Amato, da chi?

 

Come dice un mio caro amico è vero che in Italia abbiamo un problema culturale enorme da cui scaturiscono limiti intellettuali altrettanto enormi, ma la colpa non è solo nostra, della gggente, è soprattutto di chi da pulpiti autorevoli, da ribalte pubbliche, maggiormente nella politica e nelle istituzioni stimola certe reazioni, riflessioni.
C’è un sacco di gente, me compresa, che quando si alza al mattino vorrebbe pensare ad altro, occuparsi serenamente delle sue cose, ma non ce lo fanno fare.
Nel dibattito pubblico non cambia una virgola da vent’anni; berlusconi, i reati di berlusconi, le condanne di berlusconi, i salvataggi in extremis di berlusconi, i papi, gli anatemi sulla famiglia uomo + donna = figli, la negazione dei diritti civili, la politica che non si occupa più di niente se non di stessa, chiusa nella sua autorefenzialità di casta e inginocchiata davanti a poteri più dannosi e devastanti di quanto possa esserlo la politica stessa.

L’Italia è un paese per schizofrenici, non per persone normali, sane, che vogliono essere libere di vivere, respirare e farlo possibilmente in un un paese sano, non corrotto, non nelle mani dei soliti ignobili personaggi.

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Nuovo ricatto dei Riva “Dopo sequestro di ieri chiudiamo le aziende” 

In un paese normale una volta stabilito che un imprenditore è un criminale gli si toglie la possibilità di nuocere ancora, come anche al politico criminale.
Qui no, si preferisce il sadomaso.
Ce piace soffrì.

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Se una gigantessa come Barbara Spinelli scrive che un’eventuale caduta di governo non comporterebbe nessun’aggiunta alla catastrofe in corso da una ventina d’anni [per tacere sui precedenti] io le credo: istintivamente sono più propensa ad avere fiducia in lei che in Napolitano, Letta e in tutti quelli che dalle loro tribune, specialmente quelle “repubblicane” [ogni riferimento a Scalfari non è puramente casuale] minacciano miseria, terrore e morte se il capolavoro napoletano delle larghe intese dovesse si dovesse guastare.

Barbara Spinelli: “Lo stravolgimento dell’art.138 è un colpo di mano”

“Si parla di deroga, ma la parola giusta è violazione della Costituzione: finché non è modificato, l’articolo 138 è legge da osservare. Tanto più è un colpo di mano se pensiamo alla presente congiuntura storica: un Parlamento di nominati, un governo di larghe intese che gli elettori non volevano e che distorce la democrazia”.

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Papa Francesco: “Fecondità dalla differenza. Matrimonio uomo-donna nella Costituzione”.

Ennò, purtroppo non c’è.
Quegli sbadati dei padri costituenti hanno dimenticato di precisare che il matrimonio è quello previsto solo fra donne e uomini. L’articolo 29 parla genericamente di CONIUGI ma non specifica che debbano essere specificamente moglie e marito, ovvero ‘n omo e ‘na donna [cit. Carlo Verdone].

Perché il papa non va a dire a Francia e Inghilterra che hanno appena approvato la legge sui matrimoni omosessuali che “la fecondità sta nella differenza”?

E chi non vuole figli? chi non li può avere? 

Ma basta con questa storiaccia che l’unico matrimonio è quello finalizzato a far nascere dei figli.

 

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Quando è stata approvata la legge che trasforma gli arresti domiciliari in un specie di telelavoro, uno di quelli che si facevano una volta da casa  tipo fare le collanine, imbustare documenti eccetera?

Perché sentir ripetere la storiella che berlusconi non avrebbe problemi a lasciare il parlamento perché potrebbe poi continuare a fare politica “da fuori” a me pare l’ennesima presa per i fondelli in quanto berlusconi più che avere la possibilità di fare politica da fuori dovrebbe smettere di farla, semmai l’abbia mai fatta, in quanto il suo posto sarebbe “dentro”.

I cosiddetti ladri di polli quando sono ai domiciliari devono rispettare anche il confine fra la porta di casa e il pianerottolo, se si azzardano a superarlo e li beccano li riportano direttamente in galera per evasione, qui invece abbiamo avuto alessandro sallusti che in qualità di detenuto ai domiciliari, sebbene per poche ore, ha avuto la possibilità di usare un computer, connettersi alla rete e twittare tutta la sua disperazione di persona deprivata ingiustamente della libertà di poter diffamare ancora e ancora, tant’è che Napolitano alla fine si è commosso e lo ha messo nella condizione di poter continuare a farlo da persona libera.

