinge un povero professorucolo estraneo alla “trincea del lavoro”, praticamente un fannullone che sta rovinando l’Italia.

La Sfinge aggiunge che non riesce a capire quel che dice la Mummia. Poi l’Annunziata gli dice che non ha capito una mazza di quel che ha detto in conferenza stampa, anche perchè è l’opposto della sua intervista a Scalfari (nel senso che Monti intervistava Scalfari), ma le domande che gli fa in ostrogoto non le capisce nessuno, nemmeno la Sfinge.

Intanto la Mummia va da Giletti e cerca di spiegare perchè mai voleva la Sfinge a capo dei moderati, ma non ci riesce e allora se la prende col timido Massimo Franco (“anche il Corriere fa parte del complotto”) e persino col povero Giletti, che si credeva bastevolmente arrendevole, non sospettando che una domandina ogni tanto costituisce già eversione. “Ma come, torno in tv dopo un anno e lei non mi fa parlare?”.

Non sa, l’ingenuo conduttore, che l’unità di misura del servilismo intervistatorio è cambiata: il sistema nanometrico decimale, un tempo imperniato sul “fede” (una domanda precotta) e sul “vespa” (due domande al massimo, con scrivania di ciliegio incorporata), è ora passato al “d’urso” (solo gridolini di giubilo e squittii di gaudio). Il “giletti” è già terrorismo.

L’altro tratto comune della Sfinge e della Mummia è l’Ego smisurato: si credono entrambi la reincarnazione di De Gasperi. Monti ne parla come di un fratello maggiore, senza naturalmente averlo mai conosciuto, mentre B. lo guarda dall’alto in basso (“sono l’italiano che ha governato di più nella storia, anche più del ricordato De Gasperi”).

Entrambi, poi, sentono le voci.

Monti: “Sento la società civile dirmi: certo, ci tassate molto, ma andate avanti così!”.

Berlusca: “Tutti mi chiedono di tornare in campo per completare la rivoluzione liberale”.

Chissà che gente frequentano: forse club sadomaso.

Monti cita ogni due per tre l’”Agenda Monti” come se parlasse di un altro, con l’aria ispirata che dovevano avere i figli di Aronne quando trasportavano nel deserto l’Arca dell’Alleanza: occhi socchiusi, boccuccia a cul di gallina, respiro trattenuto, quasi che l’Agenda fosse un’antica e sacra iscrizione iniziatica, tipo i Rotoli di Qumran, il Codice di Hammurabi, la Stele di Rosetta. Intanto impiega tre quarti d’ora per dire che si mette all’asta al migliore offerente e non si abbassa a candidarsi a premier: sono gli altri, possibilmente tutti, che devono pregarlo in ginocchio. Si sente tanto Gesù Bambino in attesa dei Magi. E, mentre snocciola i punti dell’ Agenda Purga con la voce briosa di una segreteria telefonica, fra una circonlocuzione di dieci minuti e una freddura che fa ridere solo lui (“l’Agenda è molto pink e molto green”, vedi Ilva), s’ode in sottofondo un inconfondibile “ronf ronf”..

Più pirotecnico l’eloquio della Mummia,che ha imparato a memoria tre o quattro cose e le ripete uguali in tutti i programmi, ma sempre condite con la mossa di Ninì Tirabusciò. Una volta si alza, finge di andarsene e poi si risiede (“Me ne vado? Vuole che me ne vada? Mi siedo per l’ultima volta, ma la prossima mi alzo e me ne vado”).

Un’altra tenta la barzelletta dell’incubo con ”Monti premier, Ingroia alla Giustizia, Di Pietro alla Cultura, Fini era nelle fogne, quello del Sel… come si chiama… alla Famiglia e non le dico cosa faceva la Bindi, ahah”.

Oppure conia neologismi (“pedessiquamente”, “il governo tennico”). O dà della “scimmia” a Beppe Grillo, sperando di esorcizzarlo. Intanto la Scimmia snobba le tv e gira l’Italia a caccia di firme.

In serata, per completare il carrello dei bolliti, si affaccia da Fazio anche Max D’Alema, la Volpe del Tavoliere che s’è fatta fregare, nell’ordine, prima dalla Mummia, poi dalla Sfinge e ora, non c’è il due senza il tre, attende la Scimmia. Dunque, fra i quattro, passa per il più furbo.

Dell’italica ipocrisia

«Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione.»  [Ennio Flaiano, morto nel 1972 quando berlusconi non era nemmeno nel peggior immaginario collettivo]

2 novembre: ricordando Pier Paolo

Un uomo che l’Italia, ma soprattutto gl’italiani li aveva capiti benissimo in tempi molto meno sospetti di quello che stiamo vivendo oggi. Basta leggere quel che scriveva e diceva a proposito di potere mediatico quando nessuno avrebbe potuto neanche immaginare il risultato delle sue giuste previsioni. 
E chissà cosa avrebbe potuto scrivere in questi ultimi vent’anni se fosse vissuto ancora un po’ lui che quarant’anni fa già parlava di come i media ma soprattutto la televisione avessero il potere di manipolare in modo irreversibile la testa della gente. Sosteneva infatti [aveva ragione!] che la TV avrebbe imposto il peggior totalitarismo omologando le classi sociali ed appiattendo i gusti in un unico modello buono per tutt*.

Sarebbe scomparsa l’identità in una corsa reciproca all’imitazione.
Pasolini aveva capito che l’unico modo per sottrarsi alla manipolazione di massa era restarne fuori e distinguersi, non conformarsi allo stile di vita dei tutti.
A Pasolini – sono sicura – sarebbe piaciuto molto anche analizzare la rete e i comportamenti di chi la frequenta, un popolo semianonimo la cui maggioranza in quanto ad omologazione non è certamente secondo a quello che si è fatto sedurre da vent’anni di telerincoglionimento a reti pressoché unificate. Anche qui funzionano le mode, funzionano i programmi tutti uguali, quelli con le risatine registrate in sottofondo, anche qui se si prova a star fuori da un certo cliché non va bene. O, come scrivo spesso si resta chiusi in una piccola élite di persone che ancora pensa che si debba dare un valore e un significato a tutto quello che si fa nella vita. 
Io, siccome mi sento un po’ corsara come lui penso che non voglio essere una moda ma restare principalmente una persona.

Di Pietro al Quirinale può darsi che sia una sortita degna di un comico {Cossiga era una persona migliore di Di Pietro? chiedo.}
Ma perché quelli che adesso criticano, ridacchiano e insorgono scandalizzati non l’hanno fatto anche quando il sottosegretario polillo sobrio e raccomandato da cicchitto ha avuto lo stesso pensiero per il “delinquente abituale” {raccomandato da d’alema}?  siccome questo pare essere ancora l’argomento del giorno – con tutto quello di cui si dovrebbe/potrebbe parlare – mi fa piacere, vorrei, voglio ribadire l’assoluta disonesta e ipocrita incoerenza che ha certa gente quando, indegnamente, si mette sui pulpiti al solo scopo di fare – e questo sì che lo è – dello squallido qualunquismo. 
Tutti ladri, nessun ladro? a Di Pietro si possono imputare certamente delle leggerezze, di Pietro va criticato ad esempio perché non volle la commissione di inchiesta sul g8, ma è lo stesso Di Pietro che, sempre ad esempio, il 4 agosto di svariati anni fa sfidò la canicola in un sit in per dire agli italiani che nei palazzi del potere si stava preparando l’ennesimo scippo alla democrazia e alla legalità:  quell’indulto voluto da berlusconi ma concesso dall’accoppiata Prodi e mastella di cui hanno potuto beneficiare oltre a lui svariati criminali di stato fra cui gli assassini di Federico Aldrovandi e i macellai della Diaz.
Se c’è qualcuno che berlusconi lo ha contrastato ogni giorno è proprio e solo Di Pietro.

Da che pulpiti
Marco Travaglio, 2 novembre

Guardiamoci negli occhi e diciamoci la verità: qualcuno, anche fra i più acerrimi nemici e odiatori di Di Pietro, può davvero credere che il linciaggio che sta subendo abbia qualcosa a che fare con la questione morale? Non parlo naturalmente di Report, che non ha mai fatto sconti a nessuno e non può certo essere associato a manovre di alcun genere. Non parlo nemmeno degli house organ di B., che giustamente hanno sempre individuato in Di Pietro il nemico pubblico numero uno del loro padrone e da vent’anni tengono puntato il mirino nella stessa direzione. Parlo dei cosiddetti giornali indipendenti, cioè dipendenti da banche e grandi imprese, i cui capi entrano ed escono dalle patrie galere o sarebbe ora che ci finissero. Se sparano a zero sull’ex pm per dargli il colpo di grazia non è per i suoi errori, che ci sono, e sono enormi. Ma per i suoi meriti. Negli anni di Mani Pulite la grande stampa lo blandiva, nella speranza di trattamenti di favore per i propri editori, che per fortuna non vi furono. Quando poi si affacciò sulla scena politica, i giornaloni e i loro padroni tentarono di metterci il cappello sopra per omologarlo, e ancora una volta ne furono delusi. Se una cosa, in 14 anni di vita fra luci e ombre, l’Idv non ha fatto è stato mettersi al servizio di qualche potere. I padroni del vapore spingevano per l’amnistia? Di Pietro la fece saltare. Premevano per l’inciucio in Bicamerale? Lui fu contro. Predicavano un’opposizione “riformista”, cioè complice, al berlusconismo in nome della “pacificazione”? Lui fece sempre saltare il banco: non si contano le volte in cui il centrosinistra era pronto ad accordarsi con B. sulle peggiori nefandezze, ma si fermò in extremis per paura di regalare voti a Di Pietro. Chi ha trovato pavido il centrosinistra non sa quanto avrebbe potuto essere peggiore senza il timore di “fare il gioco di Di Pietro”.
Con tutti i suoi difetti ed errori, Di Pietro non s’è mai lasciato omologare, anche contro il proprio tornaconto. Nel 2000 il centrosinistra ricicciò Amato, l’uomo che sussurrava a Craxi, e lui solo gli votò contro. Infatti fu espulso dalla Margherita ed estromesso dall’Ulivo, che nel 2001 tracollò contro B. Negli anni dei girotondi, lui in piazza c’era sempre, la nomenklatura sinistra mai. Nel 2002, quando Flores d’Arcais organizzò il Palavobis per i 20 anni di Mani Pulite, l’Idv diede un contributo fondamentale, mentre Violante metteva in guardia gli elettori dal “festeggiare le manette”. Naturalmente gli elettori parteciparono lo stesso, anzi a maggior ragione: tuttora, se dipendesse da loro, il Pd si alleerebbe con Di Pietro e Vendola, mandando Casini dove sappiamo. Ma, se nel ventennio berlusconiano Di Pietro era un pericolo perché impediva al centrosinistra di inciuciare con B., oggi che l’inciucio è cosa fatta (vedrete che delizia, nella prossima legislatura) il pericolo per il sistema è doppio: se i cento e più giovani di 5Stelle che invaderanno le Camere trovassero sponda in un partito già strutturato all’opposizione irriducibile dentro il palazzo e fuori, la miscela esplosiva potrebbe far saltare tutto. Perciò il Corriere titola giulivo: “Di Pietro cade dal podio delle virtù” (e il giornale dei Ligresti, Tronchetti, Marchionne, Mediobanca e Mediobande è il pulpito ideale per insegnare le virtù). E gli house organ della santa alleanza Pd-Casini-Vendola tripudiano per la “fuga” di alcuni deputati Idv, noti frequentatori di se stessi. Solo Grillo, l’altro leader non omologabile, con un atto di generosità e non certo di convenienza, ricorda i meriti del Di Pietro di ieri e anche di domani candidandolo al Quirinale. Naturalmente è una provocazione. Ma almeno, con Di Pietro sul Colle, se Mancino avesse chiamato per aggiustare il suo processo, si sarebbe beccato una pernacchia.
Anzi, forse non avrebbe nemmeno osato telefonare.

Servizio pubblico: Santanché a De Magistris, io e lei siamo molto simili. Gigi: guardi, ho tanti problemi ma fortunatamente questo no

Marco Travaglio: “nell’antica Roma gli aspiranti alle cariche pubbliche dovevano indossare una tunica bianca e immacolata che rappresentava la loro purezza. Da qui la parola “candidati”. Oggi serve una legge per vietare ai partiti di candidare i condannati dato che sembra che i partiti siano obbligati a farlo.

I valori dell’Italia

 

Trattativa Stato-mafia, le Agende Rosse
organizzano il sit-in a sostegno dei pm

L’Italia degli onesti oggi è colorata di Rosso.
Solidarietà INCONDIZIONATA ai Magistrati siciliani.

Report, inchiesta su denaro
e rimborsi dell’Italia dei Valori

Regionali Sicilia, vince l’astensione
Meno di un elettore su
due alle urne

Sicilia come altrove, continuano a dire che sta vincendo il partito del non voto, certo che finché dei non partiti presentano dei non candidati, spesso anche non candidabili non vedo di che si meravigliano. [Enrico Bertolino]

In Sicilia ha votato meno di un elettore su due. Il primo che strilla «abbiamo vinto» è un idiota. Quando vota meno di metà delle persone, hanno perso tutti. Abbiamo perso tutti. E vuol dire che la democrazia – la politica – è tutta da rifare. [Alessandro Gilioli]

Visto che nemmeno i paladini della legalità riescono a non cadere nella tentazione di comportarsi poi come un bossi qualunque piazzando mogli e figli un po’ ovunque in ambiti politici, ci vorrebbe una legge seria, severa e rigorosa che, sono sicura, ai politici onesti non dispiacerà: vietiamo che i politici possano avere componenti delle loro famiglie negli ambiti politici di ogni ordine grado; facciamo che un privilegio a nucleo familiare specialmente di questi tempi è già abbastanza, diamo la possibilità anche ad altra gente di dimostrare che è brava, competente, preparata, non sempre e solo alla moglie al marito, alla figlia, al figlio di…[e qua mi taccio] eccetera.