Perché finché certe cose le dicono i soliti, quelli che sulle balle, sulla disinformazione hanno creato la loro fortuna e il loro potere è una cosa, ma se una minchiata come la politica svolta per videoconferenza mentre si scontano gli arresti domiciliari la dice anche Cacciari in televisione la questione diventa seria.

Avere a disposizione un computer per connettersi ad internet è molto di più che avere la possibilità di uscire di casa, significa poter continuare a comunicare con l’esterno con chi si vuole e quando si vuole, qualcosa che ai detenuti normali, sia che scontino la pena in carcere o a casa non è concessa.

Avvertite Cacciari.

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Napolitano piazza Amato alla Consulta

L’ennesima poltrona per il signore della Casta, Giorgio Meletti

 

Napolitano ha nominato Giuliano Amato giudice della Corte costituzionale

Presidente del Consiglio, ministro della Repubblica in tre diversi governi (Goria, Prodi, D’Alema), già senatore e deputato, giurista e docente universitario. Con questo curriculum l’ex socialista (e braccio destro di Craxi) e poi democratico diventa nuovo componente della Consulta. Il centrodestra lo ha candidato due volte al Quirinale.

AMATO, PIÙ POLTRONE DI DIVANI&DIVANI (DI M. TRAVAGLIO)


BOBO CRAXI DISSE: “PAPÀ CAPO DEI LADRI? AMATO ERA IL VICE” 

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Se il centrodestra che è di berlusconi come un sacco di altre cose, pure troppe, ha candidato due volte Giuliano Amato al Quirinale sarà legittimo dubitare della sua imparzialità quando la Consulta sarà chiamata a decidere su questioni che riguardano berlusconi? io penso di sì.

Fino ad oggi avevamo l’ultimo appiglio, l’ultima speranza che che gli errori, chiamiamoli così, fatti dalla politica trovassero poi una giusta correzione, che i giudici della Corte Costituzionale rendessero nulle le decisioni che la politica prende non in funzione degli interessi di tutti come dovrebbe essere ma solo di qualcuno, spesso solo di uno, il noto pregiudicato delinquente.

E’ grazie alla Consulta che sono state rigettate quelle leggi su cui Napolitano metteva frettolosamente la sua firma senz’accorgersi  che non andavano bene, che non erano in linea con quella Carta che dovrebbe essere il faro nella nebbia della politica e non un fastidioso orpello di cui liberarsi.

Oggi questa certezza non l’abbiamo più, e non perché Giuliano Amato non abbia le competenze per occupare quel ruolo ma perché è un uomo della politica, di quella politica che ha trascinato l’Italia nel baratro, e come scrive Marco Travaglio nel fondo di oggi se a capo di quella Corte così importante, fondamentale per la stabilità della democrazia Napolitano avesse messo una persona “terza” sarebbe stato molto meglio, avrebbe rassicurato tutti circa quell’imparzialità indispensabile con la quale è chiamata a decidere la Consulta.

Invece io ho la sensazione che questa nomina sia  il vero scacco matto alla democrazia, un altro duro colpo inferto alla Costituzione dal bravo presidente, quel garante di tutti ma che in realtà, proprio nei fatti, ha dimostrato di voler garantire solo qualcuno.

Se Amato è il migliore che c’è sulla piazza, e contando gli incarichi che ha avuto, la sua pensione milionaria pare proprio di sì, forse è la risposta del perché questo è un paese da buttare, da radere al suolo e spargerci su il sale, come dopo la battaglia di Cartagine.

E pensare che avere una seconda occupazione per tentare almeno di sopravvivere qui è un reato.
E’ lavoro considerato nero; una truffa allo stato.

E chissà perché chi fa le leggi poi può permettere ai soliti noti di  avere sette, otto, dieci, trenta incarichi tutti pagati [per informazioni citofonare Befera, Abete, Montezemolo, Mastrapasqua, Amato and so on], di fare tutto ciò che vuole tranquillamente, alla luce del sole, lontani dal nero della miseria e della povertà in cui sta sprofondando l’Italia.

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Orgasmo da Rotterdam, Marco Travaglio, 13 settembre

Un giorno o l’altro, magari da qualche casuale intercettazione o ritrovamento di elenchi o liste, scopriremo le doti nascoste di Giuliano Amato, l’uomo che non doveva pensionarsi mai, la salamandra che passava indenne tra le fiamme, il dinosauro sopravvissuto alle glaciazioni, il “sederinodoro” (come diceva Montanelli) che riusciva a occupare contemporaneamente mezza dozzina di cadreghe alla volta. I collezionisti di poltrone e pensioni troveranno a pagina 3 l’elenco completo delle sue. Ma qui c’è di più e di peggio: in un Paese dove nessuno riconosce più alcun arbitro imparziale, figura terza, autorità indipendente, non si sentiva proprio il bisogno di trapiantare un vecchio arnese della politica in quello che dovrebbe essere il massimo presidio della legalità costituzionale: la Consulta. Già negli ultimi anni, spesso a torto e qualche volta a ragione, la Corte è finita nella rissa politica per sentenze o decisioni che puzzavano di compromesso col potere. Specie da quando l’arbitro supremo che sta sul Colle ha smesso la giacchetta nera e s’è messo a giocare le sue partite politiche trasformando la Repubblica in sultanato (vedi bocciatura del referendum elettorale e verdetto sul caso Mancino).

Lo vede anche un bambino che di questi tempi la Consulta e gli altri organi di garanzia hanno bisogno di un surplus di indipendenza e di terzietà. Invece che t’inventa Re Giorgio? Prende un suo amico, ex braccio destro di Craxi, deputato e vicesegretario Psi, vicepremier, due volte premier, ministro del Tesoro (due volte), dell’Interno, delle Riforme, degli Esteri, senatore dell’Ulivo e deputato dell’Unione, candidato al Quirinale nel ’99, nel 2006 e nel 2013, “vicino” (si dice così?) al Montepaschi, consulente Deutsche Bank, insomma ex tutto, e lo promuove giudice costituzionale. Possibile che Napolitano non conosca un giurista meno incistato nel potere politico e finanziario di lui? Gli dicono nulla nomi come Pace, Carlassare, Cordero? Già la Corte è piena di politicanti camuffati da giureconsulti e nominati dal Parlamento, cioè dai partiti. Almeno il Quirinale avrebbe potuto, anzi dovuto scegliere una figura indipendente, fuori dai giochi, magari sotto i 50 anni (e, se non è troppo, donna): invece ha voluto il Poltronissimo. Nonostante certi suoi trascorsi, o forse proprio per quelli.

Nel 1983, spedito da Craxi e commissariare il Psi travolto dallo scandalo Zampini, Amato rimproverò al sindaco Novelli di aver portato il testimone d’accusa in Procura anziché “risolvere politicamente la questione” (tipo insabbiarla). Nell’84-85 ispirò i vergognosi decreti Berlusconi – le prime leggi ad personam di una lunga serie – donati da Craxi all’amico Silvio quando tre pretori sequestrarono le antenne Fininvest fuorilegge. Infatti nel ’94 il Cavaliere riconoscente lo issò all’Antitrust, dove Amato non si accorse mai del monumentale trust berlusconiano sul mercato della tv e della pubblicità (in compenso sbaragliò impavido un temibile trust nel ramo fiammiferi e accendini). Non riportiamo qui, per carità di patria, i fax di Bettino da Hammamet sul “professionista a contratto” che in tante campagne elettorali non s’era mai accorto delle tangenti al Psi. Molto più interessante è la sua intervista del 2009 a Report. Bernardo Iovene gli ricorda che il decreto Craxi-Berlusconi del-l’85 era “provvisorio” e doveva durare solo 6 mesi, in attesa della legge di sistema sulle tv; ma lui s’inventò che era solo “transitorio”, quindi non andava neppure rinnovato una volta scaduto. Anziché arrossire e nascondersi sotto il tavolo, Amato s’illumina d’incenso: “Sa, noi giuristi viviamo di queste finezze: la distinzione fra transitorio e provvisorio è quasi da orgasmo per un giurista… Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”. Ora che dovrà esaminare la legittimità delle leggi firmate dall’amico Giorgio, sarà tutto un orgasmo. Provvisorio e tendenziale.

Un paese senza regole

Sottotitolo;  D’Alema: “noi siamo gli aggrediti, non siamo gli aggressori”.