Non serve che un comportamento sia illegale quando si fa politica, basta anche che sia eticamente scorretto per farsi un’idea di chi ha come ambizione quella di amministrare le cose dei tutti, dei noi.
E a questo punto direi anche basta anche con la storiella che senza soldi non si fa politica: questi ultimi vent’anni – soprattutto –  hanno dimostrato che molti, troppi, hanno intrapreso carriere politiche proprio e solo per accumulare soldi, quindi, i nuovi, quelli che vogliono fare pulizia, quelli che rottamano e formattano si attivassero per farsi restituire il maltolto dai ladri di stato passati e recenti, invece di ingraziarsi banchieri e finanzieri.
La politica italiana ormai è diventata un circolo vizioso composto da viziati quando non addirittura da disonesti “naturalmente” che non possono fare a meno di allungare le mani laddove non dovrebbero.
Prendiamo atto di questo invece di vaneggiare su demagogie, antipolitica e populismi.

Non esiste l’antipolitica, è  semplicemente pietoso il tentativo di instillare sensi di colpa in quella gente che rifiuta l’idea di farsi amministrare e governare da delinquenti matricolati.
Non c’è un solo partito dove non sia stato scoperto qualcuno a fare quello che non si fa, e per questi  ladri di stato non serve la galera, bisogna condannarli alla vita, quella che sono costrette a fare grazie alla loro avidità insana, milioni di persone ogni giorno.

Questo paese si potrebbe recuperare in mezz’ora, se solo ci fosse la volontà di farlo. Ma non c’è, non ce l’ha nessuno.
In ogni caso dopo OGNI puntata di Report  viene voglia di bestemmiare allegramente gli dèi  per il solo fatto di essere nati in questo paese sciagurato.

Ci si può rendere conto di quanto questo sia un paese malato, l’Italia è un malato ormai in fase terminale, altro che ripresa.

Mettere fine al peggio (reality show)

Non ho trovato nella storia dei paesi più retrogradi e meno democratici del mondo, alcuna analogia con l’Italia che è andata in scena  quasi a reti unificate, nelle tv italiane, e con dirette streaming sui maggiori quotidiani nazionali. Non vi è mai stato dittatore, governo, paese al mondo che abbia avuto il coraggio di offrire uno spettacolo di incivile scempio, quanto quello offerto da quel tizio senza vergogna e senza morale a cui per decenni qualche milione di cerebrolesi hanno affidato le redini della vita di ognuno di noi.

Uno scempio nello scempio, non solo per la gravità dei discorsi da psicolabile fatti con l’alterigia che solo un malato mentale, ossesso dalla sua megalomania, avrebbe potuto fare, ma soprattutto per l’imponenza dell’insulto che ogni cittadino italiano avrebbe dovuto sentire, di fronte a tale aberrazione.

Ogni affermazione potrebbe essere facilmente smontata, persino da chi nella testa non ha che un criceto intento a girar nella ruota, quel che invece non trova soluzione nella mente di chi ancora pensa e ragiona è la gravità del gesto in sé.

Un condannato per un reato grave come quello di frode fiscale, che anziché continuare a pagare i suoi onorevoli avvocati, si presenta in televisione a ristabilire il concetto che lui è dio, intoccabile, indiscutibile, il padrone di tutte le cose, anche della legge. Più padrone ancora di quelle che non ha fatto in tempo a demolire. Arrogante al punto di promettere, addirittura, di smantellare il sistema giudiziario italiano, in nome di quella vendetta che mai una volta ha avuto il coraggio di rivendicare.

Un pusillanime, un delinquente, un megalomane, un criminale senza più alcun potere politico, essendo ormai solo un signor nessuno come quella migliaia che continuano solo a conservare un posto nell’azienda del Parlamento italiano, svilito del suo alto significato democratico, proprio da questo pazzo esaltato, che ha fatto sì che ciò che restava della nostra democrazia, finisse in mano al sistema mafioso e fallimentare che tutti, ormai conosciamo, e che colpevolmente tolleriamo.

Quanto trasmesso al mondo ieri, da questa povera Italia, è stato mortificante per la dignità di ogni cittadino senziente e responsabile. Un gesto di vituperio nei confronti di tutti coloro i quali continuano, nonostante le mille difficoltà, a vivere senza delinquere, a pagare a testa china ciò che allo stato è dovuto, anche grazie alle ruberie piratesche di questo tizio imbalsamato, dispotico e incivile. Un oltraggio verso tutti coloro che per colpa dello scempio economico, sociale e culturale, hanno sacrificato – a questo stato – persino le vite di qualche caro. I morti per inquinamento, i morti per fame, i morti per disperazione, i morti per le stragi sul lavoro, i morti per le scuole che crollano, i morti per la terra che frana violentata dal cemento. Tutte morti per le quali nessuno di loro – onorevoli criminali – pagherà mai, ovviamente.

Non ci sta, il tizio, ad essere trattato come un cittadino comune che ha delitto. Non ci sta ad essere uguale a chiunque almeno davanti alla legge – che purtroppo nemmeno in dio io so sperare – non ci sta e lo sbraita con la sua orribile malattia.

Se la legge fosse fino in fondo uguale per tutti assisteremo anche alla conferenza stampa di Salvatore Parolisi, che minaccia i giudici per averlo condannato all’ergastolo per aver ucciso sua moglie?

Forse no, ma temo che quella  non sia stata altro che la prima puntata di un nuovo orribile reality show. La seconda? Quando lo condanneranno a due anni per essere un vecchio debosciato, erotomane e bavoso.

Spegnete la tv ogni volta che appare. Credo che un pazzo così lo si possa ammazzare solo con l’ostentazione del senso di vomito che dà.

Rita Pani (APOLIDE)

Autorità [di controllati e controllori]

Sottotitolo: «La Bbc non mi piace ma non ci posso fare niente» (Margareth Thatcher)

Preambolo:  secondo la legge i commissari delle varie autorità  devono essere autonomi e indipendenti.  E, soprattutto, competenti.

Morale: dopo ogni puntata di Report viene voglia di espatriare, senza fare nemmeno le valigie,  per non portarsi via nemmeno un granello di polvere proveniente da questo paese.

Report – I Garanti del 07/10/2012

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Le authority sono gli organi indipendenti che regolano il mercato.