No, voi siete degli incapaci consapevoli, complici di un sistema che ha portato il paese al fallimento, economico, morale, etico, trasformando l’Italia in un caravanserraglio senza regole,  le uniche che valgono sono quelle che si è cucita addosso la politica in sessant’anni di repubblica per rendersi inamovibile, tutte le altre si possono ignorare, aggirare:  le cose sono più semplici di quello che sembrano.

Se i politici, di destra, di centro e di sinistra avessero usato un terzo delle energie che stanno impiegando contro Grillo e il Movimento dei cinque stelle  impedendo a berlusconi l’ascesa in politica con quei sistemi democratici che i costituenti di sessant’anni fa avevano previsto e messo su Carta, o contrastandone le azioni una volta fatto il danno oggi probabilmente staremmo parlando tutti di altro, forse e perché no, di politica.

L’ultima cosa che ha fatto berlusconi da presidente del consiglio prima di dare le dimissioni per il bene del paese e cioè il suo è stata riunirsi coi figli, il socio in affari e malaffari Confalonieri e Ghedini per escogitare il piano che avrebbe ridotto le inevitabili conseguenze sulla “robba”, la sua, ecco, questo chiarisce bene il concetto di “conflitto di interessi”.

 Purtroppo però in Italia i conflitti non riguardano solo berlusconi né tantomeno, come ci raccontano le cronache giudiziarie tutti i giorni,  gli interessi, non conviene a nessuno risolvere l’anomalia berlusconi in Italia.

Meglio lamentarsi poi dell’occupazione delle tv, della disparità di mezzi in campagna elettorale, di un  paese destabilizzato e rincoglionito dalle tv, vaneggiare e delirare che berlusconi vince le elezioni perché ha i giornali e le tivvù e poi non fare un cazzo per togliergli i giornali e le tivvù:  nessuno in tutti questi anni lo ha mai obbligato a fare una scelta fra la politica e l’imprenditoria visto che le due cose in un paese civile e democratico non possono coincidere, il controllato non può fare il controllore; ed è  inutile parlare di degenerazione oggi come ha fatto Bersani riguardo la probabile ricandidatura di berlusconi, Bersani fa parte di  un centrosinistra  che non è in parlamento dall’altra settimana,  lui come tanti altri, tutti quelli della sua parte politica hanno  partecipato attivamente alla degenerazione non avendo mai fatto nulla per togliere potere ad un uomo solo con gli strumenti che una democrazia mette a disposizione.

Per permettere a berlusconi di entrare in parlamento E’ STATA VIOLATA LA LEGGE,  quell’articolo della Costituzione che impedisce ai possessori di media di poter intraprendere carriere politiche, e a farlo è stata PROPRIO  la politica, quelle istituzioni che invece avrebbero dovuto garantire per tutti gli italiani, non per uno solo come invece hanno continuato a fare in questi ultimi vent’anni consentendogli TUTTO,  soprattutto di fregarsene di leggi e regole, di potersi riparare dietro l’immunità per mezzo di leggi fatte su misura per lui rendendolo inattaccabile e impunibile.

Senza una legge sul conflitto di interessi è inutile mantenere questo esercito di finti controllori, tipo l’antitrust, tipo l’agcom, che dovrebbero essere istituzioni “terze” ma  nulla fanno se non glielo ordina la politica perché chi le compone è scelto dalla politica, di destra, di centro e di sinistra.

In un paese NORMALE è altrettanto NORMALE che si regoli il mercato televisivo e delle comunicazioni non permettendo ad una persona sola di prendere possesso di troppa roba, così come è altrettanto NORMALE che non si conceda l’ascesa politica ai possessori di media e TV, specialmente poi se lo dice anche la legge. 
In un paese NORMALE. 
Appunto. 
Chi non ha capito che il problema più grave di questo paese in questi ultimi [quasi] vent’anni è stato proprio la mancanza di una legge seria sul conflitto di interessi, con buona pace di Violante il mediatore e di Fassino, il quale disse che una legge così “non dà da mangiare”, non ha capito NULLA.

E pensare che c’è qualche emerito DEFICIENTE che pensa sia meglio privatizzare la Rai, ché così sarebbe più libera.

Massì, fategli comprare pure la7 al farabutto, mica per niente, solo per il gusto poi di sentire i piagnucolii della cosiddetta opposizione quando si lamenta che  occupa le tv.