Come stanno vigilando sulla più grande operazione europea di fusione tra due compagnie di assicurazione, Fondiaria Sai di Ligresti e Unipol di LegaCoop?

I segretari comunali in Italia sono circa 3.000. Dai piccoli comuni alle grandi città tutti devono averne uno. Sono i più importanti dirigenti comunali e il loro ruolo principale è controllare che i provvedimenti varati dalla giunta siano conformi alle leggi. Il loro stipendio è a carico del comune e in molti casi raggiunge cifre così sproporzionate da farli apparire una vera e propria casta. A Camugnano, un piccolo paese di duemila abitanti in provincia di Bologna sommando stipendio base, indennità e rimborsi, il segretario comunale alla fine costa quasi 110 mila euro all’anno. E simile è la situazione in tanti altri comuni. Fino a raggiungere cifre da capogiro, come a Como: il suo segretario nel 2011 ha dichiarato 234mila euro, il doppio dello stipendio base del capo dell’FBI. In tutto gli stipendi dei segretari costano all’amministrazione ogni anno tra i 150 e i 200 milioni di euro, mentre l’agenzia che gestisce il loro albo, sebbene soppressa, continua a costare ogni anni decine di milioni allo Stato.

In Inghilterra  l’interferenza dei governi, e dunque della politica sulla scelta delle varie authority di controllo  significherebbe “un grave danno di immagine”.

E quindi, semplicemente, non interferiscono per non danneggiare – appunto – la loro immagine.
Perché da noi no?
Perché da noi la politica, tutta, e i governi, tutti, non solo interferiscono ma scelgono e propongono ma più che altro impongono direttamente chi dovrà occuparsi di garanzie ed essere quindi imparziale ma che per ovvii motivi di conflitto di interessi [parlando con pardon] non potrà mai essere né garante e né imparziale?

Dopo aver visto l’ennesima puntata voltastomaco di Report ci vorrà un coraggio da leoni alle prossime elezioni [eventuali, ormai siamo nell’ambito infinito delle ipotesi anche per quel che riguarda proprio l’abc della democrazia] a votare per questa politica amica o conoscente assai stretta delle varie cricche che poi infila in ogni dove,  di amici, parenti e conoscenti o semplicemente di persone funzionali al progetto di chi non vuole civilizzare l’Italia né renderla un paese semplicemente normale,  gente  che poi va, per volere della politica, dunque non potendo poi  fare gli interessi dei cittadini che dovrebbero essere tutelati,  a comporre gli istituti di controllo di tutto quello che è proprio e invece il fondamento della democrazia quali sono appunto gli organi che poi devono, dovrebbero anzi, occuparsi di come viene regolato il cosiddetto ‘mercato’, persone chiamate a ideare e realizzare  le regole e che poi devono vigilare affinché vengano poi rispettate in un mercato che dovrebbe, anzi deve essere trasparente, non qualcosa entro cui nascondere e tutelare invece  gl’interessi  privati di chi gestisce quel mercato.

C’è un interrogativo che dovrebbe battere in testa a tutti come un’ossessione, qualcosa che tutti dovremmo ripeterci tutti i giorni come un mantra: perché tutto quello che in altri paesi è semplicemente un’operazione di civiltà democratica qui da noi diventa invece e puntualmente un esercizio di malaffare, di inciuci sottobanco ma che poi mostrano irregolarità così manifeste e palesi  che dovrebbero far resuscitare pure i morti dall’indignazione,  incentivati, promossi, approvati e condivisi perché VOLUTI da chi dovrebbe fare in modo che accada l’esatto contrario ma che invece lavora attivamente affinché lo schifo rimanga schifo e anche un po’ di più.
Per dirla con un esempio che capirebbe anche un bambino di cinque anni, come fa la moglie di Bruno Vespa, dottoressa Iannini di professione magistrato nominata nientemeno che garante della privacy dal governissimo che fa benissimo, a sorvegliare sulle trasmissioni di suo marito?  come fa a controllare che suo marito durante ogni puntata di porta a porta rispetti davvero le regole, così come vorrebbero le regole?
 Perché tutto quello che oltre gl’italici confini è semplicemente normale e quindi si fa, qui da noi è invece impossibile e dunque NON si fa?
E chissà per quale motivo il molto onorevole indagato Corrado Passera si è rifiutato di rispondere alla Gabanelli sebbene lui fosse il ministro più interessato di tutti rispetto all’argomento di cui trattava Report ieri sera.
Per quale motivo in un paese democratico [?] un ministro si può sottrarre, rifiutarsi  di rispondere alle domande di una trasmissione d’inchiesta ben fatta, che non racconta balle, che fa davvero servizio pubblico [incredibilmente proprio nella tv pubblica, quella pagata coi soldi di tutti, non quindi la dependance di una classe politica inguardabile e indecente] e che quindi merita rispetto.
Lo stesso rispetto che poi esigono e pretendono quelle che qualcuno definisce inopinatamente “istituzioni”.
Di cosa e chi non è dato sapere.
27 aprile 2012:  dicono che i partiti sono morti ma dall’appettito che hanno sembrano vivissimi come nel racconto di Edgar Allan Poe dove il cadavere apparente gratta da dentro la bara. Infatti continuano a lottizzare tutto, perfino le Autorità indipendenti che essendo indipendenti non dovrebbero avere niente a che fare con i partiti. Tanto tutti li credono morti e si preparano alla prossima abbuffata.
Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti.
Michele Santoro racconta Antonio Martusciello.

B come buffone

Sottotitolo:  ci sarebbe da ricordare che i fascisti, quelli veri, in parlamento ci sono potuti rientrare anche grazie all’approvazione di chi non avrebbe dovuto mandarci nemmeno berlusconi. Quindi la responsabilità è soprattutto del partito di bersani. La domanda è (ah, se ci fosse un giornale che facesse ancora quelle belle campagne a base di post-it): “quali argomenti ha usato berlusconi per poter accedere alla politica; perché berlusconi sì e il movimento dei cinque stelle no?” Rispondessero a questa semplicissima domanda, invece di rompere il cazzo coi loro populismi, fascismi e qualunquismi.

Non è un caso che berlusconi e bersani siano nati nello stesso giorno; è proprio un segno del destino.

Bersani: “Fermare la campagna degli zombie, il fascismo iniziò così” (video)

Visto che c’era andato Grillo? c’era andato insieme a 350.000 firme, e c’è andato quando proprio il pd gli ha negato l’accesso impedendogli la candidatura alle primarie. Questi sono i sistemi democratici, tutto il resto, quello che non è gradito al pd è fascistaqualunquistapopulista e chi più ne ha ne metta perché a me ‘sto modo di fare politica ha ben rotto i coglioni.

L’Italia dei valori ha scelto di stare fuori, dice il segretario del presunto partito di sinistra, talmente fuori che Di Pietro non è stato nemmeno invitato alla festa del partito cosiddetto democratico, tutti gli altri, quelli che invece c’entrano col piddì tipo Al Fano e Casini invece sì.
Ricordiamo inoltre a Bersani che Grillo c’è andato eccome a dire ai rappresentanti della vecchia politica,  quella sudicia, quella composta da affaristi delinquenti, da gente senza scrupoli né principi morali che sono degli zombies, c’è andato quando ha raccolto 350.000 firme che sono state bellamente ignorate e ci voleva andare quando gli è stata negata, proprio dal partito “democratico” la partecipazione alle primarie. A Bersani che si lamenta tanto di ricevere insulti da Grillo e da Di Pietro vorrei chiedere cos’è più insultante di un partito che si ostina a dichiararsi di sinistra (o giù di lì) ma poi non fa le cose di sinistra, cosa c’è di più offensivo di un vicesegretario che dice a mezzo stampa che sarebbe meglio se tornasse berlusconi piuttosto che (orrore degli orrori!) ritrovarsi in parlamento il movimento dei cinque stelle. Bersani dovrebbe ripassare un po’ la storia, specialmente quella riguardante l’avvento del fascismo. E insieme a quella dovrebbe riguardarsi perbenino sui dizionari il significato della parola “OPPOSIZIONE”.  Perché fare opposizione significa proprio tutt’altro da quel che hanno fatto in questi ultimi due decenni Bersani &Co.

Noi, “gente del web” abbiamo un nome, una faccia e dei pensieri personali caro bersani che non sei altro, e, cosa più importante non siamo noi che dobbiamo trovare soluzioni e proposte, stiamo pagando apposta per farlo e a lacrime di sangue la classe dirigente più costosa al mondo, e non lo facciamo certamente per farci dare dei coglioni da un  corruttore paramafioso il quale, evidentemente, a differenza degli ispirati da Grillo ha avuto degli ottimi argomenti per poter accedere ai piani alti della politica ma nemmeno per farci dire che siamo fascisti solo perché non ci fidiamo più di questa politica disonesta, cialtrona, inciuciona di cui ha fatto e fa parte anche il partito cosiddetto democratico.

Disordine, compagni
Marco Travaglio, 26 agosto

L’elettore del Pd (ce ne sono ancora tanti, anche fra i nostri lettori) deve avere qualche colpa atavica da espiare, qualche peccato originale da scontare. Insomma è nato per soffrire, o è votato al martirio. A novembre stava quasi per esultare alla caduta di B.: “Che bello, ora si vota e vinciamo noi”. Ma dai vertici fu subito avvertito che non era 

il momento di esultare, né tantomeno di votare: siccome B. non aveva più la maggioranza, bisognava entrare in maggioranza con B.. Però Monti dovrà ascoltarci, soccmel, urlò Bersani: anticorruzione, antievasione, patrimoniale, asta per le frequenze tv, politiche sociali, basta bavagli alla stampa e guerra ai pm. Risultato: niente di tutto questo, perché B. non vuole. Anzi ora il bavaglio lo chiedono e la guerra ai pm la fanno Napolitano, Violante e Scalfari. Ma come, i pm di Palermo non erano dei benemeriti che rischiano la pelle per indagare su mafia, politica e trattative? Contrordine, compagni. L’elettore del Pd legge Repubblica e scopre che i pm congiurano contro il Colle, lo intercettano illegalmente, calpestano le sue prerogative a suon di “abusi” e in vent’anni non han combinato niente. Legge Violante, e scopre che Ingroia “fa politica” e dà fiato al “populismo giudiziario” che vuole “abbattere Napolitano e Monti”. Ma – si domanda disorientato il povero elettore – non s’era detto, ai tempi del caso Moro e del caso Cirillo, che è una cosa brutta trattare coi terroristi e i mafiosi? Conserva ancora il libretto distribuito dall’Unità diretta da D’Alema, grondante indignazione perché la Dc aveva usato i servizi segreti per trattare con Cutolo e far liberare Cirillo dalle Br dietro congruo riscatto: s’intitolava, guarda un po’, “La trattativa”, sottotitolo “L’ordinanza del giudice Alemi sul caso Cirillo: Brigate rosse, camorra, ministri Dc, servizi segreti”. Ora apre l’Unità e trova il compagno senatore Pellegrino che, anziché denunciare la trattativa di “Cosa Nostra, carabinieri, ministri Dc, servizi segreti”, la giustifica: serviva a “rallentare temporaneamente l’applicazione della norma (il 41-bis) per avere tempo di stroncare i corleonesi… Un arretramento tattico che non intaccava la strategia di fondo, ma era funzionale ad assicurarne il successo”.  E pazienza se intanto, a causa della trattativa, ci han lasciato la pelle Borsellino, gli uomini della scorta e nel ’93 una decina di cittadini inermi a Firenze e Milano. Apre Repubblica, nella speranza di trovare almeno lì la linea dura, come ai tempi di Moro. Invece no, sorpresa: “Ci sarebbe da distinguere — scrive Scalfari – tra trattativa e trattativa. Quando è in corso una guerra la trattativa tra le parti è pressoché inevitabile per limitare i danni. Si tratta per seppellire i morti, per curare i feriti, per scambiare ostaggi”. L’elettore non vede l’ora di votare per riportare al governo il centrosinistra, ma gli spiegano che il centrosinistra non si porta più: l’alleato è Casini, quello che governò con B. fino al 2006 e portò in Parlamento galantuomini come Cuffaro (infatti si va con lui anche in Sicilia). Di Pietro invece, non avendo mai governato con B., è un “populista di destra”, anzi “fascista”, e non va più bene. Infatti è l’unico, con Landini, escluso dalla festa Pd, dove però l’elettore può arraparsi con Fitto, Sallusti, persino Latorre e Menichini. Stremato, l’elettore domanda sommesso: posso almeno prendere un po’ per il culo il Cainano, che medita il ritorno con Grande Italia ma ogni tanto si scorda di asfaltarsi il capino? Eh no: Ezio Mauro, su Repubblica, lo ammonisce ad abbandonare le “calandrinate” sui “cognomi e i difetti fisici”, tipiche del “Borghese degli anni più torvi” e della “destra peggiore”, pena l’esclusione dal “campo democratico”.  A questo punto l’elettore scoppia in lacrime ed esclama: “Ma cosa ho fatto per meritare tutti questi colpi bassi?”. Ma accanto a lui si rialza implacabile il ditino: “Bassi non si dice, fascista che non sei altro:  al massimo, diversamente alti”.

La carica degli Immortali

“Chiedere al potere di riformare il potere, che ingenuità”. 