 
 L’azienda del biscione è interessata all’acquisto della rete che ospiterà Santoro.
TelecomMedia
Marco Travaglio, 16 settembre
Toh, Mediaset vuole comprarsi La7 da Telecom Italia Media. Direttamente o tramite una testa di legno. Chi l’avrebbe mai detto. Alla vigilia della campagna elettorale in cui si gioca tutto come nel

 ’94, B. vorrebbe neutralizzare la riserva indiana in cui si sono rifugiati gli artisti e i giornalisti cacciati da Mediaset e Rai. Ma sarebbe una notizia se non volesse farlo: vorrebbe dire che non è più lui. Invece è sempre lui, dunque non c’è notizia. Infatti gli unici a stupirsene sono quelli che lo davano per morto, anzi trovavano comodo darlo per morto. Per rimuovere il problema, evitare esami di coscienza e nascondere un fatto imbarazzante: cioè che da nove mesi governano con lui. Stiamo parlando del Pd, dell’Udc, dei fan acritici del governo Monti e dei loro house organ. Avete mai sentito le parole “antitrust” e “conflitto d’interessi” nelle bocche capienti di Bersani, Renzi (il suo spin doctor è Giorgio Gori e ci siamo capiti), Casini, ma pure Vendola? Le avete più lette su Corriere, Stampa, Repubblica, Unità? Nominarle significa infrangere un tabù, agitare il drappo rosso dinanzi al Caimano, rinfocolare l’antiberlusconismo (non sia mai), turbare la quiete dei tecnici. E resuscitare vecchi interrogativi che è meglio lasciar sepolti: perché il centrosinistra nel biennio 2006-2008 e il governo tecnico da novembre a oggi non han neppure tentato di riformare la legge Gasparri? Troppo pericoloso, meglio lasciar perdere. L’ultimo a parlarne, a parte noi del Fatto e il solito Di Pietro, fu Beppe Grillo nel V-Day del 2008, quando lanciò un referendum (poi bocciato dalla Cassazione) contro la Gasparri: il solito populista antipolitico che fa il gioco della destra. Mica come il compagno Violante, che nel 1995 confessò alla Camera di aver “garantito a Berlusconi e Letta che non gli sarebbero state toccate le tv”. Ora la questione non è se B. riuscirà a papparsi La7 (ovviamente per spegnere un piccolo ma pericoloso concorrente delle sue reti e soprattutto un focolaio d’infezione, cioè di informazione più libera o meno asservita del lazzaretto Raiset): se non lo farà, sarà solo perché il suo gruppo è alla canna del gas. La questione è che, a norma di legge Gasparri, potrebbe farlo. Lo spiega, sul sito del Fatto, Nicola D’Angelo, già membro Agcom: “In base all’art. 43 della Gasparri, Mediaset può acquistare La7 in quanto il limite antitrust è che nessun soggetto può avere ricavi superiori al 20% del sistema integrato delle comunicazioni (Sic). Nel calderone infinito del Sic, Mediaset detiene circa il 13%” e anche con La7 resterebbe sotto il tetto. Anche perché la pubblicità non è computabile nel Sic. Del resto, nel 2007, quando Tronchetti-Provera annunciò di voler vendere Telecom (con La7 in pancia) a una cordata messican-americana, il centrosinistra riattaccò la litania dell'”italianità” da difendere, anche a costo di darla a Mediaset, magari in tandem con l’amico Colaninno. Disse Fassino: “Mediaset è un operatore del settore, quindi può fare un’offerta”. Il Foglio svelò “incoraggiamenti dalemiani” a B. tramite il solito Latorre. Entusiasta, ma che sorpresa, anche Violante: “C’è un Berlusconi imprenditore e un Berlusconi politico: se, come imprenditore, investe le sue risorse in un settore di importanza strategica per il nostro Paese, non ci trovo niente di male”. Il 19 aprile B. accolse l’invito all’ultimo congresso Ds di Firenze e naturalmente parlò d’affari, i suoi: “Mediaset è pronta a entrare in Telecom per difenderne l’italianità… Siamo stati richiesti: il mio è un atto di generosità patriottica”. Poi, siccome era all’opposizione, propose un bel governo di larghe intese. E nessuno osò contestarlo. Poi Telecom finì alla cordata italo-spagnola Intesa- Mediobanca-Telefònica.  Ora che Mediaset ci riprova, stupisce soltanto lo stupore dell’Unità, che titola sdegnata “Amici di Berlusconi su La7” e lancia l’allarme per “il pluralismo informativo”. 
Ma mi faccia il piacere.