Giordano Bruno

 

 

Sottotitolo: “hanno visto più stragi loro dei terroristi del mondo, non hanno mai collaborato con la giustizia a svelarci la verità su 60 anni di Repubblica fondata sul sangue dei morti nelle stragi e continuano a parlare di Paese democratico e non se ne vergognano mai.
Hanno perso la possibilità di vergognarsi e questo è il motivo per cui continuano a restare li anche se nessuno li elegge , infatti si eleggono da soli.
Cordiali saluti
Giovanna Maggiani Chelli 
Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili”

 

 

Parlamento, La Malfa e Pisanu da record: sono gli highlander della politica italiana

Quasi ottanta anni di Parlamento in due, più dei 66 anni di vita del Parlamento italiano, dalla sua prima seduta il 28 giugno 1946. Il record è di Giuseppe Pisanu, per il Senato, e Giorgio La Malfa, per la Camera, entrambi a 38 anni di attività. A stilare la classifica della longevità politica è il senatore Idv Stefano Pedica che lancia contemporaneamente la campagna “Cosa hanno fatto in questi anni?”, per dire no a chi è in Parlamento “da una vita”.

Ringraziamo la pattuglia delle vecchie cariatidi che siedono in parlamento da trenta, quaranta, cinquanta, una in particolare [con viva & vibrante soddisfazione il prossimo anno Napolitano festeggerà le nozze di diamante col parlamento essendo stato eletto nel 1953, l’altro ieri, praticamente], da sessanta anni per aver condotto allegramente il paese fino a qui. 
Gente che non solo non se ne va, non pensa minimamente di cedere il passo [e il posto] per favorire un ricambio necessario se la nostra è ancora una democrazia e non un regime sudamericano, africano dove una persona può restare quarant’anni al comando e nessuno può chiederle di andarsene, ma si permette anche di stronzeggiare, di reggere i giochi a chi oggi dice che il posto fisso è noioso, che il lavoro non è un diritto, che si permette di dare dell’eversivo/sovversivo/populista/demagogo a Grillo che individua, giustamente, fra i mali della politica proprio l’assurda concezione, tutta italiana, che un politico debba essere per sempre. 
350.000 cittadini – proprio grazie a Grillo – hanno messo la loro firma anni fa su una proposta di legge che chiedeva di ridurre a due legislature il tempo massimo di permanenza in parlamento, una volta terminati quelli chi aveva avuto l’onore di servire il paese sarebbe dovuto tornare alla sua normale occupazione, 350.000 firme che sono state giustamente ignorate perché di quel che vuole il popolo al manipolo dei mantenuti privilegiati non frega un cazzo, l’Italia in mano a questi giovani virgulti si è man mano trasformata in una dittatura dove sono gli stessi politici che si autoeleggono grazie a leggi elettorali fatte sempre da loro che impediscono a noi, popolo sovrano per Costituzione, di poter scegliere chi può accedere in parlamento, chi può restare e chi no.
Verrebbe da chiedersi cosa avrebbero fatto tutti quanti se avessero dovuto lavorare sul serio invece di farsi mantenere a vita, e anche oltre la vita, dai cittadini, ecco perché hanno tanta paura del ‘buffone’ che ha il merito, almeno, di aver svegliato un bel po’ di coscienze.

Cervelli in pappa

C’è da ammetterlo è stata una lunga estate calda. Molto calda. Così calda che evidentemente ha mandato in sofferenza gli ultimi neuroni rimasti attivi nei cittadini. In vero, parrebbe che anche qualche sicario di governo abbia avuto una fusione neuronale, ma è solo apparenza. La loro materia grigia è fresca.

 

Mi piace pensare che si divertano a tirare la corda, certi che mai si spezzerà. Ho smesso di credere che questo possa avvenire per un rigurgito di dignità. Ormai, come in un film di Mel Brooks, i sicari potrebbero sedersi davanti a una telecamera e dirci qualunque sozzeria. Noi staremo a discuterne per giorni, traendo da esse anche qualche insegnamento. Sbagliato.

 

Cancellieri: “Tagli alle scorte, ma senza ideologie.” Se avesse la pazienza di spiegarmi, sicario ministro, le sarei grata. Cosa significa? Che abbiamo corso il rischio di lasciare liberi i criminali di uccidere “le toghe rosse” per strada? E quindi che esistono le toghe comuniste impegnate a perseguitare l’ex tizio criminale?

 

Cosa c’entra, signor ministro sicario, l’ideologia politica con una scorta? Vorrà forse dire che c’è rischio che per far dispetto a un ex amico, qualcuno può proporre di eliminare un privilegio? La scorta, non dovrebbe servire a proteggere le autorità che per aver lavorato a tutela delle istituzioni, oggi hanno la vita a rischio?

 

Sarebbe ideologico, togliere le scorte pagate dai cittadini italiani, a quella feccia di amichetti, complici, affiliati, mafiosi che per anni hanno usato uomini dello stato come gadget di lusso da mostrare come cagnolini in borsetta?

Ci sarà qualcosa di ideologico, sicario Ministro, anche nei guanti dei pompieri che non isolano dal calore, e che hanno provocato gravi ustioni a due vigili del fuoco? (Come gli scarponi di cartone dei minatori sardi, durante il fascismo, che si disintegravano a contatto con l’acqua)

 

Si divertono, ne sono sicura. E fischiettano sorridenti ad ogni approvazione di decreto. Da oggi i medici, per esempio, dovranno motivare la scelta di un farmaco “non griffato”[cit.] qualora decidessero di prescriverlo a un paziente che ne ha bisogno. Si può anche arrivare al punto in cui, il paziente viziato dalla griffe, decida di pagare la differenza tra la merda di stato e la medicina da ingoiare. Certo che ci ridono dietro, è normale, dato il silenzio.

 

Soprattutto perché dopo leggi che per salvare l’allora direttore della propaganda di rete 4, oggi siamo costretti a pagare 1.500 euro al giorno al signor Francesco Di Stefano, legittimo proprietario delle frequenze. E perché leggi che nonostante sia palese la bufala del Ponte sullo Stretto, intorno al progetto fantasma nascono nuovi contratti, e nuovi falsi progetti, la cui non attuazione ci costerà domani altre (a l t r e) penali milionarie, che la mafia dello stato italiano, s’impegna a pagare alla Mafia altrui.

 

Certo che ridono, e sono felici. Come scienziati davanti ad una nuova scoperta, gongolano eccitati, ormai sanno che potranno spingersi ogni giorno più in là, restando impuniti.

 

Rita Pani (APOLIDE)

 

La verità non è mai “risibile”

[Chi trova l’attacco volgare in quel che scrive Di Pietro sul suo blog vince un mojito delle cinque e mezza in riva al mare con me domenica prossima]

Perché è risibile parlare di “misteri del Quirinale?
E’ risibile chiedere qual è il contenuto della telefonata intercorsa tra Mancino e D’Ambrosio?
 E’ risibile pretendere TRASPARENZA sull’operato del Presidente della Repubblica?

Trattativa Stato-mafia, Di Pietro: verità sul Quirinale. Il Pd: Idv irresponsabile

Dopo le rivelazioni del Fatto sulle presunte pressioni fatta dal Colle ai pm siciliani, il leader dell’Idv, con un post sul suo blog, annuncia che chiederà chiarimenti al ministro della Giustizia sulle “pressioni del Quirinale sul procuratore generale della Cassazione”. Ma il Pd insorge: “Attacco volgare contro il Colle”.

Trattativa Stato-mafia, Mancino chiamò il Quirinale per lamentarsi delle indagini

I 57 giorni tra il tritolo di Capaci e via D’Amelio. L’ex ministro dell’Interno telefonò al magistrato Loris D’Ambrosio, uno dei più stimati consiglieri del presidente della Repubblica, sostenendo di essere un “uomo solo”.  Chiamato anche il procuratore di Palermo Messineo per evitare confronto con Martelli.

La nota del Quirinale: “Irresponsabili illazioni sulla trattativa Stato-mafia”

Il comunicato si riferisce a una lettera della Presidenza della Repubblica al pg di Cassazione Esposito, per chiedere chiarimenti sulla configurabilità penale degli esponenti politici coinvolti nell’indagine. All’origine una telefonata di Mancino al magistrato D’Ambrosio, consigliere di Napolitano.

Più di sessant’anni di repubblica e la politica italiana, oltre a farsi benissimo i fatti e gli affari suoi, questa è stata infatti l’attività prevalente, quella riuscita senz’altro meglio di questi sei decenni non ha imparato nulla.

Prima crea i “mostri” e poi se ne lamenta.

Verità (e giustizia) e stato italiano è l’ossimoro perfetto, ecco perché bisognerebbe smettere di invocarla solo davanti ai cadaveri di chi è morto di stato e per lo stato e alle loro commemorazioni.

Ciò non toglie nulla però alla pavidità del piddì. Mai vista un’accozzaglia di gente così miserevole, assente, incapace di fare il benché minimo sussulto di dignità di fronte alla qualunque.
Dice Letta (junior): “l’operato del presidente Napolitano sempre improntato al servizio delle istituzioni”.
Anche quando firmava leggine ad personam per la solita personam  puntualmente respinte dalla Consulta? anche quando ha nominato ministri personaggi in odor di mafia e criminalità che si sono dovuti dimettere a causa delle loro pendenze giudiziarie? di quali istituzioni parla l’imbelle occhialuto che non conosce – evidentemente – nemmeno le basi di una democrazia se la richiesta di verità gli fa così tanto orrore? cos’è che non possono/devono sapere gli italiani a proposito della trattativa fra lo stato e la mafia? e perché un cittadino o tanti non possono dire, in una democrazia, che non si sentono rappresentati da presidenti della repubblica sullo stile di Cossiga e Napolitano?   a me piacerebbe sapere cosa c’è di strano, di così insultante nel voler sapere perché il Quirinale s’intromette in faccende che non dovrebbero riguardare il presidente della repubblica. Mi piacerebbe sapere CHI difende il capo dello stato, se gli italiani oppure quelli che vogliono il male degl’italiani negando quelle verità che restituirebbero  a questo stato un minimo di  senso.
Non è abbastanza democratico? chi è che fa antipolitica in questo paese, Grillo? scusate ma, mi viene da ridere, saranno i postumi dei bagni di sole di ieri e ieri l’altro.

Il conflitto è risolto: sono rimasti solo gl’interessi

Quindi le nomine delle mitiche Authority ‘indipendenti’ si sono inesorabilmente risolte in un indecente piazzamento di uomini di Mediaset-Pdl, uomini di D’Alema e Veltroni e uomini dell’Udc (ah sì, c’è pure la quota Lega, ci mancherebbe).

I parlamentari dei quattro partiti in questione – con pochissime eccezioni – hanno obbedientemente votato come da accordi dei leader che li hanno nominati.

Altre idee per fare arrivare Grillo al 51 per cento?

[Alessandro Gilioli]

Ma naturalmente il problema di questo paese, il nemico da abbattere è l’antipolitica e il populismo  di Grillo; io invece spero con tutto il cuore  che il movimento dei cinque stelle travolga questo porcilaio. In maniera rigorosamente bipartisan.

Questo è uno scempio legale che Napolitano firmerà come ha fatto la volta scorsa, e due secondi dopo lancerà il consueto conato di monito sull’importanza dei partiti e il contrasto ad ogni tipo di demagogia e populismo.

Garante privacy e Agcom: addio trasparenza, candidati tutti scelti dai partiti

Privacy e Agcom, nominati Bianchi Clerici e Soro. Riconfermato Martusciello

Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti. L’amministratore delegato di Sky Italia è stato l’unico a protestare pubblicamente. [Forse perché è neozelandese?]
Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha ratificato la nomina di Martusciello con la sua firma.

Agcommedia all’italiana – Marco Travaglio – 6 giugno
Chiamiamo le cose col loro nome: i maneggi per nominare i cinque nuovi commissari dell’Agcom e i quattro della Privacy sono il più vergognoso assalto alla diligenza mai visto nella già ignobile storia dell’italica lottizzazione partitocratica. Caduto anche l’ultimo velo dell’ipocrisia che — diceva La Rochefoucauld — “è la tassa che il vizio paga alla virtù”, i partiti (tutti, eccetto Idv e radicali) mettono le mani sulle cosiddette “autorità indipendenti” con metodi, se possibile, ancor più spudorati delle altre volte. Se prima badavano almeno a salvare le forme, scegliendo presidenti e alcuni commissari di “area ” ma dotati di un minimo di competenza (il prodiano Pizzetti alla Privacy, il berlusconiano Calabrò all’Agcom con i prof. Sortino e D’Angelo), stavolta impongono personaggi quasi tutti di stretta obbedienza. Come se la rivolta degli elettori e il boom di Grillo non li riguardasse. Unica eccezione nella grande abboffata potrebbe essere il prof. Cardani, scelto da Monti nella sua Bocconi, nuova fonte battesimale che consacra la purezza della nuova classe dirigente. Ma si parla anche di Catricalà, quinta colonna di Gianni Letta nel governo Monti, reduce dai trionfi della discarica a Villa Adriana e della controriforma del Csm. Per il resto, dopo giorni di invereconde consultazioni sottobanco fra il pd Franceschini e il pdl Verdini (sì, avete capito bene, Denis Verdini: quello che ha più capi di imputazione che capelli in testa, e dire che di capelli in testa ne ha parecchi), si è deciso che l’Agcom resterà saldamente in mano a Berlusconi. Il Pdl, precipitato nelle urne e nei sondaggi al 17-18%, avrà due commissari su cinque: Martusciello (ex venditore di Publitalia, ex deputato e sottosegretario del governo B., già ora membro dell’Agcom) e Preto (ex capogabinetto di Tajani, poi consulente e coautore di Brunetta, insomma un luminare). Il Pd, dopo aver sollecitato chiunque volesse candidarsi a inviare il curriculum, ne ha ricevuti una novantina e li ha cestinati tutti (compreso quello autorevolissimo di Giovanni Valentini, giornalista esperto di comunicazione, scelto dalle associazioni dei consumatori) per scegliere con finte primarie fra i parlamentari l’uomo di D’Alema: il prof. Decina del Politecnico di Milano, già membro dei Cda Telecom, Italtel e Tiscali, tre società che ricadono sotto il controllo dell’Agcom. Il quinto è tal Posteraro, vicesegretario della Camera, amico di Casini. Così l’Agcom, che dovrà arbitrare partite cruciali come la banda larga, la par condicio per il 2013, il beauty contest, le frequenze e l’auspicata (da B.) fusione Mediaset-Telecom, seguiterà a obbedire a B. In cambio il Pd si contenta del solito piatto di lenticchie, piazzando il suo deputato Soro, di professione dermatologo, alla presidenza della Privacy, in ossequio alla legge che prescrive requisiti di “notoria imparzialità e indipendenza”. Soro si era sacrificato nel 2009, cedendo il posto di capogruppo a Franceschini, trombato alle primarie per la segreteria, e attendeva un congruo risarcimento. Molto imparziale e indipendente anche la prof. Califano, amica della Finocchiaro.
Ma soprattutto la sciura Bianchi Clerici, ex deputata leghista, consigliera della Rai uscente, condannata dalla Corte dei Conti e imputata al Tribunale di Roma per abuso d’ufficio per aver nominato Mocci dg della Rai pur sapendolo incompatibile perché proveniva dall’Agcom. Molto indipendente anche la sora Iannini, indicata per la Privacy dal Pdl, da 11 anni al vertice del ministero della Giustizia con Castelli, Mastella, Alfano e Severino, ma soprattutto moglie di Bruno Vespa, noto cultore della privacy nei teleprocessi di Novi, Cogne, Erba, Garlasco, Rignano, Perugia e Avetrana con plastico incorporato. Ora, casomai qualcuno lamentasse violazioni della privacy a Porta a Porta, se ne occuperà la sua signora.
Con imparzialità e indipendenza, ça va sans dire.

La terza via

“Un tempo se avevi a che fare con i magistrati ed eri colpevole avevi due possibilità: o diventavi latitante o venivi consegnato alla giustizia. Oggi hanno scoperto la terza via: fare il parlamentare”. (Antonio Di Pietro)

Lusi vuol mandare tutti in galera, Piscicelli vuol mandare tutti in galera, e allora, ce la diamo una mossa sì o no?

Un milione e seicentomila euro per la campagna elettorale di un corruttore fraudolento, tal  Ponzoni, per non parlare degli altri ladri di stato, ma per regolare i conti pubblici bisogna rapinare i lavoratori e i pensionati.

Se non è perversione questa…

Ha proprio ragione Crozza, ogni euro di debito pubblico dovrebbe valere la cacciata di ognuno di questi malfattori.
Finiti loro, finiti i debiti.

Non c’è una guerra, ha detto Piercamillo Davigo rispondendo a Mastella che cianciava di conflitto permanente fra magistratura e politica: c’è gente che ruba e altra gente che per mestiere deve impedire che lo faccia.
E, aggiungo io, possibilmente punire, anche.
Mastella che parla di conflitto con la giustizia con quel curriculum che si ritrova dimostra di non avere non dico una dignità che sarebbe troppo se ci si chiama Mastella ma nemmeno la benché minima conoscenza del significato di decenza.
Possibile che a nessuno venga in mente di dire una cosa semplicissima come ad esempio che non dovrebbe esserci bisogno di nessuna legge “speciale”, che non si verrebbe a creare nessun “conflitto” se i politici si impegnassero DAVVERO ad essere ONESTI? che basterebbe  rispettare le leggi che ci sono già e che tutti i cittadini sono obbligati a rispettare da sempre indipendentemente dal mestiere che fanno? è così difficile, impossibile, utopistico pensare che non ci sia l’obbligo di svendersi,  rubare, corrompere, quando si fa politica? ed è così difficile, impossibile, utopistico pensare che un politico che ruba è un LADRO alla stessa stregua dello scippatore, di chi va a svaligiare appartamenti? perché il politico che ruba viene tollerato dalla pubblica opinione ma non si fa lo stesso con lo zingarello che ruba un portafoglio sul metrò?
Come ci  dobbiamo sentire oggi, dopo aver saputo fra le altre cose che TUTTI gli appalti per le celebrazioni dell’unità d’Italia erano truccati a vantaggio delle solite cricche di delinquenti che lavoravano  a braccetto dello stato per fargli la festa? con quello schifo di parterre che rappresentava il paese allora già non ci sarebbe stato niente da festeggiare, questa notizia aggiunge solo vergogna alla vergogna.
Questo paese fa pena, pietà e misericordia.
I giudici di Mani Pulite hanno sbagliato, sono stati troppo teneri e hanno avuto, purtroppo, poco tempo per agire.
Altro che addossare ai giudici la responsabilità  della distruzione delle ideologie e dei partiti come ha detto quell’altra anima candida di Vittorio Sgarbi – un altro che, come Mastella, parla da persona informata su certi fatti, anzi, quei due sono proprio dentro, quei fatti – dovevano arrestarli tutti e dimenticarseli in una galera.

Cronistoria di vent’anni di malcostume, di ruberie di stato e dei relativi alibi dietro ai quali di volta in volta hanno tentato di nascondersi i politici beccati con le mani nei vari sacchi. 

La prima differenza fra l’estero e l’Italia è che, all’estero, quando un politico è coinvolto in uno scandalo sparisce lui, in Italia sparisce il reato o sparisce il processo, una volta spariva anche il magistrato. La seconda è quello che dicono i politici coinvolti negli scandali, all’estero dicono ho sbagliato, mi scuso, mi dimetto oppure dicono sono innocente ma mi dimetto lo stesso perché non voglio usare la mia carica per essere un imputato privilegiato. In Italia negli ultimi vent’anni dopo Tangentopoli, la fabbrica degli alibi, cioè delle dichiarazioni dei personaggi coinvolti, ha subito una notevole evoluzione.

Berlusconi è sempre più avanti di tutti, ha inventato l’autocertificazione: “sono innocente perché lo dico io”. Il processo brevissimo.

All’estero quando un politico è coinvolto in un reato sparisce lui, in Italia sparisce il reato, il processo e a volte anche il magistrato.

Formigoni dice che per combattere la corruzione bisogna aprire un dibattito pubblico. Ecco, se gli rubano in casa lui non chiama il 113, apre un dibattito pubblico.
(Marco Travaglio)